l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLII n. 74 (46.020) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano giovedì 29 marzo 2012 . Nel giorno in cui incontra il presidente cubano Benedetto XVI affida a Maria la popolazione dell’isola Per un nuovo futuro di speranza Il Papa ha affidato a Maria il futuro di Cuba. Lo ha fatto martedì 27 marzo, durante la visita compiuta al santuario della Vergine della Carità del Cobre, l’immagine particolarmente cara al popolo cubano, che la invoca con il nome familiare di Mambisa. Dopo aver pregato in ginocchio dinanzi alla statuetta mariana — che nei mesi scorsi ha fatto tappa in tutte le località dell’isola in occasione dell’anno giubilare per il quarto centenario del suo ritrovamento — Benedetto XVI si è rivolto ai numerosi fedeli presenti, esprimendo l’auspicio che il Paese «avanzi nel cammino di rinnovamento e speranza, per il maggior bene di tutti i cubani». Nelle preoccupazioni del Pontefice soprattutto i sofferenti, i bisognosi, i giovani, per i quali ha avu- y(7HA3J1*QSSKKM( +?!z!%!$!; La politica della carità Non è un caso se la giornata considerata più politica del soggiorno papale a Cuba, durante la quale si è svolta all’Avana la visita di cortesia al presidente Raúl Castro, ha avuto inizio nella regione meridionale, e cioè nel piccolo santuario mariano della Virgen del Cobre, dove si venera la statuina barocca di Maria con il bambino in braccio. Del ritrovamento prodigioso si sta celebrando il quarto centenario — nel segno della carità che è proprio della patrona dell’isola — e appunto come «pellegrino della carità» Benedetto XVI vi è giunto per sostenere e incoraggiare la fede dei cattolici cubani, in patria e al di fuori di essa, mostrando qual è la vera politica della Chiesa. Circondato dai vescovi della Nazione, il Papa ha invocato santa Maria della Carità perché ci insegni — ha pregato coralmente insieme ai presenti — «a tendere la mano per perdonare ed essere perdonati, a rispettare tutti per amore, a superare la divisione, il rancore e l’inimicizia, a unirci come fratelli, a essere più umani e cristiani migliori», in una parola «ad amare e a vivere la carità». Poco prima, di fronte ai monti verdissimi e lussureggianti che circondano la piccola chiesa bianca, un’anziana religiosa spiegava con semplicità che «ci sarà pure un motivo, se la Vergine ha scelto di venire qui», in un contesto naturale suggestivo e splendido dove Giovanni Paolo II non era riuscito ad arrivare nella sua storica visita. Alla patrona di Cuba — la cui presenza Benedetto XVI ha definito un «dono del cielo» — il Pontefice ha detto, rivolgendosi ai fedeli e raccomandando loro di farsi eco delle sue parole, di avere affidato il futuro della patria e i bisogni di quanti sono nella sofferenza: di quelli cioè «che sono privati della libertà, separati dai loro cari o che attraversano momenti difficili». Il Papa ha poi ricordato i giovani, perché non cedano a «proposte che lasciano dietro di sé la tristezza», quindi i cubani discendenti dagli africani, poi le popolazioni di Haiti devastata dal terremoto, e infine i contadini e le loro famiglie che hanno trasformato, per il desiderio di vivere il Vangelo, le loro case in luoghi di culto e di missione, quasi nuove domus ecclesiae come nei primi secoli del cristianesimo. Sì, sono questi gli obiettivi per i quali ogni giorno a Cuba si spende la Chiesa, che — come ha ribadito Benedetto XVI durante il volo che lo portava in America — non è certo un partito né un potere. I suoi tratti più autentici sono invece quelli della fraternità cristiana, il cui modello è proprio Maria, che ascolta e mostra il Signore proprio come deve fare la Chiesa. Per questo il Papa ha concluso il suo discorso incoraggiando i cubani «a continuare a edificare la vita sulla roccia salda che è Gesù Cristo, a impegnarsi per la giustizia, a essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove». In queste parole, le uniche pronunciate pubblicamente dal Pontefice, ecco dunque delineato il cammino della Chiesa e, in definitiva, la sua vera politica. Che è quella della carità di Cristo. g. m. v. to un ricordo particolare, invitandoli a vivere da «autentici amici di Cristo». Dal Papa anche un pensiero alla vicina popolazione di Haiti, che porta ancora i segni delle ferite lasciate dal terremoto di due anni fa. A conclusione un augurio e un incoraggiamento per tutti gli abitanti dell’isola: «Che niente e nessuno vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo cubano». La giornata del Papa si è chiusa con la visita al presidente Raúl Castro, nel Palazzo della Rivoluzione all’Avana. Mercoledì 28, prima della partenza da Cuba, la messa nella piazza José Martí della capitale. Il rientro in Vaticano è previsto nella mattina di giovedì. PAGINA 8 L’annuncio di Kofi Annan Damasco accetta il piano di pace dell’O nu Un momento dell’incontro di Benedetto XVI con il presidente Raúl Castro Ruz nel Palazzo della Rivoluzione Bombardamenti di Khartoum sulla regione contesa ricca di petrolio Venti di guerra tra Sudan e Sud Sudan Non si fermano i bombardamenti dell’aviazione del Sudan sulla contesa regione ricca di petrolio al confine con il Sud Sudan. Opposte le ricostruzioni circa le responsabilità e l’esito del confronto militare. Khartoum ha denunciato un’incursione sudsudanese nella zona di Heglig, mentre Juba ha accusato il Sudan di aver avviato le ostilità bombardando le località di Jau e Teshwin. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha esortato i Governi di Khartoum e di Juba a utilizzare gli strumenti politici per risolvere pacificamente le loro profonde divergenze. Anche l’Unione africana è intervenuta, chiedendo ai due Paesi di ritirare immediatamente le truppe a dieci chilometri all’interno delle rispettive frontiere, come previsto da un recente documento firmato dalle parti. PAGINA 3 DAMASCO, 28. Un «importante passo iniziale» verso la fine della guerra in Siria, che ha già causato la morte di oltre novemila persone. Così Kofi Annan, l’inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba per la Siria, ha definito l’accettazione del piano di pace in sei punti da parte del Governo siriano. Il primo commento è venuto dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Assad deve passare dalle parole ai fatti, ha detto Clinton, con «azioni immediate». E i rappresentanti dei maggiori organismi degli attivisti siriani, riuniti a Istanbul, hanno poco dopo esplicitato: «Assad deve ritirare i carri armati dalle città entro domani». Nel suo comunicato Kofi Annan, che al momento è in visita in Cina dopo essersi recato in Russia, ha spiegato che «ora la chiave sta nell’applicazione del piano». Ciò «potrebbe porre fine alle violenze e allo spargimento di sangue e permettere di portare aiuto alle vittime creando un ambiente favorevole ad un dialogo politico che rispecchi le aspirazioni del popolo siriano». Il piano di Annan, approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, prevede tra l’altro il ritiro delle truppe siriane e delle armi pesanti dai centri abitati e una tregua di due ore al giorno in tutti i luoghi dove sono in corso combattimenti per permettere l’arrivo di aiuti umanitari. Inoltre, Annan chiede al Governo siriano di rilasciare tutte le persone arrestate. Il piano non menziona in alcun modo eventuali dimissioni del presidente Bashir AlAssad e non fissa limiti temporali per l’applicazione delle misure richieste. I tempi, invece, sono proprio il punto su cui insiste l’opposizione siriana. Parlando a nome dell’insieme degli attivisti, Walid Al Buni, ha avanzato richieste precise. «Non ci fidiamo di questo regime» ha detto. «Se fa sul serio, domani nelle strade delle città siriane non dovranno più esserci carri armati né militari e il popolo deve avere la possibilità di scendere in piazza». Nel contempo, sempre a Istanbul, la maggior parte delle correnti dell’opposizione ha firmato una dichiarazione con la quale riconosce «il Cns come interlocutore e rappresentante formale del popolo siriano». Quindi il Cns lo rappresenterà, domenica, alla conferenza degli Amici della Siria. A Pechino, confermando che il suo piano è stato accettato da Damasco, Annan ha anche definito «molto positivi» i colloqui con il premier Wen Jiabao. Secondo fonti della sua delegazione, l’inviato dell’Onu ha detto a Wen Jiabao di «avere bisogno» del sostegno della Cina per portare avanti la sua missione. Il premier cinese ha quindi risposto lodando la mediazione di Annan e affermando che «i suoi sforzi possono portare a dei progressi». Pechino — dicono gli analisti — ha cercato in questi mesi di mantenere una posizione equidistante, conservando contatti sia con il Governo di Damasco che con le forze dell’opposizione e sottolineando a più riprese la propria contrarietà a eventuali «interventi esterni» nella crisi. Il piano di Annan era stato in precedenza approvato dalla Russia che, insieme alla Cina, aveva bloccato una risoluzione dell’Onu che chiedeva le dimissioni di Assad. Intanto, sul terreno la situazione non sembra migliorare: nuove violenze sono segnalate in diverse aree del Paese. Secondo l’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente, Robert Serry, le vittime civili sono ormai più di novemila. Residenti di Al-Qaa, in Libano, hanno denunciato ieri lo sconfinamento delle truppe siriane, che sono avanzate in territorio libanese per alcune centinaia di metri con mezzi corazzati. La rappresentate dell’Onu per i bambini e i conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, ha affermato che le Nazioni Unite hanno «ricevuto informazioni» sull’utilizzo di bambini-soldati. L’Onu, ha aggiunto, «non è stata in grado» di confermare le informazioni. Damasco attribuisce la responsabilità delle violenze a non meglio precisati «gruppi di terroristi” infiltrati dall’esterno. I 14oo anni dell’abbazia di San Gallo SIMONA VERRAZZO A PAGINA 4 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 29 marzo 2012 A New Dehli il vertice dei Paesi emergenti Pesano i dati sui consumi in Francia e negli Stati Uniti I Brics e il futuro dell’economia mondiale L’incertezza domina i mercati NEW DELHI, 28. I dirigenti delle maggiori economie emergenti (Brics) si riuniscono domani a New Delhi in un vertice che si preannuncia di fondamentale importanza per i futuri equilibri del mondo post-crisi. Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa puntano sulla cooperazione per incrementare la loro forza economica e influenza diplomatica. Insieme, rappresentano il quaranta per cento della popolazione mondiale e coprono il 18 per cento del pil globale. Gli analisti sono convinti che il concetto stesso di Brics sia l’espressione della ferma volontà di imprimere un forte cambiamento alla politica economica, ma che per raggiungere questo scopo il lavoro da fare sia ancora tanto. Coniato nel 2001, grazie alla penna di un economista della banca d’affari americana Goldman Sachs, la sigla Brics designa quelle economie emergenti che in questi anni hanno fatto registrare tassi di crescita molto elevati e che stanno resistendo meglio degli altri alla crisi della finanza globale. Paesi che spesso non godono di un’adeguata rappresentanza nelle sedi del potere finanziario mondiale, nei palazzi dove si prendono le decisioni che contano. Il vero problema del Brics è l’unità. In altri termini, si tratta di Paesi molto, forse troppo, diversi e a volte rivali. Difficile, dunque, promuovere una linea comune. E questo lo si è visto con le candidature ai vertici della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Su questi dossier i Brics non hanno sfidato apertamente la predominanza americana ed europea. Ma, come ha dichiarato di recente il ministro degli Esteri indiano, Sudhir Vyas, i Brics chiedono soltanto «procedure aperte e basate sul merito». Al momento, due rappresentanti dei Paesi emergenti — il colombiano José Antonio Ocampo e Ngozi Okonjo-Iweala della Nigeria — sono in lizza, insieme all’americano Jim Yong Kim, per la presidenza della Banca mondiale. Il vertice di New Delhi dovrebbe gettare le basi per rafforzare le relazioni e creare istituzioni comuni. Un segretariato unico resta ancora un’idea improbabile. Più credibile, invece, il progetto di una banca di investimenti — una «Brics Bank» — per finanziare infrastrutture e sviluppo, progetto già dibattuto nei precedenti vertici del gruppo. E il Brasile ha di recente manifestato il proprio assenso: il ministro dell’Industria e del Commercio, Fernando Pimentel, ha indicato venerdì scorso che il suo Paese è «molto interessato e sostiene la creazione di questa banca, anche se la proposta è ancora a uno stadio iniziale». La portata reale del vertice — stando alle previsioni degli analisti — dovrebbe tuttavia restare piuttosto limitata. Solo alcuni accordi sono effettivamente sul tavolo e riguardano questioni non del tutto centrali, come il miglioramento dell’accesso al credito per gli esportatori. Certamente si discuterà molto di tassi, di commercio, di dazi e soprattutto di terre rare — i materiali essenziali all’industria informatica. Il presidente brasiliano, Dilma Rousseff, il presidente russo, Dmitri Medvedev, il presidente cinese, Hu Jintao, e il presidente sudafricano, Jacob Zuma, insieme al primo ministro indiano, Manmohan Singh, dovranno comunque accordarsi su una dichiarazione finale che molto probabilmente toccherà le principali questioni della politica internazionale. Una bussola per capire il futuro dell’economia. Si riaccende la tensione sui titoli di Stato NEW YORK, 28. Giornata con pochi spunti, quella di ieri, nelle principali borse europee, sollecitate nella prima parte della seduta dal dato sulla fiducia dei consumatori in Francia, salita a marzo al di sopra delle attese degli analisti, e affossate nel pomeriggio dall’analogo dato americano, che ha segnato invece un’inversione di tendenza. Il trend negativo sembra oggi confermato a causa dei timori sul dato dell’occupazione negli Stati Uniti. Insieme al rallentamento dei prezzi delle abitazioni, il calo della fiducia dei consumatori americani ha riacceso i fari sulla situazione macroeconomica generale, penalizzando in particolare il comparto bancario, mentre il differenziale tra titoli di Stato dell’eurozona e il bund tedesco è ripreso a salire, sulla scia anche della sollecitazione del presidente della Bce, Mario Draghi. A mercati chiusi Draghi aveva indicato che i Governi dell’Eurozona debbono «continuare nelle misure nei prossimi mesi e anni con grande diligenza per continuare nel percorso di stabilizzazione» del quadro economico continentale. Lo spread italiano si è portato ieri a quota 323 punti base, contro i 307 punti di due giorni fa, mentre i bonos spagnoli sono saliti fino a 346 punti e le Oat francesi a 106,9 punti. Sotto pressione tra i titoli bancari quello della greca National Bank of L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Greece (meno 6,14 per cento), della spagnola Caixabank (meno 4,29) e delle italiane Mps (meno 3,0s) e Bpm (meno 2,71). In controtendenza le inglesi Rbs (più 3,32), Barclays (più 1,49) e Hsbc Holdings (più 0,62). Acquisti in campo automobilistico su Volkswagen (più 1,05 per cento), mentre non ha favorito Peugeot (meno 1,29 per cento) la conferma del primato in Francia per il quinto anno consecutivo nelle richieste di nuovi brevetti industriali. Sotto pressione il titolo Total (meno 5,96 per cento), a causa del persistere di una fuga di gas da un giacimento nel Mare del Nord. Lo sostiene il direttore generale della Wto Pascal Lamy Secondo il commissario Ue agli Affari economici Serve un sistema monetario globale che ispiri fiducia È lento in Grecia il passo delle riforme Pechino promette d’investire in Italia TOKYO, 28. Il presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Mario Monti, è stato ricevuto oggi dal premier nipponico, Yoshihiko Noda, nella prima giornata della visita in Giappone, iniziata con un colloquio con il ministro delle Finanze, Jun Azumi. Monti ha incontrato anche gli imprenditori della Keidanren, la Confindustria giapponese, invitandoli a fare pressioni per l’avvio di un accordo di libero scambio che abbatta le tante barriere (tariffarie e non) ancora esistenti tra Europa e Sol Levante. Buoni segnali per l’Italia sono giunti ieri dal vertice di Seoul sulla sicurezza nucleare. Monti ha ottenuto la promessa cinese di nuovi investimenti, sia privati che istituzionali. Il presidente Hu Jintao ha annunciato di aver dato precise disposizioni ai vertici delle autorità finanziarie del suo Paese di puntare sull’Italia. Tra due giorni, Monti sarà a Pechino, dove incontrerà anche il presidente della China Investment Corporation, un importante fondo sovrano. Sempre a Seoul, il presidente del Consiglio ha avuto anche un colloquio con Barack Obama. Il capo della Casa Bianca «ha manifestato la sua soddisfazione per gli sviluppi positivi della situazione sia in Italia che nella zona euro» ha dichiarato Monti in conferenza stampa. Un operatore della Borsa di Francoforte (LaPresse/Ap) Il direttore generale della Wto Pascal Lamy (Reuters) WASHINGTON, 28. «La comunità internazionale deve fare progressi sulla questione della riforma del sistema monetario internazionale». È questo il messaggio lanciato ieri dal direttore generale della Wto (organizzazione mondiale del commercio), Pascal Lamy, in un intervento dedicato alla crisi economica globale. I tentativi unilaterali di modificare o di mantenere lo status quo — ha spiegato Lamy — «non funzionano». Ci vuole più organizzazione: «Abbiamo bisogno di un sistema monetario internazionale che sostenga gli investimenti transfrontalieri e di una migliore allocazione del capitale che faciliti gli scambi internazionali». Ciò di cui abbiamo bisogno, ha sottolineato ancora Lamy, «è di un sistema monetario globale che ispiri fiducia con tassi di cambio stabili e con un monitoraggio più efficiente». Infatti, ha affermato il direttore generale della Wto, «il commercio non può diventare il capro espiatorio per le insidie e gli svantaggi del sistema monetario internazionale». E una delle questioni chiave, al momento, è quella delle terre rare: come ha sottolineato Lamy in un altro intervento recente, il punto focale delle disputa tra Stati Uniti, Europa, Giappone e Cina sull’esportazione delle terre rare consiste nelle diverse interpretazioni delle due parti sulle norme e doveri della Wto e non nel fatto che una parte non abbia adempiuto ai propri doveri. ATENE, 28. Il passo delle riforme che la Grecia sta attuando è «lento»: è la valutazione espressa, ieri, dal commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, parlando al Parlamento europeo. E sulla stessa linea si è posto il rappresentante tedesco al board della Banca centrale europea (Bce), Jörg Asmussen (sempre nell’ambito della stessa audizione). Asmussen ha spiegato come serva «un cambio di regime» nell’applicazione del programma greco: pena, seri rischi di deragliamento. Secondo Rehn, la solidarietà finanziaria «senza precedenti» data alla Grecia dimostra che c’è un forte impegno politico da parte dei Governi e dei Parlamenti nazionali dell’area euro per dare tempo ad Atene di riparare i danni e sanare i problemi economici. Rehn ritiene non sia giusto o corretto dare la colpa dei problemi che la Grecia sta affrontando a quelli che «sono andati ad aiutarla dopo che i danni sono stati fatti». Danni che rendono il percorso di risanamento ancora difficile. «L’attuale percorso di riforme e aggiustamento è lungi dall’essere sufficiente per rendere sostenibili le finanze pubbliche greche o per eliminare il divario di competitività» ha dichiarato il commissario Ue agli Affari economici, per il quale sono necessari «ulteriori sforzi». La Grecia si è impegnata nell’attuazione del programma di riforme e «si dovrebbe darle l’op- portunità di farlo» ha esortato Rehn, il quale ha ricordato che «i talloni di Achille» del primo pacchetto erano due: «la debole capacità amministrativa» delle autorità greche e «la mancanza della necessaria unità politica» per portare avanti le riforme. Per il secondo programma, ha detto Rehn, «stiamo mobilitando tutta l’assistenza possibile per sostenere l’amministrazione greca. E l’unità politica può essere «sanata» solo «dagli stessi cittadini greci». Sulle cinquantaquattro sparse sul territorio Attiva solo una centrale nucleare giapponese TOKYO, 28. Il Giappone ha in funzione solo un impianto nucleare su 54 sparsi sul territorio. La Tepco ha infatti fermato ieri per la manutenzione straordinaria il suo ultimo reattore ancora attivo, il numero 6 di Kashiwazaki-Kariwa, nella prefettura giapponese di Niigata, la più grande centrale atomica al mondo. Lo ha reso noto la stessa utility che gestisce, tra l’altro, la disastrata centrale di Fukushima, ricordando l’obbligo del blocco in Giappone ogni 13 mesi per consentire i controlli e le verifiche della manutenzione ordinaria. È sempre più concreto, quindi, lo scenario di un Paese senza più nucleare, da cui invece ricavava il 30 per cento del proprio fabbisogno elettrico prima del devastante terremoto e del successivo tsunami dell’11 marzo 2011, all’origine della peggiore emergenza atomica dopo Chernobyl (Ucraina, 1986). L’ultima centrale nucleare nipponica in funzione, a Tomari, nell’isola settentrionale di Hokkaido, sospenderà le operazioni per un controllo di routine il 5 maggio. La centrale Kashiwazaki-Kariwa era l’ultimo impianto ancora in funzione gestito dalla Tepco. Dopo il disastro di Fu- GIOVANNI MARIA VIAN don Sergio Pellini S.D.B. Carlo Di Cicco Segreteria di redazione direttore responsabile vicedirettore 00120 Città del Vaticano [email protected] Antonio Chilà http://www.osservatoreromano.va TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE «L’OSSERVATORE ROMANO» Piero Di Domenicantonio redattore capo redattore capo grafico direttore generale telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Gaetano Vallini segretario di redazione kushima, circa un terzo dell’energia elettrica giapponese veniva prodotta dalle centrali nucleari. Il Governo ha poi avviato dei controlli su tutte le centrali per rassicurare la popolazione, ma nessuna comunità locale ha accettato di far ripartire le centrali mano a mano che le loro attività veniva sospesa per gli stress test. Non è chiaro se le centrali rientreranno mai in funzione. Per questa estate, quando l’accensione dell’aria condizionata provocherà un’aumento della richiesta di energia, il Paese potrebbe correre il rischio di black out. Con l’ultimo reattore destinato Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va a essere fermato il 5 maggio, Governo e Bank of Japan hanno espresso i timori sul fatto che la mancanza di energia nucleare danneggerebbe il settore industriale, incoraggiando le imprese alla delocalizzazione. L’Agenzia per la sicurezza nucleare ha approvato l’8 febbraio i risultati dei test ad alcuni reattori. La palla passa all’Esecutivo del premier, Yoshihiko Noda, che ha già anticipato nei giorni scorsi la volontà di chiedere l’approvazione al riavvio da parte delle comunità locali solo dopo un esame approfondito fatto insieme ai ministri competenti. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Multa record per la banca privata britannica Coutts LONDRA, 28. Bufera su Coutts: la banca privata, celebre perché custodisce, tra l’altro, le sterline della regina Elisabetta II, è stata multata per 8,75 milioni di sterline, il massimo previsto in Gran Bretagna, per aver violato le norme sul riciclaggio. L’unità di wealth management della Royal Bank of Scotland, è stata punita dalla Financial Services Authority, l’ente di vigilanza sui servizi bancari, per non aver condotto controlli adeguati su almeno tre quarti dei clienti considerati politically exposed, espressione che designa politici di Paese a rischio, generalmente mediorientali e dell’Europa orientale, spiega l’agenzia Ansa. La Financial Services Authority ha stabilito che Coutts ha «regolarmente mancato» nelle verifiche dovute sulla provenienza dei fondi, con il risultato di un «rischio inaccettabile» che venissero da proventi di un crimine. Ricorda l’agenzia Ansa che, fondata alla fine del seicento, Coutts è una delle banche private britanniche più note. Attualmente è interamente di proprietà della Royal Bank of Scotland. In Gran Bretagna vi sono ventotto filiali. Numerose le filiali all’estero, tra le quali quelle di Hong Kong e Dubai. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Gianni Vallardi, direttore generale Romano Ruosi, vice direttore generale Sede legale Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese Assicurazioni Generali S.p.A. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 marzo 2012 pagina 3 Bombardamento di Khartoum sulla contesa regione ricca di petrolio al confine tra i due Stati Delegazione dell’Ecowas a Bamako per convincere i golpisti a lasciare il potere Venti di guerra tra Sudan e Sud Sudan Annunciata nel Mali una nuova Costituzione KHARTOUM, 28. Oggi, per il terzo giorno consecutivo, bombardamenti aerei dell’esercito di Khartoum in una zona petrolifera sud sudanese si sono incrociati con combattimenti terrestri tra militari sudanesi e forze del Sud Sudan in un’altra area petrolifera contesa in territorio nord sudanese. Le due località epicentro degli attacchi, quasi confinanti, sono la provincia di Bentiu, capitale dello Unity State — ancora conteso, ma finora riconosciuto come territorio del Sud Sudan — e l’area petrolifera di Heglig, nel Kordofan meridionale, che rientra nel Sudan, anche se vi abitano tribù sudiste. Il bombardamento aereo su Bentiu — smentito da fonti ufficiali di Khartoum, ma confermato dal vicepresidente del consorzio petrolifero capeggiato dalla Cnpc, la società cinese che ha in concessione molte aree petrolifere — sembra che non abbia provocato vittime, né avrebbe spiegazioni certe se non l’ipotesi fatta dai dirigenti sud sudanesi, secondo i quali Khartoum vorrebbe rallentare l’avvicinamento diplomatico con Juba. Non a caso, il presidente sudanese, Omar al Bashir, ha sospeso una sua visita nella capitale del Sud prevista per il 3 prossimo aprile, che — riferisce l’agenzia Ansa — aveva lo scopo dichiarato di ratificare con l’omologo sud sudanese, Salva Kiir, accordi di libera circolazione tra i due Stati approvati la settimana scorsa ad Addis Abeba e discutere proprio dei confini ancora da definire e degli spinosi problemi dell’Abiey e dello Stato del Nilo Blu, tutte e due aree contestate, sia perché economicamente rilevanti, sia perché abitate da gruppi etnici tanto del nord quanto del sud. In entrambe le capitali, comunque, si minimizza la portata degli scontri in corso, escludendo una reale volontà di riavviare una vera guerra come quella civile tra le due parti del Sudan durata dal 1982 al 2005, anche se le rispettive fonti attribuiscono agli avversari la responsabilità degli scontri. «Non abbiamo altra intenzione che quella di liberare le nostre terre», ha dichiarato da Khartoum il capo della sicurezza nazionale, Mohamed Atta al Moula, precisando che forze sud sudanesi sarebbero entrate per 14 chilometri in territori del Sudan. Da Juba, il ministro dell’Informazione sud sudanese, Barnaba Marial Benjamin, ha replicato che il suo Paese «non ha alcuna voglia di avviare una guerra senza senso» con il Nord. Un soldato sudsudanese di guardia a un impianto petrolifero (Afp) Ma la situazione rimane molto tesa e confusa. In un documento diffuso dal Palazzo di Vetro, il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, ha esortato le parti a utilizzare i meccanismi politici per risolvere pacificamente le loro divergenze. Anche l’Unione africana (Ua) è intervenuta, chiedendo ai Governi di Sudan e Sud Sudan di ritirare immediatamente le rispettive truppe a dieci chilometri all’interno delle frontiere, come previsto da un re- cente documento firmato dalle due parti. Il presidente della Commissione dell’Ua, Jean Ping, si è detto profondamente preoccupato dall’aumento delle tensioni alla frontiera tra Sudan e Sud Sudan. In una nota, il dipartimento di Stato americano ha invece sollecitato entrambe le parti a cessare immediatamente il fuoco ai confini, perché l’escalation dei combattimenti potrebbe uscire fuori dal controllo. BAMAKO, 28. La Giunta al potere in Mali dopo il colpo di Stato ha annunciato di aver adottato un nuovo «Atto fondamentale» destinato a garantire «uno Stato di diritto» e «una democrazia pluralista». Nel preambolo si afferma che «lo Stato del Mali è una Repubblica indipendente a sovranità democratica, laica e sociale», «la Repubblica del Mali è una e indivisibile». I membri della Giunta è stato precisato non si candideranno alle prossime elezioni. Un militare alla televisione ha letto un testo in cui si precisa che la Giunta ha adottato «l’Atto fondamentale» costituito da circa 70 articoli che servirà da Costituzione nel periodo transitorio. Inoltre, la Giunta militare del Mali ha disposto la revoca immediata del coprifuoco — instaurato lo scorso 22 marzo dopo il golpe contro il presidente Amadou Toumani Touré — e la riapertura delle frontiere. Queste iniziative, però, non sono state sufficienti a evitare la condanna del golpe da parte di Ecowas, la Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale, composta da 15 membri, che ha tenuto ieri un vertice straordinario ad Abidjan. Una delegazione di sei capi di Stato di Ecowas sarà in Mali entro 48 ore per chiedere ai golpisti di lasciare il potere e far tornare il Paese alla normalità. Questa delegazione sarà guidata dal presidente di turno rire un dialogo fruttuoso per riportare la pace nel Paese». L’ambasciatore francese in Mali, Christin Rouyer, ha avuto un contatto telefonico rassicurante con il presidente maliano, Amadou Toumani Touré, deposto la scorsa settimana da un colpo di Stato militare. Lo ha riferito all’agenzia Afp il portavoce del ministero degli Affari Esteri francese, Bernard Valero, senza rivelare il luogo in cui si trova ora il presidente vittima del putsch. Ferito in un agguato in Somalia il direttore di Radio Shabelle MO GADISCIO, 28. Il giornalista somalo Mohyadin Hassan Mohamed, da poco nominato direttore di radio Shabelle di Mogadiscio, è stato ferito ieri sera nella capitale da un uomo armato. Secondo quanto riferisce l’emittente somala, uno sconosciuto ha aperto il fuoco contro il giornalista mentre ritornava a casa dal lavoro. Il direttore è stato subito ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Il tentato omicidio è stato rivendicato poco dopo dall’insurrezione radicale islamica degli Shabaab. I miliziani — che controllano gran parte del Paese africano e che hanno come obiettivo principale l’abbattimento del Governo di transizione — hanno assassinato tre giornalisti somali quest’anno, incluso l’ex direttore di radio Shabelle, Hassan Osman Abdi, ucciso a gennaio a colpi di arma da fuoco nella sua abitazione a Mogadiscio. Altri due direttori dell’emittente, Bashir Nur Gedi e Mukhtar Mohamed Hirabe, erano stati assassinati rispettivamente nel 2007 e nel 2009. Gli Shabaab vorrebbero utilizzare radio Shabelle per trasmettere i propri messaggi. Stati Uniti e Pakistan dialogano Entro il 2013 rimpatrieranno 1.500 soldati Disimpegno britannico dall’Afghanistan KABUL, 28. La Gran Bretagna sta preparando il ritiro di 1.500 soldati dall’Afghanistan nel 2013, dopo le cinquecento unità che lasceranno il Paese quest’anno. Ne dà notizia «The Guardian», secondo cui il Governo starebbe dunque dando il via libera a quanto consigliato dai comandanti militari nella regione di Helmand e al quartier generale della Nato a Kabul. Con il progressivo ritiro delle forze della coalizione, ricordano gli analisti, si prospetta per le forze afghane un compito senza dubbio arduo sul fronte della sicurezza, considerando che le violenze scatenate dai talebani non danno tregua. Proprio recentemente le autorità di Kabul hanno tenuto a precisare che le unità locali, grazie an- Cambi0 alla guida del Kadima TEL AVIV, 28. L’ex ministro della Difesa israeliano Saul Mofaz è diventato il nuovo leader del partito Kadima, battendo alle primarie l’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni. Mofaz ha ottenuto oltre il 61 per cento dei voti, mentre Livni ne ha avuti poco più del 37 per cento. Come riferiscono fonti della stampa locale, appena il 41 per cento dei 95.000 iscritti al partito centrista israeliano hanno partecipato alle consultazioni. Nel discorso della vittoria, il 63enne ex ministro ha promesso ai sostenitori che il partito vincerà le prossime elezioni e ha chiesto di aver fiducia nel nuovo cammino «verso un Israele che abbiamo perso: sogniamo che potrebbe essere differente». La maggior parte dei sondaggi diffusi dagli organi di stampa, comunque, indica che, se si votasse oggi, il premier Netanyahu e il suo partito, il Likud, otterrebbero la maggioranza dei consensi. Nella campagna elettorale, Mofaz ha insistito soprattutto sui problemi sociali interni e sulla sicurezza nazionale. Il Kadima, di orientamento centrista, è stato fondato dall’ex primo ministro Ariel Sharon in seguito alla sua uscita, nel novembre 2005, dal Likud. Alle ultime elezioni è stato il partito che ha ottenuto più voti, ma non è riuscito in seguito a formare una maggioranza. che ai corsi di formazione e di addestramento gestiti dal contingente internazionale, sono in grado di garantire un sufficiente grado di sicurezza. Tuttavia, sottolineano gli osservatori, il compito si prospetta assai spinoso, anche perché gli intensi sforzi diplomatici diretti ad arginare le violenze non hanno prodotto, finora, i risultati sperati. Si segnala intanto che è stato sventato un attacco al cuore di Kabul. E diciotto aspiranti attentatori suicidi sono stati arrestati. Ne ha dato notizia la Bbc on line, che cita fonti dei servizi segreti. Tra gli arrestati vi sarebbero soldati dell’esercito regolare afghano. Secondo la Bbc, il piano prevedeva un attacco suicida di massa nel centro della capitale afghana. Alcuni attentatori suicidi avrebbero dovuto farsi saltare in aria dopo essere saliti a bordo di autobus di pendolari. Il numero delle vittime, evidenziano fonti di stampa locali, avrebbe dovuto essere molto alto dato che undici pullman possono trasportare fino a 1.100 persone. Sempre riguardo alla costante azione diplomatica a sostegno della causa afghana, da rilevare che i rapporti tra Afghanistan e Stati Uniti, da tempo caratterizzati da alti e bassi, stanno vivendo attualmente un momento positivo e costruttivo. Osservano gli analisti che grazie alla leadership strategica siglata da Washington e Kabul si punta, in modo pragmatico, a creare un fronte solido, in grado di garantire al travagliato territorio un riferimento importante nella prospettiva di un credibile processo di ricostruzione. Militari britannici nella provincia di Helmand (Epa) Disordini in Libia TRIPOLI, 28. Ha minacciato apertamente la secessione Issa Abdel Majid Mansour, leader della tribù dei Toubou insediati nel sud della Libia, e impegnati da tre giorni in sanguinosi scontri con la popolazione araba dell’oasi di Sebha, antica capitale della regione desertica del Fezzan, costati finora almeno cinquanta morti e oltre cento feriti. A detta del capo tribale, sarebbe in atto un complotto contro la sua Piano d’azione in Honduras contro la droga Un’azione di polizia a Tegucigalpa (Afp) SEOUL, 28. Il vertice di Seoul sulla sicurezza nucleare è stato anche occasione per un significativo incontro fra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il primo ministro pakistano, Yousuf Raza Gilani. Significativo non fosse altro per quanto riferito dallo stesso Gilani, che parlando con la stampa ha detto che il capo della Casa Bianca ha espresso profondo «rispetto» per la sovranità del Pakistan. Affermazione, sottolineano gli analisti, che vuole essere una risposta alle critiche su una presunta mancanza di tale rispetto, sollevate dopo il blitz nel covo di bin Laden e in occasione dei raid dei droni statunitensi. Obama, ha detto sempre Gilani, ha ribadito l’impegno di Washington di promuovere la stabilità sia in Pakistan sia in Afghanistan. Tribù del sud minaccia la secessione dopo tre giorni di combattimenti nell’oasi di Sebha Visita del vice segretario di Stato americano responsabile delle Politiche per combattere il narcotraffico TEGUCIGALPA, 28. Il vice segretario di Stato americano responsabile delle Politiche per combattere la droga, William Brownfield, ha avviato un vasto piano d’azione con le autorità dell’Honduras per sradicare il narcotraffico. Tra le principali iniziative, quella di attivare un radar per vedere con maggiore precisione gli spostamenti dei trafficanti di sostanze stupefacenti per via aerea o via mare. Una relazione annuale dell’Amministrazione di Washington sul traffico di droga nel mondo ha evidenziato come circa l’80 per cento della cocaina in arrivo in Messico dal Sud America — e destinata al mercato degli Stati Uniti — passi dal Guatemala e dall’Honduras. Con il presidente honduregno, Porfirio Lobo, il vice segretario ha dell’Ecowas, l’ivoriano Alassane Ouattara, il cui Paese soltanto da pochi mesi è uscito da un’emergenza per molti versi analoga, e composta dai presidenti del Burkina Faso (Balise Compaoré), del Benin (Bony Yayi), della Liberia (Ellen Johnson Sirleaf), del Niger (Mahamadou Issoufou) e della Nigeria (Goodluck Jonathan). Il capo dello Stato del Burkina Faso è stato nominato mediatore nella crisi maliana con la missione «di prendere contatto con tutte le parti per favo- firmato un accordo per erogare circa 200.000 dollari per la sicurezza e donare una serie di motociclette agli agenti della polizia dell’Honduras. Brownfield è atteso nelle prossime ore a Città del Guatemala, per discutere con le autorità guatemalteche gli sforzi per combattere il traffico di droga e rafforzare la sicurezza. Previsto un colloquio con il presidente del Guatemala, Otto Pérez Molina, che in più di un’occasione ha ribadito come sia necessario cambiare la strategia di contrasto al narcotraffico in Centroamerica. La missione diplomatica del vice segretario americano responsabile delle Politiche per combattere la droga dovrebbe concludersi nei prossimi giorni in Colombia. gente per la «pulizia etnica» dell’area ove è stanziata. «Annunciamo la riattivazione del Tfsl per proteggere il popolo Toubou», ha ammonito: si tratta del Fronte Toubou per la salvezza della Libia, un movimento di opposizione perseguitato sotto il Governo di Muammar Gheddafi. Dopo la caduta di quest’ultimo il Tfsl era stato sciolto ma «salta fuori che il Consiglio nazionale di transizio- Risorse per le scuole brasiliane delle zone rurali BRASILIA, 28. Il Governo del Brasile investirà 750.000 euro all’anno per migliorare l’istruzione nelle aree rurali, uno dei settori rimasti ai margini del sistema educativo nazionale. «Sono 30.000 le scuole che riceveranno risorse per i costi di gestione e altre 3.000 quelle che saranno costruite entro il 2014», ha annunciato il presidente, Dilma Rousseff. Il programma, si prefigge di facilitare i trasporti nelle aree agricole, con l’entrata in servizio di 8.000 nuovi autobus e 2.000 imbarcazioni, oltre alla distribuzione di 180.000 biciclette per gli scolari. ne e il regime passato non sono diversi, perché il Cnt ha in programma di sterminarci», ha accusato. «Se necessario», ha proseguito Mansour, «chiederemo l’intervento internazionale e ci impegneremo per la creazione di un nostro Stato, sul modello del Sud Sudan». I Toubou, termine che nella loro lingua significa «Popolo delle rocce», sono un’etnia che conta circa 350.000 anime, sparse tra i territori di Niger, Sudan, della stessa Libia e soprattutto del Ciad settentrionale, dove sono tradizionalmente insediati nel massiccio del Tibesti, in passato ambito da Gheddafi per le sue riserve di uranio. In massima parte di fede musulmana, sono per lo più pastori seminomadi, organizzati in una struttura a clan che talora può assumere anche aspetti matriarcali. La crisi mette seriamente in discussione l’effettiva capacità del Cnt di tenere unito il Paese dopo la caduta di Gheddafi, e rischia di degenerare pericolosamente. È dunque sempre più tesa la situazione in Libia, Paese che sembra essere stata abbandonato dalla comunità internazionale e rischia la deriva islamista. La denuncia è stata fatta nei giorni scorsi da Mahmoud Jibril, ex leader del Cnt. «Appena è caduto il regime di Gheddafi, sono spariti tutti» ha affermato Jibril. Pur riconoscendo il contributo giunto dall’Ue, l’ex capo del Cnt ha sottolineato come a suo avviso questo non sia in linea con le priorità del Governo di Tripoli, ovvero il disarmo delle milizie e la preparazione di elezioni. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 29 marzo 2012 L’abbazia di San Gallo festeggia millequattrocento anni di storia Una farmacia dell’anima tra le Alpi svizzere di SIMONA VERRAZZO illequattrocento candeline da spegnere sono un bel traguardo ed è quello che celebra nel 2012 l’abbazia di San Gallo, in Svizzera. Un vero scrigno di tesori culturali, protetti con devozione e passione dai monaci benedettini nel corso dei secoli, per quella che è considerata una delle più preziose biblioteche del mondo. Un compleanno così speciale da essere festeggiato con la mostra «San Gallo: vita, leggenda, culto». Cuore dell’esposizione è la biblioteca, con la sua incredibile storia lunga più di un millennio e la sua inestimabile mole di volumi conservati: circa 170.000; di cui oltre M «Evangelium longum» (IX secolo) 400 digitalizzati e visibili in rete (www.cesg.unifr.ch/it/index.htm). Fino al 27 novembre, i visitatori potranno ammirare codici miniati, pergamene, stampe e libri, ma anche dipinti, sculture, reliquiari, oggetti liturgici, sigilli, monete: tutto legato, in maniera diretta o indiretta, al benedettino san Gallo. Un’occasione da non perdere per migliaia di persone: ben 100.000 infatti sono quelle che ogni anno varcano normalmente le porte dell’abbazia. L’evento è testimoniato anche dai prestigiosi prestiti arrivati appositamente per l’esposizione giubilare. Tra questi c’è l’Antifonario di Bangor, visibile soltanto da aprile a luglio, proveniente dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Redatto nella località irlandese da cui prende il nome intorno al 680-690, è un codice musicale di inni sacri, tra i più antichi al mondo. Nel 1816 il cardinale Federico Borromeo fece trasferire il manoscritto dal monastero di san Colombano di Bobbio, in provincia di Piacenza, fino a Milano, dove andò ad arricchire la Biblioteca Ambrosiana. Il monastero di San Gallo è qualcosa di più che un edificio religioso e per capirlo basta guardare la cartina della Svizzera. L’abbazia dà il nome sia al cantone sia al capoluogo, questo perché è attorno a essa che si sviluppò il centro urbano, proprio a ridosso delle sue mura. Un radicamento sul territorio, una partecipazione attiva alla vita culturale della regione, al confine con Austria e Liechtenstein a sud del lago di Costanza, che è vivo ancora oggi, dopo millequattrocento anni. Dove attualmente sorge l’abbazia, nel 612 il monaco benedettino Gallo costruì la sua cella, in cui visse come eremita ma attorno alla quale si costituì la prima comunità di fedeli della zona. Nato verso la metà del VI secolo, era arrivato dall’Irlanda insieme con il suo maestro, san Colombano. Giunti in Svizzera i due trascorsero alcuni anni lungo le rive del lago di Costanza. L’anno 612 è quello della separazione: Colombano proseguì verso l’Italia, Gallo si fermò lì perché malato. Secondo la biografia scritta dal monaco — e tra i più importanti poeti carolingi — Walafrido Strabone (808-849), la costruzione del monastero risale a circa un secolo dopo la morte di san Gallo, datata attorno al 630. A volerla fu san Otmaro, abate tedesco, arrivato a San Gallo nel 719. Qui decise di dedicare un monastero, secondo le regole bene- dettine, che portasse il nome del santo irlandese. Tra l’VIII e l’XI secolo il monastero si affermò come uno dei più importanti centri di diffusione culturale d’Europa e risale a questo periodo il cuore delle collezioni. Nel 1805 l’abbazia fu chiusa e la biblioteca secolarizzata. Da allora il suo patrimonio è gestito dalla Katholische Konfessionsteil des Kantons St. Gallen e dalle autorità cantonali sangallesi. Il 1847 è l’anno in cui fu costituita la diocesi di San Gallo, indipendente da quella di Coira, e la chiesa abbaziale elevata al rango di cattedrale. Nel 1983 l’Unesco inserisce il convento, con la cattedrale e la biblioteca, nella lista del Patrimonio dell’umanità come «perfetto esempio di monastero carolingio». Con una storia alle spalle di millequattrocento anni è praticamente impossibile elencare per intero i tesori dell’abbazia, su alcuni però è bene soffermarsi. Su tutti c’è il capolavoro Evangelium longum, realizzato tra l’894 e l’895. Al volume lavorarono due tra i più abili monaci dell’abbazia: Sintram, il calligrafo a cui fu affidata la scrittura del testo, e Tuotilo, gioielliere e incisore che realizzò le due tavole in avorio e pietre preziose, piatto anteriore e piatto posteriore del volume. L’Evangelium longum è la testimonianza della perfezione tecnica che i monaci benedettini raggiunsero nelle arti, dalla scrittura alla scultura, dalla geografia alla musica, poiché nell’immenso patrimonio della biblioteca figurano anche spartiti e carte geografiche. Il cuore, però, sono i manoscritti e l’abbazia ha il primato di possedere la più preziosa collezione di codici miniati irlandesi del continente. Tra questi in mostra è possibile ammirare il Quatuor evangelia, datato attorno al 750, contenente i vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, decorati con 12 pagine scritte e miniate in Irlanda. È il manoscritto irlandese più pregiato conservato nella biblioteca. Prezioso è anche il Codex Delta, custodito a San Gallo Il convento in un disegno del 1769 ma presumibilmente realizzato nel monastero di san Colombano a Bobbio intorno all’850. Evangeliario in greco con traduzione interlineare in latino, è tra le testimonianze più importanti per la storia della trasmissione del testo biblico in greco antico. La biblioteca dell’abbazia è un’incredibile miniera di rarità, volumi che hanno attraversato i secoli per arrivare perfettamente intatti fino ai nostri giorni. Come la Regula Benedicti dell’820, considerata la copia meglio conservata delle regole benedettine. Nel capitolo XXXVI del De infirmis fratribus, si ricorda come l’assistenza medica sia il più alto dei doveri, poiché si mette in pratica quanto detto da Gesù «Ero malato e mi avete curato». E ancora altri due primati in mostra: la biblioteca custodisce l’Abrogans, il più antico volume scritto in tedesco databile intorno al 790 e contenente le prime versioni nella lingua germanica del Padre nostro e del Credo, e il Cantatorium, primo manoscritto musicale completo esistente al mondo con notazione medievale neumatica, realizzato tra il 922 e il 926. Il piatto anteriore, appartenuto a Carlo Magno, è in avorio, realizzato a Bisanzio intorno al 500 e raffigurante scene del combattimento di Dioniso con gli Indiani. La biblioteca di San Gallo offre anche un capolavoro architettonico: la splendida sala da lettura. Costruita tra il 1758 e il 1767, è considerata il miglior esempio di barocco in Svizzera. Sopra il portale d’entrata spicca la frase «Farmacia dell’anima», scritta con le lettere dell’alfabeto greco. E dopo millequattrocento anni l’abbazia di San Gallo è ancora una farmacia dell’anima; testimonianza di fede e scrigno di conoscenza per migliaia di persone che ogni anno vengono a visitarla, tra le montagne della Svizzera. San Gallo e l’orso in un’illustrazione della «Storia dell’abbazia di San Gallo» (1549) Compleanno con l’orso riconoscente Quando sacro e profano si mescolano. San Gallo è stato e ancora è così presente nella vita del cantone e della città che portano il suo nome che anche le amministrazioni locali hanno deciso di celebrarlo con una mostra: «Gallus: culto, kitsch, caricatura», che sarà ospitata dal 20 aprile al 15 ottobre al Museo di storia ed etnologia di San Gallo. L’esposizione vuole raccontare la presenza del santo nella vita di tutti i giorni, dalle raffigurazioni sui sottobicchieri dei boccali di birra alle insegne di ristoranti e birrerie, compresi cartoni animati e fumetti, tutti con protagonisti il monaco benedettino oppure l’orso. Secondo la leggenda, quando un giorno san Gallo era in preghiera, gli si sarebbe avvicinato un orso per mangiare e riscaldarsi. L’animale aveva una spina nel piede: il monaco gliela estrasse e l’orso, per riconoscenza, lo aiutò a costruire la sua cella e da quel momento lo ac- compagnò ovunque. Anche nella modena iconografia. E un orso è la mascotte del St Gallen, la locale squadra di calcio, anche questa protagonista di una parte della mostra. Ma il “pezzo forte” dell’esposizione sarà lo stampo per cialda per cucinare i waffel, uno dei dolci svizzeri più celebri, risalente agli anni dell’abate D iethelm Blarer von Wartensee, che guidò l’abbazia dal 1530 al 1564. Acquistato nel 2010 a un’asta a Monaco di Baviera, raffigura proprio il santo. Per l’occasione il museo, insieme con la pasticceria Schwyters, ha realizzato il waffel san Gallus sul modello dello stampo del XVI secolo, che sarà venduto durante tutto l’anno giubilare. Mobilitate, infine, anche le scienze. Il Museo di storia naturale ospiterà, dal 20 aprile al 30 dicembre, la mostra dedicata proprio all’orso san gallese, per meglio conoscere l’animale fedele amico del monaco benedettino. Un libro raccoglie le meditazioni scritte su invito di Antonietta Capelli Clemente Rebora e i pericoli dell’«occhio abituato» di ROBERTO CUTAIA «Non sempre possiamo toccare il soprannaturale, che merito ne avremmo? Ma abbiamo tanti motivi per credere! Sta qui il merito: credere senza vedere. Il grande valore della ragione! La fede lavora sulla ragione e la ragione dà forza alla nostra credibilità». È una delle annotazioni che Clemente Rebora scrisse tra il 1° dicembre 1953 e il 30 maggio 1954 a Villa Grazia di Per il poeta in campo spirituale dovremmo avere la stessa sensibilità dei grandi artisti che sanno cogliere ogni sfumatura Giogoli (Firenze) su invito di Antonietta Capelli (1896-1974) ispiratrice della Congregazione di san Giovanni Battista precursore, in occasione di un ciclo di meditazioni, oggi raccolte nel volume Meditazioni di Clemente Maria Rebora (Mori, Trento, La Grafica, 2011, pagine 212) a cura del padre rosminiano Carmelo Giovannini, «uno dei maggiori conoscitori di Rebora uomo, prete e santo — lo definisce nella presentazione del volume Domenico Mariani, segretario generale dell’Istituto della Carità e procuratore presso la Santa Sede — dai tempi della sua tesi di laurea all’Università Cattolica del Sacro Cuore (1970) a oggi si è impegnato in una continua ricerca di testi reboriani, con una pazienza certosina e l’amore di chi crede nella sua buona causa, editando una dozzina di libri». Prosegue Mariani: «Sono commenti che seguono l’anno liturgico, dall’Avvento alla Risurrezione del Signore, annotazioni che si rivelano come fendenti della spada di Dio. Salta fuori un Rebora conoscitore della Sacra Scrittura e di Dante, innamorato della Madonna, figlio di Rosmini, il lirico che anela alle vette della santità». Nell’introduzione Giovannini riporta una lettera che la Capelli indirizzò al padre Giuseppe Bozzetti: «Ho da chiederle un immenso dono: per misericordia del Signore e approvazione del Santo Padre ho aperto da due anni una casa dove si trovano vocazioni tardive. Ho un estremo bisogno di un sacerdote santo che viva fra loro e dia coll’esempio e con la parola tanta luce». Ecco alcune annotazioni tratte dal libro: «Il voler primeggiare è un cancro tremendo. La concupiscenza degli occhi è il piacere agli altri, e peggio ancora il piacere a se stessi. È l’esaltazione dell’ego, non dell’io santo; è l’ambizione tanto dannosa, l’ostentazione, il mettersi in mostra per apparire quello che non si è. Questa posizione gonfia sino a farci credere necessari alla Chiesa; mentre la posizione vera, santa, naturale è: “Signore che io non rovini le tue opere: non semini la mia crusca, mentre do il tuo grano!”». Per Rebora occorre avere un «occhio semplice», che è quello di Dio. Cercarlo in tutte le cose con la stessa sensibilità degli artisti che «sentono nel campo della loro arte la minima sfumatura, e non la possono tollerare». E subito dopo lamenta la naturale tendenza dell’uomo a voler primeggiare: «È quasi sempre, sin da bimbi, il movente primo di ogni nostra azione!». Mentre le circostanze in cui si viene umiliati, frequenti nella vita religiosa, sono «tonico efficace» per l’anima. Danno infatti l’occasione di vivere nella verità e di vedere e cercare solo Lui: «C’è tendenza — continua — in noi a magnificarci; mentre il vero nostro valore è quello di far crescere Cristo in noi, al di sopra di tutti i valori». A questo riguardo Rebora immagina un probabile discorso dei parenti a Gesù: «Va’ in Giudea e là ti esalteranno, e mostrati al mondo, se tanto vali», una sorta di specchio della mentalità del mondo, «si infiltra in ogni nostra cellula per valorizzare l’io vecchio». E commenta: «ci magnifichiamo invece di recitare il vero magnificat. La concupiscenza degli occhi ha una gamma vastissima. Cerca ad esempio il prestigio personale: il diavolo lavora nel nostro guasto per farsi adorare. Noi aneliamo alla grandezza, abbiamo bisogno di infinito, abbiamo anelito per esaltarci, ma queste tendenze le poniamo in un campo sbagliato, se le lasciamo strumentalizzare dal demonio». Il problema, secondo lo scrittore, è dato dal fatto che non conosciamo abbastanza Dio. Perché «chi ama veramente Dio non può vivere in questa posizione falsa». È una tentazione diabolica: «il demonio nemico che non ama, vuol farmi credere che l’obbedienza a Dio non importa niente, mentre è essenziale, è il suggello della carità vera. Se non ho quello, tutto il resto conta niente. Vogliamo fare quello che Dio non vuole, e anche non fare quello che Lui vuole! Ecco l’inferno!... Infatti satana vuol dire “avversario”». L’uomo, invece, ha diritto alla verità che, sottolinea Rebora, porta alla santità e quindi alla felicità: «Dio ci vuole felici, anche tra i più acuti tormenti. Il male è sempre un fallimento. Si entra nel non essere, mentre il bene è infinito. Il male chiude la luce, ma non la distrugge. Il pericolo grande nei riguardi del Santo Vangelo è il guardarlo con occhio abituato, invece che guardarlo con occhio di scoperta continua, perché ad ogni istante, ed ogni volta, dà luci nuove. Il Vangelo contiene, per l’anima che lo accosta con serietà, sfumature sempre nuove e mirabilissime. Ogni frammento del Vangelo contiene tutta la Sapienza divina, come un frammento di Ostia». È l’esperienza, ricorda lo scrittore, dei santi che sono diventati tali anche grazie a un solo punto del Vangelo. Da loro dobbiamo imparare ad andare in profondità. E an- Clemente Rebora che la predicazione — ricorda con una riflessione ancora oggi attuale — non riesce affatto produttiva se non è stata preparata in profondità: «Non si fanno conferenze, ma si dà alle anime la Parola di Dio. È una missione altissima! L’analisi solo minuziosa e teorica sul Vangelo non è mai feconda. Non si è mai fatto penitenza abbastanza per l’efficacia sulle anime: posso essere eruditissimo e non far bene alcuno alle anime». L’obiettivo è la conquista del Paradiso. «Cuore in cielo e occhio in terra» diceva santa Teresa Redi, carmelitana fiorentina, mentre il falso misticismo, ricorda Rebora, è «cuore in terra e occhio in cielo». Infatti, senza una vita interiore «vivissima» le cose di questo mondo ci irretiscono. Perciò «lo spirito di orazione è la grazia delle grazie ed è assai diverso dalla preghiera. Non si concepisce un’anima consacrata che non abbia chiesto spirito. È pregando che si acquista lo spirito d’orazione. Esso è l’orientamento generale verso il Signore; mentre l’orientamento generale del peccatore è verso se stesso e verso le creature: quindi si vive in un disordine abituale. Per questo tutto va spaventosamente male. Lo spirito d’orazione ci mantiene in quella posizione, per cui, momento per momento, palpita in noi e agisce la grazia, come palpita il cuore e i polmoni». E conclude: «Il vero fervore è quello della volontà: un aumento di grazia in un’anima porta nell’universo una potenza inestinguibile: porta il Verbo nel mondo. Tutto quello che può aggiungere un bene anche minimo nell’anima, ha un valore enorme: tutto il resto è spazzatura. Rosmini scrive: “Prima cosa: cerca di acquistare lo spirito d’orazione”: stimare l’orazione più che lo studio, e queste parole per bocca di Rosmini, persona di studio profondo! “La scienza dell’orazione, sopra ogni sapere”. Dobbiamo alimentare quanto più è possibile lo stato attuale di unione con Dio in ogni momento. Senza questo la vita interiore viene meno. Perché queste parole così forti del Rosmini? Perché si può praticare lo studio ed il peccato, mentre non si può essere contemplativi e peccatori». L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 marzo 2012 pagina 5 Storia, memoria e storiografia salesiana in America Latina I Beatles Nella pampa con don Bosco dall’Amazzonia alle Ande zioni religiose recenti; molto dedite alle opere e poco alla ricostruzione storica e, ancor prima, alla cura della documentazione previa. Tra le congregazioni religiose che si stanno adoperando per una storia convincente che vada oltre l’epopea delle missioni e dei missionari eroici, si collocano anche quelle fondate da don Bosco che lavorano in questa direzione, sempre più consapevoli dei rischi di lasciar cancellare per sempre pagine preziose di vita e di azione di comunità civili e religiose. rare la permanenza delle informazioni. In secondo luogo la presentazione della storiografia salesiana di diversi Paesi, ha rivelato che se alcuni scrivono una storia attenta al contesto storico ed ecclesiale con senso critico, nella maggior parte dei casi la produzione è divulgativa, poco documentata. Si è avvertita talora la fatica di distinguere la storia (che cosa sia realmente accaduto) dalla storiografia (come la storia reale venga raccontata e interpretata). Il seminario, preparato da tutti i partecipanti con la compilazione di schede bibliografiche relative alla storiografia dei Paesi di provenienza, ha favorito il confronto, ma ha rivelato al contempo alcune incertezze di valutazione. La situazione dell’America centromeridionale, che dispone ancora di un numero limitato di studi scientifici, riflette una carente politica culturale in merito, per cui la storia salesiana vissuta è molto più ricca di quella ben scritta e disponibile a un pubblico interessato e colto. Il secondo obiettivo del seminario, relativo alla responsabilità della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, rappresenta la Una raffigurazione del «Quinto sogno di don Bosco» condizione indispensabile per ogni ricerca e una sfida anche in terra In tal senso si è realizzato nei americana. Sono state così opportuversi studi stanno mettendo in luce l’apporto alla promozione di intere giorni scorsi un Seminario America- namente presentate alcune esperienregioni sotto vari aspetti, non meno no di Storia Salesiana organizzato ze significative in atto a Barbacena, che le problematiche sussistenti nei dall’Associazione cultori di storia Brasile (Centro Salesiano di Docurapporti con i governi, gli antichi salesiana (Acssa), in collaborazione mentazione e Ricerca); a Bogotá in patronati e così via. La storiografia con l’Istituto Storico Salesiano, su Colombia (Centro Storico Salesiano l’Archivio Storico pare tuttavia notevolmente legata al- «Lo stato della storiografia salesiana Ispettoriale); Ispettoriale delle Figlie di le conseguenze e implicanze delle Maria Ausiliatrice (Fma) questioni coloniali nella scelta delle Quante sorprese di Belo Horizonte. Oltre prospettive di lettura, così che l’inall’interesse suscitato dalsieme dei dati politici, economici, quando si distingue la verità storica la loro organizzazione, è sociali tendono a fagocitare la comdalla storiografia ideologica apparso come all’origine ponente religiosa. di ognuno c’è quasi semChe spesso reinterpreta Mentre la storia reale è molto arpre qualche Sdb (Società ticolata, la storiografia risulta ancora e racconta i fatti a modo suo di don Bosco) o Fma apmolto selettiva e non sufficientepassionato della memoria, mente integrata. Ovviamente non solo per distrazione o per il pregiu- nella regione. Conservazione e valo- tenace di fronte alle molteplici diffidizio ideologico degli storici di pro- rizzazione del patrimonio cultura- coltà. D all’impegno personale si è fatta fessione, ma anche per la limitatez- le», al quale hanno partecipato reliza degli studi delle e sulle congrega- giosi e laici provenienti da diciotto strada anche la sensibilizzazione Paesi: Argentina, Bolivia, Brasile, istituzionale, fino a creare delle Cile, Colombia, Ecuador, Guatema- strutture che oggi rappresentano un la, Haiti, Honduras, Italia, Messico, patrimonio comune da custodire, Paraguay, Perú, Polonia, Porto Ri- alimentare e valorizzare. A Buenos Aires co, Spagna, Uruguay, Venezuela. La riflessione sulle realtà archiviAnzitutto va rilevato come le rela- stiche locali, a fronte dell’incertezza zioni sulla storiografia civile, religio- e dell’incuria delle persone, nonché sa e salesiana del Brasile, in genere di pericolosi agenti atmosferici, ha poco nota nell’America latina di lin- portato all’auspicio di unificare logigua spagnola, abbiano allargato gli sticamente alcuni archivi storici per orizzonti per comprendere che la non distruggere quanto si è finora storiografia particolare di una con- salvato e che continuamente si progregazione va sempre contestualiz- duce. Si è pure ribadita l’opportuniIl 29 marzo si svolge alla zata nel Paese e nella Chiesa locale. tà di distinguere la figura del rePontificia Universidad Católica La storiografia brasiliana, intenta a sponsabile dell’archivio storico da di Buenos Aires il solenne atto sviscerare il patronato portoghese e quella dei segretari ispettoriali (proaccademico per il conferimento successivamente spesso condizionata vinciali) e la necessità che si arrivi a del dottorato honoris causa a dall’ermeneutica marxista, non sem- tutelare concretamente gli archivi loGuzmán Carriquiry Lecour, bra finora aver esaminato e assimila- cali delle case per fermare la facile segretario generale della to molto il contributo delle congre- tendenza alla distruzione incauta Pontificia Commissione per gazioni apostoliche alla vita reale della memoria, grazie all’apporto di l’America Latina. Nell’occasione, del Paese. La migliore storiografia Carriquiry Lecour tiene la lectio un responsabile autorevolmente risalesiana dimostra invece come la magistralis intitolata «Una nuova conosciuto. storia di alcune aree del Brasile e di scommessa per l’America Un problema rilevato è la contialtri Paesi dell’America Latina non Latina». In un comunicato della nuità dell’impegno dopo il seminapossa prescindere dall’apporto salePontificia Commissione, firmato rio per non vanificare quanto è stato siano in campo educativo, sociale, dal presidente, il cardinale Marc condiviso, poiché finora molte aree culturale, catechistico; almeno per Ouellet, si evidenzia che il titolo alcuni periodi. La riflessione sulla sono sprovviste di un punto di rifeaccademico è stato assegnato rimento significativo. A tal fine nuconservazione del patrimonio archicome riconoscimento vistico ha pure messo in risalto la merosi partecipanti al Seminario a Carriquiry Lecour per la sua necessità di raccogliere, selezionare hanno espresso la necessità di afficostante difesa «dell’integrazione con cura, ordinare la documentazio- nare l’interesse spontaneo con una dell’America Latina ne, avendo attenzione alle sfide dei effettiva preparazione, come pure la e dei suoi valori culturali». nuovi mezzi tecnologici per assicu- volontà di collegarsi all’interno dei Paesi, come gruppi nazionali o regionali, come si è profilato per l’Argentina-Uruguay; il Brasile, la Colombia, il Centro America, secondo Due mesi di appuntamenti a Roma l’ampiezza geografica o il consistente numero di ispettorie (province). Si è pure auspicata una maggiore collaborazione tra i centri studi già esistenti e l’Acssa e il potenziamento Arte, cinema, musica e incontri; quarantaquattro appuntamenti con Rodella rete in termini di comunicazioma come palcoscenico naturale, città-ponte verso un intero continente. ne, onde valorizzare buone pratiche Ha avuto inizio mercoledì 27 marzo — con la proiezione del film Karen già presenti localmente, dare impulLlora en un bus, del regista colombiano Gabriel Rojas Vera, presso la Caso al miglioramento delle pubblicasa del Cinema — la prima edizione di «Primavera Latinoamericana», zioni e alla loro diffusione. Per queun’iniziativa promossa dall’Istituto Italo - Latino Americano in collabosto si è presentato il progetto di inrazione con le ambasciate dei Paesi membri, Zètema Progetto Cultura e serire in internet la storiografia saleRoma Capitale. Ciascun Paese sarà presente con un’opera-simbolo del siana, nel sito dell’Istituto Storico proprio retaggio culturale, a dimostrazione della complessità di un contiSalesiano – Acssa. nente che ha una ricchezza di variabili unica per storia, condizioni di viUn’istituzione che non ama il suo ta e tradizioni. Sarà La Pelanda (in piazza Orazio Giustiniani) a ospitare passato — è stato ripetuto nel coro la mostra dell’artista cubano Alfredo Sosabravo (quaranta opere fra tele del Seminario americano — difficildi grandi dimensioni, sculture in bronzo e vetri di Murano, dall’11 al 29 mente avrà futuro. La storia, infatti, aprile). Alla Centrale Montemartini (dal 12 aprile al 5 maggio) andrà in non è fredda cura della documentascena «La musica latina», un viaggio — in collaborazione con le ambazione, non è un museo di carte sciate di Brasile, Cuba, Honduras e Uruguay in Italia — attraverso la ricd’epoca, ma dinamica costruzione e chezza dei ritmi e delle sonorità latinoamericane. In programma anche il ricostruzione della vita. L’America primo ciclo di conferenze degli ambasciatori dei Paesi Latinoamericani Latina rappresenta in questo senso «America Latina protagonista del XXI secolo», incontri quindicinali che una sfida e un’opportunità, per tutti si terranno nella sede dell’Istituto Italo - Latino Americano dal 28 marzo i religiosi. al 23 maggio. di GRAZIA LOPARCO religiosi e le religiose giunti numerosi in molti Paesi dell’America Latina nell’O ttocento e prima metà del Novecento, con viaggi lunghi e disagiati, per assistere, educare, catechizzare in attenzione alla dignità delle persone, sono parte integrante della loro storia civile. All’indomani delle ampie sintesi di storia della vita consacrata in America Latina apparse su 150 colonne del Dizionario degli Istituti di Perfezione, di- I Carriquiry Lecour parla di una nuova scommessa Primavera d’oltreoceano di GIUSEPPE FIORENTINO e GAETANO VALLINI dieci libri imperdibili, i dieci dischi da portare su un’isola deserta, i dieci film più importanti nella storia del cinema. Nel corso della vita ci imbattiamo spesso in questo tipo di liste — sostanzialmente non pretenziosi esercizi di classificazione — che, quasi sempre in forma di decalogo, intendono offrire un’agile guida per districarsi nel ginepraio nel quale il neofita viene catapultato nel momento in cui timidamente si accosta a un ambito culturale. Proprio per il loro carattere estemporaneo e sostanzialmente frutto delle sensibilità e dei gusti personali dei compilatori, il più delle volte si tratta di cataloghi da non prendere troppo sul serio. Relativizzare è quindi d’obbligo. E a questa regola non si sottrae certo il decalogo recentemente pubblicato sul settimanale cattolico statunitense «Our Sunday Visitor» con l’impegnativo titolo Ten things to do before you kick the bucket («Le dieci cose da fare prima di tirare le cuoia»), ovvero, come spiega il sommario, «una lista I I sorprendenti suggerimenti dell’«Our Sunday Visitor» Decalogo americano tre Dame a Parigi; andare in pellegrinaggio, in particolare sul cammino di Santiago; leggere i classici cattolici, dai padri della Chiesa fino agli scrittori moderni, soprattutto Chesterton; compiere le opere di misericordia; riconciliarsi con Dio — compaiono voci decisamente inattese. E infatti fa un certo effetto l’invito ad assistere alle opere di Shakespeare, «il più grande drammaturgo cattolico in assoluto». Il suggerimento è preciso: bisogna andare in teatro, perché solo dal palco si percepisce in pieno il significato delle piéce del Bardo. Anzi, il cattolico dovrebbe recarsi al Globe Theatre di Londra o all’Asheland Shakespeare Festival in Oregon e, qualora si sentisse intimidito al cospetto di cotanta arte, «potrebbe cominciare con una commedia per poi affrontare storie come Enrico V, o tragedie come Re Lear». Ma sicuramente molto più sorprendente è l’avere inseriLa prima pagina dell’«Our Sunday Visitor» to al numero otto del decacon l’ampio richiamo dell’articolo di Mark Shea logo (non sappiamo se c’è un ordine di priorità) In beat empatica non esaustiva delle cose with the faith («A ritmo della feda fare in una vita cattolica ben de»), che suona come un invito a vissuta». riscoprire «quanto la cultura catVista la prospettiva, l’idea è si- tolica abbia fatto da matrice alla curamente originale. E lo è ancora grande musica pop mondiale». di più se si considerano alcuni dei suggerimenti offerti dall’autore, Shea ricorda, ad esempio, come il Mark Shea. Infatti, oltre ad alcuni jazz, che solitamente si ritiene naconsigli tutto sommato prevedibili to in ambienti non proprio edifio comunque comprensibili — visi- canti, sia sorto invece nel contesto tare le grandi cattedrali come No- cattolico di New O rleans. Dieci in rete Deve averci preso gusto Mark Shea, editorialista dell’«Our Sunday Visitor», se è vero che nell’edizione del 12 febbraio ha pubblicato un altro decalogo, questa volta dedicato ai dieci siti più utili per i cattolici. L’autore giustifica la sua scelta con la presunta difficoltà che solo pochi anni fa uno studioso o semplicemente un fedele avrebbe trovato nel tentativo di entrare in contatto con l’insegnamento della Chiesa. Oggi, grazie a internet, le cose sono cambiate: «Piuttosto che laboriosi viaggi nelle biblioteche a caccia di oscuri testi — scrive Shea — con la semplice pressione di un bottone è possibile trovare praticamente ogni risorsa non solo sul magistero della Chiesa, ma su quasi tutto ciò che riguarda la storia, l’arte, la musica e la cultura cattoliche». L’elenco, come sempre in queste circostanze, è parziale e opinabile ed è certamente riferito a un contesto e a una sensibilità squisitamente a stelle e strisce. Ma in esso non mancano indicazioni interessanti come quella che rimanda a un sito (www.catholic-hierarchy.org) che, come è facile intuire, offre informazioni, anche storiche, su tutte le diocesi del mondo e sulla Curia romana. Una sorta di annuario pontificio, o quasi. Poi cita direttamente come esempi di musica ispirata da una visione cattolica Let it be ed Eleanor Rigby, due canzoni dei Beatles, nientemeno che quelli che si erano dichiarati più famosi di Gesù suscitando un pandemonio e che, secondo alcuni, nascondevano nei testi persino allusioni al demonio. Forse Shea avrà letto al riguardo alcuni articoli dell’«O sservatore Romano» su presunti perdoni vaticani postumi. Quindi si lascia prendere la mano e si spinge oltre, affermando che dall’influenza cattolica non si può sfuggire neanche quando la si vuole negare, come nel caso di Lady Gaga o Madonna: «Anche nella sua blasfemia, il diavolo — sottolinea l’autore — non può fare a meno di offrire il suo omaggio alla Chiesa. Ogni ginocchio deve piegarsi». Insomma, avanti a tutto rock. Ma dopo queste imprevedibili incursioni, per qualcuno disorientanti, non si può non ricordare il consiglio che Shea pone al primo posto: recarsi a Roma. È il più ovvio, ammette egli stesso, ma le motivazioni non sono del tutto scontate. Infatti, spiega l’autore, «più antico di New York, Los Angeles e Washington messe insieme, per non menzionare Londra, Parigi, Berlino e il concetto della Nazione-Stato, questo era il luogo a cui la civiltà chiamata “Europa” guardava per comprendere cosa stava facendo un popolo civilizzato, mentre inglesi, francesi e tedeschi correvano nudi e dipinti di blu per i boschi. Sì, mentre tutto ciò che noi pensiamo come “Europa moderna” era ubriaco di idromele, viveva in capanne di fango e la costruzione di file di pietre era la più grande conquista culturale, Roma era già antica». Dunque, bisogna recarsi a Roma almeno una volta nella vita, e non soltanto perché ci sono il Papa e le tombe dei santi Pietro e Paolo, che già sarebbe ben più che sufficiente. Ma anche perché nella Città eterna c’è tutto il sapore della storia e dell’arte. E pure quello del cibo italiano, chiosa Shea, tanto per non farsi mancare nulla. E come dargli torto: vuoi mettere, oltre alla Cappella Sistina e al Colosseo, le leccornie degli italici piatti a confronto con un hamburger o un hot dog! Si prendano appunti, dunque. E si cominci a spuntare la lista. Qualcuno certo sarà avvantaggiato. Ma tutto sommato, poteva andare peggio. Convegno internazionale a venticinque anni dalla morte dello scrittore torinese Primo Levi e la memoria del male Roma ricorda Primo Levi a venticinque anni dalla morte, con il convegno «Scrittura e testimonianza» che partecipa, e in parte anticipa, le numerose iniziative dedicate in tutto il mondo allo scrittore torinese. Il simposio, si legge nel messaggio di saluto inviato dal presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, «ricorda non soltanto un grande scrittore italiano del Novecento, ma l’uomo che, fortunosamente scampato alla Shoah, ha elaborato nei suoi scritti, fino alla sua tragica morte, una riflessione senza eguali sui significati di quella strage degli Ebrei che, come egli ebbe a dire, non può essere spiegata ma deve sempre essere ricordata. Primo Levi ha affidato alla coscienza degli uomini, dei suoi contemporanei come delle generazioni che verranno, la memoria del male che può prendere forma anche nella vita delle nazioni più avanzate, corrompendone le coscienze, facendole diventare strumenti di vasti disegni di potenza e di morte». Nel corso delle quattro giornate — il simposio, iniziato martedì scorso, si concluderà venerdì 30 marzo — portano il loro contributo trentuno relatori, studiosi dell’opera di Levi, provenenti da Argentina, Francia, Regno Unito, Repubblica Federale di Germania, Romania, Israele e Stati Uniti che affronteranno temi quali l’antropologia filosofica di Levi e le stilizzazioni dell’amore nella sua opera. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 29 marzo 2012 Incontro internazionale organizzato dal Wcc a Manila Per l’indicazione del successore dell’arcivescovo di Canterbury L’orizzonte ecumenico dell’evangelizzazione Gli anglicani scelgono con Twitter di RICCARD O BURIGANA «Together towards life: mission and evangelism in changing landscapes» è stato il tema della pre-assemblea della Commission on World Mission and Evangelism (Cwme) del World Council of Churches (Wcc) che si è tenuta a Manila dal 23 al 27 marzo. L’incontro ha visto la partecipazione di oltre trecento delegati da tutto il mondo, con una dimensione realmente ecumenica dal momento che erano presenti delegati della Chiesa cattolica, di molte comunità pentecostali e di associazioni missionarie indipendenti, oltre ai rappresentanti del Wcc. I delegati si sono ritrovati con il chiaro intento di proseguire la riflessione sul rapporto tra missione e evangelizzazione in prospettiva ecumenica. Si tratta di un rapporto sul quale ci si è a lungo interrogati, soprattutto in questi ultimi tempi, in particolare alla luce di quanto è stato fatto, nel 2010, per celebrare il centesimo anniversario della Conferenza missionaria universale di Edimburgo, con la quale si fa iniziare il movimento ecumenico. A Manila la Cwme aveva il compito anche di prendere in esame la prima bozza di un documento proprio sul rapporto tra missione ed evangelizzazione; questa bozza è emersa nell’ultimo incontro tenutosi lo scorso novembre, in Ghana, quando si è solennemente ricordato il cinquantesimo anniversario dell’ingresso del Consiglio missionario internazionale nel Wcc. Il documento in discussione dovrà essere presentato nella prossima assemblea del Wcc, prevista a Busan, in Corea del Sud, nel 2013. Proprio l’assemblea di Busan, dedicata al cammino ecumenico per la giustizia e la pace, si attende molto da questo documento, dal momento che la testimonianza ecumenica nei confronti degli ultimi — come ha ricordato Olav Fykse Tveit, segretario generale del Wcc — si configura come la vera missione dei cristiani impegnati nella costruzione di un mondo fondato sui valori evangelici. Oltre all’intervento nella sessione inaugurale, Tveit ha avuto numerosi incontri con esponenti delle comunità cristiane e della società civile filippina riaffermando l’impegno in difesa dei diritti umani. Con il documento sul rapporto tra missione ed evangelizzazione, il Cwme si propone di rinnovare quanto scritto, ormai trent’anni fa, su questo tema, ponendo l’accento sulla centralità che esso ha assunto nella definizione degli scopi del dialogo ecumenico, anche in relazione al dialogo con le altre religioni e con il mondo. L’incontro, ospitato dal Consiglio delle Chiese cristiane delle Filippine, si è aperto con una riflessione sulla necessaria dinamicità, sulle recenti trasformazioni e sulle presenti diversità che caratterizza- Ortodossi in Turchia Nel 2013 riaprirà la scuola teologica di Halki ANKARA, 28. Nel 2013 il Governo turco consentirà la riapertura della scuola teologica di Halki, istituto ortodosso (sito nell’omonima isola) chiuso nel 1971 dalle autorità statali. La notizia, trapelata nei giorni scorsi a margine di un colloquio tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, è stata ripresa da diversi siti internet ortodossi. Secondo queste fonti, il presidente Obama si è congratulato con il premier Erdogan «per gli sforzi che ha fatto in Turchia in difesa delle minoranze religiose», aggiungendo la sua personale soddisfazione per la riapertura della facoltà teologica di Halki. La scorsa settimana, inoltre, il Patriarca ecumenico Bartolomeo, incontrando l’ex primo ministro greco, George Papandreou, ha affermato che «i pochi rimanenti ostacoli giuridici per la riapertura di Halki saranno risolti dalla revisione della Costituzione, che dovrebbe essere completata entro la fine di quest’anno» e, pertanto, c’è la speranza che la scuola possa riaprirsi per gli inizi del 2013. no la vita quotidiana delle comunità cristiane nella loro azione di testimonianza del Vangelo. Tale testimonianza si configura sempre più come un invito ad approfondire la vera natura missionaria della Chiesa, tanto più necessaria — come ha detto Roderick Hewitt, a lungo moderatore del Council for World Mission — in una società contemporanea che vuole negare i valori cristiani. Per Hewitt, «in futuro la missione della Chiesa dovrà emergere con sempre maggiore autenticità andando oltre i propri confini, in modo da aiutare tutti coloro che fanno del male a loro stessi, agli altri e al creato». Per questo è importante che i cristiani sappiano proseguire nella comune testimonianza ecumenica che rende più efficace la loro azione missionaria. In questa prospettiva, è stato particolarmente importante l’intervento di monsignor Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila, che ha sottolineato come i cristiani siano chiamati «a proclamare la comune fede in Gesù Cristo per lavorare insieme alla missione cristiana in un mondo in cui dominano la competizione, la frammentazione e la divisione». Nel corso dell’incontro è emersa anche l’importanza della dimensione spirituale della missione della Chiesa in un momento di profondo rinnovamento della testimonianza della Parola di Dio in chiave ecumenica. Per Rico Palaca Ponce, direttore dell’Istituto di spiritualità in Asia, a Manila, i cristiani devono vivere ricordando sempre che «il mondo è il luogo dove Dio si rivela mostrando la strada dell’amore che consente di comprendere le differenze religiose, culturali, sociali, economiche e politiche in modo tale che il Vangelo possa rappresentare l’elemento in grado di trasformare la società». La testimonianza ecumenica può aiutare a costruire l’unità, passando attraverso dei processi di riconciliazione che sono necessari per la pace, che si realizza nel dialogo, anche con le altre religioni. Tutto ciò è stato sottolineato in più interventi, che si sono richiamati a esperienze concrete di missioni ecumeniche. Tra questi, il reverendo Rex Reyes Jr., segretario generale del Consiglio delle Chiese cristiane delle Filippine, ha fatto riferimento alla situazione del proprio Paese, dove i cristiani sono in prima fila nella riconciliazione delle memorie per rimuovere discriminazione e violenze con l’annuncio ecumenico del Vangelo. Nello spirito di un rinnovamento ecumenico della missione si è discusso anche del fatto che il documento finale debba riflettere l’idea che «la spinta missionaria in futuro non si realizzerà più soltanto dalle comunità cristiane che vivono nei Paesi economicamente più ricchi, con alle spalle secoli di memorie cristiane, ma che la missione della Chiesa deve vedere protagonisti anche coloro che vivono ai margini del mondo, con un processo di riscoperta della povertà evangelica quale elemento essenziale dell’unità dei cristiani». Per questo, proprio in prospettiva ecumenica, si deve riaffermare che «la missione della Chiesa va vissuta nella quotidianità favorendo relazioni di amicizia e di collaborazione», come ha ricordato suor Luco Josune Arregui, uno dei delegati della Chiesa cattolica, invocando i tanti casi che mostrano quanto i cristiani siano uniti proprio nell’annuncio del Vangelo. E per Itayi Ndudzo, del comitato centrale del Wcc, non è un caso che proprio dalla missione i cristiani abbiano imparato a vivere l’unità: i cristiani «devono trovare il coraggio di annunciare Cristo sapendo bene che non sono spinti da una qualche filosofia umana, ma che hanno ricevuto un invito ineludibile a servire Dio proprio nella missione di annunciare la salvezza al mondo». LONDRA, 28. Un moderno mezzo di comunicazione come Twitter diventerà “protagonista” nella scelta del prossimo arcivescovo di Canterbury, primate della Comunione anglicana. A riferirlo è un recente articolo pubblicato sul sito internet del quotidiano londinese «The Telegraph», che pone in risalto come la Chiesa d’Inghilterra si sia orientata verso lo strumento di «social networking» relativamente alla generale consultazione che servirà a individuare le personalità da proporre per la successione dell’attuale arcivescovo, Rowan Williams, che ha annunciato le sue dimissioni alla fine del 2012. Il nuovo arcivescovo verrà nominato dalla regina Elisabetta II, che è formalmente il governatore supremo (Supreme Governor) della Chiesa d’Inghilterra. La scelta del successore sarà fatta, in nome del sovrano, dal primo ministro, in una rosa di due nomi selezionati da un organismo ad hoc, la Commissione di nomine della Corona. L’organismo, infatti, ha il compito di indicare il nome di un candidato preferenziale e di un secondo candidato nominale al primo ministro, che è costituzionalmente incaricato di riferire sulla consultazione alla regina. La decisione di Rowan Williams è stata annunciata dopo dieci anni di servizio come guida spirituale della Comunione anglicana. Per il futuro, il presule ha accettato l’incarico di master of Magdalene College. Ai fini della sua successione sarà dunque avviata una consultazione pubblica, che farà perno principalmente proprio su Twitter, oltre che su altri sistemi di comunicazione come la stampa. Questo sempre più diffuso strumento di rete sociale consente di mettere a disposizione degli utenti di internet e della telefonia mobile pagine personali aggiornabili, sulle quali scrivere notizie e commenti con testi non più lunghi di centoquaranta caratteri. Gli aggiornamenti sono mostrati istantaneamente nella pagina di profilo dell’utente e comunicati ai destinatari che si sono registrati per riceverli. Il nome Twitter deriva dal verbo inglese to tweet che significa «cinguettare». Attualmente, secondo alcune stime, sarebbero centinaia di milioni nel mondo gli utenti di questo servizio apprezzato per la sua praticità e velocità. La Comunione anglicana ha sottolineato che per la prima volta il processo di selezione sarà avviato con un’ampia consultazione pubblica. I fedeli saranno chiamati, entro maggio, a indicare i nomi da proporre per la successione, ma anche ad avanzare commenti e proposte sui problemi della diocesi di Canterbury e, più in generale, di quelli dell’intera comunità ecclesiale anglicana. Inoltre verrà chiesto il parere di persone di altre fedi non cristiane e persino di non appartenenti ad alcuna religione. Un portavoce della Chiesa d’Inghilterra ha peraltro osservato che Twitter costituisce già da tempo un importante strumento per le attività pastorali. L’arcivescovo di York, John Sentamu, annovera oltre 21.000 frequentatori della sua pagina personale su Twitter. Nell’annunciare le dimissioni, Williams ha sottolineato di aver considerato «un immenso privilegio servire come arcivescovo di Canterbury negli ultimi dieci anni. Continuerò — ha aggiunto — come meglio posso e in futuro a servire con lo stesso impegno e ispirazione la missione e la testimonianza della Chiesa». Attualmente, nella Comunione anglicana, si succedono a ritmo serrato commenti, proposte e prese di posizione sulla questione di come procedere rispetto al problema delle donne nell’episcopato, in particolare quelle dichiaratamente omosessuali, nell’ambito del rispetto dell’Anglican Covenant, il «patto sulle regole»: un fronte che divide i gruppi tradizionalisti da quelli aperti al cambiamento. Lettera della Custodia alla luce delle nuove norme liturgiche Pasqua al Santo Sepolcro GERUSALEMME, 28. «Lieti di questo risultato, uniti nella preghiera, potremo percorrere insieme il cammino di fede che ci conduce alla Pasqua di Risurrezione»: è quanto, in una lettera ai fedeli, viene sottolineato dalla Custodia di Terra Santa affrontando il tema dell’applicazione della riforma liturgica per la Settimana Santa al Santo Sepolcro, approvata dalla Santa Sede. Una lettera — a firma del custode, padre Pierbattista Pizzaballa, e del segretario custodiale, padre Silvio Rogelio De La Fuente — che vuole essere soprattutto un invito a vivere con gioia la prossima celebrazione pasquale e nella quale si ripercorre il processo di riforma nelle sue princi- pali tappe storiche, sottolineando il lungo impegno per superare le difficoltà inerenti le rigide regole sugli spazi e gli orari di celebrazione delle comunità religiose conviventi nella basilica del Santo Sepolcro, stabilite dallo status quo. Nel 1955, infatti, a seguito della riforma liturgica della Settimana Santa, la Custodia di Terra Santa espresse l’intenzione di introdurre i nuovi riti al Santo Sepolcro senza tuttavia esiti favorevoli a causa degli orari delle comunità, regolati dallo status quo. Per tale motivo, su richiesta dell’allora custode di Terra Santa, la Santa Sede concesse l’indulto per consentire le celebrazioni liturgiche secondo il vecchio rito. Nel 1986, la Commissione liturgica della Custodia di Terra Santa avviò comunque un programma di lavoro per adattare la liturgia della Settimana Santa ai nuovi libri liturgici, alla particolarità del luogo sacro, alle tradizioni proprie della liturgia di Gerusalemme e alle nuove esigenze pastorali, senza per questo rinunciare ai diritti della Chiesa cattolica. Il risultato è stato il progetto della riforma liturgica della Settimana Santa, racchiuso in tre volumi (su messale, lezionario e uffici), che venne approvato dalla Commissione liturgica l’11 marzo 1996, alla presenza del custode. Si è trattato di un lavoro — si osserva — al quale hanno contribuito diversi esperti e rappresentanti, anche della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, oltre al delegato apostolico e al patriarca di Gerusalemme dei Latini. Successivamente, il 28 marzo, il progetto della riforma fu presentato al patriarca latino e, infine, il 16 dicembre dello stesso anno, venne inoltrato alla Santa Sede. Il 5 marzo 1997, l’allora segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, comunicò alla Custodia di Terra Santa l’approvazione ad experimentum del progetto di riforma, allegando tuttavia una serie di modifiche richieste dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Il 23 marzo 1997, Domenica delle Palme, venne poi inaugurato il nuovo Ordo della Settimana Santa. Dal 1997 si avviò dunque la fase sperimentale che è terminata nel 2010: il 15 febbraio, dopo le opportune analisi, la Commissione liturgica ha inviato alla Santa Sede tutte le informazioni, unitamente a suggerimenti e correzioni frutto della fase sperimentale, presentando in concomitanza anche richiesta di approvazione definitiva della riforma, giunta infine il 12 ottobre 2011 nel rispetto sempre dello status quo. Intanto, in vista della celebrazione della Pasqua, la Terra Santa si arricchisce anche di ulteriori testimonianze di fede. La comunità «Domus Juventutis-Piccoli fratelli dell’accoglienza», che ha sede in Italia e che opera nello spirito di fraternità e degli insegnamenti di Charles de Foucauld, ha ricevuto dal patriarca di Gerusalemme dei Latini, monsignor Fouad Twal, l’incarico di custodire una cappella eretta nel luogo in cui il beato soggiornò nel 1898, in occasione di un viaggio spirituale. Ma non solo: la comunità ha in programma l’apertura di una struttura sanitaria a Taybeh, che si trova nei Territori palestinesi. Si tratta di un villaggio che con i suoi abitanti, tutti arabi cristiani, e le sue tre parrocchie — una di rito latino e le altre due melchita e greco-ortodossa — rappresenta nella regione un esempio di ecumenismo e di dialogo con le comunità musulmane degli altri villaggi. A Taybeh sorgerà per primo un centro dentistico, prima tappa di un progetto più vasto che punta anche a creare altri due studi medici. Nel villaggio sono recentemente giunti due oblati della fraternità che avranno il compito di dirigere il centro dentistico. A completare la presenza della comunità vi saranno anche alcuni frati che hanno riadattato un eremo per accogliere giovani che vogliono approfondire la meditazione nel deserto. Oltre ai «Piccoli fratelli dell’accoglienza» operano a Taybeh la congregazione locale delle suore del Rosario (che curano l’organizzazione delle scuole), le suore francesi della Santa Croce di Gerusalemme, che gestiscono l’ostello per i pellegrini e, infine, i religiosi brasiliani della comunità dei Figli di Maria, che lavorano nella casa di riposo per anziani, in grado di accogliere una ventina di persone. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 marzo 2012 pagina 7 Messaggio dei vescovi del Guatemala per la Via Crucis del migrante Nuovo intervento dei presuli cileni nel dibattito sulla depenalizzazione dell’aborto Chi evangelizza accoglie Il diritto alla vita oltre l’ideologia GUATEMALA, 28. Sono molti coloro che vivono sradicati dal calore umano e dal clima di accoglienza tipico della casa familiare: rifugiati, profughi, vittime di guerre e catastrofi naturali, come pure le persone sottoposte alla cosiddetta emigrazione economica. Fratelli che patiscono il cammino della Croce, che vivono tristi situazioni di disprezzo, di abbandono, di rifiuto, di indifferenza e di disinteresse politico. Occorre spezzare tali catene di resistenza all’accoglienza per far sì che i migranti ricevano l’ospitalità del cuore, secondo l’invito del Vangelo a riconoscere negli ultimi il volto di Gesù. Questo, in estrema sintesi, uno dei passaggi più significativi del «Messaggio per la Via Crucis del migrante 2012», dal titolo Evangelizzare è accogliere, proposto, nel tempo quaresimale, dalla Commissione pastorale sulla mobilità umana in seno alla Conferenza episcopale del Guatemala. Nel documento si denunciano le ripetute violazioni dei diritti umani fondamentali, sequestri, sparizioni, Il sacrificio di monsignor Oscar Romero dono per tutti SAN SALVAD OR, 28. La Chiesa cattolica di El Salvador, nel ricordare l’assassinio dell’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, avvenuto trentadue anni fa, constata, con tristezza, che «ancora non si è realizzato, nel Paese, il sogno profetico di colui il quale ha dato voce a chi non ha voce: vivere nella democrazia, nella pace, nella giustizia, nell’armonia e nell’unità». Lo ha sottolineato l’arcivescovo di San Salvador, José Luis Escobar Alas, durante la celebrazione eucaristica nella basilica del Sacro Cuore di Gesù per il trentaduesimo anniversario del sacrificio di monsignor Romero, momento centrale e culminante delle giornate di commemorazione. «Monsignor Romero, all’età di 62 anni, il 24 marzo 1980 — ha ricordato il presule — fu assassinato mentre celebrava la messa perché nelle sue vibranti omelie condannò la violenza e le ingiustizie sociali, schierandosi a difesa dei poveri e degli emarginati, lottando per la loro dignità». Una testimonianza, quella di Romero, non offuscabile con riduttive motivazioni ideologiche, ma resa esclusivamente «per amore del Vangelo di Gesù che salva e fa liberi». In nome della verità, come altre luminose figure, il vescovo salvadoregno ha «immolato la propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il Vangelo fino alle estreme conseguenze. In tempi tanto difficili egli continua a essere un fulgido esempio e speranza per tutti», ha concluso Escobar Alas. traffico di esseri umani, discriminazioni, detenzioni arbitrarie, specialmente ai danni dei lavoratori migranti verso Messico, Stati Uniti, Canada. «Questo dimostra la carenza di volontà dei Governi riguardo adeguate e lungimiranti politiche delle migrazioni nell’ambito delle convenzioni e dei trattati internazionali», è scritto nel testo. Secondo la Commissione pastorale, spetta alle istituzioni, con il concorso di tutte le componenti sociali, proteggere «i diritti umani e promuovere la giustizia negli affari del lavoro, attuando misure di controllo e monitoraggio sulla realtà e sui non pochi problemi dei lavoratori migranti». Interventi, talvolta drastici, rivolti al contenimento del flusso migratorio, si sono rivelati controproducenti, anzi pericolosi; hanno, in molti casi, provocato atteggiamenti di sospetto, di indifferenza, se non addirittura di odio e di razzismo verso i migranti. Ma esistono altre concause che chiudono in una spirale di difficoltà e di dolore quanti sono costretti ad abbandonare la loro terra, la loro casa: la violenza diffusa, il traffico della droga strettamente connesso alla criminalità organizzata contro i migranti in transito, soprattutto donne, bambini e adolescenti, le persone più vulnerabili, che vedono nel ricongiungimento familiare un diritto fondamentale. I vescovi del Guatemala esprimono particolare preoccupazione «per il degrado della condizione umana di migliaia di lavoratori migranti che vivono in sovraffollamento nei centri di detenzione, senza protezione, senza accesso ai servizi di base essenziali, quali la salute, la nutrizione, l’assistenza legale consolare». Nel documento si evidenzia inoltre il dolore delle famiglie dei migranti che subiscono le conseguenze delle «deportazioni»: disgregazione, abbandono, mancanza di assistenza, violenze, pericolose situazioni di sfruttamento; durante il processo di migrazione i più vulnerabili, i più colpiti sono le donne, gli adolescenti e i bambini, trascinati in una spietata spirale di schiavitù. Purtroppo — si sottolinea — il costante incremento del flusso migratorio di bambini e adolescenti soli accentua la già drammatica situazione dei ricongiungimenti familiari. In questo quadro allarmante, la Commissione pastorale sulla mobilità umana chiede «con cuore compassionevole» innanzittutto l’attuazione di politiche di sviluppo e di commercio internazionale che promuovano un’economia equa e sostenibile per contrastare l’emigrazione forzata, e sollecita riforme economiche per proteggere le risorse naturali dei Paesi in via di sviluppo e la creazione di strategie globali legate a politiche migratorie che garantiscano i diritti umani delle persone in mobilità, ma anche i doveri nei confronti dei Paesi ospitanti. Si tratta di attuare il principio della reciproca accoglienza nella legalità. Nel messaggio si invita il Congresso della Repubblica di Guatemala a continuare il processo legislativo per la riforma della legge sulle migrazioni integrandolo con le proposte della società civile, della Chiesa cattolica, delle comunità cristiane e delle altre confessioni, come pure della commissione incaricata di proteggere i diritti dei lavoratori migranti e i componenti delle loro famiglie. Viene inoltre sollecitato il riconoscimento di contributi economici di sostegno, attraverso servizi bancari opportuni, in favore dei migranti, sia nelle nazioni di origine sia in quelle di destinazione, e la promulgazione di leggi specifiche per garantire la riunificazione dei nuclei familiari costretti, in molti casi, alla divisione. Il documento della Commissione pastorale sulla mobilità umana si conclude ribadendo l’impegno della Chiesa in Guatemala nella causa dei migranti attraverso il «rafforzamento delle azioni locali in una prospettiva globale, lavorando in stretta collaborazione con organizzazioni nazionali, consapevoli della grande sofferenza inflitta a milioni di persone che vivono una condizione quotidiana di via crucis di indifferenza e di intolleranza». A tale impegno sono chiamate tutte le componenti sociali ed ecclesiali, «specialmente i fedeli cristiani, i quali, in questi tempi difficili e di grande ingiustizia, devono vivere in solidarietà con i migranti come segno della nuova evangelizzazione». SANTIAGO, 28. La tutela della maternità e della vita nascente è un principio che non può essere eluso; deve essere invece promosso pienamente, con umanità e razionalità, affinché si crei una cultura profonda che sappia difendere questi valori, fondamentali per avere veramente speranza nel futuro. Lo ribadisce la Conferenza episcopale del Cile intervenendo nuovamente nel dibattito in atto relativo alle iniziative legislative per depenalizzare, in certi casi, l’aborto. In una dichiarazione, i presuli, invitando a proteggere la vita dell’essere umano dal concepimento fino alla morte naturale, offrono spunti di riflessione, «luci», con «la carità nella verità», ai cattolici, ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà sull’inviolabile «dono della vita». Si rivolgono anche e soprattutto ai legislatori e alle istituzioni perché affrontino, senza chiusure ideologiche, «un problema come il diritto fondamentale alla vita, che tocca profondamente l’anima nazionale». Nel loro appello i vescovi citano, nell’ordine, il documento della Conferenza episcopale del 28 dicembre 2010 e la lettera congiunta delle Chiese cristiane del 3 ottobre 2011, indirizzata ai poteri dello Stato e all’opinione pubblica su una «visione condivisa del diritto alla vita». In questo documento congiunto, la Chiesa cattolica e quella ortodossa, l’ufficio di presidenza ampliato delle organizzazioni evangeliche, le comunità anglicana, metodista pentecostale e pentecostale apostolica, «guardando al bene supremo degli esseri umani, della società, della nazione cilena e ai valori che ispirano una visione cristiana del mondo, dicono no all’introduzione dell’aborto nel nostro Paese, vale a dire il poter porre fine alla vita dell’uomo nel grembo materno: non c’è alcuna ragione che renda lecito privare della vita un essere innocente». Con un ampio documento, intitolato Grido per la vita degli innocenti, i vescovi cileni, alla fine del 2010, rispondevano ad alcuni politici e legislatori che avevano aperto un dibattito sulla possibilità di depenalizzare l’aborto; possibilità contro la quale si è espresso anche il presidente e capo del Governo, Sebastián Piñera Echenique. La Conferenza episcopale scelse simbolicamente la festa dei santi Innocenti Martiri per rendere noto il proprio pronunciamento rivolto sia ai cattolici sia ai legislatori e alle autorità. «Vogliamo offrire — si legge nel documento con riferimento specifico ai tre casi per cui si propone la depenalizzazione dell’aborto (pericolo di vita per la madre, grave malfor- mazione del feto e gravidanza frutto di una violenza) — alcune riflessioni per il discernimento consapevole del dolore che vivono una madre e la sua famiglia in tali situazioni, le quali, nonostante siano limitate, provocano angoscia, incertezza e sofferenze di fronte alle quali nessuno può restare indifferente». Di fronte a situazioni di questo tipo — prosegue la nota dei vescovi cileni — si devono cercare delle risposte che siano «rispettose della vita, sia della madre sia del figlio» e al tempo stesso lo si deve fare «nella cornice giuridica che rifletta un profondo rispetto per la vita umana in tutte le sue fasi e condizioni». Tale rispetto, inoltre, deve riguardare l’intero sistema sanitario e i servizi per la salute pubblica così come la medesima società in cui si vivono queste realtà. «Occorre non dimenticare — si osserva nella dichiarazione — l’importanza dell’educazione di quei valori che sono in gioco: rispetto della vita, cura dei più deboli, solidarietà, compassione e giustizia. Riteniamo che queste siano le questioni sulle quali dobbiamo discutere». Sono le risposte che saranno date a queste sfide quelle che «segneranno» la condotta da seguire «di fronte alla madre e al figlio e quelle che co- Nel bicentenario del terremoto del 1812 in Venezuela Il bene comune richiede pace e coesione CARACAS, 28. «La costruzione di un futuro di comprensione e di pace è l’unico modo che può offrire la gioia di vivere insieme come fratelli». È quanto affermano i vescovi venezuelani in un messaggio presentato nei giorni scorsi in occasione del bicentenario del devastante terremoto del 26 marzo — un giovedì santo — del 1812. Anniversario molto sentito nel Paese latino americano, il primo ad affrancarsi dalla corona spagnola, poiché l’evento sismico, insieme al carico di lutti e devastazioni — circa ventimila morti nella sola Caracas — portò anche all’inizio della guerra e alla fine della prima Repubblica. Fu in quella occasione che il libertador Simón Bolívar avrebbe pronunciato la celebre frase: «Se la natura si oppone lotteremo contro di essa e la faremo obbedire». Lettera pastorale della Conferenza episcopale della Bolivia Tutela dell’ambiente e sviluppo umano SUCRE, 28. L’intera creazione è un dono di Dio da proteggere e da trasmettere alle generazioni future. Per questo, di fronte all’emergenza e alle conseguenze dettate dall’inquinamento come pure dallo sfruttamento dissennato delle risorse, occorre «cambiare stile di vita». Nella consapevolezza che «la protezione della casa comune è principalmente un problema etico e morale». È quanto sostengono i vescovi della Bolivia che nei giorni scorsi hanno presentato una lettera pastorale su ambiente e sviluppo umano intitolata L’Universo, dono di Dio per la vita. Il documento, illustrato dall’arcivescovo di Sucre, Jesús Pérez Rodríguez, vice presidente dell’epi- scopato boliviano, annuncia anche alcune novità pastorali. In ogni diocesi, per esempio, verrà costituito un «comitato per la salvaguardia del creato», mentre annualmente verrà celebrata la «Settimana della creazione». Dopo aver studiato approfonditamente la questione, anche attraverso la raccolta di testimonianze e il contributo di esperti, i vescovi della Bolivia mettono in guardia circa gli effetti dei cambiamenti climatici e gli impatti sulle popolazioni più povere. La lettera pastorale solleva, insomma, uno sguardo critico sull’attuale modello generale di consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali. È un’invocazione ai struiranno sia l’anima nazionale sia la cultura del Paese». I vescovi, nel citare alcuni passi dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, ribadiscono che «l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale», e poi osservano: «Questo principio etico, profondamente umano, è precedente al cristianesimo e fa riferimento all’uso della ragione quando si tratta di proteggere la vita dell’essere umano non ancora nato e dunque il rifiuto della legalizzazione dell’aborto». Il documento del dicembre 2010, riproposto dai vescovi cileni in ampie citazioni nell’attuale nota, prosegue analizzando le tre situazioni sulle quali si discute per chiedere la depenalizzazione dell’aborto e conclude: «Ci sembra più ragionevole interrogarsi sulla nostra capacità di generare istanze capaci di accompagnare in modo adeguato sia la madre sia la sua famiglia, senza fare ricorso alla distruzione di una vita. Ci auguriamo che in questi giorni in cui celebriamo la nascita di Gesù cresca in tutti noi l’amore per la vita, il rispetto della vita di tutti, e soprattutto il dovere che tutti abbiamo di proteggere la vita dei piccoli, dei sofferenti e dei più poveri della nostra società». cambiamenti dello stile di vita e a intraprendere azioni concrete per preservare la terra ed evitare quei comportamenti che contribuiscono al riscaldamento globale del pianeta. Per questo la Chiesa — viene sottolineato — è pronta alla collaborazione con altre organizzazioni, nella consapevolezza che gli stili di vita si cambiano solo attraverso un’opera educativa che parte dalla famiglia, passa dalla scuola e finisce per influenzare gli spazi sociali e politici. In questo senso, si sostiene la necessità di trovare modalità più appropriate per lo smaltimento dei rifiuti, di dare la priorità al consumo degli alimenti biologici e di incoraggiare la messa a dimora di nuovi alberi. I presuli rilevano infatti come «la crisi ecologica sia sempre più preoccupante per i boliviani, specialmente per le comunità indigene, così come per ampie fasce della popolazione». Una situazione che finisce per provocare anche «conflitti sociali che causano sofferenza e la morte delle persone». In tal senso, la salvaguardia della “casa comune” è soprattutto una questione di ordine etico e morale. E per questo il vero problema da affrontare è la gestione di uno «sviluppo umano che permetta una vita dignitosa per tutti», piuttosto che inseguire uno «sviluppo economico che espanda i mercati e promuova il consumo irrazionale». Occorre cioè trovare un punto d’equilibrio, che consenta il «miglioramento delle condizioni di vita dei poveri senza distruggere l’ambiente e il patrimonio per le generazioni future». I presuli colgono, dunque, l’occasione per soffermarsi su un episodio su cui si fonda la costruzione della coscienza nazionale per ribadire l’impegno alla coesione e la costruzione del bene comune, e cioè la difesa della vita, l’eliminazione della violenza, il lavoro per la pace. «Il ricordo degli eventi di due secoli fa — viene sottolineato nel messaggio — illumina lo scenario attuale e può essere fonte di bene». In questo senso, viene ricordato come i presuli abbiano definito il 2012 come Anno della riconciliazione nazionale. Già in un documento dello scorso gennaio veniva sottolineato come «le esigenze e le aspettative più urgenti del Paese, come la sicurezza, l’occupazione, l’alloggio, la salute, l’istruzione, i servizi e le risorse alimentari, richiedono di poter contare su uno Stato di diritto, efficace e affidabile per la vita della società». Concetti ribaditi nella sostanza anche in questa occasione: «Abbiamo un Paese che continuiamo a costruire, non con le armi, ma con i valori della pace, della libertà, della vita sociale, con un lavoro dignitoso, giustizia ed equità». Ma tutto ciò — evidenziano i vescovi venezuelani — «può essere realizzato solo attraverso una vera e genuina democrazia partecipativa, con la divisione e l’autonomia dei poteri, con istituzioni efficienti e una società civile che superi le miserie della divisione, dell’odio e dell’intolleranza». Lutto nell’episcopato Sabato 24 marzo è morto monsignor Edward Materski, del clero di Kielce, vescovo emerito di Radom, suffraganea dell’arcidiocesi di Częstochowa in Polonia. Nato il 6 gennaio 1923 a Vilnius, il 20 aprile 1947 era stato ordinato sacerdote. Il 29 ottobre 1968 era stato nominato vescovo titolare di Acque Sirensi e ausiliare di Kielce. Il 22 dicembre aveva ricevuto l’ordinazione episcopale dal cardinale Stefan Wyszyński. Il 27 marzo 1981 era stato trasferito alla diocesi di Sandomierz, divenuta il 3 ottobre 1981 Sandomierz-Radom. Con l’organizzazione della nuova struttura amministrativa della Chiesa, istituita da Giovanni Paolo II con la bolla Totus Tuus Poloniae Populus, nella solennità dell’Annunciazione del Signore, il 25 marzo 1992 era poi stato nominato primo vescovo di Radom. Il 28 giugno 1999 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie si celebrano alle ore 11 di giovedì 29 marzo nella cattedrale di Santa Maria a Radom. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 La visita di Benedetto XVI giovedì 29 marzo 2012 al santuario della Vergine della Carità del Cobre Per un futuro di rinnovamento e speranza Nella mattina di martedì 27 marzo il Papa si è recato in visita al santuario della Vergine della Carità del Cobre a Santiago de Cuba. Al termine, affacciatosi dall’ingresso principale, ha benedetto i fedeli riuniti nella piazzetta antistante e sulla lunga scalinata, salutandoli con le parole che pubblichiamo di seguito. Queridos hermanos y hermanas: He venido como peregrino hasta la casa de la bendita imagen de Nuestra Señora de la Caridad, «la Mambisa», como ustedes la invocan afec- tuosamente. Su presencia en este poblado de El Cobre es un regalo del cielo para los cubanos. Deseo saludar cordialmente a los aquí presentes. Reciban el cariño del Papa y llévenlo por doquier, para que todos experimenten el consuelo y la fortaleza en la fe. Hagan saber a cuantos se encuentran cerca o lejos que he confiado a la Madre de Dios el futuro de su Patria, avanzando por caminos de renovación y esperanza, para el mayor bien de todos los cubanos. También he suplicado a la Virgen Santísima por las necesida- des de los que sufren, de los que están privados de libertad, separados de sus seres queridos o pasan por graves momentos de dificultad. He puesto asimismo en su inmaculado Corazón a los jóvenes, para que sean auténticos amigos de Cristo y no sucumban a propuestas que dejan la tristeza tras de sí. Ante María de la Caridad, también me he acordado de modo particular de los cubanos descendientes de aquellos que llegaron aquí desde África, así como de la cercana población de Haití, que aún sufre las consecuencias del conocido terremoto de hace dos años. Y no he olvidado a tantos campesinos y a sus familias, que desean vivir intensamente en sus hogares el evangelio, y ofrecen también sus casas como centros de misión para la celebración de la Eucaristía. A ejemplo de la Santísima Virgen, animo a todos los hijos de esta querida tierra a seguir edificando la vida sobre la roca firme que es Jesucristo, a trabajar por la justicia, a ser servidores de la caridad y perseverantes en medio de las pruebas. Que nada ni nadie les quite la alegría interior, tan característica del alma cubana. Que Dios les bendiga. Muchas gracias. Questa una nostra traduzione italiana delle sue parole. Cari fratelli e sorelle! Sono venuto come pellegrino fino alla casa dell’immagine benedetta di Nostra Signora della Carità, «la Mambisa», come la invocate affettuosamente. La sua presenza in questo paese di El Cobre è un regalo del Cielo per i cubani. Desidero salutare cordialmente quanti sono qui presenti. Ricevete l’affetto del Papa e portatelo dappertutto, perché tutti sperimentino la consolazione e la fortezza nella fede. Fate sapere a quanti incontrate, vicini o lontani, che ho affidato alla Madre di Dio il futuro della vostra Patria, affinché avanzi nel cammino di rinnovamento e di speranza, per il maggior bene di tutti i cubani. Ho pregato la Vergine Santissima anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono gravi momenti di difficoltà. Ho posto, allo stesso tempo, nel suo Cuore Immacolato i giovani, affin- ché siano autentici amici di Cristo e non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé. Davanti a Maria della Carità, mi sono ricordato anche, in modo particolare, dei cubani discendenti di coloro che giunsero qui dall’Africa, come pure della vicina popolazione di Haiti, che soffre ancora delle conseguenze del ben conosciuto terremoto di due anni fa. E non ho dimenticato i molti contadini e le loro famiglie, che desiderano vivere intensamente nelle loro case il Vangelo, e offrono anche le loro case come centri di missione per la celebrazione dell’Eucaristia. Sull’esempio della Santissima Vergine, incoraggio tutti i figli di questa cara terra a continuare a fondare la vita sulla roccia salda che è Gesù Cristo, a lavorare per la giustizia, ad essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove. Che niente e nessuno vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo cubano. Che Dio vi benedica. Molte grazie. Il Papa ha lasciato Santiago de Cuba e si è trasferito all’Avana Nell’allegria della vera anima cubana dal nostro inviato MARIO PONZI Dopo il sombrero, una ghirlanda di fiori per Benedetto XVI. Singolari ma differenti i due omaggi più caratteristici con i quali i messicani prima e i cubani poi hanno voluto dimostrare al Papa tutto il loro affetto. Differenti non tanto, o almeno non solo nella forgia, ma soprattutto nel significato che essi hanno assunto per il Pontefice. Del sombrero si sa; gli è stato posto sul capo prima della messa al Parco del bicentenario, e lui lo ha tenuto volentieri per rispondere a quel grido Benedicto hermano ya heres messicano e mostrare tutta la sua voglia di sentirsi messicano. Ma la ghirlanda che gli ha posto intorno al collo martedì mattina, 27 marzo, suor Teresa Kerketta, durante la messa celebrata in privato prima di lasciare la residenza nel seminario San Basilio Magno, a Santiago de Cuba, ha avuto per il Papa un valore ancor più profondo. La religiosa è una Missionaria della Carità dedita alla vita contemplativa. Quando fanno la loro scelta le suore sono invitate a decidere quale sacerdote sostenere con le loro preghiere. Venti anni fa suor Teresa decise di pregare per il cardinale Ratzinger. E da allora non ha mai smesso di farlo, ogni giorno. È indiana e dunque ha voluto rendere omaggio al suo «protetto» con la tipica ghirlanda di fiori. Il Papa è rimasto profondamente commosso dall’incontro con questa suora che continua a pregare esclusivamente per lui. Concluso questo momento particolarmente intenso, la religiosa si è ritirata nella sua cella per riprendere, ha assicurato al Pontefice, la sua preghiera e accompagnarlo spiritualmente ai piedi della Vergine del Cobre. E nel santuario dedicato alla patrona di Cuba, dove si è recato in visita prima di partire per L’Avana, Benedetto XVI ha sostato a lungo dinanzi alla piccola statua in un raccoglimento profondo. Accanto a lui solo i vescovi cubani. Il luogo ispira una pace interiore incredibile. Non a caso per i cubani è un punto di riferimento nella vita quotidiana. Il più importante. Non passa anno senza che almeno una volta si rechino a venerare la loro patrona. Lo stesso Hemingway, negli anni del suo volontario esilio cubano, era solito sostare nel santuario. Tra i numerosi ex voto è custodita la medaglia d’oro del suo Nobel. Molte le altre onorificenze conquistate da campioni dello sport e da artisti cubani nei secoli passati. Benedetto XVI ha deposto ai piedi della Vergine una rosa d’oro. Un omaggio che si ripete in ognuno dei santuari mariani che segnano le sue visite apostoliche. All’esterno una piccola cornice di folla sul ristretto piazzale, ma una ben più folta proprio sotto il parapetto della collinetta. Poche parole il Papa ha rivolto a questa gente festosa, mostrando la sua capacità di intrecciare i tanti fili della loro vita spirituale. Salutandoli ha raccomandato di non lasciar morire mai l’allegria dell’anima cubana. Poi è partito alla volta della capitale. Doveva essere senza formalità l’arrivo all’aeroporto José Martí all’Avana. La cerimonia ufficiale si era svolta a Santiago, dunque niente discorsi. Ma questa gente non finisce di stupire: niente discorsi ufficiali è vero; a «parlare» però sono stati i giovani allievi di una scuola di danza classica, che, a pochi passi dalla scaletta dell’aereo, hanno eseguito uno dei loro pezzi forti, accompagnati da un’orchestra di soli giovani. Bene- detto XVI, sorpreso dalla singolare accoglienza, ha molto gradito e si è fermato alcuni istanti per ammirare le loro evoluzioni. Li ha ringraziati e poi è partito verso la città. L’Avana gli è apparsa con il suo volto più vero. Sembra una vecchia regina, con la corona poggiata accanto ai piedi e un vestito che si intuisce bellissimo nonostante lo indossi da oltre cinquant’anni. È una delle città più belle dell’America latina, tra le più affascinanti del mondo. Sul mare sembra adagiarsi; il centro storico, in stile coloniale, mostra ancora le vestigia di un tempo: grandissimi viali alberati, quartieri con edifici architettonicamente fastosi con le loro colonne, tutte sormontate da artistici capitelli. Oggi sembra riemergere da un tempo lontano. Anche se nascosti da una mano di tinta fresca, passata in fretta, i palazzi mostrano i segni del degrado mai arrestato per la mancanza dei mezzi necessari. Alcune case, quelle di seconda fila, sono puntellate, altre diroccate. Un tempo erano abitate da gente ricca. Oggi sono affollate da un popolo povero, ma pieno di fan- Il Papa con suor Teresa Kerketta tasia. È gente che sembra seguire il destino delle proprie abitazioni. Per accogliere il Papa hanno tutti indossato i vestiti della festa. Per la gran parte abiti consunti, un po’ sbiaditi, ma puliti. Il trasferimento alla nunziatura è avvenuto, neppure a dirlo, tra due ali di folla festante. Con la musica protagonista, che dà ritmo alle grida di entusiasmo. Proviene da orchestrine improvvisate o da registratori ad altissimo volume. Ritmi cubani naturalmente, cadenzati di tanto in tanto da gruppi di ballerini di ogni età — qui sono tutti abili danzatori — che si sono ricavati uno spazio in prima fila per mostrarsi al Papa. Davanti alla nunziatura, dove Benedetto XVI risiede durante il suo soggiorno all’Avana, si sono radunati centinaia di giovani che, non accontentandosi del fugace passaggio, hanno continuato ad acclamarlo anche quando è scomparso dietro la porta del palazzo. Il Papa allora si è affacciato al balcone, li ha ringraziati per la loro accoglienza così calorosa e li ha benedetti. Solo allora i giovani hanno placato il loro entusiasmo. La replica più tardi, quando, dopo una breve sosta, il Papa è ripartito per dirigersi verso il Palazzo presidenziale per la visita di cortesia a Raúl Castro. L’incontro privato tra i due si è protratto per circa quaranta minuti, mentre contemporaneamente se ne svolgeva uno analogo tra la delegazione vaticana, guidata dal cardinale segretario di Stato, e quella del Governo cubano guidata dal vicepresidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri. Tra gli argomenti di conversazione, ha reso noto poi il gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, «le attese della Chiesa cubana e il suo desiderio di sviluppare ulteriormente la sua presenza, per dare un contributo positivo al bene del Paese». Padre Lombardi ha anche riferito della richiesta fatta dal Pontefice al presidente cubano Raúl Castro di riconoscere il Venerdì Santo come giorno festivo sull’isola caraibica, ricordando come nel 1998, al termine della sua visita Giovanni Paolo II chiese e ottenne da Fidel Castro analogo riconoscimento per il giorno di Natale. Al termine Benedetto XVI e il presidente cubano si sono affacciati sul patio del Palazzo de la Revolución per salutare giornalisti, fotografi e cameramen assiepatisi per immorta- lare la doppia stretta di mano che i due si sono scambiati. In questo frangente il popolo è rimasto un po’ ai margini ma ha continuato a far festa. I «cammelli», tipici bus cubani, snodati e lunghissimi, tanto affollati da togliere il respiro, continuano a sfornare gente nel coacervo delle viuzze che si intrecciano a due passi dal Palazzo; i caratteristici cocotaxi fanno la spola dai diversi angoli della città con destinazione i luoghi in cui passa il Papa; i ciclisti procedono a nugoli incalcolabili. Non arriveranno mai a vedere il Pontefice, ma non importa: è comunque un modo di partecipare alla festa. Difficile veder sparire il sorriso dal volto dei cubani. A maggior ragione non lo perdono oggi che la situazione va decisamente migliorando. All’imbrunire i colori della città sono fantastici. I suoni cambiano: La Havana non tace mai. Il Papa è rientrato in nunziatura e ha incontrato i vescovi del Paese. Non è previsto alcun discorso. Si ritrovano a cena per parlare insieme delle sfide che la Chiesa cubana deve affrontare nella consapevolezza del ruolo che è chiamata comunque a svolgere in questo momento di transizione sociale. La gente guarda e guarderà sempre con maggiori attese alla Chiesa. È un popolo credente, ma la sua è una religiosità che risente di influenze della «santeria» in modo particolare. Si tratta di una religione afro-cubana che ha inglobato molti elementi del cattolicesimo. In anni passati ha goduto anche dei favori governativi, perché considerata uno strumento utile per raggiungere la popolazione. Tuttavia recenti statistiche rilanciano la cattolicità dei cubani. Il numero dei battezzati aumenta in modo esponenziale, così come cresce considerevolmente il totale di quanti frequentano la messa poiché ci sono meno motivi che in passato di ritorsioni repressive. Dietro l’angolo c’è però il pericolo rappresentato dalle sette. Sono in crescita e sono una fonte di preoccupazione in più per la Chiesa. Gli esercizi spirituali del Circolo San Pietro Verso una rinascita pasquale «Maturare una comprensione globale della vita, capace di andare oltre la nostra storia personale»: è l’impegno quaresimale per i soci del Circolo San Pietro, al termine degli esercizi spirituali. Lo ha affidato loro la scorsa settimana monsignor Massimo Palombella, maestro direttore della Cappella Pontificia Sistina, invitato dal presidente del sodalizio Lepoldo Torlonia e dall’assistente ecclesiastico monsignor Franco Camaldo, a proporre tre giorni di meditazioni sulle figure di Nicodemo e di Zaccheo. Riguardo quest’ultimo, il prelato ha evidenziato l’attualità del tema del salire e scendere dall’albero: «Esso — ha detto — è il mio mondo, le mie convinzioni, è quella stabilità conquistata dalla quale posso guardare quello che c’è fuori». L’azione di scendere dall’albero diventa quindi fondamentale per «togliersi dal luogo nel quale siamo nascosti in un’apparente pace, ma sostanzialmente carichi di tensione». In tale contesto l’invito che Gesù fa a Zaccheo è per un incon- tro tra la grandezza di Dio e la debolezza della nostra umanità. Nicodemo invece rimanda alla tematica del «rinascere da acqua e Spirito». Ciò vuol dire — ha spiegato il predicatore — «acquisire me stesso, per vivere ciò che mi appartiene profondamente e che la vita mi ha portato a chiudere in una stanza per tanti anni. Rinascere è aprire la porta di questa stanza perché io possa essere davvero me stesso, entrare nella mia umanità, in ciò che mi appartiene intimamente, in ciò che è mio». In ultima analisi rinascere vuol dire convertirsi. «È in questo modo che l’esperienza di fede diviene adulta e fornisce — non senza lacrime — la vera comprensione di tutta l’esistenza e cioè di un progetto di Amore e di vita in abbondanza». Prossimo appuntamento per soci, la conferenza che il cistercense Sebastiano Paciolla, sotto-segretario della Congregazione per i religiosi, tiene giovedì pomeriggio, 29 marzo, sulla vita coniugale degli sposi cristiani.