l`osservatore romano

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l`osservatore romano
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLII n. 74 (46.020)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
giovedì 29 marzo 2012
.
Nel giorno in cui incontra il presidente cubano Benedetto
XVI
affida a Maria la popolazione dell’isola
Per un nuovo futuro di speranza
Il Papa ha affidato a Maria il futuro di Cuba. Lo ha fatto martedì 27
marzo, durante la visita compiuta
al santuario della Vergine della Carità del Cobre, l’immagine particolarmente cara al popolo cubano,
che la invoca con il nome familiare
di Mambisa.
Dopo aver pregato in ginocchio
dinanzi alla statuetta mariana —
che nei mesi scorsi ha fatto tappa
in tutte le località dell’isola in occasione dell’anno giubilare per il
quarto centenario del suo ritrovamento — Benedetto XVI si è rivolto
ai numerosi fedeli presenti, esprimendo l’auspicio che il Paese
«avanzi nel cammino di rinnovamento e speranza, per il maggior
bene di tutti i cubani».
Nelle preoccupazioni del Pontefice soprattutto i sofferenti, i bisognosi, i giovani, per i quali ha avu-
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La politica
della carità
Non è un caso se la giornata
considerata più politica del soggiorno papale a Cuba, durante la
quale si è svolta all’Avana la visita di cortesia al presidente Raúl
Castro, ha avuto inizio nella
regione meridionale, e cioè nel
piccolo santuario mariano della
Virgen del Cobre, dove si venera
la statuina barocca di Maria con
il bambino in braccio. Del ritrovamento prodigioso si sta celebrando il quarto centenario — nel
segno della carità che è proprio
della patrona dell’isola — e appunto come «pellegrino della carità» Benedetto XVI vi è giunto
per sostenere e incoraggiare la
fede dei cattolici cubani, in patria
e al di fuori di essa, mostrando
qual è la vera politica della
Chiesa.
Circondato dai vescovi della
Nazione, il Papa ha invocato santa Maria della Carità perché ci insegni — ha pregato coralmente insieme ai presenti — «a tendere la
mano per perdonare ed essere
perdonati, a rispettare tutti per
amore, a superare la divisione, il
rancore e l’inimicizia, a unirci come fratelli, a essere più umani e
cristiani migliori», in una parola
«ad amare e a vivere la carità».
Poco prima, di fronte ai monti
verdissimi e lussureggianti che
circondano la piccola chiesa bianca, un’anziana religiosa spiegava
con semplicità che «ci sarà pure
un motivo, se la Vergine ha scelto
di venire qui», in un contesto naturale suggestivo e splendido dove Giovanni Paolo II non era riuscito ad arrivare nella sua storica
visita.
Alla patrona di Cuba — la cui
presenza Benedetto XVI ha definito un «dono del cielo» — il
Pontefice ha detto, rivolgendosi
ai fedeli e raccomandando loro di
farsi eco delle sue parole, di avere
affidato il futuro della patria e i
bisogni di quanti sono nella sofferenza: di quelli cioè «che sono
privati della libertà, separati dai
loro cari o che attraversano momenti difficili». Il Papa ha poi ricordato i giovani, perché non cedano a «proposte che lasciano
dietro di sé la tristezza», quindi i
cubani discendenti dagli africani,
poi le popolazioni di Haiti devastata dal terremoto, e infine i contadini e le loro famiglie che hanno trasformato, per il desiderio di
vivere il Vangelo, le loro case in
luoghi di culto e di missione,
quasi nuove domus ecclesiae come
nei primi secoli del cristianesimo.
Sì, sono questi gli obiettivi per
i quali ogni giorno a Cuba si
spende la Chiesa, che — come ha
ribadito Benedetto XVI durante il
volo che lo portava in America —
non è certo un partito né un potere. I suoi tratti più autentici sono invece quelli della fraternità
cristiana, il cui modello è proprio
Maria, che ascolta e mostra il Signore proprio come deve fare la
Chiesa. Per questo il Papa ha
concluso il suo discorso incoraggiando i cubani «a continuare a
edificare la vita sulla roccia salda
che è Gesù Cristo, a impegnarsi
per la giustizia, a essere servitori
della carità e perseveranti in mezzo alle prove». In queste parole,
le uniche pronunciate pubblicamente dal Pontefice, ecco dunque
delineato il cammino della Chiesa
e, in definitiva, la sua vera politica. Che è quella della carità di
Cristo.
g. m. v.
to un ricordo particolare, invitandoli a vivere da «autentici amici di
Cristo». Dal Papa anche un pensiero alla vicina popolazione di
Haiti, che porta ancora i segni delle ferite lasciate dal terremoto di
due anni fa. A conclusione un augurio e un incoraggiamento per
tutti gli abitanti dell’isola: «Che
niente e nessuno vi sottragga la
gioia interiore, così caratteristica
dell’animo cubano».
La giornata del Papa si è chiusa
con la visita al presidente Raúl Castro, nel Palazzo della Rivoluzione
all’Avana. Mercoledì 28, prima della partenza da Cuba, la messa nella
piazza José Martí della capitale. Il
rientro in Vaticano è previsto nella
mattina di giovedì.
PAGINA 8
L’annuncio di Kofi Annan
Damasco
accetta il piano di pace
dell’O nu
Un momento dell’incontro di Benedetto
XVI
con il presidente Raúl Castro Ruz nel Palazzo della Rivoluzione
Bombardamenti di Khartoum sulla regione contesa ricca di petrolio
Venti di guerra tra Sudan e Sud Sudan
Non si fermano i bombardamenti dell’aviazione del Sudan sulla contesa regione ricca di petrolio al confine con
il Sud Sudan. Opposte le ricostruzioni circa le responsabilità e l’esito del confronto militare. Khartoum ha denunciato un’incursione sudsudanese nella zona di Heglig,
mentre Juba ha accusato il Sudan di aver avviato le ostilità bombardando le località di Jau e Teshwin. Il segretario
generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha esortato i Governi di
Khartoum e di Juba a utilizzare gli strumenti politici per
risolvere pacificamente le loro profonde divergenze. Anche l’Unione africana è intervenuta, chiedendo ai due
Paesi di ritirare immediatamente le truppe a dieci chilometri all’interno delle rispettive frontiere, come previsto
da un recente documento firmato dalle parti.
PAGINA 3
DAMASCO, 28. Un «importante
passo iniziale» verso la fine della
guerra in Siria, che ha già causato
la morte di oltre novemila persone. Così Kofi Annan, l’inviato
speciale dell’Onu e della Lega
Araba per la Siria, ha definito
l’accettazione del piano di pace in
sei punti da parte del Governo siriano.
Il primo commento è venuto
dal segretario di Stato americano,
Hillary Clinton. Assad deve passare dalle parole ai fatti, ha detto
Clinton, con «azioni immediate».
E i rappresentanti dei maggiori
organismi degli attivisti siriani,
riuniti a Istanbul, hanno poco
dopo esplicitato: «Assad deve ritirare i carri armati dalle città entro
domani».
Nel suo comunicato Kofi Annan, che al momento è in visita in
Cina dopo essersi recato in Russia, ha spiegato che «ora la chiave
sta nell’applicazione del piano».
Ciò «potrebbe porre fine alle violenze e allo spargimento di sangue e permettere di portare aiuto
alle vittime creando un ambiente
favorevole ad un dialogo politico
che rispecchi le aspirazioni del
popolo siriano». Il piano di Annan, approvato dal Consiglio di
sicurezza dell’Onu, prevede tra
l’altro il ritiro delle truppe siriane
e delle armi pesanti dai centri
abitati e una tregua di due ore al
giorno in tutti i luoghi dove sono
in corso combattimenti per permettere l’arrivo di aiuti umanitari.
Inoltre, Annan chiede al Governo
siriano di rilasciare tutte le persone arrestate. Il piano non menziona in alcun modo eventuali dimissioni del presidente Bashir AlAssad e non fissa limiti temporali
per l’applicazione delle misure richieste.
I tempi, invece, sono proprio il
punto su cui insiste l’opposizione
siriana. Parlando a nome dell’insieme degli attivisti, Walid Al
Buni, ha avanzato richieste precise. «Non ci fidiamo di questo regime» ha detto. «Se fa sul serio,
domani nelle strade delle città siriane non dovranno più esserci
carri armati né militari e il popolo
deve avere la possibilità di scendere in piazza». Nel contempo,
sempre a Istanbul, la maggior
parte
delle
correnti
dell’opposizione ha firmato una dichiarazione con la quale riconosce
«il Cns come interlocutore e rappresentante formale del popolo
siriano». Quindi il Cns lo rappresenterà, domenica, alla conferenza
degli Amici della Siria.
A Pechino, confermando che il
suo piano è stato accettato da
Damasco, Annan ha anche definito «molto positivi» i colloqui con
il premier Wen Jiabao. Secondo
fonti della sua delegazione, l’inviato dell’Onu ha detto a Wen
Jiabao di «avere bisogno» del sostegno della Cina per portare
avanti la sua missione. Il premier
cinese ha quindi risposto lodando
la mediazione di Annan e affermando che «i suoi sforzi possono
portare a dei progressi». Pechino
— dicono gli analisti — ha cercato
in questi mesi di mantenere una
posizione equidistante, conservando contatti sia con il Governo di
Damasco che con le forze dell’opposizione e sottolineando a più
riprese la propria contrarietà a
eventuali «interventi esterni» nella crisi. Il piano di Annan era stato in precedenza approvato dalla
Russia che, insieme alla Cina,
aveva bloccato una risoluzione
dell’Onu che chiedeva le dimissioni di Assad.
Intanto, sul terreno la situazione non sembra migliorare: nuove
violenze sono segnalate in diverse
aree del Paese. Secondo l’inviato
delle Nazioni Unite in Medio
Oriente, Robert Serry, le vittime
civili sono ormai più di novemila.
Residenti di Al-Qaa, in Libano,
hanno denunciato ieri lo sconfinamento delle truppe siriane, che
sono avanzate in territorio libanese per alcune centinaia di
metri con mezzi corazzati. La
rappresentate dell’Onu per i bambini e i conflitti armati, Radhika
Coomaraswamy, ha affermato che
le Nazioni Unite hanno «ricevuto
informazioni»
sull’utilizzo
di
bambini-soldati. L’Onu, ha aggiunto, «non è stata in grado» di
confermare le informazioni. Damasco attribuisce la responsabilità
delle violenze a non meglio precisati «gruppi di terroristi” infiltrati
dall’esterno.
I 14oo anni
dell’abbazia
di San Gallo
SIMONA VERRAZZO
A PAGINA
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giovedì 29 marzo 2012
A New Dehli il vertice dei Paesi emergenti
Pesano i dati sui consumi in Francia e negli Stati Uniti
I Brics
e il futuro dell’economia
mondiale
L’incertezza domina i mercati
NEW DELHI, 28. I dirigenti delle
maggiori
economie
emergenti
(Brics) si riuniscono domani a New
Delhi in un vertice che si preannuncia di fondamentale importanza
per i futuri equilibri del mondo
post-crisi. Brasile, Russia, India,
Cina e Sud Africa puntano sulla
cooperazione per incrementare la
loro forza economica e influenza diplomatica. Insieme, rappresentano
il quaranta per cento della popolazione mondiale e coprono il 18 per
cento del pil globale.
Gli analisti sono convinti che il
concetto stesso di Brics sia l’espressione della ferma volontà di imprimere un forte cambiamento alla politica economica, ma che per raggiungere questo scopo il lavoro da
fare sia ancora tanto. Coniato nel
2001, grazie alla penna di un economista della banca d’affari americana Goldman Sachs, la sigla Brics
designa quelle economie emergenti
che in questi anni hanno fatto registrare tassi di crescita molto elevati
e che stanno resistendo meglio degli altri alla crisi della finanza globale. Paesi che spesso non godono
di un’adeguata rappresentanza nelle
sedi del potere finanziario mondiale, nei palazzi dove si prendono le
decisioni che contano.
Il vero problema del Brics è
l’unità. In altri termini, si tratta di
Paesi molto, forse troppo, diversi e
a volte rivali. Difficile, dunque,
promuovere una linea comune. E
questo lo si è visto con le candidature ai vertici della Banca mondiale
e del Fondo monetario internazionale. Su questi dossier i Brics non
hanno sfidato apertamente la predominanza americana ed europea.
Ma, come ha dichiarato di recente
il ministro degli Esteri indiano,
Sudhir Vyas, i Brics chiedono soltanto «procedure aperte e basate
sul merito». Al momento, due rappresentanti dei Paesi emergenti — il
colombiano José Antonio Ocampo
e Ngozi Okonjo-Iweala della Nigeria — sono in lizza, insieme all’americano Jim Yong Kim, per la presidenza della Banca mondiale.
Il vertice di New Delhi dovrebbe
gettare le basi per rafforzare le relazioni e creare istituzioni comuni.
Un segretariato unico resta ancora
un’idea improbabile. Più credibile,
invece, il progetto di una banca di
investimenti — una «Brics Bank» —
per finanziare infrastrutture e sviluppo, progetto già dibattuto nei
precedenti vertici del gruppo. E il
Brasile ha di recente manifestato il
proprio assenso: il ministro dell’Industria e del Commercio, Fernando
Pimentel, ha indicato venerdì scorso che il suo Paese è «molto interessato e sostiene la creazione di
questa banca, anche se la proposta
è ancora a uno stadio iniziale».
La portata reale del vertice —
stando alle previsioni degli analisti
— dovrebbe tuttavia restare piuttosto limitata. Solo alcuni accordi sono effettivamente sul tavolo e riguardano questioni non del tutto
centrali, come il miglioramento
dell’accesso al credito per gli esportatori. Certamente si discuterà molto di tassi, di commercio, di dazi e
soprattutto di terre rare — i materiali essenziali all’industria informatica. Il presidente brasiliano, Dilma
Rousseff, il presidente russo, Dmitri
Medvedev, il presidente cinese, Hu
Jintao, e il presidente sudafricano,
Jacob Zuma, insieme al primo ministro indiano, Manmohan Singh,
dovranno comunque accordarsi su
una dichiarazione finale che molto
probabilmente toccherà le principali
questioni della politica internazionale. Una bussola per capire il futuro dell’economia.
Si riaccende la tensione sui titoli di Stato
NEW YORK, 28. Giornata con pochi
spunti, quella di ieri, nelle principali
borse europee, sollecitate nella prima parte della seduta dal dato sulla
fiducia dei consumatori in Francia,
salita a marzo al di sopra delle attese degli analisti, e affossate nel pomeriggio dall’analogo dato americano, che ha segnato invece un’inversione di tendenza. Il trend negativo
sembra oggi confermato a causa dei
timori sul dato dell’occupazione negli Stati Uniti.
Insieme al rallentamento dei prezzi delle abitazioni, il calo della fiducia dei consumatori americani ha
riacceso i fari sulla situazione macroeconomica generale, penalizzando in particolare il comparto bancario, mentre il differenziale tra titoli
di Stato dell’eurozona e il bund tedesco è ripreso a salire, sulla scia anche della sollecitazione del presidente della Bce, Mario Draghi. A mercati chiusi Draghi aveva indicato
che i Governi dell’Eurozona debbono «continuare nelle misure nei
prossimi mesi e anni con grande diligenza per continuare nel percorso
di stabilizzazione» del quadro economico continentale.
Lo spread italiano si è portato ieri
a quota 323 punti base, contro i 307
punti di due giorni fa, mentre i bonos spagnoli sono saliti fino a 346
punti e le Oat francesi a 106,9 punti. Sotto pressione tra i titoli bancari
quello della greca National Bank of
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POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Greece (meno 6,14 per cento), della
spagnola Caixabank (meno 4,29) e
delle italiane Mps (meno 3,0s) e
Bpm (meno 2,71).
In controtendenza le inglesi Rbs
(più 3,32), Barclays (più 1,49) e
Hsbc Holdings (più 0,62). Acquisti
in campo automobilistico su Volkswagen (più 1,05 per cento), mentre non ha favorito Peugeot (meno
1,29 per cento) la conferma del primato in Francia per il quinto anno
consecutivo nelle richieste di nuovi
brevetti industriali. Sotto pressione
il titolo Total (meno 5,96 per cento),
a causa del persistere di una fuga di
gas da un giacimento nel Mare del
Nord.
Lo sostiene il direttore generale della Wto Pascal Lamy
Secondo il commissario Ue agli Affari economici
Serve un sistema monetario globale
che ispiri fiducia
È lento in Grecia
il passo delle riforme
Pechino
promette
d’investire
in Italia
TOKYO, 28. Il presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Mario
Monti, è stato ricevuto oggi dal
premier
nipponico,
Yoshihiko
Noda, nella prima giornata della visita in Giappone, iniziata con un
colloquio con il ministro delle Finanze, Jun Azumi. Monti ha incontrato anche gli imprenditori della
Keidanren, la Confindustria giapponese, invitandoli a fare pressioni
per l’avvio di un accordo di libero
scambio che abbatta le tante barriere (tariffarie e non) ancora esistenti
tra Europa e Sol Levante.
Buoni segnali per l’Italia sono
giunti ieri dal vertice di Seoul sulla
sicurezza nucleare. Monti ha ottenuto la promessa cinese di nuovi
investimenti, sia privati che istituzionali. Il presidente Hu Jintao ha
annunciato di aver dato precise disposizioni ai vertici delle autorità finanziarie del suo Paese di puntare
sull’Italia. Tra due giorni, Monti sarà a Pechino, dove incontrerà anche
il presidente della China Investment Corporation, un importante
fondo sovrano. Sempre a Seoul, il
presidente del Consiglio ha avuto
anche un colloquio con Barack
Obama. Il capo della Casa Bianca
«ha manifestato la sua soddisfazione per gli sviluppi positivi della situazione sia in Italia che nella zona
euro» ha dichiarato Monti in conferenza stampa.
Un operatore della Borsa di Francoforte (LaPresse/Ap)
Il direttore generale della Wto Pascal Lamy (Reuters)
WASHINGTON, 28. «La comunità internazionale deve fare progressi sulla
questione della riforma del sistema
monetario internazionale». È questo
il messaggio lanciato ieri dal direttore generale della Wto (organizzazione mondiale del commercio), Pascal
Lamy, in un intervento dedicato alla
crisi economica globale.
I tentativi unilaterali di modificare
o di mantenere lo status quo — ha
spiegato Lamy — «non funzionano».
Ci vuole più organizzazione: «Abbiamo bisogno di un sistema monetario internazionale che sostenga gli
investimenti transfrontalieri e di una
migliore allocazione del capitale che
faciliti gli scambi internazionali».
Ciò di cui abbiamo bisogno, ha sottolineato ancora Lamy, «è di un sistema monetario globale che ispiri
fiducia con tassi di cambio stabili e
con un monitoraggio più efficiente».
Infatti, ha affermato il direttore generale della Wto, «il commercio non
può diventare il capro espiatorio per
le insidie e gli svantaggi del sistema
monetario internazionale». E una
delle questioni chiave, al momento,
è quella delle terre rare: come ha
sottolineato Lamy in un altro intervento recente, il punto focale delle
disputa tra Stati Uniti, Europa,
Giappone e Cina sull’esportazione
delle terre rare consiste nelle diverse
interpretazioni delle due parti sulle
norme e doveri della Wto e non nel
fatto che una parte non abbia adempiuto ai propri doveri.
ATENE, 28. Il passo delle riforme
che la Grecia sta attuando è «lento»: è la valutazione espressa, ieri,
dal commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, parlando al Parlamento europeo. E sulla stessa linea si è posto il rappresentante tedesco al board della Banca centrale
europea (Bce), Jörg Asmussen
(sempre nell’ambito della stessa audizione). Asmussen ha spiegato come serva «un cambio di regime»
nell’applicazione del programma
greco: pena, seri rischi di deragliamento. Secondo Rehn, la solidarietà finanziaria «senza precedenti»
data alla Grecia dimostra che c’è un
forte impegno politico da parte dei
Governi e dei Parlamenti nazionali
dell’area euro per dare tempo ad
Atene di riparare i danni e sanare i
problemi economici. Rehn ritiene
non sia giusto o corretto dare la
colpa dei problemi che la Grecia sta
affrontando a quelli che «sono andati ad aiutarla dopo che i danni
sono stati fatti». Danni che rendono il percorso di risanamento ancora difficile. «L’attuale percorso di
riforme e aggiustamento è lungi
dall’essere sufficiente per rendere
sostenibili le finanze pubbliche greche o per eliminare il divario di
competitività» ha dichiarato il commissario Ue agli Affari economici,
per il quale sono necessari «ulteriori sforzi». La Grecia si è impegnata
nell’attuazione del programma di
riforme e «si dovrebbe darle l’op-
portunità di farlo» ha esortato
Rehn, il quale ha ricordato che «i
talloni di Achille» del primo pacchetto erano due: «la debole capacità amministrativa» delle autorità
greche e «la mancanza della necessaria unità politica» per portare
avanti le riforme. Per il secondo
programma, ha detto Rehn, «stiamo mobilitando tutta l’assistenza
possibile per sostenere l’amministrazione greca. E l’unità politica
può essere «sanata» solo «dagli
stessi cittadini greci».
Sulle cinquantaquattro sparse sul territorio
Attiva solo una centrale nucleare giapponese
TOKYO, 28. Il Giappone ha in funzione solo un impianto nucleare su
54 sparsi sul territorio. La Tepco ha
infatti fermato ieri per la manutenzione straordinaria il suo ultimo
reattore ancora attivo, il numero 6
di Kashiwazaki-Kariwa, nella prefettura giapponese di Niigata, la più
grande centrale atomica al mondo.
Lo ha reso noto la stessa utility
che gestisce, tra l’altro, la disastrata
centrale di Fukushima, ricordando
l’obbligo del blocco in Giappone
ogni 13 mesi per consentire i controlli e le verifiche della manutenzione ordinaria. È sempre più concreto,
quindi, lo scenario di un Paese senza più nucleare, da cui invece ricavava il 30 per cento del proprio fabbisogno elettrico prima del devastante terremoto e del successivo
tsunami dell’11 marzo 2011, all’origine della peggiore emergenza atomica dopo Chernobyl (Ucraina, 1986).
L’ultima centrale nucleare nipponica in funzione, a Tomari, nell’isola
settentrionale di Hokkaido, sospenderà le operazioni per un controllo
di routine il 5 maggio. La centrale
Kashiwazaki-Kariwa era l’ultimo impianto ancora in funzione gestito
dalla Tepco. Dopo il disastro di Fu-
GIOVANNI MARIA VIAN
don Sergio Pellini S.D.B.
Carlo Di Cicco
Segreteria di redazione
direttore responsabile
vicedirettore
00120 Città del Vaticano
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Antonio Chilà
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TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE «L’OSSERVATORE ROMANO»
Piero Di Domenicantonio
redattore capo
redattore capo grafico
direttore generale
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Gaetano Vallini
segretario di redazione
kushima, circa un terzo dell’energia
elettrica giapponese veniva prodotta
dalle centrali nucleari. Il Governo
ha poi avviato dei controlli su tutte
le centrali per rassicurare la popolazione, ma nessuna comunità locale
ha accettato di far ripartire le centrali mano a mano che le loro attività
veniva sospesa per gli stress test.
Non è chiaro se le centrali rientreranno mai in funzione. Per questa
estate, quando l’accensione dell’aria
condizionata provocherà un’aumento della richiesta di energia, il Paese
potrebbe correre il rischio di black
out. Con l’ultimo reattore destinato
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
a essere fermato il 5 maggio, Governo e Bank of Japan hanno espresso
i timori sul fatto che la mancanza di
energia nucleare danneggerebbe il
settore industriale, incoraggiando le
imprese alla delocalizzazione. L’Agenzia per la sicurezza nucleare ha
approvato l’8 febbraio i risultati dei
test ad alcuni reattori. La palla passa
all’Esecutivo del premier, Yoshihiko
Noda, che ha già anticipato nei
giorni scorsi la volontà di chiedere
l’approvazione al riavvio da parte
delle comunità locali solo dopo un
esame approfondito fatto insieme ai
ministri competenti.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
[email protected]
Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
fax 06 698 85164, [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Multa record
per la banca
privata britannica
Coutts
LONDRA, 28. Bufera su Coutts:
la banca privata, celebre perché
custodisce, tra l’altro, le sterline
della regina Elisabetta II, è stata
multata per 8,75 milioni di sterline, il massimo previsto in Gran
Bretagna, per aver violato le norme sul riciclaggio. L’unità di
wealth management della Royal
Bank of Scotland, è stata punita
dalla Financial Services Authority, l’ente di vigilanza sui servizi
bancari, per non aver condotto
controlli adeguati su almeno tre
quarti dei clienti considerati politically exposed, espressione che
designa politici di Paese a rischio, generalmente mediorientali e dell’Europa orientale, spiega
l’agenzia Ansa. La Financial Services Authority ha stabilito che
Coutts ha «regolarmente mancato» nelle verifiche dovute sulla
provenienza dei fondi, con il risultato di un «rischio inaccettabile» che venissero da proventi
di un crimine. Ricorda l’agenzia
Ansa che, fondata alla fine del
seicento, Coutts è una delle banche private britanniche più note.
Attualmente è interamente di
proprietà della Royal Bank of
Scotland. In Gran Bretagna vi
sono ventotto filiali. Numerose
le filiali all’estero, tra le quali
quelle di Hong Kong e Dubai.
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Romano Ruosi, vice direttore generale
Sede legale
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giovedì 29 marzo 2012
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Bombardamento di Khartoum sulla contesa regione ricca di petrolio al confine tra i due Stati
Delegazione dell’Ecowas a Bamako per convincere i golpisti a lasciare il potere
Venti di guerra
tra Sudan e Sud Sudan
Annunciata nel Mali
una nuova Costituzione
KHARTOUM, 28. Oggi, per il terzo
giorno consecutivo, bombardamenti
aerei dell’esercito di Khartoum in
una zona petrolifera sud sudanese si
sono incrociati con combattimenti
terrestri tra militari sudanesi e forze
del Sud Sudan in un’altra area petrolifera contesa in territorio nord
sudanese. Le due località epicentro
degli attacchi, quasi confinanti, sono la provincia di Bentiu, capitale
dello Unity State — ancora conteso,
ma finora riconosciuto come territorio del Sud Sudan — e l’area petrolifera di Heglig, nel Kordofan meridionale, che rientra nel Sudan, anche se vi abitano tribù sudiste.
Il bombardamento aereo su
Bentiu — smentito da fonti ufficiali
di Khartoum, ma confermato dal vicepresidente del consorzio petrolifero capeggiato dalla Cnpc, la società
cinese che ha in concessione molte
aree petrolifere — sembra che non
abbia provocato vittime, né avrebbe
spiegazioni certe se non l’ipotesi fatta dai dirigenti sud sudanesi, secondo i quali Khartoum vorrebbe rallentare l’avvicinamento diplomatico
con Juba. Non a caso, il presidente
sudanese, Omar al Bashir, ha sospeso una sua visita nella capitale del
Sud prevista per il 3 prossimo aprile, che — riferisce l’agenzia Ansa —
aveva lo scopo dichiarato di ratificare con l’omologo sud sudanese,
Salva Kiir, accordi di libera circolazione tra i due Stati approvati la
settimana scorsa ad Addis Abeba e
discutere proprio dei confini ancora
da definire e degli spinosi problemi
dell’Abiey e dello Stato del Nilo
Blu, tutte e due aree contestate, sia
perché economicamente rilevanti,
sia perché abitate da gruppi etnici
tanto del nord quanto del sud.
In entrambe le capitali, comunque, si minimizza la portata degli
scontri in corso, escludendo una
reale volontà di riavviare una vera
guerra come quella civile tra le due
parti del Sudan durata dal 1982 al
2005, anche se le rispettive fonti attribuiscono agli avversari la responsabilità degli scontri. «Non abbiamo altra intenzione che quella di liberare le nostre terre», ha dichiarato
da Khartoum il capo della sicurezza
nazionale, Mohamed Atta al Moula,
precisando che forze sud sudanesi
sarebbero entrate per 14 chilometri
in territori del Sudan. Da Juba, il
ministro dell’Informazione sud sudanese, Barnaba Marial Benjamin,
ha replicato che il suo Paese «non
ha alcuna voglia di avviare una
guerra senza senso» con il Nord.
Un soldato sudsudanese di guardia a un impianto petrolifero (Afp)
Ma la situazione rimane molto tesa e confusa. In un documento diffuso dal Palazzo di Vetro, il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, ha esortato le parti a utilizzare i meccanismi politici per risolvere
pacificamente le loro divergenze.
Anche l’Unione africana (Ua) è intervenuta, chiedendo ai Governi di
Sudan e Sud Sudan di ritirare immediatamente le rispettive truppe a
dieci chilometri all’interno delle
frontiere, come previsto da un re-
cente documento firmato dalle due
parti. Il presidente della Commissione dell’Ua, Jean Ping, si è detto
profondamente preoccupato dall’aumento delle tensioni alla frontiera
tra Sudan e Sud Sudan.
In una nota, il dipartimento di
Stato americano ha invece sollecitato entrambe le parti a cessare immediatamente il fuoco ai confini, perché l’escalation dei combattimenti
potrebbe uscire fuori dal controllo.
BAMAKO, 28. La Giunta al potere in
Mali dopo il colpo di Stato ha annunciato di aver adottato un nuovo
«Atto fondamentale» destinato a
garantire «uno Stato di diritto» e
«una democrazia pluralista». Nel
preambolo si afferma che «lo Stato
del Mali è una Repubblica indipendente a sovranità democratica, laica
e sociale», «la Repubblica del Mali
è una e indivisibile». I membri della
Giunta è stato precisato non si candideranno alle prossime elezioni.
Un militare alla televisione ha letto
un testo in cui si precisa che la
Giunta ha adottato «l’Atto fondamentale» costituito da circa 70 articoli che servirà da Costituzione nel
periodo transitorio. Inoltre, la
Giunta militare del Mali ha disposto la revoca immediata del coprifuoco — instaurato lo scorso 22 marzo dopo il golpe contro il presidente Amadou Toumani Touré — e la
riapertura delle frontiere.
Queste iniziative, però, non sono
state sufficienti a evitare la condanna del golpe da parte di Ecowas, la
Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale, composta da 15
membri, che ha tenuto ieri un vertice straordinario ad Abidjan. Una
delegazione di sei capi di Stato di
Ecowas sarà in Mali entro 48 ore
per chiedere ai golpisti di lasciare il
potere e far tornare il Paese alla
normalità. Questa delegazione sarà
guidata dal presidente di turno
rire un dialogo fruttuoso per riportare la pace nel Paese».
L’ambasciatore francese in Mali,
Christin Rouyer, ha avuto un contatto telefonico rassicurante con il
presidente
maliano,
Amadou
Toumani Touré, deposto la scorsa
settimana da un colpo di Stato militare. Lo ha riferito all’agenzia Afp il
portavoce del ministero degli Affari
Esteri francese, Bernard Valero, senza rivelare il luogo in cui si trova
ora il presidente vittima del putsch.
Ferito in un agguato in Somalia
il direttore di Radio Shabelle
MO GADISCIO, 28. Il giornalista somalo Mohyadin Hassan Mohamed, da
poco nominato direttore di radio Shabelle di Mogadiscio, è stato ferito
ieri sera nella capitale da un uomo armato. Secondo quanto riferisce
l’emittente somala, uno sconosciuto ha aperto il fuoco contro il giornalista mentre ritornava a casa dal lavoro. Il direttore è stato subito ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Il tentato omicidio è stato rivendicato
poco dopo dall’insurrezione radicale islamica degli Shabaab. I miliziani
— che controllano gran parte del Paese africano e che hanno come obiettivo principale l’abbattimento del Governo di transizione — hanno assassinato tre giornalisti somali quest’anno, incluso l’ex direttore di radio
Shabelle, Hassan Osman Abdi, ucciso a gennaio a colpi di arma da fuoco nella sua abitazione a Mogadiscio. Altri due direttori dell’emittente,
Bashir Nur Gedi e Mukhtar Mohamed Hirabe, erano stati assassinati rispettivamente nel 2007 e nel 2009. Gli Shabaab vorrebbero utilizzare radio Shabelle per trasmettere i propri messaggi.
Stati Uniti
e Pakistan
dialogano
Entro il 2013 rimpatrieranno 1.500 soldati
Disimpegno britannico dall’Afghanistan
KABUL, 28. La Gran Bretagna sta
preparando il ritiro di 1.500 soldati
dall’Afghanistan nel 2013, dopo le
cinquecento unità che lasceranno il
Paese quest’anno. Ne dà notizia
«The Guardian», secondo cui il
Governo starebbe dunque dando il
via libera a quanto consigliato dai
comandanti militari nella regione di
Helmand e al quartier generale della Nato a Kabul. Con il progressivo
ritiro delle forze della coalizione, ricordano gli analisti, si prospetta per
le forze afghane un compito senza
dubbio arduo sul fronte della sicurezza, considerando che le violenze
scatenate dai talebani non danno
tregua. Proprio recentemente le autorità di Kabul hanno tenuto a precisare che le unità locali, grazie an-
Cambi0 alla guida
del Kadima
TEL AVIV, 28. L’ex ministro della Difesa israeliano Saul Mofaz è diventato
il nuovo leader del partito Kadima, battendo alle primarie l’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni. Mofaz ha ottenuto oltre il 61 per cento dei voti, mentre Livni ne ha avuti poco più del 37 per cento. Come riferiscono fonti della stampa locale, appena il 41 per cento dei 95.000 iscritti al partito centrista israeliano hanno partecipato alle consultazioni. Nel discorso della vittoria, il 63enne ex ministro ha promesso ai sostenitori che il partito vincerà le
prossime elezioni e ha chiesto di aver fiducia nel nuovo cammino «verso
un Israele che abbiamo perso: sogniamo che potrebbe essere differente».
La maggior parte dei sondaggi diffusi dagli organi di stampa, comunque,
indica che, se si votasse oggi, il premier Netanyahu e il suo partito, il Likud, otterrebbero la maggioranza dei consensi. Nella campagna elettorale,
Mofaz ha insistito soprattutto sui problemi sociali interni e sulla sicurezza
nazionale. Il Kadima, di orientamento centrista, è stato fondato dall’ex primo ministro Ariel Sharon in seguito alla sua uscita, nel novembre 2005, dal
Likud. Alle ultime elezioni è stato il partito che ha ottenuto più voti, ma
non è riuscito in seguito a formare una maggioranza.
che ai corsi di formazione e di addestramento gestiti dal contingente
internazionale, sono in grado di garantire un sufficiente grado di sicurezza. Tuttavia, sottolineano gli osservatori, il compito si prospetta assai spinoso, anche perché gli intensi
sforzi diplomatici diretti ad arginare
le violenze non hanno prodotto, finora, i risultati sperati.
Si segnala intanto che è stato
sventato un attacco al cuore di Kabul. E diciotto aspiranti attentatori
suicidi sono stati arrestati. Ne ha
dato notizia la Bbc on line, che cita
fonti dei servizi segreti. Tra gli arrestati vi sarebbero soldati dell’esercito regolare afghano. Secondo la
Bbc, il piano prevedeva un attacco
suicida di massa nel centro della capitale afghana. Alcuni attentatori
suicidi avrebbero dovuto farsi saltare in aria dopo essere saliti a bordo
di autobus di pendolari. Il numero
delle vittime, evidenziano fonti di
stampa locali, avrebbe dovuto essere molto alto dato che undici pullman possono trasportare fino a
1.100 persone.
Sempre riguardo alla costante
azione diplomatica a sostegno della
causa afghana, da rilevare che i rapporti tra Afghanistan e Stati Uniti,
da tempo caratterizzati da alti e
bassi, stanno vivendo attualmente
un momento positivo e costruttivo.
Osservano gli analisti che grazie alla leadership strategica siglata da
Washington e Kabul si punta, in
modo pragmatico, a creare un fronte solido, in grado di garantire al
travagliato territorio un riferimento
importante nella prospettiva di un
credibile processo di ricostruzione.
Militari britannici nella provincia di Helmand (Epa)
Disordini in Libia
TRIPOLI, 28. Ha minacciato apertamente la secessione Issa Abdel
Majid Mansour, leader della tribù
dei Toubou insediati nel sud della
Libia, e impegnati da tre giorni in
sanguinosi scontri con la popolazione araba dell’oasi di Sebha, antica capitale della regione desertica
del Fezzan, costati finora almeno
cinquanta morti e oltre cento feriti.
A detta del capo tribale, sarebbe in
atto un complotto contro la sua
Piano d’azione in Honduras contro la droga
Un’azione di polizia a Tegucigalpa (Afp)
SEOUL, 28. Il vertice di Seoul sulla sicurezza nucleare è stato anche
occasione per un significativo incontro fra il presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama, e il primo
ministro pakistano, Yousuf Raza
Gilani. Significativo non fosse altro per quanto riferito dallo stesso
Gilani, che parlando con la stampa ha detto che il capo della Casa
Bianca ha espresso profondo «rispetto» per la sovranità del Pakistan. Affermazione, sottolineano
gli analisti, che vuole essere una
risposta alle critiche su una presunta mancanza di tale rispetto,
sollevate dopo il blitz nel covo di
bin Laden e in occasione dei raid
dei droni statunitensi. Obama, ha
detto sempre Gilani, ha ribadito
l’impegno di Washington di promuovere la stabilità sia in Pakistan
sia in Afghanistan.
Tribù del sud minaccia la secessione dopo tre giorni di combattimenti nell’oasi di Sebha
Visita del vice segretario di Stato americano responsabile delle Politiche per combattere il narcotraffico
TEGUCIGALPA, 28. Il vice segretario
di Stato americano responsabile delle Politiche per combattere la droga,
William Brownfield, ha avviato un
vasto piano d’azione con le autorità
dell’Honduras per sradicare il narcotraffico. Tra le principali iniziative,
quella di attivare un radar per vedere con maggiore precisione gli spostamenti dei trafficanti di sostanze
stupefacenti per via aerea o via mare. Una relazione annuale dell’Amministrazione di Washington sul
traffico di droga nel mondo ha evidenziato come circa l’80 per cento
della cocaina in arrivo in Messico
dal Sud America — e destinata al
mercato degli Stati Uniti — passi dal
Guatemala e dall’Honduras.
Con il presidente honduregno,
Porfirio Lobo, il vice segretario ha
dell’Ecowas, l’ivoriano Alassane
Ouattara, il cui Paese soltanto da
pochi mesi è uscito da un’emergenza per molti versi analoga, e composta dai presidenti del Burkina Faso
(Balise Compaoré), del Benin
(Bony Yayi), della Liberia (Ellen
Johnson
Sirleaf),
del
Niger
(Mahamadou Issoufou) e della Nigeria (Goodluck Jonathan). Il capo
dello Stato del Burkina Faso è stato
nominato mediatore nella crisi maliana con la missione «di prendere
contatto con tutte le parti per favo-
firmato un accordo per erogare circa 200.000 dollari per la sicurezza e
donare una serie di motociclette
agli agenti della polizia dell’Honduras. Brownfield è atteso nelle
prossime ore a Città del Guatemala,
per discutere con le autorità guatemalteche gli sforzi per combattere il
traffico di droga e rafforzare la sicurezza. Previsto un colloquio con il
presidente del Guatemala, Otto
Pérez Molina, che in più di un’occasione ha ribadito come sia necessario cambiare la strategia di contrasto al narcotraffico in Centroamerica. La missione diplomatica
del vice segretario americano
responsabile delle Politiche per
combattere la droga dovrebbe concludersi nei prossimi giorni in Colombia.
gente per la «pulizia etnica»
dell’area ove è stanziata.
«Annunciamo la riattivazione del
Tfsl per proteggere il popolo
Toubou», ha ammonito: si tratta
del Fronte Toubou per la salvezza
della Libia, un movimento di opposizione perseguitato sotto il Governo di Muammar Gheddafi. Dopo la caduta di quest’ultimo il Tfsl
era stato sciolto ma «salta fuori che
il Consiglio nazionale di transizio-
Risorse
per le scuole
brasiliane
delle zone rurali
BRASILIA, 28. Il Governo del
Brasile investirà 750.000 euro
all’anno per migliorare l’istruzione nelle aree rurali, uno dei
settori rimasti ai margini del sistema educativo nazionale. «Sono 30.000 le scuole che riceveranno risorse per i costi di gestione e altre 3.000 quelle che saranno costruite entro il 2014», ha
annunciato il presidente, Dilma
Rousseff. Il programma, si prefigge di facilitare i trasporti nelle
aree agricole, con l’entrata in servizio di 8.000 nuovi autobus e
2.000 imbarcazioni, oltre alla distribuzione di 180.000 biciclette
per gli scolari.
ne e il regime passato non sono diversi, perché il Cnt ha in programma di sterminarci», ha accusato.
«Se necessario», ha proseguito
Mansour, «chiederemo l’intervento
internazionale e ci impegneremo
per la creazione di un nostro Stato,
sul modello del Sud Sudan».
I Toubou, termine che nella loro
lingua significa «Popolo delle rocce», sono un’etnia che conta circa
350.000 anime, sparse tra i territori
di Niger, Sudan, della stessa Libia
e soprattutto del Ciad settentrionale, dove sono tradizionalmente insediati nel massiccio del Tibesti, in
passato ambito da Gheddafi per le
sue riserve di uranio. In massima
parte di fede musulmana, sono per
lo più pastori seminomadi, organizzati in una struttura a clan che talora può assumere anche aspetti
matriarcali. La crisi mette seriamente in discussione l’effettiva capacità
del Cnt di tenere unito il Paese dopo la caduta di Gheddafi, e rischia
di degenerare pericolosamente.
È dunque sempre più tesa la situazione in Libia, Paese che sembra
essere stata abbandonato dalla comunità internazionale e rischia la
deriva islamista. La denuncia è stata fatta nei giorni scorsi da
Mahmoud Jibril, ex leader del Cnt.
«Appena è caduto il regime di
Gheddafi, sono spariti tutti» ha affermato Jibril. Pur riconoscendo il
contributo giunto dall’Ue, l’ex capo del Cnt ha sottolineato come a
suo avviso questo non sia in linea
con le priorità del Governo di Tripoli, ovvero il disarmo delle milizie
e la preparazione di elezioni.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 29 marzo 2012
L’abbazia di San Gallo festeggia millequattrocento anni di storia
Una farmacia dell’anima
tra le Alpi svizzere
di SIMONA VERRAZZO
illequattrocento candeline da spegnere
sono un bel traguardo ed è quello che
celebra nel 2012
l’abbazia di San Gallo, in Svizzera.
Un vero scrigno di tesori culturali,
protetti con devozione e passione
dai monaci benedettini nel corso dei
secoli, per quella che è considerata
una delle più preziose biblioteche
del mondo. Un compleanno così
speciale da essere festeggiato con la
mostra «San Gallo: vita, leggenda,
culto».
Cuore dell’esposizione è la biblioteca, con la sua incredibile storia
lunga più di un millennio e la sua
inestimabile mole di volumi conservati: circa 170.000; di cui oltre
M
«Evangelium longum» (IX secolo)
400 digitalizzati e visibili in rete
(www.cesg.unifr.ch/it/index.htm). Fino al 27 novembre, i visitatori potranno ammirare codici miniati, pergamene, stampe e libri, ma anche dipinti, sculture, reliquiari, oggetti liturgici, sigilli, monete: tutto legato,
in maniera diretta o indiretta, al benedettino san Gallo. Un’occasione
da non perdere per migliaia di persone: ben 100.000 infatti sono quelle
che ogni anno varcano normalmente
le porte dell’abbazia.
L’evento è testimoniato anche dai
prestigiosi prestiti arrivati appositamente per l’esposizione giubilare.
Tra questi c’è l’Antifonario di Bangor,
visibile soltanto da aprile a luglio,
proveniente dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Redatto nella località irlandese da cui prende il nome
intorno al 680-690, è un codice musicale di inni sacri, tra i più antichi
al mondo. Nel 1816 il cardinale Federico Borromeo fece trasferire il
manoscritto dal monastero di san
Colombano di Bobbio, in provincia
di Piacenza, fino a Milano, dove andò ad arricchire la Biblioteca Ambrosiana.
Il monastero di San Gallo è qualcosa di più che un edificio religioso
e per capirlo basta guardare la cartina della Svizzera. L’abbazia dà il
nome sia al cantone sia al capoluogo, questo perché è attorno a essa
che si sviluppò il centro urbano,
proprio a ridosso delle sue mura. Un
radicamento sul territorio, una partecipazione attiva alla vita culturale
della regione, al confine con Austria
e Liechtenstein a sud del lago di
Costanza, che è vivo ancora oggi,
dopo millequattrocento anni.
Dove attualmente sorge l’abbazia,
nel 612 il monaco benedettino Gallo
costruì la sua cella, in cui visse come
eremita ma attorno alla quale si costituì la prima comunità di fedeli
della zona. Nato verso la metà del VI
secolo, era arrivato dall’Irlanda insieme con il suo maestro, san Colombano. Giunti in Svizzera i due trascorsero alcuni anni lungo le rive del
lago di Costanza. L’anno 612 è quello della separazione: Colombano
proseguì verso l’Italia, Gallo si fermò lì perché malato.
Secondo la biografia scritta dal
monaco — e tra i più importanti
poeti carolingi — Walafrido Strabone (808-849), la costruzione del monastero risale a circa un secolo dopo
la morte di san Gallo, datata attorno
al 630. A volerla fu san Otmaro,
abate tedesco, arrivato a San Gallo
nel 719. Qui decise di dedicare un
monastero, secondo le regole bene-
dettine, che portasse il nome del
santo irlandese. Tra l’VIII e l’XI secolo il monastero si affermò come uno
dei più importanti centri di diffusione culturale d’Europa e risale a questo periodo il cuore delle collezioni.
Nel 1805 l’abbazia fu chiusa e la biblioteca secolarizzata. Da allora il
suo patrimonio è gestito dalla Katholische Konfessionsteil des Kantons St. Gallen e dalle autorità cantonali sangallesi.
Il 1847 è l’anno in cui fu costituita
la diocesi di San Gallo, indipendente da quella di Coira, e la chiesa abbaziale elevata al rango di cattedrale. Nel 1983 l’Unesco inserisce il
convento, con la cattedrale e la biblioteca, nella lista del Patrimonio
dell’umanità come «perfetto esempio
di monastero carolingio».
Con una storia alle spalle di millequattrocento anni è praticamente impossibile elencare per
intero i tesori dell’abbazia, su
alcuni però è bene soffermarsi.
Su tutti c’è il capolavoro
Evangelium longum, realizzato
tra l’894 e l’895. Al volume lavorarono due tra i più abili
monaci dell’abbazia: Sintram,
il calligrafo a cui fu affidata la
scrittura del testo, e Tuotilo,
gioielliere e incisore che realizzò le due tavole in avorio e
pietre preziose, piatto anteriore e piatto posteriore del volume. L’Evangelium longum è la
testimonianza della perfezione
tecnica che i monaci benedettini raggiunsero nelle arti, dalla scrittura alla scultura, dalla
geografia alla musica, poiché
nell’immenso patrimonio della
biblioteca
figurano
anche
spartiti e carte geografiche.
Il cuore, però, sono i manoscritti e l’abbazia ha il primato
di possedere la più preziosa
collezione di codici miniati irlandesi del continente. Tra
questi in mostra è possibile
ammirare il Quatuor evangelia,
datato attorno al 750, contenente i vangeli di Matteo,
Marco, Luca e Giovanni, decorati con 12 pagine scritte e
miniate in Irlanda. È il manoscritto
irlandese più pregiato conservato
nella biblioteca. Prezioso è anche il
Codex Delta, custodito a San Gallo
Il convento in un disegno del 1769
ma presumibilmente realizzato nel
monastero di san Colombano a Bobbio intorno all’850. Evangeliario in
greco con traduzione interlineare in
latino, è tra le testimonianze più importanti per la storia della trasmissione del testo biblico in greco antico. La biblioteca dell’abbazia è
un’incredibile miniera di rarità, volumi che hanno attraversato i secoli
per arrivare perfettamente intatti fino ai nostri giorni. Come la Regula
Benedicti dell’820, considerata la copia meglio conservata delle regole
benedettine. Nel capitolo XXXVI del
De infirmis fratribus, si ricorda come
l’assistenza medica sia il più alto dei
doveri, poiché si mette in pratica
quanto detto da Gesù «Ero malato e
mi avete curato».
E ancora altri due primati in mostra: la biblioteca custodisce l’Abrogans, il più antico volume scritto in
tedesco databile intorno al 790 e
contenente le prime versioni nella
lingua germanica del Padre nostro e
del Credo, e il Cantatorium, primo
manoscritto musicale completo esistente al mondo con notazione medievale neumatica, realizzato tra il
922 e il 926. Il piatto anteriore, appartenuto a Carlo Magno, è in avorio, realizzato a Bisanzio intorno al
500 e raffigurante scene del combattimento di Dioniso con gli Indiani.
La biblioteca di San Gallo offre
anche un capolavoro architettonico:
la splendida sala da lettura. Costruita tra il 1758 e il 1767, è considerata il
miglior esempio di barocco in Svizzera. Sopra il portale d’entrata spicca la frase «Farmacia dell’anima»,
scritta con le lettere dell’alfabeto
greco. E dopo millequattrocento anni l’abbazia di San Gallo è ancora
una farmacia dell’anima; testimonianza di fede e scrigno di conoscenza per migliaia di persone che
ogni anno vengono a visitarla, tra le
montagne della Svizzera.
San Gallo e l’orso in un’illustrazione della «Storia dell’abbazia di San Gallo» (1549)
Compleanno con l’orso riconoscente
Quando sacro e profano si mescolano. San Gallo è stato e ancora è così presente nella vita del cantone e della città che portano il suo nome che anche le amministrazioni locali hanno deciso di celebrarlo con una mostra: «Gallus: culto, kitsch, caricatura», che sarà ospitata dal 20 aprile al 15 ottobre al Museo di storia ed etnologia di San Gallo.
L’esposizione vuole raccontare la presenza del santo
nella vita di tutti i giorni, dalle raffigurazioni sui sottobicchieri dei boccali di birra alle insegne di ristoranti e
birrerie, compresi cartoni animati e fumetti, tutti con
protagonisti il monaco benedettino oppure l’orso. Secondo la leggenda, quando un giorno san Gallo era in
preghiera, gli si sarebbe avvicinato un orso per mangiare e riscaldarsi. L’animale aveva una spina nel piede: il
monaco gliela estrasse e l’orso, per riconoscenza, lo
aiutò a costruire la sua cella e da quel momento lo ac-
compagnò ovunque. Anche nella modena iconografia.
E un orso è la mascotte del St Gallen, la locale squadra di calcio, anche questa protagonista di una parte
della mostra. Ma il “pezzo forte” dell’esposizione sarà
lo stampo per cialda per cucinare i waffel, uno dei dolci
svizzeri più celebri, risalente agli anni dell’abate D iethelm Blarer von Wartensee, che guidò l’abbazia dal
1530 al 1564. Acquistato nel 2010 a un’asta a Monaco di
Baviera, raffigura proprio il santo. Per l’occasione il
museo, insieme con la pasticceria Schwyters, ha realizzato il waffel san Gallus sul modello dello stampo del
XVI secolo, che sarà venduto durante tutto l’anno
giubilare. Mobilitate, infine, anche le scienze. Il Museo
di storia naturale ospiterà, dal 20 aprile al 30 dicembre,
la mostra dedicata proprio all’orso san gallese, per meglio conoscere l’animale fedele amico del monaco benedettino.
Un libro raccoglie le meditazioni scritte su invito di Antonietta Capelli
Clemente Rebora e i pericoli dell’«occhio abituato»
di ROBERTO CUTAIA
«Non sempre possiamo toccare il
soprannaturale, che merito ne
avremmo? Ma abbiamo tanti motivi per credere! Sta qui il merito:
credere senza vedere. Il grande valore della ragione! La fede lavora
sulla ragione e la ragione dà forza
alla nostra credibilità». È una delle
annotazioni che Clemente Rebora
scrisse tra il 1° dicembre 1953 e il
30 maggio 1954 a Villa Grazia di
Per il poeta in campo spirituale
dovremmo avere la stessa sensibilità
dei grandi artisti
che sanno cogliere ogni sfumatura
Giogoli (Firenze) su invito di Antonietta Capelli (1896-1974) ispiratrice della Congregazione di san
Giovanni Battista precursore, in
occasione di un ciclo di meditazioni, oggi raccolte nel volume Meditazioni di Clemente Maria Rebora
(Mori, Trento, La Grafica, 2011,
pagine 212) a cura del padre rosminiano Carmelo Giovannini, «uno
dei maggiori conoscitori di Rebora
uomo, prete e santo — lo definisce
nella presentazione del volume
Domenico Mariani, segretario generale dell’Istituto della Carità e
procuratore presso la Santa Sede —
dai tempi della sua tesi di laurea
all’Università Cattolica del Sacro
Cuore (1970) a oggi si è impegnato
in una continua ricerca di testi reboriani, con una pazienza certosina e l’amore di chi crede nella sua
buona causa, editando una dozzina di libri».
Prosegue Mariani: «Sono commenti che seguono l’anno liturgico,
dall’Avvento alla Risurrezione del
Signore, annotazioni che si rivelano come fendenti della spada di
Dio. Salta fuori un Rebora conoscitore della Sacra Scrittura e di
Dante, innamorato della Madonna,
figlio di Rosmini, il lirico che anela alle vette della santità». Nell’introduzione Giovannini riporta una
lettera che la Capelli indirizzò al
padre Giuseppe Bozzetti: «Ho da
chiederle un immenso dono: per
misericordia del Signore e approvazione del Santo Padre ho aperto
da due anni una casa dove si trovano vocazioni tardive. Ho un
estremo bisogno di un sacerdote
santo che viva fra loro e dia
coll’esempio e con la parola tanta
luce».
Ecco alcune annotazioni tratte
dal libro: «Il voler primeggiare è
un cancro tremendo. La concupiscenza degli occhi è il piacere agli
altri, e peggio ancora il piacere a
se stessi. È l’esaltazione dell’ego,
non dell’io santo; è l’ambizione
tanto dannosa, l’ostentazione, il
mettersi in mostra per apparire
quello che non si è. Questa
posizione gonfia sino a farci
credere necessari alla Chiesa;
mentre la posizione vera, santa,
naturale è: “Signore che io non rovini le tue opere: non semini la
mia crusca, mentre do il tuo
grano!”».
Per Rebora occorre avere un
«occhio semplice», che è quello di
Dio. Cercarlo in tutte le cose con
la stessa sensibilità degli artisti che
«sentono nel campo della loro arte
la minima sfumatura, e non la possono tollerare». E subito dopo lamenta
la
naturale
tendenza
dell’uomo a voler primeggiare: «È
quasi sempre, sin da bimbi, il movente primo di ogni nostra azione!». Mentre le circostanze in cui
si viene umiliati, frequenti nella vita religiosa, sono «tonico efficace»
per l’anima. Danno infatti l’occasione di vivere nella verità e di vedere e cercare solo Lui: «C’è tendenza — continua — in noi a magnificarci; mentre il vero nostro valore è quello di far crescere Cristo
in noi, al di sopra di tutti i valori».
A questo riguardo Rebora immagina un probabile discorso dei
parenti a Gesù: «Va’ in Giudea e
là ti esalteranno, e mostrati al
mondo, se tanto vali», una sorta di
specchio della mentalità del mondo, «si infiltra in ogni nostra cellula per valorizzare l’io vecchio». E
commenta: «ci magnifichiamo invece di recitare il vero magnificat.
La concupiscenza degli occhi ha
una gamma vastissima. Cerca ad
esempio il prestigio personale: il
diavolo lavora nel nostro guasto
per farsi adorare. Noi aneliamo alla grandezza, abbiamo bisogno di infinito, abbiamo
anelito per esaltarci, ma
queste tendenze le poniamo
in un campo sbagliato, se le
lasciamo
strumentalizzare
dal demonio».
Il problema, secondo lo
scrittore, è dato dal fatto
che non conosciamo abbastanza Dio. Perché «chi
ama veramente Dio non
può vivere in questa posizione falsa». È una tentazione diabolica: «il demonio nemico che non ama,
vuol farmi credere che l’obbedienza a Dio non importa niente, mentre è essenziale, è il suggello della carità vera. Se non ho quello,
tutto il resto conta niente.
Vogliamo fare quello che
Dio non vuole, e anche non
fare quello che Lui vuole!
Ecco l’inferno!... Infatti satana vuol dire “avversario”».
L’uomo, invece, ha diritto alla
verità che, sottolinea Rebora, porta
alla santità e quindi alla felicità:
«Dio ci vuole felici, anche tra i più
acuti tormenti. Il male è sempre
un fallimento. Si entra nel non essere, mentre il bene è infinito. Il
male chiude la luce, ma non la distrugge. Il pericolo grande nei riguardi del Santo Vangelo è il guardarlo con occhio abituato, invece
che guardarlo con occhio di scoperta continua, perché ad ogni
istante, ed ogni volta, dà luci nuove. Il Vangelo contiene, per l’anima che lo accosta con serietà, sfumature sempre nuove e mirabilissime. Ogni frammento del Vangelo
contiene tutta la Sapienza divina,
come un frammento di Ostia».
È l’esperienza, ricorda lo scrittore, dei santi che sono diventati tali
anche grazie a un solo punto del
Vangelo. Da loro dobbiamo imparare ad andare in profondità. E an-
Clemente Rebora
che la predicazione — ricorda con
una riflessione ancora oggi attuale
— non riesce affatto produttiva se
non è stata preparata in profondità: «Non si fanno conferenze, ma
si dà alle anime la Parola di Dio. È
una missione altissima! L’analisi
solo minuziosa e teorica sul Vangelo non è mai feconda. Non si è
mai fatto penitenza abbastanza per
l’efficacia sulle anime: posso essere
eruditissimo e non far bene alcuno
alle anime».
L’obiettivo è la conquista del
Paradiso. «Cuore in cielo e occhio
in terra» diceva santa Teresa Redi,
carmelitana fiorentina, mentre il
falso misticismo, ricorda Rebora, è
«cuore in terra e occhio in cielo».
Infatti, senza una vita interiore
«vivissima» le cose di questo mondo ci irretiscono.
Perciò «lo spirito di orazione è
la grazia delle grazie ed è assai diverso dalla preghiera. Non si concepisce un’anima consacrata che
non abbia chiesto spirito. È pregando che si acquista lo spirito
d’orazione. Esso è l’orientamento
generale verso il Signore; mentre
l’orientamento generale del peccatore è verso se stesso e verso le
creature: quindi si vive in un disordine abituale. Per questo tutto va
spaventosamente male. Lo spirito
d’orazione ci mantiene in quella
posizione, per cui, momento per
momento, palpita in noi e agisce la
grazia, come palpita il cuore e i
polmoni».
E conclude: «Il vero fervore è
quello della volontà: un aumento
di grazia in un’anima porta
nell’universo una potenza inestinguibile: porta il Verbo nel mondo.
Tutto quello che può aggiungere
un bene anche minimo nell’anima,
ha un valore enorme: tutto il resto
è spazzatura. Rosmini scrive: “Prima cosa: cerca di acquistare lo spirito d’orazione”: stimare l’orazione
più che lo studio, e queste parole
per bocca di Rosmini, persona di
studio profondo! “La scienza
dell’orazione, sopra ogni sapere”.
Dobbiamo alimentare quanto più è
possibile lo stato attuale di unione
con Dio in ogni momento. Senza
questo la vita interiore viene meno.
Perché queste parole così forti del
Rosmini? Perché si può praticare
lo studio ed il peccato, mentre non
si può essere contemplativi e peccatori».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 29 marzo 2012
pagina 5
Storia, memoria e storiografia salesiana in America Latina
I Beatles
Nella pampa con don Bosco
dall’Amazzonia alle Ande
zioni religiose recenti; molto dedite
alle opere e poco alla ricostruzione
storica e, ancor prima, alla cura della documentazione previa.
Tra le congregazioni religiose che
si stanno adoperando per una storia
convincente che vada oltre l’epopea
delle missioni e dei missionari eroici, si collocano anche quelle fondate
da don Bosco che lavorano in questa direzione, sempre più consapevoli dei rischi di lasciar cancellare
per sempre pagine preziose di vita e
di azione di comunità civili e religiose.
rare la permanenza delle informazioni.
In secondo luogo la presentazione della storiografia salesiana di diversi Paesi, ha rivelato che se alcuni
scrivono una storia attenta al contesto storico ed ecclesiale con senso
critico, nella maggior parte dei casi
la produzione è divulgativa, poco
documentata. Si è avvertita talora la
fatica di distinguere la storia (che
cosa sia realmente accaduto) dalla
storiografia (come la storia reale
venga raccontata e interpretata).
Il seminario, preparato da tutti i
partecipanti con la compilazione di
schede bibliografiche relative alla
storiografia dei Paesi di provenienza, ha favorito il confronto, ma ha
rivelato al contempo alcune incertezze di valutazione.
La situazione dell’America centromeridionale, che dispone ancora di
un numero limitato di studi scientifici, riflette una carente politica culturale in merito, per cui la storia salesiana vissuta è molto più ricca di
quella ben scritta e disponibile a un
pubblico interessato e colto.
Il secondo obiettivo del seminario, relativo alla responsabilità della
conservazione e valorizzazione del
patrimonio culturale, rappresenta la
Una raffigurazione del «Quinto sogno di don Bosco»
condizione indispensabile per ogni
ricerca e una sfida anche in terra
In tal senso si è realizzato nei americana. Sono state così opportuversi studi stanno mettendo in luce
l’apporto alla promozione di intere giorni scorsi un Seminario America- namente presentate alcune esperienregioni sotto vari aspetti, non meno no di Storia Salesiana organizzato ze significative in atto a Barbacena,
che le problematiche sussistenti nei dall’Associazione cultori di storia Brasile (Centro Salesiano di Docurapporti con i governi, gli antichi salesiana (Acssa), in collaborazione mentazione e Ricerca); a Bogotá in
patronati e così via. La storiografia con l’Istituto Storico Salesiano, su Colombia (Centro Storico Salesiano
l’Archivio
Storico
pare tuttavia notevolmente legata al- «Lo stato della storiografia salesiana Ispettoriale);
Ispettoriale delle Figlie di
le conseguenze e implicanze delle
Maria Ausiliatrice (Fma)
questioni coloniali nella scelta delle
Quante
sorprese
di Belo Horizonte. Oltre
prospettive di lettura, così che l’inall’interesse suscitato dalsieme dei dati politici, economici,
quando si distingue la verità storica
la loro organizzazione, è
sociali tendono a fagocitare la comdalla
storiografia
ideologica
apparso come all’origine
ponente religiosa.
di ognuno c’è quasi semChe spesso reinterpreta
Mentre la storia reale è molto arpre qualche Sdb (Società
ticolata, la storiografia risulta ancora
e racconta i fatti a modo suo
di don Bosco) o Fma apmolto selettiva e non sufficientepassionato della memoria,
mente integrata. Ovviamente non
solo per distrazione o per il pregiu- nella regione. Conservazione e valo- tenace di fronte alle molteplici diffidizio ideologico degli storici di pro- rizzazione del patrimonio cultura- coltà.
D all’impegno personale si è fatta
fessione, ma anche per la limitatez- le», al quale hanno partecipato reliza degli studi delle e sulle congrega- giosi e laici provenienti da diciotto strada anche la sensibilizzazione
Paesi: Argentina, Bolivia, Brasile, istituzionale, fino a creare delle
Cile, Colombia, Ecuador, Guatema- strutture che oggi rappresentano un
la, Haiti, Honduras, Italia, Messico, patrimonio comune da custodire,
Paraguay, Perú, Polonia, Porto Ri- alimentare e valorizzare.
A Buenos Aires
co, Spagna, Uruguay, Venezuela.
La riflessione sulle realtà archiviAnzitutto va rilevato come le rela- stiche locali, a fronte dell’incertezza
zioni sulla storiografia civile, religio- e dell’incuria delle persone, nonché
sa e salesiana del Brasile, in genere di pericolosi agenti atmosferici, ha
poco nota nell’America latina di lin- portato all’auspicio di unificare logigua spagnola, abbiano allargato gli sticamente alcuni archivi storici per
orizzonti per comprendere che la non distruggere quanto si è finora
storiografia particolare di una con- salvato e che continuamente si progregazione va sempre contestualiz- duce. Si è pure ribadita l’opportuniIl 29 marzo si svolge alla
zata nel Paese e nella Chiesa locale. tà di distinguere la figura del rePontificia Universidad Católica
La storiografia brasiliana, intenta a sponsabile dell’archivio storico da
di Buenos Aires il solenne atto
sviscerare il patronato portoghese e quella dei segretari ispettoriali (proaccademico per il conferimento
successivamente spesso condizionata vinciali) e la necessità che si arrivi a
del dottorato honoris causa a
dall’ermeneutica marxista, non sem- tutelare concretamente gli archivi loGuzmán Carriquiry Lecour,
bra finora aver esaminato e assimila- cali delle case per fermare la facile
segretario generale della
to molto il contributo delle congre- tendenza alla distruzione incauta
Pontificia Commissione per
gazioni apostoliche alla vita reale della memoria, grazie all’apporto di
l’America Latina. Nell’occasione,
del Paese. La migliore storiografia
Carriquiry Lecour tiene la lectio
un responsabile autorevolmente risalesiana dimostra invece come la
magistralis intitolata «Una nuova
conosciuto.
storia di alcune aree del Brasile e di
scommessa per l’America
Un problema rilevato è la contialtri
Paesi
dell’America
Latina
non
Latina». In un comunicato della
nuità dell’impegno dopo il seminapossa prescindere dall’apporto salePontificia Commissione, firmato
rio per non vanificare quanto è stato
siano in campo educativo, sociale,
dal presidente, il cardinale Marc
condiviso, poiché finora molte aree
culturale, catechistico; almeno per
Ouellet, si evidenzia che il titolo
alcuni periodi. La riflessione sulla sono sprovviste di un punto di rifeaccademico è stato assegnato
rimento significativo. A tal fine nuconservazione
del
patrimonio
archicome riconoscimento
vistico ha pure messo in risalto la merosi partecipanti al Seminario
a Carriquiry Lecour per la sua
necessità di raccogliere, selezionare hanno espresso la necessità di afficostante difesa «dell’integrazione
con cura, ordinare la documentazio- nare l’interesse spontaneo con una
dell’America Latina
ne, avendo attenzione alle sfide dei effettiva preparazione, come pure la
e dei suoi valori culturali».
nuovi mezzi tecnologici per assicu- volontà di collegarsi all’interno dei
Paesi, come gruppi nazionali o regionali, come si è profilato per l’Argentina-Uruguay; il Brasile, la Colombia, il Centro America, secondo
Due mesi di appuntamenti a Roma
l’ampiezza geografica o il consistente numero di ispettorie (province).
Si è pure auspicata una maggiore
collaborazione tra i centri studi già
esistenti e l’Acssa e il potenziamento
Arte, cinema, musica e incontri; quarantaquattro appuntamenti con Rodella rete in termini di comunicazioma come palcoscenico naturale, città-ponte verso un intero continente.
ne, onde valorizzare buone pratiche
Ha avuto inizio mercoledì 27 marzo — con la proiezione del film Karen
già presenti localmente, dare impulLlora en un bus, del regista colombiano Gabriel Rojas Vera, presso la Caso al miglioramento delle pubblicasa del Cinema — la prima edizione di «Primavera Latinoamericana»,
zioni e alla loro diffusione. Per queun’iniziativa promossa dall’Istituto Italo - Latino Americano in collabosto si è presentato il progetto di inrazione con le ambasciate dei Paesi membri, Zètema Progetto Cultura e
serire in internet la storiografia saleRoma Capitale. Ciascun Paese sarà presente con un’opera-simbolo del
siana, nel sito dell’Istituto Storico
proprio retaggio culturale, a dimostrazione della complessità di un contiSalesiano – Acssa.
nente che ha una ricchezza di variabili unica per storia, condizioni di viUn’istituzione che non ama il suo
ta e tradizioni. Sarà La Pelanda (in piazza Orazio Giustiniani) a ospitare
passato — è stato ripetuto nel coro
la mostra dell’artista cubano Alfredo Sosabravo (quaranta opere fra tele
del Seminario americano — difficildi grandi dimensioni, sculture in bronzo e vetri di Murano, dall’11 al 29
mente avrà futuro. La storia, infatti,
aprile). Alla Centrale Montemartini (dal 12 aprile al 5 maggio) andrà in
non è fredda cura della documentascena «La musica latina», un viaggio — in collaborazione con le ambazione, non è un museo di carte
sciate di Brasile, Cuba, Honduras e Uruguay in Italia — attraverso la ricd’epoca, ma dinamica costruzione e
chezza dei ritmi e delle sonorità latinoamericane. In programma anche il
ricostruzione della vita. L’America
primo ciclo di conferenze degli ambasciatori dei Paesi Latinoamericani
Latina rappresenta in questo senso
«America Latina protagonista del XXI secolo», incontri quindicinali che
una sfida e un’opportunità, per tutti
si terranno nella sede dell’Istituto Italo - Latino Americano dal 28 marzo
i religiosi.
al 23 maggio.
di GRAZIA LOPARCO
religiosi e le religiose giunti
numerosi in molti Paesi
dell’America Latina nell’O ttocento e prima metà del
Novecento, con viaggi lunghi e disagiati, per assistere, educare, catechizzare in attenzione alla dignità delle persone, sono parte integrante della loro storia civile. All’indomani delle ampie sintesi di storia
della vita consacrata in America Latina apparse su 150 colonne del Dizionario degli Istituti di Perfezione, di-
I
Carriquiry Lecour
parla di una nuova
scommessa
Primavera d’oltreoceano
di GIUSEPPE FIORENTINO
e GAETANO VALLINI
dieci libri imperdibili, i
dieci dischi da portare su
un’isola deserta, i dieci
film più importanti nella
storia del cinema. Nel corso della vita ci imbattiamo spesso
in questo tipo di liste — sostanzialmente non pretenziosi esercizi
di classificazione — che, quasi
sempre in forma di decalogo, intendono offrire un’agile guida per
districarsi nel ginepraio nel quale
il neofita viene catapultato nel
momento in cui timidamente si
accosta a un ambito culturale.
Proprio per il loro carattere
estemporaneo e sostanzialmente
frutto delle sensibilità e dei gusti
personali dei compilatori, il più
delle volte si tratta di cataloghi da
non prendere troppo sul serio.
Relativizzare è quindi d’obbligo.
E a questa regola non si sottrae
certo il decalogo recentemente
pubblicato sul settimanale cattolico statunitense «Our Sunday
Visitor» con l’impegnativo titolo
Ten things to do before you kick the
bucket («Le dieci cose da fare prima di tirare le cuoia»), ovvero, come spiega il sommario, «una lista
I
I sorprendenti suggerimenti dell’«Our Sunday Visitor»
Decalogo
americano
tre Dame a Parigi; andare in pellegrinaggio, in particolare sul
cammino di Santiago; leggere i
classici cattolici, dai padri della
Chiesa fino agli scrittori moderni,
soprattutto Chesterton; compiere
le opere di misericordia; riconciliarsi con Dio — compaiono voci
decisamente inattese. E infatti fa
un certo effetto l’invito ad assistere alle opere di Shakespeare,
«il più grande drammaturgo
cattolico in assoluto». Il
suggerimento è preciso: bisogna andare in teatro, perché solo dal palco si
percepisce in pieno il significato delle piéce del Bardo. Anzi, il cattolico dovrebbe recarsi al Globe Theatre
di Londra o all’Asheland
Shakespeare
Festival
in
Oregon e, qualora si sentisse
intimidito al cospetto di cotanta arte, «potrebbe cominciare con una commedia per
poi affrontare storie come
Enrico V, o tragedie come Re
Lear».
Ma sicuramente molto più
sorprendente è l’avere inseriLa prima pagina dell’«Our Sunday Visitor»
to al numero otto del decacon l’ampio richiamo dell’articolo di Mark Shea
logo (non sappiamo se c’è
un ordine di priorità) In beat
empatica non esaustiva delle cose with the faith («A ritmo della feda fare in una vita cattolica ben de»), che suona come un invito a
vissuta».
riscoprire «quanto la cultura catVista la prospettiva, l’idea è si- tolica abbia fatto da matrice alla
curamente originale. E lo è ancora grande musica pop mondiale».
di più se si considerano alcuni dei
suggerimenti offerti dall’autore, Shea ricorda, ad esempio, come il
Mark Shea. Infatti, oltre ad alcuni jazz, che solitamente si ritiene naconsigli tutto sommato prevedibili to in ambienti non proprio edifio comunque comprensibili — visi- canti, sia sorto invece nel contesto
tare le grandi cattedrali come No- cattolico di New O rleans.
Dieci in rete
Deve averci preso gusto Mark Shea, editorialista dell’«Our Sunday
Visitor», se è vero che nell’edizione del 12 febbraio ha pubblicato un
altro decalogo, questa volta dedicato ai dieci siti più utili per i cattolici. L’autore giustifica la sua scelta con la presunta difficoltà che solo pochi anni fa uno studioso o semplicemente un fedele avrebbe
trovato nel tentativo di entrare in contatto con l’insegnamento della
Chiesa. Oggi, grazie a internet, le cose sono cambiate: «Piuttosto
che laboriosi viaggi nelle biblioteche a caccia di oscuri testi — scrive
Shea — con la semplice pressione di un bottone è possibile trovare
praticamente ogni risorsa non solo sul magistero della Chiesa, ma su
quasi tutto ciò che riguarda la storia, l’arte, la musica e la cultura
cattoliche».
L’elenco, come sempre in queste circostanze, è parziale e opinabile
ed è certamente riferito a un contesto e a una sensibilità squisitamente a stelle e strisce. Ma in esso non mancano indicazioni interessanti
come quella che rimanda a un sito (www.catholic-hierarchy.org) che,
come è facile intuire, offre informazioni, anche storiche, su tutte le
diocesi del mondo e sulla Curia romana. Una sorta di annuario pontificio, o quasi.
Poi cita direttamente come
esempi di musica ispirata da una
visione cattolica Let it be ed
Eleanor Rigby, due canzoni dei
Beatles, nientemeno che quelli che
si erano dichiarati più famosi di
Gesù suscitando un pandemonio e
che, secondo alcuni, nascondevano nei testi persino allusioni al
demonio. Forse Shea avrà letto al
riguardo alcuni articoli dell’«O sservatore Romano» su presunti
perdoni vaticani postumi. Quindi
si lascia prendere la mano e si
spinge oltre, affermando che
dall’influenza cattolica non si può
sfuggire neanche quando la si
vuole negare, come nel caso di
Lady Gaga o Madonna: «Anche
nella sua blasfemia, il diavolo —
sottolinea l’autore — non può fare
a meno di offrire il suo omaggio
alla Chiesa. Ogni ginocchio deve
piegarsi». Insomma, avanti a tutto
rock.
Ma dopo queste imprevedibili
incursioni, per qualcuno disorientanti, non si può non ricordare il
consiglio che Shea pone al primo
posto: recarsi a Roma. È il più ovvio, ammette egli stesso, ma le
motivazioni non sono del tutto
scontate. Infatti, spiega l’autore,
«più antico di New York, Los
Angeles e Washington messe insieme, per non menzionare Londra, Parigi, Berlino e il concetto
della Nazione-Stato, questo era il
luogo a cui la civiltà chiamata
“Europa” guardava per comprendere cosa stava facendo un popolo
civilizzato, mentre inglesi, francesi
e tedeschi correvano nudi e dipinti di blu per i boschi. Sì, mentre
tutto ciò che noi pensiamo come
“Europa moderna” era ubriaco di
idromele, viveva in capanne di
fango e la costruzione di file di
pietre era la più grande conquista
culturale, Roma era già antica».
Dunque, bisogna recarsi a Roma almeno una volta nella vita, e
non soltanto perché ci sono il Papa e le tombe dei santi Pietro e
Paolo, che già sarebbe ben più
che sufficiente. Ma anche perché
nella Città eterna c’è tutto il sapore della storia e dell’arte. E pure
quello del cibo italiano, chiosa
Shea, tanto per non farsi mancare
nulla. E come dargli torto: vuoi
mettere, oltre alla Cappella Sistina
e al Colosseo, le leccornie degli
italici piatti a confronto con un
hamburger o un hot dog!
Si prendano appunti, dunque.
E si cominci a spuntare la lista.
Qualcuno certo sarà avvantaggiato. Ma tutto sommato, poteva andare peggio.
Convegno internazionale a venticinque anni dalla morte dello scrittore torinese
Primo Levi e la memoria del male
Roma ricorda Primo Levi a venticinque anni dalla morte, con il convegno «Scrittura e testimonianza» che partecipa, e in parte anticipa, le
numerose iniziative dedicate in tutto il mondo allo scrittore torinese. Il
simposio, si legge nel messaggio di saluto inviato dal presidente della
Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, «ricorda non soltanto un
grande scrittore italiano del Novecento, ma l’uomo che, fortunosamente
scampato alla Shoah, ha elaborato nei suoi scritti, fino alla sua tragica
morte, una riflessione senza eguali sui significati di quella strage degli
Ebrei che, come egli ebbe a dire, non può essere spiegata ma deve sempre essere ricordata. Primo Levi ha affidato alla coscienza degli uomini,
dei suoi contemporanei come delle generazioni che verranno, la memoria del male che può prendere forma anche nella vita delle nazioni più
avanzate, corrompendone le coscienze, facendole diventare strumenti di
vasti disegni di potenza e di morte». Nel corso delle quattro giornate —
il simposio, iniziato martedì scorso, si concluderà venerdì 30 marzo —
portano il loro contributo trentuno relatori, studiosi dell’opera di Levi,
provenenti da Argentina, Francia, Regno Unito, Repubblica Federale di
Germania, Romania, Israele e Stati Uniti che affronteranno temi quali
l’antropologia filosofica di Levi e le stilizzazioni dell’amore nella sua
opera.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 29 marzo 2012
Incontro internazionale organizzato dal Wcc a Manila
Per l’indicazione del successore dell’arcivescovo di Canterbury
L’orizzonte ecumenico
dell’evangelizzazione
Gli anglicani
scelgono con Twitter
di RICCARD O BURIGANA
«Together towards life: mission and
evangelism in changing landscapes»
è stato il tema della pre-assemblea
della Commission on World Mission and Evangelism (Cwme) del
World Council of Churches (Wcc)
che si è tenuta a Manila dal 23 al 27
marzo. L’incontro ha visto la partecipazione di oltre trecento delegati
da tutto il mondo, con una dimensione realmente ecumenica dal momento che erano presenti delegati
della Chiesa cattolica, di molte comunità pentecostali e di associazioni
missionarie indipendenti, oltre ai
rappresentanti del Wcc.
I delegati si sono ritrovati con il
chiaro intento di proseguire la riflessione sul rapporto tra missione e
evangelizzazione in prospettiva ecumenica. Si tratta di un rapporto sul
quale ci si è a lungo interrogati, soprattutto in questi ultimi tempi, in
particolare alla luce di quanto è stato fatto, nel 2010, per celebrare il
centesimo anniversario della Conferenza missionaria universale di
Edimburgo, con la quale si fa iniziare il movimento ecumenico.
A Manila la Cwme aveva il compito anche di prendere in esame la
prima bozza di un documento proprio sul rapporto tra missione ed
evangelizzazione; questa bozza è
emersa nell’ultimo incontro tenutosi
lo scorso novembre, in Ghana,
quando si è solennemente ricordato
il cinquantesimo anniversario dell’ingresso del Consiglio missionario
internazionale nel Wcc. Il documento in discussione dovrà essere presentato nella prossima assemblea del
Wcc, prevista a Busan, in Corea del
Sud, nel 2013. Proprio l’assemblea
di Busan, dedicata al cammino ecumenico per la giustizia e la pace, si
attende molto da questo documento, dal momento che la testimonianza ecumenica nei confronti degli ultimi — come ha ricordato Olav
Fykse Tveit, segretario generale del
Wcc — si configura come la vera
missione dei cristiani impegnati nella costruzione di un mondo fondato
sui valori evangelici. Oltre all’intervento nella sessione inaugurale,
Tveit ha avuto numerosi incontri
con esponenti delle comunità cristiane e della società civile filippina
riaffermando l’impegno in difesa dei
diritti umani.
Con il documento sul rapporto
tra missione ed evangelizzazione, il
Cwme si propone di rinnovare
quanto scritto, ormai trent’anni fa,
su questo tema, ponendo l’accento
sulla centralità che esso ha assunto
nella definizione degli scopi del dialogo ecumenico, anche in relazione
al dialogo con le altre religioni e
con il mondo. L’incontro, ospitato
dal Consiglio delle Chiese cristiane
delle Filippine, si è aperto con una
riflessione sulla necessaria dinamicità, sulle recenti trasformazioni e sulle presenti diversità che caratterizza-
Ortodossi in Turchia
Nel 2013 riaprirà
la scuola teologica
di Halki
ANKARA, 28. Nel 2013 il Governo
turco consentirà la riapertura della scuola teologica di Halki, istituto ortodosso (sito nell’omonima isola) chiuso nel 1971 dalle
autorità statali. La notizia, trapelata nei giorni scorsi a margine di
un colloquio tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e
il primo ministro turco, Recep
Tayyip Erdogan, è stata ripresa
da diversi siti internet ortodossi.
Secondo queste fonti, il presidente Obama si è congratulato con il
premier Erdogan «per gli sforzi
che ha fatto in Turchia in difesa
delle minoranze religiose», aggiungendo la sua personale soddisfazione per la riapertura della
facoltà teologica di Halki.
La scorsa settimana, inoltre, il
Patriarca ecumenico Bartolomeo,
incontrando l’ex primo ministro
greco, George Papandreou, ha affermato che «i pochi rimanenti
ostacoli giuridici per la riapertura
di Halki saranno risolti dalla revisione della Costituzione, che
dovrebbe essere completata entro
la fine di quest’anno» e, pertanto, c’è la speranza che la scuola
possa riaprirsi per gli inizi del
2013.
no la vita quotidiana delle comunità
cristiane nella loro azione di testimonianza del Vangelo. Tale testimonianza si configura sempre più come un invito ad approfondire la vera natura missionaria della Chiesa,
tanto più necessaria — come ha detto Roderick Hewitt, a lungo moderatore del Council for World Mission — in una società contemporanea che vuole negare i valori cristiani. Per Hewitt, «in futuro la missione della Chiesa dovrà emergere con
sempre maggiore autenticità andando oltre i propri confini, in modo
da aiutare tutti coloro che fanno del
male a loro stessi, agli altri e al creato». Per questo è importante che i
cristiani sappiano proseguire nella
comune testimonianza ecumenica
che rende più efficace la loro azione
missionaria.
In questa prospettiva, è stato particolarmente importante l’intervento
di monsignor Luis Antonio G.
Tagle, arcivescovo di Manila, che ha
sottolineato come i cristiani siano
chiamati «a proclamare la comune
fede in Gesù Cristo per lavorare insieme alla missione cristiana in un
mondo in cui dominano la competizione, la frammentazione e la divisione». Nel corso dell’incontro è
emersa anche l’importanza della dimensione spirituale della missione
della Chiesa in un momento di profondo rinnovamento della testimonianza della Parola di Dio in chiave
ecumenica. Per Rico Palaca Ponce,
direttore dell’Istituto di spiritualità
in Asia, a Manila, i cristiani devono
vivere ricordando sempre che «il
mondo è il luogo dove Dio si rivela
mostrando la strada dell’amore che
consente di comprendere le differenze religiose, culturali, sociali, economiche e politiche in modo tale che
il Vangelo possa rappresentare l’elemento in grado di trasformare la società».
La testimonianza ecumenica può
aiutare a costruire l’unità, passando
attraverso dei processi di riconciliazione che sono necessari per la pace, che si realizza nel dialogo, anche
con le altre religioni. Tutto ciò è stato sottolineato in più interventi, che
si sono richiamati a esperienze concrete di missioni ecumeniche. Tra
questi, il reverendo Rex Reyes Jr.,
segretario generale del Consiglio
delle Chiese cristiane delle Filippine, ha fatto riferimento alla situazione del proprio Paese, dove i cristiani
sono in prima fila nella riconciliazione delle memorie per rimuovere
discriminazione e violenze con l’annuncio ecumenico del Vangelo.
Nello spirito di un rinnovamento
ecumenico della missione si è discusso anche del fatto che il documento finale debba riflettere l’idea
che «la spinta missionaria in futuro
non si realizzerà più soltanto dalle
comunità cristiane che vivono nei
Paesi economicamente più ricchi,
con alle spalle secoli di memorie cristiane, ma che la missione della
Chiesa deve vedere protagonisti anche coloro che vivono ai margini del
mondo, con un processo di riscoperta della povertà evangelica quale
elemento essenziale dell’unità dei
cristiani». Per questo, proprio in
prospettiva ecumenica, si deve riaffermare che «la missione della Chiesa va vissuta nella quotidianità favorendo relazioni di amicizia e di collaborazione», come ha ricordato
suor Luco Josune Arregui, uno dei
delegati della Chiesa cattolica, invocando i tanti casi che mostrano
quanto i cristiani siano uniti proprio
nell’annuncio del Vangelo. E per
Itayi Ndudzo, del comitato centrale
del Wcc, non è un caso che proprio
dalla missione i cristiani abbiano
imparato a vivere l’unità: i cristiani
«devono trovare il coraggio di annunciare Cristo sapendo bene che
non sono spinti da una qualche filosofia umana, ma che hanno ricevuto
un invito ineludibile a servire Dio
proprio nella missione di annunciare
la salvezza al mondo».
LONDRA, 28. Un moderno mezzo di
comunicazione come Twitter diventerà “protagonista” nella scelta del
prossimo arcivescovo di Canterbury,
primate della Comunione anglicana.
A riferirlo è un recente articolo pubblicato sul sito internet del quotidiano londinese «The Telegraph», che
pone in risalto come la Chiesa d’Inghilterra si sia orientata verso lo
strumento di «social networking»
relativamente alla generale consultazione che servirà a individuare le
personalità da proporre per la successione dell’attuale arcivescovo,
Rowan Williams, che ha annunciato
le sue dimissioni alla fine del 2012.
Il nuovo arcivescovo verrà nominato dalla regina Elisabetta II, che è
formalmente il governatore supremo
(Supreme Governor) della Chiesa
d’Inghilterra. La scelta del successore sarà fatta, in nome del sovrano,
dal primo ministro, in una rosa di
due nomi selezionati da un organismo ad hoc, la Commissione di nomine della Corona. L’organismo, infatti, ha il compito di indicare il nome di un candidato preferenziale e
di un secondo candidato nominale
al primo ministro, che è costituzionalmente incaricato di riferire sulla
consultazione alla regina. La decisione di Rowan Williams è stata annunciata dopo dieci anni di servizio
come guida spirituale della Comunione anglicana. Per il futuro, il presule ha accettato l’incarico di master
of Magdalene College.
Ai fini della sua successione sarà
dunque avviata una consultazione
pubblica, che farà perno principalmente proprio su Twitter, oltre che
su altri sistemi di comunicazione come la stampa. Questo sempre più
diffuso strumento di rete sociale
consente di mettere a disposizione
degli utenti di internet e della telefonia mobile pagine personali aggiornabili, sulle quali scrivere notizie e commenti con testi non più
lunghi di centoquaranta caratteri.
Gli aggiornamenti sono mostrati
istantaneamente nella pagina di profilo dell’utente e comunicati ai destinatari che si sono registrati per riceverli. Il nome Twitter deriva dal verbo inglese to tweet che significa
«cinguettare». Attualmente, secondo alcune stime, sarebbero centinaia
di milioni nel mondo gli utenti di
questo servizio apprezzato per la
sua praticità e velocità.
La Comunione anglicana ha sottolineato che per la prima volta il
processo di selezione sarà avviato
con un’ampia consultazione pubblica. I fedeli saranno chiamati, entro
maggio, a indicare i nomi da proporre per la successione, ma anche
ad avanzare commenti e proposte
sui problemi della diocesi di Canterbury e, più in generale, di quelli
dell’intera comunità ecclesiale anglicana. Inoltre verrà chiesto il parere
di persone di altre fedi non cristiane
e persino di non appartenenti ad alcuna religione. Un portavoce della
Chiesa d’Inghilterra ha peraltro osservato che Twitter costituisce già da
tempo un importante strumento per
le attività pastorali. L’arcivescovo di
York, John Sentamu, annovera oltre
21.000 frequentatori della sua pagina personale su Twitter.
Nell’annunciare le dimissioni,
Williams ha sottolineato di aver
considerato «un immenso privilegio
servire come arcivescovo di Canterbury negli ultimi dieci anni. Continuerò — ha aggiunto — come meglio
posso e in futuro a servire con lo
stesso impegno e ispirazione la missione e la testimonianza della Chiesa». Attualmente, nella Comunione
anglicana, si succedono a ritmo serrato commenti, proposte e prese di
posizione sulla questione di come
procedere rispetto al problema delle
donne nell’episcopato, in particolare
quelle dichiaratamente omosessuali,
nell’ambito del rispetto dell’Anglican Covenant, il «patto sulle regole»: un fronte che divide i gruppi
tradizionalisti da quelli aperti al
cambiamento.
Lettera della Custodia alla luce delle nuove norme liturgiche
Pasqua al Santo Sepolcro
GERUSALEMME, 28. «Lieti di questo
risultato, uniti nella preghiera, potremo percorrere insieme il cammino di fede che ci conduce alla Pasqua di Risurrezione»: è quanto, in
una lettera ai fedeli, viene sottolineato dalla Custodia di Terra Santa
affrontando il tema dell’applicazione della riforma liturgica per la Settimana Santa al Santo Sepolcro, approvata dalla Santa Sede. Una lettera — a firma del custode, padre
Pierbattista Pizzaballa, e del segretario custodiale, padre Silvio Rogelio De La Fuente — che vuole essere
soprattutto un invito a vivere con
gioia la prossima celebrazione pasquale e nella quale si ripercorre il
processo di riforma nelle sue princi-
pali tappe storiche, sottolineando il
lungo impegno per superare le difficoltà inerenti le rigide regole sugli
spazi e gli orari di celebrazione delle comunità religiose conviventi nella basilica del Santo Sepolcro, stabilite dallo status quo.
Nel 1955, infatti, a seguito della
riforma liturgica della Settimana
Santa, la Custodia di Terra Santa
espresse l’intenzione di introdurre i
nuovi riti al Santo Sepolcro senza
tuttavia esiti favorevoli a causa degli
orari delle comunità, regolati dallo
status quo. Per tale motivo, su richiesta dell’allora custode di Terra
Santa, la Santa Sede concesse l’indulto per consentire le celebrazioni
liturgiche secondo il vecchio rito.
Nel 1986, la Commissione liturgica
della Custodia di Terra Santa avviò
comunque un programma di lavoro
per adattare la liturgia della Settimana Santa ai nuovi libri liturgici,
alla particolarità del luogo sacro, alle tradizioni proprie della liturgia di
Gerusalemme e alle nuove esigenze
pastorali, senza per questo rinunciare ai diritti della Chiesa cattolica. Il
risultato è stato il progetto della riforma liturgica della Settimana Santa, racchiuso in tre volumi (su messale, lezionario e uffici), che venne
approvato dalla Commissione liturgica l’11 marzo 1996, alla presenza
del custode. Si è trattato di un lavoro — si osserva — al quale hanno
contribuito diversi esperti e rappresentanti, anche della Congregazione
per il culto divino e la disciplina dei
sacramenti, oltre al delegato apostolico e al patriarca di Gerusalemme
dei Latini. Successivamente, il 28
marzo, il progetto della riforma fu
presentato al patriarca latino e, infine, il 16 dicembre dello stesso anno,
venne inoltrato alla Santa Sede. Il 5
marzo 1997, l’allora segretario di
Stato, cardinale Angelo Sodano, comunicò alla Custodia di Terra Santa
l’approvazione ad experimentum del
progetto di riforma, allegando tuttavia una serie di modifiche richieste
dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Il 23 marzo 1997, Domenica delle
Palme, venne poi inaugurato il nuovo Ordo della Settimana Santa.
Dal 1997 si avviò dunque la fase
sperimentale che è terminata nel
2010: il 15 febbraio, dopo le opportune analisi, la Commissione liturgica ha inviato alla Santa Sede tutte
le informazioni, unitamente a suggerimenti e correzioni frutto della
fase sperimentale, presentando in
concomitanza anche richiesta di approvazione definitiva della riforma,
giunta infine il 12 ottobre 2011 nel
rispetto sempre dello status quo.
Intanto, in vista della celebrazione della Pasqua, la Terra Santa si
arricchisce anche di ulteriori testimonianze di fede. La comunità
«Domus Juventutis-Piccoli fratelli
dell’accoglienza», che ha sede in
Italia e che opera nello spirito di
fraternità e degli insegnamenti di
Charles de Foucauld, ha ricevuto
dal patriarca di Gerusalemme dei
Latini, monsignor Fouad Twal, l’incarico di custodire una cappella
eretta nel luogo in cui il beato soggiornò nel 1898, in occasione di un
viaggio spirituale. Ma non solo: la
comunità ha in programma l’apertura di una struttura sanitaria a Taybeh, che si trova nei Territori palestinesi. Si tratta di un villaggio che
con i suoi abitanti, tutti arabi cristiani, e le sue tre parrocchie — una
di rito latino e le altre due melchita
e greco-ortodossa — rappresenta nella regione un esempio di ecumenismo e di dialogo con le comunità
musulmane degli altri villaggi. A
Taybeh sorgerà per primo un centro
dentistico, prima tappa di un progetto più vasto che punta anche a
creare altri due studi medici.
Nel villaggio sono recentemente
giunti due oblati della fraternità che
avranno il compito di dirigere il
centro dentistico. A completare la
presenza della comunità vi saranno
anche alcuni frati che hanno riadattato un eremo per accogliere giovani
che vogliono approfondire la meditazione nel deserto. Oltre ai «Piccoli fratelli dell’accoglienza» operano
a Taybeh la congregazione locale
delle suore del Rosario (che curano
l’organizzazione delle scuole), le
suore francesi della Santa Croce di
Gerusalemme, che gestiscono l’ostello per i pellegrini e, infine, i religiosi brasiliani della comunità dei Figli
di Maria, che lavorano nella casa di
riposo per anziani, in grado di accogliere una ventina di persone.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 29 marzo 2012
pagina 7
Messaggio dei vescovi del Guatemala per la Via Crucis del migrante
Nuovo intervento dei presuli cileni nel dibattito sulla depenalizzazione dell’aborto
Chi evangelizza
accoglie
Il diritto alla vita
oltre l’ideologia
GUATEMALA, 28. Sono molti coloro
che vivono sradicati dal calore umano e dal clima di accoglienza tipico
della casa familiare: rifugiati, profughi, vittime di guerre e catastrofi
naturali, come pure le persone sottoposte alla cosiddetta emigrazione
economica. Fratelli che patiscono il
cammino della Croce, che vivono
tristi situazioni di disprezzo, di abbandono, di rifiuto, di indifferenza
e di disinteresse politico. Occorre
spezzare tali catene di resistenza
all’accoglienza per far sì che i migranti ricevano l’ospitalità del cuore,
secondo l’invito del Vangelo a riconoscere negli ultimi il volto di Gesù. Questo, in estrema sintesi, uno
dei passaggi più significativi del
«Messaggio per la Via Crucis del
migrante 2012», dal titolo Evangelizzare è accogliere, proposto, nel tempo
quaresimale, dalla Commissione pastorale sulla mobilità umana in seno
alla Conferenza episcopale del Guatemala.
Nel documento si denunciano le
ripetute violazioni dei diritti umani
fondamentali, sequestri, sparizioni,
Il sacrificio
di monsignor
Oscar Romero
dono per tutti
SAN SALVAD OR, 28. La Chiesa
cattolica di El Salvador, nel ricordare l’assassinio dell’arcivescovo
Oscar Arnulfo Romero, avvenuto
trentadue anni fa, constata, con
tristezza, che «ancora non si è
realizzato, nel Paese, il sogno
profetico di colui il quale ha dato
voce a chi non ha voce: vivere
nella democrazia, nella pace, nella giustizia, nell’armonia e
nell’unità». Lo ha sottolineato
l’arcivescovo di San Salvador,
José Luis Escobar Alas, durante
la celebrazione eucaristica nella
basilica del Sacro Cuore di Gesù
per il trentaduesimo anniversario
del sacrificio di monsignor Romero, momento centrale e culminante delle giornate di commemorazione.
«Monsignor Romero, all’età di
62 anni, il 24 marzo 1980 — ha ricordato il presule — fu assassinato mentre celebrava la messa perché nelle sue vibranti omelie condannò la violenza e le ingiustizie
sociali, schierandosi a difesa dei
poveri e degli emarginati, lottando per la loro dignità». Una testimonianza, quella di Romero,
non offuscabile con riduttive motivazioni ideologiche, ma resa
esclusivamente «per amore del
Vangelo di Gesù che salva e fa liberi». In nome della verità, come
altre luminose figure, il vescovo
salvadoregno ha «immolato la
propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il
Vangelo fino alle estreme conseguenze. In tempi tanto difficili
egli continua a essere un fulgido
esempio e speranza per tutti», ha
concluso Escobar Alas.
traffico di esseri umani, discriminazioni, detenzioni arbitrarie, specialmente ai danni dei lavoratori migranti verso Messico, Stati Uniti,
Canada. «Questo dimostra la carenza di volontà dei Governi riguardo
adeguate e lungimiranti politiche
delle migrazioni nell’ambito delle
convenzioni e dei trattati internazionali», è scritto nel testo. Secondo la
Commissione pastorale, spetta alle
istituzioni, con il concorso di tutte
le componenti sociali, proteggere «i
diritti umani e promuovere la giustizia negli affari del lavoro, attuando
misure di controllo e monitoraggio
sulla realtà e sui non pochi problemi dei lavoratori migranti».
Interventi, talvolta drastici, rivolti
al contenimento del flusso migratorio, si sono rivelati controproducenti, anzi pericolosi; hanno, in molti
casi, provocato atteggiamenti di sospetto, di indifferenza, se non addirittura di odio e di razzismo verso i
migranti. Ma esistono altre concause che chiudono in una spirale di
difficoltà e di dolore quanti sono
costretti ad abbandonare la loro terra, la loro casa: la violenza diffusa,
il traffico della droga strettamente
connesso alla criminalità organizzata
contro i migranti in transito, soprattutto donne, bambini e adolescenti,
le persone più vulnerabili, che vedono nel ricongiungimento familiare
un diritto fondamentale.
I vescovi del Guatemala esprimono particolare preoccupazione «per
il degrado della condizione umana
di migliaia di lavoratori migranti
che vivono in sovraffollamento nei
centri di detenzione, senza protezione, senza accesso ai servizi di base
essenziali, quali la salute, la nutrizione, l’assistenza legale consolare».
Nel documento si evidenzia inoltre
il dolore delle famiglie dei migranti
che subiscono le conseguenze delle
«deportazioni»: disgregazione, abbandono, mancanza di assistenza,
violenze, pericolose situazioni di
sfruttamento; durante il processo di
migrazione i più vulnerabili, i più
colpiti sono le donne, gli adolescenti e i bambini, trascinati in una spietata spirale di schiavitù. Purtroppo
— si sottolinea — il costante incremento del flusso migratorio di bambini e adolescenti soli accentua la
già drammatica situazione dei ricongiungimenti familiari.
In questo quadro allarmante, la
Commissione pastorale sulla mobilità umana chiede «con cuore compassionevole» innanzittutto l’attuazione di politiche di sviluppo e di
commercio internazionale che promuovano un’economia equa e sostenibile per contrastare l’emigrazione
forzata, e sollecita riforme economiche per proteggere le risorse naturali dei Paesi in via di sviluppo e la
creazione di strategie globali legate
a politiche migratorie che garantiscano i diritti umani delle persone
in mobilità, ma anche i doveri nei
confronti dei Paesi ospitanti. Si tratta di attuare il principio della reciproca accoglienza nella legalità.
Nel messaggio si invita il Congresso della Repubblica di Guatemala a continuare il processo legislativo per la riforma della legge
sulle migrazioni integrandolo con le
proposte della società civile, della
Chiesa cattolica, delle comunità cristiane e delle altre confessioni, come
pure della commissione incaricata di
proteggere i diritti dei lavoratori migranti e i componenti delle loro famiglie.
Viene inoltre sollecitato il riconoscimento di contributi economici di
sostegno, attraverso servizi bancari
opportuni, in favore dei migranti,
sia nelle nazioni di origine sia in
quelle di destinazione, e la promulgazione di leggi specifiche per garantire la riunificazione dei nuclei
familiari costretti, in molti casi, alla
divisione.
Il documento della Commissione
pastorale sulla mobilità umana si
conclude ribadendo l’impegno della
Chiesa in Guatemala nella causa dei
migranti attraverso il «rafforzamento delle azioni locali in una prospettiva globale, lavorando in stretta
collaborazione con organizzazioni
nazionali, consapevoli della grande
sofferenza inflitta a milioni di persone che vivono una condizione quotidiana di via crucis di indifferenza e
di intolleranza». A tale impegno sono chiamate tutte le componenti sociali ed ecclesiali, «specialmente i
fedeli cristiani, i quali, in questi
tempi difficili e di grande ingiustizia, devono vivere in solidarietà con
i migranti come segno della nuova
evangelizzazione».
SANTIAGO, 28. La tutela della maternità e della vita nascente è un
principio che non può essere eluso;
deve essere invece promosso pienamente, con umanità e razionalità,
affinché si crei una cultura profonda
che sappia difendere questi valori,
fondamentali per avere veramente
speranza nel futuro. Lo ribadisce la
Conferenza episcopale del Cile intervenendo nuovamente nel dibattito in atto relativo alle iniziative legislative per depenalizzare, in certi casi, l’aborto.
In una dichiarazione, i presuli, invitando a proteggere la vita dell’essere umano dal concepimento fino
alla morte naturale, offrono spunti
di riflessione, «luci», con «la carità
nella verità», ai cattolici, ai cristiani
e a tutti gli uomini di buona volontà sull’inviolabile «dono della vita».
Si rivolgono anche e soprattutto ai
legislatori e alle istituzioni perché
affrontino, senza chiusure ideologiche, «un problema come il diritto
fondamentale alla vita, che tocca
profondamente l’anima nazionale».
Nel loro appello i vescovi citano,
nell’ordine, il documento della Conferenza episcopale del 28 dicembre
2010 e la lettera congiunta delle
Chiese cristiane del 3 ottobre 2011,
indirizzata ai poteri dello Stato e
all’opinione pubblica su una «visione condivisa del diritto alla vita».
In questo documento congiunto, la
Chiesa cattolica e quella ortodossa,
l’ufficio di presidenza ampliato delle
organizzazioni evangeliche, le comunità anglicana, metodista pentecostale e pentecostale apostolica,
«guardando al bene supremo degli
esseri umani, della società, della nazione cilena e ai valori che ispirano
una visione cristiana del mondo, dicono no all’introduzione dell’aborto
nel nostro Paese, vale a dire il poter
porre fine alla vita dell’uomo nel
grembo materno: non c’è alcuna ragione che renda lecito privare della
vita un essere innocente».
Con un ampio documento, intitolato Grido per la vita degli innocenti,
i vescovi cileni, alla fine del 2010, rispondevano ad alcuni politici e legislatori che avevano aperto un dibattito sulla possibilità di depenalizzare
l’aborto; possibilità contro la quale
si è espresso anche il presidente e
capo del Governo, Sebastián Piñera
Echenique. La Conferenza episcopale scelse simbolicamente la festa dei
santi Innocenti Martiri per rendere
noto il proprio pronunciamento rivolto sia ai cattolici sia ai legislatori
e alle autorità.
«Vogliamo offrire — si legge nel
documento con riferimento specifico
ai tre casi per cui si propone la depenalizzazione dell’aborto (pericolo
di vita per la madre, grave malfor-
mazione del feto e gravidanza frutto
di una violenza) — alcune riflessioni
per il discernimento consapevole del
dolore che vivono una madre e la
sua famiglia in tali situazioni, le
quali, nonostante siano limitate,
provocano angoscia, incertezza e
sofferenze di fronte alle quali nessuno può restare indifferente». Di
fronte a situazioni di questo tipo —
prosegue la nota dei vescovi cileni —
si devono cercare delle risposte che
siano «rispettose della vita, sia della
madre sia del figlio» e al tempo
stesso lo si deve fare «nella cornice
giuridica che rifletta un profondo rispetto per la vita umana in tutte le
sue fasi e condizioni». Tale rispetto,
inoltre, deve riguardare l’intero sistema sanitario e i servizi per la salute pubblica così come la medesima società in cui si vivono queste
realtà.
«Occorre non dimenticare — si
osserva nella dichiarazione — l’importanza dell’educazione di quei valori che sono in gioco: rispetto della
vita, cura dei più deboli, solidarietà,
compassione e giustizia. Riteniamo
che queste siano le questioni sulle
quali dobbiamo discutere». Sono le
risposte che saranno date a queste
sfide quelle che «segneranno» la
condotta da seguire «di fronte alla
madre e al figlio e quelle che co-
Nel bicentenario del terremoto del 1812 in Venezuela
Il bene comune
richiede pace e coesione
CARACAS, 28. «La costruzione di
un futuro di comprensione e di
pace è l’unico modo che può offrire la gioia di vivere insieme come
fratelli». È quanto affermano i vescovi venezuelani in un messaggio
presentato nei giorni scorsi in occasione del bicentenario del devastante terremoto del 26 marzo —
un giovedì santo — del 1812. Anniversario molto sentito nel Paese latino americano, il primo ad affrancarsi dalla corona spagnola, poiché
l’evento sismico, insieme al carico
di lutti e devastazioni — circa ventimila morti nella sola Caracas —
portò anche all’inizio della guerra
e alla fine della prima Repubblica.
Fu in quella occasione che il libertador Simón Bolívar avrebbe pronunciato la celebre frase: «Se la
natura si oppone lotteremo contro
di essa e la faremo obbedire».
Lettera pastorale della Conferenza episcopale della Bolivia
Tutela dell’ambiente e sviluppo umano
SUCRE, 28. L’intera creazione è un
dono di Dio da proteggere e da trasmettere alle generazioni future. Per
questo, di fronte all’emergenza e alle conseguenze dettate dall’inquinamento come pure dallo sfruttamento dissennato delle risorse, occorre
«cambiare stile di vita». Nella consapevolezza che «la protezione della casa comune è principalmente un
problema etico e morale». È quanto
sostengono i vescovi della Bolivia
che nei giorni scorsi hanno presentato una lettera pastorale su ambiente e sviluppo umano intitolata
L’Universo, dono di Dio per la vita.
Il documento, illustrato dall’arcivescovo di Sucre, Jesús Pérez
Rodríguez, vice presidente dell’epi-
scopato boliviano, annuncia anche
alcune novità pastorali. In ogni
diocesi, per esempio, verrà costituito un «comitato per la salvaguardia
del creato», mentre annualmente
verrà celebrata la «Settimana della
creazione».
Dopo aver studiato approfonditamente la questione, anche attraverso la raccolta di testimonianze e il
contributo di esperti, i vescovi della
Bolivia mettono in guardia circa gli
effetti dei cambiamenti climatici e
gli impatti sulle popolazioni più
povere. La lettera pastorale solleva,
insomma, uno sguardo critico
sull’attuale modello generale di
consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali. È un’invocazione ai
struiranno sia l’anima nazionale sia
la cultura del Paese».
I vescovi, nel citare alcuni passi
dell’enciclica Evangelium vitae di
Giovanni Paolo II, ribadiscono che
«l’uccisione diretta e volontaria di
un essere umano innocente è sempre gravemente immorale», e poi
osservano: «Questo principio etico,
profondamente umano, è precedente
al cristianesimo e fa riferimento all’uso della ragione quando si tratta
di proteggere la vita dell’essere umano non ancora nato e dunque il rifiuto della legalizzazione dell’aborto».
Il documento del dicembre 2010,
riproposto dai vescovi cileni in ampie citazioni nell’attuale nota, prosegue analizzando le tre situazioni
sulle quali si discute per chiedere la
depenalizzazione dell’aborto e conclude: «Ci sembra più ragionevole
interrogarsi sulla nostra capacità di
generare istanze capaci di accompagnare in modo adeguato sia la madre sia la sua famiglia, senza fare ricorso alla distruzione di una vita. Ci
auguriamo che in questi giorni in
cui celebriamo la nascita di Gesù
cresca in tutti noi l’amore per la vita, il rispetto della vita di tutti, e soprattutto il dovere che tutti abbiamo di proteggere la vita dei piccoli,
dei sofferenti e dei più poveri della
nostra società».
cambiamenti dello stile di vita e a
intraprendere azioni concrete per
preservare la terra ed evitare quei
comportamenti che contribuiscono
al riscaldamento globale del pianeta. Per questo la Chiesa — viene
sottolineato — è pronta alla collaborazione con altre organizzazioni,
nella consapevolezza che gli stili di
vita si cambiano solo attraverso
un’opera educativa che parte dalla
famiglia, passa dalla scuola e finisce
per influenzare gli spazi sociali e
politici. In questo senso, si sostiene
la necessità di trovare modalità più
appropriate per lo smaltimento dei
rifiuti, di dare la priorità al consumo degli alimenti biologici e di incoraggiare la messa a dimora di
nuovi alberi. I presuli rilevano infatti come «la crisi ecologica sia
sempre più preoccupante per i boliviani, specialmente per le comunità
indigene, così come per ampie fasce
della popolazione». Una situazione
che finisce per provocare anche
«conflitti sociali che causano sofferenza e la morte delle persone».
In tal senso, la salvaguardia della
“casa comune” è soprattutto una
questione di ordine etico e morale.
E per questo il vero problema da
affrontare è la gestione di uno «sviluppo umano che permetta una vita
dignitosa per tutti», piuttosto che
inseguire uno «sviluppo economico
che espanda i mercati e promuova
il consumo irrazionale». Occorre
cioè trovare un punto d’equilibrio,
che consenta il «miglioramento delle condizioni di vita dei poveri senza distruggere l’ambiente e il patrimonio per le generazioni future».
I presuli colgono, dunque, l’occasione per soffermarsi su un episodio su cui si fonda la costruzione della coscienza nazionale per ribadire l’impegno alla coesione e la
costruzione del bene comune, e
cioè la difesa della vita, l’eliminazione della violenza, il lavoro per
la pace. «Il ricordo degli eventi di
due secoli fa — viene sottolineato
nel messaggio — illumina lo scenario attuale e può essere fonte di
bene». In questo senso, viene ricordato come i presuli abbiano definito il 2012 come Anno della riconciliazione nazionale. Già in un
documento dello scorso gennaio
veniva sottolineato come «le esigenze e le aspettative più urgenti
del Paese, come la sicurezza, l’occupazione, l’alloggio, la salute,
l’istruzione, i servizi e le risorse alimentari, richiedono di poter contare su uno Stato di diritto, efficace
e affidabile per la vita della società». Concetti ribaditi nella sostanza anche in questa occasione: «Abbiamo un Paese che continuiamo a
costruire, non con le armi, ma con
i valori della pace, della libertà,
della vita sociale, con un lavoro dignitoso, giustizia ed equità».
Ma tutto ciò — evidenziano i vescovi venezuelani — «può essere
realizzato solo attraverso una vera
e genuina democrazia partecipativa, con la divisione e l’autonomia
dei poteri, con istituzioni efficienti
e una società civile che superi le
miserie della divisione, dell’odio e
dell’intolleranza».
Lutto nell’episcopato
Sabato 24 marzo è morto monsignor Edward Materski, del clero
di Kielce, vescovo emerito di Radom, suffraganea dell’arcidiocesi
di Częstochowa in Polonia.
Nato il 6 gennaio 1923 a Vilnius,
il 20 aprile 1947 era stato ordinato
sacerdote. Il 29 ottobre 1968 era
stato nominato vescovo titolare di
Acque Sirensi e ausiliare di Kielce.
Il 22 dicembre aveva ricevuto l’ordinazione episcopale dal cardinale
Stefan Wyszyński. Il 27 marzo 1981
era stato trasferito alla diocesi di
Sandomierz, divenuta il 3 ottobre
1981 Sandomierz-Radom. Con l’organizzazione della nuova struttura
amministrativa della Chiesa, istituita da Giovanni Paolo II con la
bolla Totus Tuus Poloniae Populus,
nella solennità dell’Annunciazione
del Signore, il 25 marzo 1992 era
poi stato nominato primo vescovo
di Radom. Il 28 giugno 1999 aveva
rinunciato al governo pastorale
della diocesi. Le esequie si celebrano alle ore 11 di giovedì 29 marzo
nella cattedrale di Santa Maria a
Radom.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
La visita di Benedetto
XVI
giovedì 29 marzo 2012
al santuario della Vergine della Carità del Cobre
Per un futuro
di rinnovamento e speranza
Nella mattina di martedì 27 marzo
il Papa si è recato in visita
al santuario della Vergine della Carità
del Cobre a Santiago de Cuba.
Al termine, affacciatosi dall’ingresso
principale, ha benedetto i fedeli riuniti
nella piazzetta antistante e sulla lunga
scalinata, salutandoli con le parole
che pubblichiamo di seguito.
Queridos hermanos y hermanas:
He venido como peregrino hasta la
casa de la bendita imagen de Nuestra Señora de la Caridad, «la Mambisa», como ustedes la invocan afec-
tuosamente. Su presencia en este poblado de El Cobre es un regalo del
cielo para los cubanos.
Deseo saludar cordialmente a los
aquí presentes. Reciban el cariño del
Papa y llévenlo por doquier, para
que todos experimenten el consuelo
y la fortaleza en la fe. Hagan saber a
cuantos se encuentran cerca o lejos
que he confiado a la Madre de Dios
el futuro de su Patria, avanzando
por caminos de renovación y esperanza, para el mayor bien de todos
los cubanos. También he suplicado a
la Virgen Santísima por las necesida-
des de los que sufren, de los que están privados de libertad, separados
de sus seres queridos o pasan por
graves momentos de dificultad. He
puesto asimismo en su inmaculado
Corazón a los jóvenes, para que sean
auténticos amigos de Cristo y no sucumban a propuestas que dejan la
tristeza tras de sí. Ante María de la
Caridad, también me he acordado
de modo particular de los cubanos
descendientes de aquellos que llegaron aquí desde África, así como de
la cercana población de Haití, que
aún sufre las consecuencias del conocido terremoto de hace dos años.
Y no he olvidado a tantos campesinos y a sus familias, que desean vivir
intensamente en sus hogares el evangelio, y ofrecen también sus casas
como centros de misión para la celebración de la Eucaristía.
A ejemplo de la Santísima Virgen,
animo a todos los hijos de esta querida tierra a seguir edificando la vida
sobre la roca firme que es Jesucristo,
a trabajar por la justicia, a ser servidores de la caridad y perseverantes
en medio de las pruebas. Que nada
ni nadie les quite la alegría interior,
tan característica del alma cubana.
Que Dios les bendiga.
Muchas gracias.
Questa una nostra traduzione italiana
delle sue parole.
Cari fratelli e sorelle!
Sono venuto come pellegrino fino
alla casa dell’immagine benedetta di
Nostra Signora della Carità, «la
Mambisa», come la invocate affettuosamente. La sua presenza in questo paese di El Cobre è un regalo
del Cielo per i cubani.
Desidero salutare cordialmente
quanti sono qui presenti. Ricevete
l’affetto del Papa e portatelo dappertutto, perché tutti sperimentino la
consolazione e la fortezza nella fede.
Fate sapere a quanti incontrate, vicini o lontani, che ho affidato alla
Madre di Dio il futuro della vostra
Patria, affinché avanzi nel cammino
di rinnovamento e di speranza, per
il maggior bene di tutti i cubani. Ho
pregato la Vergine Santissima anche
per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono gravi momenti di difficoltà. Ho
posto, allo stesso tempo, nel suo
Cuore Immacolato i giovani, affin-
ché siano autentici amici di Cristo e
non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé. Davanti a
Maria della Carità, mi sono ricordato anche, in modo particolare, dei
cubani discendenti di coloro che
giunsero qui dall’Africa, come pure
della vicina popolazione di Haiti,
che soffre ancora delle conseguenze
del ben conosciuto terremoto di due
anni fa. E non ho dimenticato i molti contadini e le loro famiglie, che
desiderano vivere intensamente nelle
loro case il Vangelo, e offrono anche
le loro case come centri di missione
per la celebrazione dell’Eucaristia.
Sull’esempio della Santissima Vergine, incoraggio tutti i figli di questa
cara terra a continuare a fondare la
vita sulla roccia salda che è Gesù
Cristo, a lavorare per la giustizia, ad
essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove. Che niente e nessuno vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo
cubano. Che Dio vi benedica. Molte
grazie.
Il Papa ha lasciato Santiago de Cuba e si è trasferito all’Avana
Nell’allegria della vera anima cubana
dal nostro inviato MARIO PONZI
Dopo il sombrero, una ghirlanda di
fiori per Benedetto XVI. Singolari
ma differenti i due omaggi più caratteristici con i quali i messicani prima
e i cubani poi hanno voluto dimostrare al Papa tutto il loro affetto.
Differenti non tanto, o almeno non
solo nella forgia, ma soprattutto nel
significato che essi hanno assunto
per il Pontefice.
Del sombrero si sa; gli è stato posto sul capo prima della messa al
Parco del bicentenario, e lui lo ha
tenuto volentieri per rispondere a
quel grido Benedicto hermano ya heres
messicano e mostrare tutta la sua voglia di sentirsi messicano. Ma la
ghirlanda che gli ha posto intorno al
collo martedì mattina, 27 marzo,
suor Teresa Kerketta, durante la
messa celebrata in privato prima di
lasciare la residenza nel seminario
San Basilio Magno, a Santiago de
Cuba, ha avuto per il Papa un valore ancor più profondo. La religiosa è
una Missionaria della Carità dedita
alla vita contemplativa. Quando fanno la loro scelta le suore sono invitate a decidere quale sacerdote sostenere con le loro preghiere. Venti anni fa suor Teresa decise di pregare
per il cardinale Ratzinger. E da allora non ha mai smesso di farlo, ogni
giorno. È indiana e dunque ha voluto rendere omaggio al suo «protetto» con la tipica ghirlanda di fiori.
Il Papa è rimasto profondamente
commosso dall’incontro con questa
suora che continua a pregare esclusivamente per lui.
Concluso questo momento particolarmente intenso, la religiosa si è
ritirata nella sua cella per riprendere,
ha assicurato al Pontefice, la sua
preghiera e accompagnarlo spiritualmente ai piedi della Vergine del Cobre. E nel santuario dedicato alla
patrona di Cuba, dove si è recato in
visita prima di partire per L’Avana,
Benedetto XVI ha sostato a lungo dinanzi alla piccola statua in un raccoglimento profondo. Accanto a lui solo i vescovi cubani. Il luogo ispira
una pace interiore incredibile. Non a
caso per i cubani è un punto di riferimento nella vita quotidiana. Il più
importante. Non passa anno senza
che almeno una volta si rechino a
venerare la loro patrona. Lo stesso
Hemingway, negli anni del suo volontario esilio cubano, era solito sostare nel santuario. Tra i numerosi
ex voto è custodita la medaglia
d’oro del suo Nobel. Molte le altre
onorificenze conquistate da campioni dello sport e da artisti cubani nei
secoli passati.
Benedetto XVI ha deposto ai piedi
della Vergine una rosa d’oro. Un
omaggio che si ripete in ognuno dei
santuari mariani che segnano le sue
visite apostoliche. All’esterno una
piccola cornice di folla sul ristretto
piazzale, ma una ben più folta proprio sotto il parapetto della collinetta. Poche parole il Papa ha rivolto a
questa gente festosa, mostrando la
sua capacità di intrecciare i tanti fili
della loro vita spirituale. Salutandoli
ha raccomandato di non lasciar morire mai l’allegria dell’anima cubana.
Poi è partito alla volta della capitale.
Doveva essere senza formalità l’arrivo all’aeroporto José Martí all’Avana. La cerimonia ufficiale si era svolta a Santiago, dunque niente discorsi. Ma questa gente non finisce di
stupire: niente discorsi ufficiali è vero; a «parlare» però sono stati i giovani allievi di una scuola di danza
classica, che, a pochi passi dalla scaletta dell’aereo, hanno eseguito uno
dei loro pezzi forti, accompagnati da
un’orchestra di soli giovani. Bene-
detto XVI, sorpreso dalla singolare
accoglienza, ha molto gradito e si è
fermato alcuni istanti per ammirare
le loro evoluzioni. Li ha ringraziati e
poi è partito verso la città.
L’Avana gli è apparsa con il suo
volto più vero. Sembra una vecchia
regina, con la corona poggiata accanto ai piedi e un vestito che si intuisce bellissimo nonostante lo indossi da oltre cinquant’anni. È una
delle città più belle dell’America latina, tra le più affascinanti del mondo. Sul mare sembra adagiarsi; il
centro storico, in stile coloniale, mostra ancora le vestigia di un tempo:
grandissimi viali alberati, quartieri
con edifici architettonicamente fastosi con le loro colonne, tutte sormontate da artistici capitelli. Oggi sembra riemergere da un tempo lontano.
Anche se nascosti da una mano di
tinta fresca, passata in fretta, i palazzi mostrano i segni del degrado mai
arrestato per la mancanza dei mezzi
necessari. Alcune case, quelle di seconda fila, sono puntellate, altre diroccate. Un tempo erano abitate da
gente ricca. Oggi sono affollate da
un popolo povero, ma pieno di fan-
Il Papa con suor Teresa Kerketta
tasia. È gente che sembra seguire il
destino delle proprie abitazioni. Per
accogliere il Papa hanno tutti indossato i vestiti della festa. Per la gran
parte abiti consunti, un po’ sbiaditi,
ma puliti.
Il trasferimento alla nunziatura è
avvenuto, neppure a dirlo, tra due
ali di folla festante. Con la musica
protagonista, che dà ritmo alle grida
di entusiasmo. Proviene da orchestrine improvvisate o da registratori ad
altissimo volume. Ritmi cubani naturalmente, cadenzati di tanto in
tanto da gruppi di ballerini di ogni
età — qui sono tutti abili danzatori —
che si sono ricavati uno spazio in
prima fila per mostrarsi al Papa.
Davanti alla nunziatura, dove Benedetto XVI risiede durante il suo
soggiorno all’Avana, si sono radunati centinaia di giovani che, non accontentandosi del fugace passaggio,
hanno continuato ad acclamarlo anche quando è scomparso dietro la
porta del palazzo. Il Papa allora si è
affacciato al balcone, li ha ringraziati
per la loro accoglienza così calorosa
e li ha benedetti. Solo allora i giovani hanno placato il loro entusiasmo.
La replica più tardi, quando, dopo una breve sosta, il Papa è ripartito per dirigersi verso il Palazzo presidenziale per la visita di cortesia a
Raúl Castro. L’incontro privato tra i
due si è protratto per circa quaranta
minuti, mentre contemporaneamente
se ne svolgeva uno analogo tra la
delegazione vaticana, guidata dal
cardinale segretario di Stato, e quella del Governo cubano guidata dal
vicepresidente del Consiglio di Stato
e del Consiglio dei ministri. Tra gli
argomenti di conversazione, ha reso
noto poi il gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della
Santa Sede, «le attese della Chiesa
cubana e il suo desiderio di sviluppare ulteriormente la sua presenza,
per dare un contributo positivo al
bene del Paese». Padre Lombardi ha
anche riferito della richiesta fatta dal
Pontefice al presidente cubano Raúl
Castro di riconoscere il Venerdì Santo come giorno festivo sull’isola caraibica, ricordando come nel 1998, al
termine della sua visita Giovanni
Paolo II chiese e ottenne da Fidel
Castro analogo riconoscimento per il
giorno di Natale.
Al termine Benedetto XVI e il presidente cubano si sono affacciati sul
patio del Palazzo de la Revolución
per salutare giornalisti, fotografi e
cameramen assiepatisi per immorta-
lare la doppia stretta di mano che i
due si sono scambiati.
In questo frangente il popolo è rimasto un po’ ai margini ma ha continuato a far festa. I «cammelli», tipici bus cubani, snodati e lunghissimi, tanto affollati da togliere il respiro, continuano a sfornare gente nel
coacervo delle viuzze che si intrecciano a due passi dal Palazzo; i caratteristici cocotaxi fanno la spola
dai diversi angoli della città con destinazione i luoghi in cui passa il Papa; i ciclisti procedono a nugoli incalcolabili. Non arriveranno mai a
vedere il Pontefice, ma non importa:
è comunque un modo di partecipare
alla festa. Difficile veder sparire il
sorriso dal volto dei cubani. A maggior ragione non lo perdono oggi
che la situazione va decisamente migliorando.
All’imbrunire i colori della città
sono fantastici. I suoni cambiano:
La Havana non tace mai. Il Papa è
rientrato in nunziatura e ha incontrato i vescovi del Paese. Non è previsto alcun discorso. Si ritrovano a
cena per parlare insieme delle sfide
che la Chiesa cubana deve affrontare
nella consapevolezza del ruolo che è
chiamata comunque a svolgere in
questo momento di transizione sociale. La gente guarda e guarderà
sempre con maggiori attese alla
Chiesa. È un popolo credente, ma la
sua è una religiosità che risente di
influenze della «santeria» in modo
particolare. Si tratta di una religione
afro-cubana che ha inglobato molti
elementi del cattolicesimo. In anni
passati ha goduto anche dei favori
governativi, perché considerata uno
strumento utile per raggiungere la
popolazione. Tuttavia recenti statistiche rilanciano la cattolicità dei cubani. Il numero dei battezzati aumenta
in modo esponenziale, così come
cresce considerevolmente il totale di
quanti frequentano la messa poiché
ci sono meno motivi che in passato
di ritorsioni repressive. Dietro l’angolo c’è però il pericolo rappresentato dalle sette. Sono in crescita e sono una fonte di preoccupazione in
più per la Chiesa.
Gli esercizi spirituali del Circolo San Pietro
Verso una rinascita pasquale
«Maturare una comprensione globale della vita, capace di andare oltre la nostra storia personale»: è
l’impegno quaresimale per i soci
del Circolo San Pietro, al termine
degli esercizi spirituali. Lo ha affidato loro la scorsa settimana monsignor Massimo Palombella, maestro direttore della Cappella Pontificia Sistina, invitato dal presidente
del sodalizio Lepoldo Torlonia e
dall’assistente ecclesiastico monsignor Franco Camaldo, a proporre
tre giorni di meditazioni sulle figure di Nicodemo e di Zaccheo.
Riguardo quest’ultimo, il prelato
ha evidenziato l’attualità del tema
del salire e scendere dall’albero:
«Esso — ha detto — è il mio mondo, le mie convinzioni, è quella
stabilità conquistata dalla quale
posso guardare quello che c’è fuori». L’azione di scendere dall’albero diventa quindi fondamentale per
«togliersi dal luogo nel quale siamo nascosti in un’apparente pace,
ma sostanzialmente carichi di tensione». In tale contesto l’invito che
Gesù fa a Zaccheo è per un incon-
tro tra la grandezza di Dio e la debolezza della nostra umanità.
Nicodemo invece rimanda alla
tematica del «rinascere da acqua e
Spirito». Ciò vuol dire — ha spiegato il predicatore — «acquisire me
stesso, per vivere ciò che mi appartiene profondamente e che la vita
mi ha portato a chiudere in una
stanza per tanti anni. Rinascere è
aprire la porta di questa stanza
perché io possa essere davvero me
stesso, entrare nella mia umanità,
in ciò che mi appartiene intimamente, in ciò che è mio». In ultima
analisi rinascere vuol dire convertirsi. «È in questo modo che l’esperienza di fede diviene adulta e fornisce — non senza lacrime — la vera
comprensione di tutta l’esistenza e
cioè di un progetto di Amore e di
vita in abbondanza».
Prossimo appuntamento per soci, la conferenza che il cistercense
Sebastiano Paciolla, sotto-segretario della Congregazione per i religiosi, tiene giovedì pomeriggio, 29
marzo, sulla vita coniugale degli
sposi cristiani.