Briciole

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Briciole
Briciole

IlAlimentazione,
cibo
è vita
Dal
sè all'altro
Il cibo è vita
salute,

Il teatro
e lasolidarietà
scrittura
per il
Alimentazione,
salute,
benessere
a solidarietà
curapsichico
di

Anna Garante e Leda Spagnuolo
aacura
di
cura di
Anna
Garante
Spagnuolo
Kira
PellegrinieeLeda
Daniela
Papini
Fratres,
Banco Alimentare
Toscana,
 Nazionale
Consociazione
Associazione
Oltre l’Orizzonte
Aic Toscana
gruppi donatori
sangue Fratres
Pistoia
Trimestrale del Cesvot - Centro Servizi Volontariato Toscana
n. 36, aprile 2013
Reg. Tribunale di Firenze n. 5355 del 21/07/2004
Direttore responsabile
Cristiana Guccinelli
Redazione
Cristina Galasso
Prodotto realizzato nell'ambito di un sistema di gestione certificato
alle norme Iso 9001:2008 da Rina Services Spa con certificato n. 23912/04
è il nome che abbiamo dato alle pubblicazioni dedicate agli atti dei corsi di formazione. I volumi nascono da percorsi formativi svolti per conto del Cesvot dalle associazioni di volontariato della
Toscana i cui atti sono stati da loro stesse redatti e curati.
Un modo per lasciare memoria delle migliori esperienze e per contribuire alla divulgazione delle tematiche di maggiore interesse e attualità.
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In ricordo di Gianni
Questo volume è dedicato al caro amico Gianni Montali,
la cui vita è stata testimonianza esemplare di fede, gratuità e dono di sé.
Anna, Leda, Gianluca
PREFAZIONE
di Luigi Cardini, presidente Consociazione Nazionale Gruppi donatori di sangue Fratres
Nella crisi che ha affrontato e sta ancora affrontando il nostro Paese, con la mancanza di risorse economiche, di occupazione giovanile, di perdita di posti di lavoro,
si fa sempre più strada la difficoltà delle famiglie a recuperare quelle risorse fondamentali per il sostentamento dei propri componenti. E’ in questi casi che le associazioni di volontariato svolgono un ruolo fondamentale di sostegno e inclusione
sociale di tutte quelle categorie svantaggiate che altrimenti resterebbero al margine
della società.
In queste situazioni sfavorite si fanno strada una serie di comportamenti e stili di
vita che nulla hanno a che fare con un buono stato di salute. Spesso la malnutrizione
o la denutrizione fanno si che già dai più piccoli si adottino delle abitudini alimentari
sbagliate, che poi sfociano in patologie più o meno importanti.
L’interesse comune sarebbe quello di aiutare le categorie meno abbienti, dandogli
la possibilità di poter contribuire in maniera attiva agli interessi della società.
Un individuo sano oltre ad essere un costo zero per il servizio sanitario è anche
un probabile donatore di sangue, elemento così fondamentale da essere ritenuto
addirittura un farmaco.
Il sangue donato, infatti, viene utilizzato per il sostegno ad alcune terapie e soprattutto per i trapianti di organi, operazioni tanto delicate quanto esigenti di grosse
quantità di sangue.
Ne consegue quindi che è fondamentale adottare degli stili di vita sani, curando
l’alimentazione evitando sprechi inutili di cibo e facendo quell’attività fisica indispensabile per mantenersi in forma.
Anche nel volume della collana “Briciole” La sobrietà come nuovo stile di vita
viene affrontato questo argomento mettendo in risalto la scelta consapevole che
tutti i giorni ognuno di noi dovrebbe fare, mettendo o non mettendo qualcosa nel
proprio piatto.
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INTRODUZIONE
Anna Garante, Consociazione Nazionale dei gruppi di donatori di sangue Fratres
Leda Spagnuolo, Associazione Banco Alimentare della Toscana Onlus
Il presente volume nasce da un lungo percorso che ha coinvolto e unito prima di
tutto persone impegnate da anni a vario titolo in associazioni di volontariato che
operano a livello regionale, ma che fanno parte di reti nazionali.
L’esperienza di riflessione sulle tematiche qui affrontate ha origine da un laboratorio per la formazione di progettisti nel volontariato “Dall’idea al progetto” organizzato dal Cesvot. Il corso di formazione in oggetto ha dato la possibilità di acquisire
competenze sulla progettazione, ma soprattutto ha fornito l’opportunità ai corsisti
partecipanti, provenienti da ambiti molto diversi di azione sociale, di confrontarsi e
sperimentare le proprie capacità di collaborare.
La fase di progettazione partecipata, finale ma di rilevanza prioritaria, ha permesso
a quattro associazioni (Consociazione Nazionale dei Gruppi di Donatori di Sangue
Fratres, Associazione Banco Alimentare della Toscana, Aic Associazione Italiana Celiachia Onlus Toscana e Csi Toscana come partner) di individuare una idea progettuale
condivisa e collaudare sul campo le tecniche acquisite mettendo a disposizione e a
confronto il proprio bagaglio di esperienze umane, professionali e vissute nell’ambito
del volontariato.
L’idea progettuale ha subito modifiche in corso d’opera, come spesso accade, variazioni che hanno toccato solo la realizzazione. Il convegno pensato all’origine è
diventato una pubblicazione, strumento sicuramente più capace di diffusione nel
tempo e più fruibile in maniera capillare sul territorio.
Dall’idea al progetto: la nostra idea progettuale
La nostra società occidentale è evidentemente poco attenta a ridurre gli sprechi
e a considerare l’impatto e le conseguenze di tali comportamenti sul pianeta e sulle generazioni future. Allo stesso tempo è condizionata da modelli di riferimento
irraggiungibili (top model, successo facile, ecc.) che contrastano con stili di vita sbagliati, i cui risultati sono: elevati tassi di obesità infantile, comportamenti alimentari
scorretti, sedentarietà, ecc. Di recente registriamo una maggiore attenzione all’alimentazione visti i dati in costante incremento relativi alle innumerevoli intolleranze
alimentari. In questo scenario cresce sempre di più la necessità di informare i cittadini
sulla consapevolezza di sé, del proprio corpo e dell’importanza di adottare modalità comportamentali atte a promuovere una qualità della vita sempre più elevata,
partendo, in primis, da ciò che mangiamo.
Intendiamo sottolineare il legame che esiste fra cibo, salute e solidarietà, lo stesso
che ha unito le tre associazioni nel progettare questa esperienza. Il rapporto con il
cibo risulta essere spesso distorto nella nostra società. La malnutrizione non è solo
conseguenza imposta dalla povertà, elemento da combattere con tutte le nostre
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
forze. La cattiva nutrizione è spesso scelta. Da qui vogliamo partire nel tentativo di
diffondere informazioni utili a combatterla per raggiungere la migliore condizione di
salute possibile. Buona salute raggiungibile anche attraverso buone pratiche di vita.
Intendiamo porre particolare attenzione anche alla riscoperta della buona tavola, del
buon cibo come cultura dello stare insieme. A questo proposito, di prioritaria importanza sotto diversi punti di vista è la valorizzazione delle potenzialità agroalimentari
del nostro territorio toscano. Le qualità indiscusse dei prodotti agroalimentari della
nostra regione sono apprezzati in tutto il mondo. Riscoprire il valore dei prodotti
toscani sulle nostre tavole fa bene non solo alla nostra salute ma anche alla nostra
economia: un buon prodotto acquistato e consumato sul territorio di produzione
consente un considerevole abbattimento dei costi mantenendo una giusta remunerazione per i produttori (parliamo del chilometro zero).
La salute passa attraverso la tavola e il buon cibo: corretta alimentazione e comportamenti sani migliorano la qualità della vita e questo può consentire di spostare
lo sguardo verso chi è meno fortunato e vive in condizioni di disagio, favorendo l’esperienza della solidarietà in vari ambiti. Ad esempio, una persona sana può aiutare
chi ha bisogno attraverso la donazione del sangue. Allo stesso modo anche il celiaco
che rispetta rigorosamente la dieta senza glutine è sano e può donare il sangue.
La Fratres è particolarmente attenta alla salute del donatore, presupposto indispensabile per la qualità della donazione. La donazione non è soltanto dare agli altri,
ma anche vivere in modo sano, consapevole e in maniera attiva. La Fratres sviluppa
un’azione permanente a tutti i livelli della vita sociale, specialmente nel mondo giovanile e studentesco, per la diffusione dell’educazione sanitaria e per la formazione
della cultura del dono. Tutto questo seguendo il progresso e l’aggiornamento scientifico, contribuendo ad uno sviluppo più intenso della ricerca e della utilizzazione
del sangue e dei suoi derivati e favorendone il loro buon uso. Anche l’Associazione
Italiana Celiachia si occupa e si preoccupa dell’educazione alimentare rivolta ai propri
soci e ai celiaci in generale attraverso un servizio di call center, incontri di informazione curati da dietiste esperte e corsi di cucina.
Sentiamo l’esigenza di suggerire ai cittadini strumenti appropriati che permettano
loro di compiere scelte consapevoli, atte a introdurre stili di vita adeguati nel rispetto
della propria salute e di quella degli altri.
Una sana alimentazione permette di raggiungere una qualità della vita più elevata
che può consentire una presa di coscienza del disagio sociale, di quelle situazioni
che, affrontate con un atteggiamento solidale, possono essere risolte o attenuate.
Pensiamo, ad esempio, alle imponenti quantità di alimenti eccedenti che possono
essere recuperati e ridistribuiti ai poveri della nostra società, raggiungendo risultati
non solo concreti di riduzione degli sprechi di cibo, altrimenti destinato alla discarica,
ma anche altamente educativi: attività nella quale l’Associazione Banco Alimentare
della Toscana è impegnata da anni.
Due riflessioni finali: da un lato l’esperienza vissuta, prima nella progettazione
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Introduzione
partecipata e in seguito nella cura della pubblicazione, è stata un’opportunità di
arricchimento personale per ciascuna delle persone coinvolte, una risorsa che confluisce direttamente nelle associazioni di volontariato di appartenenza; dall’altro il
lavoro concreto realizzato in rete da realtà associative così eterogenee testimonia
la fattibilità di un modello sicuramente replicabile sul territorio.
Il volume è suddiviso in 4 capitoli con un’appendice dedicata ad alcune semplici
ricette antispreco, a cura della Fondazione Banco Alimentare di Milano, con note
specifiche per celiaci aggiunte da Associazione Italiana Celiachia Toscana.
Il primo capitolo “Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa” intende favorire una
maggiore consapevolezza dell’entità dello spreco e delle sue implicazioni sociali,
economiche e ambientali e una migliore conoscenza del processo di generazione
delle eccedenze alimentari, al fine di aprire una finestra sulle possibilità di azione
immediate e significative, sia individuali, sia collettive, che esistono in Italia per trasformare le eccedenze alimentari da spreco a risorsa.
Il secondo capitolo “La salute vien mangiando” tratta l’alimentazione da un punto
di vista nutrizionale, sottolineando l’importanza della varietà dei cibi e del giusto
dosaggio delle sostanze nutritive. Esso propone uno sguardo attento alla scelta degli
alimenti prediligendo quelli a chilometro zero favorendo le peculiarità regionali e
comunque, in ogni caso, quelli di stagione.
Nel terzo capitolo “Donazione fa rima con alimentazione” l’alimentazione corretta
e gli stili di vita sani, che sono il filo conduttore di tutto il volume, vengono affrontati dal punto di vista di un ematologo, esperto conoscitore della diretta incidenza
dell’alimentazione sul buono stato di salute. La corretta alimentazione e il giusto
equilibrio degli alimenti tra di loro, infatti, concorrono ad uno stato di salute tale da
auspicare la possibilità di donare il sangue, un gesto così importante non solo in termini morali ma anche di contributo civico per la crescita della società in cui viviamo.
Infine, il quarto capitolo 4 “Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano”, a cura del Csi Toscana, vengono proposte alcune
riflessioni sull’importanza dell’attività motoria e dello sport per una qualità della
vita sempre più adeguata e l’adozione di uno stile di vita sano e salutare proponendo
un punto di vista alternativo rispetto alle problematiche relative all’alimentazione e
alla cultura della donazione.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
L’origine
I primi gruppi di donatori di sangue Fratres sono nati negli anni ‘50 in Toscana,
e si sono successivamente diffusi anche nelle altre regioni, in particolare nel
Centro, Sud ed Isole, costituendo, nel 1971, la Consociazione Nazionale dei Gruppi
Donatori di Sangue Fratres. Essa nasce come Ente morale, con l’obiettivo di invitare
le persone alla donazione anonima, gratuita, periodica e responsabile del sangue,
del sangue midollare e degli organi. La Fratres è un’associazione approvata da un
decreto ministeriale del 1994, e si avvale di volontari, persone impegnate, attente
alle problematiche dei propri simili e soprattutto preparate.
Nel 2006 lo Statuto nazionale Fratres è stato riconosciuto dalla Conferenza
Episcopale Italiana. La Fratres sviluppa un’azione permanente a tutti i livelli della
vita sociale, specialmente nel mondo giovanile e studentesco, per la diffusione
dell’educazione sanitaria e per la formazione della cultura del dono.
Tutto questo seguendo il progresso e l’aggiornamento scientifico nel campo
trasfusionale, contribuendo ad uno sviluppo più intenso della ricerca e della
utilizzazione del sangue e dei suoi derivati e favorendone il buon uso.
La mission
Le nostre finalità sono la diffusione della cultura della donazione del sangue e dei
suoi componenti nonché del sangue midollare e degli organi, costituendo figura del
“donatore totale”. Siamo quindi impegnati nella promozione di iniziative funzionali a
propagandare l’alto valore sociale della donazione, della solidarietà e delle fraternità,
elementi da noi considerati prezioso fondamento di vita. La nostra azione si sviluppa
permanentemente a tutti i livelli della vita sociale per diffondere la coscienza della
cultura del dono riferita all’ispirazione del Vangelo.
Il nostro sangue donato per la salute dei bisognosi ci richiama l’avvertimento
di Cristo: chi offre la propria vita in dono la moltiplica per sé e per gli altri. Siamo
impegnati anche in una continua formazione e perfezionamento dei nostri donatori
affinché la loro donazione oltre ad essere periodica, gratuita, anonima e responsabile
sia anche acquisizione ed espressione di uno stile di vita portatore di salute e di carità.
Il lavoro preliminare è l’informazione circa l’importanza della donazione e il
superamento di quelle piccole paure e resistenze che ci bloccano davanti ad un gesto
così semplice eppure così solidale. Sì, perché la fraternità costituisce il fondamento di
questa Consociazione, che opera per la tutela della salute dei donatori e dei riceventi.
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Presentazione
I valori
Il dono anonimo e gratuito, la solidarietà verso il prossimo racchiudono in sé
l’essenza dello scopo della mission della Fratres. Sono infatti questi valori che
spingono i volontari della nostra associazione a dedicare il loro tempo per divulgare
il messaggio che “donare è vita”. La nostra associazione offre a tutti i volontari
un’occasione di crescita morale e di accoglienza verso il prossimo.
L’attività
La Fratres è impegnata quotidianamente nell’attività di sensibilizzazione di nuovi
donatori con la partecipazione e la creazione di eventi pubblici finalizzati alla
divulgazione della cultura del dono.
Essa, infatti, partecipa a feste locali e nazionali con spazi informativi ai quali si
possono recuperare tutte le notizie necessarie per la donazione e ad eventi sportivi
durante i quali informa gli sportivi del valore della cultura del dono. La nostra
associazione partecipa regolarmente agli incontri programmati con il Ministero della
Salute, con il Centro Nazionale Sangue e i Centri Regionali Sangue, aggiornandosi
in maniera costante sulle normative che regolano la donazione del sangue e il buon
uso di esso.
La Fratres punta molto sulla formazione e sulla partecipazione dei giovani alla vita
dell’associazione come donatori ma soprattutto come volontari. Infatti da molti anni
coinvolge la popolazione giovanile grazie alle varie Commissioni Giovani Fratres locali
che, attraverso le loro attività e il loro modo di comunicare fresco e veloce, riescono
ad avvicinare i loro coetanei. Strumento di formazione e coesione, che l’associazione
ha adottato da qualche anno, è il Meeting nazionale dei Giovani Fratres nel quale
i giovani volontari possono accedere a momenti formativi e di crescita personale.
Giornata mondiale del donatore di sangue
Il 14 giugno ricorre la Giornata mondiale del donatore di sangue, per questa
occasione, da diversi anni, si effettuano dei collegamenti in radio a carattere nazionale
per la promozione della donazione del sangue. Infatti nelle maggiori città la Fratres
partecipa con i suoi volontari a diverse attività di promozione della cultura del dono.
Dati attività 2012 in Toscana
La Fratres Toscana è composta da 302 gruppi dislocati su tutto il territorio. Nel
2012 si sono raccolte 76460 unità tra sangue, plasma e multicomponent. I volontari
di ogni gruppo seguono i donatori nel loro percorso alla donazione del sangue
con spirito di servizio e dedizione, “fidelizzandoli” per rendere ognuno di loro un
donatore anonimo, periodico e responsabile.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Dati attività 2012 TOSCANA
PRATO
3,43%
AREZZO
9,21%
SIENA
7,39%
FIRENZE
21,98%
PISTOIA
5,19%
PISA
15,04%
GROSSETO
1,47%
MASSA-CARRARA
4,31%
LIVORNO
3,22%
LUCCA
28,76%
Benefici e vantaggi generati dalle attività Fratres
La Fratres, in quanto associazione di volontariato, è un punto di aggregazione
sociale dove tante persone possono trovare realizzazione e crescita personale e
morale. Il lavoro svolto dai volontari ha una forte ripercussione sulla società, infatti la
continua ricerca dell’autosufficienza e il continuo incremento di donazioni e donatori,
porta un grande beneficio economico e morale alla società stessa. Infatti grazie a
tutti i donatori sono possibili gli interventi di urgenza e quelli programmati. I trapianti
di organi, le semplici operazioni di routine e quelli dovuti ai traumi, non sarebbero
effettuati senza sangue e plasma a disposizione.
Ci rendiamo conto dell’importanza della donazione? Basta poco per far parte di
un sistema così complesso ma al tempo stesso meraviglioso per la sua complessità,
siete tutti invitati a diventare donatori di sangue!
AREA DELLA TOSCANA
PLASMA
23,57%
MULTIC.
4,15%
SANGUE
72,28%
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Presentazione
L’origine
In Italia il Banco Alimentare ha origine nel 1989, grazie all’incontro tra il Cavalier
Danilo Fossati, fondatore della Star, e Monsignor Luigi Giussani. Sull’esempio di una
simile esperienza conosciuta in Spagna (a sua volta ispirata alla “Food Bank” esistente
negli Usa), colpiti dalla sua originalità, ne prendono spunto e promuovono insieme
questa nuova opera di carità. Il primo nucleo di volontari dà così vita, nel novembre
del 1989 alla Fondazione Banco Alimentare. “Il Banco Alimentare poggia la sua attività
sul dono e la condivisione” (dalla carta dei Banchi Alimentari Europei). In Toscana il
Banco Alimentare nasce nel 1996.
La mission
L’Associazione Banco Alimentare della Toscana lavora quotidianamente con lo
scopo di aiutare chi è in difficoltà: la mission “Condividere i bisogni per condividere il
senso della vita” è il motore che muove la nostra opera. Scopo del Banco Alimentare
è “la raccolta delle eccedenze di produzione, agricole e dell’industria, specialmente
alimentare e la redistribuzione delle stesse ad Enti ed Associazioni che si occupano di
assistenza e di aiuto ai poveri ed agli emarginati” (dall’art. 2 dello Statuto). La nostra
Associazione è affiliata alla Fondazione Banco Alimentare Onlus di Milano e fa parte
di una rete di banchi a livello nazionale che conta attualmente ben 21 realtà regionali.
La Rete Banco Alimentare, dal 1989, ha come mission quella di “salvare” quotidianamente le eccedenze alimentari recuperando quei prodotti che per ragioni di
mercato non possono più essere venduti per ridistribuirli gratuitamente a strutture
caritative che offrono aiuto continuativo ai poveri in Italia.
I valori
Le parole Carità, Condivisione, Dono, Volontariato, Gratuità e Sussidiarietà sono i valori che ci guidano nella quotidianità del nostro lavoro: recuperare le eccedenze per condividerle con chi dona la propria esistenza per i
più poveri, restituire al cibo il valore di dono per la vita dell’uomo, un dono
che non può essere sprecato ma va condiviso con chi è in difficoltà e in condizioni di marginalità e bisogno. Il Banco Alimentare rappresenta il tramite affinché lo spreco della filiera agro-alimentare divenga ricchezza per i poveri.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
La nostra storia
• Nel 1996 si costituisce il Comitato Regionale della Toscana affiliato alla Fondazione
Banco Alimentare.
• Nel 1997, grazie all’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa”, si
inaugura il primo magazzino/sede in Via Corelli 6/r (Firenze).
• Nel 2002 il Comitato si trasforma in Associazione Banco Alimentare della Toscana
Onlus e si iscrive al Registro Regionale del Volontariato, mantenendo l’attività e
gli scopi originali.
• Nel 2004 lo storico magazzino di via Corelli è stato sostituito col nuovo magazzino/sede a Calenzano, più idoneo alle necessità logistiche, dettate dall’incremento
dell’attività, ed alle normative igienico-sanitarie vigenti.
• Il 4 agosto 2011 il Banco Alimentare della Toscana ha ottenuto il riconoscimento
della personalità giuridica da parte della Regione Toscana ed è stato iscritto al
registro regionale delle persone giuridiche private istituito ai sensi del Dpr del
10.02.2000 n. 361
L’attività
L’attività di recupero delle eccedenze e la redistribuzione gratuita a soggetti che
operano nel settore assistenziale rappresenta una risposta concreta al bisogno. Per
eccedenze si intendono quei prodotti che per ragioni diverse perdono valore commerciale, pur conservando valore nutrizionale, ed escono dai tradizionali canali di
vendita e sono destinati allo smaltimento, con gravi costi economici, danni sociali
e ambientali.
A titolo esemplificativo: i prodotti che non rispettano tutti gli standard qualitativi aziendali o con difetti estetici evidenti nella confezione, quali un’errata
grammatura o un errore nella stampa dell’etichetta; oppure prodotti soggetti a
stagionalità, cioè consumati quasi esclusivamente in un particolare e circoscritto
periodo dell’anno cessato il quale, il prodotto pur ancora commestibile, non viene
più commercializzato (es. le uova di Pasqua o i panettoni di Natale); oppure prodotti che subiscono cambio di immagine, il cui packaging, dopo un determinato
periodo d’uso, viene considerato dall’azienda produttrice come “superato” rispetto
alle nuove strategia di mercato; oppure ancora alimenti che hanno raggiunto la
prossimità della scadenza e devono essere ritirati dal circuito commerciale (per es.
gli scaffali del punto vendita) ma sono ancora in buone condizioni per un consumo
in tempi brevi.
Tutte le categorie dei prodotti sopra menzionati, di norma, sono destinati alla
distruzione come i rifiuti e il loro smaltimento genera gravi costi economici, danni
sociali e ambientali a carico non solo della filiera produttiva, ma dell’intera collettività. L’attività di recupero e successiva redistribuzione gratuita rappresenta il
passaggio da un circolo negativo (eccedenza=rifiuto → discarica → smaltimento)
ad un circolo virtuoso (eccedenza=risorsa → Banco Alimentare → strutture caritative → poveri).
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Presentazione
Fonti di approvvigionamento
• Industria agro-alimentare
• Grande Distribuzione Organizzata
• Unione Europea
• Giornata Nazionale della Colletta Alimentare
• Ristorazione collettiva // Siticibo
Fasi dell’attività
• Individuazione delle fonti di spreco
• Stoccaggio delle merci recuperate
• Distribuzione gratuita e quotidiana alle strutture caritative convenzionate
• Gestione del rapporto di collaborazione con le strutture caritative convenzionate
Giornata Nazionale della Colletta Alimentare: il Banco Alimentare della Toscana
si occupa ogni anno dell’organizzazione regionale, della gestione dell’evento, della
distribuzione degli alimenti raccolti.
Progetto Siticibo: recupero e immediata redistribuzione delle eccedenze di cibo
fresco, di cibo cotto e non servito nella ristorazione organizzata (mense aziendali,
refettori scolastici, etc.), di cibo fresco non venduto nei supermercati.
Benefici e vantaggi generati
• Sociale, in quanto a sostegno di persone socialmente “escluse” ed economicamente in difficoltà.
• Economico, perché consente sia agli enti caritativi riceventi di risparmiare le risorse economiche destinate all’acquisto dei beni da distribuire ai propri assistiti,
sia ai donatori della filiera agro-alimentare di risparmiare i costi di smaltimento
rifiuti e di beneficiare degli sgravi fiscali derivanti dalla donazione.
• Ecologico-ambientale, in quanto a sostegno della collettività che beneficia di
un decremento dei rifiuti stoccati nelle discariche o portati negli inceneritori,
rispondendo quindi pienamente alle normative europee, nazionali e regionali
che mettono al primo posto per importanza la “Prevenzione della Produzione
del rifiuto”.
• Educativo, perché l’opera del Banco Alimentare, diffondendo la cultura del rispetto della persona e del non spreco di alimenti che sono l’esito della fatica e
del lavoro di tanti uomini, promuove la condivisione del bisogno e del “destino”
di chi è meno fortunato.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
L’impegno nel 2012
• 576
Strutture Caritative convenzionate
• 101.341 Persone bisognose raggiunte
• 3.131.536Kg di prodotti distribuiti
• 30,9
Kg/procapite
Provenienza dei prodotti
• AGEA + ortofrutta Kg 1.760.859 (56,23 %)
• Colletta
Kg 701.229 (22.39 %)
• Industria
Kg 518.969 (16,57 %)
• GDO
Kg
83.143 (2,66 %)
• Siticibo scuole
Kg 13.877 (0,44 %)
• Siticibo aziende
Kg
6.837 (0,22 %)
• Siticibo GDO
Kg
46.622 (1,49 %)
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Presentazione
La Storia dell’Associazione Banco Alimentare della Toscana in cifre
Strutture caritative convenzionate
1996-2012
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Da 55 strutture caritative convenzionate nel 1996 a 576 nel 2012.
Persone indigenti raggiunte 1996-2012
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Da 5100 nel 1996 a 101.341 nel 2012.
L’azione dell’Associazione Banco Alimentare della Toscana muove dalla presa di
coscienza della problematica della povertà alimentare oggi in Italia e dalla convinzione che la lotta alla povertà si può vincere fornendo a ciascuno gli strumenti per
divenire libero e responsabile, sia nel dare aiuto, sia nel riceverlo.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
La nostra storia
Nel 1985 si costituisce a Firenze, presso l’Ospedale Meyer, la sezione Toscana della
Federazione Aic, che diventa il punto di incontro e di lavoro dei primi soci volontari.
In questi anni si costituisce anche il Comitato Scientifico Regionale, organo di cui
fanno parte medici di varie discipline e altre figure professionali che sono esperti
in celiachia e dermatite erpetiforme e operano principalmente nell’ambito del Ssn
presso le Aziende Usl di competenza.
L’ Associazione Italiana Celiachia Onlus Toscana viene riconosciuta organizzazione
di volontariato iscritta con Decreto del Presidente della giunta provinciale n. 49 del
4/11/1997 al n. 378 del registro regionale del volontariato - sezione provinciale di
Firenze. Gli organi dell’Associazione sono l’Assemblea degli associati, il Consiglio Direttivo, il Collegio dei Revisori dei Conti, se nominato, e il Collegio dei Probiviri. Tali
organi sono composti da persone che prestano la propria attività in forma volontaria,
a titolo gratuito e sono rinnovati ogni 3 anni.
Missione e valori di Aic Toscana
La mission di Aic Toscana è quella di permettere alla persona celiaca di vivere la
propria vita in modo normale, sereno e consapevole. L’Associazione intende quindi
migliorare la qualità della vita della persona celiaca (diagnosticata e non).
In particolare Aic intende:
a. Sensibilizzare le istituzioni politiche, amministrative e sanitarie, a livello locale,
nazionale ed europeo, per garantire i diritti dei celiaci e la loro piena applicazione.
b. Sensibilizzare, informare e formare la classe medica sulle possibilità diagnostiche
e terapeutiche per far emergere e garantire diagnosi corrette e il regolare follow
up (medico, nutrizionale e psicologico) secondo le linee guida esistenti allo scopo
di contribuire alla salute e al benessere della la persona celiaca e della persona
affetta da dermatite erpetiforme.
c. Promuovere e sostenere la ricerca scientifica in tutti i settori attinenti la celiachia e la dermatite erpetiforme (medicina, dieta, qualità della vita…) favorendo e
utilizzando sinergie nazionali e internazionali.
d. Avviare progetti e attività rivolti a rimuovere le difficoltà della vita quotidiana.
e. Offrire sostegno ed educazione delle persone celiache, delle persone affette
da dermatite erpetiforme e delle loro famiglie rispetto alla gestione della dieta
e all’esercizio dei propri diritti e doveri, con particolare attenzione alle nuove
generazioni.”
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Presentazione
Attività di accoglienza e assistenza
La Toscana svolge le sue attività sia attraverso la struttura regionale sia attraverso i
coordinamenti territoriali. L’Associazione è un punto di riferimento soprattutto per i
pazienti neo-diagnosticati che vengono seguiti ed accompagnati nei diversi passaggi
che fanno seguito alla diagnosi. Aic infatti si occupa di:
- educare il paziente e i familiari riguardo alla celiachia
- favorire l’aderenza alla dieta aglutinata, che sappiamo essere “per tutta la vita”
- aiutare nell’identificazione dei deficit nutrizionali o delle patologie associate
- indicare le certificazioni per esenzione dal ticket e per l’erogazione degli alimenti
senza glutine
- invitare allo screening dei familiari di primo grado
- suggerire follow-up nei centri di riferimento e nei presidi della rete con team
multidisciplinare.
La sede dell’Associazione è a Signa (Firenze), in via Boncompagno da Signa 22/c.
L’attività di accoglienza inizia proprio in questa sede dove, telefonicamente o di
persona, i soci possono ricevere le prime informazioni e utili consigli per una dieta
senza glutine. A livello locale invece questa attività viene svolta dai Coordinatori
provinciali o zonali che organizzano incontri aperti a tutti e sono disponibili telefonicamente, naturalmente in orari compatibili con la loro attività professionale, in
quanto si tratta di volontari. Sono loro che, conoscendo le singole realtà territoriali,
possono fornire un valido aiuto nelle situazioni più diverse: con la scuola, con la
farmacia, per l’esenzione degli esami, con la dieta o la ricetta del pane.
Progetti regionali
Per la scuola dell’infanzia e primaria “In fuga dal glutine”
Progetto che informa gli insegnanti sulla celiachia, tramite incontri, con l’aiuto di
esperti come medici e dietiste per una migliore comprensione delle problematiche
individuali e sociali della celiachia. Solo grazie alla conoscenza potranno essere attivate le attenzioni necessarie tese a migliorare la vita scolastica dell’alunno celiaco.
Progetto con le scuole medie”A lezione di celiachia”
L’incontro consiste in una lezione frontale tenuta da una dietista del nostro Comitato Scientifico che presenta ai ragazzi, di solito 4 o 5 classi tutte insieme, delle
slides sulla dieta senza glutine soffermandosi sulla corretta alimentazione, spaziando
su altri argomenti, come sull’attività fisica necessaria in questa fase della crescita. La
lezione si conclude in una merenda senza glutine per tutti, in modo da far conoscere
e condividere i prodotti che i compagni celiaci mangiano ogni giorno. La merenda fa
parte, in queste occasioni, di un vero e proprio format didattico.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Progetto Istituti Alberghieri “A scuola con la celiachia… per non farne una malattia”
Il progetto nasce da un lato dalle richieste di formazione sulla cucina senza glutine
che arrivano alla nostra associazione dal territorio, dall’altro dalla necessità ormai
pressante di formare i giovani studenti sulla cucina gluten-free per poter creare una
cultura del senza glutine nei futuri professionisti. La giornata standard prevede la
docenza da parte di un dietista Aic, del coordinatore zonale Aic e di uno chef del
team Afc Toscana. Ogni fase gli allievi saranno chiamati ad intervenire con idee e
domande, a manipolare farine s.g. e preparare un intero menù gluten-free.
Cosa è la Celiachia
La celiachia è una condizione caratterizzata da una permanente intolleranza al
glutine, una proteina presente nel frumento ed in altri cereali ad esso correlati (orzo,
segale, Kamut, farro, spelta e triticale). In presenza di una combinazione di fattori
genetici e ambientali, l’ingestione di alimenti contenti glutine determina una reazione
immunitaria a livello del piccolo intestino, dando origine ad un’infiammazione cronica con appiattimento dei villi intestinali e conseguente incapacità di assorbimento
di vari principi nutritivi, quali proteine, grassi, carboidrati, vitamine con eventuale
comparsa di sindrome da malassorbimento. La celiachia è una delle condizioni più
comuni su scala mondiale, infatti è ormai evidente che è molto più frequente di
quanto ritenuto in passato e la sua comparsa interessa tutte le età della vita.
La celiachia è una condizione multifattoriale legata a tre fattori principali: uno
intrinseco, rappresentato dai geni, uno estrinseco/ambientale, rappresentato dal
glutine il terzo, scatenante, ancora pressoché sconosciuto ma plausibilmente rappresentato da infezioni batteriche o virali, eventi stressanti o altro. In altre parole
si nasce con la predisposizione genetica alla celiachia (è una predisposizione “sana”
che interessa il 30/35% della popolazione) e si diventa celiaci, in una qualsiasi fase
della vita.
I sintomi possono essere vari e in alcuni casi anche assenti: nella forma classica o
tipica sono prevalentemente quelli intestinali della cosiddetta sindrome da malassorbimento più caratteristica del bambino: diarrea, dolori addominali, vomito, calo
ponderale e arresto della crescita, alterazioni dell’umore e carattere, «Crisi celiaca»;
nella forma atipica o subclinica i disturbi sono spesso subdoli e sfumati prevalentemente extraintestinali, più caratteristica dell’adulto: anemia da carenza di ferro,
osteoporosi, ipoplasia dello smalto dentario, dolori addominali ricorrenti, ritardo
puberale, aumento delle transaminasi, aftosi recidivanti, ecc. Nella forma asintomatica o silente i soggetti sono apparentemente asintomatici, infine la forma potenziale
è caratterizzata da una completa assenza di manifestazioni cliniche ma con il tempo
può sviluppare una celiachia tipica.
La celiachia può essere associata a altre malattie, ma non esiste una correlazione
diretta. Tuttavia alcuni studi hanno evidenziato che più tardiva è la diagnosi di celiachia, quindi più prolungata è l’esposizione al glutine, maggiore è il rischio di sviluppo
20
Presentazione
di alcune patologie, in particolare di quelle a genesi immunitaria. Le malattie associate alla celiachia vanno distinte dalle affezioni secondarie al malassorbimento che
regrediscono con la dieta senza glutine, mentre le prime richiedono un trattamento
specifico ed hanno un’evoluzione, solitamente, disgiunta dalla celiachia.
La persona affetta da celiachia presenta sintomi e segni della malattia solo se è
esposto al glutine, ossia tutte le alterazioni cliniche, sierologiche e istologiche regrediscono quando il glutine viene eliminato dalla dieta, tornando ad essere, quindi,
sano. Per questo motivo, pur essendo di fronte ad una patologia, si preferisce parlare
di “condizione” celiaca piuttosto che di “malattia” per sottolineare che il celiaco che
segue correttamente una dieta senza glutine, che attualmente è l’unica cura, è sano.
Infatti, a parte l’esclusione del glutine, l’alimentazione di una persona celiaca non
deve essere diversa da quella del resto della popolazione, per quello che riguarda i
suoi fabbisogni nutrizionali.
La dieta rigorosamente senza glutine è attualmente l’unica terapia efficace ed è
per tutta la vita. Con l’inizio della dieta senza glutine infatti l’intestino torna alla
normalità, le sostanze nutritive vengono assorbite, si riacquista il peso perduto, si
ripristinano le condizioni psicofisiche ottimali, si minimizza il rischio di complicanze
a lungo termine.
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Il Centro Sportivo Italiano (Csi) è un’associazione senza scopo di lucro, fondata
sul volontariato, che promuove lo sport come momento di educazione, di crescita,
di impegno e di aggregazione sociale, ispirandosi alla visione cristiana dell’uomo e
della storia nel servizio alle persone e al territorio. Tra le più antiche associazione di
promozione sportiva del nostro Paese, il Csi risponde ad una domanda di sport non
solo numerica ma qualificata sul piano culturale, umano e sociale.
Da sempre i giovani costituiscono il suo principale punto di riferimento, anche se
le attività sportive promosse sono rivolte ad ogni fascia di età.
Educare attraverso lo sport è la missione del Centro Sportivo Italiano. Questo è
ormai consolidato nella prassi e nella coscienza dell’associazione a tutti i livelli. Lo
sport inteso dal Csi può anche essere uno strumento di prevenzione verso alcune
particolari patologie sociali quali la solitudine, le paure, i timori, i dubbi, le devianze dei più giovani. Un’attività sportiva organizzata, continuativa, seria, promossa da
educatori, allenatori, arbitri, dirigenti consapevoli del proprio “mandato” educativo,
infatti, aiuta i giovani ad andare oltre, ad abbandonare gli egoismi e ad affrontare la
strada della condivisione, della sperimentazione del limite, della conoscenza di sé.
Proprio per questo, il Csi prevede un’articolazione della proposta sportiva nel rispetto delle età e dei bisogni di ciascun atleta, permettendogli in tal modo di scoprire il meglio di sé, di imparare a conoscere il proprio corpo, a valorizzarlo, a stimarlo.
Il Csi è un Ente di promozione sportiva diffuso su tutto il territorio nazionale
riconosciuto dal CONI.
È riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana come associazione di ispirazione cristiana.
È riconosciuto dal Ministero dell’Interno quale Ente nazionale con finalità assistenziali.
È iscritto al registro nazionale delle Associazione di Promozione Sociale, riconosciuto dal Ministero della Solidarietà sociale.
È riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione quale ente accreditato per
la formazione del personale della scuola. Con lo stesso Ministero ha stipulato un
Protocollo d’Intesa per l’organizzazione e la promozione di azioni di sensibilizzazione e di informazione rivolte a studenti, docenti e genitori sul valore della pratica
22
Presentazione
sportiva, nonché di percorsi di formazione, aggiornamento e occasioni di incontro
per docenti e genitori.
Ha un protocollo d’Intesa con il Ministero della Giustizia per la promozione di
attività di reinserimento e inclusione sociale destinate ai minori gravitanti nell’area
penale esterna.
Ha un protocollo d’Intesa con il Ministero della Salute per promuovere e facilitare
l’assunzione di abitudini salutari da parte della popolazione nell’ottica della prevenzione delle principali patologie croniche.
È ente accreditato in seconda classe dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile per
la gestione dei progetti di servizio civile volontario.
Fa parte della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (Cnal) Rappresenta
l’Italia in campo internazionale in seno alla Fédération Internationale Catholique
d’Education Physique et Sportive (Ficep), che attualmente riunisce le organizzazioni sportive cattoliche di Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia,
Olanda, Polonia, Repubblica Slovacca, Svizzera, oltre ad alcuni gruppi sportivi del
Madagascar e dell’ex-Jugoslavia.
Aderisce al Forum permanente del Terzo settore, al Forum nazionale dei Giovani e ha firmato convenzioni di collaborazione con l’Associazione Italiana Genitori,
con Telefono Azzurro, ecc.
Il comitato regionale del Csi della Toscana, è presente sul territorio da più di sessant’anni ed è un punto di riferimento per chi vuole fare sport in tutta la regione.
Opera attraverso i comitati territoriali, presenti in tutte le province e a Volterra.
Da sempre impegnato nella promozione dello sport a tutte le età, negli ultimi anni
ha sviluppato una rete di iniziative e di contatti con altre associazioni educative
presenti sul territorio al fine di poter svolgere un intervento più incisivo ed efficace
per raggiungere gli obiettivi specifici dell’associazione. In questo quadro si possono
individuare i progetti con la Regione Toscana all’interno delle azioni inerenti le politiche giovanili e sociali “Filigrane” e “Giovanisì”.
Il Csi Toscana fa parte di Toscana Impegno Comune, associazione di secondo livello che annovera al suo interno molte delle associazioni cattoliche più importanti
presenti sul territorio toscano.
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Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
di Melissa Zorzi
Ognuno di noi è stato esposto al tema dello spreco e delle eccedenze alimentari.
Periodicamente i mezzi di comunicazione ci mettono di fronte alla realtà dello
spreco alimentare accendendo i riflettori su numeri impressionanti e utilizzando la
potente immagine del “cibo nella spazzatura” che spesso, purtroppo, cattura la nostra
attenzione soltanto per un momento e poi ci lascia tornare alle nostre quotidiane
occupazioni. Effettivamente, i numeri che si possono trarre da diverse e attendibili
fonti suscitano indignazione, ma, isolati dalle ricerche che li hanno prodotti e dalla
vivace ed esistente riflessione sui temi della sicurezza alimentare e della sostenibilità
economica e sociale, rischiano di lasciare poco spazio alla nostra capacità di reagire
attivamente a questa problematica sociale.
Per questo motivo, questo testo, sulla scia di importanti e serie ricerche svolte
nell’ambito, non intende fermarsi al racconto e alla stigmatizzazione dello spreco,
ma intende aprire una finestra sulle possibilità di azione immediate e significative,
sia individuali, sia collettive, che esistono in Italia per trasformare le eccedenze
alimentari da spreco a risorsa.
Il primo passo: capire la differenza tra eccedenza alimentare e spreco
alimentare
Secondo l’indagine Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari
come opportunità (Garrone, Melacini, Perego 2012) realizzata da Fondazione per la
Sussidiarietà e Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia e Fondazione
Banco Alimentare Onlus, l’eccedenza alimentare corrisponde al cibo che, pur
rispettando gli standard qualitativi di sicurezza alimentare, non viene acquistato o
consumato dalle persone per cui è stato prodotto. Cibo sano e commestibile può
restare invenduto dalle aziende perché ne è stato prodotto in eccesso a causa di una
errata previsione della domanda, oppure può restare sugli scaffali dei supermercati
e non venire acquistato perché presenta difetti estetici nella confezione o perché la
data di scadenza è troppo ravvicinata, oppure ancora si può trattare di cibo cucinato
rimasto invenduto nei punti di ristorazione. Questi sono esempi di eccedenze
prodotte dalla filiera agro-alimentare, ma anche noi consumatori finali siamo grandi
generatori di eccedenze, quando acquistiamo senza prestare attenzione alla data di
scadenza, quando conserviamo male il cibo, quando acquistiamo di più del nostro
reale fabbisogno.
Per cogliere l’opportunità che si nasconde dietro la sfida delle eccedenze alimentari
è importante capire che non tutta l’eccedenza deve essere destinata a diventare
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
spreco. Lo spreco alimentare in ottica sociale, sempre per usare la definizione data
dalla ricerca sopra menzionata, è la parte di eccedenza che effettivamente diventa
rifiuto non essendo recuperata per il consumo umano. Non rientrano in questa
definizione di spreco alimentare gli scarti dei processi di lavorazione e preparazione
in quanto eccedenze non commestibili.
Le eccedenze alimentari si possono recuperare in diversi modi, mentre lo spreco
deve essere smaltito come rifiuto. Attualmente, purtroppo, gran parte dell’eccedenza
alimentare diventa spreco in ottica sociale, ossia non viene recuperata per il consumo
umano. Una maggiore consapevolezza dell’entità dello spreco e delle sue implicazioni
e una migliore conoscenza del processo di generazione delle eccedenze alimentari
sono le basi per affrontare il fenomeno in modo propositivo.
Lo spreco alimentare a livello globale: i costi ambientali ed economici, la questione
sociale
Ora che abbiamo un primo strumento per analizzare criticamente il fenomeno
dello spreco alimentare, vediamo da vicino i numeri che ci vengono offerti dalle
ricerche in materia. Uno studio promosso nel 2011 dalla Fao, la Food and Agricolture
Organization delle Nazioni Unite (Gustavsson, Cederberg, Sonesson 2011), calcola che
ogni anno nel mondo 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono perse o sprecate, una
misura equivalente a un terzo dei beni prodotti per il consumo umano.
Secondo una ricerca dell’Institution of Mechanical Engineers ogni anno il cibo
sprecato nel mondo sarebbe tra il 30 e il 50 % del cibo prodotto (Institution of
Mechanical Engineers 2013). Questi dati riguardano il mondo nel suo complesso e
non distinguono tra eccedenza e spreco ma qualificano tutto il cibo o le parti di cibo
che non vengono consumate come perdita o spreco. Tuttavia, questi studi ci aiutano
a fare chiarezza sulle caratteristiche e sulle implicazioni del fenomeno dello spreco
alimentare a livello globale.
In primo luogo, lo studio Fao ci ricorda che il problema dello spreco alimentare
è connesso alla drammatica questione della povertà alimentare, che nel mondo
riguarda 868 milioni di persone. All’incirca una persona ogni otto, ancora oggi,
rimane vittima della malnutrizione (Fao, Wfp and Ifad 2012). La maggior parte delle
persone sottonutrite, 852 milioni, si trova nei paesi poveri e in via di sviluppo, dove
la percentuale di persone sottonutrite rispetto alla popolazione è stimata al 14,9%.
Tuttavia, anche nei paesi industrializzati ci sono persone in condizioni di povertà
alimentare. 16 degli 868 milioni di persone malnutrite nel mondo si trovano ai margini
delle società dei paesi ricchi.
Su questo argomento, è di fondamentale importanza capire come le relazioni tra
spreco e povertà alimentare nei paesi poveri e nei paesi ricchi siano molto diverse. Nei
paesi poveri lo spreco avviene per la maggior parte a monte della filiera alimentare,
allo stadio di raccolta e trasformazione dei prodotti, a causa dei limiti nelle tecniche
di raccolta e dell’assenza di adeguate infrastrutture per la conservazione dei prodotti.
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Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
La perdita di cibo ai primi livelli della filiera riduce l’offerta di cibo disponibile e
produce un impatto sui prezzi, riducendo così le possibilità di accesso al cibo da parte
di persone già in condizioni di estrema povertà. Nei paesi ricchi invece lo spreco
avviene per la maggior parte negli stadi finali della filiera, a livello della vendita,
del consumo individuale e della ristorazione. Per citare un dato dello studio Fao, in
Europa e Nord America il cibo sprecato dai consumatori viene stimato a 95-115 kg
pro capite all’anno (Gustavsson, Cederberg, Sonesson 2011). Nel caso dei paesi ricchi
la relazione tra spreco e povertà alimentare richiama il paradosso dell’esistenza di
fasce di povertà ed esclusione sociale in società nelle quali c’è tale abbondanza da
consentire lo spreco di beni essenziali come il cibo.
Per vedere degli esempi specifici, esistono ricerche a livello europeo che calcolano
la quantità pro capite di cibo sprecato ogni anno. Dalla tabella in basso si può vedere
come in Europa il livello di spreco pro capite vari anche in modo significativo da
paese a paese, un’indicazione della molteplici cause che stanno dietro allo spreco
alimentare.
Paese
Media europea
Gran Bretagna
Francia
Spagna
Olanda
Grecia
Italia
Spreco alimentare pro capite
180 kg/anno
238 kg/anno
144 kg/anno
176 kg/anno
579 kg/anno
44 kg/anno
149 kg/anno
Tabella 1. Esempi di livelli di spreco alimentare pro capite in Europa. Dati tratti da un documento prodotto
dal Barilla Center for Food and Nutrition (Barilla Center for Food and Nutrition 2012) ed elaborati a partire
da dati Eurostat per l’anno 2010.
Uno spreco medio annuale a livello europeo di 180 kg pro capite significa che
ogni cittadino europeo ogni giorno in media lascia andare tra i rifiuti mezzo kg di
beni alimentari. Se, come abbiamo visto, la questione sociale posta dallo spreco
alimentare si differenzia a seconda della regione del mondo in cui ci troviamo,
l’impatto ambientale dello spreco, invece, non ha confini. Emissioni di gas effetto
serra, degrado del suolo, spreco di risorse idriche e consumo di energia sono
collegate al ciclo di vita degli alimenti che non raggiungeranno lo scopo per cui
sono stati prodotti. Ad esempio, nel mondo 550 miliardi di metri cubi d’acqua sono
sprecati per coltivazioni che non verranno mai consumate (Institution of Mechanical
Engineers 2013). Per gli Stati Uniti è stato stimato che le emissioni durante le fasi di
produzione, trasformazione, confezionamento, distribuzione e smaltimento del cibo
non consumato ammontano annualmente a circa 112,9 milioni di tonnellate di Co2
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
(Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Come è facile immaginare, lo spreco alimentare ha anche un costo economico.
Il costo di produrre dei beni che non verranno utilizzati, ma anche il costo di
smaltimento di beni alimentari che diventano rifiuti. Per gli Stati Uniti, l’impatto
economico totale dello spreco in base ai prezzi di mercato dei prodotti è stato
calcolato in 197,7 miliardi di dollari l’anno (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Per quanto riguarda i costi di smaltimento, sempre negli Stati Uniti è stato calcolato
che il costo per smaltire una tonnellata di rifiuti alimentari mediante inceneritore
è 69,4 dollari, mentre il costo per smaltire una tonnellata di rifiuti alimentari in
discarica è 35 dollari (Garrone, Melacini, Perego 2012). Se pensiamo che le tonnellate
di cibo sprecato prodotte negli Stati Uniti ogni anno sono 55, 4 milioni, possiamo
capire quanto sia pesante il costo per il loro smaltimento (Barilla Center for Food
and Nutrition 2012). Il costo è anche quello sostenuto dai consumatori per acquistare
beni che poi non consumeranno. Ad esempio, per gli Stati Uniti è stato calcolato che
lo spreco delle famiglie nell’acquistare beni che poi non consumeranno equivalga a
124,1 miliardi di dollari all’anno, ossia un costo medio di circa 1.600 dollari all’anno
per una famiglia di quattro persone (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Lo spreco alimentare, come abbiamo visto, è un problema a livello globale e
ha implicazioni preoccupanti su molti aspetti della nostra vita. Vediamo ora nello
specifico qual è la situazione in Italia.
Che cosa accade in Italia
Per descrivere la situazione in Italia facciamo affidamento sulla ricerca Dar da
mangiare agli affamati che, a differenza dei dati a livello globale ed europeo, distingue
tra cibo in eccedenza e cibo effettivamente sprecato perché non recuperato per il
consumo umano.
In Italia la quantità di eccedenza prodotta nell’intera filiera agro-alimentare è
pari a 6 milioni di tonnellate l’anno, che in valore economico corrispondono a 13
miliardi di euro. Rapportando la quantità di eccedenze totali prodotte al numero
di persone residenti in Italia, otteniamo 101 Kg di eccedenza alimentare pro capite.
Di questi 6 milioni di tonnellate, 5,5 diventano spreco, ben il 93% delle eccedenze,
un dato che rivela che solo una piccola parte dell’eccedenza viene recuperata per
la redistribuzione alle persone che si trovano in condizioni di povertà alimentare.
Per vedere il dato sotto un altro punto di vista, si può calcolare che il cibo sprecato
in Italia corrisponde al 16% del cibo prodotto (Garrone, Melacini, Perego 2012). Un
dato più basso rispetto ai dati medi globali visti precedentemente (30-50%) ma allo
stesso tempo pesante se consideriamo il problema della povertà alimentare in Italia
e i costi ambientali ed economici del fenomeno.
Secondo i dati Istat elaborati per il 2011, l’11,1% delle persone residenti in Italia si
trova a sperimentare almeno quattro delle nove condizioni che indicano una severa
deprivazione materiale, incluso non potersi permettere un pasto adeguato (con
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Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
proteine della carne, del pesce o un equivalente vegetariano) ogni due giorni, se lo
volessero (Istat 2012). L’Istat riporta poi che nel 2011 il 5,2% delle famiglie italiane,
3,4 milioni di individui, risultava in condizioni di povertà assoluta (Istat 2012). La
condizione di povertà assoluta implica che una famiglia si trovi al di sotto della
soglia di povertà assoluta, calcolata come la spesa necessaria per soddisfare bisogni
primari quali un’alimentazione adeguata, la disponibilità di un’abitazione la possibilità
di acquisire il minimo necessario per vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi sul
territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute (Grassi e Pannuzi 2009).
Per entrare nello specifico della povertà alimentare, uno studio del 2009 ha
elaborato una soglia di povertà alimentare relativa considerando come standard
di riferimento la spesa media pro-capite per consumi alimentari della popolazione
italiana riproporzionata regione per regione. Il risultato ottenuto è stato che, con
riferimento all’anno 2007, le famiglie di due componenti con una spesa per cibo
e bevande pari o inferiore a 222,29 euro al mese correvano il rischio di sacrificare
elementari necessità nutrizionali, per via di una dieta scarsa o squilibrata. Sotto tale
soglia per l’anno di riferimento si trovava il 4,4% delle famiglie residenti in Italia,
corrispondenti a 1 milione e 50mila famiglie e a circa 3 milioni di individui (Accolla,
Rovati 2009). Inoltre, l’ultima relazione dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura
(Agea), che coordina in Italia la distribuzione degli aiuti alimentari finanziati dalla
Commissione Europea, ha rilevato che le persone indigenti assistite in Italia nel
2012 sono state 3 milioni e 600mila, 900mila persone in più rispetto al 2010. Tra gli
indigenti alimentari assistiti sono presenti 380mila bambini di età compresa tra zero
e cinque anni e 500mila anziani (Agea 2012).
Per vedere alcuni dati che ci toccano da vicino, secondo il recente rapporto
sulla povertà, in Toscana più di 155mila persone sono in stato di reale povertà e
necessitano aiuto alimentare (Bennucci 2013). Da questi dati emerge come i 5,5 milioni
di tonnellate di eccedenze alimentari che diventano spreco ogni anno in Italia siano
una grossa occasione persa in ottica sociale. Inoltre, non vanno dimenticati anche
nel caso italiano i costi ambientali ed economici dello spreco.
Volendo considerare l’intero ciclo di vita degli alimenti sprecati, ossia le emissioni
di gas effetto serra prodotte, una misura detta Carbon Footprint, l’area totale di
ecosistemi terrestri e acquatici necessaria a fornire le risorse utilizzate, Ecological
Footprint, e le risorse idriche utilizzate, la Water Footprint, troviamo in letteratura
una stima dell’impatto globale dello spreco di prodotti ortofrutticoli e della carne
in Italia. La frutta e gli ortaggi gettati via nei punti vendita comportano il consumo
di 73 milioni di metri cubi d’acqua in un anno, l’utilizzo di risorse ambientali pari a
quasi 400 milioni di metri quadrati e l’emissione in atmosfera di 8 milioni di kg di
CO2. Gettando via 22mila tonnellate di carne, invece, vengono sprecati 127 milioni
di metri cubi d’acqua e vengono emesse nell’atmosfera 9,8 milioni di tonnellate di
Co2 (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Per quanto riguarda la valutazione dell’impatto economico degli sprechi alimentari,
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
in Italia una ricerca ha stimato un valore di 10 miliardi di euro all’anno per le perdite
che avvengono in agricoltura, 1,2 miliardi per gli sprechi industriali e 1,5 miliardi per
quelli concentrati nella fase di distribuzione, per un totale di circa 12,7 miliardi di euro
(Barilla Center for Food and Nutrition 2012). Viste le inaccettabili dinamiche collegate
all’eccedenza e allo spreco alimentare, viene da chiedersi come fare a combattere lo
spreco e a riorientare le eccedenze verso scopi produttivi. Per far questo dobbiamo
prima analizzare le modalità e le cause di generazione delle eccedenze.
Le eccedenze alimentari: come e perché vengono generate
Nella sezione sullo spreco a livello globale abbiamo accennato a come le eccedenze
nei paesi industrializzati vengano generate prevalentemente negli stadi finali della
filiera alimentare, a livello della vendita, del consumo individuale e della ristorazione.
Tuttavia, va notato che anche in questi paesi ci sono perdite di entità non trascurabile
anche nella fase agricola. Le cause certo non sono la carenza di tecniche avanzate
di coltivazione o la mancanza di infrastrutture per la conservazione e il trasporto
come nei paesi in via di sviluppo. Vediamo quindi nel dettaglio le principali cause di
generazione di eccedenze lungo tutte le fasi della filiera nel caso specifico dell’Italia.
La filiera agro-alimentare si può dividere in cinque stadi (Garrone, Melacini, Perego
2012):
· Settore primario - agricoltura, allevamento e pesca - produzione della materia
prima da vendere all’industria di trasformazione (ad esempio prodotti cerealicoli e
latte) o direttamente al consumatore (ad esempio prodotti ortofrutticoli e pesce
fresco);
· Stadio di trasformazione - aziende di trasformazione alimentare - trasformazione
delle materie prime in semilavorati o in prodotti finiti;
· Stadio di distribuzione - negozi, supermercati, mercati - per i supermercati include
i punti vendita e i centri distributivi, ossia i depositi che riforniscono i punti
vendita;
· Stadio di ristorazione - aziende di ristorazione commerciale o collettiva;
· Stadio di consumo - consumo domestico;
30
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
Riassumiamo ora in una tabella gli stadi della filiera e le corrispondenti principali
cause di produzione di eccedenze.
Stadio della
filiera
Principali cause di generazione di eccedenze alimentari
Settore
primario
• Non conformità del prodotto agli standard di mercato
• Sovrapproduzione
• Deterioramento del prodotto durante l’immagazzinamento
• Danneggiamento del prodotto
Stadio di
trasformazione
• Raggiungimento della data entro la quale un prodotto
deve essere venduto da un’impresa di trasformazione a
un distributore per consentire il tempo necessario per la
vendita al consumatore
• Non conformità del prodotto agli standard richiesti
• Non conformità della confezione del prodotto agli standard richiesti
• Rifiuto della merce da parte del cliente al momento della
consegna
• Restituzione ai centri distributivi per invenduto
Stadio di
distribuzione
• Raggiungimento della data entro la quale un prodotto
deve essere venduto al consumatore
• Non conformità della confezione del prodotto agli standard richiesti
• Non conformità del prodotto agli standard richiesti
• Rifiuto della merce inviata dai centri distributivi ai punti
vendita e restituzione per invenduto
Stadio di
ristorazione
• Mancato consumo
• Errata preparazione delle pietanze
• Ritardo nella consegna dei pasti
Stadio di
consumo
• Avanzi di cibo portato in tavola e non consumato
• Alimenti scaduti o andati a male
Tabella 2. Stadi della filiera e relative principali cause di produzione di eccedenze. Dati tratti dalla ricerca
Dar da mangiare agli affamati (Garrone, Melacini, Perego 2012).
Per fare alcuni interessanti esempi, la non conformità agli standard di mercato
31
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
può indicare il mancato rispetto degli standard qualitativi per il consumo umano
stabiliti dalla normativa, ma anche il mancato soddisfacimento di requisiti puramente
estetici. Una ricerca condotta in Gran Bretagna ha rivelato come un’azienda fornitrice
di carote per una catena di supermercati destini il 25-30% delle carote processate
a diventare mangime per animali perché le carote sono leggermente curvate, di un
colore non abbastanza brillante, ammaccate o spezzate, soltanto per rispettare gli
standard estetici imposti dalla catena di supermercati (Barilla Center for Food and
Nutrition 2012). Un esempio di raggiungimento della data entro la quale un prodotto
deve essere venduto dall’azienda di trasformazione a un’azienda di distribuzione si
può fare con la produzione di conserve e piatti pronti. Un produttore di piatti pronti
conservabili a temperatura ambiente realizza prodotti con un tempo valido per il
consumo di 18 mesi. Le aziende di distribuzione richiedono al produttore la vendita
di prodotti con almeno 12 mesi rimanenti di validità per il consumo. La data limite
interna del produttore è quindi 6 mesi, oltrepassata quella data, l’azienda non può
vendere prodotti che tuttavia avrebbero ancora un lungo tempo valido per il consumo.
La non conformità della confezione può riguardare la produzione di confezioni
speciali per vendite promozionali. Al termine della promozione, i prodotti con la
confezione speciale rimasti nelle scorte non vengono immessi sul mercato. Nei punti
vendita accade che venga raggiunta la data di scadenza del prodotto. Questo accade
anche per un comportamento tipico dei consumatori, che scelgono i prodotti con
la data di scadenza più lontana. Inoltre, quando il consumatore sposta i prodotti
all’interno del punto vendita, se tali prodotti non vengono identificati dal personale e
rimessi al loro posto, c’è il rischio che rimangano invenduti. Nei punti vendita, la non
conformità delle confezioni può essere dovuta a standard commerciali ma anche ai
danneggiamenti, provocati durante la movimentazione dei prodotti nei punti vendita,
ma anche dalle manipolazioni dei clienti. Il mancato consumo del cibo servito nei
punti di ristorazione si può articolare in diversi modi. Causano eccedenza l’errata
previsione del cibo da preparare e servire, particolarmente significativa nel servizio
a buffet, l’eccessiva dimensione delle porzioni e la scarsa diffusione di pratiche che
consentono ai clienti di portare a casa gli avanzi del proprio pasto (Garrone, Melacini,
Perego 2012; Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Per concludere, consideriamo il diverso peso dei diversi stadi della filiera agroalimentare nella produzione di eccedenze. Su un totale di 5 milioni 999mila e 800
tonnellate annue di eccedenze alimentari, 2 milioni 318mila e 200 tonnellate vengono
prodotte nel settore primario, 181mila e 400 tonnellate vengono prodotte allo
stadio di trasformazione, 776mila e 600 tonnellate vengono prodotte allo stadio di
distribuzione, 209mila 100 tonnellate vengono prodotte nella ristorazione e 2 milioni
513mila e 500 tonnellate vengono prodotte dai consumatori.
Vediamo in una tabella riassuntiva il diverso peso percentuale dei diversi stadi di
produzione e consumo.
32
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
Produzione di eccedenze
Stadio della filiera
Settore primario
Stadio di trasformazione
Stadio di distribuzione
Stadio di ristorazione
Stadio di consumo
Percentuale rispetto al totale
38,6%
3%
13%
3,5%
41,9%
Tabella 3. Peso percentuale dei diversi stadi di produzione e consumo sulla generazione delle eccedenze.
Dati tratti dalla ricerca Dar da mangiare agli affamati (Garrone, Melacini, Perego 2012).
Un dato rilevante è che la maggior parte dell’eccedenza viene generata dagli attori
economici, il 58,1% del totale, ma molta eccedenza viene prodotta dai consumatori,
il restante 41,9%. Da notare anche che l’eccedenza prodotta va rapportata al volume
di prodotti alimentari trattati in ciascuno stadio. Da questa analisi si può ricavare che
nel settore primario, i 2 milioni 318mila e 200 tonnellate di eccedenza corrispondono
al 2,9% dei volumi gestiti, per lo stadio di trasformazione l’eccedenza è lo 0,4% dei
volumi trattati, per lo stadio di distribuzione è il 2,5%, per la ristorazione il 6,3% e per
il consumo domestico l’8%. Questi dati ci raccontano qualcosa sull’efficienza degli
stadi della filiera, indicando che al livello della ristorazione e del consumo domestico
l’efficienza nella gestione dei prodotti è inferiore rispetto agli altri stadi.
Dalla descrizione delle principali cause di generazione delle eccedenze alimentari
nella filiera agro-alimentare italiana, possiamo intuitivamente trarre che molte
eccedenze potrebbero essere recuperate per il consumo umano. Vediamo nella
prossima sezione che cosa accade attualmente alle eccedenze prodotte in Italia e
come il percorso da eccedenza a spreco può essere evitato.
Il destino delle eccedenze in Italia: soltanto spreco?
In Italia attualmente 5,5 milioni di tonnellate di cibo divengono spreco ogni anno.
Poiché le eccedenze annualmente prodotte sono 6 milioni di tonnellate, lo spreco
in ottica sociale riguarda il 92,5% dell’eccedenza alimentare. Questo significa che
soltanto 500mila tonnellate annue vengono recuperate per il consumo umano, con
la distribuzione a enti caritativi e, attraverso questi, agli indigenti, o con l’immissione
in mercati secondari.
La percentuale di eccedenze che diventano spreco è quindi altissima, ma cosa
sarebbe possibile fare per migliorare questa situazione e quali eccedenze potrebbero
essere trasformate in risorsa? L’analisi fatta a livello di produzione di eccedenze si
può applicare anche allo spreco, suddividendo la generazione di sprechi nei diversi
stadi della filiera alimentare. Tuttavia, a questo punto occorre spiegare che non tutte
le eccedenze sono facilmente recuperabili e ci sono stadi della filiera alimentare
33
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
dove è più facile intervenire. La ricerca Dar da Mangiare agli affamati classifica le
eccedenze in base alla loro recuperabilità, ossia la semplicità con cui l’eccedenza
può essere recuperata ai fini dell’alimentazione umana. Identificare i diversi livelli
di recuperabilità delle eccedenze aiuta a vedere come le eccedenze si possano
trasformare in risorsa.
Nel settore primario i prodotti da considerare sono diversi. I prodotti ortofrutticoli
sono facilmente conservabili ma recuperarli implica uno sforzo aggiuntivo di gestione.
I produttori devono raccoglierli dai campi, confezionarli e immagazzinarli. I cereali
non sono deperibili ma devono essere trasformati e cucinati per essere destinati
al consumo umano. Carne e latte presentano difficoltà in quanto devono essere
conservati e trasportati con mezzi appositi e ridotti in porzioni piccole per essere
redistribuiti. Anche il pesce presenta simili difficoltà.
Nel caso dell’industria di trasformazione alimentare occorre distinguere tra
prodotti lavorati a temperatura ambiente (pasta, riso, conserve, olio e bevande),
prodotti freschi (salumi e frutti di mare confezionati, formaggi, yogurt, insalate
in busta) e prodotti surgelati. I prodotti lavorati a temperatura ambiente sono
facilmente conservabili, pronti all’uso e facilmente gestibili quindi nel complesso
facilmente recuperabili. I prodotti freschi e surgelati sono pronti all’uso ma hanno una
vita residua bassa e devono essere conservati e trasportati a temperature controllate.
I prodotti trattati dal settore della distribuzione sono facilmente recuperabili,
soprattutto per i prodotti gestiti dai depositi dei punti vendita. I prodotti sono
infatti già confezionati e pronti all’uso. Nei punti vendita il recupero è lievemente
complicato dal fatto che la vita residua dei prodotti è inferiore rispetto ai depositi.
Nella ristorazione collettiva, i piatti preparati ma non serviti al consumatore sono
pronti per essere recuperati ma, poiché devono essere consumati al massimo
entro 24 ore e conservati a temperature adeguate, richiedono uno certo sforzo
organizzativo. L’eccedenza della ristorazione commerciale invece presenta molte
difficoltà, sia perché le dosi prodotte sono inferiori, sia perché le capacità di adeguata
conservazione dei piatti in attesa di destinarli al recupero sono inferiori.
Infine, l’eccedenza generata dai consumatori è praticamente impossibile da
recuperare per essere destinata ad altre persone, come è facile immaginare.
Vediamo in una tabella riassuntiva quale peso percentuale i diversi stadi della
filiera alimentare hanno nella produzione dei 5 milioni e 500mila tonnellate di spreco
prodotti ogni anno in Italia. Mettiamo questi dati in relazione con i diversi livelli di
recuperabilità delle eccedenze.
Generazione di spreco
34
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
Stadio della filiera
Settore primario
Stadio di trasformazione
Stadio di distribuzione
Stadio di ristorazione
Stadio di consumo
Percentuale rispetto al totale
36,9%
1,4%
13%
3,4%
45,3%
Recuperabilità
Medio-bassa
Medio-alta
Medio-alta
Medio-bassa
bassa
Tabella 4. Peso percentuale dei diversi stadi di produzione e consumo sulla generazione di spreco alimentare e relativi livelli di recuperabilità delle eccedenze. Dati tratti dalla ricerca Dar da mangiare agli
affamati (Garrone, Melacini, Perego 2012).
I settori con una facilità di recupero più alta sono i settori dai quali partire per
recuperare l’eccedenza e sono quelli nei quali già avviene la maggior parte del
recupero. Al contrario, gli stadi nei quali lo spreco è maggiore sono anche quelli
con un basso livello di recuperabilità. Se analizziamo lo spreco in funzione della sua
recuperabilità vediamo che 83mila 900 tonnellate (l’1,5% dello spreco) è ad alto grado
di recuperabilità e oltre 2 milioni 700mila tonnellate (quasi il 50%) sono di media
recuperabilità, ossia sono recuperabili ma implicano uno sforzo di gestione da parte
degli attori della filiera. La differenza quindi va fatta recuperando i prodotti a media
recuperabilità. Vediamo ora nel dettaglio il rapporto tra potenzialità di recupero e
spreco nei diversi stadi della filiera.
Stadio della filiera
Recuperabilità
Settore primario
Stadio di trasformazione
Stadio di distribuzione
Stadio di ristorazione
Stadio di consumo
Medio-bassa
Medio-alta
Medio-alta
Medio-bassa
bassa
Percentuale di spreco
rispetto all’eccedenza
88,2%
44,7%
92,5%
90,8%
100%
Tabella 5. Percentuali di spreco rispetto all’eccedenza prodotta nei diversi stadi della filiera e relativi livelli
di recuperabilità. Dati tratti dalla ricerca Dar da mangiare agli affamati (Garrone, Melacini, Perego 2012).
Riassumendo, i settori nei quali la recuperabilità è alta e già qualcosa viene fatto
per recuperare le eccedenze sono lo stadio di trasformazione dei prodotti lavorati
a temperatura ambiente e il livello dei depositi che forniscono i punti vendita della
grande distribuzione. I settori nei quali la recuperabilità è media e non abbastanza
viene fatto per il recupero delle eccedenze sono il settore primario, in particolare
il settore ortofrutticolo, lo stadio di trasformazione di prodotti freschi e surgelati, i
punti vendita della grande distribuzione e la ristorazione collettiva. Inoltre, abbiamo
visto che lo spreco alimentare generato dagli attori economici è il 54,7% dello spreco
35
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
totale, mentre quello generato dai consumatori è il 45,3%. Di conseguenza la maggior
parte dello spreco è prodotta negli stadi produttivi della filiera, dove è anche più
facile intervenire per recuperare le eccedenze. Quindi, gli attori economici possono
agire, elaborando strategie per ridurre le eccedenze, da un lato, e gestirle in modo
socialmente utile, dall’altro. Anche le istituzioni, pubbliche possono giocare un
ruolo importante, promuovendo politiche che incentivino una gestione sostenibile
dell’eccedenza. Tuttavia, queste considerazioni non vogliono essere una scusa per i
consumatori finali per continuare a non preoccuparsi delle eccedenze e degli sprechi
da loro prodotti. Lo spreco deve essere ridotto anche dai consumatori finali, la via
da seguire in questo caso è adottare comportamenti di consumo sostenibili volti a
ridurre a monte l’eccedenza.
Le eccedenze che diventano risorsa: il recupero per il consumo umano
Abbiamo visto che in Italia il 92,5% dell’eccedenza alimentare diventa spreco in
ottica sociale, ossia non viene recuperata per il consumo umano, e che esistono
concrete possibilità di aumentare la quota di eccedenze che le aziende possono
destinare a scopi socialmente utili. Vediamo ora invece che cosa accade al restante
7,5% per mostrare l’attivismo del mondo del volontariato, e non solo, nel trasformare
le eccedenze in risorsa. In tutto il mondo esistono iniziative di recupero di alimenti
commestibili rimasti invenduti dai campi, dalle aziende di trasformazione, dai
supermercati e dai servizi di ristorazione per la loro redistribuzione agli indigenti. Una
seconda forma di recupero per il consumo umano consiste nella vendita dei prodotti
in mercati secondari, come ad esempio gli spacci aziendali. In Italia, il 6,4% delle
eccedenze viene recuperato per la distribuzione agli indigenti e l’1,1% viene venduto
in mercati secondari (Garrone, Melacini, Perego 2012). Le modalità per trasformare le
eccedenze in risorse per il consumo umano non mancano. Vediamone alcuni esempi
in Italia e nel mondo che ci trasmettono la passione, l’energia e la creatività che
stanno dietro alla volontà di agire contro lo spreco alimentare.
36
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
Food banks e assistenza agli indigenti
La redistribuzione di cibo agli indigenti avviene, in Italia e nel mondo, attraverso
enti caritativi, che hanno rapporti diretti con le persone da assistere, e attraverso
quelle che vengono definite food bank, enti non profit che recuperano alimenti
commestibili ma non più commercializzabili dalle aziende e dalla ristorazione e li
forniscono agli enti caritativi. In alcuni casi l’assistenza agli indigenti è organizzata
dagli enti pubblici. In Italia la maggiore realtà nell’ambito delle food bank è il Banco
Alimentare. La Fondazione Banco Alimentare è attiva in Italia dal 1989 e guida e
coordina 21 Associazioni Banco Alimentare diffuse su tutto il territorio nazionale. Il
Banco Alimentare raccoglie eccedenze alimentari da tutta la filiera agro-alimentare,
industria, ortofrutta, grande distribuzione organizzata e ristorazione collettiva, e
le redistribuisce agli enti che assistono indigenti ed emarginati. Nel 2012 la rete
Banco Alimentare ha sostenuto 8.818 strutture caritative distribuendo 61mila 552
tonnellate di eccedenze alimentari recuperate e 10mila 235 tonnellate di prodotti
raccolti attraverso la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare e altre donazioni.
Attraverso le strutture caritative convenzionate, la rete ha raggiunto 1 milione e
800mila persone indigenti (Banco Alimentare 2012). In Toscana l’Associazione Banco
Alimentare è attiva dal 1996 e da allora si occupa di individuare le fonti di spreco sul
territorio regionale, immagazzinare gli alimenti recuperati e distribuirli gratuitamente
e quotidianamente alle strutture caritative convenzionate. Attualmente l’Associazione
Banco Alimentare della Toscana fornisce beni alimentari a 576 strutture caritative
presenti su tutto il territorio regionale, raggiungendo così 101mila 341 persone in
condizione di bisogno. Nel 2012 l’Associazione Banco Alimentare della Toscana ha
recuperato 3 milioni 131mila 536 kg di eccedenze alimentari. Tra gli alimenti recuperati
ci sono anche pasti pronti non serviti dalle mense aziendali del territorio e frutta,
pane e dessert recuperati dalle mense scolastiche. Nel 2012, 28 mila 818 porzioni di
cibo in esubero sono state recuperate dalle mense aziendali e scolastiche in Toscana.
Il recupero di cibo dalla ristorazione collettiva è stato reso possibile in Italia proprio
dal Banco Alimentare che nel 2003 si è impegnato per far approvare nel nostro
paese una legge che consentisse alle organizzazioni che si occupano di assistenza agli
indigenti di ritirare cibo in esubero dalle mense e ha così potuto lanciare il progetto
Siticibo. Prima di quella data infatti, era illegale in Italia recuperare cibo invenduto
dal mondo della ristorazione.
In tutta Italia esistono esempi di food banks anche non appartenenti alla Rete Banco
Alimentare. Per fare un esempio, a Torino, il progetto Buon samaritano, promosso
dal Comune di Torino dal 2005 organizza la raccolta di prodotti alimentari non
utilizzati dalle mense scolastiche a favore di enti assistenziali. Il servizio, realizzato
in collaborazione con le ditte di ristorazione un ipermercato, provvede a rifornire
alcune mense che assistono i bisognosi (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Le banche alimentari italiane ricevono beni alimentari anche attraverso il
“Programma europeo di aiuti alimentari agli indigenti” finanziato dalla Commissione
37
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Europea nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria. Dal 1897 il programma
finanzia la distribuzione di prodotti alimentari destinati alla popolazione indigente
per ridurre il livello di insicurezza alimentare nei paesi europei. In Italia il programma
è applicato dall’ Agenzia per le erogazioni in Agricoltura (Agea), la quale conferisce gli
alimenti a sette organizzazioni caritative formalmente riconosciute e accreditate. Gli
alimenti forniti sono beni primari, come olio e pasta, in grosse quantità. A partire da
gennaio 2014 questo programma non sarà più attivo e le banche alimentari italiane non
potranno più fare affidamento su questi prodotti. Questa nuova situazione rappresenta
una sfida ma anche un’opportunità per potenziare i rapporti delle food banks con
le aziende alimentari per sopperire al venir meno degli aiuti alimentari comunitari.
Le food bank sono nate negli Stati Uniti a metà degli anni Sessanta e la loro
diffusione si può dire globale. A New York è attiva l’associazione City Harvest che dal
1982 raccoglie alimenti dalla ristorazione e li distribuisce a una rete di 600 programmi
di aiuti alimentari a New York. Proprio City Harvest è la realtà ispiratrice del progetto
Siticibo del Banco Alimentare. Feeding America, promossa dal governo statunitense
nel 1971, è la principale organizzazione nazionale contro la fame negli Stati Uniti:
ogni anno distribuisce 1,3 milioni di tonnellate di cibo e prodotti alimentari a oltre
37 milioni di americani con un reddito basso. Gli aiuti alimentari di Feeding America
provengono da 200 banche alimentari sparse in tutto il paese (Barilla Center for
Food and Nutrition 2012). In Europa, i primi banchi alimentari sono stati organizzati
in Francia e Belgio nel 1984. Nel 1986 è stata creata la Federazione Europea dei Banchi
Alimentari. La Federazione ha sostenuto la nascita dei banchi creati negli anni a seguire,
tra i quali il Banco Alimentare in Italia nel 1989. Attualmente la Federazione coordina i
banchi alimentari di 21 paesi europei (Fondazione Europea dei banchi Alimentari 2013
www.eurofoodbank.eu). In Gran Bretagna, l’associazione caritativa FareShare
fornisce cibo di qualità proveniente dalle eccedenze dell’industria alimentare alle
organizzazioni che assistono persone svantaggiate. La consegna dei prodotti ai depositi
FareShare viene inserita all’interno dei vari passaggi della catena di distribuzione
dei prodotti e avviene prima della spedizione al punto di vendita al dettaglio o
direttamente presso i singoli punti vendita. Esistono esperienze di banche alimentari
anche al di fuori dell’Europa o degli Stati uniti. In Brasile, ad esempio, operano 67 unità
di banche alimentari sostenute dal governo che distribuiscono ogni anno circa 39mila
tonnellate di cibo nelle 66 contee in cui operano (Barilla Center for Food and Nutrition
2012). Gli enti caritativi che in Italia si relazionano direttamente con le famiglie e le
persone indigenti ricevono beni alimentari dalle banche alimentari o direttamente
dagli attori economici della filiera alimentare. L’aiuto alimentare viene organizzato
attraverso la distribuzione di pacchi alimentari, mense e strutture residenziali.
Le mense più diffuse sono le mense Caritas, 449 in tutta Italia. Nel complesso, in
Italia sono attive 7 organizzazioni nazionali, 249 regionali e 15mila organizzazioni
locali che distribuiscono pasti a 2 milioni e 300 mila persone (Galasso 2013).
A Milano, la Società del Pane Quotidiano si rivolge alla popolazione che vive
38
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
in condizioni di povertà e offre beni di prima necessità come pane, latte, yogurt,
frutta, verdura, biscotti e pasta, donati direttamente dall’industria alimentare. Il
numero degli assistiti giornalieri è passato dagli 80-100 nel 1970 ai 3 mila nel 2010.
In Gran Bretagna, l’associazione Food Cycle organizza gruppi di volontari per
raccogliere le eccedenze alimentari prodotte localmente e preparare pasti in
apposite cucine inutilizzate. Attiva in 5 centri di raccolta a Londra e in 9 di altre
città della Gran Bretagna, l’organizzazione offre pasti alle persone bisognose della
comunità. Sta inoltre sviluppando cucine di comunità, dove vengono serviti pasti
abbondanti a prezzi accessibili.
Il progetto “Rock and Wrap It Up!” negli Stati Uniti è un programma nazionale di
lotta alla povertà che recupera pietanze ancora intatte al termine di eventi pubblici
o privati (come concerti musicali, gare sportive, attività scolastiche, riunioni aziendali
o spettacoli televisivi) e le ridistribuisce a banche alimentari ed enti di beneficenza.
A partire dalla sua fondazione, l’organizzazione ha raccolto più di 113mila tonnellate
di prodotti alimentari collaborando con 60 associazioni sportive, 150 bande musicali
e 200 scuole e università (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Incontro tra domanda e offerta di eccedenze alimentari
Last Minute Market (Lmm) è una società spin-off dell’Università di Bologna
che, nata nel 1998 come attività di ricerca, dal 2003 è diventata diventa una realtà
imprenditoriale e opera su tutto il territorio nazionale sviluppando progetti
territoriali volti al recupero dei beni invenduti (o non commercializzabili) a favore di
enti caritativi. La particolarità di Last minute Market è che non gestisce direttamente
i prodotti invenduti, né ha magazzini o mezzi propri per il ritiro: l’organizzazione
favorisce l’incontro diretto tra la domanda e l’offerta, occupandosi di garantire il
rispetto dei requisiti nutrizionali, igienico-sanitari, logistici e fiscali.
Le attività di Lmm legate allo spreco alimentare sono indirizzate al recupero
di prodotti alimentari, eccedenze di attività commerciali e produttive, prodotti
ortofrutticoli non raccolti e rimasti nei campi e pasti pronti recuperati dalla
ristorazione collettiva. Nel corso degli anni il modello è stato esteso anche ad altre
tipologie di beni e di attività commerciali (farmaci da banco prossimi alla scadenza,
libri destinati al macero, altri beni non alimentari). Lmm conta oltre 40 progetti attivati
in Comuni, Province e Regioni italiane (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Campagne di sensibilizzazione e iniziative per la riduzione dello spreco alimentare
e la gestione sostenibile dei beni alimentari
Il Waste & Resources Action Programme (Wrap) è una società no-profit che
opera in Gran Bretagna e, tra le altre iniziative, punta, entro il 2015, a risparmiare
3,2 milioni di tonnellate all’anno di emissioni di CO2, legate allo spreco di alimenti
e bevande. Per raggiungere questo obiettivo, il Wrap lavora in collaborazione con
produttori e distributori, offre suggerimenti agli individui su come ridurre i rifiuti
39
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
alimentari, promuove azioni di riduzione degli sprechi alimentari presso i settori
alberghiero, turistico e della pubblica amministrazione e coopera con le aziende di
imballaggi per ottimizzare la funzionalità delle confezioni dei prodotti. L’Agenzia
per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti d’America (Epa) ha lanciato la “Food
Recovery Challenge”, che sfida i partecipanti a ridurre i propri rifiuti alimentari. Le
aziende che aderiscono al programma devono condurre una valutazione dei rifiuti
alimentari generati e stabilire un obiettivo triennale per ridurre la quantità di rifiuti
alimentari destinati alla discarica.
Il Massachusetts Department of Environmental Protection e la Massachusetts Food
Association hanno istituito un programma su base volontaria di certificazione del
riciclaggio realizzato dai supermercati. Oggi, gli 87 supermercati del Massachusetts
che hanno aderito all’iniziativa possono ottenere una certificazione annuale
dimostrando di avere un programma di riciclo completo e di riutilizzo attivo. I
programmi di riciclaggio e riutilizzo includono donazioni di cibo ai bisognosi a livello
locale e la destinazione di scarti alimentari, carta, cartone, piante e scatole di legno
al compostaggio. Ai supermercati partecipanti viene anche fornita assistenza tecnica
per sviluppare i loro programmi. Nell’agosto del 2005, in Massachusetts si è ottenuto
un tasso di riciclo del 60-75% degli scarti alimentari e di altri prodotti organici. In
media, i supermercati che partecipano al programma hanno risparmiato più di 4.400
dollari all’anno per l’immagazzinamento, hanno riciclato il 65,9% del flusso totale dei
rifiuti dei supermercati e hanno risparmiato 700mila dollari nei costi di smaltimento.
Nel marzo 2012 in Germania il Ministero Federale dell’Alimentazione,
dell’Agricoltura e della Protezione dei Consumatori ha lanciato un’ampia campagna
di informazione dei consumatori, Troppo buono per il bidone! per fornire ai cittadini
informazioni utili e consigli pratici sulla gestione degli alimenti, da come fare la spesa
alla corretta conservazione del cibo.
L’Ong danese Stop Wasting Food cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema
dello spreco alimentare e sulla sua riduzione, realizzando campagne nelle scuole e
conferenze pubbliche e rivolgendosi ai mezzi di informazione. In collaborazione con
noti chef danesi, il movimento ha anche realizzato una serie di ricettari, i Leftovers
Cookbook, che spiegano come riutilizzare gli avanzi dei pasti per cucinare nuovi piatti.
Un esempio di campagna specifica per le scuole è il programma “Manger autrement
dans les collèges”, promosso nel 2006 nelle scuole medie di numerose regioni
francesi. Il progetto ha permesso di sensibilizzare gli studenti sulle quantità di cibo
sprecato nelle mense delle scuole e di adottare una dieta equilibrata, apprezzando
il legame tra agricoltura, alimentazione, ambiente e salute (Barilla Center for Food
and Nutrition 2012).
In Italia, Last Minute Market ha lanciato la Dichiarazione Congiunta contro lo
Spreco Alimentare, presentata al Parlamento Europeo a Bruxelles, nella quale sono
specificati gli obiettivi da raggiungere entro il 2025 per ridurre lo spreco del 50%.
Finora 231 Comuni e due Regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia) hanno aderito
40
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
alla carta sostenendo le iniziative locali, le vendite scontate nei supermercati dei
prodotti in scadenza e in generale intervenendo sulle perdite alimentari durante la
loro produzione. Tra gli obiettivi anche la distinzione nelle etichette tra scadenza
commerciale, la data entro la quale quella confezione va venduta, e la scadenza di
consumo. Inoltre, una cinquantina di supermercati ha dato vita a una rete che destina
gli alimenti scartati alle associazioni umanitarie (Eduati 2013).
Da non dimenticare la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare organizzata
ogni anno dal Banco Alimentare in tutta Italia l’ultimo sabato di novembre. La
giornata della colletta alimentare coinvolge e sensibilizza la società civile italiana al
problema della povertà alimentare attraverso un gesto concreto di condivisione, fare
la spesa per chi ha bisogno. Durante l’edizione 2012 135mila volontari hanno donato
parte del loro tempo per organizzare l’evento, 5 milioni di italiani hanno acquistato
cibo per chi non può farlo, 10mila 700 punti vendita sono stati coinvolti e 9mila 622
tonnellate di alimenti sono state raccolte.
Iniziative delle catene della grande distribuzione organizzata
Anche alcune delle principali catene di distribuzione hanno lanciato iniziative di
vario genere per contenere gli sprechi alimentari. Il Gruppo Coop ad esempio ha
promosso l’iniziativa “Buon Fine” o “Brutti ma buoni”, un progetto per il recupero a
fini sociali di prodotti alimentari invenduti per difetti nella confezione o perché vicini
alla scadenza e donati ad associazioni non profit ed enti caritativi che si occupano
di persone indigenti. Dal 2007, al recupero di generi alimentari industriali e non
alimentari si è affiancato quello di prodotti freschi da destinare alle mense per persone
bisognose. A livello nazionale, nel 2010, “Buon Fine” ha coinvolto 471 punti vendita
e 1.009 organizzazioni non profit e ha sottratto dallo smaltimento e ridistribuito
più di 2.990 tonnellate di cibo. Anche Esselunga ha sottoscritto un accordo con la
Fondazione Banco Alimentare per il ritiro di eccedenze alimentari e non: nel 2009,
sono stati recuperati prodotti alimentari per un valore di 1 milione di euro. Inoltre,
sempre nel 2009, Esselunga ha introdotto speciali vaschette in polipropilene per
il confezionamento della frutta e verdura in vendita, che permettono di ridurre
la consistenza dell’imballaggio pur mantenendo la qualità nella conservazione del
prodotto. Il riciclo e la trasformazione delle vaschette in nuovi imballaggi consente
poi di ridurre l’immissione di plastica nell’ambiente.
In Gran Bretagna, la catena distributiva Morrison ha introdotto gli adesivi “Best
Kept” sui prodotti freschi per indicare ai clienti il modo migliore di conservare più
a lungo gli alimenti a casa. Dalla seconda metà del 2009, le catene Sainsbury’s e
Tesco hanno introdotto le campagne “Buy one, get one later” per ridurre gli sprechi
alimentari legati alle promozioni “prendi due paghi uno”. Da un recente rapporto
del governo britannico risulta infatti che le promozioni 2x1 sono tra le cause che
inducono i consumatori a comprare più cibo del loro reale fabbisogno. Attraverso
l’iniziativa del supermercato i clienti possono acquistare e ritirare il secondo prodotto
41
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
della promozione successivamente al primo prodotto acquistato.
Nel 2010 in Francia è stata costituita l’Associazione Nazionale di Sviluppo dei
Negozi Solidali. I negozi si riforniscono con prodotti di qualità grazie ad accordi a
livello nazionale e locale con i produttori. Attraverso una filiera “corta”, ossi grazie
all’approvvigionamento direttamente presso i produttori, i negozi solidali offrono
prodotti di qualità a prezzi accessibili alle famiglie con un reddito basso. L’ampia
offerta promuove anche il senso di autonomia e l’adozione di una dieta bilanciata.
Infatti, i risultati in termini di impatto sulle abitudini alimentari sono incoraggianti:
si è riscontrato un incremento del 50% del consumo di frutta e del 30% di verdura
nella fascia della popolazione francese che si rivolge a questi negozi (Barilla Center
for Food and Nutrition 2012).
Come può contribuire il consumatore finale alla lotta allo spreco?
Come abbiamo visto nella parte iniziale di questo testo, il consumatore finale è un
grande produttore di spreco alimentare. I consumatori finali producono il 41,9% di
tutta l’eccedenza alimentare generata in Italia e il 45,3% dello spreco, che corrisponde
a 2 milioni 500mila tonnellate annue. Ogni anno, ogni consumatore acquista e poi non
utilizza 42 kg di alimenti, che equivalgono a circa 117 euro (BA. MILL. 2013). Da notare
anche che, a differenza degli altri attori della filiera alimentare, tutta l’eccedenza
prodotta dal consumatore diventa spreco, il 100%, come evidenziato nella tabella 5.
La strada da seguire per il consumatore quindi è ridurre l’eccedenza e, di
conseguenza, lo spreco. I consumatori producono eccedenza e spreco producendo
avanzi di cibo portato in tavola e non consumato e portando a scadenza o facendo
andare a male gli alimenti acquistati.
Il meccanismo di produzione di avanzi è piuttosto intuitivo, mentre si possono
indagare un po’ più a fondo le ragioni che ci spingono ad acquistare beni per poi
farli andare a male, con conseguente spreco di cibo e denaro e produzione di rifiuti.
A volte si tratta di scarsa pianificazione degli acquisti, che induce ad acquistare
quantità eccessive, anche per sfruttare offerte promozionali. In altri casi si tratta
di poca attenzione alle indicazioni per la conservazione riportate sulle etichette o
dell’impiego di metodi e materiali inadeguati a una corretta conservazione del cibo.
Influiscono anche una limitata conoscenza dei metodi per consumare in modo più
efficiente e la scarsa consapevolezza dell’entità degli sprechi prodotti e del loro
impatto economico e ambientale.
Iniziamo da questo ultimo punto. Secondo Waste Watcher, l’osservatorio
internazionale dell’Università di Bologna, il 25% della spesa per alimenti finisce
nella spazzatura di casa e ogni anno in Italia si buttano 76 Kg di cibo a testa.
Oltre a questi dati, è molto interessante trarre da questo sondaggio effettuato su
2mila cittadini italiani le ragioni percepite dello spreco domestico. Il 20% degli
intervistati dice per consumismo, il 18% per carenza culturale ed educativa, il 16%
per eccessivo benessere, l’11% per superficialità e pigrizia, l’11% per incapacità di
42
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
gestire il bilancio familiare e il 13% per condizionamento del mercato, tempi
frenetici, scadenze ravvicinate. Il sondaggio ci mostra anche che i consumatori
si rendono solo parzialmente conto della gravità del problema dello spreco
alimentare e dei suoi impatti. Il problema dello spreco alimentare è considerato
“molto grave” dal 54% delle donne, dal 57% dei responsabili degli acquisti, dal 58%
di chi si occupa di gestire la spesa in frigo e in dispensa, dal 59% dei 35-44enni,
dal 62% di chi vive in un nucleo familiare numeroso (6 o più) (Rubino 2013).
Eppure, la crisi economica ha iniziato a farci percepire meglio la gravità del
problema dello spreco alimentare e ci spinge a prendere provvedimenti. Secondo
un’indagine svolta a ottobre 2011 da Coldiretti e Swg, gli italiani hanno ridotto del
57% lo spreco alimentare per effetto della crisi economica. Tra le azioni messe in
pratica al primo posto c’è fare la spesa in modo più oculato, seguito da: riduzione
delle quantità acquistate, utilizzo degli avanzi nei pasti, fare attenzione alle date di
scadenza (Rubino 2013).
Visti i dati recenti sullo spreco, questa riduzione indotta dalla crisi non può che
essere soltanto un inizio sulla strada per il consumo consapevole e sostenibile. In
fondo, la riduzione dello spreco passa attraverso semplici azioni quotidiane, che
non implicano grossi sacrifici ma un uso più sano e ragionato del cibo. Vediamo nella
prossima sezione alcuni suggerimenti.
Agire tra le nostre mura domestiche: buone pratiche e suggerimenti per ridurre
gli sprechi
Se le due principali fonti di spreco in casa sono gli avanzi e il cibo scaduto o andato
a male, vediamo alcune contromisure che possiamo prendere.
Come comportarsi di fronte agli avanzi
Per non far finire gli avanzi nella spazzatura si possono conservare per consumarli
in occasioni successive o riutilizzarli per preparare altri piatti. In questo secondo
ambito, sul web si possono trovare molti siti che suggeriscono ricette creative a
partire dagli avanzi. Ad esempio, sul sito australiano Food Wise si può inserire il nome
di un alimento che altrimenti finirebbe nell’immondizia e ottenere diverse ricette
per cucinarlo. Anche il sito www.lovefoodhatewaste.com offre ricette pratiche sul
riutilizzo degli avanzi. Non solo, la signora Lynn Ubell, da New York, posta su internet
video nei quali insegna ottime ricette con cibo scartato (Eduati 2013).
Un altro modo efficacissimo per evitare gli avanzi è portare in tavola soltanto la
quantità di cibo necessaria. Preparare le giuste porzioni riduce gli sprechi e fa bene
alla salute. Anche la sovralimentazione è una forma di spreco alimentare, il consumo
alimentare superiore al fabbisogno calorico raccomandato induce inoltre sovrappeso
e obesità, con i correlati problemi per la salute.
Infine, gli avanzi possono essere recuperati anche per usi alternativi, come ad
esempio il compostaggio per il nostro giardino.
43
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Evitare che il cibo acquistato scada o vada a male
I suggerimenti principali in questo caso sono: pianificare gli acquisti e il consumo
degli alimenti presenti in frigo e in dispensa secondo la loro data di scadenza. Aiuta
anche evitare gli acquisti impulsivi e di grandi quantità di alimenti in promozione.
Acquistare confezioni piccole e prodotti sfusi e congelare quello che non si consumerà
a breve sono altre due utili strategie. Sempre il sito www.lovefoodhatewaste.com
offre consigli su come conservare le pietanze in frigorifero, nel congelatore o
nella dispensa. Inoltre, il sito della campagna Think Eat Save www.thinkeatsave.org
promossa dalla Fao offre consigli a tutto tondo sulla conservazione degli alimenti,
la pianificazione degli acquisti e la preparazione e il consumo di cibo.
Agire e fuori da casa
Al ristorante
Anche quando usciamo ci sono comportamenti virtuosi che possiamo adottare
per ridurre lo spreco di cibo. In Italia è poco diffusa la pratica, regolarmente attuata
invece negli Stati Uniti, di portare a casa gli avanzi del proprio pasto al ristorante.
Tuttavia, iniziative della ristorazione per il recupero degli avanzi di cibo e vino lasciati
dalla clientela si stanno diffondendo anche in Italia.
Il progetto “Il buono che avanza”, lanciato dall’associazione di volontariato Cena
dell’amicizia Onlus in collaborazione con altri partner, interessa 45 ristoranti a Milano
e Provincia e 19 nel resto d’Italia che offrono ai clienti la possibilità di portare a casa
in un apposito sacchetto gli avanzi del pasto e la bottiglia di vino non terminata.
Simile per finalità è l’iniziativa “Buta stupa”, nata in Piemonte nel 2000 e adottata da
un centinaio di locali nei quali le bottiglie non finite sono consegnate al cliente. Nel
2011 anche l’Associazione Italiana Sommeliers ha lanciato la campagna “Portami via”
che consente ai clienti di portare via quel che resta del vino che hanno ordinato e
non finito di consumare (Barilla Center for Food and Nutrition 2012).
Facendo la spesa
Sempre secondo la recente indagine di Coldiretti e Swg menzionata
precedentemente, tra i 33 milioni di italiani che con la crisi hanno ridotto lo spreco,
il 59% lo ha fatto utilizzando gli avanzi per i pasti successivi, il 40% riducendo le dosi
acquistate e il 38% guardando con più attenzione alla data di scadenza (Coldiretti
2013). Questi ultimi, come abbiamo visto, sono due ottimi e semplici modi di
ridurre lo spreco. Ma non è tutto. Sono ormai pratiche diffuse in Italia i mercati dei
produttori, soprattutto per i beni prodotti dal settore primario. L’acquisto diretto
dal produttore consente di ridurre gli sprechi perché alcuni prodotti, come quelli
ortofrutticoli, passando direttamente dal campo alla tavola sono più freschi e durano
anche una settimana in più Coldiretti 2013). Per fare un esempio ben conosciuto,
Coldiretti ha promosso il progetto “Campagna Amica”, una rete di 7.000 punti di
44
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
vendita diretta di prodotti agricoli che mette a contatto produttori e consumatori.
La rete include: mercati, fattorie, agriturismi, botteghe, ristoranti, orti urbani e gruppi
di acquisto e di offerta (Campagna Amica 2013). A livello locale esistono moltissime
iniziative simili in tutta Italia. I mercati dei produttori incentivano anche l’acquisto
dei prodotti secondo le naturali stagioni di produzione, un’altra importante forma
di acquisto consapevole da parte dei consumatori.
Comportarsi in modo virtuoso nel fare la spesa può consistere anche nel non fare la
spesa, per lo meno non nel senso tradizionale del termine. In Germania, ad esempio,
si è diffusa la pratica del Food Sharing, ossia lo scambio tra famiglie del quartiere
di alimenti freschi o cucinati in esubero. Da quando l’iniziativa si è diffusa esiste un
sito, www.foodsharing.de, sul quale le famiglie possono offrire i loro alimenti in
eccesso e vedere le offerte degli altri per effettuare gli scambi. Il progetto coinvolge
anche aziende alimentari, produttori, esercizi commerciali, società di ristorazione e
associazioni (Romanelli 2013). In Italia per il momento esiste una prima piattaforma di
food sharing in Sicilia, I Food Share, per favorire l’incontro tra associazioni, parrocchie,
aziende e cittadini e recuperare e redistribuire alimenti (Galasso 2013).
Tenersi informati e sostenere le iniziative
Sono numerosi i siti e le fonti di informazioni sulla gestione virtuosa delle
eccedenze alimentari. Tra i vari modi di tenersi informati è disponibile il documentario
Taste the Waste al sito http://tastethewaste.com/info/film che analizza vari aspetti
dello spreco di cibo e dei modi per evitarlo. Sul sito di Last Minute Market www.
lastminutemarket.it sono disponibili link alle campagne Dichiarazione contro lo
spreco alimentare e Un anno contro lo spreco e le ultime notizie relative alla lotta
allo spreco. Il sito dell’iniziativa “Think Eat Save” www.thinkeatsave.org offre, oltre
alle ricette anti spreco, documenti di approfondimento sullo spreco alimentare a
livello globale. Sul sito della Fondazione Banco Alimentare www.bancoalimentare.
it si possono trovare notizie e approfondimenti sugli aiuti alimentari in Italia e sul
sito dell’Associazione Banco Alimentare della Toscana www.bancoalimentare.it/it/
toscana è possibile informarsi sulle iniziative a livello regionale. Infine, sul sito del
Barilla Center for Food and Nutrition www.barillacfn.com si possono trovare notizie,
ricerche scientifiche e pubblicazioni sui temi dell’alimentazione e della nutrizione.
Il sito della fondazione Campagna Amica www.campagnamica.it offre informazioni
sugli eventi organizzati e sulle iniziative in atto. A livello regionale, il sito filieracorta.
arsia.toscana.it spiega le iniziative per la “filiera corta” in Toscana ed elenca i punti
di vendita diretta presenti in regione.
Conclusione
Le vie per trasformare le eccedenze alimentari in risorsa sono molteplici. Per
gli attori economici della filiera alimentare elaborare una strategia per ridurre
le eccedenze e gestirle in modo socialmente utile non è soltanto un’azione
45
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
responsabile, ma anche un vantaggio economico. Basti pensare alla riduzione dei
costi di smaltimento delle eccedenze che diventano rifiuto. Le azioni intraprese dalla
grande distribuzione organizzata, volte al recupero degli alimenti per la distribuzione
alle banche alimentari e agli enti caritatevoli e alla diminuzione delle eccedenze
attraverso un miglioramento della logistica e dei passaggi dall’ordine al consumo,
dimostrano che è possibile per gli attori economici intervenire.
Non tutta la produzione di eccedenza può essere eliminata in quanto in parte
è fisiologica. Occorre però da parte degli attori economici riconoscere che la
questione delle eccedenze esiste e che esistono modalità sostenibili di riutilizzare
le eccedenze. Secondo la piramide di gestione dell’eccedenza alimentare proposta
dalla ricerca Dar da mangiare agli affamati la gerarchia di utilizzo delle eccedenze
alimentari ha, al primo posto, il recupero per l’alimentazione umana, seguito da
riutilizzo per l’alimentazione animale, riutilizzo per la produzione di energia,
creazione di fertilizzanti per il terreno e, all’ultimo posto, il conferimento in discarica
o inceneritore (Garrone, Melacini, Perego 2012).
Nel nostro testo ci siamo concentrati sul recupero per l’alimentazione umana, che
deve essere la priorità. Nei casi in cui il recupero per l’alimentazione umana non sia
possibile, le altre opzioni (alimentazione animale, energia, compostaggio) sono valide,
lasciando che l’eccedenza diventi rifiuto solo se tutte le altre modalità risultano
impraticabili. Da parte del consumatore, agire contro lo spreco alimentare è possibile,
e in molti casi anche semplice. Mettere a confronto lo spreco con l’esistenza di fasce
della popolazione in condizioni di povertà alimentare non può che farci riflettere,
soprattutto da quando il tema quotidianamente riproposto da stampa e televisione
è il racconto della crisi economica e delle sue implicazioni nei vari ambiti della
nostra società.
Ridurre lo spreco alimentare e recuperare le eccedenze per il consumo umano
non deve essere un atto di generosità occasionale, ma una volontà di riorganizzare in
maniera più sostenibile il percorso di gestione degli alimenti nella nostra economia
e società, con maggiore attenzione per gli altri, per l’ambiente e per la nostra salute.
46
Capitolo 1. Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
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Capitolo 2. La salute vien mangiando
Capitolo 2. La salute vien mangiando
di Fabio Firenzuoli
Se fossimo in grado di fornire a ciascuno
la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico,
né in difetto né in eccesso, avremmo trovato
la strada per la salute
Ippocrate (460-377 a.c.)
“Andava meglio quando andava peggio” recitano spesso i nostri vecchi, come
un adagio di stampo apparentemente qualunquistico. In realtà l’evoluzione post
moderna ci mostra dati sempre più allarmanti relativi ai danni provocati per l’appunto
dal benessere, e in particolare dalla sovra-alimentazione in termini quantitativi sia da
un’alimentazione sbagliata dal punto di vista qualitativo, caratterizzata in particolare
da un eccesso di nutrienti ipercalorici, e al tempo stesso da una riduzione del
dispendio energetico, in altre parole da una vita maggiormente sedentaria rispetto
al passato. I ritmi moderni ci impongono spesso di accelerare e ravvicinare tutti
gli appuntamenti, abbreviare i tempi, risparmiare tempo, in realtà, senza che ne
accorgiamo, lentamente e inesorabilmente, perdiamo tempo, tempo prezioso, quello
che riguarda appunto la nostra salute, individuale e globale della società. Già, perché
siamo costretti ad un regime di vita che porta via il tempo a noi stessi, che ci obbliga
a muoversi più in fretta sfruttando i mezzo di locomozione piuttosto che la bicicletta,
piuttosto che il camminare a piedi.
La sempre maggior sedentarietà individuale associata ad una alimentazione sempre
più fast si ripercuote come un boomerang sulla nostra salute, verso quella che sempre
più spesso oggi chiamiamo “sindrome metabolica”, caratterizzata dal soprappeso
corporeo, e dalle innumerevoli conseguenze a cascata che ci ricadono addosso e di
cui ci accorgiamo solo quando è ormai troppo tardi, come il diabete, l’ipertensione
arteriosa, l’ipercolesterolemia, e tutte le più temibili complicanze cardiovascolari.
“Siamo quello che mangiamo” recita un’altra raccomandazione, che spesso ci
sentiamo scorrere sopra come olio sull’acqua, senza tuttavia che neppure sfiori il
nostro io, la nostra intimità, la nostra personalità più profonda. Neppure abbiamo
il tempo per pensare alle conseguenze sul nostro organismo, figuriamoci sulla
nostra famiglia, e tanto meno sulla società. Quando va bene ci preoccupiamo delle
conseguenze sulla nostra immagine, sull’estetica del nostro corpo, non certo sulla
nostra salute. E solo quando il problema emerge a livello di malattia, solo allora ce
49
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
ne preoccupiamo seriamente. Allora però il problema esiste come obesità, esiste
come vera e propria patologia medica, ma spesso è anche troppo tardi per rimediare
in modo significativo. Allora possiamo solo correre ai ripari per tamponare le varie
manifestazioni cliniche dell’obesità, della cattiva alimentazione e della sedentarietà.
Non è superfluo ricordare le molteplici complicanze dell’obesità quali:
• malattie cardiovascolari: cardiomiopatia, infarto miocardico, ipertensione
arteriosa;
• diabete;
• iperlipidemie;
• insufficienza venosa e/o linfatica;
• litiasi biliare;
• iperuricemia;
• insufficienza respiratoria;
• patologie osteo-articolari.
Ecco allora che innanzitutto serve prendere atto del rischio, ed effettuare
immediatamente una verifica, per capire se siamo o non siamo sulla diritta via.
Dobbiamo necessariamente chiederci, come in autostrada, se abbiamo imboccato
la direzione di marcia giusta oppure no. Già, perché non ci sono alternative, o
andiamo in una direzione, quella giusta, oppure andiamo in quella diametralmente
opposta, quella sbagliata, non ci sono vie di mezzo. Nel caso in cui ti rendessi conto
di avere assurdamente sbagliato direzione di marcia, devi immediatamente uscire
alla prima uscita che trovi e fare inversione. Sarebbe pazzesco continuare viaggiando
contro marcia, prima o poi l’incidente succede. E forse prima di quanto te lo aspetti.
Questo è il punto. Occorre chiedersi, immediatamente, se siamo o non siamo nella
direzione giusta. Se stiamo viaggiando nella giusta direzione di marcia, oppure se
invece non abbiamo preso un abbaglio, senza rendercene conto, e stiamo viaggiando
non preoccupandoci, seriamente, dei nostri ritmi di vita, della nostra tipologia di
alimentazione, della assenza o meno di fattori di rischio voluttuari quali il fumo, o
l’esagerazione in bevande alcoliche, o del fatto che il tempo che dedichiamo alla
nostra attività fisica sia o non sia adeguato, sufficiente a mantenersi in benessere,
oppure no.
Dubbi? Ok. Allora fermarsi alla prima piazzola, come in autostrada, concentrarsi,
riflettere, prendersi un caffè, schiarirsi le idee, e prendere una decisione. Continuare,
mettendo a rischio la propria vita e quella degli altri, oppure immediatamente
provvedere al cambiamento di rotta. Ben consapevoli però che, senza cambiare
direzione si va incontro a guai seri e irreversibili. Questo è il punto.
Non si tratta di fare le prediche come quelle che si possono ascoltare da un curato
di campagna, non si tratta di attuare o meno linee guida ministeriali perché lo dice il
50
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Ministero della Salute, o di seguire raccomandazioni utili perché lo dice la Scienza, si
tratta invece di seguire regole fondamentali che vengono prima di tutto dalla propria
coscienza: volersi bene, con buon stile di vita, significa voler bene a se stesso e agli
altri, contemporaneamente. Solo da questa consapevolezza può scaturire una seria
presa di coscienza, che presuppone anche conoscenza.
E poi allora ben vengano anche le prediche, le raccomandazioni scientifiche e le
linee guida del ministero… E quindi ecco importante fornire al consumatore una serie
di semplici informazioni alimentari proteggendo contemporaneamente la propria
salute: forse è questo che manca, osiamo dire, nella nostra educazione “civica” prima
ancora che alimentare. Già, perché stare in salute significa non solo pensare alla
propria salute, certamente, ma anche a quella degli altri. Star bene significa far star
bene anche coloro che ci stanno vicino, in famiglia e nella società.
Il consumatore italiano, in particolare, gode oggi della disponibilità di un’ampia
gamma di prodotti dotati di ottime caratteristiche, tanto quelli della tradizione
quanto quelli offerti da un settore produttivo agro-industriale che ha già dimostrato
di volersi orientare in coerenza con le indicazioni via via fornite anche dalle varie
Linee guida di organismi nazionali e sopranazionali. Negli ultimi decenni infatti
Istituzioni pubbliche e Organismi scientifici hanno dato vita, nei principali Paesi del
mondo, a Linee guida o Direttive alimentari. E nella stessa direzione si sono mosse
le principali Agenzie internazionali che si occupano di alimentazione e salute. E
per far questo sono chiamati a collaborare studiosi appartenenti a varie istituzioni
scientifiche e accademiche italiane, in grado di affrontare, con le loro differenti
competenze, tutto l’arco delle varie problematiche riguardanti la nutrizione.
Il destinatario finale delle varie raccomandazioni e informazioni educazionali alla
buona e sana alimentazione non è solo il singolo consumatore e l’individuo in quanto
tale, bensì la società nel suo insieme, e quindi l’universo dei consumatori, ai quali
devono poter essere agevolmente spiegate e fatte comprendere. Solo così potremo
avere la garanzia di un miglioramento globale della salute della nostra popolazione
tutta. E una verifica sommaria non può che iniziare al controllo del peso corporeo.
Parametro semplice, verificabile e controllabile da tutti, in qualunque momento,
specchio fedele per una prima e sommaria presa di coscienza di dove siamo dove
vogliamo andare.
Il controllo “attivo” del peso
Ormai è certo: nella civiltà occidentale il primo parametro da tenere d’occhio
è il peso corporeo. E non certo per problemi di ordine estetico né tanto meno
psicologico. Si tratta proprio di problemi di salute. Per alcuni può sembrare una
considerazione ovvia che stare in soprappeso porti ad un aumento del rischio di
certe malattie, nel senso che è lo stesso buonsenso che ce lo lascia intravedere. In
verità oggi abbiamo a disposizione numerosi lavori scientifici che lo dimostrano. Il
soprappeso e l’obesità aumentano il rischio non solo di malattie cardiovascolari,
51
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
ma anche di certi tumori, di diabete, di alterazioni del metabolismo dei grassi, ma
anche apparentemente cose più lievi, come dolori articolari, insufficienza venosa.,
ecc. Diciamo apparentemente, come se questi disturbi “minori” non modificassero
nel tempo la qualità della nostra vita… Oggi abbiamo a disposizione molti alimenti
ricchi di calorie, e ci muoviamo troppo poco: per questo tendiamo ad ingrassare. A
volte, poi, per dimagrire, decidiamo di seguire delle diete inventate da noi, o “alla
moda”, spesso non bilanciate, che ci privano di nutrienti preziosi e ci fanno dimagrire
in modo sbagliato. Così, appena finita la dieta, recuperiamo i chili persi e magari ne
accumuliamo anche di più. Per raggiungere e soprattutto mantenere il peso giusto
bisogna intervenire sia sulle “uscite” energetiche (l’attività fisica) che sulle “entrate”
(l’alimentazione). Fare le scale a piedi, camminare, giocare a pallone, ballare, oltre
naturalmente alla pratica delle attività sportive, ci aiuta a mantenerci in forma e
a bruciare calorie. Per controllare l’energia che entra, invece, bisogna mangiare di
tutto, ma in piccole quantità e in maniera equilibrata. Diamo la preferenza ai cibi che
contengono meno calorie ma saziano di più, come verdura e frutta, che sono anche i
più ricchi di vitamine, minerali e altri nutrienti essenziali. Ed è importante continuare
a farlo anche quando abbiamo ritrovato il peso giusto! Fondamentale capire se e
come siamo in soprappeso. Ma non si tratta solo di una questione di Kg in più o una
questione di specchio… Alla domanda “come si calcola il peso?”, “con la bilancia!”
rispondono tutti. Alla domanda come si calcola il soprappeso, risposta: facendo un
rapporto tra il peso della bilancia e quello teorico, e per questo è indispensabile
ovviamente una formuletta. Si calcola dividendo il peso espresso in chilogrammi
per il quadrato dell’altezza espresso in metri:
Bmi = peso (in kg)/altezza 2 (in metri)
Dove Bmi sta per Body Mass Index, e l’interpretazione è la seguente:
BMI
Sottopeso
< 18,5
Normale
18,5 - 24,9
Sovrappeso
25,0 - 29,9
Obesità moderata I
30,0 - 34,9
Obesità severa II
35,00 - 39,9
Obesità grave III
> 40
Questo valore tuttavia va sempre considerato in associazione a quello della circonferenza della vita. Dato importante per capire se e come vi sia già una possibile
ripercussione del grasso sulle temibili complicanze cardiovascolari. Qualcuno dirà
pure che la circonferenza vita può dipendere anche dal gonfiore addominale, e quindi
dall’aria contenuta e trattenuta nel tubo digerente… Alibi malizioso. In realtà basta
allora misurare lo spessore del pannicolo adiposo a livello della pancia per capire se si
52
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Epicatechina
tratta di aria o di grasso. E comunque quando
la circonferenza della vita supera gli 88 cm
nella donna e i 102 cm nell’uomo dobbiamo
cominciare a preoccuparci. Non dell’estetica
bensì delle complicanze metaboliche legate
appunto al soprappeso, a loro volta correlate
all’accumulo di grasso all’interno dell’addome. Quindi ricordarsi che l’indice di massa
corporea o Bmi (Body Mass Index) è il parametro oggi meglio conosciuto e utilizzato
per classificare se un soggetto vada considerato normopeso oppure no.
Indicazioni pratiche di prevenzione
Tutti i soggetti normopeso dovrebbero settimanalmente misurare alcuni parametri,
semplicissimi da prendere, come il proprio peso, la pressione arteriosa, il valori
ematici di glicemia, colesterolo totale, Hdl colesterolo, Ldl, trigliceridi, transaminasi,
gamma Gt, ecc.
Misure da effettuare
1 volta alla settimana
peso corporeo
1 volta al mese
pressione arteriosa
1 volta all’ anno
parametri ematici (colesterolo, ecc.)
Se invece siamo in presenza di alterazioni del peso o di alcuni parametri allora
è indispensabile correre ai ripari, parlarne ovviamente con il proprio medico per
di stabilire se occorra o meno un qualche tipo di intervento (accertamenti ematici
o strumentali) ma soprattutto intervenire prima che la situazione si consolidi.
Facilmente si cade nella trappola: un leggero soprappeso non comporta alcunché
se non un po’ di pancetta o alterazioni di carattere solo estetico. Nulla di più falso.
Può essere solo l’anticamera della sindrome metabolica. E allora modificare la qualità
dell’alimentazione, oppure aumentare il dispendio energetico muovendosi di più.
1. ridurre gli alimenti grassi ed in particolare i grassi di origine animale
2. non saltare nessun pasto, come invece istintivamente alcuni son portati a fare
3. aumentare la quota di vegetali ricchi di fibre, e tra questi frutta e verdura
4. mantenere una giusta proporzione tra i vari elementi di una sana alimentazione
(carboidrati, proteine e grassi)
53
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
5. attivarsi dal punto di vista fisico
6. considerare che per perdere la massa grassa in eccesso occorre dedicare tempo
all’attività fisica (non meno di 60 minuti al giorno)
Oltre il peso corporeo, oltre la circonferenza vita o il pannicolo adiposo
addominale, un altro valore importante da considerare è l’accumulo di grasso nel
fegato. La cosiddetta steatosi epatica. Molti trascurano o non considerano affatto
questo parametro, ritenendolo degno di attenzione solo se associato al diabete o
ad una esagerata assunzione di alcool. In realtà si tratta di un elemento del puzzle
della nostra salute. In questi casi non solo una ecografia dell’addome, ma anche una
visita medica per palpare i margini del fegato e la loro consistenza, associata anche ad
una valutazione della fibrosi… danno una indicazione ulteriore del rischio di possibile
evoluzione della steatosi verso una fibrosi o in un sovvertimento strutturale del
fegato che si chiama cirrosi. Non sempre infatti queste condizioni sono conseguenti
ad una epatite virale o ad un abuso di alcool, bensì possono essere anche solo la
conseguenza di un accumulo di grasso nel fegato, organo vitale ma anche organo
centrale del nostro metabolismo. Questo organo, così prezioso, rappresenta infatti
il crocevia delle nostre molteplici vie metaboliche, ed una riduzione della steatosi si
impone non appena venga diagnosticata. E prima di tutto con la perdita dell’eventuale
soprappeso e con la modifica qualitativa dell’alimentazione, per la quale si impone
una drastica riduzione di zuccheri semplici e dei grassi di origine animale (carni e
formaggi), associata ad una dieta più ricca in fosfolipidi ad azione lipotropa, come
la stessa lecitina di soia.
Quantità eccessive di grasso corporeo costituiscono un pericolo per la salute,
soprattutto per il rischio di insorgenza di alcune malattie (quali la cardiopatia
coronarica, il diabete, l’ipertensione e alcuni tipi di cancro), di insufficienza respiratoria
(apnee notturne) e delle conseguenze “meccaniche” provocate dal sovraccarico sulle
articolazioni (colonna vertebrale, ginocchia, anche, ecc). Tanto maggiore è l’eccesso
di peso dovuto al grasso, tanto maggiore è il rischio.
Esistono inoltre alcuni tipi di distribuzione del grasso corporeo (sul tronco: tipico
dell’uomo e della donna dopo la menopausa) in cui il rischio per la salute, a parità di
eccesso di peso, è superiore che per altri (sui fianchi e sulle cosce: tipico delle donne
in età fertile). È quindi necessario che le persone con tale profilo corporeo a rischio
sorveglino con maggiore attenzione il proprio peso.
Oggi un numero crescente di adolescenti e di giovani è incitato dai moderni modelli
estetici proposti dai mass media a ridurre il peso a valori così bassi da non essere più
compatibili con un buono stato di salute. E anche quando le riserve di grasso sono
eccessivamente ridotte e non si introduce sufficiente energia con il cibo, il corpo, per
far fronte alle richieste energetiche, è obbligato a intaccare i propri muscoli e organi
interni. Pertanto molte funzioni metaboliche ed endocrine vengono compromesse:
diminuisce la resistenza alle malattie infettive; si indeboliscono le ossa; si può alterare
54
Capitolo 2. La salute vien mangiando
la regolarità del ciclo mestruale. Anche le facoltà mentali, l›umore e le capacità di
relazioni interpersonali posso risultare poi compromesse. E come per l›obesità, anche
per la magrezza si distinguono vari gradi: il più leggero è classificato come sottopeso,
seguono la magrezza moderata e la magrezza grave. Invece un peso stabile, che rientri
nei limiti della norma, contribuisce a far vivere meglio e più a lungo. Riportare il
peso entro valori normali richiede una disciplina rigorosa e continuativa, dato che il
ritorno al peso sbagliato è frequente.
Passare molte ore stando seduti (durante il lavoro o nel tempo libero) predispone
all’obesità. Ad esempio, in Italia la maggioranza dei bambini è ormai molto sedentaria,
trascorre mediamente, già all’età di 6 anni, oltre due ore al giorno di fronte alla
televisione, pratica giochi passivi e trascura quei giochi all’aperto che sono fisicamente
più impegnativi. Solo una piccola parte dei bambini e
dei ragazzi pratica regolarmente attività sportiva. Non stupisce, quindi, che quote
crescenti della popolazione infantile italiana siano in soprappeso o francamente
obese. Valori troppo bassi di dispendio energetico rendono difficile mantenere
l’equilibrio tra entrate e uscite caloriche. Di conseguenza, il raggiungimento di un peso
corporeo corretto va ottenuto sia attraverso una vita fisicamente più attiva (ossia
un aumento delle uscite di energia), sia attraverso il controllo dell’alimentazione
(ossia un’equilibrata riduzione delle entrate caloriche). Una riduzione che non deve
però essere spinta oltre determinati livelli, poiché deve essere comunque garantito
l’apporto minimo di tutte le sostanze nutritive indispensabili.
La sedentarietà abituale, oltre a rappresentare un fattore predisponente all’obesità,
coinvolge anche altri aspetti della salute. Difatti è ormai dimostrato che uno stile
di vita poco attivo rappresenta un fattore di rischio per la cardiopatia coronarica,
il diabete e il tumore del colon. Per contro, un livello medio/alto di attività fisica
è lo strumento migliore per prevenire queste malattie e anche l’ipertensione e
l’osteoporosi senile.
I bambini che si mantengono attivi durante tutto il periodo della crescita avranno,
da adulti, uno scheletro più robusto e, da anziani, saranno più difficilmente soggetti a
fratture osteoporotiche. Il mantenimento di una vita fisicamente attiva anche in tarda
età è importante sia per ridurre e ritardare l’atrofia delle masse muscolari ed ossee,
sia per aumentare i fabbisogni energetici, così da permettere anche un’alimentazione
più abbondante.
Ecco allora che diventano importanti anche apparenti “piccolezze” quotidiane
e ripetute più volte nella giornata, come ad esempio camminare invece di usare
l’auto, salire e scendere le scale piuttosto che servirsi dell’ascensore, e così via. A
completamento di tutto ciò, un adulto sano può aggiungere, quattro o cinque volte
la settimana, un’attività fisica di almeno trenta minuti, di intensità
sufficiente a provocare una evidente sudorazione. Quando invece si debba
intervenire per ridurre un soprappeso corporeo è indispensabile aumentare non
tanto la fatica, ad esempio facendo molto sforo fisico, quanto piuttosto la durata
55
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
della stessa attività. Ecco perché ad esempio, per favorire la perdita di massa grassa
bisogna fare delle belle camminate sì, ma minimo di un’ora.
Una volta raggiunto il peso ideale, mantenerlo è certo più facile, e per ottenere
tutto questo serve senz’altro uno stile di vita sano e attivo, insieme al rispetto di
semplici regole di comportamento alimentare: scelta preferenziale di alimenti
poveri di grassi e ad alto valore nutrizionale, come cereali, ortaggi e frutta, ossia
relativamente poche calorie, grande volume, buon potere saziante e ottimo
contenuto in sostanze nutritive. Un uso abbondante di questi prodotti vegetali
nell’alimentazione non solo aiuta a mantenere l’equilibrio energetico, ma apporta
anche vitamine, minerali, fibra ed altri composti utili a prevenire tumori, malattie
cardiovascolari e altre malattie invalidanti.
Frutta e verdura
Tutti sappiamo che gli alimenti vegetali come la frutta e gli ortaggi, sono molto
importanti nella nostra alimentazione, ma forse la percepiamo come una non priorità,
come una cosa appunto di “secondaria importanza”. Sì, fa bene mangiare frutta e
verdura, ma… in realtà molti studi hanno ormai dimostrato che il consumo regolare
di frutta e verdura protegge da moltissime malattie, anche gravi. Inoltre, mangiare
prodotti vegetali aiuta a ridurre le calorie, saziando senza appesantire. L’ideale,
quindi, è ricordarci di consumare tutti i giorni diverse porzioni di frutta e verdura
(almeno 5 porzioni), cercando di aggiungere poco sale e pochi grassi. E non solo per
ridurre le calorie, e non solo per assumere fibre, vitamine e minerali come molti già
sanno.
Che la frutta e la verdura siano diventate indispensabili per ridurre l’incidenza delle
malattie cardiovascolari lo dimostrano ormai numerosissimi studi, come ad esempio
la revisione sistematica della letteratura pubblicata di recente su una importante
rivista scientifica internazionale (Circulation, 2011), dalla quale emerge come la
riduzione del rischio di complicanze cardio e cerebro-vascolari sia statisticamente
significativa rispetto a coloro che non consumano adeguatamente frutta e verdura.
56
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Healty diet
FRUIT
Outcome
Studies
Subjects, n
Unit
RR (95% CI)
Total CHD
10 PCs
222,706
High vs low
0,80 (0,66-0,93)
Total CHD
6 PCs
181,112
Each serving
0,93 (0,89-0,96)
Total stroke
5 PCs
210,601
Each serving
0,89 (0,85-0,93)
Ischemic stroke 4 PCs
209,769
Each serving
0,88 (0,85-0,92)
Relative risk (95% CI)
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
Increased risk
Reduced risk
VEGETABLES
Outcome
Studies
Subjects, n
Unit
RR (95% CI)
Total CHD
9 PCs
Total CHD
7 PCs
220,5864
High vs low
0,77 (0,68-0,87)
199,632
Each serving
Total stroke
0,89 (0,83-0,95)
4 PCs
172,164
Each serving
0,97 (0,92-1,01)
Ischemic stroke 3 PCs
172,332
Each serving
0,99 (0,93-1,03)
Relative risk (95% CI)
0,4
Reduced risk
0,6
0,8
Reduced risk
1
1,2
1,4
Increased risk
Altrettanto tutti sappiamo che frutta e verdura sono un’ottima fonte di alcune
vitamine: ad esempio l’arancia, il pomodoro e il kiwi di vitamina C e folati, la carota,
l’albicocca, gli ortaggi a foglia verde di pro-vitamina A, i legumi e i cereali di tiamina,
niacina e folati. Sappiamo anche che sono anche una fonte importante di minerali
(come calcio, ferro, fosforo, magnesio e soprattutto potassio), anche se non sempre
l’assorbimento di alcuni di questi è ottimale.
Pochi invece sanno che contengono anche sostanze ad azione protettiva,
genericamente definita di tipo antiossidante, che si esplica contrastando l’azione dei
radicali liberi, i quali sono in grado di alterare la struttura delle membrane cellulari
e del materiale genetico (il Dna), aprendo la strada a processi di invecchiamento
precoce e a tutta una serie di reazioni che sono all’origine di diverse forme tumorali.
Questa azione protettiva, oltre che dai componenti noti come vitamine e minerali, è
svolta in particolare da altri componenti, i quali, pur presenti in quantità relativamente
ridotte, sono i più attivi dal punto di vista biologico ma soprattutto insostituibili in
queste funzioni: si sta parlando dei pigmenti colorati, come i carotenoidi (i pigmenti
dalla colorazione gialla, arancione e rossa di cui sono ricchi i vegetali e i frutti gialloarancio - per la presenza di ß-carotene, e quelli rossi come il pomodoro - per la
presenza di licopene); ma anche i derivati fenolici (presenti in elevata concentrazione
praticamente in tutti gli alimenti di origine vegetale e nell’uva e, quindi, nel vino); i
tocoferoli (presenti nei semi oleosi e negli ortaggi a foglia verde).
Il consumo di frutta e vegetali può, inoltre, assicurare un apporto rilevante di
57
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
alcuni minerali (quali selenio e zinco) che rientrano nei sistemi di difesa antiossidante
dell’organismo. Altre sostanze in essi presenti sono state studiate in relazione ai
loro potenziali effetti di prevenzione nei confronti del cancro. Ad esempio, diverse
classi di composti solforati facilitano a livello cellulare l’eliminazione di sostanze
cancerogene: gli isotiocianati e i ditioltioni di cui sono ricche le verdure della famiglia
delle crocifere come broccolo, cavolfiore, cavolo, gli allilsolfuri di cui è ricco l’aglio,
ecc. Le crucifere sono, inoltre, ricche in indoli, che sembrano avere una certa efficacia
nel contrastare lo sviluppo di tumori, mentre la soia è tra i pochi alimenti fonti di
isoflavoni, fitoestrogeni che sembrano inibire la crescita di alcune cellule tumorali.
Vanno poi ricordati i folati, vitamine di cui sono ricche le verdure a foglia, alcuni
agrumi e altri vegetali, i quali insieme ad altre vitamine del gruppo B, possono
contribuire a ridurre nel sangue il livello di omocisteina, un noto fattore di rischio
per le malattie cardiovascolari. Una loro adeguata assunzione da parte delle donne
in età fertile protegge inoltre dalla comparsa di difetti del tubo neurale (spina bifida)
nel feto. Infine, l’assunzione di livelli elevati di potassio, di cui sono ricche frutta e
verdura, è stata associata a un ridotto tasso di mortalità da infarto.
È molto importante sottolineare che finora nessuno studio ha dimostrato che
la somministrazione dei singoli componenti sotto forma di integratori possa dare
gli stessi effetti benefici che sono associati all’ingestione di frutta e vegetali. Di
conseguenza, si pensa che tali effetti siano dovuti soprattutto all’azione congiunta
e sinergica di molteplici costituenti, molti dei quali probabilmente ancora da
individuare, presenti nell’alimento. Questa azione sembra venir meno nel momento
in cui tali composti benefici vengono ad essere ingeriti singolarmente e in forma
relativamente concentrata (integratori, ecc.).
La scienza della nutrizione ci ha insegnato nel tempo alcuni punti fermi che stanno
alla base della nostra alimentazione: un certo quantitativo di carboidrati complessi,
di proteine e non solo animali, di grassi, distribuiti nei vari pasti in modo equilibrato,
tutti i giorni. E tutti ne siamo più o meno bene comunque informati. Non solo,
sappiamo anche che ci servono pure le vitamine, i minerali, le fibre, ecc. Sappiamo
che i nostri muscoli son fatti di fibre proteiche, le nostre ossa di calcio e non solo, il
nostro sistema nervoso di neuroni di una ricca componente di grassi, sappiamo anche
che abbiamo bisogno degli ormoni per essere attivi dal punto di vista metabolico,
e delle fibre perché il nostro intestino si muova nel migliore dei modi. E così via
dicendo… Lungo e dettagliato sarebbe l’elenco delle vari sostanze indispensabili per
la struttura del nostro organismo, sia dal punto di vista anatomico, sia dal punto di
vista fisiologico. Ugualmente in una casa, perché vi si possa abitare, servono non
solo delle buone fondamenta e una solida struttura muraria, fatta evidentemente
di mattoni ma anche di calce, ma fra le altre cose serve anche un impianto elettrico
adeguato, altrimenti non funziona il riscaldamento, la luce, la lavastoviglie, ecc.
Sembra una banalità, ma è solo perché, per similitudine, si rifletta sul fatto che
nella nostra alimentazione non servono solo proteine carboidrati e grassi, ma anche
58
Capitolo 2. La salute vien mangiando
acqua, fibre, vitamine e minerali. Nessuno di noi, tuttavia, nell’ambiente domestico
così come in quello lavorativo, durante lo scorrere della giornata, durante le cose
quotidiane della sua vita familiare o lavorativa, nessuno di noi si mette mai a pensare
che la propria abitazione o la struttura dove si trova abbia un tetto! Altra banalità
forse, ma perché mai dovremmo pensarci? Il tetto c’è, e… guai se non ci fosse! Ed è
la struttura fondamentale che protegge la casa dal caldo, dal freddo, dal vento, dalla
pioggia e dalle intemperie varie. Ugualmente, a protezione della salute, il nostro
organismo deve avere necessariamente un tetto. E in questo caso il tetto della nostra
salute è costituito da una serie di sostanze ad attività e funzione “protettiva”, le
sostanze colorate presenti prevalentemente nella frutta e negli ortaggi, nei legumi
e nei cereali, sostanze diverse dalle proteine, carboidrati e grassi, ma indispensabili
dal punto di vista funzionale.
Ebbene, le tegole di questo tetto colorato della casa della nostra salute è
costituito appunto da tutta quella serie di sostanze, fin ora banalizzate o comunque
ritenute fondamentalmente inutili rispetto al resto (ma solo perché poco conosciute)
rappresentate dai cosiddetti metabolici secondari dei vegetali e in particolare
dai pigmenti. Possono essere di moltissimi colori, tutto lo spettro del visibile,
raggruppabili oggi in 5 gruppi fondamentali, il rosso, il giallo-arancio, il bianco, il
verde e il viola-nero. Ecco perché la casa della nostra salute deve avere un tetto
bello, grande, funzionale e colorato, appunto perché il nostro organismo sia ben
protetto. Protetto fondamentalmente dalle malattie che sono la causa più frequente
di morte, e cioè le malattie cardiovascolari e i tumori. Scopo di questo libro non è
certo quello di spiegare al lettore il complesso dei processi biochimici che stanno
alla base delle malattie cardiovascolari o tumorali, né tanto meno quello di spiegare
i meccanismi con i quali questi processi si possono prevenire, rallentare o anche
correggere. Piuttosto invece far prendere coscienza a ciascuno che, come sarebbe
inverosimile pensare ad una casa fatta di solo tetto, altrettanto impensabile sarebbe
immaginare una casa senza tetto.
E non abbiamo bisogno neppure di un tetto banale, bensì solido, robusto, ben
costruito con i migliori materiali, in grado di ripararci dalle molte insidie che ci
circondano, che minano la nostra salute: insidie di tipo genetico o familiare,
ambientale o alimentare, oppure anche voluttuario, come ad esempio il fumo, o
più semplicemente dai fisiologici processi di invecchiamento. Servirebbe tuttavia a
poco capire tutto questo se poi non si concretizzasse nella nostra vita di tutti i giorni,
e quindi nella nostra alimentazione quotidiana, quella ricca, molteplice e assortita
presenza delle varie sostanze e materiali indispensabili, così come raccomandato
ormai da numerosi organismi nazionali e internazionali che governano la politica della
salute, prima ancora che della sanità. Le linee guida internazionali raccomandano, e
non da ora, un’alimentazione che comprenda almeno 5 porzioni al giorno di frutta e
verdura, appunto dei 5 colori cui abbiamo già accennato. Uno studio nazionale italiano
ha dimostrato che solo il 10 % della popolazione rispetta le regole internazionali
59
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
della buona alimentazione relative alla frutta e verdura. Solo 1 persona su 10 mangia
almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Ciò significa che, incredibilmente, ben
il 90 % di noi, e di voi lettori, è carente o gravemente carente in questo (Passi 2010).
Se tutto questo è vero per coloro che stanno già bene, a maggior ragione vale
per chi già sia esposto a certi fattori di rischio, pensiamo ad esempio ai fumatori,
oppure a coloro che pur in apparente benessere, hanno una familiarità per certi
tumori, oppure sono in sovrappeso, oppure ancora hanno il colesterolo alto o la
pressione arteriosa ai limiti, oppure ancora a tutti coloro che non si sottopongono
ai vari screening di medicina preventiva, alimentazione sregolata, con abbondanza
di grassi di origine animale…
E siccome le malattie di questo tipo hanno pure una lunga “gestazione”, anzi
lunghissima, di decine di anni, è altrettanto facile intuire che pure la protezione
debba essere prolungata, e quindi l’alimentazione con frutta e verdura, tutti
i giorni, deve necessariamente iniziare dall’età infantile per estendersi a
tutta la vita! E’ assurdo riempirsi di peperoni, fragole o mirtilli quando ci
venga diagnosticato un tumore dell’intestino, diventando improvvisamente
vegetariani stretti, mentre siamo stati una vita intera a mangiar carne tutti i
giorni, oppure insaccati o formaggi. Così come è inverosimile pensare alla frutta
e alla verdura solo quando la pelle comincia a invecchiare, oppure quando si
manifestasse un’acne resistente alle terapie mediche, oppure ancora compare
l’ipertensione arteriosa, il colesterolo alto oppure più semplicemente… la cellulite!
Quindi occorre cervello: le tegole sul tetto della nostra casa vengono poste
non certo dopo qualche anno che già ci abitiamo! E le regole per un’alimentazione
corretta, equilibrata e allargata, ugualmente, devono esser poste già ai nostri bambini,
e soprattutto devono esser rispettate e fatte rispettare. Tre regole semplici, chiare
e colorate:
• 5 porzioni tra frutta e verdura
• di 5 colori
• tutti i giorni
L’obiettivo è prendere confidenza con tutta la frutta e gli ortaggi appartenenti a
tutti i gruppi di colore, e questo vale soprattutto per coloro che oggi mancano di tale
confidenza! Altra considerazione importante: la varietà estrema dei singoli costituenti
all’interno di ogni alimento, è il motivo vero per cui la nostra alimentazione, se già
non lo fosse, oltre che allargata, deve essere anche molto varia. Come non esiste
l’alimento migliore o quello peggiore, così non esiste neppure la vitamina migliore
o l’antiossidante migliore. Gli aspetti nutrizionali legati all’assunzione di proteine,
carboidrati e lipidi, gli elementi cioè strutturali della nostra alimentazione, rimangono
ovviamente basilari, come basilari sono le fondamenta della nostra casa.
60
Capitolo 2. La salute vien mangiando
I colori della salute
Il primo concetto da chiarire è che tutti i vari colori della frutta e degli ortaggi che
vediamo, e che ci servono didatticamente per catalogarla e attribuirle caratteristiche
e proprietà, non sono mai dovuti a singole e statiche sostanze, bensì sempre a
numerosi e variabili costituenti chimici, che fanno parte della struttura stessa del
vegetale. Alcuni più concentrati di altri, in un periodo piuttosto che in un altro del
ciclo biologico del frutto o della pianta, alcuni più nella polpa del frutto piuttosto
che nella buccia, o nel fusto della pianta stessa o nelle foglie.
In base poi alle varie combinazioni emerge e prevale ora un colore ora un altro.
Del resto basta pensare al colore di un frutto variabile anche solo in base grado di
maturazione: il pomodoro che da verde intenso diventa prima giallo e poi rosso,
oppure la foglia prima verde poi gialla e quindi marrone quando sta per cadere in
autunno, oppure rossa se si tratta ad esempio della foglia della vite dove c’è una
vera bizzarria di colori contemporaneamente, dal verde al giallo al rosso e marrone.
E poi ancora dietro un singolo e apparentemente definito colore c’è sempre una
miscela di sostanze. E come succede per la luce solare scomposta nell’arcobaleno
quando passa attraverso gocce di acqua o artificialmente attraverso un prisma,
esistono varie tecniche cromatografiche, più o meno complesse, per analizzare questi
pigmenti. Spesso poi si ritiene già appurato il colore di una determinata sostanza in
base alla classe chimica di appartenenza, come ad esempio:
flavonoidi = giallo
carotenoidi = arancione
antocianine = viola
Il colore in realtà si può modificare il relazione alla struttura chimica stessa della
sostanza, la quale può variare anche di poco, ad esempio per fenomeni ossidativi
oppure in relazione al solvente utilizzato o più semplicemente per modificazioni
del pH della soluzione nella quale si trova. Emblematico è ad esempio il caso delle
antocianine, le quali possono dare un colore rosso, viola, blu o addirittura giallo.
Esempio: il cavolo rosso deve il suo colore proprio ad alcune antocianine, che tuttavia
modificano il loro colore in base anche alla acidità o meno della soluzione nella
quale vengono sciolte: in soluzioni acide si presentano tendenti al rosso, in soluzioni
neutre prevale il color violaceo, mentre nelle soluzioni fortemente alcaline il giallo.
Le foglie di barbabietola in soluzione acida danno una colorazione rossastra, in
soluzione basica la danno invece gialla. La curcuma in soluzione acida è gialla, in
soluzione basica invece di rosso. Del resto è osservazione comune che quando ad
una tazza di tè aggiungiamo del limone che acidifica la tisana, immediatamente il
colore si schiarisce tenendo subito al giallo chiaro. E qualora inavvertitamente vi
sporcaste le mani con una foglia di pomodoro fresca, quindi di un colore verde scuro,
notereste senz’altro che la colorazione impressa sulla vostra pelle, e resistente al
sapone o comuni detergenti, è invece giallastra. Quasi fosse un mistero o un’illusione
61
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
ottica. Ovviamente niente di tutto questo. La foglia verde contiene già clorofilla, anzi
clorofille (varie tonalità di verde), carotenoidi (dal giallo al rosso passando ovviamente
per l’arancione) alle xantofille (gialle), e quando in autunno il loro colore vira verso
il giallo-rosso-marrone, è solo perché la clorofilla si degrada e il suo colore non
riesce più a predominare sugli altri, in particolare appunto su quello dei carotenoidi
e flavonoidi che diventano i pigmenti dominanti in quel periodo.
Ed ecco illustrata la corrispondenza tra colore visibile e pigmenti:
ROSSO GIALLO BIANCO
VERDE
VIOLA, NERO
carotenoidi, antocianinie, polifenoli
flavonoidi e carotenoidi
amidi, glucosinolati
clorofilla, carotenoidi
antocianine
I carotenoidi
I carotenoidi sono pigmenti di colore arancione, alcuni più francamente giallo,
altri rosso. Sono tutti costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio, presenti in
fiori, foglie, frutti e radici di molti vegetali, ma, al contrario di come pensano molti,
si ritrovano anche negli animali. Fondamentalmente si distinguono in due gruppi:
con atomi ossigeno
senza atomi ossigeno
xantofille
caroteni
• luteina
• zeaxantina
• astaxantina
• criptoxantina
• rubixantina
• zeaxantina
• violaxantina
• capsantina
• anteroxantina
• neoxantina
• flavoxantina
• rodoxantina
• β carotene (ubiquitario)
•
•
•
•
•
•
Fonti: mais, peperoni, zucche, broccoli, carote,
uva, albicocche, spinaci, pesche, papaia, mango,
patate, alghe
α carotene
γ carotene
δ carotene
9-cis-β-carotene
13-cis-β-carotene
zeacarotene
• licopene
62
Caroteni
minori
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Gli organismi animali non sono capaci di sintetizzarli, e devono necessariamente
assumerli con la dieta. Si trovano certamente nei vegetali, dove rappresentano
elementi utili alla fotosintesi, insieme alla clorofilla, alcuni di questi presentano anche
caratteristiche aromatiche e determinano l’odore di frutti, fiori e foglie. In alcuni
animali sono veri e propri responsabili di colorazioni tipiche, come il rosa dei salmoni
o il rosso delle aragoste. Ma al di là dei colori, negli animali, i carotenoidi assunti con
l’alimentazione esplicano alcune attività biologiche veramente interessanti e utili:
• un effetto antiossidante
• proteggono dai danni del sole
• hanno un effetto anticancerogeno
Tutti i carotenoidi sono liposolubili, più o meno assimilabili e accumulabili, passano
anche nel latte materno. Alcune xantofille e la stessa luteina sono utilizzate anche
come coloranti naturali (E161). In particolare la luteina e la zeaxantina sono ritenuti
i carotenoidi più utili per la protezione oculare: proteggono contro l’insorgenza di
cataratta e della maculopatia senile, come del resto la stessa vitamina E e Vitamina
C. La crocetina è il carotenoide tipico responsabile del colore giallo dello zafferano
La zeaxantina fa parte della famiglia delle xantofille, ed è responsabile del clore
giallo delle pannocchie di mais oltre che del tuorlo di uovo e del giallo di altra frutta
e verdura, dal mango alle arance. Come la luteina è molto utilizzata anche come
colorante per alimenti o nel settore zootecnico. L’astaxantina è una molecola di
carotene in cui sono presenti quattro atomi di ossigeno. La loro presenza fa variare
la quantità di energia necessaria a spostare i suoi elettroni e pertanto la molecola
presenta un colore diverse rispetto al carotene. L’astaxantina è in effetti rosa ed
è responsabile del colore del salmone. Si trova anche nel carapace dei crostacei
(gamberetto, aragosta) dove si manifesta però solo dopo la bollitura; negli animali
vivi il colore è infatti mascherato perché la molecola è legata a una proteina e appare
di colore nerastro.
Infine il licopene, è il carotenoide tipicamente rosso, che caratterizza la colorazione
dei pomodori maturi, ma anche delle pesche e albicocche insieme al betacarotene,
lo ritroviamo anche nelle arance e pompelmi. I derivati del pomodoro contengono
fino a 10 volte il licopene presente nel vegetale fresco (mediamente 3mg/100g),
come dimostrato nel grafico seguente:
Carotenoidi e vitamina A
I carotenoidi ed in particolare il beta carotene sono precursori della vitamina A.
In teoria da una molecola di betacarotene si possono formare due di vitamina A
(retinolo), in pratica questo non succede perché l’assorbimento dei carotenoidi è di
circa 1/10 - 1/20 rispetto alla quantità introdotta.
È essenziale per il funzionamento regolare della retina, in quanto si combina con
l›opsina della retina per formare la rodopsina, necessaria per la visione notturna.
63
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Agisce come co-fattore nei sistemi enzimatici ed è necessaria per il trofismo della
cute, delle ossa e di varie funzioni ormonali
Attualmente si consiglia un introito giornaliero di 700 Re (retinolo equivalenti) per
l’uomo e 600 Re per la donna. Nel caso di donne in gravidanza l’assunzione dovrebbe
essere aumentata di circa 100 Re/die per un totale di 700 Re/die.
1 Re = 1 μg di retinolo = 6 μg di ßcarotene = 12 μg di altri carotenoidi
In caso di gravidanza e allattamento o per periodi prolungati evitare l’assunzione
di vitamina A senza consultare il medico perché, a differenza dei caroteni, può dare
fenomeni di accumulo nei vari tessuti e diventare tossica o dare effetti teratogeni.
Un sovradosaggio di carotenoidi può dare al limite una colorazione giallo-arancione
della pelle.
I flavonoidi
Il gruppo dei flavonoidi comprende alcune migliaia di sostanze, da 4.000 a 5.000
tutte diverse tra loro, anche se apparentemente di poco! Hanno alcune caratteristiche
comuni:
• derivano da fenoli e per questo appartengono alla più grande famiglia dei polifenoli
• sono responsabili del colore giallo e talvolta anche arancione di frutta, verdura,
fiori e foglie
• a loro struttura chimica presenta uno scheletro a 15 atomi di carbonio con
differenti gradi di ossidazione (flavoni, flavonoli, flavanoni, calconi, ecc.), come
dimostra lo schema seguente:
FLAVONI
R = H: Apigenina
R = OH: Luteolina
FLAVONOLI
R = H: Kampferolo
R = OH: Quercetina
64
FLAVANONI
R = H: Naringenina
R = OH: Eriodictiolo
Capitolo 2. La salute vien mangiando
DIIDROFLAVONOLI
R = H: Diidrokampferolo
R = OH: Diidroquercetina
(= taxifolina)
FLAVAN-3-OLI
R = H: Afzelechina
R = OH: Catechina
FLAVAN-3,4-DIOLI
R = H: Leucopelargonidina
R = OH: Leucocianidina
Numerose e varie, come immaginabile, le loro funzioni: alcuni, per esempio, sono
dotati di proprietà vitaminiche C e P, con riduzione della permeabilità capillare,
aumento della loro resistenza (rutina, diosmina, ed i citro-flavonoidi), oppure antinfiammatoria (apigenina della camomilla), oppure ancora antidepressiva (Iperico)
o stimolante la microcircolazione (Ginkgo biloba). Flavonoidi singoli o complessati, come la diosmina, l’esperidina ecc. sono presenti anche in numerose specialità
medicinali indicate nell’insufficienza venosa, emorroidi, tromboflebiti superficiali e
varici. Sono ad esempio anche ampiamente documentate le proprietà antimutagene
dei flavonoidi e la loro sicurezza d’uso. Quindi diventano elementi importanti della
alimentazione quotidiana, non tanto un qualcosa in più che deve esserci a “colorare”
le nostre pietanze. Ad esempio la molecola della quercetina, un flavonoide che appartiene alla classe dei flavonoli anziché a quelle delle antocianidine, è gialla anche
se il suo colore viene mascherato dalla clorofilla, finché questa non si decompone in
autunno. Ebbene, la quercetina è una sostanza assai abbondante anche nella buccia
di molti frutti, mele in particolare, e presenta interessanti e importanti proprietà
anticancerogene. Un motivo in più per raccomandare, quando possibile, di mangiar
la frutta con la buccia. In questi casi occorre ovviamente aver la garanzia che si tratti
di frutta coltivata biologicamente.
Il resveratrolo invece è un altro derivato flavonoideo molto importante per le sue
proprietà protettive a livello cardiovascolare e anticancerogene, presente in alcune
piante ed in particolare nell’uva e nel vino con le seguenti proporzioni:
• vino bianco 0,1 - 0,5 mg/litro
• vino rosso 0,5 - 10 mg/litro
• uva
15 mg/Kg
Anche gli isoflavoni sono un sottogruppo dei flavonoidi, derivati fenolici con 15
atomi di carbonio, ma con scheletro sostanzialmente rovesciato. Sono una classe
di sostanze molto importanti perché si comportano come fitoestrogeni, come
dimostrato dal disegno sottostante. I più comuni sono la daidzeina, la genisteina,
la formononetina e la biocanina, presenti in molti legumi come la soia, ma anche in
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
cereali e altre piante medicinali. Un’alimentazione ricca in legumi e cereali fornisce
un livello sufficiente a prevenire molti disturbi della menopausa, a mantenere un
buon trofismo del tessuto osseo e della pelle. E’ dimostrato che la loro efficacia
protettiva nei confronti di alcuni tumori, ed in particolare quello della mammella,
si ha quando nell’alimentazione siano presenti isoflavoni fin dall’età giovane-adulta.
17-b-estradiolo
genisteina
La figura dimostra l’affinità
strutturale degli isoflavoni
(genisteina) con gli estrogeni
naturali prodotti dalle ovaie.
I composti allo zolfo
Sostanze solforate, solfuri, disolfuri e tiocianati sono presenti in molti vegetali
appartenenti alla famiglia delle Alliaceae così come alla famiglia delle Crucifere, con
una peculiarità che non passa inosservata: scarso o nullo colore, dal bianco al verde
tenue, ma tutte dotate di un aroma caratteristico, dovuto proprio alla presenza di solfo,
che solo pochi percepiscono come gradevole, e comunque tutte dal sapore pungente.
Si dividono in due grandi gruppi:
a) sostanze libere, con doppio atomo di solfo: sono presenti nell’aglio, cipolla,
porro, scalogno ed erba cipollina contengono composti solfurei di varia struttura,
complessità e instabilità, ma tutti caratterizzati da un aroma definito, pungente,
più o meno gradevole: allicina, alliina, diallildisolfuri, ajoene, vinidiitine.
Allicina
(dialliltiosulfinato)
Z-Ajoene
E-Ajoene
2-Vinil(4H)-1,3ditiine
3-Vinil(4H)-1,2ditiine
Queste sostanze sono dotate di attività anticancerogene, antiaterosclerotiche,
antiaggregante piastrinica e disinfettante. In particolare si attivano una volta che il
bulbo dell’aglio o della cipolla vengano schiacciati, in modo tale da attivare i processi
enzimatici che portano alla formazione dei costituenti attivi. Studi epidemiologici
condotti su numeri estremamente importanti di popolazioni che facciano uso
sistematicamente di aglio e cipolla nella loro alimentazione hanno dimostrato in
66
Capitolo 2. La salute vien mangiando
modo inequivocabile che queste sostanze riducono in maniera significativa l’incidenza
di alcuni tumori: in particolare quelli dell’apparato digerente
a) sostanze coniugate e con un solo atomo di S (glucosinolati): questi sono chiamati
glucosinolati, proprio perché l’atomo di solfo fa da ponte di congiungimento tra
l’aglicone caratteristico e una molecola di zucchero, dalla cui idrolisi enzimatica
si liberano i vari principi attivi: isotiocianati, nitriti o tiocianati.
Si tratta di sostanze particolarmente presenti nei vegetali appartenenti alla famiglia
delle Cruciferae (o Brassicaceae) quali Cavolo (cavolfiore, cavolini di Bruxelles,
cavolo nero, verza, broccoli, cavolo cappuccio), ravanelli, rape, coclearia, rucola,
rafano ed alcune piante medicinali ma non di uso alimentare.
Tre buoni motivi per mangiare il cavolo: fra tutti gli ortaggi è proprio il cavolo
quello più ricco di sostanze antiossidanti con spiccate proprietà antitumorali, utili
ovviamente non tanto quando il tumore si sia già sviluppato, e necessiti di una terapia
certamente chirurgia o di altro tipo, bensì nel lungo e talvolta lunghissimo periodo
che passa dalla iniziale mutazione cellulare fino alla sua trasformazione maligna, che
porta poi alla crescita del tumorale.
1° - il periodo di trasformazione e crescita dura abitualmente anni
2° - le sostanze del cavolo sono molto labili al calore
3° - si attivano schiacciando o masticando la foglia o il fiore del cavolo
Da qui si comprende come sia fondamentale assumere questi vegetali in forma di
alimento fresco e crudo, o al massimo sottoposti a brevissima cottura. Gli isotiocianati
hanno dimostrato un effetto protettivo nei confronti di alcune forme tumorali in
quanto inibiscono alcune fasi della carcinogenesi e inducono l’apoptosi di numerose
linee cellulari. Il principale isotiocianato, il sulforafano, ha dimostrato un marcato
grado di inibizione della crescita di cellule di neuroblastoma, carcinomi della
mammella, del colon e della prostata. Studi epidemiologici hanno mostrato una
significativa riduzione di incidenza del cancro della vescica e del seno in popolazioni
nella cui alimentazione c’erano almeno cinque porzioni alla settimana di broccoli e
cavolo.
Le clorofille
La clorofilla, o meglio le clorofille, sono sostanze peculiari del mondo vegetale,
responsabili delle varie tonalità di verde, ma soprattutto responsabili del processo
biochimico che sta alla base della fotosintesi detta appunto per questo “clorofilliana”.
Pigmenti dunque, di struttura molto simile tra loro, presenti nei cloroplasti delle
piante verdi: si tratta di molecole complesse, simili in tutto e per tutto all’emoglobina
umana, la proteina che nel sangue trasporta ossigeno e anidride carbonica. Nella loro
struttura è presente un atomo di Magnesio al posto del ferro tipico dell’emoglobina.
Le molecole di clorofilla catturano l’energia solare utilizzandola insieme all’acqua per
ridurre la CO2 producendo così glucosio e ossigeno.
67
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
6 CO2 + 6 H2O + E à C6H2O12 + 6 O2
Il glucosio viene utilizzato dalla pianta stessa per nutrirsi e per produrre tutte
le altre sostanze che la compongono, dalla cellulosa agli aromi, mentre l’ossigeno
rappresenta solo un sottoprodotto della reazione e viene poi liberato dalla pianta
nell’atmosfera. Tra i vari tipi di clorofilla si distingue la A, maggiormente rappresentata
e responsabile di una colorazione verde-bluastra, e la B, dal tono verde brillante. Di
minore importanza le clorofille C e D.
Clorofilla C1
Clorofilla A
Clorofilla B
Clorofilla C2
Clorofilla D
La clorofilla presente nelle piante usate come alimenti o negli estratti ottenuti
ad esempio da erba medica, da alghe ecc. sarebbe utile per migliorare l’attività
muscolare e cardiaca in particolare, favorirebbe la riduzione della pressione arteriosa
negli ipertesi. Indicata per aumentare le prestazioni muscolari degli sportivi.
Normalizzerebbe la flora batterica, soprattutto intestinale, oltre ad espletare un
buon effetto deodorante per denti e mucose. Non è ancora stato dimostrato che la
clorofilla nel corpo umano possa essere trasformata in emoglobina. Magari!
Sperimentalmente è dimostrato che la clorofilla determina
- effetti antiossidanti
- sequestro sostanze cancerogene nell’intestino
- riduzione dell’attivazione di sostanze cancerogene
- stimolo alla produzione di globuli bianchi
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Capitolo 2. La salute vien mangiando
- azione chemiopreventiva contro le aflatossine
- attività antimutagena
- migliora l’odore delle feci in pazienti colostomizzati
In casi particolari, oltre all’assunzione che si ha dal punto di vista alimentare, la
clorofilla viene consigliata in alla dose media di 100-200 mg/die o in sciroppo all’1 %,
alla dose giornaliera di ½ - 1 cucchiaino da caffè al giorno, da aggiungere ad esempio
a succo di barbabietola o altra verdura in base alle necessità. In commercio si trovano
tuttavia facilmente integratori che contengono non clorofilla bensì clorofilliana, il
suo sale nella cui molecola l’atomo di magnesio è sostituito da uno di rame.
Le antocianine
Le antocianine (o antocianosidi) costituiscono un particolare gruppo di sostanze
polifenoliche complesse tutte caratterizzate dalla colorazione bluastra, violacea o
rossa, tipica di tutti i frutti del sottobosco, (il mirtillo ne rappresenta il prototipo),
ma anche di molti fiori così come di alcuni ortaggi (cavolo rosso e radicchio rosso).
Quando queste sostanze si trovano allo stato libero dalle molecole zuccherine cui si
trovano legate, allora prendono il nome di “antocianidine”. La delfinidina dei mirtilli
o la cianidina delle more in realtà si trovano pure con sfumature diverse in natura in
relazione al pH della soluzione e delle possibili associazioni con altre antocianine,
per questo si trovano pure nei lamponi o nelle fragole, nel fiordaliso e nel papavero
dei campi, passando dal blu al rosso. Non solo: anche il fiore di Cicoria e della Malva, così come le vari tonalità del fiore delle Ortensie o del rosso dei gerani devono
proprio alle antocianine le loro caratteristiche e sfumature.
R1 = R2 = H: Pelargonidina
R1 = UH, R2 = H: Cianidina
R1 = OCH3, R2 = H: Peonidina
R1 = R2 = OH: Delfinidina
R1 = OCH3, R2 = OH: Petunidina
R1 = R2 = CH3:Malvidina
I frutti del sottobosco contengono la maggior quantità di antocianine, a seguire
tuttavia anche ciliegia, cocomero, pesca, mela e prugne. Nella verdura sono
presenti nel cavolo e radicchio rosso, ma anche melanzana, cipolla rossa e patata.
Recentemente sono state anche proposte interessanti quanto artificiose varietà di
pomodori e di patate che producono elevate quantità di antocianine, comunque
di molto inferiori a quelle, veramente naturali, della frutta di bosco. Ebbene, le
antocianine trovano indicazione come endotelio-protettori per le microangiopatie,
diabetiche e non. Presentano come molti altri polifenoli attività antiossidante,
69
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
anticancerogena, antinfiammatoria e antiaggregante, piastrinica, aumentano la
capacità visiva notturna, e la loro assunzione è raccomandata in forma di frutti di
bosco freschi, ma anche estratti titolati in antocianine, presenti in integratori o in
medicinali, in relazione all’suo che se ne deve fare.
Le antocianine insieme ai tannini concorrono anche al colore del vino, sono
antiossidanti ed i vini rossi sono per questo protetti dalle ossidazioni. Con
l’invecchiamento però, le antocianidine formatesi per idrolisi, si legano ai tannini e
questo comporta il cambiamento del colore verso il marrone scuro. La degradazione
delle antocianine può avvenire anche per temperatura troppo elevata, ed il colore può
virare verso l’arancione. In presenza di co-pigmenti è anche possibile che le antocianine
virino anche il colore di un vino giovane verso un colore più intenso, addirittura
violetto, proprio per lo spostamento dello spettro di assorbimento rispetto a quello
delle antocianine pure. Per il colore dei vini bianchi molto conta invece la presenza
di flavonoidi, catechine ed acidi cinnamici da una parte, la presenza e l’assenza di
antocianine dall’altra. Una considerazione importante: i frutti di bosco contengono
quantità elevate di antocianine rispetto al vino rosso, ed in assenza di alcool.
I tannini
Sono composti di tipo polifenolico, complessi, presenti in fiori, frutta e verdura, ma
in particolare presenti in un vegetale laddove o quando prevalga il colore marrone,
più o meno scuro, fino a vere e proprie sfumature rosso-violacee. Non a caso è
il colore tipico dell’autunno proprio per l’abbondanza di tannini nelle foglie nel
periodo autunnale, o delle cortecce degli alberi o della scorza delle radici. Talvolta
i tannini sono sfruttati dal punto di vista medicinale per le loro proprietà antisettiche
intestinali e antidiarroiche, ma raramente, anche perché sono possibili alcuni effetti
collaterali come la stessa denaturazione delle proteine. Del resto neppure si è mai si
è sentito dire che, nel tempo, l’uomo si sia nutrito mai di foglie secche (!). Anche per
questo il marrone non costituisce uno dei 5 colori fondamentali dal punto di vista
alimentare, e nel libro, proprio per questo, non è previsto il “gruppo del marrone”,
citato solo a questo livello per giusta menzione in quanto rappresenta il momento
della decadenza biologica di molti vegetali. Vi sono poi alcuni vegetali il cui colore
richiama più o meno il marrone, che tuttavia non hanno particolare relazione con il
gruppo dei tannini: basti pensare ai legumi, ai cereali, alla frutta secca, e, volendo,
anche ai funghi e tartufi.
Sono invece alcune sostanze correlabili ai tannini che possono avere una
valenza alimentare, salutistica e anche medicinale, molto utilizzate e consigliabili
nell’ambito della prevenzione cardiovascolare e nella riduzione del rischio tumorale.
In particolare:
a) acido ellagico: un precursore dei tannini, abbondantemente presente nelle
more, lamponi e nelle fragole, dotato di interessanti proprietà preventive sulla
mutagenesi e cancerogenesi.
70
Capitolo 2. La salute vien mangiando
b) le proantocianidine, presenti nell’uva e nel vino, ma anche nel mirtillo, fragole,
lampone, cacao, responsabili di un colore rosso-marrone-vinaccia, costituite da
dimeri/trimeri di catechine e epicatechine, precursori di antocianidine Una sorta
di sostanze equidistanti, anche come colori, dai flavonoidi, dai tannini e dalle
antocianine.
Le proantocianidine presentano attività preventiva sulla cancerogenesi, attività
antinfiammatoria e antiossidante ed una specifica azione di rinforzo sul tessuto
venoso. Diventano quindi un baluardo alimentare nella prevenzione cardiovascolare
a 360°, addirittura sono presenti anche in integratori o utilizzabili come medicinali
contro l’insufficienza venosa periferica, come nel caso di vene varicose, e nella
prevenzione e trattamento di retinopatie, complicanze del diabete e prevenzione
di malattie cardiovascolari, ad esempio in soggetti fumatori o ipertesi.
Legumi e cereali
Se frutta e verdura hanno la funzione di tutte le sostanze utili al nostro organismo
prevalentemente dal punto di vista protettivo, legumi e cereali ci sono indispensabili
per l’assunzione delle sostanze indispensabili dal punto di vista nutrizionale, piuttosto
che funzionale, in quanto fonti di: lipidi, carboidrati e proteine. Vanno cioè a costituire
le famose fondamenta e la struttura della nostra casa della salute, alla quale abbiamo
già accennato.
Tutti conoscono l’importanza di tali sostanze, perché ce ne ha sempre parlato la
scienza della nutrizione, e qui sono sufficienti solo alcune considerazioni comparative.
Sono indispensabili per la nostra stessa sopravvivenza, e ciò indipendentemente dal
loro colore, anche se, pur forzatamente, potrebbero essere tutte identificate in un
teorico “sesto” gruppo: il marrone con le varie tonalità che sfumano ora verso il beige,
ora verso il giallo-rosso, ora verso il viola-nero. Nutrienti contenuti prevalentemente
nei legumi e cereali, cibi centrali nella alimentazione tipica delle nostre terre, della
civiltà contadina in particolare e della dieta mediterranea più in generale. Proprio in
quanto fonte di nutrienti, questi alimenti devono necessariamente essere presenti
tutti i giorni, in modo da garantire non solo le calorie necessarie al fabbisogno
energetico, ma anche la materia prima indispensabile al nostro organismo per la
sintesi di proteine, ormoni, lipidi e zuccheri di deposito.
L’apporto di nutrienti appartenenti a tali gruppi, inoltre, consente al nostro
organismo di affrancarsi dagli alimenti di origine animale, o quanto meno di limitarli
drasticamente, a diretto vantaggio della nostra salute in termini di riduzione del
sovrappeso, dell’aterogenesi e delle varie manifestazioni dismetaboliche correlate,
sistemiche o d’organo (diabete, cardiopatie, Alzheimer ecc.). Senza dimenticare,
peraltro, che anch’essi sono molto ricchi di minerali, fibre e vitamine, lignani e
isoflavoni, indispensabili, per esempio, nella prevenzione della sindrome menopausale
e dell’osteoporosi.
71
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Una considerazione tuttavia è d’obbligo. Cereali e loro derivati (pasta, pane ecc.),
che sono parte integrante della dieta mediterranea, e quindi più o meno già presenti
nell’alimentazione quotidiana delle popolazioni moderne, mentre invece i legumi,
come del resto anche la stessa frutta secca, sono ancora troppo spesso considerati
quasi superflui ed entrano solo saltuariamente nelle nostre diete. Nella maggior
parte dei casi, e nella migliore delle ipotesi, si consuma un piatto di fagioli o ceci
la settimana, più qualche noce o mandorla ogni tanto nel corso dell’anno. Bisogna,
invece, consumarli spesso: a cominciare alla colazione, che consente ad esempio di
inserire fiocchi di cereali, semi, frutta secca, muesli ecc., per finire con i piatti proteici
e ben equilibrati di legumi e cereali più volte la settimana. I vantaggi immediati sono
rappresentati dalla assunzione di:
pochi grassi di origine animale
proteine ad alto valore biologico
carboidrati complessi
lipidi vegetali privi di colesterolo
fibre
Importanti perché apportano carboidrati complessi (soprattutto in forma di amido
e fibre), che consentono di ridurre il livello di glicemia post-prandiale, il livello di
colesterolo nel sangue, anche in funzione della presenza di un elevato quantitativo
di fibre presenti. Inoltre i cereali, e soprattutto i legumi, sono anche buone fonti di
proteine ad alto valore biologico. Se vogliamo trovare una peculiarità per ciascun
legume, tale da farceli rimanere più “simpatici” nella alimentazione settimanale,
allora teniamo presente che:
•
•
•
•
•
• i fagioli sono i legumi più ricchi di minerali e oligoelementi. E tra i fagioli i borlotti
sono i meno calorici e i più ricchi di ferro, potassio, fosforo e selenio.
• i ceci sono i legumi più ricchi di acidi grassi polinsaturi.
• la soia è il legume più proteico.
• le lenticchie sono i legumi portafortuna!
• le fave secche sono i legumi meno calorici.
• i piselli secchi invece sono i legumi più… negletti!
Numerosi studi hanno dimostrato che un’alimentazione ricca in cereali, legumi,
ortaggi e frutta protegge dalla comparsa di numerose malattie molto diffuse nei paesi
sviluppati, in particolare diverse forme di tumore e malattie cardiovascolari (patologie
delle arterie coronarie, ipertensione, infarto), cataratta, malattie dell’apparato
respiratorio (asma e bronchiti), malattie dell’apparato digerente (diverticolosi, stipsi), ecc.
I cereali e derivati sono sempre stati nell’alimentazione italiana la fonte principale
di carboidrati. In un’alimentazione equilibrata il 60% circa delle calorie della razione
dovrebbe provenire dai carboidrati, dei quali almeno i tre quarti sotto forma di
72
Capitolo 2. La salute vien mangiando
carboidrati complessi e non più del quarto restante sotto forma di carboidrati
semplici. L’importanza dei carboidrati deriva dal fatto che vengono assorbiti e
utilizzati dall’organismo facilmente e senza produrre scorie metaboliche, assicurando
alle cellule un rifornimento di glucosio e perciò di energia. L’amido richiede un
certo lavoro digestivo per essere trasformato in glucosio, e per questo motivo
viene assorbito più lentamente. Invece i carboidrati semplici vengono digeriti e
assorbiti più facilmente. Di conseguenza, la presenza contemporanea dei due tipi di
carboidrati (semplici e complessi) nelle proporzioni indicate assicura all’organismo
un rifornimento di energia costante e prolungato nel tempo, tale da evitare brusche
variazioni del tasso di glucosio nel sangue (glicemia). I cereali e derivati, i legumi, gli
ortaggi e la frutta rappresentano inoltre buone fonti di fibra alimentare.
Contenuto in fibre degli alimenti più comuni
INSOLUBILI
g/100 di parte edibile
SOLUBILI
g/100 di parte edibile
Cereali e derivati
Biscotti integrali5,07
Biscotti secchi
1,32
Cereali integrali da colazione
3,63
Pane integrale
5,36
Pane bianco
1,72
Pasta integrale
5,02
Pasta bianca
1,55
Riso integrale
1,40
Riso bianco
0,89
0,94
1,32
2,89
1,15
1,46
1,38
1,15
0,50
0,08
Legumi
Piselli freschi
Ceci secchi
Fagioli secchi
Lenticchie secche
0,48
0,78
0,35
0,92
Verdure e ortaggi
Carciofi bolliti
Carote
Cavolini di Bruxelles bolliti
Cavolo
Frutta
Arance
Fichi secchi
Mandorle
Mele con buccia
Pere sbucciate
Pesche con buccia
5,80
12,45
15,29
12,90
3,17
4,68
2,700,41
4,30
0,74
2,400,34
1,000,60
11,01
1,94
12,040,63
1,84
0,73
2,25
0,62
1,14
0,78
La fibra alimentare di per sé non ha valore nutritivo o energetico ma è ugualmente
molto importante per la regolazione di diverse funzioni fisiologiche nell’organismo.
Essa è costituita per la maggior parte da carboidrati complessi, non direttamente
utilizzabili dall’organismo umano. Alcuni di questi composti (cellulosa, emicellulosa
73
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
e lignina) sono insolubili in acqua, e agiscono prevalentemente sul funzionamento
del tratto gastrointestinale, ritardando lo svuotamento gastrico e facilitando nell’intestino il transito del bolo alimentare e l’evacuazione
delle feci. Invece altri composti (pectine, gomme e mucillagini) sono solubili in
acqua - nella quale formano dei gel resistenti - e regolano l’assorbimento di alcuni
nutrienti (ad esempio zuccheri e grassi) riducendolo e rallentandolo, contribuendo
così al controllo del livello di glucosio e di colesterolo nel sangue. La fibra insolubile
è contenuta soprattutto nei cereali integrali, nelle verdure e negli ortaggi, mentre
quella solubile è presente soprattutto nei legumi e nella frutta, anche se alcuni
prodotti vegetali contengono entrambi i tipi di fibra.
La fibra alimentare facilita il raggiungimento del senso di sazietà, in quanto
contribuisce ad aumentare il volume del cibo ingerito e a rallentare lo svuotamento
dello stomaco. Inoltre sembra in grado di ridurre il rischio di insorgenza di alcune
malattie dell’intestino (quali la diverticolosi del colon) e delle vene (quali le varici),
nonché di importanti malattie cronico-degenerative, quali in particolare i tumori
del colon-retto (probabilmente per la diluizione di eventuali sostanze cancerogene,
per la riduzione del loro tempo di contatto con la mucosa intestinale, e per altri
meccanismi ancora da chiarire), il diabete e le malattie cardiovascolari (probabilmente
regolando i livelli ematici di glucosio e di colesterolo). L’introito raccomandato di
fibra è intorno ai 30 grammi/giorno, quantità superiore a quella che attualmente si
assume in Italia. Per raggiungere i livelli raccomandati è bene consumare più spesso
alimenti ricchi in fibra, invece di ricorrere a prodotti dietetici concentrati in fibra. Le
fibre costituiscono anche un importante supporto a un regime dietetico ipocalorico:
pur non nutrendo, senza essere fonte di energia, consentono di aumentare il volume
della massa degli alimenti introdotti, ma prima ancora, possono contribuire al senso
di sazietà se assunte una o due ore prima del pasto.
Evidentemente il modo migliore di assumere fibre è quello di adeguare
l’alimentazione in modo tale da consentire un giusto apporto quotidiano di fibre
solubili e insolubili, non solo, ma anche un giusto apporto di vitamine, minerali,
acqua, e tutti i costituenti rappresentati dai pigmenti, il cui ruolo è stato fin ora molto
trascurato, e di cui invece abbiamo parlato con dovizia di particolari. Le abitudini
moderne ci hanno invece condizionato al ricorso s cibi sempre più raffinati. Per
esempio, il contenuto in fibre del pane integrale è cinque volte quello del pane bianco.
Quando invece, per motivi di tollerabilità o di salute non si possa aumentare la
quota di fibre con frutta e verdura allora possiamo integrare l’alimentazione con fibre
estratte da vari vegetali e reperibili in piante medicinali e integratori. In questi casi le
fibre più utilizzate sono l’Ispagul, epidermide della Plantago ovata, il glucomannano
presente nella farina di Konjac (Amorphophallus konjac), la farina di Guar da cui si
estrae il Guar o gomma guar, il cui costituente più importante è il galattomannano,
l’acido alginico estratto dalle alghe ma presente anche nella radice di Altea (Althaea
officinalis) ecc.
74
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Inizialmente il trattamento con queste fibre può determinare meteorismo e crampi
addominali: in questi casi si deve giungere alla posologia richiesta gradualmente
nell’arco di alcuni giorni. Avvertenza per tutte le fibre, queste comprese, evitare
la concomitante assunzione di farmaci. Tra queste fibre, forse i migliori risultati
si hanno con il glucomannano, ottenuto dalla radice dell’Amorphophallus konjac,
pianta appartenente alla famiglia delle Araceae: ha la capacità di assorbire acqua
fino a 200 volte il proprio peso, rigonfiandosi a formare una massa gelatinosa che
può essere utilizzata per un parziale riempimento gastrico a scopo dimagrante, per
ridurre l’assorbimento intestinale di lipidi e glucidi, così come per favorire le funzioni
intestinali. Può essere utilizzato anche da pazienti affetti da gastrite, ulcera peptica
o ernia iatale.
I “temibili” grassi alimentari
Quando si parla di grassi si pensa spesso soltanto alla quota di calorie che
forniscono, relativa esclusivamente alla loro quantità, e sono pertanto visti con
timore piuttosto che con tutta l’attenzione che meritano.
Infatti ci si dimentica di due considerazioni importanti:
1°: sono indispensabili, basta rispettare la quantità
2°: conta molto la loro composizione qualitativa.
Infatti in base alla loro composizione chimica li distinguiamo in:
• colesterolo
• trigliceridi
• fosfolipidi
E sono fondamentali per la struttura e funzionalità delle cellule e dell’assetto
neuroormonale. Il problema semmai si pone quando sono in eccesso o quando sono
alterati nei loro rapporti qualitativi.
I grassi ci forniscono energia in maniera concentrata (9 calorie/g, cioè più del
doppio rispetto a proteine e carboidrati), apportano acidi grassi essenziali della
famiglia omega-6 (acido linoleico) e della famiglia omega-3 (acido linolenico) e
favoriscono l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K e dei carotenoidi.
Inoltre, aiutano l’assorbimento di alcune vitamine e di alcuni antiossidanti, hanno
un ruolo importante nella vita delle cellule, e nella “costruzione” di molecole vitali,
come ad esempio gli ormoni.
L’effetto dei grassi sulla salute, però, può essere molto diverso a seconda della
loro composizione. I grassi “saturi” sono tipici dei prodotti di origine animale, pesce
escluso (burro, panna, formaggi, latticini, carni grasse, insaccati), e causano l’aumento
del colesterolo nel sangue (collegato al rischio di malattie cardiovascolari). Meglio,
quindi, limitarne il consumo, soprattutto se si ha la tendenza ad avere per qualsiasi
75
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
motivo valori di colesterolo elevati nel sangue. I grassi “insaturi” si trovano invece
negli oli vegetali (sia di semi che di oliva), nei cereali, in noci e nocciole, nelle olive
e nel pesce. Nelle giuste dosi, oltre ad effetti positivi sul cuore e sulla circolazione,
potrebbero avere un ruolo nella prevenzione di alcuni tumori.
Alcuni grassi sono essenziali per il nostro organismo (come quelli della famiglia
omega 6 e omega 3, caratteristici rispettivamente di oli vegetali e pesce), ma tutti,
in quantità eccessive, sono dannosi.
La giusta quantità dei grassi è una quota energetica vicina al 30% dell’energia
giornaliera. In pratica, si tratta di non superare le 3 porzioni al giorno per i grassi da
condimento (1 cucchiaio se olio, 10 g se burro o margarina per ogni porzione). Anche
senza volerlo, infatti, mangiamo ogni giorno grassi contenuti in altri alimenti. Alcuni
visibili come quelli della carne o del prosciutto, altri invisibili, come quelli del latte
o del formaggio. Un eccessivo consumo di grassi nell’alimentazione abituale rappresenta invece un fattore di rischio per l’insorgenza di obesità, malattie cardiovascolari
e tumori.
Le quantità di grassi che assicurano un buono stato di salute variano da persona
a persona, a seconda del sesso, dell’età e dello stile di vita: una quantità indicativa
per l’adulto è quella che apporta dal 20-25% delle calorie complessive della dieta
(per soggetti sedentari) fino a un massimo del 35% (per soggetti con intensa attività
fisica). Così, ad esempio, in una dieta da 2100 calorie quelle da grassi possono variare
da 420 a 700, corrispondenti a 46-78 grammi. Per i bambini di età inferiore ai 3 anni,
invece, la quota di grassi alimentari nella dieta può essere più elevata.
Le quantità di grassi presenti negli alimenti, sia in forma visibile (grasso del
prosciutto, della bistecca, ecc.) che invisibile (grasso del formaggio, ecc.), variano da
un prodotto all’altro e vanno da valori molto bassi (intorno all’1% in svariati prodotti
vegetali e in certe carni e pesci particolarmente magri) fino a valori molto alti nei
condimenti: l’85% nel burro e nella margarina e il 100% in tutti gli oli.
- I grassi dei cibi ad elevato tenore di acidi grassi saturi tendono a far innalzare il
livello di colesterolo nel sangue ancor più di quanto non faccia l’apporto alimentare
del colesterolo stesso. Fra questi alimenti rientrano soprattutto i prodotti lattierocaseari (formaggi, latte intero, panna, burro), le carni grasse e i loro derivati e certi
oli vegetali (olio di palma e soprattutto olio di cocco).
- I grassi dei cibi ad elevato tenore di acidi grassi insaturi non fanno innalzare il
livello di colesterolo nel sangue. Questi alimenti sono rappresentati soprattutto
da oli vegetali (di semi e di oliva), noci, nocciole, olive e pesce. I grassi insaturi
comprendono sia i monoinsaturi che i polinsaturi.
76
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Composizione dell’olio di oliva
Mix di sostanze
Quali?
A che cosa servono?
Acidi grassi insaturi
Omega-9
Omega-3
Attività antinfiammatoria
Omega-6
PolifenoliOleuropeina
Attività preventiva nei confronti dei danni
Tirosolo
cardiovascolari e dell’insorgenza di tumori
Idrossitirosolo
Alcol omovanillico
Pigmenti
Clorofilla
Antociani
Flavonoidi
Sinergici con i polifenoli
Carotenoidi
Vitamine liposolubili
L’olio di oliva è particolarmente ricco in monoinsaturi, soprattutto acido oleico,
il quale presenta due vantaggi: fa diminuire il livello nel sangue delle lipoproteine
a bassa densità Ldl e Vldl - che trasportano quella parte di colesterolo che tende a
permanere nel sangue e a depositarsi sulle pareti delle arterie (“colesterolo cattivo”)
- e non modifica, o addirittura fa aumentare, i livelli di un altro tipo di lipoproteine:
le Hdl, che operano utilmente per rimuovere il colesterolo dal sangue e dai depositi
nelle arterie e per avviarlo alla eliminazione (“colesterolo buono”).
L’olio di semi è generalmente ricco in polinsaturi del tipo omega-6, efficaci anch’essi
nel diminuire il livello delle Ldl e delle Vldl nel sangue. I grassi del pesce sono ricchi
in acidi grassi polinsaturi del tipo omega-3, capaci di far diminuire nel sangue tanto
il livello dei trigliceridi quanto la capacità di aggregazione delle piastrine (ossia il
rischio di trombosi), proteggendo così l’organismo dalla possibile insorgenza di malattie cardiovascolari. Gli acidi grassi insaturi potrebbero anche svolgere un ruolo
nella prevenzione di alcune forme di tumori.
- Gli acidi grassi trans tendono a far innalzare il livello di colesterolo nel sangue,
favorendo inoltre l’aumento del “colesterolo cattivo” rispetto al “colesterolo buono”.
Sono presenti naturalmente nei prodotti ricavati dagli animali ruminanti (carni e latte)
o possono formarsi durante alcuni trattamenti industriali dei grassi vegetali e quindi
trovarsi negli alimenti trasformati che li contengono. Tra i lipidi di origine vegetale
dobbiamo ricordare in particolare il gruppo degli acidi grassi.
• Acidi grassi saturi. Acido caproico (C6), acido caprilico (C8), acido caprico (C10),
acido laurico (C12), acido miristico (C14), acido palmitico (C16), acido stearico (C18),
acido arachidico (C20), acido behenico (C22), acido lignocerico (C24), acido cerotico (C26), acido montanico (C28) e acido melissico (C30). Il più comune è l’acido
palmitico.
• Acidi grassi monoinsaturi. Il più importante è l’acido oleico, con un solo doppio
legame in posizione 9. Acidi grassi come questo sono anche chiamati ω-9 proprio
perché il punto di flessibilità della catena è a livello della posizione 9.
77
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
• Acidi grassi polinsaturi
- ω-6: a questa categoria appartengono l’acido linoleico (C18:2) e l’acido
γ-linolenico (C18:3) che presentano il punto di maggior flessibilità al primo doppio
legame, appunto in posizione 6;
- ω-3: acido α-linolenico (C18:3), che presenta il primo doppio legame e quindi
il punto di maggior flessibilità della catena in posizione 3.
Al gruppo degli acidi grassi polinsaturi appartengono anche il Dha (acido docosaesaenoico) e l’Epa (acido eicosapentaenoico). Si chiamano anche acidi grassi essenziali (Efa), perché non sono sintetizzabili dal corpo umano, e tra questi anche l’acido
gamma-linolenico.
L’acido linoleico coniugato, similmente all’acido linoleico è un polinsaturo C18:2,
ma con il doppio legame in posizione 9,11 anziché 9,12. È presente soprattutto nell’olio
di girasole ed è utilizzato per normalizzare il metabolismo lipidico e come antiossidante. Gli acidi grassi polinsaturi sono variamente presenti nei semi di molte piante
medicinali: Oenothera biennis, Borago officinalis, Ribes nigrum, Perilla frutescens, Urtica dioica. L’olio di semi di mais e di girasole sono invece più ricchi di ω-6. Gli acidi
grassi polinsaturi sono importanti perché entrano nella composizione dei fosfolipidi
delle membrane cellulari, ma sono anche i precursori dell’acido arachidonico e degli
eicosanoidi derivati per l’azione della ciclossigenasi e della lipossigenasi (prostaglandine, trombossani, prostaciclina e leucotrieni), importanti mediatori chimici dei
processi
infiammatori e dell’aggregazione piastrinica. La somministrazione di acidi grassi polinsaturi si è rivelata utile in dermatiti atopiche, eczemi da contatto, asma bronchiale
e malattie infiammatorie croniche intestinali, e reumatologiche, per interferenza con
la sintesi di interleuchine e leucotrieni.
• Rapporto omega-3/omega-6. In particolare, oggi sappiamo che nell’alimentazione il rapporto tra questi due tipi di grassi deve essere a favore degli omega-3
(facilmente reperibili nell’olio di pesce, nell’olio di semi di lino e di Perilla frutescens
e nelle noci) al fine di sfruttare al meglio le proprietà antinfiamamtorie, antitumorali
e protettive per l’apparato cardiovascolare. Altri lipidi di origine vegetale importanti
nell’ambito della fitoterapia e della nutrizione clinica sono la lecitina di soia: entra
nella composizione di molti alimenti, ma anche di farmaci (nutrizione parenterale),
integratori di fosfolipidi nonché alimenti.
78
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Contenuto in acidi grassi insaturi
monoinsaturi
poliinsaturi
Omega-6
acido γ-linolenico (GLA)
acido linoleico (LA)
Omega-9
acido oleico
Oliva
Arachidi
Canola
Omega-3
acido α-linolenico
70%8% 1%
55%25%tracce
54%30% 7%
Mais
Girasole
Noci
Soia
Borragine
Enotera
Ribes
Canapa
29%57%tracce
15%60-70%tracce
28%21% 5%
23%55% 7%
tracce
20-30% (GLA) + 35% (LA)
tracce
6-11%
8-10% (GLA) + 72% (LA)
tracce
tracce
10-15% (GLA) + 45% (LA)
10-15%
12%
2-5% (GLA) + 50-60% (LA)
15-25%
LIno
Actinidia
Perilla
15-20%15% 55-58%
15-20%15% 60%
5-20%5-15% 55-65%
Alcune considerazioni riassuntive sui grassi
• Moderare la quantità di grassi ed oli che usi per condire e cucinare. Utilizza eventualmente tegami antiaderenti, cotture al cartoccio, forno a microonde, cottura
al vapore, ecc.
• Limitare il consumo di grassi da condimento di origine animale (burro, lardo,
strutto, panna, ecc.).
• Preferire i grassi da condimento di origine vegetale: soprattutto olio extravergine
d’oliva e oli di semi.
• Usare i grassi da condimento preferibilmente a crudo ed evita di riutilizzare i grassi
e gli oli già cotti.
• Non eccedere nel consumo di alimenti fritti.
• Mangiare più spesso il pesce, sia fresco che surgelato (2-3 volte a settimana).
• Tra le carni, preferire quelle magre ed elimina il grasso visibile.
• Uova: da due a quattro alla settimana.
• Non esagerare nel consumo di latte intero.
• Tutti i formaggi contengono quantità elevate di grassi: scegli comunque quelli più
magri, oppure consumane porzioni più piccole.
• Se vuoi controllare quali e quanti grassi sono contenuti negli alimenti, leggere
bene le etichette dei prodotti alimentari.
Semi e frutta secca
Quando si parla di “frutta secca” si intende generalmente riferirsi a un gruppo di
alimenti che invece è costituito dai semi delle piante, anziché dai frutti. Tra questi, in
particolare, le noci, le mandorle e le arachidi. Sono dunque gli alimenti appartenenti
al primo gruppo, generalmente utilizzati per accompagnare aperitivi, per spuntini e
79
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
merende. Hanno tutti la caratteristica di essere ricchi di grassi (oltre il 50% del loro
peso) e, quindi, ipercalorici (600-700 kcal per 100 g). Un vantaggio importante è
rappresentato dal fatto che i grassi sono in prevalenza insaturi. Apportano anche sali
minerali (calcio, potassio, fosforo, ferro ecc.) e molte proteine. Vista la composizione,
sarebbe buona abitudine mangiare tutti i giorni una certa quantità di questa frutta
al mattino, a colazione, in modo da fornire fin da subito una sferzata di energia al
nostro organismo, che serva per le attività della giornata. È ideale per studenti e
convalescenti. Invece, mangiare la sera molta frutta secca significa avere un apporto
di calorie spesso non consumate. Volendo, in questo gruppo si possono far rientrare
anche i lupini. Esiste poi un altro gruppo, cui appartengono i frutti nel senso stretto
del termine, sottoposti però a un processo di essiccazione. In realtà, quindi, volendo
essere rigorosi e a differenza di quanto accade nella pratica, il termine “frutta
secca” dovrebbe essere applicato solo a tali alimenti. Al di là delle disquisizioni
terminologiche, che potrebbero anche apparire inutili, serve comunque mantenere
distinti questi due gruppi soprattutto perché presentano profonde difformità di
carattere nutrizionale, che devono essere conosciute.
Composizione dei semi (per 100 g di parte edibile)
Carboidrati Proteine Grassi
Fibra Energia
Vitamine Minerali
Arachidi 33 g 15 g
46 g
3 g
598 kcla Tiamina
0,2 mg Potassio 585 mg
Riboflavina
0,2 mg Fosforo 490 mg
Niacina
0,1 mgMagnesio
260mg
Arachidi 8,5 g 29,0 g
50,0 g
10,9 g 598 kcal Niacina
14,0 mg Potassio 680 mg
tostate
P 14,2 g Fosforo 283 mg
P/S 2,0 g
Cocco
6,4 g 5,6 g
62,0 g
13,7 g 604 kcal Tracce Potassio 660 mg
S 54,4 g Calcio
23 mg
P/S 0 Fosforo 160 mg
Lupini
7,1 g 16,4 g
2,4 g
114 kcal
Tiamina
0,1 mg Ferro
5,5 mg
ammollati
Riboflavina
0,01 mg Calcio
45 mg
Niacina
0,2 mg Fosforo 100 mg
Mandorle 4,6 g 22,0 g
55,3 g
12,7 g 598 kcal Niacina
3,0 mg Potassio 780 mg
P 10,85 g
Vit. E
26,0 g Calcio 240 mg
P/S 2,4 Fosforo 550 mg
Magnesio
264 mg
Nocciole 6,1 g 13,8 g
64,1 g
8,1 g 655 kcal
Vit. A retinolo eq. 30 μg Potassio 466 mg
P 5,2 g
Vit. E
15,0 mg Calcio
150 mg
P/s 1,3 Fosforo 322 mg
Noci
5,1 g 14,3 g
68,1 g
6,2 g 689 Kcal Niacina
1,90 mg Potassio 368 mg
P 40,66 g
Vit. A retinolo eq.
8 μg Calcio
83 mg
P/S 7,3
Vit. E
3,0 mg Fosforo 380 mg
Pinoli
4,0 g 31,9 g
50,3 g
4,5 g 595 kcal
Niacina
2,7 mg Calcio
40 mg
Vit. A retinolo eq.
9 μg Fosforo 166 mg
Pistacchi 8,1 g 18,1 g
56,1 g
10,6 g 608 kcal
Vit. A retinolo eq. 43 μg Potassio 972 mg
S 5,6 g Calcio
131 mg
Fosforo500 mg
Legenda: P = acidi grassi polinsaturi; S = acidi grassi saturi; P/S = rapporto polinsaturi/saturi.
A differenza dei semi, la frutta secca propriamente detta ha infatti la caratteristica
di essere particolarmente ricca di carboidrati, e non di grassi, pertanto fornisce anche
molte meno calorie rispetto ai semi (200-300 kcal per 100 g). Assai meno della metà.
80
Capitolo 2. La salute vien mangiando
Uniche eccezioni sono:
• il cocco, nel quale scarseggiano le proteine e prevalgono invece i grassi saturi
(poco raccomandabili, se non saltuariamente);
• la castagna, al contrario povera di grassi e ricca di carboidrati, vero seme di ottimo
frutto.
Composizione dei semi (per 100 g di parte edibile)
Carboidrati Proteine Grassi
Fibra Energia Vitamine
Albicocche66,5 g 5,0 g
0,5 g
274 kcla Vit. A retinolo eq. 1090 μg 0,2 mg
(molto ricche in vit. A)
0,2 mg
0,1 mg
Castagne 62 g 5,4 g 120 kcal
lesse
Castagne 62 g 6 g
3,4 g
13,8 g 287 kcal Niacina
2,07 gr
secche
Caldarroste42 g 3,7 g
2,4 g
8,3 g 193 kcal
Farina
6,2 g 6,4 g
3,7 g
343 kcal
di castagne
Datteri 63,1 g 2,7 g
0,6 g
8,7 g 253 kcal Niacina
2,2 mg
Vit. A retinolo eq.
5μg
Fichi
58,0 g 3,5 g
2,7 g
13,0 g 256 kcal Vit.A retinolo eq.
8 μg
Pesche 68,3 g 3,1 g
0,7 g
2,8 g 275 kcal Niacina
5,3 mg
Vit. A retinolo eq.
390 μg
Prugne 55,0 g 2,2g
0,5 g
8,4 g 220 kcal Vit. A retinolo eq.
19 μg
Niacina
1,0 mg
Uvetta 72,0 g 1,9 g
0,6 g
5,2 g 283 kcal Vit. A retinolo eq.
3 hg
Minerali
Potassio 979 mg
Ferro
5 mg
Fosforo 108 mg
Potassio 738 mg
Calcio
56 mg
Fosforo 131 mg
Sodio
11 mg
Potassio 847 mg
Ferro
3,2 mg
Calcio
50 mg
Fosforo 164 mg
Potassio 750 mg
Ferro
2,7 mg
Calcio
69 mg
Fosforo
35 mg
Potassio 1010 mg
Ferro
3,0 mg
Calcio
186 mg
Fosforo 111 mg
Potassio 950 mg
Ferro 0,6 mg
Fosforo 1 17 mg
Potassio 824 mg
Ferro
59 mg
Calcio
59 mg
Fosforo
85 mg
Potassio 864 mg
Ferro
32,3 mg
Calcio
78 mg
Zuccheri semplici e dolci
Questo è un paragrafo dolente. Perché se è vero come è vero che un consumo
moderato di zuccheri semplici non è da bandire, è altrettanto vero che facilmente si
cade nell’eccesso, senza moderazione e soprattutto senza un adeguato e corrispettivo
consumo. E questo squilibrio può portare facilmente alla comparsa delle malattie
dismetaboliche strettamente correlate, quali il soprappeso corporeo, la statosi
epatica, il diabete con tutte le loro conseguenze cardiovascolari. Lo zucchero
propriamente considerato, e cioè il saccarosio non provoca, come qualcuno ha
pensato alterazioni del comportamento, quali iperattività. Inoltre, il consumo dello
zucchero non ha influenza sulle capacità di apprendimento. Tuttavia nel bambino
come nell’adulto è facilmente causa di carie dentaria, in particolare se non è tenuta
81
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
un’adeguata igiene orale. Le caratteristiche nutritive dello zucchero grezzo sono
uguali a quelle dello zucchero bianco. Lo zucchero grezzo (che si ricava sia dalla
canna da zucchero che dalla barbabietola) è semplicemente uno zucchero non
totalmente raffinato: le differenze di colore e sapore dipendono dalla presenza di
piccole quantità di residui vegetali (melassa) che non vantano particolari significati
nutrizionali.
Attenzione anche ai molti prodotti alimentari quali ad esempio i succhi di frutta: la
dicitura “senza zuccheri aggiunti” non significa che siano privi di zuccheri! Contengono
infatti zuccheri naturali della frutta - saccarosio, fruttosio e glucosio- nella misura
dell’8-10% e quindi forniscono circa 70 kcal per bicchiere (200cc). Ugualmente i
prodotti “light” o “senza zucchero” possono far ingrassare e quindi non possano
essere consumati liberamente. Molti di questi prodotti possono apportare anche
molte calorie, inducono un falso senso di sicurezza, che porta a consumarne anche
quantità eccessive. Così pure le caramelle “senza zucchero”, sono in realtà dolcificate
con polialcoli (sorbitolo, xilitolo, e maltitolo), e inducono un effetto lassativo
nell’adulto quando il loro consumo supera 20 g/giorno, pari a circa 10 caramelle.
Quindi è fondamentale:
• moderare il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata, per non superare
la quantità di zuccheri consentita;
• tra i dolci preferire i prodotti da forno della tradizione italiana, che contengono
meno grasso e zucchero e più amido, come ad esempio biscotti, torte non farcite, ecc.;
• utilizzare in quantità controllata i prodotti dolci da spalmare sul pane o sulle
fette biscottate (quali marmellate, confetture di frutta, miele e creme);
• limitare il consumo di prodotti che contengono molto saccarosio, e specialmente
di quelli che si attaccano ai denti, come caramelle morbide, torroni, ecc.;
• lavarsi adeguatamente i denti dopo il loro consumo.
I problemi metabolici possono insorgere con l’eccesso di zuccheri semplici,
facilmente assorbiti e utilizzabili. Il consumo di zuccheri, specialmente se assunti da
soli, provoca quindi in tempi brevi un rapido innalzamento della glicemia (ossia della
concentrazione di glucosio nel sangue) che tende poi a ritornare al valore iniziale
(curva glicemica) entro un periodo più o meno lungo.
È questo “rialzo glicemico” il meccanismo che compensa la sensazione di
stanchezza fisica e mentale e il senso di fame che si avvertono lontano dai pasti o in
tutte quelle situazioni in cui si ha una ipoglicemia o “calo degli zuccheri”. Esso è però
un evento svantaggioso per chi, come i soggetti diabetici, ha difficoltà a utilizzare il
glucosio a livello cellulare. Tuttavia anche nelle diete di soggetti diabetici è possibile
includere gli zuccheri e i dolci, purché consumati in quantità controllate e nell’ambito
di un pasto, ossia accompagnati da altri alimenti e soprattutto da fibra alimentare
che ne rallentino l’assorbimento, evitando così la comparsa di picchi glicemici troppo
elevati. Gli zuccheri semplici possono essere consumati come fonti di energia per
l’organismo, nei limiti del 10-15% dell’apporto calorico giornaliero (corrispondenti,
82
Capitolo 2. La salute vien mangiando
per una dieta media di 2100 calorie, a 56-84 grammi). Particolare attenzione va fatta
nei casi di diabete o in quelli di intolleranza (piuttosto diffusa quella al lattosio).
Poco saggio è sostituire lo zucchero con i dolcificanti artificiali. Meglio ricorrere
alla graduale riduzione dello zucchero. Si tratta solo di abituarsi al gusto e al sapore
più naturale degli stessi alimenti. Del resto, le cattive abitudini come si prendono si
possono anche perdere!
Il sale
Come per lo zucchero semplice, altrettanto dicasi per il sale: cioè con molta
moderazione. Questa la raccomandazione. Se non ci sono controindicazioni
specifiche, solo quanto basta a dar sapore alle pietanze. Infatti già gli alimenti sono
fonte di sodio, anche senza l’aggiunta di ulteriore sale da cucina, costituito appunto
da cloruro di sodio. Ne troviamo negli alimenti allo stato naturale (ad esempio
in acqua, frutta, verdura, carne, ecc.), nel sale aggiunto ai piatti cucinati di tutti i
giorni, ma anche nei prodotti trasformati (ad esempio pane, prodotti da forno, olive,
formaggi, cereali per la colazione o ketchup), in cui il sale è molto di più di quello
che possiamo immaginare. In realtà, il sale naturalmente contenuto negli alimenti
è già sufficiente per le nostre necessità. Aggiungendo sale a quello che mangiamo,
e scegliendo spesso alimenti trasformati ricchi di altro sale, arriviamo ad assumere
molto più sodio del necessario. Secondo alcuni studi, anche dieci volte di più!
Se la nostra alimentazione è troppo ricca di sodio, aumenta il rischio di ipertensione
arteriosa, ma anche di malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni. Soprattutto
in alcune persone. Anche se abbiamo sempre mangiato salato, possiamo abituare
il nostro palato alla riduzione del sale, sia a tavola sia in cucina, specialmente se
lo facciamo gradualmente. Per rendere i cibi saporiti possiamo utilizzare di più le
spezie, le erbe aromatiche, l’aceto e il succo di limone, limitando invece l’uso di dadi
da brodo, senape, salsa di soia, e ketchup, che sono ricchi di sale.
Solo in condizioni di sudorazione estrema e prolungata i fabbisogni di sodio
possono aumentare. Ogni giorno l’adulto italiano ingerisce in media circa 10 g di
sale (cioè 4 g di sodio), quindi molto più (quasi dieci volte) di quello fisiologicamente
necessario. Un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi dell’ipertensione
arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte. Elevati apporti di sodio aumentano
il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso
l’aumento della pressione arteriosa che indipendentemente da questo meccanismo.
Un elevato consumo di sodio è inoltre associato a un rischio più elevato di tumori
dello stomaco, a maggiori perdite urinarie di calcio e quindi, probabilmente, a un
maggiore rischio di osteoporosi. Di conseguenza, ridurre gli apporti di sale può
essere un’importante misura sia preventiva che curativa per molte persone. Studi
recenti hanno confermato che un consumo medio di sale al di sotto di 6 g al giorno,
corrispondente ad una assunzione di circa 2,4 g di sodio, rappresenta un buon
compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al
83
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
sodio. Le principali fonti di sodio sono:
• prodotti trasformati (artigianali e industriali) nonché nei consumi fuori casa (> 50
% del sale)
• sale da cucina casalinga o a tavola (36 %)
• acqua, frutta, verdura, carne, ecc. (10 %)
• dado da brodo, ketchup, salsa di soia
Inoltre è importante ricordare che tra i prodotti trasformati, la principale fonte
di sale nella nostra alimentazione abituale è rappresentata dal pane e dai prodotti
da forno (biscotti, crackers, grissini, ma anche merendine, cornetti e cereali da prima
colazione). Si tratta di alimenti che comunemente non vengono considerati come
possibili apportatori di sale, ma che invece ne contengono più di quanto pensiamo.
Infatti i derivati dei cereali sono una fonte importante di sale, perché li consumiamo
tutti i giorni e in quantità più elevate rispetto, per esempio, agli insaccati, ai formaggi,
alle conserve di pesce o alle patatine fritte, che in assoluto contengono maggiori
quantità di sale ma sono consumati in quantità minori.
Trucchi utili
Per ridurre progressivamente l’uso del sale da cucina conviene ricorrere all’uso
di erbe aromatiche per insaporire i cibi ed altri accorgimenti:
Erbe aromatiche
Dragoncello, aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta,
origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio.
Spezie
Peperoncino, noce moscata, curry, zenzero, curcuma, zafferano, pepe.
Condimenti
Olio extravergine di oliva, con l’aggiunta di aceto, aceto balsamico o limone, che
servano ad insaporire gli alimenti consentendo una riduzione del sale.
Altre regole di buona alimentazione…
Acqua
Medici, nutrizionisti e dietisti consigliano di bere almeno uno o due litri d’acqua
al giorno, perché è questa la quantità di liquidi che quotidianamente eliminiamo.
L’organismo non possiede riserve di acqua e per questo è necessario rifornire il nostro
corpo bevendo tanto e mangiando frutta e verdura. Ancora più importante è bere
durante e dopo l’attività fisica o nella stagione calda per reintegrare al meglio i liquidi
persi. Anche l’acqua del rubinetto va bene: costa poco, non inquina perché non ha
imballaggi ed è sicura e controllata.
84
Capitolo 2. La salute vien mangiando
1. Acqua: sempre, e non solo nel periodo estivo, è opportuno assumere una quantità
di acqua importante, che spesso va oltre le abitudini, di bere solo quando si ha
sete, o di bere soltanto ai pasti.
2. La quantità minima di acqua giornaliera dovrebbe essere di 1,0 - 1,5 litri, lontano
dai pasti, in particolare quando fa caldo, se si sta esposti al sole o si faccia dello
sport, o si abbia la febbre
3. Questi accorgimenti valgono in particolare per gli anziani, nel periodo estivo,
perché possono avere una riduzione del senso di sete
4. Non sostituire l’ acqua con bevande zuccherate o “energetiche” con caffeina o
zuccheri,
5. Una alimentazione ricca di acqua frutta e verdura è sufficiente a reintegrare le
perdite di sali minerali e zuccheri anche dopo aver fatto attività fisica o sportiva
Alcool
1. L’alcool di per se stesso non serve come nutriente al nostro organismo, fa
solo parte di molti alimenti e tra questi di un prodotto delle nostre regioni
mediterranee che è appunto il vino.
2. Il vino è una bevanda ad uso alimentare ricca di sostanze protettive ad attività
antiossidante come il resveratrolo e altri polifenoli, per il quale, in assenza di
sovrappeso, o specifiche malattie del fegato o del tubo digerente, esiste invece
la raccomandazione ad un moderato consumo, sempre durante i pasti.
3. L’alcool è una elemento calorico. Quindi assumerne solo quantità contenute,
evitando alcolici o superalcolici fuori dei pasti, durante l’infanzia, gravidanza e
allattamento, così come se in concomitanza con farmaci che possano modificare
l’attenzione, la coscienza.
4. Relativamente all’uso di alcolici è obbligatorio rispettare le norme del codice
della strada quando si debba accingersi alla guida di un veicolo.
5. Non ha senso pensare di ridurre il rischio di accumulo di alcool quando questo
venga diluito con acqua. In particolare l’uso cronico e i suoi possibili danni su organi
interni quali stomaco, fegato e pancreas, si possono verificare in relazione alla
quantità di alcol assunta, indipendentemente dall’essere o meno diluito in acqua.
Vino
Merita una seppur breve riflessione. E’ il principale ambasciatore dell’enogastronomia toscana e più in generale mediterranea nel mondo, bevanda tipica che tuttavia
non trova posto sui gradini delle varie piramidi alimentare, ma al suo fianco, in
quanto non è un alimento indispensabile, ma un bene “voluttuario”. Se ne consiglia un utilizzo moderato perché contiene alcol, sostanza dannosa sotto molti
punti di vista. Gli uomini adulti e sani non dovrebbero superare i due bicchieri di
vino al giorno e le donne uno, perché sono più sensibili ai danni dell’alcol. Meglio
consumarlo in occasione dei pasti. E mai berne da bambini, in gravidanza, prima di
mettersi alla guida di un veicolo o in occasione di lavori rischiosi o durante tratta85
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
menti con farmaci che agiscono sul sistema nervoso. Con tutte queste attenzioni
può far parte della nostra dieta perché ha anche qualità protettive per la salute,
soprattutto per le malattie cardiovascolari. E poi è parte integrante della nostra
identità culturale. Comunque, chi non ha l’abitudine di bere vino, non dovrebbe
essere incoraggiato ad iniziare a consumarlo.
Importanza della dieta mediterranea
E’ passato mezzo secolo dalla prima pubblicazione scientifica riguardante la
dieta mediterranea e da qualche anno la celebriamo come patrimonio immateriale
dell’Unesco. Tale modello alimentare, la cui componente scientifica è riconosciuta
in tutto il mondo, è ideale per la prevenzione delle più importanti patologie dei
nostri giorni. Dalla prima analisi dello studio delle Sette Nazioni, risalente a circa
50 anni fa, sono seguite una serie di pubblicazioni scientifiche, dimostranti in modo
incontrovertibile come la dieta mediterranea risulti il modello dietetico ideale
per la prevenzione di alcune malattie e per il mantenimento dello stato di salute.
Purtroppo, nonostante tutti i riscontri positivi, negli ultimi anni si sta assistendo ad
una progressiva riduzione dell’aderenza ai profili storici della dieta mediterranea,
con un conseguente effetto negativo sullo dello stato di salute della popolazione.
E’ passato mezzo secolo dalla prima pubblicazione scientifica riguardante la dieta
mediterranea e da qualche anno la celebriamo come patrimonio immateriale
dell’Unesco.
Tale modello alimentare, la cui componente scientifica è riconosciuta in tutto il
mondo, è ideale per la prevenzione delle più importanti patologie dei nostri giorni. E
dalla prima analisi dello studio delle Sette Nazioni, risalente a circa 50 anni fa, sono
seguite una serie di pubblicazioni scientifiche, dimostranti in modo incontrovertibile
come la dieta mediterranea risulti il modello dietetico ideale per la prevenzione di
alcune malattie e per il mantenimento dello stato di salute. Purtroppo, nonostante
tutti i riscontri positivi, negli ultimi anni si sta assistendo ad una progressiva riduzione
dell’aderenza ai profili storici della dieta mediterranea, con un conseguente effetto
negativo sullo dello stato di salute della popolazione.
In particolare la dieta mediterranea ha dimostrato di ridurre in maniera significativa l’incidenza delle malattie cardiovascolari, ben del 30 %, come dimostra il grafico
tratto da una recente pubblicazione sul New England Journal of Medicine.
Anche ricercatori dell’Università degli Studi di Firenze hanno compiuto al proposito numerose indagini di carattere epidemiologico e di ricerca scientifica, ricerche
pubblicate anche su prestigiose riviste internazionali che confermano l’importanza
fondamentale di questa alimentazione, cui dovremmo senz’altro tornare sempre più
“affezionati”. In particolare una ricerca di Sofi e collaboratori, studiando 12 ricerche
pubblicate, ha dimostrato che l’aderenza alla dieta mediterranea della popolazione
riduce in modo significativo il rischio di mortalità legato a varie malattie, come dimostrano la figure seguenti.
86
Capitolo 2. La salute vien mangiando
MD and primary prevention of CVD
Composite end-point (MI, Stroke, or death from any CV cause)
7,447 subjects; follow-up: 4,8 y
HR 0,70 (0,54-0,92); -30%
Estruch et al., NEJM 25 February 2013
Anche ricercatori dell’Università degli Studi di Firenze hanno compiuto al proposito numerose indagini di carattere epidemiologico e di ricerca scientifica, ricerche
pubblicate anche su prestigiose riviste internazionali che confermano l’importanza
fondamentale di questa alimentazione, cui dovremmo senz’altro tornare sempre più
“affezionati”. In particolare una ricerca di Sofi e collaboratori, studiando 12 ricerche
pubblicate, ha dimostrato che l’aderenza alla dieta mediterranea della popolazione
riduce in modo significativo il rischio di mortalità legato a varie malattie, come dimostrano la figure seguenti.
Study
Relative risk (95% CI)
Weight (%)
Relative risk (95% CI)
Trichopoulou et al 1995W1
0,48
0,68 (0,48 to 0,99)
Kouri-Blazos et al 1999W2
0,31
0,79 (0,50 to 1,25)
Lasheras et al 2000W3
0,11
0,48 (0,22 to 1,02)
Trichopoulou et al 2003 2,53
0,75 (0,64 to 0,87)
Knoops et al 2004W5
10,48
0,88 (0,82 to 0,94)
Trichopoulou et al 2005W6
10,48
0,88 (0,83 to 1,04)
4,78
0,93 (0,82 to 0,94)
Mitrou et al 2007 (men)W11
33,20
0,92 (0,91 to 0,94)
Mitrou et al 2007 (women)W11
29,78
0,93 (0,91 to 0,95)
100,00
0,91 (0,89 to 0,94)
W4
Lagiou et al 2006W7
Total
0,1
0,2
0,5
1
2
5
Increased risk
Reduced risk
L’aderenza alla dieta mediterranea riduce il rischio di mortalità in generale dell’8%
(Sofi, 2008, 2010).
87
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Study
Relative risk (95% CI)
Weight (%)
Trichopoulou et al 2003W4
5,90
Relative risk (95% CI)
0,82 (0,69 to 0,97)
Knoops et al 2004 14,34
0,84 (0,76 to 0,94)
Mitrou et al 2007 (men)W11
47,83
0,92 (0,89 to 0,96)
Mitrou et al 2007 (women)W11
31,93
0,93 (0,88 to 0,99)
100
0,91 (0,87 to 0,95)
W5
Total
0,1
0,2
0,5
1
2
5
Increased risk
Reduced risk
L’aderenza alla dieta mediterranea riduce il rischio di mortalità per malattie cardiovascolari del 10 % (Sofi, 2008, 2010).
Study
Relative risk (95% CI)
Weight (%)
Relative risk (95% CI)
Knoops et al 2004W5
17,20
0,95 (0,90 to 1,00)
Lagiou et al 2006W7
1,89
0,84 (0,77 to 1,03)
Fung et al 2006W8
3,64
0,91 (0,82 to 1,01)
Mitrou et al 2007 (men)W11
46,79
0,94 (0,91 to 0,97)
Mitrou et al 2007 (women)W11
24,69
0,96 (0,92 to 1,00)
5,78
0,88 (0,81 to 0,96)
100,00
0,94 (0,92 to 0,96)
Benetou et al 2008W12
Total
0,1
0,2
0,5
1
2
5
Increased risk
Reduced risk
L’aderenza alla dieta mediterranea riduce l’incidenza e la mortalità per patologie tumorali del 6 % (Sofi, 2008, 2010).
Study
Relative risk (95% CI)
Weight (%)
Relative risk (95% CI)
Scarmeas et al 2006W9
31,06
0,83 (0,70 to 0,98)
Gao et al 2007 (men)W10
38,88
0,93 (0,80 to 1,08)
Gao et al 2007 (women)W10
30,06
0,85 (0,72 to 1,00)
100,00
0,87 (0,80 to 0,96)
Total
0,1
0,2
0,5
1
2
5
Increased risk
Reduced risk
L’aderenza alla dieta mediterranea riduce del 13 % il rischio di sviluppare una malattia neurodegenerativa come Parkinson e Alzheimer (Sofi, 2008, 2010). Sofi e coll.
concludono ricordando come la dieta mediterranea è un modello ben noto di dieta
per la prevenzione primaria e secondaria delle principali malattie croniche. Questo
studio aggiunge che l’aderenza alla dieta mediterranea conferisce una protezione
88
Capitolo 2. La salute vien mangiando
significativa per la mortalità generale, nonché per la mortalità per malattie cardiovascolari e l’incidenza di cancro e le malattie degenerative. Pertanto la Dieta Mediterranea può diventare uno strumento efficace di prevenzione per delle principali
cause di morte nella popolazione generale.
Una particolare attenzione infine al ruolo preponderante dell’olio di oliva come
alimento, parte integrante dell’alimentazione mediterranea e del nostro paese in
particolare emerge da una ricerca pubblicata appena nel 2011 da Psaltopoulou e coll.
dalla quale emerge l’importanza di questo alimento nella riduzione di incidenza di
numerose forme tumorali.
La piramide alimentare toscana
Al fine di consigliare al meglio una buona alimentazione per un buono stato
di salute la Regione Toscana ha adottato ormai da qualche anno uno schema di
assunzione settimanale degli alimenti chiamato appunto “piramide alimentare
toscana (Pat)”, pensata per imparare a vivere meglio e in salute, attraverso un concetto
semplice: consumare tutti gli alimenti, senza esclusioni, regolando la frequenza. Più
spesso quelli indicati alla base della piramide, più raramente quelli in alto. La Regione
ne ha registrato il marchio: i prodotti e cibi indicati nella Pat appartengono alle
nostre radici e tradizioni. Per realizzarla sono stati coinvolti ricercatori di università
e di istituti che si occupano di nutrizione insieme alle nostre agenzie che lavorano
per l’agricoltura e la sanità. E’ una iniziativa che interessa tutti, donne e uomini,
giovani, adulti e anziani. Serve per aiutarci a scegliere i cibi per una buona e sana
alimentazione, basata sui prodotti stagionali e legati alla nostra terra. Serve per
migliorare la nostra salute e difenderci dalle malattie più diffuse. Seguendo le
indicazioni della nostra piramide, con pochi e facili accorgimenti e molto gusto,
vivremo meglio. E da semplici consumatori diventeremo dei veri e propri buongustai!
La medicina più efficace per stare bene? C’è. E’ la qualità della vita. E il primo passo
per conseguirla è quello di scegliere una sana, equilibrata e corretta alimentazione.
89
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Scienziati di tutto il mondo concordano sul fatto che l’attività fisica e il mangiare sano
sono fondamentali. Del resto lo dicevano anche le nostre nonne: “siamo quello che
mangiamo”. Il nostro benessere dipende, in larga misura, dalle scelte che facciamo
quando ci mettiamo a tavola. Ma come facciamo a scegliere bene? In base a quali
criteri decidiamo il menù quotidiano? Molto spesso ci troviamo di fronte a consigli
contraddittori, affermazioni inesatte, pregiudizi e gusti personali. Altre volte è la
scarsità di tempo disponibile per acquistare e cucinare i cibi che decide al nostro
posto. Altre ancora è la paura verso alcuni metodi di coltivazione, per esempio l’uso
dei pesticidi, oppure verso certi luoghi di provenienza dei prodotti. Dobbiamo imparare a scegliere i cibi più adatti per mantenerci in salute e qui
la scienza ci può aiutare. La ricerca ha identificato i cibi che possiamo consumare,
più o meno frequentemente, per stare bene. Nasce da qui la “Piramide Alimentare
Toscana” (Pat): una rappresentazione grafica della sana ed equilibrata alimentazione.
Suddivisa su sei livelli, la piramide ci indica le corrette proporzioni dei cibi che non
dovrebbero mai mancare nella nostra dieta. Nel livello più basso, alla base della
piramide, sono rappresentati i cibi da consumare più spesso, mentre man mano che
si salgono i gradini vengono indicati quelli da consumare con minor frequenza. Oggi
esistono specifiche piramidi di molte Nazioni, che coniugano le tradizioni alimentari
con le indicazioni nutrizionali frutto della ricerca scientifica e medica, ma non in
Italia, dove ancora manca una piramide ufficiale così semplice. La Pat è la prima e unica iniziativa esistente, che declina in ambito regionale
prodotti e abitudini per una alimentazione corretta, in linea con le caratteristiche
culturali e con le tradizioni alimentari della regione. La nostra piramide, nasce grazie
al lavoro di un qualificato comitato scientifico, composto da un gruppo di ricercatori
delle università e di vari istituti toscani che si occupano di alimentazione. Gli abbiamo
chiesto di fornirci alcune semplici e comprovate indicazioni, rispettose delle nostre
tradizioni culturali, agricole e gastronomiche, utili per farci vivere in buona salute. Ricercatori e scienziati hanno selezionato alcuni prodotti in base alle loro
caratteristiche organolettiche, alla loro varietà e genuinità, alla vicinanza tra il luogo
di produzione e quello di consumo in modo da consumare cibi più freschi e più sani.
Il risultato è la piramide alimentare toscana, che ci propone 70 prodotti, di cui
65 appartengono alla tradizione toscana; un appropriato consumo di acqua, di vino,
insieme ad una costante attività fisica. I sei scalini della Pat, dal basso verso l’alto,
sono: frutta e verdura; cereali e derivati e olio extravergine di oliva; legumi, frutta
secca, latte e yogurt; pesce e pollame; formaggi, uova e patata; infine carne, salumi
e dolci. A parte, indicazioni specifiche per il vino, l’acqua e l’attività fisica. Tra questi prodotti, la piramide toscana suggerisce pochi ma sicuri orientamenti:
consumare tutti gli alimenti - tutti, senza nessuna esclusione - con una frequenza
diversificata: più spesso i gruppi alimentari posti in basso nella piramide e più
raramente quelli in alto. Vino con moderazione solo ai pasti, e alla base di tutto
molta attività fisica. Insomma con pochi accorgimenti e molto gusto… toscani si
90
Capitolo 2. La salute vien mangiando
diventa anche attraverso l’alimentazione.
L’idea di una piramide alimentare toscana viene lanciata nel febbraio 2006
nell’ambito del convegno “Alimentazione e salute: il modello toscano”, promosso
da Regione Toscana e dalle due agenzie, Arsia (Agenzia regionale per lo sviluppo
e l’innovazione in campo agricolo) e Ars (Agenzia regionale di sanità). A seguito
del convegno viene costituito un gruppo di lavoro di esperti in nutrizione, dalla
produzione al consumo (nutrizionisti, agronomi, medici, farmacologi, veterinari) per
definire i principi ed individuare i prodotti della piramide alimentare toscana.
Il lavoro si sviluppa tenendo presenti 4 obiettivi: - selezionare i cibi, i prodotti, i piatti da proporre come modello per uno stile di
vita corretto e salutare;
- aiutare i consumatori nelle scelte sulla frequenza di consumo dei vari alimenti;
- affermare il valore e l’importanza del consumo di cibi di produzione locale, e le
sue ricadute positive in termini di salute, sicurezza e correttezza alimentare ed
ambientale;
- valorizzare le produzioni tipiche della Toscana, la tutela delle tradizioni, la
biodiversità.
Finalità che sono state raggiunte attraverso l’elaborazione della piramide alimentare
toscana il cui varo ufficiale è avvenuto nell’estate del 2008
Obbiettivi della Pat: salute, economia e rispetto dell’ambiente.
Ci sono almeno tre buone ragioni per decidere di mangiare sano, buono, toscano
e per consumare prodotti locali e di stagione. La prima, come abbiamo visto sopra, è
strettamente legata alla salute. Imparare a mangiare bene, conviene. Lo dimostrano
i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: gli stili di vita non salutari sono
la causa principale delle malattie più diffuse. Una alimentazione sbilanciata, il
soprappeso e l’obesità, insieme alla sedentarietà e all’ipercolesterolemia sono tra
i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie coronariche, gli accidenti
cerebrovascolari, il diabete di tipo 2 ed alcuni tumori molto diffusi. Secondo l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro, quasi un tumore su tre è attribuibile ad
una non corretta alimentazione. Dei circa 40.000 decessi l’anno in Toscana per
tutte le cause, 12.000 sono per tumori e 15.000 per malattie cardiovascolari. Se i
toscani seguissero una dieta equilibrata, ogni anno nella nostra regione si potrebbero
evitare circa 4.000 decessi per tumori e probabilmente altrettanti per malattie
cardiovascolari. L’obesità, che in Toscana riguarda circa il 10% della popolazione, e le malattie
indotte da cattiva alimentazione rappresentano un costo economico altissimo,
stimato in oltre il 7% del totale dei costi della sanità. In Toscana più di 1 milione
e 400mila persone si trovano a rischio di malattie cardiovascolari importanti per
il sovrappeso o l’obesità. Modificare la proprie abitudini alimentari in accordo
91
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
alle raccomandazioni nutrizionali della piramide rappresenterebbe il fattore più
importante nel migliorare la salute collettiva.
La seconda ragione è più squisitamente economica. Comprando dai produttori
locali, e privilegiando l’acquisto diretto al mercato o tramite gruppi organizzati,
si diminuisce il numero degli intermediari tra la produzione e il consumo, e di
conseguenza si riducono i costi con un doppio vantaggio: per il produttore, a cui
è garantita una remunerazione più equa, e per il consumatore, che può acquistare
prodotti migliori pagandoli meno. L’idea di fondo del progetto “filiera corta” della
Regione Toscana è stata proprio quella di creare una rete per la vendita diretta dei
prodotti agro-alimentari. Hanno voluto sviluppare realtà già esistenti - come i mercati
contadini di qualità, i punti di vendita diretta presso cantine, frantoi o caseifici o i
Gruppi di acquisto solidale - ma anche creare iniziative nuove. Sono nati infatti, grazie
ai 3 milioni di euro di finanziamenti regionali nel 2008, molti nuovi mercati e spacci
gestiti dai piccoli produttori locali, che così hanno avuto un rapporto diretto con i
consumatori e un reddito migliore. L’esperienza denominata “mercati a chilometri
zero” o “filiera corta” ha consentito a tutti i cittadini di scoprire lo straordinario
patrimonio dei prodotti tipici e di qualità dei vari territori nelle diverse stagioni. E’
stato un progetto che guardava al futuro recuperando le tradizioni passate.
La terza ragione è di natura ambientale. Ridurre al massimo la distanza tra il luogo
di produzione e il luogo di vendita ha significato diminuire i tempi di raccolta e
trasporto a solo qualche ora, anziché i giorni di viaggio su aerei e camion. Questo ha
consentito di ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. Risultato: arrivano sulla
tavola prodotti più ricchi di sostanze protettive per la salute, si riduce l’impatto
ambientale ed il consumo di risorse inquinanti: sia quello dovuto al trasporto che
quello relativo agli imballaggi. E allora visti i vantaggi della Pat… perché non iniziare
subito a conoscerla per imparare ad utilizzarla al meglio?
92
Capitolo 2. La salute vien mangiando
I livelli della Piramide Alimentare Toscana
Livello 1. Frutta e verdura
Dal punto di vista della salute, frutta e verdura hanno un ruolo protettivo
conosciuto e confermato da decenni di studi condotti su popolazioni di tutti i
continenti. Consumare frutta e verdura in quantità, più volte nel corso della giornata,
e contemporaneamente ridurre il consumo di carne, aiuta a prevenire l’obesità, il
diabete, alcuni tipi di tumori, e contribuisce ad aumentare la durata media della
vita. Inoltre, tra i consumatori più assidui di frutta e verdura sono meno frequenti i
danni alle arterie, si riduce il rischio di infarto e di ictus cerebrale. Fra la frutta è da
privilegiare quella fresca, di stagione, di produzione locale, e molto colorata - giallo,
arancio, rosso, verde intenso - perché contiene una maggiore quantità di sostanze
protettive. Unico accorgimento: fare attenzione alla frutta più zuccherina, come
fichi, uva e banane, per il rischio di assumere troppe calorie. Un rischio quasi nullo
se affrontato con una sufficiente attività motoria.
Per quanto riguarda la verdura, la cottura in acqua può danneggiare alcune sostanze
93
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
antiossidanti, più di quella al vapore, perché alcune passano nell’acqua di cottura.
Da questo punto di vista i minestroni e le verdure stufate sono meglio delle verdure
lesse perché l’acqua di cottura non viene eliminata. Quindi alternare verdure crude
e cotte. Per la verdura lessa preferire la cottura al vapore o comunque una cottura
veloce. Anche per la verdura vale la stessa raccomandazione della frutta: di stagione,
di produzione locale e dai bei colori accesi. I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Mele (in
Toscana: mela rugginosa della valdichiana, mela stayman aretina, mela rotella della
lunigiana); Uva nera (in Toscana: Sangiovese, morellino, colorino); Arance e limoni,
lamponi, mirtilli, more, fragole, ciliegie (in Toscana: mirtillo nero della Montagna
pistoiese, ciliegie di Lari); Pesche, albicocche (in Toscana: pesca cotogna toscana,
pesca regina di Londa); Kiwi, popone (in Toscana: melone della Val di Cornia); Cavolo
nero (in Toscana: cavolo nero riccio di Toscana); Cavolfiore, broccolo (in Toscana:
cavolfiore, fiorentino); Pomodoro (in Toscana: pomodoro costoluto fiorentino,
pomodoro canestrino, pomodoro pisanello, pomodoro tondino liscio da serbo
toscano); Carote, peperoni rossi gialli e verdi, lattuga o scarola, bietola, spinaci (in
Toscana: lattuga quattro stagioni vinata, spinaci della Val di Cornia); Carciofi (in
Toscana: carciofo violetto toscano); Zucchine, zucca (in Toscana: zucchina tonda
fiorentina, zucchina lunga fiorentina, zucchina mora pisana, zucca invernale toscana);
Cipolle, aglio, porro (in Toscana: cipolla rossa toscana, cipolla di Certaldo, cipolla di
treschietto); Ramerino, salvia.
Livello 2. Cereali
I cereali, pur essendo parte del mondo dei vegetali, meritano un discorso a parte
perché vengono consumati quasi esclusivamente come materia prima per prodotti
trasformati tipo pane, pasta e prodotti da forno. Gli studi effettuati dimostrano che
il consumo di cereali integrali, e meno di cereali raffinati come le farine “bianche”,
è protettivo per le malattie vascolari, per alcuni tipi di tumore, per il diabete e
per l’ipertensione, e può favorire un migliore equilibrio fra colesterolo buono
e cattivo. Per questo motivo i prodotti contenenti cereali integrali sono indicati
come base nutrizionale quotidiana nelle raccomandazioni dietetiche dei paesi più
industrializzati. I cereali integrali possono dunque essere consumati in occasione di quasi tutti i
pasti, ma occorre fare un po’ più di attenzione per i prodotti da forno (es. crackers,
grissini, fette biscottate) che insieme al “buono” dell’integrale, portano con sé anche
molti grassi non sempre raccomandabili. A parte il farro, recentemente riscoperto,
l’uso dei cereali integrali è molto limitato nella nostra regione e proprio per questo
è importante sensibilizzare il consumatore sull’importanza di un ritorno ai cereali
poco raffinati e poco trasformati dall’industria. A questo livello della PAT si trova anche l’olio extravergine di oliva che, oltre
ad essere uno dei maggiori ambasciatori della toscanità nel mondo, possiede
94
Capitolo 2. La salute vien mangiando
virtù benefiche nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, dei tumori,
dell’ipertensione, del diabete e di alcune malattie della pelle. La raccomandazione
è di usare olio extravergine di oliva sia per condire che per cucinare. Naturalmente
con moderazione, anche per l’alto contenuto in calorie tipico degli oli e dei grassi.
I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Pane grosso
in filone (in Toscana: pane toscano a lievitazione naturale, bozza di Prato, pane di
Montegemoli, pane di Vinca); Pasta lunga e corta, farro, grano, riso (in Toscana: farro
della Garfagnana, riso della Maremma); Pappa al pomodoro, ribollita, pasta e fagioli,
olio in oliera (in Toscana: olio extravergine di oliva toscano, olio extravergine di oliva
terre di Siena, olio extravergine di oliva Lucca, olio extravergine di oliva Chianti
classico). Livello 3. Legumi, frutta secca e latte
Salendo ancora di un livello, si incontra il gruppo dei legumi, della frutta secca e
del latte. Dal punto di vista nutrizionale, i legumi sono particolarmente utili per la
loro ricchezza in fibre, efficaci nella protezione da malattie come il diabete, alcuni tipi
di tumore e per i problemi vascolari. La frutta secca, ed in particolare noci, nocciole
e mandorle - che fino a ad alcuni anni fa non era ben apprezzata a causa dell’elevato
tenore calorico e la ricchezza di grassi - è ricca di un particolare tipo di grassi, gli
omega-3, che favoriscono un bilancio ideale tra colesterolo buono e cattivo ed
avrebbero anche altre utili azioni per il nostro organismo. Attenzione però: da questo
gruppo è esclusa la frutta secca senza guscio, come fichi, ananas e albicocche secche.
In questo gruppo sono state incluse anche le castagne: pur avendo caratteristiche
molto diverse dalla frutta secca in guscio, sono spesso consumate insieme a pinoli
o noci e possono considerarsi una buona fonte di alcuni micronutrienti importanti
e non vanno trascurate La questione latte e yogurt è oggi un po’ controversa; sembra che possano aiutare
a proteggere da alcuni tipi di tumore, ad aumentare le difese immunitarie, a ridurre i
problemi intestinali e a migliorare la salute delle ossa. Il consiglio del nutrizionista è
quello di consumare latte e latticini tutti i giorni, e i legumi più volte alla settimana. La
frutta secca in guscio può entrare a far parte delle abitudini quotidiane, arricchendo
la prima colazione o gli spuntini o come ingrediente aggiuntivo delle insalate. I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Fagioli non
borlotti e ceci, piselli, fave e lenticchie (In Toscana: fagiolo cannellino, fagiolo zolfino,
fagiolo di Sorana, cece piccino del Valdarno, cece rugoso della Maremma, cecina; fava
lunga delle Cascine); Castagne, noci, mandorle, pinoli, nocciole (in Toscana: castagna
del Monte Amiata, marrone del Mugello, farina dolce di castagne del Pratomagno,
farina di neccio della Garfagnana, pinoli del parco di Migliarino San Rossore, noce
aretina) latte e yogurt. 95
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Livello 4. Pesce e pollame
Il primo prodotto animale che si incontra salendo i gradini della Piramide è il pesce,
che insieme alla carne bianca si trova al quarto livello. Il consumo di pesce, ricco di
grassi omega-3, oltre ad essere un’ottima fonte di proteine animali, si è dimostrato
protettivo verso le principali malattie cardiovascolari, utile per migliorare la fluidità
del sangue e prevenire rischi di aritmie cardiache, ed adatto in gravidanza. Soprattutto
il pesce azzurro è ricco di omega-3, ed è quindi consigliabile consumarlo almeno 2
volte a settimana, preferibilmente fresco o surgelato. I prodotti sott’olio o affumicati
sono meno consigliabili, anche perché molto salati. Anche molluschi e crostacei sono
buone scelte, ma non devono sostituire il consumo dei pesci. La carne degli animali
da cortile, soprattutto polli e tacchini, meglio se ruspanti, è da preferire rispetto a
quella rossa, perché contiene quantità minori di un particolare grasso che secondo
gli studi tende a far aumentare il tipo peggiore di colesterolo (colesterolo Ldl). Insomma: se si consumano prodotti animali, questi sono quelli da preferire,
soprattutto il pesce. I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare
sono: Sarde, acciughe, pesce spada, spigola, orata e trota (in Toscana: palamita, trota
fario appenninica); Pollo (in Toscana: pollo del Valdarno). Livello 5. Formaggio, uova e patate
Al penultimo gradino si trovano prodotti da consumare più saltuariamente:
formaggi - in particolare quelli stagionati - uova e patate. I formaggi sono una buona
fonte di calcio, utile per l’accrescimento e la formazione delle ossa. D’altro canto
sono anche ricchi dei grassi saturi che fanno pendere la bilancia del rapporto tra
colesterolo buono (Hdl) e cattivo (Ldl) verso quest’ultimo. Stesso inconveniente che
si riscontra per le uova, se consumate in eccesso. La patata è l’unica espressione del
mondo vegetale a trovarsi così in alto nella piramide. Si è volutamente distinguere
dagli altri vegetali perché molto ricca in amido e povera in fibre. Per questo motivo
va consumata saltuariamente e non va intesa come sostituto della verdura. I prodotti
presenti a questo livello della piramide alimentare sono: formaggi (in Toscana:
pecorino toscano, pecorini a latte crudo, ricotta toscana, raveggioli), uova. Patate
(in Toscana: patata rossa di Cetica). Livello 6. Salumi e dolci
Carne rossa, salumi e dolci vanno trattati come le cose preziose: poche, ma di
qualità. La carne, soprattutto quella rossa, è un’importante fonte di grassi saturi,
dannosi per il cuore e la circolazione. Più moderazione ancora va posta nell’uso dei
salumi, a causa del loro alto contenuto in sale, nemico della pressione arteriosa ed,
in alcuni tipi, della quantità di grassi molto elevata. Altri elementi presenti negli
insaccati sono legati al rischio di contrarre alcuni tipi di tumore. Fra i salumi, sono
da preferire quelli magri, come il prosciutto e la bresaola. Anche il modo di cucinare
la carne non è esente da rischi, soprattutto per la cottura alla brace ed il fritto, che
96
Capitolo 2. La salute vien mangiando
perciò andrebbero limitati. I dolci sono da consumare con moderazione per il loro alto tenore in grassi e
zuccheri, e lo sbilanciamento calorico che inducono nella dieta complessiva. I dolci,
meno elaborati sono e meglio è. Meglio quelli fatti in casa o artigianali rispetto
a quelli industriali. Sono da considerare dolci anche i biscotti da colazione, le
merendine ed i dolciumi dei bar. E troppo dolci sono anche le bevande commerciali
che perciò trovano posto in questo gradino della Piramide. Meglio evitare rischi,
dunque, e consumare questi prodotti saltuariamente, poche volte a settimana,
scegliendo con cura la qualità. Riferimenti bibliografici essenziali
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Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
di Abele Di Lonardo
Donare il sangue fa bene. A chi?
Cosa è il sangue
Il sangue è un tessuto liquido. E’ contenuto in un sistema di tubi lungo circa
96000 Km costituito da arterie, arteriole, capillari, venule e vene in cui circola
per la forza pulsante generata dal cuore. Il sangue circolante è essenziale per
mantenere in vita l’uomo e rappresenta circa l’otto per cento della massa
corporea per cui un uomo sano che pesa 70 chilogrammi ha circa cinque
chili e mezzo di sangue. Un litro di sangue pesa circa un chilo e cinquanta
grammi; generalmente si considera un litro di sangue equivalente ad un chilo.
La quantità e la composizione del sangue varia leggermente fra maschi e femmine;
di seguito queste differenze non verranno considerate, al fine di semplificare i concetti.
Il sangue si mantiene fluido fin quando circola nel sistema cardiocircolatorio. Quando
si verifica una lesione in un punto qualsiasi di questo sistema, il sangue spinto dal
cuore tende a fuoriuscire attraverso la lesione dando origine ad una emorragia. Ciò
mette a rischio la vita per cui istantaneamente si innesca un meccanismo complesso
tendente all’arresto dell’emorragia, alla riparazione della lesione e al ripristino del
sistema nella condizione di normalità (emostasi). Per questa caratteristica il sangue
prelevato da una vena, immediatamente inizia a “rapprendersi” cioè a coagulare. La
coagulazione del sangue in una provetta genera una parte solida detta coagulo e una
parte liquida detta siero. Però, se nella provetta era stata introdotta una sostanza
anticoagulante, una sostanza che rapidamente sottrae il calcio, il sangue non è più
in grado di coagulare. In questo caso, il sangue in provetta resta liquido e, a causa
della forza di gravità, tende a sedimentare evidenziando due parti: il plasma, parte
sovranatante in quanto più leggera, di colore giallognolo, costituita principalmente
da acqua e una parte inferiore, più pesante, di colore rosso brunastro, costituita da
elementi cellulari o frammenti cellulari.
Pertanto, se mettiamo in un contenitore graduato 100 millilitri (mL) di sangue
anticoagulato e aspettiamo per alcune ore l’azione della forza di gravità si evidenzia
che il plasma rappresenta la maggior parte del sangue, circa il 55% e che la parte
corpuscolata rappresenta circa il 45%. Quest’ultima parte viene indicata con il
termine: “Ematocrito”. Il plasma contiene principalmente acqua (92%), proteine (7%),
grassi, zuccheri, vitamine ed elettroliti (1%). Il siero differisce dal plasma in quanto
non contiene più particolari proteine trasformate nel processo di coagulazione. La
frazione più pesante del sangue anticoagulato, la parte corpuscolata, è principalmente
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
costituita da globuli rossi (4,5 milioni per millimetro cubico di sangue), globuli bianchi
(7 mila per millimetro cubico) e piastrine (250 mila per millimetro cubico). Nel
sangue non anticoagulato, invece, la parte coagulata è costituita da globuli rossi e
bianchi imbrigliati in una rete proteica di filamenti di fibrina polimerizzata e piastrine
fra di loro aggregate. Lo studio del sangue si effettua principalmente con l’esame
emocromocitometrico, il dosaggio e l’elettroforesi delle proteine totali, il dosaggio
dei lipidi (colesterolo, trigliceridi), il dosaggio degli elettroliti (sodio, potassio, cloro),
e del calcio, ferro ed altri oligoelementi.
Funzioni biologiche del sangue
Il sangue è presente in ogni parte del corpo esclusi peli, capelli, unghie e cornee.
Ogni cellula del nostro organismo deve interagire con il sangue circolante per poter
funzionare. Il sangue, infatti, costituisce un imponente sistema di trasporto di elementi
energetici essenziali per il metabolismo cellulare quali zuccheri, grassi, aminoacidi,
che, assorbiti dal tubo digerente, sono trasportati al fegato e da questo a tutto il
resto dell’organismo. Il trasporto di ossigeno dal polmone a tutte le cellule è attuato
principalmente dal sangue (98%) attraverso una particolare proteina contenente un
atomo di ferro, l’emoglobina, che è contenuta nei globuli rossi; la restante quota di
ossigeno è trasportata disciolta nel sangue stesso.
Il trasporto di anidride carbonica, residuo dei processi energetici, avviene tramite
il sangue sia come gas sia come ioni, tra cellule e polmoni o reni. Il trasporto di
cataboliti, sostanze di scarto, avviene tra le cellule ove sono prodotti ed il fegato,
reni, polmoni e cute per essere eliminati come urina, bile, gas, sudore.
Il trasporto di ormoni avviene tra le ghiandole endocrine (ipofisi, tiroide, surreni,
gonadi, pancreas, ecc) e le cellule bersaglio ovunque presenti nel corpo. Il sangue
partecipa alla regolazione dell’equilibrio idro-salino (sodio, potassio, cloro) fra le
cellule, il liquido extracellulare, i reni e i polmoni consentendo scambi di acqua fra i
singoli compartimenti dell’organismo. Attraverso le proteine, gli aminoacidi e gli ioni
nel sangue avviene la regolazione del pH (acidità) che necessariamente deve essere
mantenuto in ristretti limiti fisiologici: 7,36-7,45. Passando attraverso i muscoli, il
sangue si riscalda sottraendo il calore prodotto dai processi metabolici che stanno
alla base della contrazione muscolare. Così riscaldato, il sangue raggiunge la cute
che normalmente è in relazione con la temperatura esterna. Qui cede o recupera
calore a seconda delle condizioni. Se fa freddo, il sangue riscalda la cute disperdendo
attraverso essa l’eccesso di calore prodotto dai muscoli. Se fa molto freddo, il sistema
circolatorio riduce la portata del sangue alla cute esposta al fine di ridurre ulteriori
dispersioni di calore. Al contrario, se fa molto caldo, il sangue aumenta l’irrorazione
della cute e perde parte del calore attraverso l’evaporazione dell’acqua che lì
trasporta, producendo il sudore. Quindi il sangue regola la temperatura corporea
intorno a 37°C in qualsiasi condizione ambientale (omeostasi termica) per consentire
il corretto funzionamento di tutto l’organismo sia all’equatore che ai poli terrestri.
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Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
Della funzione di riparazione di ferite si è già parlato. Il sangue inoltre svolge un’altra
funzione fondamentale: la funzione immunitaria di difesa contro agenti patogeni
(virus, batteri, funghi, parassiti, tossine, ecc) sia direttamente attraverso le cellule che
lo compongono, i leucociti, che indirettamente attraverso il trasporto di anticorpi o
altre sostanze prodotte fuori del sistema circolatorio, nelle linfoghiandole, in ogni
parte dell’organismo e soprattutto nel luogo di ingresso di questi componenti nocivi.
Produzione del sangue
La parte liquida del sangue circolante, l’acqua, è richiamata dall’intestino e
dai reni mediante la funzione di equilibrio idro salino, del controllo del pH,
della concentrazione dell’urina emessa e della produzione del sudore. La parte
corpuscolata, globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, origina da quella “gelatina”
giallo brunastra contenuta all’interno delle ossa: il midollo emopoietico (o osseo).
La cellula che dà origine agli elementi corpuscolati nel sangue circolante è la
cellula staminale emopoietica. Essa, nonostante rappresenti solo l’1-5 per 10.000
delle cellule midollari, ha la capacità di rigenerarsi nel senso che quando si divide
in due, una rioccupa il posto originario e l’altra si avvia nella filiera produttiva del
sangue. Quest’ultima cellula, attraverso successive moltiplicazioni, dà luogo alle
cellule progenitrici dei globuli rossi (eritropoiesi), delle piastrine (trombicitopoiesi),
dei globuli bianchi (granulo-monocitopoiesi) e dei linfociti (linfocitopoiesi). Ogni
cellula progenitrice va in contro a successive moltiplicazioni che ne determinano
un notevole aumento di numero e a successive differenziazioni di funzioni fino ad
arrivare alla produzione di elementi “maturi” che sono immessi nel sangue circolante.
Ogni giorno, il midollo emopoietico produce circa 10 mila miliardi di cellule
del sangue. L’impressionante capacità produttiva è necessaria per mantenere
costanti i normali quantitativi di elementi circolanti. Questi, a causa della loro alta
specializzazione di funzioni, durano relativamente poco: 120 giorni per i globuli rossi,
una decina di giorni per le piastrine, qualche settimana o anno per i linfociti e poche
ore per il resto dei globuli bianchi. La milza, ogni giorno, elimina dal sangue tutte
queste cellule giunte a fine vita. Ancora, dobbiamo considerare che la parte più
longeva del nostro sangue, i globuli rossi, vive solo quattro mesi e che, pertanto,
in quatto mesi rinnoviamo completamente tutti i litri di sangue che abbiamo nelle
vene, sia che ne doniamo una piccola parte, sia che egoisticamente e scioccamente
cerchiamo di conservarcelo! In aggiunta, la quantità di sangue che cediamo con
una donazione, in 10-20 minuti è reintegrata nella parte liquida (60%) attraverso la
funzione di concentrazione dell’urina e attraverso l’assunzione di liquidi non alcoolici
nel ristoro post donazione. La parte corpuscolata necessita per il completo reintegro
di circa una settimana per i globuli rossi e di qualche ora per i globuli bianchi e le
piastrine.
Nella vita fetale la produzione delle cellule del sangue è precocissima: nei primi 5-7
giorni dal concepimento avviene nel sacco vitellino, a 12 settimane prevalentemente
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
nel fegato e nella milza, da 20 settimane prevalentemente nel midollo osseo.
Alimentazione e produzione del sangue
La potenza produttiva del midollo emopoietico ci deve far riflettere sulle
imponenti necessità di approvvigionamento energetico e di materie prime,
cioè di alimenti opportunamente sani e variegati come ad esempio una corretta
alimentazione di tipo mediterraneo. La parte corpuscolata ed invecchiata del sangue
è eliminata attraverso la funzione della milza. In effetti nella milza, coadiuvata dal
fegato, avviene la scomposizione di globuli rossi, bianchi e piastrine in componenti
elementari come gli aminoacidi, i precursori della bile, il ferro; molti di questi
elementi, poi, sono inviati al midollo osseo per il riutilizzo nella produzione dei nuovi
globuli rossi, bianchi e piastrine. Pertanto il fabbisogno di alimenti da introdurre con
la dieta e necessari a fabbricare il sangue è modesto, relativamente al fabbisogno
teorico, proprio a causa del recupero e riciclo delle materie prime. Quello che la
poderosa e portentosa macchina emopoietica non riesce a recuperare a sufficienza
è il ferro ed alcune vitamine tipo l’acido folico e la B12.
Il patrimonio di ferro di una persona sana di 70 Kg è di circa 4 grammi ed è contenuto
per il 70% del totale nell’emoglobina dei globuli rossi. Il fabbisogno giornaliero è
modesto, circa 1 mg al giorno, in quanto nella distruzione dei globuli rossi vecchi,
il ferro emoglobinico viene totalmente recuperato e riciclato nella produzione dei
nuovi globuli rossi. Il fabbisogno giornaliero di una donna in età fertile, a causa delle
mestruazioni, è di 3 mg/die; durante la gravidanza e l’allattamento è di 3-6 mg/die.
Il ferro è presente in molti alimenti. Si trova sotto forma di ferro eme o di ferro
non eme che può essere come ione ferroso (bivalente) o ione ferrico (trivalente). Il
ferro ferrico è poco solubile per cui viene assorbito con più difficoltà. Il ferro eme
si trova solo negli alimenti di origine animale, in particolare nella carne rossa dove è
contenuto nella mioglobina muscolare. E’ facilmente assorbito rispetto al ferro non
eme. Il ferro non eme si trova sia nella carne sia negli alimenti di origine vegetale. I
latticini sono privi di ferro.
Gli alimenti che cedono più facilmente il ferro per l’assorbimento intestinale sono
quindi le carni rosse, il fegato di qualsiasi animale, i legumi, i crostacei. Molti alimenti
come gli spinaci e i carciofi sono ricchi di ferro che, però, è contenuto in una forma
poco biodisponibile per l’assorbimento, quindi risulta scarsamente assorbito e viene
eliminato nella quasi totalità con le feci che, infatti, si colorano di grigio scuro o nero.
La cottura dei cibi e l’azione dei succhi gastrici facilitano la dissociazione degli ioni
del ferro dal resto del cibo. Lasciato lo stomaco, il ferro viene assorbito nella prima
parte dell’intestino, il duodeno. L’assorbimento a livello della mucosa duodenale è
regolato dalla quantità di ferro già presente nell’organismo. Normalmente solo il 10%
del ferro introdotto con gli alimenti viene assorbito; in casi di necessità si arriva al
30%. L’eliminazione del ferro che avviene attraverso l’escrezione urinaria e sudorifera
è scarsa. La perdita delle cellule per rinnovo della cute e della mucosa intestinale
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Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
rappresenta la principale modalità fisiologica di perdita di ferro. In aggiunta, le donne
fertili perdono il ferro principalmente attraverso il flusso mestruale, la gravidanza
e l’allattamento. Riduzioni sensibili del ferro circolante (sideremia) e del ferro di
deposito (ferritinemia) in genere sono dovute a ridotto apporto alimentare o ad
aumentate perdite. La riduzione del già esiguo patrimonio di ferro predispone alla
genesi di anemia microcitica ipocromica ferrocarenziale. Le persone più soggette a
questa complicanza oltre alle donne in età fertile sono le persone che tendono a
micro perdite ematiche dovute a terapie antiaggreganti (aspirina), antinfiammatorie
o perché afflitte da esofagiti, gastriti, ulcere, varici, polipi intestinali, tumori, calcoli
renali con microematuria, ed altro.
Il modesto quantitativo di ferro nell’organismo rappresenta un fattore critico
nella produzione di sangue anche nelle persone celiache. La celiachia è dovuta
all’intolleranza al glutine. Questa intolleranza, geneticamente determinata,
comporta un ridotto assorbimento intestinale di ferro e vitamine B12 ed acido folico,
predisponendo ad una anemia ferrocarenziale e/o ad una anemia macrocitica. La
dieta rigorosamente priva di glutine non genera il malassorbimento intestinale e,
di conseguenza, garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. In questo caso, il
celiaco può anche donare il sangue.
Una particolare attenzione merita l’alimentazione dei vegetariani stretti. Questo
tipo di alimentazione che esclude anche le uova, espone chi la pratica ad un basso
regime di apporto di ferro alimentare. Infatti, è molto difficile coprire il fabbisogno
solo con i vegetali in quanto, come già detto, il ferro ivi contenuto ha una struttura
chimica che ne rende più difficile l’assorbimento. L’aggiunta di vitamina C in genere
favorisce l’assorbimento del ferro, quindi è raccomandato mangiare frutta ricca
di vitamina C: arance, limoni, pompelmi, fragole, kiwi. Frequentemente bisogna
integrare la dieta vegetariana con l’assunzione di ferro per via orale. Le persone
vegetariane che hanno una alterazione genetica ereditaria del metabolismo del ferro
detta emocromatosi, in genere, non sviluppano l’anemia ferrocarenziale in quanto,
proprio per questa alterazione, tendono ad assorbire maggiormente il ferro dagli
alimenti rispetto alle altre persone senza la mutazione. Per completezza, le persone
con la mutazione per l’emocromatosi, proprio perché tendono ad accumulare
patologicamente il ferro nel fegato nel cuore nelle ghiandole endocrine nella cute,
prima ancora che si intossichino, è opportuno che abbiano una alimentazione povera
di ferro e che, se non ci sono altre patologie e gli esami di laboratorio sono normali,
donino periodicamente e costantemente il sangue al fine di ridurre l’eccessivo
accumulo di ferro.
La dieta vegetariana non bilanciata interferisce negativamente nella produzione
del sangue anche per altre vie come il ridotto apporto di proteine e di vitamine fra
cui la vitamina B12. La vitamina B12 è coinvolta nel metabolismo degli acidi grassi,
degli amminoacidi e degli acidi nucleici Dna ed Rna. Questi processi metabolici
stanno alla base della duplicazione cellulare necessaria alla copiosa produzione dei
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
precursori del sangue.
La carenza di B12 è piuttosto rara nella popolazione generale ma non lo è nelle
persone che seguono per molto tempo la dieta vegetariana stretta. La carenza
diventa particolarmente delicata in gravidanza, dove, se presente nella madre, può
avere effetti molto pericolosi per il nascituro. La carenza può essere determinata o
esacerbata anche dall’assenza del fattore intrinseco prodotto nello stomaco e che
facilita l’assorbimento della B12 a livello intestinale. Conseguono disturbi a carico
del sistema nervoso e riduzione della produzione delle cellule del sangue, fino a una
forma di anemia gravissima definita appunto anemia perniciosa.
La vitamina B12 è presente in tutti gli alimenti animali, in particolare nel fegato,
nella carne, nel pesce nel latte e nelle uova ed è resistente alla cottura. Il suo
fabbisogno minimo giornaliero, normalmente coperto dalla dieta sana, variegata ed
equilibrata, è di almeno 2 microgrammi al giorno. L’acido folico, conosciuto anche
come vitamina B9, si trova in abbondanza in alcuni alimenti come le verdure a foglia
verde, di qui il nome, come spinaci, broccoli, asparagi, lattuga, nelle arance, limoni,
kiwi, fragole, legumi, cereali, e nel fegato. Il processo di cottura distrugge la maggior
parte dell’acido folico presente nei cibi per cui si consiglia il consumo abituale di
verdure crude. Alcuni batteri intestinali contribuiscono al fabbisogno giornaliero che
è di circa 100-200 micromicrogrammi.
L’acido folico è idrosolubile per cui si perde con l’urina e quindi non forma
depositi. Intolleranze alimentari come la celiachia ne riducono l’assorbimento
quotidiano. L’acido folico è essenziale per la sintesi del Dna, in cui coopera con
la vitamina B12, e delle proteine. E’ essenziale per la formazione dell’emoglobina
contenuta nei globuli rossi ed è particolarmente importante per i tessuti che vanno
incontro a processi di proliferazione e differenziazione come, appunto, il tessuto
emopoietico. L’acido folico è essenziale anche nella crescita embrionale per la
prevenzione delle malformazioni a carico del tessuto cerebrale, come la spina bifida.
Durante la gravidanza, quindi, il fabbisogno di acido folico raddoppia fin dall’inizio.
Ancora, contribuisce ad abbassare i livelli dell’omocisteina nel sangue, riducendo
così il rischio di malattie cardiovascolari e trombotiche. Negli adulti, la carenza di
acido folico può manifestarsi con l’anemia megaloblastica simile a quella causata
dalla carenza di vitamina B12. Un elevato consumo di alcool, la celiachia e alcune
anomalie genetiche riducono l’assorbimento di acido folico.
Per la produzione del sangue è necessaria, inoltre, la vitamina B6 nota anche come
piridossina. La presenza della vitamina B6 influenza la sintesi dell’emoglobina e il
metabolismo dei carboidrati e dei lipidi. La carenza di B6 è piuttosto rara; solitamente
causa apatia e debolezza e una forma di anemia ipocromica diversa da quella per
carenza di ferro.
La vitamina B6 è molto diffusa tra gli alimenti, nella carne, nel pesce, nei legumi. Il
fabbisogno giornaliero è stimato in almeno 1,1 mg al giorno per le donne e 1,5 mg al
giorno per gli uomini. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la nutrizione
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Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
adeguata e la salute sono da considerarsi diritti umani fondamentali. Lo stato di
salute di una persona è fortemente influenzato dal livello quantitativo e qualitativo
della nutrizione. Una dieta corretta previene molte malattie. Quasi tre milioni le vite
si potrebbero salvare ogni anno nel mondo solo attraverso un consumo sufficiente
di frutta e verdura fresca. L’aggiunta di proteine nobili, come quelle contenute nella
carne, soddisfa inoltre il supporto di vitamine ed alti elementi fondamentali come la
B12, la B6, il ferro, utili anche per la produzione del sangue. L’utilizzo di olio di oliva
extravergine contribuisce sia al supporto energetico sia alla prevenzione di patologie
indotte da alimentazione scorretta. Come non rivalutare la nostra alimentazione
tradizionale, pre industriale? La proporzione dei tipi di alimenti e la qualità dei cibi
che mangiamo sono alla base di uno sviluppo umano completo, sia fisico che mentale.
D’altra parte, cibi di cattiva qualità, contaminati o non conservati correttamente
possono costituire fattori di rischio consistenti e sono causa di malattia e morte per
molte persone ogni anno. Inoltre, anche una alimentazione squilibrata o scorretta
può generare condizioni di disordine o vere e proprie patologie del sangue anche
fatali come anemie, facilitazione di trombosi, infarti.
Dono del sangue
Solo gli ignoranti non sanno che il sangue va donato. A tutti è noto che le popolazioni
civili assicurano un sistema sanitario complesso fatto di strutture, professionisti,
organizzazione, strumentazioni, approvvigionamento di materiale sanitario, di
farmaci, ecc. Il livello assistenziale sanitario in Italia è piuttosto eccellente anche
se non omogeneamente distribuito. Nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) esiste
anche la terapia trasfusionale. Questa consente terapie salvavita di pronto soccorso
e terapie di supporto a pratiche terapeutiche complesse che inevitabilmente hanno
bisogno di sangue o di componenti del sangue come emazie concentrate, piastrine,
plasma, cellule staminali o di prodotti farmaceutici ottenuti industrialmente dal
sangue come albumina, immunoglobuline specifiche (es. antitetaniche, anti Rh) e
generiche (IgG endovena), antitrombina, fibrinogeno, fattori antiemofilici, ecc). Oggi
è impossibile intraprendere grossi interventi chirurgici o chemioterapie o trapianti
d’organo o trapianti di cellule staminali o emoterapie croniche (anemia mediterranea,
mielodisplasia) se non è presente un adeguato servizio trasfusionale ed una generosa
disponibilità di unità di sangue e dei suoi prodotti. Come può il Servizio Sanitario
Nazionale (Ssn) approvvigionarsi di sangue? Quale stabilimento può produrre il
sangue e produrlo nelle quantità necessarie? Dove si può comprare? Poiché non
esistono fabbriche del sangue in nessuna parte della Terra, sono i servizi trasfusionali
che hanno il compito e la missione di procurarlo. (non possono comprarlo come
avviene per qualsiasi altro bene). Pertanto l’unico modo per assicurare il supporto
trasfusionale a chi è nello stato di bisogno è la donazione consapevole, periodica
volontaria e gratuita di sangue da parte di persone adulte e sane che per loro fortuna
si trovano in una condizione di salute migliore. E’ necessario rendersi conto che le
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
uniche “fabbriche” di sangue attualmente esistenti siamo NOI! Dentro ognuno di noi
esiste quella portentosa “fabbrica” che continuamente produce sangue senza che
noi ce ne accorgiamo. Possiamo implementare il miglior Ssn ma se non gli forniamo
volontariamente il sangue di cui necessita è come aver messo a punto la più bella
e potente Ferrari e non rifornirla di carburante, non correrà mai. Solo chi ignora
queste considerazioni, un ignorante appunto, è scusabile per il mancato dono. Noi
altri, informati e spinti da solidarietà civile, filantropica o cristiana, dobbiamo farlo,
volontariamente e consapevolmente. Inoltre, a causa della breve sopravvivenza
del sangue donato, spesso i servizi trasfusionali hanno scorte solo per pochi giorni.
Questo comporta che il sangue deve essere donato periodicamente e con costanza.
In un mondo civile, chi ha bisogno di sangue per la sua patologia deve poterlo ricevere
subito e in quantità e tipologie adeguate; mai deve sentirsi dire: “non c’è sangue …”.
Consapevolezza nel dono del sangue
Quando decidiamo di donare il sangue, senza accorgercene, intraprendiamo
una sorta di percorso ad ostacoli che ha come scopo la tutela della nostra salute e
quella dei riceventi il nostro dono. Dobbiamo assumere un comportamento sincero,
scrupoloso e collaborativo in ogni fase del percorso. Se volessimo fare un regalo ad
una persona a noi cara, cui teniamo molto, cureremmo tutti gli aspetti relativi alla
scelta del regalo, al significato intimo che vogliamo trasmettere, alle modalità di
attuazione, all’aspettativa di gradimento. Ebbene, nel dono del sangue dobbiamo
assumere un comportamento ancora più sincero, scrupoloso e collaborativo in
quanto il beneficiario è il nostro prossimo che versa in condizioni critiche. Ogni
volta che ci accingiamo a donare il sangue, dobbiamo metterci in discussione,
meditare sulle nostre abitudini di vita e alimentari per migliorarle e ulteriormente
migliorare il nostro dono. Si inizia in sala d’attesa con la lettura di avvisi su stili di
vita e/o patologie che sono contrari alla donazione; lo scopo di queste informazioni
è quello di consentire al candidato donatore una autonoma valutazione con
eventuale autoesclusione dalla donazione. Si prosegue con la compilazione di una
scheda anagrafica completa dei dati identificativi e la sottoscrizione del consenso al
trattamento riservato dei propri dati sensibili, come previsto dalle tutele sulla privacy.
Nella scheda o in moduli aggiuntivi, sono di nuovo riportate informazioni su abitudini
di vita e patologie pregresse che escludono a priori la possibilità di donare. Si compila
un questionario con risposte univoche, si o no. Il questionario, compilato da soli o
con l’ausilio di chiarimenti da parte del medico, è specifico per valutare antecedenti
sanitari, esami diagnostici invasivi, terapie e abitudini personali che escludono
permanentemente o temporaneamente dalla donazione. Anche le mete turistiche
hanno rilevanza nella sicurezza trasfusionale. L’analisi di viaggi effettuati in zone
epidemiologicamente diverse dalle nostre è di grande rilevanza in quanto potremmo
avere in incubazione patologie esotiche (malaria, virus del Nilo ovest, chikungunya,
dengue, febbre gialla, ecc.) trasmissibili con il sangue. Va indagato, poi, lo scopo del
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Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
viaggio onde evitare le donazioni di chi effettua turismo per sesso. Chi ha passato sei
mesi o più di vita nel Regno Unito,(tra il gennaio 1980 e dicembre 1996 o lì ha subito
trasfusioni nello stesso periodo), viene permanentemente escluso dalla donazione
di sangue come misura cautelativa nei confronti della trasmissione del morbo della
mucca pazza, malattia di Creutzfeldt-Jacob. Si ritiene che l’uomo possa contrarre la
malattia consumando carni di animali infettati con la forma bovina della malattia, ciò
che è avvenuto nel Regno Unito. Particolare attenzione richiede la valutazione di chi
ha effettuato piercing o tatuaggio. Queste pratiche, oggi molto comuni, rispetto a chi
ne è esente, espongono a rischi di natura infettiva chi le subisce e, di conseguenza,
aumentano i pericoli per loro e per chi riceve le loro donazioni. Il piercing consiste
in forature della cute o delle mucose con materiali rigidi lasciati in loco. Anche se
perfettamente sterili all’origine, questi corpi estranei non garantiscono la sterilità
nell’applicazione e per il tempo di permanenza sul corpo di chi li indossa. Spesso i
luoghi di applicazione e gli operatori non rappresentano il massimo della sicurezza. I
comportamenti sessuali a rischio aumentato di trasmettere infezioni sono considerati
quelli di coloro che hanno rapporti con più partners e quelli, protetti e non protetti,
avuti con un partner anti-Hiv o anti-Hcv o HBsAg positivo o lue positivo o occasionale
o tossicodipendente o che si prostituisce o che ha subito trasfusioni di sangue e/o
emoderivati o sottoposto a trapianto d’organo. Questi comportamenti se sporadici
e pregressi escludono dalla donazione per quattro mesi dall’ultima esposizione.
Comportamenti sessuali abituali ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive
trasmissibili con il sangue determinano esclusione permanente dalla donazione. La
tossicodipendenza esclude dalla donazione per due motivi: la scarsa considerazione
della propria salute a favore delle sostanze nocive e conseguente propensione a
sottostimare i rischi connessi; l’uso di strumenti nell’assunzione che incrementano il
rischio di contrarre e trasmettere infezioni. L’uso occasionale e pregresso di droghe
(cannabinoidi) per via orale o inalatorio, esclude per quattro mesi. L’uso endovenoso
o intramuscolare di sostanze stupefacenti, di steroidi, ormoni o altre sostanze
farmacologiche a scopo di culturismo fisico comporta l’esclusione permanente.
Le abitudini alimentari hanno rilevanza. L’iponutrizione, spesso per diete fuori del
controllo sanitario, con uno scarso apporto alimentare di proteine, può inficiare la
qualità del plasma; così gli eccessi di lipidi nel sangue, come dopo aver mangiato,
possono interferire con alcuni esami per la valutazione della donazione; il sovrappeso
e l’obesità, esempi di cattiva alimentazione, spesso si associano ad aumento delle
transaminasi che può confondersi con quello associato ad epatiti, magari non B e non
C. L’aumento dello zucchero nel sangue, glicemia, per diabete non adeguatamente
curato o per assunzione di cibo prima della donazione, facilita la crescita di eventuali
batteri presenti nella sacca di sangue in attesa dell’utilizzo.
Protocollo per l’accertamento dell’idoneità del Donatore
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
La donazione del sangue è una procedura carica di significato, foriera di benefici
spesso salvavita ma potenzialmente può rappresentare un mezzo per la trasmissione
di agenti capaci di determinare nel ricevente effetti indesiderati. A scopo divulgativo
gli effetti indesiderati possono essere raggruppati in due categorie: infettivi (epatite,
sifilide, aids, setticemie, malaria, ecc) ed immunitari (incompatibilità Ab0, Rh, Hla,
Gvdh, Trali). In Italia l’attività trasfusionale è particolarmente regolamentata in
ogni fase del processo, dal donatore al ricevente finale. Il protocollo ministeriale
per l’accertamento dell’idoneità del donatore descrive le fasi da seguire ad ogni
donazione. La valutazione delle condizioni generali di salute del donatore mira ad
accertare la presenza di debilitazione, iponutrizione, edemi, anemia, ittero, cianosi,
dispnea, instabilità mentale, abuso di alcol, uso di stupefacenti. I requisiti fisici
contemplano età (da 18 a 65 anni), peso (da 50 Kg in su), pressione arteriosa (la
massima deve essere compresa tra 110 e 180 mm/Hg, quella minima tra 60 e 100),
frequenza cardiaca (compresa tra 50 e 100 al minuto, frequenze inferiori negli
sportivi vanno valutate singolarmente). Alcuni requisiti variano in funzione del
tipo di donazione (sangue intero, aferesi di piastrine o plasma o globuli rossi). Gli
accertamenti bioumorali necessari al medico per la valutare l’idoneità del donatore e
della donazione prevedono la misura del valore dell’emoglobina che per la donazione
di sangue intero deve essere ≥ 12,5 g/dl nella donna e ≥ 13,5 g/dl nell’uomo, la
protidemia e la capacità coagulativa (PT e PTT) nel caso di donazioni in aferesi.
Su ogni donazione, poi, sono effettuati i seguenti esami:
emocromo completo, transaminasi, HBsAg, HCV ab, HIV1-2 ab, HBV nat,
HCV nat, HIV1 nat, sierodiagnosi per la Lue, gruppo AB0, fenotipo Rh completo,
gruppo Kell, test di Coombs diretto ed indiretto.
Inoltre, per il donatore periodico, annualmente sono effettuati anche:
azotemia, creatinina, uricemia, glicemia, protidemia, colesterolo, trigliceridi, sideremia e ferritina. In sintesi, ad ogni presentazione di un donatore intenzionato ad
effettuare una donazione, il medico responsabile della selezione, per poter esprimere
il giudizio di idoneità, deve valutare l’esame obiettivo generale, la storia sanitaria, le
dichiarazioni sottoscritte nel questionario, lo stile di vita, le abitudini alimentari, gli
esami preliminari (pressione sanguigna, frequenza cardiaca, peso, altezza, emoglobina). Su ogni unità di sangue donato, affinché possa essere dichiarata trasfondibile,
devono essere eseguiti e con esito negativo gli esami su menzionati. A tutela della
salute del donatore periodico, in aggiunta, sono eseguiti gli esami previsti annualmente. Come se non bastasse, motivando, il medico è tenuto ad effettuare anche altre
indagini cliniche o di laboratorio che ritenga necessari per la sicurezza sia trasfusionale sia del donatore. Tutti i risultati degli esami clinici, di laboratorio o strumentali
praticati ad ogni singola donazione sono inviati in busta chiusa al donatore. Nel caso
di un accertamento alterato o di esame obiettivo e anamnestico positivo, quando
cioè il donatore viene dichiarato temporaneamente non idoneo, si avvia la procedura
ambulatoriale per la migliore definizione diagnostica e terapeutica. Solo successiva108
Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
mente alla risoluzione della problematica, il donatore può essere dichiarato idoneo
e inserito nel programma di donazione.
Medicina preventiva attraverso l’attività di donazione del sangue
Si intuisce facilmente come il protocollo di accertamento dell’idoneità alla
donazione generi contestualmente un momento di medicina preventiva per il
donatore. Per esplicitare praticamente questo concetto riporto i risultati di uno
studio personalmente eseguito sulle cause di non idoneità alla donazione di 7676
candidati donatori presentatisi in un anno presso il centro trasfusionale di Benevento,
ove lavoravo. Queste cause di inidoneità alla donazione, anche se con percentuali
variabili, sono comuni a tutte le popolazioni di donatori. Va precisato, però, che là
dove i donatori sono più periodici e con piccola percentuale di donatori nuovi, queste
cause di esclusione sono tendenti a zero. Il che significa che più la popolazione
dona, più si incrementa la salute e la qualità di vita in quella popolazione. Spesso,
il miglioramento salutare della popolazione è connesso principalmente al
miglioramento dell’educazione alimentare e alla qualità dei cibi introdotti.
Motivo dell’esclusione
Transaminasi
Anamnesi, stile di vita
Emocromo, bilirubina, glicemia,
iposideremia
Epatite C
Epatite B
Sifilide (IgG+IgM)
Coombs diretto
Coombs indiretto
Altro
HIV
791
277
% su 1449
esclusi
54,59 %
19,11%
307
21,19%
4,0%
32
16
11
5
3
6
1
2,21%
1,10%
0,76%
0,34%
0,20%
0,41%
0,07%
0,4%
0,2%
0,1%
0,06%
0,04%
0,08%
0,01%
quantità
% su 7676 candidati donatori
10,3%
3,6%
Devo premettere che nella casistica in esame, oltre ai requisiti minimi previsti
nel protocollo ministeriale di selezione, sono stati utilizzati ulteriori requisiti
nella speranza di tutelare maggiormente la salute del donatore e del ricevente. In
particolare, secondo il protocollo localmente in uso, le transaminasi Gpt (o Alt)
sono state determinate prima della donazione. Questo ha consentito di rinviare
la donazione di chi presentava valori fuori dell’intervallo dichiarato normale dalla
metodica (invece che 1,5 volte il normale). Attualmente il valore delle Gpt, attraverso
un decreto del Ministero della Salute del 5.12.2006, è stato escluso dagli esami
109
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
obbligatori per dichiarare trasfondibile il prodotto della donazione ed è stato inserito
fra gli esami per valutare la salute del donatore. Si è passati, così, da un’epoca in cui è
stato vietato l’uso trasfusionale del sangue il cui donatore presentava Gpt aumentate
oltre 1,5 volte il limite massimo normale per la popolazione di riferimento, ad una
condizione in cui questo esame, e quindi il risultato, non rientra fra gli esami di
validazione trasfusionale. Questo per spiegare il 10,3% di esclusioni in pre donazione
su 7676 candidati donatori. I candidati donatori esclusi sono stati oggetto di studi
ulteriori e si è visto che nella quasi totalità dei casi, il dato della Gpt era associato
all’aumento dell’indice di massa corporea oltre 25 (v.n. 18-25) con negatività degli
esami virologici per epatite B e C e per Hiv. Effettivamente questi candidati donatori
sottostimavano inconsapevolmente le loro cattive abitudini alimentari sia per
quantità eccessiva di calorie introdotte sia per qualità degli alimenti: grassi, birra,
vino, bevande gasate, dolciumi preconfezionati. Il colloquio sanitario e il programma
di educazione alimentare, intrapreso da molti esclusi con l’aiuto dei nutrizionisti
dell’ospedale, hanno generato due effetti virtuosi: la rieducazione alimentare con
normalizzazione delle Gpt e la successiva fidelizzazione alla donazione in circa il 50%
dei precedentemente esclusi.
L’esecuzione dell’esame emocromocitometrico completo ad ogni donazione
consente di valutare più approfonditamente la capacità produttiva del midollo
emopoietico. I valori che riguardano la serie rossa sono la conta dei globuli rossi,
il volume corpuscolare medio (Mcv), il contenuto assoluto di emoglobina (Hb), il
quantitativo medio di emoglobina per globulo rosso (Mch), la concentrazione
media di emoglobina in ogni globulo rosso (Mchc), la variabilità nella forma nella
popolazione dei globuli rossi (Rdw). I dati relativi consentono di valutare eventuali
anormalità e, completati con la valutazione dei reticolociti (globuli rossi neoprodotti)
e del patrimonio del ferro, consentono di classificare le varie tipologie di anemia:
microcitica, macrocitica, ipocromica, ipercromica, iporigenerativa, iperrigenerativa,
acquisita, costituzionale (talassemie). Non è raro il riscontro di anemie modeste
associate a carenza di ferro, peraltro ben tollerate, soprattutto in donne in età fertile
o in diete ferrocarenziali di cui ho già parlato. Possono essere riscontrati eccessi
di produzione di globuli rossi (policitemie) in cui è utile valutare se primitive o
secondarie a fumo, patologie respiratorie, cardiocircolatorie o renali.
Non di minore importanza è la valutazione della produzione della serie bianca:
conta dei leucociti, conta dei valori assoluti o percentuali di neutrofili, eosinofili,
basofili, linfociti e monociti o la presenza di elementi figurati anomali. Saranno
eventualmente studiate leucocitosi o leucopenie, assolute o relative ad una sola
popolazione di globuli bianchi. A volte basta una piccola infezione alla radice di un
dente per alterare questi valori. Però, è noto che, anche se non frequentemente,
banali e misconosciute infezioni (leucocitosi) possono causare complicazione a
distanza (renali, cardiache).
La conta delle piastrine non è di minore importanza. Aumenti nel numero
110
Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
(piastrinosi) possono favorire la formazione di trombi nei vasi ed eventuali embolie.
Dopo ulteriori accertamenti, spesso questi accidenti possono essere prevenuti con
la semplice somministrazione di aspirina. Riduzioni (piastrinopenie) possono favorire
stravasi ematici (petecchie, ecchimosi) o emorragie. Le piastrinopenie possono essere
spia di epatopatie, malattie autoimmuni, malattie gravi del midollo emopoietico.
A volte si riscontrano valori aumentati di zucchero nel sangue (glicemia) anche se
è stato osservato il digiuno pre-donazione. Alterazioni quantitative e qualitative del
colesterolo e trigliceridi non sono rare. In questi casi i donatori sono indirizzati ai
diabetologi, internisti e nutrizionisti per approfondire le cause di queste alterazioni
a volte a carattere familiare.
Gli esami sierologici eseguiti sulla donazione consistono solo nella ricerca di agenti
associati ad epatite B e C, ad immunodeficienza acquisita (Aids) e a sifilide. Questi,
associati alla valutazione dello stile di vita e alle abitudini sessuali (counseling), in caso
di positività evidentemente non conosciuta, consentono al candidato donatore non
idoneo di effettuare precocemente ulteriori accertamenti e cure specifiche. Il 10%
dei soggetti HBsAg positivi non hanno mai manifestato i sintomi o i segni di epatite.
Questi, pur apparentemente sani, sono infetti ed infettanti attraverso le note vie di
trasmissione. Analogamente circa il 2% della popolazione presenta positività per
l’epatite C (antiHcv) quasi sempre senza segni e sintomi. La tanto temuta infezione
da virus dell’immunodeficienza umana (Hiv), per nostra fortuna, non è frequente
come le altre infezioni virali ricercate sui donatori. Fatto sorprendente, ma non tanto,
è la prevalenza di infezione da treponema pallido, la sifilide, una malattia ritenuta
a torto scomparsa e che invece affligge come le epatiti B o C e decisamente più
frequentemente dell’Hiv. Considerando che tutti i candidati donatori non sapevano
di avere queste alterazioni infettive, si capisce ulteriormente l’importanza della
donazione nella medicina preventiva primaria e secondaria.
Medicina preventiva primaria in quanto rendere edotto il mancato donatore sul
proprio stato infettivo, consente di limitare la diffusione dell’infezione ai sani. Queste
infezioni si trasmettono notoriamente per contagio interumano attraverso rapporti
sessuali, strumenti o procedure infette (odontoiatria, gastroenterologia, chirurgia,
tatuaggi, piercing, pedicure, manicure, droga) e, storicamente, da trasfusione di
sangue, emocomponenti ed emoderivati. Rendere edotto il mancato donatore
significa metterlo in grado di modificare positivamente il proprio stile di vita, le
pratiche sessuali e di informare l’operatore in caso di esami invasivi, interventi
chirurgici, attività di cura o adornamento personale. Medicina di prevenzione
secondaria in quanto al mancato donatore, precocemente alla fase conclamata di
malattia, possono essere offerte cure, in particolare per l’epatite C, la sifilide e l’Aids.
Percorso donazione-trasfusione
Terminato il “percorso ad ostacoli” il candidato donatore dichiarato idoneo può
effettuare la donazione con due modalità, previo consenso informato e a seconda
111
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
delle necessità del centro trasfusionale. Si può donare il sangue intero o solo parti
di questo, cioè gli emocomponenti, mediante una procedura di aferesi.
La donazione di sangue intero consiste nella raccolta in sacca sterile monouso
contenente una quantità di anticoagulante idonea per 450 grammi di sangue
defluito direttamente dalla vena del donatore. La donazione dura circa 5, 10 minuti.
Alla fine, estratto dalla vena ed eliminato l’ago, questa sacca primaria è avviata al
frazionamento. Questo processo prevede la centrifugazione del sangue contenuto
nella sacca con formazione di tre strati in senso centrifugo composti nell’ordine da
plasma, globuli bianchi e piastrine (buffycoat) e globuli rossi. Mediante apposite
macchine automatizzate i vari strati sono estratti e trasferiti separatamente e
sterilmente in singole sacche satelliti. In sintesi, la donazione di una unità di sangue
intero, produce una unità di globuli rossi concentrati, una di plasma e una di
concentrato di piastrine. Quindi un dono può salvare tre persone.
La donazione mediante aferesi utilizza un particolare circuito monouso che inserito
in una apposita macchina detta separatore, consente di prelevare piccole quantità di
sangue per volta dalla vena del donatore; queste sono istantaneamente frazionate
con conseguente recupero degli emocomponenti desiderati e reimmissione nella
vena del donatore delle aliquote restanti. Il processo viene ripetuto molte volte fino
a raggiungere le quantità previste per ogni emocomponente prelevato. La donazione
dura 30, 60 minuti è ben tollerata e produce unità di plasma e/o piastrine e/o
emazie di qualità eccellente. Successivamente alla donazione, sia di sangue intero
che mediante aferesi, il donatore riceve il ristoro consistente fondamentalmente in
liquidi non alcolici né gasati e si trattiene per 10, 20 minuti in loco per consentire
l’osservazione post donazione. Sono resi noti alcuni accorgimenti da osservare nelle
ore post donazione come evitare il fumo, bruschi cambiamenti di posizione, di salire
su scale o impalcature, di guidare automezzi per il trasporto di persone, di evitare
i luoghi con condizioni ambientali favorenti sudorazioni eccessive di non mettersi
nella macchia esposta al sole prima che sia stato areato l’abitacolo.
Nelle 24, 48 ore dalla donazione sono completati anche gli esami previsti dalla
legge per la validazione a scopo trasfusionale delle unità di sangue ed emocomponenti
donati. Le unità sono conservate in idonee condizioni: le piastrine a 20°C ed in
continua delicata agitazione per massimo 5 giorni; le emazie in frigoemoteca a
4°C +/- 2 massimo per 42 giorni. Il plasma deve essere rapidamente congelato a
bassissima temperatura (-80°C) entro 6 ore dal prelievo e poi conservato a -25°C in
congelatori per massimo 2 anni.
L’utilizzo terapeutico corretto del plasma consuma circa il 10% della produzione. Il
restante 90% viene inviato a stabilimenti farmaceutici autorizzati per il frazionamento
e per l’inattivazione virale. Dalla lavorazione industriale e dopo i controlli di stato
sui lotti prodotti, al centro trasfusionale sono consegnate gratuitamente tutte le
confezioni di farmaci ottenuti dal plasma gratuitamente donato dai donatori italiani.
Per questa produzione il Ssn paga solo la lavorazione industriale. Si tratta di farmaci
112
Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
salvavita come l’albumina, i fattori anti emofilia A e B, le immunoglobuline IgG per
uso endovenoso e specifiche anti epatite, l’antitrombina III.
Selezione
del donatore
Raccolta
del sangue
Validazione
Scomposizione
Conservazione
Assegnazione
al paziente
Trasformazione
industriale
Compatibilità
pretrasfusionale
Ritorno farmaci
plasmaderivati
Trasfuzione
al paziente
Prodotti del sangue
Sangue intero
Globuli rossi
Plasma
Piastrine
Globuli bianchi
granulociti
linfociti
Albumina
Immunoglobuline
Fattori antiemofilici
Elaborazione CNS su dati Kedrion S.p.A.
Allegato a nota CNS.13 prot. N. 0177 del 01.02.13
113
cellule
staminali
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Regione
di cui
Gruppi
nuovi
AREZZO
25
FIRENZE
46
1
Increm.
Stat non
Don.ri
perv.Dir
2011/2012
Sangue
Plasma Multic.
Totali
Donatori Indice
Nuovi Donatori Donatori
attivi donazione donatori cessati immigrati
5.263
1.259
520
7.042
4.908
1,43
421
146
165
5,94%
13.300
2.899
604
16.803
14.482
1,16
710
415
281
2,08%
18
+/- su
2011
Conf.
percent.
donazioni
2011/2012
298
4,42%
-1.307
-7,22%
GROSSETO
7
769
286
71
1.126
776
1,45
93
38
29
7,63%
2
-1
-0,09%
LIVORNO
12
1.609
832
22
2.463
1.467
1,68
209
23
7
14,52%
3
-156
-5,96%
LUCCA
117
14.483
6.342
1.166
21.991
17.693
1,24
1204
617
268
3,43%
17
7
0,03%
MASSACARRARA
8
2.627
622
48
3.297
2.750
1,20
159
69
151
3,38%
1
-164
-4,74%
11
2
PISA
44
7.216
3.699
583
11.498
9.672
1,19
630
290
101
3,64%
237
2,10%
PISTOIA
10
2.788
1.099
82
3.969
2.677
1,48
458
156
139
12,72%
-65
-1,61%
PRATO
4
2.382
226
13
2.621
2.123
1,23
218
261
163
-1,99%
239
10,03%
64
5.650
5.291
1,07
394
229
184
3,22%
10
-383
-6,35%
3.173 76.460
61.839
1,24
4496
2244
1488
3,78%
62
-1.295
-1,67%
SIENA
29
TOSCANA
302
3
4.831
755
55.268
18.019
Benefici per chi riceve il sangue
La terapia emotrasfusionale nella pratica assistenziale quotidiana è relativamente
giovane, 7 -8 decenni. Il progresso scientifico e tecnologico nel campo trasfusionale
ha generato indubbi vantaggi per il ricevente. Si è parlato dell’aspetto salvavita del
sangue, dei suoi componenti e derivati sia in situazioni di emergenza che di cronicità
nel bisogno. Ogni giorno molti interventi chirurgici non possono essere avviati se non
si è preventivamente programmata la disponibilità di sangue. Numerose patologie
fra cui le oncologiche, le ematologiche e i trapianti non possono essere assicurati
senza generose quantità di sangue. La disponibilità di sangue, emocomponenti ed
emoderivati in Italia non è completamente sufficiente; durante l’anno, si alternano
periodi di eccedenza a fasi di carenza in particolare per i globuli rossi e le piastrine,
elementi con breve scadenza. Pertanto il dono deve essere utilizzato nel migliore
dei modi, secondo criteri di appropriatezza basata sull’evidenza clinica e scientifica e
anche attraverso la sua scomposizione. Questa consente la terapia mirata mediante
l’uso dell’emocomponente più idoneo per quel contesto patologico. I globuli rossi
sono essenzialmente impiegati per aumentare l’apporto di ossigeno ai tessuti. Il
plasma fresco congelato è utilizzato per correggere deficit congeniti o acquisiti
dei fattori della coagulazione quando non si possono utilizzare i concentrati dei
singoli fattori; nella fase acuta della coagulazione intravascolare disseminata; come
antagonista degli anticoagulanti orali in presenza di emorragie; nel trattamento
della porpora trombotica trombocitopenica. I concentrati di piastrine sono utilizzati
nel trattamento e nella profilassi delle emorragie dovute a carenza quantitativa o
qualitativa delle piastrine.
114
Capitolo 3. Donazione fa rima con alimentazione
Benefici per chi dona il sangue
Sono convinto che il più grande beneficio per il donatore è la gratificazione per
aver aiutato gratuitamente, spontaneamente e consapevolmente una o più persone
nello stato di bisogno; persone di cui non conosce l’età, il sesso, la razza, l’aspetto, la
religione, lo stato sociale, l’orientamento politico e ogni altra caratteristica. Potrebbe
essere finanche un suo acerrimo nemico o avversario. A questo gesto di solidarietà è
collegata, poi, tutta l’attività gratuita di medicina preventiva di cui si è discusso sopra.
Anche chi esegue per conto suo periodici controlli clinici e di laboratorio, in genere,
non esegue esami così specifici e approfonditi per particolari malattie infettive,
ematologiche, metaboliche. Non è cosa di poco conto neanche la rivalutazione del
proprio stile di vita o delle abitudini alimentari. Per il donatore credente si associa
un’ulteriore gratificazione come quella che pervase il Buon Samaritano: “Invece un
Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione” (Lc
10,23). Qui il donatore neanche vede il malcapitato di cui ha compassione. Che cosa
sublime! A chi fa bene donare il sangue? Ognuno si dia una risposta.
115
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta
educativa per uno stile di vita sano
di Gianluca Ermanno
Un capitolo che parla di sport, o meglio, di movimento e di attività motoria
all’interno di un volume che tratta di alimentazione, donazione e aspetti correlati,
ai più, potrebbe far sorgere un sospetto piuttosto fondato: vuoi vedere che si tratta
di una serie di suggerimenti pratici e di esercizi tecnici per bruciare le calorie in
eccesso che rischiamo di assumere quotidianamente nonostante i nostri strenui
sforzi per resistere alle tentazioni? Vuoi vedere che ci danno delle indicazioni utili
per poter arrivare alla donazione “in forma”? In realtà, il tentativo di queste pagine
sarà, anche grazie alla bontà e alla pazienza del lettore che si vorrà cimentare nella
lettura di queste righe, quello di affrontare una riflessione sull’importanza dell’attività
motoria e del movimento nella nostra vita, cosa che, di per sé, è già collegata a
doppio filo al tipo di stile di vita e di abitudini alimentari che siamo soliti svolgere
quotidianamente. Probabilmente, alcune delle riflessioni che andremo ad esaminare
potrebbero sembrare dei luoghi comuni, ma credo non ci sia da preoccuparsene se
diamo un’accezione positiva a questo modo di dire, dato che non sempre e non per
forza i luoghi comuni devono essere per forza noiosi o negativi. Innanzitutto, lasciando
gli aspetti più spiccatamente tecnici e scientifici ai competenti e preparatissimi
coautori del volume che avete in mano - che affrontano la problematica alimentare
non solo dal punto di vista materiale ma anche etico e di responsabilità personale
- ci interessa, in queste poche pagine, lasciare qualche spunto di riflessione con la
speranza che possano essere il punto di partenza per un approccio più responsabile
e consapevole alle problematiche del cibo, del dono e, più oltre, della convivenza
civile nella società nella quale viviamo.
Le riflessioni qui di seguito sono, in un certo senso, propedeutiche ad un approccio
trasversale e onnicomprensivo alle problematiche relative agli argomenti principali
del volume, cioè all’ottimizzazione delle risorse alimentari e all’importanza dello
sviluppo e della diffusione di una cultura del dono che possa rendere ogni persona
consapevole di essere parte di una società complessa e interrelata nella quale accanto
al concetto di “globalizzazione”, va sempre di più affiancato quello di “condivisione”
e di sussidiarietà reciproca partendo dalle esperienze maturate dal Centro Sportivo
Italiano, presente sul territorio nazionale da ormai settant’anni.
Educare attraverso lo sport
Gli esempi che abbiamo la possibilità di seguire sui giornali o in televisione relativi
agli atleti più blasonati e più importanti, non sempre mostrano comportamenti
117
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
condivisibili o da portare a modello per i giovani. Per porsi in un’ottica più adatta,
è necessario porsi degli obiettivi specifici e condivisibili che abbiano una funzione
sociale e permettano di promuovere comportamenti utili alla nostra società, in modo
da poter diventare buone pratiche da diffondere e divulgare ovunque ce ne sia la
necessità.
L’obiettivo principale del Csi è proprio questo: utilizzare lo sport non come entità
fine a se stessa, ma come strumento di educazione e di coesione sociale. Ponendosi
questo obiettivo, il Csi si prende anche delle belle responsabilità che pongono
in discussione ogni membro dell’associazione dal presidente nazionale all’ultimo
collaboratore del comitato più piccolo d’Italia. Sempre più spesso le sfide che ci
presenta la nostra società sono molto articolate e complesse e hanno bisogno di
essere affrontate in maniera multi e interdisciplinare, per questo, lo sport si presta
a porsi come medium attraverso il quale varie realtà si possono incontrare, toccare
e contaminare reciprocamente per il conseguimento di quegli obiettivi comuni che
altrimenti risultano più difficoltosi da raggiungere se affrontati da soli.
Sport, gioco e attività motoria: esiste ancora la “mens sana in corpore sano”?
Questi termini, semplici e comuni, richiamano alla memoria momenti belli, più
o meno spensierati, ma che sicuramente hanno una valenza positiva, anche se non
sempre si intende la stessa cosa pur riferendosi ad uno dei comportamenti più
naturali dell’uomo: il movimento. Con sport, siamo soliti immaginarci atleti super
allenati e stadi stracolmi di folle osannanti che attendono di ammirare gesta atletiche
al limite della possibilità umana, oppure, un impegno specifico per svolgere una
qualche disciplina (dalla palestra sotto casa, alla bicicletta, al calcetto con gli amici)
che sia strutturata con delle regole e che abbia anche la necessità di essere praticata
con continuità e con abnegazione, seriamente.
Con il termine gioco, invece, le immagini evocate sono, almeno per la maggior
parte delle persone, più relative alle esperienze infantili, ai momenti passati con
gli amici a praticare un’attività tanto istintiva quanto soddisfacente e totalizzante
che può essere considerata la vera ed unica attività principale di ogni bambino. Se
parliamo, infine, di attività motoria, il pensiero va ad un qualcosa di strutturato e
rigido, quasi fosse una sorta di terapia da seguire a causa di una malattia o di una
problematica esistente, insomma, quasi l’esatto contrario del gioco.
In tutte le culture esistono spazi dedicati al gioco o all’attività sportiva che
hanno spesso anche significati spirituali o antropologici di vario tipo (dai giochi
gladiatorii romani, ai vari rituali di passaggio e di iniziazione, alle più moderne arene
sportive odierne), talvolta estremi e rischiosi per chi li pratica, talvolta con valori
simbolici condivisi (i vari “palii” diffusi in tutto il nostro paese). In ogni caso, quando
il movimento non è finalizzato alla sopravvivenza o all’adattamento dell’organismo,
possiamo parlare di gioco, nonostante esso spesso venga rivestito e denominato in
modo da essere socialmente accettabile quando viene svolto da individui adulti e
118
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
maturi che necessitano di un lasciapassare linguistico che possa permettere loro di
praticare la propria passione senza troppi patemi d’animo e senza troppi sensi di colpa.
Infatti, quasi sempre, il gioco è considerato negativamente dal contesto sociale
di appartenenza se non si è bambini e viene considerato come qualcosa di poco
importante, poco produttivo, che fa perdere tempo. Invece, stiamo parlando di
una delle attività fondamentali dell’essere umano e non solo (basti pensare a tutte
le specie animali che hanno un qualche tipo di attività non direttamente legata
ad uno scopo di sopravvivenza o di continuazione della specie). Di una pratica
comportamentale che può fungere da fattore di protezione e stimolo di integrazione
per la nostra società e che può essere utile per far passare tutta una serie di significati
e di valori che, altrimenti, faticano a essere recepiti e compresi, strumento educativo
attraverso il quale promuovere aspetti fondamentali per la coesistenza civile, come
il rispetto delle regole e della legalità, il rispetto dell’altro a prescindere dalla sua
provenienza e cultura e così di seguito.
Attraverso questa chiave di lettura, che ritengo utile ad affrontare le questioni
che propongo successivamente, sarà più semplice approfondire e avere un
punto di vista alternativo su questo argomento. Probabilmente, molte questioni
resteranno aperte e senza una soluzione definitiva, ma va bene così! In questo
contesto, è più utile lanciare delle domande alle quali ognuno potrà rispondere
come riterrà più opportuno piuttosto che stilare una serie di ricette valide per tutti.
L’analfabetismo motorio e il drop-out sportivo vs l’iperattivismo obbligato
Senza addentrarsi in statistiche troppo complesse e numeri astratti, una delle
prime osservazioni che ultimamente gli operatori del settore educativo (famiglie,
scuola, mondo dello sport, salute, ecc.) sempre più spesso producono, hanno a che
fare con una sempre più diffusa e trasversale sedentarietà dei bambini e dei ragazzi in
età scolare che si traduce in una incapacità di svolgere movimenti coordinati, elastici
e adeguati nei giochi e nei momenti di attività ludico motoria e che si riverbera anche
nella vita di tutti i giorni, con bambini che usano sempre meno l’ambiente reale che
li circonda (che sia la palestra scolastica o il giardino pubblico) come contesto nel
quale provarsi e sperimentarsi anche fisicamente e attraverso il proprio corpo, al fine
di valutare le proprie capacità, svilupparne di nuove e imparare dal confronto con gli
altri come affrontare situazioni diversificate. La sedentarietà, come è facile intuire,
porta con sé dei fattori di rischio che se non limitati fin da subito, possono portare
a problemi che possono sfociare nella patologia (obesità, disturbi cardio vascolari,
respiratori, malattie metaboliche, e così via). Ovviamente, essa ha cause e motivazioni
che possono essere varie, ma che, alla fine, portano alla stessa risultanza: danni per
l’organismo a breve e lungo termine e impossibilità per la persona di essere d’aiuto
per la società a causa del proprio stato di salute (per esempio, impossibilità di donare
il sangue). Ritorneremo più avanti sulla questione relativa alla salute pubblica, per il
momento, soffermiamoci sul fatto che, spesso, un bambino che non si muove (fattore
119
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
di rischio), può diventare un adolescente sovrappeso che non fa attività motoria di
alcun tipo e, crescendo, un adulto obeso che potrebbe avere potenzialmente gravi
problemi di salute. D’altronde, a fianco di chi non ha quasi mai praticato attività
motoria di alcun tipo (e i numeri sono sempre più alti di anno in anno, soprattutto
nel mondo occidentale), ci sono anche i casi di ragazzi che, dopo aver praticato
per qualche anno sport e simili, abbandonano a causa di una distorta visione della
pratica sportiva da parte di alcune realtà dello sport che richiedono in modo estremo
la performance ai ragazzi a scapito di una visione più ludica e giocosa basata sul
divertimento e sul piacere di fare le cose piuttosto che sulla necessità di raggiungere
il risultato a tutti i costi. In pratica, quando il ragazzo dimostra di non possedere
certi specifici requisiti tecnico atletici di un certo valore, viene in qualche modo
abbandonato a se stesso se non addirittura escluso dato che la selezione che viene
fatta dei potenziali giocatori e atleti viene fatta sulla base della possibilità che essi
stessi hanno di portare al risultato più alto possibile la propria società sportiva. In
questo senso, un approccio polisportivo, che permetta di indirizzare il ragazzo fin
da piccolo verso lo sport più adatto a lui, sarebbe da preferire e da auspicare al fine
di evitare la fuoriuscita dal circuito sportivo di giovani che, altrimenti, potrebbero
continuare a praticare e a vivere esperienze positive anche a livello relazionale,
educativo e di integrazione. La dispersione di questi giovani ha anche un risvolto
pericoloso quando l’attività sportiva rimane l’unica barriera contro il degrado e la
devianza soprattutto nei contesti degradati e violenti di molte delle nostre città.
La declinazione dello sport come strumento di protezione sociale e inclusione per
le situazioni di emarginazione più estrema è fondamentale per fare sì che si possa
attuare una reale prevenzione primaria, piuttosto che un recupero a posteriori di
situazioni ormai danneggiate.
Un altro aspetto che influisce moltissimo sulle difficoltà motorie dei nostri
ragazzi è legato alle abitudini collegate alla loro esperienza quotidiana. Senza
voler stigmatizzare o colpevolizzare gli strumenti tecnologici odierni, è un fatto
conclamato che le potenzialità dell’era digitale (internet, utilizzo continuo e massivo
di smartphone, tablet, consolle e videogiochi, connettività pressoché continua e
incontrollata a social network e simili…) portano con sé anche alcuni rischi che,
purtroppo, in alcuni casi, si stanno dimostrando più che fondati. Ovviamente, il
passare gran parte del tempo libero chiusi in casa, con strumenti di intrattenimento
ove spesso i ragazzi sono passivi e immobili, facilita un consumo elevato di alimenti
e cibi che non sempre sono salutari per la crescita e lo sviluppo dei ragazzi.
Il fatto che non sia più così semplice per i ragazzi di oggi riuscire a passare un
tempo adeguato fuori casa con i coetanei a praticare gioco libero e altre attività
scelte da loro in modo spontaneo e sperimentare l’ambiente che li circonda è una
realtà (soprattutto nelle aree metropolitane) con la quale gli addetti ai lavori e
le famiglie si devono confrontare e sulla quale riflettere. Ma non deve essere una
problematica che la società civile deve delegare solo ad essi. Un’attenta valutazione
120
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
dei messaggi (sia diretti che indiretti, sia consapevoli che simbolici) e delle politiche
sociali inerenti questi aspetti dovrebbero essere ai primi posti delle agende dei lavori
delle istituzioni a qualsiasi livello. Un’ultima considerazione va fatta relativamente
alle situazioni paradossalmente inverse di quei ragazzi che sono talmente oberati
di impegni e di cose da fare (spesso non scelte da loro ma dai propri genitori) che,
appena raggiungono una minima possibilità decisionale, abbandonano anni e anni
di allenamenti forzati di scherma o di tennis piuttosto che di pianoforte o di violino
semplicemente perché vorrebbero passare un po’ di tempo davvero “libero”, senza,
cioè, niente da fare che non sia scelto o motivato dalla propria volontà personale,
un diritto che andrebbe riconosciuto a tutti, anche ai più piccoli.
Stili di vita e qualità della vita
Si sente molto parlare di “stili di vita” in connessione a quelli che sono, di norma,
comportamenti che dovrebbero essere insegnati già fin dai primi momenti di
interazione tra adulti e bambini e che, col proseguire della crescita e dello sviluppo
dell’individuo, diventano anche norme comportamentali condivise e culturalmente
accettate. Così, dal punto di vista delle differenze socio culturali, alcune popolazioni
non assumono alcool e non si cibano di certi animali che, magari, sono commestibili
per altre e così via. Resta il fatto che la variabilità molto ampia di ciò che l’uomo
può considerare buono da mangiare o meno rende piuttosto inutile parlare di
alimentazione corretta in maniera univoca e definitiva. Così, del resto, accade anche
per altri aspetti della vita umana, ma per quello che ci riguarda e che affrontiamo in
questo paragrafo, la cosa importante da tenere a mente è che mantenere uno stile
di vita salutare è importante e necessario per la qualità della vita del singolo, ma che
non è detto che la qualità della vita della persona sia direttamente derivante dalle
abitudini salubri dell’individuo stesso. Infatti, per qualità della vita si intende il livello
di percezione del proprio benessere come positivo o negativo in base a quelle che
sono esperienze individuali e propriocettive che non sempre possono corrispondere
ad una visione diffusa o standard.
Ci sono persone che hanno una percezione positiva e, quindi, di un alto stato
di benessere personale, nonostante abbiano problemi fisici o personali coi quali
riescono a convivere o riescono a superarli, mentre altre persone valutano il proprio
livello di benessere personale percepito come non sufficiente nonostante non
abbiano, almeno in apparenza, problemi significativi o di rilievo. Esistono vari indici
e fattori che possono rendere un po’ più misurabile la qualità della vita dell’individuo
(da quelli psicologici e sociali a quelli più meramente concreti e materiali), se non
altro riferendosi ad un habitat o ad un ambiente di riferimento specifico. Nel nostro
caso, ci sembra opportuno soffermarsi su quelle che sono le specifiche relative
all’importanza di un buon livello di attività ludico motoria e/o sportiva, per poter
parlare di una rilevazione, almeno potenziale, positiva della qualità della vita.
Innegabilmente, la salute è uno di quegli indici più importanti per poter parlare di
121
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
buon livello di qualità della vita, e per poter mantenere uno stato di salute ottimale, è
importante e necessario, mantenere stili di vita adeguati che permettano alla persona
di affrontare al meglio le sfide della propria esistenza con gli strumenti e le capacità
sufficienti per superarle senza troppi problemi. Sono quasi scontati come possibili
stili di vita da recepire e fare propri, ma, seguendo il motto latino “repetita iuvant”,
possiamo citarne alcuni che sono di fondamentale importanza: mantenere una sana
ed equilibrata alimentazione (argomento ampiamente affrontato in altri capitoli del
presente volume), evitare comportamenti a rischio (fumare, bere troppi alcoolici,
ecc.), cercare di compiere attività motoria regolare e costante e così via.
Naturalmente, per poter strutturare al meglio comportamenti quotidiani di
questo tipo è necessario un approccio integrato tra canali educativi (che partono
dalla famiglia di origine) e istituzioni, in primis dalla scuola e tra tutti i contesti che
possono contribuire a creare un cambiamento reale e concreto nelle abitudini delle
persone. In pratica, si tratterebbe di una profonda trasformazione culturale che metta
al centro la persona, cosa non sempre scontata, viste le molte pressioni esterne e i
messaggi contraddittori che spesso passano dai mass media in quantità enorme, tanto
che, non sempre l’individuo riesce a filtrarli e, cosa forse peggiore, non sempre riesce
ad avere tutti gli strumenti necessari per compiere scelte consapevoli e ponderate
sulla base delle informazioni proposte dall’esterno.
“Un soldino risparmiato è un soldino guadagnato”
Il vecchio adagio citato qui sopra è abbastanza conosciuto e di semplice
comprensione, ma come spesso accade, è proprio nella semplicità che possiamo
trovare le risposte più concrete e risolvere situazioni altrimenti impossibili da gestire.
L’utilizzo della pratica sportiva e dell’attività motoria e del gioco di movimento nella
vita di tutti i giorni ha la funzione primaria di aumentare la qualità della vita di ogni
singolo individuo e, perciò, migliorare lo stato di salute di ogni persona. In questo
senso, se già solo il 2% della popolazione che non pratica nessun tipo di attività
fisica cominciasse a praticare qualche tipo di sport (intendiamoci, basta anche la
passeggiata mattutina o serale a ritmo sostenuto), avremmo un miglioramento della
salute generale della popolazione che permetterebbe di far risparmiare al servizio
sanitario nazionale delle cifre considerevoli che, altrimenti, andrebbero usate per
curare patologie facilmente prevenibili.
In effetti, la problematica maggiore risulta quella della prevenzione. Attualmente,
nonostante i grossi sforzi delle istituzioni pubbliche e private, la prevenzione relativa
a malattie che hanno una diretta connessione con gli stili di vita e le abitudini
alimentari scorrette, non sembra portare grandi frutti. Questo si evince dalla
percentuale sempre più alta di bambini e giovani sotto i diciotto anni che sono in
sovrappeso o raggiungono addirittura l’obesità patologica. Si arriva a una percentuale
di circa il 30% di bambini sul territorio che mostrano di essere in sovrappeso. Gli
affetti da obesità infantile patologica arrivano ad oltre il 10% dei bambini italiani.
122
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
Inutile fare l’elenco dei rischi nei quali può incorrere un soggetto sovrappeso. Si va
dall’ipertensione alle malattie coronariche, all’infarto, al diabete e così via. I fattori
di rischio legati all’alimentazione e agli stili di vita scorretti hanno molteplici cause,
ma è chiaro che chi mostra un livello di obesità infantile importante, sarà più esposto
ad essere un adulto con gli stessi problemi. Anche in questo caso, la prevenzione
deve potersi effettuare grazie al coinvolgimento di tutte le agenzie educative
che operano con le fasce infantili e adolescenziali, soprattutto, deve partire dalla
famiglia l’attenzione verso la promozione di comportamenti adeguati e la proposta
di esperienze di valore che permettano ai ragazzi di evitare di cadere nella rete delle
problematiche ponderali con tutti gli annessi e connessi.
In questo senso, il guadagno sarebbe duplice. In prima istanza, relatvamente al
singolo individuo, che può vivere una vita più in salute e più ricca di possibilità, senza
rischiare, nel vero senso della parola, sulla propria pelle. In secondo luogo, l’impatto
con le spese sanitarie da sostenere nel caso di situazioni patologiche da affrontare
una volta conclamate sarebbe davvero ridotto e minimizzato dalla semplice pratica
di attività motorie minime e da poche abitudini alimentari da seguire.
Ancora una volta, al di là dello sviluppo e dall’evoluzione della scienza medica,
l’accento viene puntato sulla famiglia di origine che può davvero fare la differenza in
condizioni di questo tipo. L’altro interlocutore privilegiato che si dovrebbe attivare
nella prevenzione di situazioni critiche come quelle poco sopra accennate, è la
scuola, anch’essa parte fondamentale dello sviluppo dei ragazzi e che può influire
positivamente nel cambiamento di atteggiamento rispetto ad alcuni comportamenti
problematici. Le associazioni e le istituzioni di volontariato e di promozione sociale
che operano in questi ambiti possono porsi come elementi di supporto che possano
coadiuvare le azioni di prevenzione e collaborare attivamente con il contesto nel
quale si trovano cercando, laddove possibile, di ottimizzare al massimo le risorse
messe in campo per il raggiungimento degli obiettivi.
Uno sport per tutti
In base alle preferenze personali e alle abitudini ormai strutturate, per qualcuno
potrebbe essere difficile pensare a rimettersi in movimento, indossare la tuta da
jogging o le scarpette da corsa per riprendere un po’ il polso della situazione e
rimettersi in forma. Innanzitutto, per poter mettere in pratica quelle attività motorie
minime che possono aiutare a migliorare il proprio stato di salute, è bene sapere che,
in pratica, non c’è bisogno di nulla! Camminare, quindi usare meno l’auto e i mezzi
a motore, già di per sé, può essere un buon inizio per riprendere dimestichezza con
il moto e con il proprio corpo: il primo passo verso un’attività motoria costante e
continua.
Al giorno d’oggi, esistono davvero miriadi di discipline sportive e tecniche che
permettono a chiunque di trovare quella più confacente ai propri desideri e alle
proprie potenzialità. Il consiglio principale è quello di non strafare da subito ma, a
123
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
prescindere dal tipo di attività che si vuole praticare, meglio cominciare gradualmente
e progredire pian piano verso un ritmo adatto alle proprie capacità, soprattutto se
non si fa sport da molto tempo. Inoltre, esistono anche dei benefici collaterali che
possono essere raggiunti grazie all’attività sportiva, come, per esempio, praticare
sport in compagnia di altre persone. Anche avere la possibilità di svolgere attività
con i propri cari, dai nipotini per i nonni (che in effetti, grazie a loro, di moto ne fanno
parecchio...) ai propri figli o poter fare qualcosa insieme tra marito e moglie, oltre
a portare benefici alla propria salute, aiuta nell’interazione e nella vita famigliare.
Questo piccolo suggerimento facilita il superamento di momenti di fatica o di noia
e aiuta nello stabilire nuove relazioni con altri o rafforzare quelle già esistenti che,
di per sé, possono fungere da fattori di prevenzione e di motivazione per ognuno.
Infatti, uno dei problemi più rilevanti rispetto alla continuità dell’attività motoria
è legato alla motivazione per la quale si fanno le cose. Se la persona è “obbligata”
da ordini scritti del medico o di chi per lui a svolgere attività sportive per perdere
peso o altro, parliamo di motivazione estrinseca, che, cioè, non parte dalla volontà
dell’individuo ma dall’esterno. Altrimenti, se il livello di consapevolezza della persona
è tale che essa stessa decide di svolgere attività motorie utili per il proprio stato
di salute per il proprio bene, parleremo di motivazione intrinseca, e, quindi, sarà
più semplice per questa persona riuscire a mantenere un allenamento costante e
continuo senza che vengano mossi alibi più o meno validi per evitare di compiere
il proprio “dovere” dato che la scelta di svolgere quella specifica attività è interna
all’individuo.
Per gli adulti di riferimento, inoltre, mostrare di praticare attività sportive
correttamente e con gioia ha anche un valore di modello e di esempio che viene
recepito e adottato più facilmente dai giovani e che rende concretamente il
significato del perchè si debbano fare le cose in un certo modo rispondendo anche
al bisogno di imitazione e di relazione che i ragazzi esprimono attraverso attività
indirette.
Come accennavamo prima, esistono davvero infinite possibilità di mettersi alla
prova: dal fit-walking al nordic-walking; dai balli latino americani alla zumba; dal
più classico trekking alla più estrema delle corse sui pendii delle Alpi, sono davvero
tante le possibilità per chi voglia cominciare a prendersi delle buone abitudini. Molte
cose si possono fare addirittura senza uscire di casa, sfruttando gli oggetti di uso
quotidiano e che magari non pensiamo neanche lontanamente possano essere utile
per contribuire al nostro stile di vita. Per esempio, l’uso delle rampe di scale della
propria abitazione è un ottimo esercizio per la circolazione e per la muscolatura
delle gambe. Così come l’uso della bicicletta in alternativa alla passeggiata, e così via.
Esistono in rete moltissime risorse gratuite da cui prendere spunto e suggerimenti per
definire il proprio programma di esercizi e di attività. Attenzione, però, al “fai da te”!
Non sempre esso è consigliabile nè auspicabile. Esistono professionisti competenti e
capaci ai quali potersi rivolgere anche sulla base delle proprie necessità e che hanno
124
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
gli strumenti per poter strutturare al meglio l’intervento motorio più adeguato per
chiunque. Nel caso, poi, ci si trovi di fronte a prescrizioni mediche o stato di età più
avanzata, ci vuole ancora più attenzione, altrimenti, quella che potrebbe essere una
buona pratica rischia di divenire un rischio per la salute dell’individuo.
Una piccola lista di nuove discipline e pratiche sportive, giusto per soddisfare la
curiosità del lettore: il bike polo, variante del polo dove i cavalli vengono sostituiti con
le biciclette; il bossaball, che mescola pallavolo, calcio, ginnastica e capoeira (danza/
arte marziale brasiliana); il broomball, che potremmo tradurre in “palla scopa”, simile
all’hockey su ghiaccio ma molto più complesso a livello di regolamento e di strategie;
lo street golf o urban golf, praticato ovunque, in città o in altre realtà metropolitane
senza dover andare a finire nei tradizionali golf club; l’ultimate frisbee, gioco di
squadra con il frisbee che non prevede la presenza di arbitri ma dove le squadre si
autoregolano e rispettano lo “spirit of the game” grazie al fair play dimostrato durante
le competizioni; lo stair climbing o vertical running, che consiste nel correre lungo le
rampe di scale di grattacieli, palazzi, e così via; il parkour, disciplina acrobatica che
fa spostare i propri adepti per la città superando ogni tipo di ostacolo con agilità
ed evoluzioni piuttosto articolate e complesse; il woga, in pratica lo yoga in acqua;
il tchoukball, sport che, pur riprendendo alcune regole e spunti dalla pallamano,
dalla pallavolo e dalla pelota basca, ha una modalità di gioco che stravolge i canoni
tradizionali di questi sport e lo rende molto veloce, semplice e altamente educativo;
la spinnboxe, disciplina che unisce lo spinning e la boxe mescolando gli aspetti migliori
di ambedue gli sport, e potremmo continuare ancora a lungo.
Sport e ambiente: eco sostenibilità della pratica sportiva
Legato al discorso di cui scrivevamo sopra, c’è il basso impatto ambientale che
provoca la pratica sportiva. Andare in bici o di corsa, oltre a produrre effetti benefici
sul nostro organismo, ha il vantaggio di far risparmiare il costo dei carburanti fossili
non rinnovabili e permette di evitare l’immissione di anidride carbonica nell’ambiente.
In linea di massima, ogni tipo di attività sportiva o motoria, sia compiuta per diletto o
per agonismo, dà la possibilità di avere un contatto molto più diretto con l’ambiente
che ci circonda e permette quasi sempre di vivere esperienze all’aria aperta che
possono proporre prospettive diverse dell’ambiente che ci circonda. Ovviamente,
ogni atleta che si rispetti dovrà pur sempre prestare attenzione a non lasciarsi dietro
di sé rifiuti o inquinanti vari (plastica e simili) ovunque si trovi, dal campetto di
calcetto alle vette dolomitiche. Comunque, questo aspetto di vicinanza alla natura
e all’ambiente è un altro aspetto peculiare e positivo che può facilitare la diffusione
delle attività sportive e motorie proponendo una rosa ancora più variegata di
possibilità, per tutti i gusti e per tutte le età.
Disabili e sport: un esempio di integrazione
Affrontando il tema di uno sport per tutti, non possiamo non fare almeno un
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
accenno all’importanza dell’attività sportiva anche per i disabili. Valgono le stesse
valutazioni che abbiamo esplicitato nei paragrafi precedenti: gli stili di vita sani,
la qualità della vita e tutto ciò che essa concerne ha un valore forse anche più
elevato per le situazioni di disabilità sia fisica che psichica. Purtroppo, la nostra
società ancora non sembra pronta ad accogliere ed integrare appieno la persona
che ha problematiche di vario tipo. Alcuni grandi e importanti passi avanti sono stati
fatti nel corso degli anni ed ormai le Paralimpiadi, per esempio, hanno un valore al
di là del mero atto dimostrativo di capacità straordinarie di alcune persone disabili.
Grazie anche all’ultima edizione di Londra 2012, l’interesse dei media, degli sponsor
e del pubblico è stata davvero eccezionale e ha permesso un avvicinamento alla
problematica anche da parte di chi è, per vari motivi, distante dalle problematiche
della disabilità. Il percorso da compiere è ancora lungo e difficoltoso, ma sembra
che la strada intrapresa sia fruttuosa. Anche il Centro Sportivo Italiano ha promosso
una serie di iniziative ed un programma specifico per i disabili che, nello spirito
del Csi, mette al centro la persona e usa lo sport come strumento educativo e, in
questo caso, di integrazione a tutto tondo. Una delle iniziative più importanti è
stata la creazione di una squadra di calcio formata da ragazzi amputati provenienti
da tutta Italia. Questa compagine ha già disputato varie partite in tutto il territorio
nazionale e ha svolto, nell’aprile del 2013 anche la sua prima partita amichevole
all’estero, contro la squadra corrispettiva francese. Altre esperienze significative
sono la progressiva diffusione del sitting volley, la pallavolo da seduti, che permette
una partecipazione molto ampia e l’onnipresente calcio che, nella versione calcio
a 5, permette di disputare tornei a livello interregionale e nazionale tra squadre
composte da persone affette da problemi psichiatrici di vario tipo.
Questi brevi esempi di attività sportiva proposta ai disabili servono, appunto, a
delineare un quadro ben chiaro di come si possa praticare un qualche tipo di attività
motoria in ogni situazione e in ogni condizione ci si trovi. Lo spazio per giustificazioni
o alibi per evitare di fare sport diventa sempre meno per i pantofolai o gli atleti da
divano!
Spezziamo una lancia a favore dei videogiochi
Partendo dal presupposto che uno strumento (in questo caso i videogiochi,
le console e simili) di per sé non è né buono né cattivo ma solo, appunto, uno
strumento, risulta necessario soffermarsi a valutare al meglio l’uso che se ne fa e le
finalità per le quali si usa proprio quello strumento.
Il caso delle console di ultima generazione è emblematico: esse permettono
il gioco attraverso il movimento e, anzi, lo facilitano e lo rendono più gradevole
anche per le persone più insospettabili, grazie a sofisticate attrezzature elettroniche
sensibili alla pressione, al gesto e dotate di sensori in grado di far simulare i movimenti
precisi delle discipline sportive più diffuse e più divertenti (tennis, golf, baseball,
ecc.). attraverso questo primo approccio video ludico, intanto, si ottiene un iniziale
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Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
importante risultato, cioè, la possibilità di cominciare a far muovere (almeno un
poco) persone che altrimenti non avrebbero mai praticato nessun tipo di attività. Il
secondo passo sarà quello di fare in modo che queste persone possano familiarizzare
gradualmente con il proprio corpo rendendosi conto delle molte potenzialità che
esso ha senza considerarlo solo un impaccio o un’interfaccia materiale con il mondo
che ci circonda. Soprattutto nel caso di bambini e giovani troppo passivi o troppo
dipendenti da questi strumenti, il fatto di poter inserire un linguaggio corporeo
che li faccia toccare con mano che sono in grado di svolgere attività motorie nella
realtà e non solo a livello virtuale, può creare quei presupposti necessari a trasferire
il gioco e lo sport dal salotto di casa al campo sportivo. Lavorando sulla curiosità,
sull’autostima e sulla fiducia nelle loro potenzialità, si potranno ottenere dei risultati
tali che difficilmente si potrebbero ottenere in altro modo. Senza demonizzare e
abolire completamente l’utilizzo dei videogiochi, essi possono diventare dei validi
alleati per la diffusione di comportamenti salutari e stili di vita sani.
Certo, si tratta di sport fino a un certo punto, ma la possibilità di trasferire queste
attività indoor in attività all’aria aperta, è senz’altro facilitata dalla familiarità che
grandi e piccoli acquisiscono grazie allo strumento elettronico.
Il linguaggio dello sport
Una caratteristica dello sport, e più in generale, dell’attività motoria e del gioco,
è che possiamo considerare il movimento e l’attività sportiva come un “linguaggio”
comprensibile e utilizzabile da chiunque. Attraverso la pratica sportiva si ha la
possibilità di far avvicinare persone diverse tra loro per vari aspetti fondamentali
(cultura, status sociale, provenienza, e così via) che si riferiscono, almeno per quello
che riguarda il momento dell’attività motoria ad un oggetto comune, condividendo
regole, spazi e tempi senza che ci siano diversità nell’interpretazione, altrimenti,
il gioco non funziona! Questo linguaggio che possiamo definire a buon titolo
“universale” ha il pregio di poter essere “parlato” anche se non si conosce una
sola parola della lingua del luogo in cui ci si trova. Per giocare a calcio tutte le
sovrastrutture culturali vengono meno sul campo, dato che quello che conta è
riuscire a fare più goal degli avversari e per farlo è necessario correre, passare la
palla, rispettare le regole, gli spazi di gioco… Quindi, lo sport come strumento di
integrazione e di contatto tra individui che hanno background culturali lontanissimi
tra loro ha delle potenzialità pressoché illimitate e che possono essere messe in atto
a tutte le età, partendo dai più piccini arrivando ai più grandi.
Sport e donazione del sangue, perché?
In effetti, questa è una domanda alla quale si potrebbe rispondere: “Perché no?” Gli
sportivi, o comunque le persone che hanno abitudini sportive abbastanza continue
sono senz’altro i candidati migliori a donare sangue ed emoderivati vista la loro salute
presumibilmente perfetta. D’altro canto, questa è una pratica che dovrebbe essere
127
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
diffusa tra tutta la popolazione compresa tra i diciotto e i sessantacinque anni di età
e che abbia un peso corporeo che vada oltre i cinquanta chili. Partendo da coloro i
quali rappresentano la categoria più adatta alla donazione, possiamo, però, cercare
di sfruttare al meglio il valore dell’esempio che gli atleti più sensibili saranno in grado
di mostrare a tutti tramite le loro donazioni personali che possono contribuire a
sciogliere i dubbi e le paure legate a questo atto di generosità talmente importante
da non poterne fare a meno.
Purtroppo, non sempre lo sport mostra esempi degni di essere seguiti, e non
solo nei livelli più elevati a livello agonistico. La pratica sempre troppo diffusa del
doping e dell’uso di sostanze chimiche e farmaci particolari (anche se consentiti
dalla legge), oltre ad essere un comportamento da stigmatizzare se non da censurare
completamente, non permette, ed è molto facile intuire il perché, che il soggetto
che si dedichi a questi comportamenti scorretti possa donare il proprio sangue. Ed
è senz’altro meglio così! Resta il fatto che, ancora si deve compiere molta strada
per debellare il doping dallo sport, anche se sono molte le iniziative di diffusione e
di sensibilizzazione al problema che vengono effettuate nelle scuole di ogni ordine
e grado, sperando, anche in questo caso, che sia possibile quanto prima provocare
un cambiamento culturale positivo e significativo nelle abitudini degli sportivi e di
tutta la nostra società.
Attività motoria ed alimentazione
Come più volte accennato nelle pagine precedenti, in questo stesso volume ci sono
capitoli che approfondiscono molto bene il problema relativo alla sana e corretta
alimentazione. Di solito si tende a ritenere lo sport e l’attività fisica più o meno dei
sinonimi l’uno dell’altro. In realtà, ci si riferisce al termine “sport” quando si ha a che
fare con un’attività fisica, sì, ma che prevede sforzi generalmente intensi e prolungati
(es. tennis, basket, nuoto, ecc.). invece, con “attività fisica (o motoria)”, ci possiamo
riferire a tutte quelle attività semplici e quotidiane che permettono di aumentare
il tempo che dedichiamo, appunto, al movimento senza doversi cimentare in sforzi
eccessivi (andare in bici, passeggiare, salire le scale, e via di seguito). Anche alcune
professioni particolari possono essere considerate come attività fisica. Per esempio,
fare il carpentiere, piuttosto che il muratore o svolgere attività di giardinaggio,
possono ricadere in questa categoria. Tutti gli sport sono attività fisiche, ma non è
detto che tutte le attività fisiche siano sport.
Una cosa della quale, forse, non tutti sono a conoscenza è che il significato
etimologico della parola “dieta”, dal greco, significa “stile di vita” e non, quindi, un
regime alimentare restrittivo teso alla perdita di peso. Con il termine “dieta” sarebbe
più corretto considerare l’insieme delle attività quotidiane che ognuno di noi svolge
(dal lavoro al riposo agli hobby) che, se in sinergia tra loro, permettono all’individuo
di mantenere un buono stato di salute.
Compiendo attività fisica regolare e con costanza, ben presto anche il nostro
128
Capitolo 4. Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile di vita sano
metabolismo subirà dei cambiamenti e ciò va tenuto presente per poter ottenere
i risultati migliori dalla nostra pratica motoria. In genere, si consigliano circa 30
minuti di attività fisica al giorno, con un aumento fino a 60 minuti per le persone
sovrappeso od obese. Le caratteristiche principali di questa attività devono essere
la costanza (senza interruzioni nei minuti di esecuzione) e la moderazione. Non è
necessario, infatti, compiere sforzi eccessivi o estremi. La pratica di attività fisica
frequente e costante ha il valore di fattore di protezione verso malattie di vario tipo
e tutto l’organismo ne trae giovamento. Un altro fattore che risulta essere vincente
è l’economicità della pratica motoria che non prevede spese rilevanti qualora la
persona voglia mantenere uno stile di vita attivo e salutare.
Riassumiamo brevemente quali possono essere le aree maggiormente beneficiate
dall’attività sportiva o fisica.
- Sfera emotiva e psicologica: lo sport è un’occasione sociale che permette di avere
contatti con altre persone, stringere e migliorare rapporti personali, di sentirsi
parte di una squadra e di poter essere soddisfatti dei propri risultati e delle
proprie prestazioni agendo sul senso di autostima e di autoefficacia percepita.
Inoltre, previene l’insonnia.
- Apparato muscolo-scheletrico: i benefici che, indubbiamente, si traggono
dalla pratica sportiva si possono protrarre anche in età avanzata, abbassando
considerevolmente il rischio di artrite e malattie similari.
- Apparato cardiovascolare: il movimento e l’esercizio fisico, richiedono un certo
sforzo al cuore che ha, così, la possibilità di mantenersi allenato sostenendo anche
carichi di lavoro più intensi e limitando i rischi di molte cardiopatie.
- Limitazione delle “malattie del benessere”: sono dette così tutte quelle patologie
che sono dovute al miglioramento della condizione economica e dalla facilità di
reperire cibi e alimenti. Sono favorite dalla sedentarietà e dai ritmi odierni. Le più
diffuse sono il diabete, l’obesità patologica, l’ipertensione, ecc. grazie all’attività
fisica, si possono limitare largamente, consentendo il consumo energetico delle
riserve inutilizzate prevenendo le malattie sopra indicate.
- Bambini e anziani: l’attività fisica per queste categorie di persone è di fondamentale
importanza, nel primo caso per la crescita e lo sviluppo ottimale della persona.
Mentre, per gli anziani, è importante per mantenere il benessere psico-fisico
dell’individuo evitando l’insorgenza di malattie come quelle descritte sopra.
Conclusioni
In queste brevi pagine, ho cercato di delineare un quadro generale che potesse
attraversare tutti gli aspetti più rilevanti e più importanti relativi all’importanza
dell’attività motoria e dello sport per poter vivere un’esistenza che segua dei principi
validi e condivisibili sia per ogni singolo individuo, sia per tutta la comunità alla
quale apparteniamo. Solo un intervento multidisciplinare e una rete sociale davvero
solida e strutturata potrà, anche nel prossimo futuro, diffondere sempre più quelli
129
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
che sono le semplici regole dello star bene e della salute. Quelle che sembrano
abitudini complesse o faticose da portare avanti giorno dopo giorno, in realtà, sono
buone pratiche che tutti dovremmo riuscire a seguire visto il loro elevato grado di
prevenzione e di fattore di protezione rispetto a rischi di natura organica ma anche
psicologica. Non ultimo il valore altamente etico dell’alimentazione equilibrata e
consapevole, dato che, se davvero ognuno di noi riuscisse a metterla in pratica,
riusciremmo a ridurre sostanzialmente gli sprechi e il consumo di cibi nocivi,
favorendo tutte quelle realtà anche locali, che lavorano e si operano per fornire ai
cittadini forme di alimentazione sostenibile e che abbiano l’impatto più basso con
l’ambiente, dalle coltivazioni biologiche alle produzioni vendute a chilometri zero,
anch’esse un segno di attenzione e di cura di chi ci sta intorno, dal nostro vicino di
casa al pianeta che abitiamo e che ha bisogno che ognuno di noi faccia la sua parte
per quanto gli è possibile. Dall’attenzione per la propria salute all’attenzione del
bene comune il passo è breve e la speranza che nutriamo nei confronti delle nuove
generazioni, se esse avranno dei modelli e degli esempi adulti adeguati da seguire e
la possibilità di cimentarsi nel loro contesto di riferimento, non può che essere ben
riposta.
130
APPENDICE. RICETTE ANTISPRECO
(con note per celiaci)
DICE. RICETTE ANTISPRECO (con note per celiaci)
Appendice. Ricette antispreco
li
Ricciarelli
ti:
Ingredienti:
g. mandorle · 500 g. mandorle
g. zucchero · 400 g. zucchero
bumi
· 4 albumi
ustina di vanillina
· 1 bustina di vanillina
pizzico di lievito
· un pizzico di lievito
chero a velo · Zucchero a velo
ento:
Procedimento:
are a farina le
lo le
zucchero.
Unire
albumi (non
montati)
e gli (non
altri
- mandorle
farina
mandorle
con gli
lo zucchero.
Unire
gli albumi
Tritare a con
redienti, e impastare.
montati) e gli altri ingredienti, e impastare.
erare una teglia con carta da forno cospargendola di zucchero a velo.
- Foderare una teglia con carta da forno cospargendola di zucchero a velo.
orare l’impasto con zucchero a velo, dando al composto la classica forma del ricciarello.
- Lavorare l’impasto con zucchero a velo, dando al composto la classica
ornare a 220° per 5-6 minuti.
forma del ricciarello.
a 220°
per 5-6
Infornare
olce natalizio,- forse
non tutti
sanno
che,minuti.
almeno per gli ingredienti, può andare bene
celiaci e per gli intolleranti al lattosio.
Classico dolce natalizio, forse non tutti sanno che, almeno per gli ingredienti,
può andare bene anche per i celiaci e per gli intolleranti al lattosio.
133
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Risotto verde al gorgonzola e noci
Ingredienti (dosi per 4 persone):
erde al gorgonzola e noci
· Riso 350 gr.
· Brodo 800 gr
i (dosi per 4 persone):
· Burro 40 gr.
·Cipolla
o 350 gr.
· Sale q.b.
do 800 gr
· Spinaci 150 gr
ro 40 gr.
· Gorgonzola 100 gr
olla
·Noci
e q.b.
naci 150 gr · Parmigiano reggiano grattugiato
gonzola 100
gr
Procedimento:
i
- Sgusciate
migiano reggiano
grattugiatole noci e ponetele da parte.
- Pulite e lavate gli spinaci e lasciateli sgocciolare.
nto:
- Fate sciogliere 20 grammi di burro in una padella, unite gli spinaci e le
noci a pezzetti
sciate le noci e ponetele
da parte. e cuocete il tutto per 15 minuti circa.
-
ultimata
lasciateli intiepidire e sminuzzateli.
A
cottura
te e lavate gli spinaci e lasciateli
sgocciolare.
pentola
fuoco unite
unite gli
il restante
e soffriggete
Mettere
e sciogliere 20- grammi
di una
burro
in unasul
padella,
spinaci eburro
le noci
a pezzetti la
e
cipollina.
Quando
è
imbiondita
aggiungete
il
riso
e
fatelo
tostare
per un
cete il tutto per 15 minuti circa.
minuto;intiepidire
aggiungere
poco per volta il brodo ben caldo.
ottura ultimata lasciateli
e sminuzzateli.
- Cuocete
riso mescolando
di tanto
in tanto. la cipollina, Quando è
tere una pentola
sul fuocoil unite
il restante burro
e soffriggete
- Qualche
finire
cottura
aggiungere
il gorgonzola
iondita aggiungete
il riso eminuto
fatelo prima
tostarediper
un la
minuto;
aggiungere
poco
per volta ila
pezzetti, gli spinaci e ultimate la cottura mescolando delicatamente.
do ben caldo.
cete il riso mescolando
di tanto
in tanto.
- Mantecate
il risotto
con una noce di burro e parmigiano reggiano grattugiato.
lche minuto prima
di finire
la cottura
gorgonzola
a pezzetti,
gli spinaci
e
Servite
in piatti
singoliaggiungere
a caldo conilscaglie
di parmigiano
reggiano
e noci
mate la cottura mescolando
delicatamente.
tritate.
ntecate il risotto con una noce di burro e parmigiano reggiano grattugiato.
vite in piattiFra
singoli
a caldoa con
parmigiano
reggiano
e noci
tritate.
gli invitati
cenascaglie
c’è undiceliaco!!!!!
Come
faccio?
Cosa
potrà mangiare?
Niente allarmi: preparate un buon risotto, tipo questo, che andrà sicuramente
vitati a cena
c’èper
untutti.
celiaco!!!!! Come faccio? Cosa potrà mangiare? Niente allarmi:
bene
n buon risotto, tipo questo, che andrà sicuramente bene per tutti.
134
Appendice. Ricette antispreco
Torta di grano saraceno
Ingredienti:
grano saraceno
· 250 g. burro morbido
· 250 g. zucchero
i:
· 6 uova
·
g. burro morbido250 g. grano saraceno
g. zucchero · 250 g. mandorle macinate
· 1 bustina di lievito vanigliato
ova
·
g. grano saracenoMarmellata a piacere
· Zucchero a velo
g. mandorle macinate
ustina di lievito vanigliato
Procedimento:
rmellata a piacere
chero a velo
- Montare il burro con 150 g. di zucchero ed i tuorli delle uova.
- Aggiungere la farina, le mandorle tritate, il lievito vanigliato e mescolare
ento:
il tutto.
- Montare
le chiareeda ineve
il uova.
rimanente zucchero e aggiungerle
ntare il burro con
150 g. di zucchero
tuorlicon
delle
cautela.
giungere la farina,all’impasto
le mandorlecon
tritate,
il lievito vanigliato e mescolare il tutto.
una teglia
dal cerchioall’impasto
apribile imburrata.
Versare
ntare le chiare-a neve
con ilil composto
rimanente in
zucchero
e aggiungerle
con cautela.
sare il composto
una teglia
cerchio
apribile
- in
la dal
torta
nel forno
giàimburrata.
caldo a 180° per 45 minuti; lasciare
Cuocere
ocere la torta nel forno
già caldo a 180° per 45 minuti; lasciare raffreddare.
raffreddare.
liare in due la-torta,
farcireincon
e spolverare
con zucchero
a velo.con zucchero
duemarmellata
la torta, farcire
con marmellata
e spolverare
Tagliare
a velo.
ce, adatto anche per i celiaci, che ci fa scoprire il grano saraceno, ottimo cereale anche se
sciuto.
Ottimo dolce, adatto anche per i celiaci, che ci fa scoprire il grano saraceno,
ottimo cereale anche se poco conosciuto.
135
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Torta di pistacchi
Ingredienti:
pistacchi
· 300 g. zucchero
· 300 g. pistacchi
i:
· 6 uova
·
1 cucchiaio di maizena
g. zucchero
g. pistacchi · bustina di lievito
· ½ bicchiere di olio di semi di mais
ova
ucchiaio di maizena
Procedimento:
tina di lievito
icchiere di olio- diTritare
semi difinemente
mais
i pistacchi.
- Lavorare i tuorli d’uovo con lo zucchero.
nto:
- Unire i pistacchi, l’olio, il lievito e la maizena.
- Aggiungete delicatamente i chiari d’uovo montati a neve.
are finemente i pistacchi .
- Infornare
180° per 50 minuti circa.
orare i tuorli d’uovo
con lo azucchero.
-
Spargere
la
di zucchero a velo.
re i pistacchi, l’olio, il lievito superficie
e la maizena.
- La torta
si puòd’uovo
serviremontati
con deiafrutti
giungete delicatamente
i chiari
neve.di bosco frullati e eventuale aggiunta
di
un
po’
di
panna
montata
e
zucchero,
secondo i gusti.
ornare a 180° per 50 minuti circa.
- Indialternativa
pistacchi la torta è buonissima anche con le nocciole
rgere la superficie
zucchero aaivelo.
torta si può serviretritate.
con dei frutti di bosco frullati e eventuale aggiunta di un po’ di panna
ntata e zucchero, secondo i gusti.
Ottima
ricetta
sia per
i celiaci che
per gli
lattosio.
lternativa ai
pistacchi
la torta
è buonissima
anche
conintolleranti
le nocciolealtritate.
etta sia per i celiaci che per gli intolleranti al lattosio.
136
Appendice. Ricette antispreco
Involtini di pane con mousse di verdure
Ingredienti (per quattro persone):
di pane con mousse di verdure
· 2 panini del giorno precedente
· 1 zucchina
(per quattro persone):
· 1 carota
1 patata media
nini del giorno· precedente
·
1 cipolla
cchina
· olio extra vergine q.b.
rota
·
sale q.b.
tata media
polla
Procedimento:
extra vergine
q.b.
q.b.
- Tagliare il pane a fette molto sottili circa e stenderle con un matterello.
- Tritare la cipolla e stufarla aggiungendo nella padella un cucchiaio di
nto:
olio e uno di acqua
carotecirca
tagliate
in precedenza
a cubetti, successivamente unire
liare il pane a -
fetteUnire
moltolesottili
e stenderle
con un matterello.
ad
intervalli
di
10
minuti
le
altre
verdure.
are la cipolla e stufarla aggiungendo nella padella un cucchiaio di olio e uno di acqua
- Salare
a piacere, volendo
si potrà
aromatizzareunire
il tutto
anche condialtre
re le carote tagliate
in precedenza
a cubetti,
successivamente
ad intervalli
10
spezie
o
aromi.
uti le altre verdure.
- Quando
tutte
le verdure saranno
cottecon
passarle
nel mixer
fino a creare
re a piacere, volendo
si potrà
aromatizzare
il tutto anche
altre spezie
o aromi.
ndo tutte le verdure
cotte passarle
mixerdei
fino
a creare
una purea omogenea
sarà nel
la farcia
nostri
involtini.
unasaranno
purea omogenea
la farcia dei nostri
involtini.
- Aiutati
da una sacca da pasticcere se si preferisce con un cucchiaino da
tati da una sacca da
pasticcere
se si
preferisce sulla
con fetta
un cucchiaino
da caffè, stendiamo
il
caffè,
stendiamo
il composto
di pane, arrotoliamo
e fermiamo
mposto sulla fetta dicon
pane,
e fermiamo
con uno
stuzzicadenti,
infine
adagiamo
unoarrotoliamo
stuzzicadenti,
infine adagiamo
in una
teglia oleata
in precedenza,
na teglia oleata inmettiamo
precedenza,
mettiamo
pochissimo
olio
e
un
pizzico
di
sale
sopra
ognie
pochissimo olio e un pizzico di sale sopra ogni involtino
oltino e passiamo in
forno a in
160
gradia per
minuti
circa.
passiamo
forno
160 10
gradi
per 10
minuti circa.
ordiamoci che- non
deve
cuocere
ma
tostare
leggermente.
Trascorso
questo
tempo
leggermente.
Trascorso
Ricordiamoci che non deve cuocere ma tostare
iere dal forno e servire
caldo.
questo
tempo togliere dal forno e servire caldo.
ecuperato verdura
e pane.
Abbiamo
recuperato verdura e pane.
137
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Composta di frutta mista su crostini di pane
caramellato
Ingredienti
quattrodipersone):
a di frutta
mista su(per
crostini
pane caramellato
2 panini del giorno precedente
i (per quattro· persone):
· 1 mela
1 pera
anini del giorno· precedente
· 1 banana
ela
· 1 limone
era
· zucchero q.b.
anana
· cannella se disponibile
mone
chero q.b.
Procedimento:
nella se disponibile
- Tagliare a fette di 2 mm il pane, adagiarlo su di una teglia per il forno (il
piatto del forno andrà benissimo), se possibile utilizzate un foglio di carta
da forno
sul fondo,
cospargete
le fette
zucchero
e caramellate
liare a fette di 2 mm
il pane,
adagiarlo
su di una
tegliacon
perpoco
il forno
(il piatto
del forno
forno autilizzate
180 gradi un
perfoglio
5 minuti
al termie
togliete
dalcospargete
forno e fate
rà benissimo), se in
possibile
di circa,
carta da
forno sul
fondo,
le
e con poco zucchero
e caramellate
in forno a 180 gradi per 5 minuti circa, al termie
raffreddare
in un vassoio.
iete dal forno -
e fate
raffreddare
in un vassoio.
tegami differenti
tagliate e cuocete con poco zucchero e la scorza
In tre
re tegami differenti
tagliate
e
cuocete
con
poco zucchero
la scorza
del limone la
mela
e
del limone la mela e la banana
mentre la epera
la aromatizzerete
con
poca
anana mentre la pera
la aromatizzerete con
poca
cannella,diversamente
benissimo
cannella,diversamente
andrà
benissimo
al naturale conandrà
lo zucchero.
aturale con lo -
zucchero.
Terminata la cottura e asciugata l’acqua in eccesso
minata la cottura
asciugatacon
l’acqua
in eccesso da caffè la frutta sui crostini di pane
- eAdagiate
un cucchiaino
giate con un cucchiaino
da
caffè
la
fruttaasui
crostini
pane caramellato,
cospargete
a
caramellato, cospargete
piacere
condiulteriore
poco zucchero
e servita
ere con ulteriore poco
zucchero
e
servita
ben
caldi.
ben caldi.
nto:
ecuperato frutta
e pane.
Abbiamo
recuperato frutta e pane.
138
Appendice. Ricette antispreco
Stuzzichini di insalata al volo
Ingredienti (per quattro persone):
ni di insalata al volo
·insalata
pane grattugiato
i (per quattro· persone):
· sale q.b
· poco olio
lata
e grattugiato
Procedimento:
q.b
o olio
- Conservate le foglie di insalata esterne, lavatele bene e asciugatele.
- Adagiatele in una teglia e cospargete di pane grattugiato e sale a piacere
nto:
pochissimo olio e dorate in forno per 6/7 minuti a 180 gradi.
-
servitelavatele
ben caldi,
simpatico stuzzichino o per un
servate le foglie diTogliete
insalata eesterne,
benecome
e asciugatele.
semplicissimo
aperitivo.
giatele in una teglia
e cospargete
di pane grattugiato e sale a piacere pochissimo olio e
ate in forno per 6/7 minuti a 180 gradi.
Abbiamo
recuperato
insalata. stuzzichino o per un semplicissimo aperitivo.
liete e servite
ben caldi,
come simpatico
ecuperato insalata.
139
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Bruschette con caponatina di verdure
Ingredienti (per quattro persone):
te con caponatina di verdure
· 4 fette di pane
3 pomodori perini
i (per quattro·persone):
· 1 zucchina
tte di pane · 1 carota
omodori perini· 1 peperone
· 2 acciughe sott’olio
ucchina
·cipolla
arota
·capperi
eperone
·origano
cciughe sott’olio
cipolla
·
sale e pepe q.b
peri
ano
e pepe q.b
Procedimento:
- Prendere delle verdure leggermente appassite, risulterà più semplice
lavorarle.
- Lavare
e tagliate
a cubettirisulterà
le carotepiù
e lesemplice
zucchine,lavorarle.
scottare in acqua salata
ndere delle verdure
leggermente
appassite,
per
qualche
minuto,scolare
e
raffreddatele
sotto
l’acqua
are e tagliate a cubetti le carote e le zucchine, scottare in acqua
salatafredda.
per qualche
- Lavare e sotto
tagliare
a cubetti
uto,scolare e raffreddatele
l’acqua
fredda.le rimanenti verdure, unire alle carote e
zucchine.
are e tagliare a cubetti
le rimanenti verdure, unire alle carote e zucchine.
Condire
con olio,
origano
e cipolla,tritate
capperi
e acciughe
tritate finemente,
dire con olio, -origano
e cipolla,
capperi
e acciughe
finemente,
aggiustare
di sale e
aggiustare di sale e pepe.
e.
vire la caponata
bruschette
di panesupugliese
raffermo
con
un filoraffermo
d’olio extravergine
- suServire
la caponata
bruschette
di pane
pugliese
con un filo
iva.
d’olio extravergine d’oliva.
nto:
ecuperato pane
e verdure.
Abbiamo
recuperato pane e verdure.
140
Appendice. Ricette antispreco
Spiedini di zucchine con pomodoro confit
Ingredienti (per quattro persone):
di zucchine con pomodoro confit
· 400 gr di zucchine
·
300 gr di pomodoro
i (per quattro persone):
· erbe aromatiche (timo, maggiorana, origano, erba
gr di zucchine·cipollina)
· uno spicchio d’aglio
gr di pomodoro
· olio
d’olivaerba
extravergine
e aromatiche (timo,
maggiorana,
origano,
·
semolato
zucchero
ollina)
· sale e pepe q.b.
spicchio d’aglio
extravergine d’oliva
Procedimento:
chero semolato
e pepe q.b.
- Lavare e tagliare a spicchi i pomodori.
- Sistemateli su una teglia da forno, salarli e peparli, cospargerli con poco
ento:
zucchero, erbe aromatiche tritate e l’aglio schiacciato.
-
in forno a 120/140 gradi per circa 1 ora.
Cuocerli
are e tagliare a spicchi
i pomodori.
- teglia
a fettee lepeparli,
zucchine,
cuocerle con
alla griglia.
Lavaredae tagliare
emateli su una
forno, salarli
cospargerli
poco zucchero, erbe
-
le
zucchine
con
sale
e
olio,
arrotolatela
intorno
al pomodoro
Condite
matiche tritate e l’aglio schiacciato.
confit egradi
fermarla
con gli
spiedini di legno.
ocerli in forno a 120/140
per circa
1 ora.
caldi ocuocerle
freddi guarniti
con foglie di basilico.
Serviteli
are e tagliare a- fette
le zucchine,
alla griglia.
ndite le zucchine con sale e olio, arrotolatela intorno al pomodoro confit e fermarla con
spiedini di Abbiamo
legno. recuperato zucchine e pomodori.
viteli caldi o freddi guarniti con foglie di basilico.
ecuperato zucchine e pomodori.
141
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Gocce di polenta di grano saraceno con julienne
di verdure croccanti
polenta Ingredienti:
di grano saraceno
nne di verdure croccanti
· farina di grano saraceno
·verdure
i:
·acqua
·sale
na di grano saraceno
dure
Procedimento:
ua
- Fate bollire l’acqua in una pentola alta e capiente.
- Versate la farina poco alla volta rimestando continuamente, aggiungente
ento:
il sale e cuocete per mezz’ora sempre rimestando.
-
prendete
verdure che avete a disposizione, lavatele, tagliatele a
e bollire l'acqua inIntanto
una pentola
alta le
e capiente.
fini,
come dei fiammiferi,
quindi
saltatele in ilpadella
qualche
sate la farina pocolistarelle
alla volta
rimestando
continuamente,
aggiungente
sale e per
cuocete
per
zz'ora sempre rimestando.
minuto con un po’ di olio e l’aglio.
nto prendete le- verdure
avete
a disposizione,
lavatele,
tagliatele aunlistarelle
fini, come
della polenta
aggiungete
po’ di burro
per
A fineche
della
cottura
fiammiferi, quindimantecarla,
saltatele in versarla
padella per
qualche
minuto
con
un
po’
di
olio
e
l’aglio.
in una teglia ampia e bassa. Lasciarla raffreddare.
ine della cottura
aggiungete
unlapo’
di burro
per mantecarla,
versarla
in una
- della
tagliare
polenta
a cubetti
e su ciascuno
di questi
Una polenta
volta fredda
ia ampia e bassa. Lasciarla
raffreddare.
disporvi un cucchiaio di verdure.
a volta fredda tagliare
la polenta
a cubettiambiente
e su ciascuno di questi disporvi un cucchiaio di
- Servire
a temperatura
dure.
vire a temperatura
Note: ambiente
- Il grano saraceno è chiamato anche formenton dai ladini
- Il grano saraceno viene solitamente e erroneamente accomunato alla
rano saraceno è chiamato anche formenton dai ladini
famiglia delle graminacee, trattandosi invece di una pianta appartenente
grano saraceno viene solitamente e erroneamente accomunato alla famiglia delle
alla famiglia delle polygonaceae. Non essendo un tipo di frumento, può
minacee, trattandosi invece di una pianta appartenente alla famiglia delle polygonaceae.
essere
dai celiaci
nessuna dai
preoccupazione.
n essendo un tipo
di consumato
frumento, può
esseresenza
consumato
celiaci senza nessuna
occupazione. - È una farina molto versatile che si presta a numerose ricette, dai
pizzoccheri
ai blyni russi,
alla dai
soba
giapponese.
na farina molto versatile
che valtellinesi,
si presta a numerose
ricette,
pizzoccheri
valtellinesi, ai
ni russi, alla soba giapponese.
Abbiamo recuperato verdure.
ecuperato verdure.
142
Appendice. Ricette antispreco
Foglie di fiori di zucca con bronoise di
patate al timo
Ingredienti:
fiori di zucca con bronoise di patate al timo
· 16 fiori di zucca privati dei pistilli
· 2 patate di media grandezza
i:
· uno spicchio d’aglio tritato
·
di olio extravergine d’oliva
4 cucchiai
iori di zucca privati
dei pistilli
·Timo
tate di media grandezza
·Sale
spicchio d’aglio
tritato
·
macinato al momento
Pepe nerod’oliva
cchiai di olio extravergine
o
Procedimento:
e
e nero macinato al momento
- Pelate le patate, tagliatele a dadini e passatele in padella con olio e timo.
- Intanto staccate delicatamente i fiori dalla zucchina, apriteli e disponeteli
nto:
su un piano.
un panno
carta leggermente
umido
modo molto delicato sui
-
Passate
ate le patate, tagliatele
a dadini
e passatele
in padella con
olio eintimo.
fiori, cosiida
pulirli.
nto staccate delicatamente
fiori
dalla zucchina, apriteli e disponeteli su un piano.
-
su
una
placca
da forno
precedentemente
imburrata
coperta
Adagiateli
sate un panno carta leggermente umido
in modo
molto
delicato sui fiori,
cosi da opulirli.
giateli su una placca
forno
precedentemente imburrata o coperta con carta forno.
conda
carta
forno.
giate un cucchiaio
di
dadolata
(bronoise)
di patate (bronoise)
su ciascundifiore,
ripiegateli
sufiore,
loro
- Adagiate un cucchiaio
di dadolata
patate
su ciascun
si, a mò di involtino
e una volta
completata
preparazione,
la teglia
a 180 °C,
su loro
stessi, alamò
di involtinoinformate
e una volta
completata
la
ripiegateli
20 minuti circa. preparazione, informate la teglia a 180 °C, per 20 minuti circa.
virli tiepidi. - Servirli tiepidi.
ecuperato verdure.
Abbiamo recuperato verdure.
143
Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Crostone di pane con cipolla caramellata
Ingredienti:
·
pane raffermo
di pane con·burro
cipolla caramellata
i:
· succo di arancia o vino o aceto di mele (a piacere e con
· quello che c’è in casa)
·cipolla
· zucchero (un cucchiaio di zucchero per una cipolla)
e raffermo
o
o di arancia
o vino o acete di mele (a piacere e con
Procedimento:
lo che c’è in casa)
lla
- Prendete il pane raffermo, tagliatelo a fette.
chero (un cucchiaio
di zucchero
persu
una
- Adagiate
le fette
unacipolla)
teglia, spennellate con olio extra vergine di oliva
e infornate a 180-200° per qualche minuto sino a che il pane diventi
nto:
leggermente dorato.
- Intanto tagliate le cipolle a fette sottili.
ndete il pane raffermo,
tagliatelo
fette. con del burro e quando spumeggia, versarvi le
- Preparate
una apadella
giate le fette su una
teglia,
spennellate
conpepe.
olio extra vergine di oliva e infornate a 180cipolle, aggiungere sale,
° per qualche minuto
sino
a
che
il
pane
diventi
leggermente
dorato.
- Mescolare bene con fuoco vivace,
poi sfumare
con del vino o del succo
nto tagliate le cipolle a fette sottili.
di arancia o dell’aceto. Moderate poi il fuoco e continuate con la cottura
parate una padella con del burro e quando spumeggia, versarvi le cipolle, aggiungere
sino a qualdo le cipolle non si saranno quasi sfaldate, per circa 20 minuti.
pepe.
- A questo punto aggiungete lo zuccheto sciolto in acqua e rialzate la
colare bene con fuoco vivace, poi sfumare con del vino o del succo di arancia o
fiamma.
Mescolate
velocemente
e spegnete.
’aceto. Moderate poi
il fuoco
e continuate
con la cottura
sino a qualdo le cipolle non si
- Quando
pane
si è dorato in forno, adagiare le fette su un vassoio da
nno quasi sfaldate,
per circail 20
minuti.
portata.lo zuccheto sciolto in acqua a rialzate la fiamma. Mescolate
uesto punto aggiungete
- Appena le cipolle caramellate sono pronte, mettere un cucchiaio di
cemente e spegnete.
cipolle
ciascun
crostone.
ndo il pane si è dorato
in su
forno,
adagiare
le fette su un vassoio da portata.
-
caldo.
Servire
ena le cipolle caramellate sono pronte, mettere un cucchiaio di cipolle su ciascun
tone.
vire caldo. Abbiamo recuperato pane e cipolle.
ecuperato pane e cipolle.
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Gli autori
Gli autori
Anna Garante, nasce a Napoli nel 1978. Lavora presso un laboratorio odontotecnico
a Prato e si occupa di volontariato presso la Fratres Toscana da diversi anni. Nel suo
percorso associativo, ha ricoperto incarichi istituzionali all’interno della Commissione
Giovani della Fratres ed attualmente riveste il ruolo di segretario regionale. Nel 2011
ha avuto modo di frequentare il corso Cesvot “Progettisti per il volontariato”, grazie
al quale ha contribuito alla creazione della rete fra associazioni che ha permesso la
realizzazione del presente volume.
Leda Spagnuolo, diplomata al liceo linguistico, proviene dal mondo profit
con esperienze lavorative nel settore commerciale in Italia e con l’estero. Nel
2009 approda all’associazione Banco Alimentare della Toscana come dipendente
con mansioni legate alla ricerca fondi. Dall’inizio della sua collaborazione con
l’associazione, ha frequentato corsi di formazione e seminari organizzati dal Cesvot
per acquisire e affinare le sue competenze nell’ambito della progettazione sociale.
Grazie al suo ruolo lavorativo, ha collaborato alla stesura del primo bilancio sociale
del Banco Alimentare della Toscana.
Melissa Zorzi, laureata in Relazioni Internazionali, viene dal mondo della
cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario. Ha lavorato per la Commissione
Europea e ha svolto missioni umanitarie all’estero per un’importante Ong italiana,
entrando così in contatto con il tema degli aiuti alimentari. In Italia mette le sue
competenze a disposizione del mondo del volontariato.
Fabio Firenzuoli, laureato in Medicina e Chirurgia, Direttore del Centro di Medicina
Integrativa Aouc Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, responsabile del centro
di riferimento per la fitoterapia della Regione Toscana, professore universitario a
contratto in fitoterapia clinica e fitovigilanza presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università degli Studi di Firenze, dove è Responsabile scientifico dell’indirizzo
“Fitoterapia clinica” del Master in Medicina Integrativa. Già autore di diversi testi
come: Erbe: Istruzioni per l’uso, La salute a colori.
Abele Di Lonardo, laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in ematologia
e tisiologia, Tutore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia - Cattedra di
Immunoematologia, Università Federico II di Napoli, già docente presso la Seconda
Università di Napoli, presso la Scuola Medica Ospedaliera Ospedali Riuniti di Roma,
presso la Scuola per Tecnici di Laboratorio dell’Ospedale Carlo Forlanini di Roma
e presso la Scuola per Tecnici di Laboratorio dell’Ospedale Maria delle Grazie di
Cerreto Sannita. E’ stato Direttore Uoc Medicina Trasfusionale presso l’Azienda
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Ospedaliera “Gaetano Rummo” Benevento, attualmente in pensione, ora ricopre il
ruolo di Consulente sanitario della Consociazione nazionale dei gruppi di donatori
di sangue Fratres.
Gianluca Ermanno, laureato in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, ha
lavorato come educatore di comunità presso l’Opera S. Rita di Prato e si occupa
da sempre di educazione e volontariato. Esperto di comunicazione e nuovi media,
attualmente ricopre il ruolo di direttore dell’area formazione e progetti del comitato
Csi di Prato e vicepresidente regionale del Csi Toscana con delega ai progetti e alle
politiche sociali e welfare.
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Indice
Indice
PREFAZIONE
Luigi Cardini ………………………………………………………………………………………………………………………………….5
INTRODUZIONE
Anna Garante, Leda Spagnuolo ……………………………………………………………………………………………7
PRESENTAZIONE
Associazione Fratres Donatori di Sangue …………………………………………………………………………10
Associazione Banco Alimentare della Toscana …………………………………………………………….13
Associazione Italiana Celiachia Toscana ………………………………………………………………………….18
Centro Sportivo Italiano-Toscana ……………………………………………………………………………………….22
CAPITOLO 1
Eccedenze alimentari: da spreco a risorsa
di Melissa Zorzi …………………………………………………………………………………………………………………….25
Il primo passo: capire la differenza tra eccedenza alimentare e spreco
alimentare ……………………………………………………………………………………………………………………………………….25
Lo spreco alimentare a livello globale: i costi ambientali ed economici,
la questione sociale …………………………………………………………………………………………………………………… 26
Che cosa accade in Italia …………………………………………………………………………………………………………28
Le eccedenze alimentari: come e perché vengono generate …………………………………30
Il destino delle eccedenze in Italia: soltanto spreco? ……………………………………………….33
Le eccedenze che diventano risorsa: il recupero per il consumo uma………….......36
Food banks e assistenza agli indigenti ……………………………………………………………………………….37
Incontro tra domanda e offerta di eccedenze alimentari ………………………………………..39
Campagne di sensibilizzazione e iniziative per la riduzione dello spreco
alimentare e la gestione sostenibile dei beni alimentari …………………………………….......39
Iniziative delle catene della grande distribuzione organizzata ………………………………41
Come può contribuire il consumatore finale all a lotta allo spreco? ………………….42
Agire tra le nostre mura domestiche:buone pratiche e suggerimenti per
ridurre gli sprechi ………………………………………………………………………………………………………………………..43
Conclusione ……………………………………………………………………………………………………………………………………45
Bibliografia ………………………………………………………………………………………………………………………………………47
CAPITOLO 2
La salute vien mangiando
di Fabio Firenzuoli ………………………………………………………………………………………………………………………… 49
Il controllo “attivo” del peso ……………………………………………………………………………………………………51
Indicazioni pratiche di prevenzione ……………………………………………………………………………………..53
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Il cibo è vita. Alimentazione, salute, solidarietà
Frutta e verdura …………………………………………………………………………………………………………………………….56
I colori della salute ………………………………………………………………………………………………………………………61
I carotenoidi …………………………………………………………………………………………………………………………………….62
Carotenoidi e vitamina A …………………………………………………………………………………………………………..63
I flavonoidi ………………………………………………………………………………………………………………………………………..64
I composti allo zolfo ……………………………………………………………………………………………………………………66
Le clorofille ………………………………………………………………………………………………………………………………………67
Le antocianine ………………………………………………………………………………………………………………………………..69
I tannini ………………………………………………………………………………………………………………………………………………70
Legumi e cereali ……………………………………………………………………………………………………………………………..71
I “temibili” grassi alimentari ……………………………………………………………………………………………………..75
Alcune considerazioni riassuntive sui grassi ……………………………………………………………………..79
Semi e frutta secca ……………………………………………………………………………………………………………………….79
Zuccheri semplici e dolci ……………………………………………………………………………………………………………81
Il sale ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………83
Trucchi utili ………………………………………………………………………………………………………………………………………84
Altre regole di buona alimentazione… …………………………………………………………………………………84
Importanza della dieta mediterranea ………………………………………………………………………………….86
La piramide alimentare toscana ………………………………………………………………………………………………89
Riferimenti bibliografici essenziali …………………………………………………………………………………………97
CAPITOLO 3
Donazione fa rima con alimentazione
di Abele Di Lonardo ……………………………………………………………………………………………………………………. 99
Donare il sangue fa bene. A chi? Cosa è il sangue …………………………………………………………99
Funzioni biologiche del sangue ………………………………………………………………………………………………100
Produzione del sangue ……………………………………………………………………………………………………………….101
Alimentazione e produzione del sangue ……………………………………………………………………………102
Dono del sangue ……………………………………………………………………………………………………………………………105
Consapevolezza nel dono del sangue …………………………………………………………………………………106
Protocollo per l’accertamento dell’idoneità del Donatore ………………………………………107
Medicina preventiva attraverso l’attività di donazione del sangue ………………………109
Percorso donazione-trasfusione …………………………………………………………………………………………….111
Prodotti del sangue ……………………………………………………………………………………………………………………..113
Benefici per chi riceve il sangue …………………………………………………………………………………………….114
Benefici per chi dona il sangue ……………………………………………………………………………………………….114
CAPITOLO 4
Attività sportiva e cambiamento. Una proposta educativa per uno stile
di vita sano
di Gianluca Ermanno …………………………………………………………………………………………………………………… 117
Educare attraverso lo sport ………………………………………………………………………………………………………117
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Indice
Sport, gioco e attività motoria: esiste ancora la “mens sana in corpore sano”? 118
L’analfabetismo motorio e il drop-out sportivo vs l’iperattivismo obbligato 119
Stili di vita e qualità della vita ……………………………………………………………………………………………….. 121
“Un soldino risparmiato è un soldino guadagnato” ……………………………………………………..122
Uno sport per tutti ………………………………………………………………………………………………………………………123
Sport e ambiente: eco sostenibilità della pratica sportiva ……………………………………….125
Disabili e sport: un esempio di integrazione ……………………………………………………………………125
Spezziamo una lancia a favore dei videogiochi ……………………………………………………………..126
Il linguaggio dello sport …………………………………………………………………………………………………………….127
Sport e donazione del sangue, perché? ……………………………………………………………………………..127
Attività motoria ed alimentazione ………………………………………………………………………………………128
Conclusioni ……………………………………………………………………………………………………………………………………..129
APPENDICE
Ricette antispreco (con note per celiaci) ……………………………………………………………………….. 131
GLI AUTORI ………………………………………………………………………………………………………………………………………..147
151
Stampato nel mese di luglio 2013 presso
Tipolitografia Contini, Sesto Fiorentino (FI)