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Comunità Pastorale S. Crocifisso - Meda!
“Collaboratori della gioia” A.P. 2013.14 | Incontri di Quaresima. I brani della Carità.6
Se non ho la carità non sono niente.!
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- 1Cor 13 -
1Se
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come
cimbalo che strepita. 2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza,
se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. 3E se anche dessi in
cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.!
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4La
carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, 5non manca di
rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell'ingiustizia ma
si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.!
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8La
carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.
in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. 10Ma quando verrà ciò che è
perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino,
ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. 12Adesso noi vediamo in modo
confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma
allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. 13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede,
la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!!
9Infatti,
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La situazione di Corinto, i problemi della comunità e la lettera di Paolo!
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La città di Corinto!
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Quando Paolo giunge a Corinto per soggiornarvi un anno e mezzo circa, attorno alla metà del primo secolo d.C., la
città vantava le caratteristiche di una vera e propria metropoli del tempo. Vi abitavano circa cinquecentomila
persone, più gli schiavi che sfuggivano di frequente al censimento (per avere un termine di paragone: Roma ne
faceva un milione). Oltre alle dimensioni, Corinto era città complessa dal punto di vista economico, sociale,
culturale e religioso. Posizionata sull’istmo che collegava Grecia e Peloponneso, si divideva su due porti, sedi di
enormi flussi e scambi commerciali. Distrutta nel 144 a.C. dai romani, fu ricostruita da Giulio Cesare nel 44 a.C. per
la sua posizione strategica. Con la rifondazione vi confluì un grande numero di schiavi che facevano da
manodopera ai numerosissimi imprenditori trasferitisi a Corinto per investire capitali. Città multietnica e
culturalmente vivissima, godeva di un benessere era diffuso, ma non mancavano le differenze marcate e i
conseguenti forti contrasti tra le classi più ricche e quelle meno abbienti. Erano praticati il culto dell’imperatore, la
religione greca tradizionale, i culti esoterici orientali e vi era anche una comunità giudaica ma ciò che più andava di
moda era un certo sincretismo religioso. A causa del benessere e per la mescolanza di diverse tradizioni eticoreligiose e culturali Corinto era famosa per il lassismo morale che la caratterizzava soprattutto nelle fasce più
basse della popolazione.!
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La comunità cristiana di Corinto!
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In questo contesto cosmopolita molto complesso ma allo stesso tempo vivace e ricco - e dunque molto
promettente per il cristianesimo - Paolo arriva ad annunciare il Vangelo, cominciando dapprima dalla comunità
ebraica per poi virare su coloro che provenivano dal paganesimo, viste le resistenze dell’ambiente giudaico.!
Viene ospitato da Aquila e Priscilla, coppia cristiana fuggita da Roma, come lui fabbricatori di tende e
appoggiandosi a loro inizia a diffondere il messaggio di Gesù.!
Nasce così, in un anno e mezzo di lavoro apostolico, la Chiesa di Corinto, inizialmente composta da non più di
duecento persone principalmente etno-cristiane - comunque familiari alla cultura giudaica - con una minoranza
ebraica. Si può ritenere però che la maggioranza fosse costituita da schiavi e liberti con un piccolo gruppo di
benestanti, colti e di alto rango, ma in un ambiente come Corinto non poteva che trattarsi di una comunità molto
variegata e stratificata, divisa in vari gruppi e tendenze a seconda della provenienza, del ceto, della formazione
culturale. Oltre a ciò nella comunità cominciarono presto a giungere missionari di matrice giudaica che criticavano
la scarsa importanza data da Paolo alla circoncisione, favorendo il costituirsi di un fronte interno anti-paolino e il
conseguente ulteriore frammentarsi della comunità in gruppi e fazioni. Oltretutto, il rifiuto paolino di ricevere un
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compenso per il proprio apostolato, svincolandosi dall’istituto del “patronato” romano, lo mise da subito contro le
famiglie benestanti della comunità.!
La giovane Chiesa di Corinto è da subito afflitta, dunque, da numerosi problemi i quali, dopo la partenza di Paolo,
tendono ad acutizzarsi fino a mettere in serio pericolo la sopravvivenza della comunità stessa.!
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Il senso della lettera!
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Oltre al già citato problema della fazioni interne presente fin da subito, si manifestò dopo la partenza di Paolo un
grande numero di elementi critici originati dal contesto socio-culturale carico di pluralismo etico e sincretismo
religioso in cui la comunità era nata.!
I fedeli benestanti discriminavano i meno abbienti arrivando anche a clamorose mancanze di carità persino durante
le celebrazioni eucaristiche; i più facoltosi che potevano permettersi una formazione culturale d’alto livello non
mancavano di umiliare i più “ignoranti” considerandoli inadeguati e a loro inferiori dal punto di vista della capacità di
approfondire l’esperienza cristiana; numerosi erano i casi di scontri giudiziari per ragioni economiche portati
davanti ai tribunali pagani; non pochi erano i casi di immoralità sessuale con episodi anche incestuosi; poiché la
comunità si ritrovava divisa in diverse case, sorgevano contrapposizioni in base alle diverse frequentazioni; non
mancavano gli scontri tra chi frequentava senza scrupoli i banchetti sacri e intratteneva affari con l’ambiente
pagano e chi invece preferiva un maggiore rigore; infine sorgevano tensioni a causa di chi guardava con sospetto il
matrimonio e voleva imporre l’astinenza sessuale anche agli sposati.!
A questa comunità, con questi problemi e con questi interrogativi, Paolo scrive la sua lettera un paio d’anni almeno
dopo la sua partenza da Corinto, con l’obiettivo di richiamare la fedeltà al Vangelo, di contenere le derive morali e
di offrire criteri e indicazioni concrete per affrontare le singole questioni.!
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Il contesto strutturale e tematico!
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Il brano e la sua collocazione nel contesto!
La struttura generale della lettera è la seguente:!
Introduzione epistolare (1, 1-9)!
1. Predicazione del Crocifisso e contrasti ecclesiali nella Chiesa (1,10-4,21)!
2. Disordini giudiziari e immoralità sessuale nella comunità (5,1-6,20)!
3. Matrimonio e celibato (7,1-40)!
4. Carne sacrificata agli idoli (8,1-11,1)!
5. Assemblee liturgiche (11,2-34)!
6. Doni della grazia e carità (12,1-14,40)!
7. Resurrezione dei cristiani (15,1-58)!
Conclusione epistolare (16,1-24)!
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Come già detto, l’obiettivo dello scritto è aiutare i Corinzi a ricentrare la vita della comunità attorno a Cristo,
riconsiderando radicalmente gli aspetti peccaminosi e anti-evangelici dei componenti della Chiesa da lui fondata.
Per far questo, dapprima pone le basi teologiche della questione, poi, muovendo da esse, affronta tutte le singole
questioni nei loro risvolti pratici.!
Il fondamento teologico sta tutto nelle affermazioni del primo capitolo che prendono le mosse dall’eccessivo culto
della personalità diffuso tra i Corinzi affascinati dalle qualità oratorie dei missionari: «Noi invece annunciamo Cristo
crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci,
Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio… il quale è diventato per noi sapienza per opera di Dio, giustizia,
santificazione e redenzione» (1Cor 1, 24.30).!
Paolo mette a fuoco con chiarezza che non ci sono “saperi mondani” ai quali appoggiarsi, perché una sola è la
sapienza affidabile, perciò è bene che la comunità non si perda in discussioni filosofiche sterili e ancor meno nelle
battaglie di buona eloquenza, bensì approfondisca il messaggio della Croce, vera e unica parola sapiente e in
aperto contrasto con l’intelligenza del mondo. Inoltre l’apostolo ricorda alla sua comunità che la potenza di Dio è
ben diversa da quella secondo gli uomini, la Sua forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza, perciò nella
comunità non devono instaurarsi rapporti di forza e nemmeno ci si può disperdere nel fare una gara di forza con le
“potenze mondane” che a Corinto, tra l’altro, avrebbero avuto vittoria facile.!
Ricondotti i Corinzi al cuore del suo annuncio evangelico, Paolo approfondisce le varie problematiche della
comunità, usando come criterio di discernimento proprio la sapienza di Dio manifestatasi nella Pasqua di Cristo. Se
ricordiamo che il cuore del messaggio pasquale è la potenza salvifica dell’amore di Dio in Cristo, si comprende
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immediatamente come la Carità debba essere il riferimento fondamentale per ogni discernimento ecclesiale e si
coglie immediatamente quale importanza rivesta 1Cor13 nell’economia di tutta la lettera e del pensiero di Paolo
alla sua comunità.!
Perciò il cosiddetto e famoso «inno alla carità» non deve essere interpretato come un generico elogio del modo
d’amare cristiano o tantomeno una pia e concreta esortazione, bensì la risposta precisa e chiara dell’apostolo ai
problemi della Chiesa corinzia, in particolare a quello radicale della divisione tra i suoi membri che abbiamo già
descritto. Di conseguenza anche la descrizione delle varie caratteristiche della Carità che Paolo fa è da pensarsi
non tanto come l’elenco definitivo del modo di fare di chi è caritatevole, bensì la sottolineatura di quegli aspetti
della Carità che i Corinzi faticavano più a vivere.!
La consapevolezza di ciò ci deve impedire di trasformare questo testo, vivo, dinamico e impregnato di storia
ecclesiale, in una sorta di nuovo prontuario della Carità.!
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Il senso del brano!
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Il contesto prossimo del brano ci fornisce poi ulteriori spunti di interpretazione del testo in esame.!
Nella sesta parte della lettera, Paolo offre una sorta di trattato sulla questione dei carismi - doni spirituali - e degli
«uomini spirituali» - coloro che parevano averne in forme particolari - e che all’interno della comunità costituiva
argomento di discussione e divisione. I Corinzi, infatti, pareva subissero un particolare fascino dalle speciali
manifestazioni dello Spirito, in special modo il dono delle lingue e della profezia e bramavano possederne in gran
numero. Coloro che dimostravano di averne, poi, erano tenuti in grande considerazione e avevano la capacità di
esercitare una forte influenza sulla comunità per l’ammirazione che suscitavano. All’interno di questo fenomeno
c’era anche chi millantava doni che in realtà non possedeva e Paolo ritiene necessario definire alcuni criteri per
aiutare la comunità a distinguere il vero dal falso e, soprattutto, per chiarire quale sia il modo evangelico per
accogliere e far fruttificare quei doni dello Spirito.!
L’elogio della carità si colloca all’interno del discorso sui doni di Grazia. Ciò significa che la prospettiva in cui va
letto è una prospettiva ecclesiologica: la Carità è la chiave interpretativa delle questione dei carismi - la cui
destinazione è dunque il bene comune di tutta la Chiesa - e, ancor di più, è il criterio di autenticità della vita della
Chiesa stessa. È così che Paolo scardina ogni complesso di inferiorità o superiorità dentro la propria comunità.!
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L’elogio della Carità.!
Il brano si divide in tre parti ben riconoscibili. La prima riguarda i doni della Grazia nell’oggi della storia di Paolo, la
terza nel futuro escatologico della stessa, il centro spetta alla Carità: come a dire che i doni di Grazia se non sono
alimentati dalla Carità non sono in se stessi una garanzia di eternità.!
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1-3: senza la Carità, i doni di Grazia non servono.!
Sono versetti molto forti il cui senso è assolutamente chiaro ed esplicito: nessuna opera apparentemente cristiana
che non sia nutrita dalla Carità non ha alcun valore. Addirittura il finale afferma che la Carità è la struttura di identità
del discepolo: senza quella “non esisti”.!
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4-7: Ritratto della Carità.!
La parola che unifica la sezione e qui si ripresenta quasi come ritornello è «agape». In Paolo quel termine si
riferisce anzitutto non all’amore che il discepolo ha per il Signore o per i fratelli, ma anzitutto quello di Cristo per gli
uomini, fondamento dell’amore del discepolo. Qui Paolo compie come una sintesi tra le due cose tratteggiando un
identikit della Carità.!
Tutte e 15 le caratteristiche, sette in positivo e otto in negativo, fanno riferimento ad aspetti concreti della vita di
Corinto (qualche esempio: l’invidia per le diverse condizioni economiche, la rabbia per le umiliazioni, l’orgoglio per i
doni carismatici, le dispute giudiziarie, l’immoralità…) ma in sintesi potremmo dire che si tratta di quello speciale
modo di amare che ripropone quello manifestato in forma estrema sulla croce da Cristo.!
Da notare che gli attributi della Carità non sono descritti tramite aggettivi ma in forma verbale attiva, così da
evidenziarne la dinamicità, la vivacità e l’intraprendenza ma soprattutto sono verbi che esprimono relazione col
prossimo. Si comprende che non sono dunque le azioni ad essere “caritatevoli” ma la persona che incarna nelle
sue azioni la Carità che ha scelto come stile di rapporto.!
[In rapida rassegna: è magnanima= sopporta pazientemente; è benevola= affabilità, tatto e signorilità; non è
invidiosa= esclude le gelosie; non si vanta= mancanza di proporzioni, superficialità; non si gonfia d’orgoglio= far
sentire il peso del proprio prestigio; non manca di rispetto= non ferire il prossimo; non cerca il proprio interesse=
gratuità; non si adira= dominio di sé; non tiene conto del male ricevuto= sia nel senso del non pensare che gli altri
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“Collaboratori della gioia” A.P. 2013.14 | Incontri di Quaresima. I brani della Carità.6
sono maligni che del perdono; non gode dell’ingiustizia= lotta per la giustizia comunque; tutto scusa= evita la
delazione; tutto crede= fiducia nel prossimo; tutto spera= attende il ravvedimento; tutto sopporta= evita la
lamentela].!
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8-13: Senza i doni della grazia la Carità resta.!
Se la Carità è anzitutto un attributo divino è facile comprendere perché sia ciò che sopravvive all’eternità.!
In questo senso la Carità non è ciò che mi permette di andare in Paradiso, piuttosto ciò che c’è in Paradiso.!
Nella misura in cui lascio che la mia vita si riempia di Carità do alla mia esistenza carattere di eternità e in questo
senso «entro in Paradiso». La Carità è ciò che mi introduce all’esperienza autentica del Regno - per usare il
linguaggio dei Vangeli - fin d’ora. La Fede mi consente di intravvedere nella Carità il volto di Dio e la Speranza di
perseverare nella certezza del compimento.!
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La Carità.!
1. Immersione consapevole nel proprio tempo.!
La Carità domanda una radicale e intelligente immersione nel proprio tempo. Non certo anzitutto con
l’atteggiamento di chi intende difendersi dalle insidie del mondo, ma di chi vuol comprendere quali e quante vie
peculiari la propria epoca dispone perché la Carità vi si incanali. L’amore dialoga con la cultura, la condizione
sociopolitica, la congiuntura economica… L’amore si declina a seconda delle caratteristiche di ogni contesto.!
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2. Conoscenza profonda della propria Chiesa.!
Abbiamo già sottolineato negli incontri precedenti che la Carità nasce da e chiede un contesto comunitario.!
La Carità deve innervare tutte le membra della Chiesa e ogni aspetto della vita deve essere un contenitore di
Carità.!
Questo esige che si sia consapevoli delle dinamiche che caratterizzano la propria comunità, facendone una lettura
che sia essa stessa esercizio e frutto di Carità.!
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3. Contemplazione costante di Cristo «potenza di Dio e sapienza di Dio»!
Ciò che siamo chiamati a vivere nella Carità è ciò che Paolo definisce in Galati così: «Sono stato crocifisso con
Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di
Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 19-20).!
Solo nell’assidua e costante contemplazione del mistero della Pasqua possiamo lasciare che lo Spirito plasmi in
noi mente e cuore secondo la Sapienza di Dio, perché la nostra carne divenga dimora della Carità.!
La nostra opzione fondamentale non deve essere: "vivo la Carità", ma "tengo fisso lo sguardo sul Crocifisso
Risorto".!
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Bibliografia:!
Prima lettera ai Corinzi, Franco Manzi, San Paolo.!
Prima lettera ai Corinzi, Rinaldo Fabris, Paoline.!
I Corinzi, Richard B. Hays, Claudiana.!
Il Dio di Paolo, Bruno Maggioni, Paoline.!
Le lettere di Paolo, Giuseppe Barbaglio, Borla.!