23-29 marzo 2014 - Osservatorio di Politica Internazionale

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23-29 marzo 2014 - Osservatorio di Politica Internazionale
N°10, 23-29 MARZO 2014
ISSN: 2284-1024
I
www.bloglobal.net
BloGlobal Weekly Report
Osservatorio di Politica Internazionale (OPI)
© BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 30 marzo 2014
ISSN: 2284-1024
A cura di:
Alessandro Dalpasso
Giuseppe Dentice
Danilo Giordano
Maria Serra
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Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°10/2014 (22-29 marzo 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul
mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net
Photo credits: ANSA, Reuters/Umit Bektas, AGI, Chung Sung-Jun/Getty Images, Ted Aljibe/AFP, Fernando Llano/Associated Press, François Guillot, Pablo Martinez Monsivais, US Department of State.
FOCUS
EGITTO ↴
Dopo settimane di attesa e di incertezza sul futuro di uno dei più cruciali Paesi del
Medio Oriente, il Feldmaresciallo Abdel Fattah al-Sisi ha finalmente sciolto le riserve
e in un discorso televisivo alla nazione ha ufficialmente accettato la candidatura alle
presidenziali egiziane che si terranno i prossimi 26 e 27 maggio (16-17 giugno
l’eventuale secondo turno), sconfessando le stesse autorità che avevano stabilito inizialmente l’appuntamento per la metà di aprile. Oltre ad al-Sisi, gli unici candidati
finora acclarati sono il nasseriano Hamdeen Sabahi e l’ex Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito Sami Anan.
L’annuncio della candidatura dell’ormai ex militare è giunto il 25 marzo al termine
dell’ennesima giornata caratterizzata da violente proteste guidate dai Fratelli Musulmani. Il Feldmaresciallo si è presentato alle telecamere spiegando che questa era
«l’ultima volta [che si presentava] in uniforme militare dopo aver preso la decisione
di lasciare la carica di Ministro della Difesa e l’Esercito». Ha poi affermato di essere
pronto a «tend[ere] la mano a tutti gli Egiziani […]» e che «continueremo a combattere il terrorismo». Un riferimento neanche tanto velato alla repressione nei confronti dei Fratelli Musulmani, considerati dalle autorità i mandanti di numerosi
attentati avvenuti in questi mesi nel Paese e per questo motivo messi al bando come
organizzazione terroristica. Al-Sisi ha poi terminato il proprio discorso affrontando i
problemi – legati principalmente all’economia – e ha promesso nuova speranza agli
Egiziani ancora disorientati.
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Pronte le reazioni di alcuni leader della confraternita ancora liberi, come Mohamed
al-Khatib e l’ex portavoce del movimento Magdi Karkar, che hanno definito la candidatura di al-Sisi come la «conferma che ciò che è avvenuto lo scorso luglio è stato un
colpo di Stato». Immediatamente dopo l’annuncio sono esplose nuove proteste
nelle Università tra giovani, simpatizzanti della Fratellanza e forze di polizia
in tutto il Paese, provocando diversi feriti e anche qualche vittima. Una situazione
tesa al punto che il neo Premier Ibrahim Mahlab ha lanciato un appello a tutti gli
Egiziani a «prendersi le proprie responsabilità e a contrastare le violenze, gli scontri
e i sabotaggi degli studenti pro-Mursi nelle varie Università del Paese».
Nelle stesse ore la magistratura dell’Alto Egitto aveva ordinato una nuova ondata di
arresti contro i sostenitori della Confraternita. Il Procuratore Generale Hisham
Barak ha rinviato a giudizio 919 sostenitori di Mursi, originari di Minya, arrestati in
diversi governatorati del Paese – sono oltre 1.200 – nei giorni seguenti alla dispersione dei sit-in del 14 agosto scorso al Cairo. Gli imputati sono stati accusati di disordini, scontri e violenze. Sempre la Corte di Minya si era distinta appena ventiquattro
ore prima dell’annuncio della candidatura di al-Sisi per una condanna a morte nei
confronti di 529 affiliati all’Ikwhan, rei di essersi macchiati di violenze e di omicidi
contro le forze di polizia nelle convulse giornate agostane del Cairo, nelle piazze di
Raba’a al-Adawiya e al-Nahda. Le condanne avanzate dal Tribunale di Minya devono
essere tuttavia ratificate entro fine aprile dal Gran Muftì di al-Azhar, la più
importante autorità sunnita egiziana, che dovrà dare il proprio giudizio morale e religioso sulla sentenza prima che questa possa avere una sua effettività.
Intanto dopo le dimissioni ufficiali di al-Sisi da tutte le cariche militari, il Presidente
ad interim Adly Mansour ha nominato il Generale Sedki Sobhi, uomo fidato dell’ex
Feldmaresciallo, alla guida delle Forze Armate e del Ministero della Difesa; il Generale
Mahmoud Hegazi, legato a al-Sisi da alcuni vincoli familiari, è stato a sua volta
nominato capo del personale dell’Esercito.
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STATI UNITI ↴
Il Presidente Barack Obama è rientrato il 30 marzo a Washington concludendo il tour
diplomatico di sei giorni (24-29 marzo) che lo ha portato in Olanda, Belgio, Italia e,
infine, Arabia Saudita dove ha partecipato a vertici e incontri di rilevanza internazionale. Nelle tappe europee Obama ha affrontato con i partner suoi alleati il tema della
sicurezza globale e soprattutto gli sviluppi della situazione ucraina, la più difficile crisi
politico-militare dalla fine della Guerra Fredda nel vecchio Continente.
Prima tappa del viaggio europeo è stata l’Olanda, dove ha presenziato al III Vertice
sulla Sicurezza nucleare all’Aja (24-25 marzo). Il Summit, che ha visto un’intesa
di massima sulla prevenzione del terrorismo nucleare e su una maggiore cooperazione internazionale in materia di sicurezza, è stato anche l’occasione per una riunione straordinaria del G7 (oltre agli Usa, Italia, Germania, Francia, Regno Unito,
Canada e Giappone), consesso informale convocato dallo stesso Presidente USA per
mantenere alta la pressione sulla Russia all’indomani della decisione di quest’ultima
di ratificare la proposta di annessione della Crimea alla Federazione Russa. Al vertice,
oltre ai sette alleati e al Premier olandese Mark Rutte, hanno partecipato anche i Presidenti della Commissione europea, José Manuel Barroso, e quello del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. «Sta alla Russia agire in modo responsabile dimostrandosi disponibile a rispettare le norme internazionali. Se non lo farà dovrà aspettarsi
costi ulteriori». Con parole ferme il Presidente Obama ha condannato l’atteggiamento
aggressivo di Mosca e ha poi sottolineato come le sanzioni più settoriali, soprattutto su energia e finanza, imposte da USA e UE al Cremlino avranno un loro impatto,
ricordando che con l'Iran «la politica delle sanzioni ha funzionato». Augurandosi inoltre un intervento del Fondo Monetario Internazionale, Obama ha chiuso la conferenza
stampa non escludendo alcuna opzione quando ha rimarcato che «ogni alleato
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della NATO ha la rassicurazione che tutti noi, inclusi gli Stati Uniti, ribadiamo pieno
sostegno al concetto di difesa collettiva previsto dall'articolo 5 del Patto Atlantico».
Prima di giungere in Italia, Obama ha incontrato in due bilaterali ad Amsterdam e a
Bruxelles lo stesso Rutte e l’omologo belga Elio Di Rupo, ribadendo loro la vicinanza
e il forte legame esistente tra le due sponde dell’Atlantico che stanno attualmente affrontando le delicate trattative per la creazione della Transatlantic Free
Trade Area (TAFTA/TTIP).
A Roma il Presidente degli Stati Uniti ha incontrato Papa Francesco in un breve ma
intenso colloquio in cui sono stati affrontati temi condivisi, soprattutto l’impegno contro la povertà, le disuguaglianze e lo stato del conflitto siriano. A settembre il Pontefice si era infatti schierato apertamente contro la possibilità di un intervento militare
in Siria.
A seguire si è tenuto l'incontro con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi: «L’incontro con Barack Obama è stato molto importante perché credo confermi una
grande amicizia e partnership tra Italia e Stati Uniti», ha dichiarato il neo Premier
italiano. «Al Presidente Obama vorrei dire, con grande forza, che quel messaggio
‘Yes, we can’ oggi vale anche per noi in Italia, dove finalmente è possibile cambiare
le cose». Renzi ha fatto cenno anche al Vertice del G7 a Bruxelles: «Ci siamo confrontati sulle prospettive legate alla crisi in Ucraina, abbiamo condiviso la dura e
forte protesta per le scelte contro il diritto internazionale compiute dalla Russia e
abbiamo dato un messaggio di unità, di forza, di grande preoccupazione e determinazione della comunità internazionale». Le parole di Obama non sono state di sicuro
meno dolci rispetto a quelle del corrispettivo italiano: «Sono rimasto impressionato
dallo spirito e dall’energia di Matteo Renzi», ha sottolineato, «riuscirà a portare avanti
l’Italia». Sulla situazione economica in Europa Obama ha detto: «La crescita è
ancora al rallentatore e il tasso di disoccupazione è ancora alto. Renzi lo sa bene e
parte della sua missione è ridare vigore a questo sistema». Secondo il Presidente
USA, grazie «all’azione coordinata dei leader dell’area euro e grazie alla Banca Centrale Europea la situazione finanziaria in Europa si è stabilizzata».
Il viaggio di Obama si è infine concluso a Riyadh, in Arabia Saudita per ricucire
quanto possibile i rapporti con Re Abdallah che rischiano altrimenti di mettere in crisi
una decennale e forte alleanza. L’Arabia Saudita ha espresso forti riserve sui tentativi
di Washington e di altre grandi potenze di negoziare un accordo con l’Iran sul suo
programma nucleare e già nel corso del 2013 aveva disapprovato la scelta dell’Amministrazione USA di non intraprendere un’azione militare contro il regime siriano
dopo la notizia di attacchi con armi chimiche. Inoltre la questione della fornitura di
armi per l’opposizione siriana è stata in cima alla agenda del secondo viaggio di
Obama nel Paese.
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UCRAINA ↴
Dopo diverse settimane di tensione, la crisi ucraina – progressivamente internazionalizzatasi con lo scontro tra Russia e Stati Uniti – sembra lasciare presagire primi
significativi segnali di distensione: il vertice a Parigi (30 marzo) non preventivato tra il Segretario di Stato USA John Kerry e il Ministro degli Esteri russo Serghej
Lavrov dà infatti seguito alle telefonate intercorse nella notte tra il 28 e il 29
marzo tra Vladimir Putin e Barack Obama che evidenzierebbero la disponibilità del Presidente russo a trovare un terreno di confronto comune per pervenire ad
una soluzione diplomatica della crisi.
Le basi da cui partire sarebbero le richieste degli USA emerse nel corso del terzo Summit sulla Sicurezza nucleare svoltosi a l'Aja il 24 marzo, consesso a margine del quale
la Russia è stata ufficialmente sospesa dal G8: lo schieramento di una missione
di osservazione OSCE, la garanzia del ritiro delle truppe russe lungo i confini con
l'Ucraina e la presa di contatto diretta tra Mosca e Kiev. Un'opzione, quest’ultima, che
il Cremlino non è disposta ad accettare, non riconoscendo il governo di Arseniy Yatsenyuk. Mentre Obama ha dichiarato di pretendere una “risposta scritta” a tali richieste, Lavrov ha presentato un contro-piano negoziale chiedendo che l'Ucraina rimanga un Paese "non allineato" (cioè che non entri a far parte della NATO) e
che le venga conferito un assetto federale che sia a garanzia delle minoranze russofone delle regioni orientali del Paese. Nella conversazione con Obama, Putin non solo
ha assicurato che non vi sarà alcun sconfinamento di soldati russi, ma avrebbe
peraltro richiesto un impegno della comunità internazionale affinché vengano arginati
i movimenti estremisti ucraini, ad iniziare da Pravy Sektor, al fine di stabilizzare il
Paese. L'apertura negoziale – nonostante l'imposizione di sanzioni a 13 politici canadesi – giunge infatti nel momento in cui l'ex Presidente Viktor Yanukovich ha chiesto che anche le altre province ucraine possano esprimersi in merito al proprio
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status, sul modello della Crimea insomma, e all'indomani dell'ufficializzazione della
candidatura alla presidenza da parte del leader dell'opposizione Yulia Timoshenko.
Mentre in Crimea, tra l'altro, a seguito della completa ritirata di Kiev la minoranza
tatara ha deciso di creare un proprio governo autonomo chiedendo il sostegno
della comunità internazionale, sul fronte più strettamente ucraino, infatti, a correre
per la massima carica statale è anche Piotr Poroshenko: ex fedele di Yanukovich
(era stato Ministro del Governo Azarov), poi tra i maggiori supporter delle manifestazioni anti-governative di febbraio, oligarca proprietario dell'industria dolciaria Roshen
che nel corso del 2013 – nell'ambito della politica condotta dal Cremlino per dissuadere Kiev dal firmare l'Accordo di Associazione con l'UE – era stata oggetto di un
blocco delle esportazioni verso la Russia. Il Partito delle Regioni (quello di Yanukovich)
ha invece annunciato la candidatura di Mykhailo Dobkin, ex governatore di Kharkiv. Sostenuto da Vitaly Klitshko, Poroshenko sarebbe per ora il favorito.
Al di là degli schieramenti politici, lo scenario interno ucraino sarà determinato dalle
prospettive economiche: il 27 marzo il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato attraverso il proprio capo missione a Kiev, Nikolai Georgiyev, un piano di
aiuti di 14-18 miliardi di dollari in due anni, condizionati a riforme nel settore
economico-finanziario, nelle politiche monetarie e di cambio, oltre che ad un miglioramento dei conti pubblici e alla revisione delle politiche energetiche e ad una più
generale riforma del sistema istituzionale nell'ottica di una maggiore trasparenza. Il
prestito – che dovrebbe toccare un tetto di 27 miliardi di dollari – prevederebbe l'erogazione di 1 miliardo di dollari dagli USA, 1,5 miliardi dal Giappone, una prima
tranche di 1,6 miliardi di dollari dall'UE dopo la firma dell'accordo con il FMI, altri 3
miliardi dalla Banca Mondiale.
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VENEZUELA ↴
Tre generali dell’aeronautica venezuelana sono stati arrestati con l’accusa di
aver organizzato un colpo di Stato ai danni del Presidente Nicolás Maduro. Secondo
la versione fornita lo scorso 27 marzo dallo stesso leader venezuelano, i tre militari,
la cui identità non è stata ancora rivelata per motivi di sicurezza, sarebbero stati in
contatto con le opposizioni al governo e avrebbero cercato di fare insorgere l’aeronautica: il previsto golpe si sarebbe dovuto verificare proprio questa settimana. È
la prima volta in 15 anni di governo socialista che esponenti di alto livello delle Forze
Armate vengono arrestati con accuse così gravi. Non sono, però, le prime detenzioni
“eccellenti” verificatisi dall’inizio delle proteste: la settimana scorsa i Sindaci di San
Cristobál e San Diego, e legati alle opposizioni, Daniel Ceballos ed Enzo Scarano,
sono stati arrestati ed accusati di non essere riusciti a porre fine alle proteste che
avevano avuto luogo nei loro comuni, ma addirittura di averle favorite. Il mese scorso,
il Presidente aveva fatto arrestare Leopoldo Lòpez, uno dei leader della protesta antichavista, con l’accusa di aver incitato alla violenza, minacciando anche Maria
Corina Machado, altra leader della protesta e membro del Parlamento, ad astenersi
da medesime azioni in tal senso.
L’arresto dei generali rappresenta l’ultima sfida lanciata dal governo venezuelano alle
opposizioni in risposta alle continue proteste che dagli inizi di febbraio stanno avvenendo nel Paese latinoamericano. Le manifestazioni, iniziate il 4 febbraio con una
marcia studentesca, sono diventate, ben presto, terreno fertile per l’opposizione al
governo: le accuse rivolte al governo riguardano principalmente il dilagare del crimine, l’iperinflazione e la mancanza di beni primari. Il bilancio delle marce di protesta
e della successiva repressione del governo è di 41 morti, tra cui un giovane italovenezuelano deceduto in circostante non ancora del tutto chiarite, e più di 600 feriti.
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Nel frattempo, dal punto di vista diplomatico, l’UE, attraverso l’Alto Rappresentante
per la Politica Estera e la Sicurezza Comune Catherine Ashton, ha fatto sentire la
propria voce, esortando sia il governo sia l’opposizione a ricercare il dialogo e ad
evitare il perpetrarsi delle violenze. Con questo appello l’UE si unisce al richiamo
dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) al rispetto dei diritti umani in
Venezuela e alla ripresa del dialogo. La Ashton si è mostrata in particolar modo preoccupata per le notizie che giungono in Europa circa l’uso sproporzionato della forza da
parte della polizia. Al proposito europeo si aggiungono le dichiarazioni del Sottosegretario statunitense per l’emisfero occidentale, Roberta Jacobson, che ha ventilato
la possibilità di sanzioni economiche da parte dell’Amministrazione Obama.
Sempre sul fronte diplomatico si fa sempre più possibile il coinvolgimento della
Santa Sede nel tentativo di convincere le parti a dialogare: Maduro ha detto di
essere disposto a sedersi al tavolo con i manifestanti per colloqui costruttivi, ma solo
con la presenza di un terzo rappresentante indipendente, un esponente appunto del
Vaticano. Il nome suggerito dal Presidente venezuelano è stato quello del Cardinale
Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato, ma in precedenza Nunzio apostolico proprio in Venezuela. La via del dialogo sembra piuttosto difficile da seguire data la volontà delle due parti di non voler accettare compromessi di alcun tipo.
Le manifestazioni popolari hanno rappresentato per l’opposizione antichavista anche
l’ambito ideale per protestare contro gli eccessivi legami che Caracas ha
stretto con Cuba, colpevole di sfruttare la ricchezza petrolifera venezuelana e di
aver instillato «i semi del socialismo nella società». Ad essere denunciati sono gli
accordi commerciali che Hugo Chávez e Fidel Castro hanno siglato, petrolio in cambio
di istruzione e sanità. Inoltre, i rappresentati dell’opposizione, così come una parte
dell’opinione pubblica, ritengono che i Cubani controllerebbero diversi settori
dell’amministrazione venezuelana, tra cui la polizia e le forze dell’ordine, e sarebbero quindi i responsabili delle recenti repressioni. Nel tentativo di mettere a tacere le polemiche relative all’iperinflazione, il Presidente Maduro ha deciso di cessare
lo stretto controllo monetario esercitato sulla valuta, cercando di rendere libera
la vendita di dollari ai venezuelani. Il nuovo meccanismo, creato per ridurre il mercato
nero, dovrebbe permettere una valutazione duplice del bolivar: 6,3 bolivar per dollaro, per l’acquisto di beni essenziali, 11 bolivar per l’acquisto di altre tipologie di
beni.
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BREVI
AFGHANISTAN, 25-29 MARZO ↴
A pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 5 aprile
cresce la tensione nel Paese. Un doppio attentato si è
verificato a Kabul contro gli uffici elettorali e la Commissione Elettorale Nazionale. Secondo fonti della polizia le vittime accertate sarebbero 4 e tutte tra le fila
degli attentatori, mentre sarebbe rimasto ferito solo un
agente anche se non in maniera grave. I Talebani hanno rivendicato la responsabilità
in entrambi gli attacchi, come confermato anche dal portavoce Zabihullah Mujahid.
Gli attentati di queste settimane sono stati condotti dagli insorti talebani che hanno
fin da subito chiamato al boicottaggio delle consultazioni popolari e che hanno scatenato una nuova spirale di violenza contro uffici legislativi, elettorali, simboli del potere
centrale e in alcuni casi anche contro gli stranieri. Infatti nelle stesse ore del secondo
attacco alla Commissione Elettorale, un altro commando talebano ha attaccato una
foresteria in uso all'ONG statunitense “Roots of Peace”, provocando la morte di 5
terroristi e di una bambina che si trovava nei pressi dell’edificio.
COREA DEL NORD, 26 MARZO ↴
L’Ambasciatore del Lussemburgo all’ONU Sylvie Lucas,
Presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, ha condannato il lancio di due missili balistici, effettuato dalle
autorità nordcoreane, descrivendolo come una violazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ed ha
rivelato che l’organizzazione sta valutando un’adeguata
risposta. La condanna ONU fa riferimento al lancio di due missili a medio raggio Nodong che la Corea del Nord ha effettuato lo scorso 26 marzo: è il primo lancio di
questa tipologia di missili dal 2009. Il pericolo dei Nodong è che hanno un raggio di
azione capace di colpire il Giappone. Il Ministro della Difesa sudcoreano, Kim Kwanjin, ha rivelato che i missili sono stati lanciati dalla regione di Suckon a nord di Pyongyang e hanno volato per circa 650 km prima di finire in mare al largo delle coste
coreane. La risposta dell’ONU, prevista in un paio di settimane, potrebbe comprendere un ampliamento della blacklist delle Nazioni Unite con l’inclusione di nuove entità
legate al programma balistico del governo di Pyongyang. La Corea del Nord nelle
scorse settimane aveva già lanciato diversi missili a corto raggio, facendoli coincidere
con l’annuale esercitazione militare congiunta tra USA e Corea del Sud: questa volta
i lanci rappresenterebbero un segnale al meeting a porte chiuse tenutosi a l’Aja tra il
Presidente statunitense Barack Obama, quello sudcoreano Park Geun-hye e il Primo
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Ministro giapponese Shinzo Abe. Naturalmente resta da valutare la posizione della
Cina, alleato della Corea del Nord e suo principale partner commerciale, che ha la
possibilità di esprimere il proprio veto all’interno del Consiglio di Sicurezza: rappresentanti cinesi hanno fatto trapelare di essere d’accordo con una de-nuclearizzazione
della penisola coreana e di sostenere colloqui tra le due Coree, Cina, Giappone, Russia
e Stati Uniti.
FILIPPINE, 27 MARZO ↴
Il Presidente delle Filippine, Benigno Aquino, e il leader
del MILF, il principale movimento separatista musulmano, Mourad Ebrahim, hanno firmato a Manila uno
storico accordo di pace per porre fine a uno dei più lunghi e sanguinosi conflitti mai registrati in Asia. L’accordo
garantisce alla aree a maggioranza musulmana delle
regioni a sud di Mindanao un’ampia autonomia in cambio della cessazione delle ostilità. Il Comprehensive Agreement on the Bangsamoro (CAB) permetterà la creazione
di un sub-Stato del Bangsamoro, governato da musulmani, situato in alcune aree a
sud dell’isola di Mindanao. Nonostante l’evidente successo diplomatico, resta l’ultimo
scoglio da superare, ovvero la traduzione del CAB in un documento legale vero e
proprio e la sua implementazione in modo tale da rispettare la deadline di attuazione
prevista entro il 31 marzo. L’accordo dovrà poi essere sottoposto all’approvazione del
Congresso filippino e poi della popolazione di Mindanao, attraverso un referendum. Il
Paese rimane però tutt’altro che pacificato vista l’insorgenza di altri gruppi ribelli che
potrebbero non trovare soddisfazione nell’accordo appena siglato tra governo e
Fronte Moro. Diversi gruppi si sono opposti alla firma dell’intesa, incluso il Bangsamoro Islamic freedom Fighters (una costola del MILF comandata dal fuggitivo Nur
Misuari) e le milizie di Abu Sayyaf, un gruppo terroristico legato ad al-Qaeda di base
nella provincia islamica di Basilan in Mindanao. Nel frattempo la Forze Armate filippine
(AFP) hanno chiesto ai ribelli del Partito Comunista Cinese (CPP) di riprendere i colloqui interrottisi dopo l’arresto dei rappresentanti del Fronte Democratico Nazionale,
il braccio rappresentativo del CPP.
FRANCIA, 23 MARZO ↴
Il primo turno delle elezioni municipali francesi si è concluso con una netta affermazione del partito gollista
Unione per un Movimento Popolare (UMP): con il
46,54% dei consensi la formazione di Jean-Francois
Cope ha sconfitto il Partito Socialista, attestatosi a poco
meno del 38%. Mentre l’estrema sinistra ha raggiunto
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solo lo 0,58%, la destra nazionalista di Marine Le Pen ha ottenuto il 4,65%, un buon
successo se si considera che era presente nelle liste elettorali di soli 600 comuni. Si
tratta di un risultato che sembra dunque “punire” la gauche del Presidente Hollande,
come d’altra parte era già emerso dai sondaggi degli ultimi mesi. Un dato significativo
è l'astensione record, passata dal 33,5% del 2008 al 39% odierno, un dato che sembra evidenziare la scarsa fiducia nei confronti dell’attuale azione di governo. L’avanzata del Front National preoccupa non poco i socialisti, i quali attraverso il proprio
portavoce Najat Vallaud-Belkacem, hanno dichiarato di essere pronti a fare muro
insieme con l’UMP contro la formazione della Le Pen. Cope dal canto suo, dopo aver
sottolineato che il voto evidenzia un colpo molto duro per la politica del governo di
Hollande, ha chiesto che al ballottaggio gli elettori del Front National votino a favore
dell’UMP, quindi contro i socialisti.
ITALIA/INDIA, 28 MARZO ↴
Un mese dopo la comunicazione da parte del Ministro
degli Interni indiano, Sushil Kumar Shinde, di non applicare nei confronti dei due Marò la legge anti-pirateria
Sua Act, e all'indomani dell'incontro del Ministro degli
Esteri Mogherini con il collega Salman Khurshid a margine del Vertice sulla Sicurezza dell'Aja e dell'endorsement di Obama in favore dell'Italia, la diplomazia italiana segna un altro punto a
favore nella disputa che prosegue con l'India da ormai due anni. La Corte Suprema
indiana ha ammesso il ricorso presentato dal legale dei due fucilieri, Mukul
Rohatgi, contro l'utilizzo dell'Agenzia Nazionale di Investigazione (NIA) – incaricata
di indagare sull'uccisione dei due pescatori indiani secondo le norme anti-terrorismo
nazionali –, sospendendo il processo a carico di Massimiliano Latorre e Salvatore
Girone presso il Tribunale Speciale di New Delhi che la stessa Corte aveva annunciato
lo scorso mese di gennaio. La prossima udienza, dunque, si terrà tra quattro settimane, periodo in cui, tra l'altro, l'India sarà nel pieno della propria campagna elettorale e in cui difficilmente riuscirà a prendere una posizione definitiva in merito alla
faccenda. Nonostante la positività del pronunciamento, le autorità italiane, e in particolare l'inviato speciale del governo italiano in India Staffan De Mistura, hanno comunque accolto con cautela la notizia, ricordando come la vicenda sia stata soggetta
ad alti e bassi. La nota emessa da Palazzo Chigi sottolinea, inoltre, che il nostro Paese
continuerà sulla strada dell'internazionalizzazione della vicenda, chiedendo il rientro
in Italia dei due militari e rivendicando la giurisdizione italiana sul caso.
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LEGA ARABA, 24 MARZO ↴
In un clima di freddezza e di tensione, dovuto principalmente al ritiro degli Ambasciatori di Arabia Saudita,
Emirati Arabi Uniti e Bahrein a Doha a causa delle interferenze che il Qatar eserciterebbe nelle politiche interne dei Paesi vicini (leggasi il sostegno alla Fratellanza Musulmana), si è svolto in Kuwait il 25esimo
Summit della Lega Araba. Al cento delle discussioni, a cui tra l'altro per tale ragione non hanno partecipato i Capi di Stato delle Monarchie del Golfo, vi sarebbe
dovuto peraltro essere la bozza di un accordo anti-terrorismo presentata dall'Egitto
che include la possibilità di riconoscere la stessa Fratellanza come organizzazione
terroristica. Una proposta che non ha tuttavia trovato seguito nelle discussioni e che,
come dichiarato dal Sottosegretario agli Esteri del Kuwait, Khalid al-Jarallah, dovrà
essere affrontata all'interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo e non della Lega
Araba. Il Vertice si è pertanto focalizzato sulla crisi siriana e sulla questione palestinese, non raggiungendo alcun significativo risultato né sull'uno né sull'altro argomento. In merito al primo punto, infatti, permangono le diversità di posizioni circa
l'appoggio a Bashar al-Assad e ai ribelli; inoltre, a distanza di tre anni dal conflitto, i
Paesi arabi sono ancora divisi sulla questione dell'assegnazione o meno del seggio in
seno alla Lega al Consiglio Nazionale Siriano malgrado la presenza di Ahmed al-Jarba,
anche se solo in qualità di osservatore. E se l'inviato speciale di Nazioni Unite e Lega
Araba in Siria, Lakhdar Brahimi, ha chiesto che venga interrotta la fornitura di
armi alle parti in conflitto a Damasco, il Segretario della medesima Lega, l'egiziano Nabil al-Arabi, ha dichiarato che l'organizzazione non ha nulla a che fare con il
supporto militare all'opposizione. Relativamente alla questione palestinese, il Vertice
si è concluso con la dichiarazione di un generalizzato supporto ad Abu Mazen nei
colloqui attualmente in corso sotto l'egida degli Stati Uniti e alla creazione di uno
Stato palestinese entro i confini del 1967, esprimendo un totale rifiuto a riconoscere
Israele come lo Stato ebraico.
QATAR, 27 MARZO ↴
Il piccolo emirato del Golfo e principale produttore
mondiale di gas naturale liquido ha annunciato nell’ultimo giorno del Doha International Maritime Defence
(DIMDEX) – una salone internazionale delle armi – una
maxi commessa da 23 miliardi di dollari per acquistare
elicotteri d'attacco, sistemi avanzati di intercettazione
antimissile, radar di ultima generazione e altre attrezzature militari al fine di accelerare l’ammodernamento del suo comparto difesa. Attualmente, infatti, il Qatar detiene una forza militare modesta di circa 11.800 uomini, suddivisi in 8.500 unità
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nell’esercito, 1.800 nella marina e, infine, 1.500 nell’aviazione. Doha ha annunciato
accordi con 20 aziende internazionali, provenienti principalmente da USA, Francia,
Turchia, Germania e Cina, tra cui spiccano Lockheed Martin, Raytheon, Airbus e
Boeing. Il Qatar, come la gran parte dei Paesi della regione MENA, è da tempo impegnato in una corsa al riarmo al fine di prevenire le minacce interne, anche a seguito
delle cosiddette Primavere Arabe, e quelle esterne, rappresentate principalmente dal
vicino Iran, con il quale tuttavia potrebbe aprirsi una nuova stagione distensione in
virtù delle tensioni emerse con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrain delle
scorse settimane.
SIRIA, 23 MARZO ↴
Non si scorge la fine nei disordini in Siria a tre anni
esatti
dall’inizio
del
conflitto.
Un
aereo
militare
dell’aviazione siriana è stato abbattuto ad inizio settimana dalla difesa antiaerea turca mentre bombardava
un gruppo di ribelli che cercava di prendere il controllo
di un valico di frontiera nel nord est del Paese. Il risultato è stato un'escalation verbale fra Ankara e Damasco. Sul fronte interno, è da
registrarsi l'uccisione da parte dei ribelli del Fronte Islamico di Hillal Assad, capo delle
forze paramilitari siriane e cugino del Presidente in carica. Per i ribelli anti-Assad si
tratta del maggior risultato raggiunto ai danni del regime alawita negli ultimi 18 mesi,
soprattutto perché Hillal aveva fondato e guidato le milizie civili che affiancano l’esercito regolare di Damasco nelle operazioni militari più dure contro la popolazione.
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ALTRE DAL MONDO
CUBA, 29 MARZO ↴
Il Parlamento de L’Avana ha approvato una riforma della legge sugli investimenti
stranieri del 1995 con l'obiettivo di favorire la penetrazione commerciale straniera
sull'isola. La misura, che si inscrive nel piano di ammodernamento dell'economia nazionale avviato da Raul Castro nel 2008, dovrebbe incentivare gli IDE in tutti i comparti con eccezione di quello sanitario e dell'istruzione.
GIORDANIA, 26 MARZO ↴
Il Segretario di Stato USA John Kerry ha incontrato ad Amman il Re Abdallah II e il
leader dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen: al centro delle discussioni gli
sviluppi dei negoziati per il conflitto israelo-palestinese. La Giordania ha assicurato il
proprio sostegno alle trattative sulla base della legalità internazionale.
LIBANO, 29 MARZO ↴
Sono almeno 3 i soldati libanesi uccisi e altri 4 i feriti di un'autobomba esplosa davanti
ad un posto di blocco militare vicino alla frontiera siriana, nella regione di Arsal. Intanto, a seguito dell'insediamento del nuovo governo, il Presidente Michel Suleiman ha annunciato per il 31 marzo la ripresa del dialogo nazionale, la cui ultima
seduta risale al novembre del 2012. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ne
ha annunciato il possibile boicottaggio.
NATO, 28 MARZO ↴
Il Consiglio Nord-Atlantico ha nominato Jens Stoltenberg come nuovo Segretario Generale della NATO. L'ex Primo Ministro norvegese sostituirà dal prossimo 1° ottobre
il danese Anders Fogh Rasmussen, in carica dal 2009. Bocciato dunque l'ex Ministro
degli Esteri italiano Franco Frattini, fino all'ultimo il più accreditato ad assumere l'incarico.
THAILANDIA, 21 MARZO ↴
Almeno 30mila persone sono tornate in piazza per manifestare contro il Primo Ministro Yingluck Shinawatra alla vigilia del voto per il rinnovo del Senato. Si tratta della
prima massiccia protesta dal 21 marzo, quando la Corte Costituzionale di Bangkok
ha invalidato il risultato delle elezioni legislative del 2 febbraio.
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TURCHIA, 27 MARZO ↴
Alla vigilia delle elezioni amministrative del 30 marzo, e dopo il blocco di Twitter, il
governo ha annunciato anche la sospensione di YouTube: la decisione sarebbe motivata dalla divulgazione attraverso il canale social di presunte conversazioni avvenute
tra alti ufficiali turchi, tra cui il Ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu, il Capo dei
Servizi Segreti Hakan Fidan e il vice Capo di Stato Maggiore Yasar Güler, circa l'organizzazione di un intervento in Siria per distrarre l'opinione pubblica dagli attuali
scandali interni e ricompattarla attorno all'azione di governo.
YEMEN, 24 MARZO ↴
È di 20 morti e 6 feriti il bilancio delle vittime di un attentato ad una postazione di
polizia ad Hadramout, nel sud est del Paese, attribuito ad al-Qaeda nella Penisola
Arabica. Sono stati invece liberati con un blitz delle forze di sicurezza yemenite il
funzionario italiano dell'UNDP e quello che sembra essere stato identificato come il
suo autista, rapiti entrambi per poche ore nella giornata del 25 marzo da un gruppo
legato alla stessa AQAP.
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ANALISI E COMMENTI
LIMITI E CONFINI: IL BORDER WALL TRA MESSICO E USA
ELISABETTA STOMEO ↴
Nel suo discorso annuale tenuto il 14 gennaio del 1963 davanti al Congresso degli
Stati Uniti d’America, il Presidente John Fitzgerald Kennedy definì il muro di Berlino
come “il muro della vergogna”, simbolo del fallimento del comunismo. In netto contrasto con la tesi di Vico sui corsi e ricorsi storici, nel 1994 il Presidente Bill Clinton
diede inizio a quella che venne chiamata Operation Gatekeeper (ribattezzata in Messico Operación Muerte), con cui si approvò la costruzione di una barriera di separazione tra San Diego (California) e Tijuana (Messico); l’obiettivo dichiarato fu quello
di riprendere il controllo della frontiera e contenere – se non impedire – l’immigrazione illegale ed il traffico di armi e droga, garantendo, in tal modo, un’efficace tutela
della sicurezza dei cittadini statunitensi, vessati dagli innumerevoli episodi criminosi
perpetrati da “fuorilegge” messicani. Tale operazione, messa in atto dalla US Border
Patrol (agenzia federale responsabile dell’applicazione della legislazione dei confini)
e rientrante nelle competenze di quello che all’epoca era chiamato United States Immigration and Naturalization Service [1], ebbe una grande eco a livello mondiale;
ciononostante, occorre ricordare che non fu l’unica misura adottata dal governo statunitense per frenare l’immigrazione messicana (…) SEGUE >>>
LA STAGIONE DELLE RIFORME: L’ATTIVISMO DI ERDOĞAN ALLA VIGILIA DELLE ELEZIONI
FILIPPO URBINATI ↴
Dopo alcuni mesi di stallo a causa degli scandali che hanno colpito una parte rilevante
della leadership dell’AKP, a partire dalla metà di febbraio il governo di Ankara si è
lanciato in un’imponente ristrutturazione del sistema istituzionale del Paese. Alla base
di questa stagione di mutamenti è stata proprio l’esplosione del graft probe che, secondo i supporter del governo, ha messo in luce le principali lacune del sistema dal
punto di vista istituzionale. Al contrario, i detrattori dell’attuale governo accusano il
Primo Ministro di attuare queste riforme con lo scopo di affossare le indagini in corso
ed esercitare un controllo più ferreo sulla magistratura e sulla società civile. Nell’ultimo mese tre nuovi disegni di legge sono stati presentati di fronte all’Assemblea
Nazionale di Ankara: il primo riguarda la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (HSYK). Nella seconda metà di febbraio l’Assemblea Nazionale ha approvato
un disegno di legge che ristrutturava l’HSYK aumentando il potere di controllo da
parte del Ministro della Giustizia. L’effetto immediato del provvedimento è assicurato
da una norma che prevede la decadenza dei membri dell’HSYK e la conseguente
nomina da svolgersi con le nuove regole, in vigore a partire dall’entrata in vigore
della legge. (…) SEGUE >>>
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A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net
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