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1
L'origine del nome della piazza è incerta: c'è un'etimologia che deriva "popolo" dal latino
populus (pioppo), sulla base della tradizione che vuole ci fosse, nella zona, un boschetto
di pioppi pertinente alla tomba di Nerone, che era lì presso. È notizia storica, comunque,
che papa Pasquale II fece costruire a ridosso delle mura una cappella, a spese del
popolo romano (quella su cui poi sarebbe sorta la chiesa attuale di Santa Maria del
Popolo): del popolo era la Madonna, del Popolo diventò la piazza.
Piazza del Popolo
2
Piazza di Spagna
3
Fontana di Trevi
4
Piazza Colonna
Al centro della piazza vi è la famosa Fontana della Barcaccia, che risale al primo periodo
barocco, scolpita da Pietro Bernini e da suo figlio, il più celebre Gian Lorenzo Bernini.
All'angolo destro della scalinata vi è la casa del poeta inglese John Keats, che vi visse e
morì nel 1821, oggi trasformata in un museo dedicato alla sua memoria e a quella
dell'amico Percy Bysshe Shelley, piena di libri e memorabilia del Romanticismo inglese.
All'angolo sinistro c'è, invece, la sala da tè Babington's fondata nel 1893.
Dal lato di via Frattina sorge il Palazzo di Propaganda Fide, di proprietà della Santa Sede.
Di fronte alla sua facciata, progettata dal Borromini, svetta la colonna dell'Immacolata
Concezione, che fu innalzata due anni dopo la proclamazione del dogma (1852).
La monumentale scalinata di 135 gradini fu inaugurata da papa Benedetto XIII in
occasione del Giubileo del 1725; essa venne realizzata (grazie a dei finanziamenti
francesi del 1721-1725) per collegare l'ambasciata borbonica spagnola (a cui la piazza
deve il nome) alla chiesa di Trinità dei Monti. Venne progettata sia da Alessandro Specchi
che da Francesco De Sanctis dopo generazioni di lunghe ed accese discussioni su come il
ripido pendio sul lato del Pincio dovesse essere urbanizzato per collegarlo alla chiesa. La
soluzione finale scelta fu quella di Francesco De Sanctis: una grande scalinata decorata
da numerose terrazze-giardino, che in primavera ed estate viene addobbata
splendidamente con molti fiori. La sontuosa, aristocratica scalinata, posta all'apice di un
lungo asse viario che portava al Tevere, fu disegnata in modo che avvicinandosi gli effetti
scenici aumentassero man mano. Tipico della grande architettura barocca era infatti la
creazione di lunghe, profonde prospettive culminanti con quinte o sfondi a carattere
monumentale. La scalinata è stata restaurata nel 1995.
Il tema della scultura è il mare. La scenografia è dominata da un cocchio, a forma di
conchiglia sul quale è adagiata la grande statua di Oceano di Pietro Bracci, affiancata
nelle nicchie laterali dalle statue della Salubrità e dell'Abbondanza, opera di Filippo della
Valle; il cocchio è trainato da cavallucci marini, a loro volta preceduti da tritoni. Nella
fontana, scultura e architettura barocca si compenetrano e si fondono perfettamente, in
un suggestivo spettacolo acquatico.
Una celebre tradizione vuole che porti fortuna lanciare una moneta nella fontana
volgendole le spalle, perché in questo modo si tornerà sicuramente nella città. Le
monete, raccolte quotidianamente, vengono destinate dal comune di Roma ad opere
caritatevoli.
È stata profondamente restaurata nel 1998, quando è stata ripulita ed è stato
ammodernato e sistemato anche l'impianto idraulico.
Piazza Colonna è una piazza di Roma che prende il nome dalla Colonna di Marco Aurelio
che qui sorgeva sin dall'antichità, e che dà il nome al rione omonimo, Rione Colonna, di
cui la piazza fa parte. La piazza, fatta costruire verso la fine del Cinquecento da Papa
Sisto V, sorge sulla centralissima Via del Corso, vicino a Montecitorio e il Pantheon, non
distante da Piazza Venezia. La pianta della piazza ha forma rettangolare, con al centro la
colonna di Marco Aurelio, ed è circondata da alcuni dei più importanti palazzi storici di
Roma. Qui, proprio davanti alla colonna, si trova l'entrata di Palazzo Chigi. Già sede
dell'ambasciata dell'Impero Austro-Ungarico ed oggi sede del Consiglio dei Ministri. Alla
sinistra di questo si trova Palazzo Wedekind, storica sede del quotidiano Il Tempo, che
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4.1
Gelateria Giolitti
5
Pantheon
5.1
Caffè S.Eustacchio
6
Piazza Navona
presenta un porticato formato da colonne ioniche originarie dell'antica Veio.
Proseguendo in senso orario, vicino alla chiesa dei Santi Bartolomeo e Alessandro dei
Bergamaschi si trova Palazzo Ferraioli, appartenuto, tra gli altri, alla famiglia degli
Aldobrandini, oggi ospitante le sedi di rappresentanza delle regioni Friuli-Venezia-Giulia
e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
Infine, affacciato alla piazza ma anche su Via del Corso, sorge il Palazzo della Galleria
Colonna, ora Galleria Alberto Sordi, storico ritrovo della Roma che contava.
Cercatela, sta li vicino, è famosissima fa uno dei gelati più buoni di Roma, merita la pena
di esser citata.
Il Pantheon ("tempio di tutti gli dei") è un edificio di Roma antica, costruito come tempio
dedicato alle divinità di tutte le religioni. I Romani lo chiamano amichevolmente la
Rotonna ("la Rotonda"), da cui il nome della piazza antistante.
All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in chiesa cristiana, chiamata Santa
Maria ad Martyres, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni
apportate agli edifici della Roma classica dai papi.
Sotto Adriano l'edificio venne interamente ricostruito[6]. I bolli laterizi (marchi di fabbrica annuali sui mattoni) appartengono agli anni 115-127[7] e si può ipotizzare che il
tempio venne inaugurato dall'imperatore durante la sua permanenza nella capitale tra il
125 e il 128. Secondo alcuni il progetto, redatto subito dopo la distruzione dell'edificio
precedente in epoca traianea, sarebbe attribuibile all'architetto Apollodoro di Damasco.
Rispetto all'edificio precedente fu invertito l'orientamento, con l'affaccio verso nord. Il
grande pronao e la struttura di collegamento con la cella occupavano l'intero spazio del
precedente tempio, mentre la rotonda venne costruita quasi facendola coincidere con la
piazza augustea circolare recintata che divideva il Pantheon dalla basilica di Nettuno. Il
tempio era preceduto da una piazza porticata su tre lati e pavimentata con lastre di
travertino.L'edificio è costituito da un pronao collegato ad un'ampia cella rotonda per
mezzo di una struttura rettangolare intermedia.
P.s. Dentro piove, infatti ci sono 22 piccoli tombini lungo il perimetro interno dell'edificio.
é uno dei bar storici della capitale, piccolo, ma con un caffè da favola.
Piazza Navona, ai tempi dell'antica Roma, era lo stadio di Domiziano che fu costruito
dall'imperatore Domiziano nell'85 e nel III secolo fu restaurato da Alessandro Severo. Era
lungo 276 metri, largo 54 e poteva ospitare 30.000 spettatori. Lo stadio era riccamente
decorato con statue, una delle quali è quella di Pasquino (forse una copia di un gruppo
ellenistico pergameno che si presume rappresentante Menelao che sorregge il corpo di
Patroclo), ora nell'omonima piazza a fianco di piazza Navona.
Poiché era uno stadio e non un circo, non c'erano i carceres (i cancelli da cui uscivano i
cavalli da corsa) né la spina (il muro divisorio intorno a cui correvano i cavalli) come ad
esempio il Circo Massimo, ma era tutto libero ed utilizzato per le gare degli atleti.
L'obelisco che ora sta al centro della piazza non si trovava lì, ma viene dal circo Massenzio, che stava sulla via Appia.
Il nome della piazza era originariamente "in Agone" (dal latino agones, "giochi") poiché lo
stadio era usato solo ed esclusivamente per le gare di atletica. Non è assolutamente
vero che piazza Navona veniva usata per le battaglie navali: si tratta di una leggenda
metropolitana generata dal fatto che la piazza veniva allagata solitamente nel mese di
agosto per lenire il caldo; anticamente la piazza era concava, si bloccavano le chiusure
delle tre fontane e l'acqua usciva in modo da allagare la piazza.
Tra il 1810 ed il 1839 nella piazza si tennero le corse al fantino, ossia corse di cavalli
montati (che però non avevano parentela con le più famose corse dei barberi di via del
Corso).
Piazza Navona è in un certo senso l'orgoglio della Roma barocca, con elementi architettonici e scultorici di maestri come Gian Lorenzo Bernini (la Fontana dei Quattro Fiumi al
centro della piazza, che rappresenta il Danubio, il Gange, il Nilo ed il Rio della Plata, i
quattro angoli della Terra), Francesco Borromini e Girolamo Rainaldi (Sant'Agnese in
Agone, davanti alla fontana del Bernini) e Pietro da Cortona (autore degli affreschi della
galleria di Palazzo Pamphilj).
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7
Piazza Campo de Fori
8
Piazza di San Pietro
Fino al quattrocento la piazza non esisteva in quanto tale, e al suo posto vi era un prato
fiorito con alcuni orti coltivati, da cui il nome. Secondo una leggenda, la piazza dovrebbe
invece il suo nome a Flora (donna amata da Pompeo, il quale aveva costruito nei pressi il
suo teatro).
Nel 1456, Papa Callisto III fece lastricare la zona, nell'ambito di un progetto più ampio di
risistemazione dell'intero rione Parione. Questo rinnovamento fece sì che molti palazzi
importanti fossero costruiti in zona: in particolare palazzo Orsini, che dava proprio su
Campo de' Fiori.
Per questo motivo la piazza divenne un luogo di passaggio obbligato per personalità di
spicco quali ambasciatori e cardinali. Ciò portò un certo benessere nella zona: Campo
de' Fiori divenne sede di un fiorente mercato dei cavalli che si teneva due volte la
settimana (lunedì e sabato), e nei dintorni della piazza sorsero molti alberghi, locande e
botteghe di artigiani. La piazza divenne il centro di varie attività sia commerciali sia
culturali.
In Campo de' Fiori avevano luogo le esecuzioni capitali e le punizioni con tratti di corda.
Giovedì 17 febbraio 1600 vi fu arso vivo il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno,
accusato di eresia. In ricordo del filosofo, nel 1888 fu realizzato sul luogo stesso del rogo
un monumento bronzeo, opera dallo scultore Ettore Ferrari. Dal 1869 la piazza è sede di
un vivace e pittoresco mercato, la cui atmosfera popolare è ben resa dal noto film
Campo de' fiori del 1943, con Anna Magnani e Aldo Fabrizi.
Campo de' Fiori è l'unica piazza storica di Roma dove non è presente una chiesa.
Essa è la piazza più vicina, in un certo senso, al cuore del cattolicesimo; inoltre, il grande
colonnato ovale è sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli.
Data la sempre maggiore affluenza, la piazza è diventata (almeno nella bella stagione) la
sede abituale di grandi cerimonie liturgiche presiedute dal papa, come le canonizzazioni,
il corteo di insediamento dei pontefici neo-eletti, ma anche le esequie del papa, come
avvenne nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad una numerosa folla.
È diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00,
quando il papa si affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un
breve discorso, recita la preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.
La piazza fa parte del territorio vaticano, ma è affidata alla pubblica sicurezza dello Stato
Italiano. Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la
perenne occupazione abusiva, in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche
diverse da quelle religiose.[1] Durante la seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi
occupanti Roma ne presidiavano il perimetro, senza potervi entrare. Il 13 maggio 1981,
durante un'udienza pubblica, il papa Giovanni Paolo II fu colpito dalla pistola di un
attentatore, che fu arrestato dalla polizia italiana.
La piazza ovale:
Il problema del raccordo tra il trapezio e il tessuto circostante viene dapprima risolto con
un «parallelogramma», i cui bordi sono edifici porticati che rispondano ai presupposti
economici e funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di san Pietro. Il
portico riportava simbolicamente alla tradizionale processione del Corpus Domini,
guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.
Ma papa Alessandro VII Chigi interviene introducendo l'idea del portico libero e cancella i
possibili rientri finanziari, permettendo così a Bernini di ripensare il progetto; nel farlo
egli dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, fino ad
attribuire le scelte decisive al pontefice e allo Spirito Santo.
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Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra
area oltre a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa
antistanti, con l'intenzione di dimostrare così la netta insufficienza della proposta. Con le
demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il
quartiere di Borgo cambierà radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre
l'abside di S. Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la
piazza lo spaccano quasi metà. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un
cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E diventò
probabilmente anche più romano.
Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e
inconsueto nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze
che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica
notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche. L'idea
dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale,
serviva a reggere la spinta delle sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini
sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre
doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte
maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla
Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del
suo intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata.
La piazza ovale doveva però essere ricavata in un pendio, su cui l'obelisco era già
ricavato ad una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era
pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico
orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo
impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da elementi
uguali, è deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto.
La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema
evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da
Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero
della Trinità. In più l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non
avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro
e di benedirli.
E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti):
quando è piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.
Altri particolari:
il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi
dell'emiciclo settentrionale;
la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale
dello stesso Palazzo Nuovo.[2]
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la
linearità dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo
l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente
allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli
avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal
Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi).
La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna,
come tante singole colonne trionfali – rappresenta la «ecclesia triunphans» in relazione
alla «ecclesia militans» cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni
delle sculture – realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con
modelli dal vero provati sulla piazza – sono esattamente la metà di quelle sulla facciata
della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Gesù di mano berniniana (la cui croce
è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante).
Dimensioni: 198 X 148 metri.
P.s. occhio che se arrivate tardi non vi fanno entrare perchè chiudono l'accesso ai
controlli di sicurezza. Andate li prima delle 18:00
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9
Castel S. Angelo
Iniziato dall'imperatore Adriano nel 125 quale suo mausoleo funebre, ispirandosi
all'ormai completo mausoleo di Augusto, fu ultimato da Antonino Pio nel 139. Venne
costruito di fronte al Campo Marzio al quale fu unito da un ponte appositamente
costruito, il Ponte Elio. Il mausoleo era composto da una base cubica, rivestita in marmo
lunense, avente un fregio decorativo a teste di buoi (Bucrani) e lesene angolari. Nel
fregio prospiciente il fiume si leggevano i nomi degli imperatori sepolti all'interno.
Sempre su questo lato si presentava l'arco d'ingresso intitolato ad Adriano, il dromos
(passaggio d'accesso) era interamente rivestito di marmo giallo antico.
Al di sopra del cubo di base era posato un tamburo realizzato in peperino e in opera
cementizia (opus caementicium) tutto rivestito di travertino e lesene scanalate. Al di
sopra di esso vi era un tumulo di terra alberato circondato da statue marmoree (ce ne
restano frammenti). Il tumulo era, infine, sormontato da una quadriga in bronzo guidata
dall'imperatore Adriano raffigurato come il sole posto su un alto basamento o,secondo
altri, su una tholos circolare. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni, due di essi sono conservati al Vaticano.
All'interno pozzi di luce illuminavano la scala elicoidale in laterizio rivestita in marmo che
collegava il dromos alla cella posta al centro del tumulo. Quest'ultima, quadrata ed
interamente rivestita di marmi policromi ed era sormontata da altre due sale, forse
anche esse utilizzate come celle sepolcrali.
Il Mausoleo ospitò i resti dell'imperatore Adriano e di sua moglie Sabina, dell'imperatore
Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare,
di Commodo, dell'imperatore Marco Aurelio e di altri tre dei suoi figli, dell'imperatore
Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.[1]
Il castello ha preso il suo nome attuale nel 590. Quell’anno Roma era afflitta da una
grave pestilenza, per allontanare la quale venne organizzata una solenne processione
penitenziale cui partecipò lo stesso papa Papa Gregorio I. Quando la processione giunse
in prossimità della Mole Adriana, il papa ebbe la visione dell'arcangelo Michele che
rinfoderava la sua spada. La visione venne interpretata come un segno celeste preannunciante l’imminente fine dell’epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i
romani cominciarono a chiamare Castel S. Angelo la Mole Adriana e a ricordo del
prodigio nel XIII secolo posero sullo spalto più alto del Castello un angelo in atto di
rinfoderare la spada [2] Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra
circolare con impronte dei piedi che secondo la tradizione sarebbero quelli lasciate
dall’Arcangelo quando si fermò per annunziare la fine della peste [3]
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SECONDO GIORNO
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1
L'origine del nome della piazza è incerta: c'è un'etimologia che deriva "popolo" dal latino
populus (pioppo), sulla base della tradizione che vuole ci fosse, nella zona, un boschetto
di pioppi pertinente alla tomba di Nerone, che era lì presso. È notizia storica, comunque,
che papa Pasquale II fece costruire a ridosso delle mura una cappella, a spese del
popolo romano (quella su cui poi sarebbe sorta la chiesa attuale di Santa Maria del
Popolo): del popolo era la Madonna, del Popolo diventò la piazza.
Piazza del Popolo
2
Piazza Venezia e
Vittoriano
2.1
Campidoglio
3
Foro Romano
L'aspetto attuale della piazza deriva largamente dagli interventi di demolizione e
ricostruzione realizzati tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Va ricordato in
particolare il Vittoriano, costruito appunto a cavallo dei due secoli, colossale monumento
a Vittorio Emanuele II (spesso erroneamente identificato con l'Altare della Patria, che in
realtà ne è solo una parte), scherzosamente soprannominato Macchina per scrivere. Per
realizzare l'enorme complesso si dovettero abbattere antiche costruzioni, tra cui il
monastero dell'Aracoeli; negli anni trenta venne spostato il palazzetto Venezia che,
saldato all'angolo sudorientale di palazzo Venezia si frapponeva tra il monumento e la
piazza, e uno dei più bei palazzi di Roma, la lussuosa residenza dei Torlonia. Il Vittoriano
conserva i resti del Milite Ignoto, a ricordo dei soldati caduti senza degna sepoltura,
vegliati incessantemente da due militari e da una fiamma sempre accesa. Il complesso
del Vittoriano ospita periodicamente importanti mostre, oltre al Sacrario delle bandiere.
Il Campidoglio detto anche Monte Capitolino (Mons Capitolinus) è uno dei sette colli su
cui venne fondata Roma.
Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero ad esso più spesso
come Forum Magnum o semplicemente Forum) era situato nella valle compresa tra il
Palatino ed il Campidoglio e costituì il centro commerciale, religioso e politico della città
di Roma. La valle del Foro, paludosa e inospitale, venne utilizzata tra X e VII secolo a.C.
come necropoli dei primi villaggi stanziati sulle colline circostanti. Secondo lo storico
Tacito la piana del Foro come pure il vicino colle del Campidoglio furono aggiunti alla
Roma quadrata (Palatino) di Romolo da Tito Tazio.[1] Solamente verso il 600 a.C., ad
opera del re etrusco Tarquinio Prisco, venne drenata con la costruzione della Cloaca
Massima e ricevette una pavimentazione in tufo; la piazza di forma rettangolare nacque
come luogo di mercato oltre che per lo svolgimento della vita politica e giudiziaria, in un
punto centrale della città verso cui convergevano molte importanti strade, la più importante delle quali era la Via Sacra, che correva dalle pendici del Campidoglio fino all'Arco
di Tito.
Periodo imperiale:
La sistemazione definitiva dei Fori, avviata da Cesare, venne completata sotto Augusto:
la piazza assunse una maggiore regolarità con la costruzione delle due grandi basiliche
(Emilia e Giulia) sui lati lunghi, i nuovi Rostra sul lato della piazza in direzione del Campidoglio e il nuovo tempio del Divo Giulio, dedicato nel 29 a.C. da Augusto dopo la morte e
la divinizzazione di Cesare. Il lato breve a sud-ovest si trovò ad essere sistemato col
tempio dei Divo Giulio incorniciato dall'Arco partico di Augusto e dal portichetto dell'Arco di Gaio e Lucio Cesari, escludendo alla vista i venerandi monumenti della Regia e del
tempio di Vesta. Questa scelta va inquadrata nel periodo "cesariano" della politica di
Augusto, prima della più prudente fase della restaurazione conservatrice.
A questa nuova fase edilizia imperiale sono da ricondurre anche le ricostruzioni dei
templi della Concordia, rifatto da Tiberio nel 10 a.C. quasi a voler cancellare i segni della
passata stagione delle guerre civili, e dei Castori (7 a.C.), di dimensioni grandiose e da
mettere in relazioni coi fratelli Tiberio e Druso in parallelo coi mitici fratelli Dioscuri[2]. Al
2 d.C. risale l'iscrizione dedicatoria per Lucio Cesare, figlio ed erede designato di Augusto, posta ad una estremità della Basilica Emilia: i portici antistanti la basilica stessa erano
infatti stati dedicati a Lucio e al fratello Gaio Cesare.
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Alla fine la piazza ricostruita traboccava di edifici legati, nel nome o nella simbologia o
nel sovvenzionamento dei restauri, alla Gens Iulia.
Di epoca flavia è la costruzione del Tempio di Vespasiano, vicino a quello della Concordia. Al di fuori dell'area del Foro propriamente detta fu contemporaneamente edificato
l'arco di Tito, sulla Via Sacra verso la Velia, probabilmente voluto da Domiziano, Nella
stessa area, davanti alla successiva basilica di Massenzio sono gli Horrea Vespasiani, i
magazzini voluti dall'imperatore Vespasiano, di cui rimangono solo alcuni resti.
Del II secolo sono le costruzioni del Tempio di Antonino e Faustina, poi inglobato dalla
chiesa di San Lorenzo in Miranda. Il Tempio di Venere e Roma, costruito da Adriano, si
affaccia verso la valle del Colosseo.
Agli inizi del III secolo fu eretto sul percorso della via Sacra l'arco di Settimio Severo. Agli
inizi del III secolo fu eretto sul percorso della via Sacra l'arco di Settimio Severo.
Sotto Diocleziano ai numerosi monumenti che allora dovevano ingombrare l'area della
piazza, si aggiunsero cinque colonne su alti basamenti in muratura, che dovevano
celebrare la Tetrarchia. Nel IV secolo fu costruita la basilica di Massenzio, terminata da
Costantino I. Sotto Massenzio venne riadattato un ingresso rotondo per il Tempio della
Pace, che doveva già essere in via di abbandono, per farne il tempio del Divo Romolo,
dedicato al figlio, Valerio Romolo, morto prematuramente. A seguito della sconfitta
dell'usurpatore Magnenzio (352), il praefectus urbi Nerazio Cereale dedicò una statua
all'imperatore Costanzo II, la cui base è ancor oggi visibile a fianco dell'arco di Settimio
Severo, in direzione della Curia.
Di epoca flavia, ma restaurato nel 367, è il portico degli Dei Consenti, a ridosso del
Campidoglio, interessante testimonianza dell'ultimo paganesimo insieme all'ultima
ricostruzione del tempio di Saturno.
Nel V secolo la facciata dei Rostra fu prolungata verso nord-est: la parte nuova venne
costruita in mattoni assai rozzamente, ed anche questa ornata di rostra, per fissare i
quali furono praticati dei buchi ancora osservabili. Una epigrafe,[3] su di una sola riga,
riporta la costruzione da parte del praefectus urbi, Giunio Valentino, sotto gli imperatori
Leone I ed Antemio (circa 470), in occasione di una vittoria navale contro i Vandali, da cui
la struttura prende il nome di Rostri vandalici.[4]
Al 608 risale l'ultimo monumento eretto nei Fori: si tratta della Colonna di Foca, posta
per ordine del Senato romano allo scopo di onorare l'imperatore Foca.
4
Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come
Amphitheatrum, è il più famoso anfiteatro romano, ed è situato nel centro della città di
Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più grande e importante
anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia
giunto fino a noi.[1]
Colosseo
L'anfiteatro fu edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80 d.C., con ulteriori
modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo,
l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua del Colosso del Dio Sole (adattamento del Colosso di Nerone), si diffuse solo nel medioevo. Ben presto l'edificio divenne
simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa
giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una
delle sue maggiori attrazioni turistiche.
Era usato per gli spettacoli gladiatòri e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di
caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica).
Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età
imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta
ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro
in un serrato rapporto strutturale.
L'edificio forma un'ellisse di 527 m di circonferenza, con assi che misurano 187,5 m per
156,5 m. L'arena all'interno misura 86 m per 54 m, con una superficie di 3.357 m².
L'altezza attuale raggiunge i 48,5 m, ma originariamente arrivava ai 52 m.
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5.1
Circo Massimo
6
Bocca della verità
Il Colosseo, come tutto il centro storico di Roma, è stato inserito nella lista dei Patrimoni
dell'umanità dall'UNESCO nel 1980. Nel 2007 il complesso è stato anche inserito fra le
Sette meraviglie del mondo moderno nell'ambito di un controverso concorso.
Il Circo Massimo è un antico circo romano, dedicato alle corse di cavalli, costruito a
Roma.
Situato nella valle tra il Palatino e l'Aventino, è ricordato come sede di giochi sin dagli
inizi della storia della città: nella valle sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle
Sabine, in occasione dei giochi indetti da Romolo in onore del dio Consus. Di certo
l'ampio spazio pianeggiante e la sua prossimità all'approdo del Tevere dove dall'antichità più remota si svolgevano gli scambi commerciali, fecero sì che il luogo costituisse fin
dalla fondazione della città lo spazio elettivo in cui condurre attività di mercato e di
scambi con altre popolazioni, e - di conseguenza - anche le connesse attività rituali (si
pensi all'Ara massima di Ercole) e di socializzazione, come giochi e gare.
La Bocca della Verità è un antico mascherone in marmo pavonazzetto, murato nella
parete del pronao della chiesa di Santa Maria in Cosmedin di Roma dal 1632.
La scultura, databile attorno al I secolo, ha un diametro di 1,75 m e un peso calcolato di
circa 1300 Kg. Rappresenta un volto maschile barbato nel quale occhi, naso e bocca
sono forati e cavi. Il volto è stato interpretato nel tempo come raffigurazione di vari
soggetti: Giove Ammone, il dio Oceano, un oracolo o un fauno.
Anche le sue funzioni sono incerte: fontana o tombino di impluvium o addirittura di
cloaca (ipotesi quest'ultima legata probabilmente alla vicinanza del sito alla Cloaca
Massima, in questo ultimo caso rappresenterebbe il più antico chiusino noto in Italia).
Quel che è certo, invece, è che il mascherone gode di fama antica e leggendaria: si
presume sia questo l'oggetto menzionato nell'XI secolo nei primi Mirabilia Urbis
Romae[1] (una guida medievale per pellegrini), dove alla Bocca viene attribuito il potere
di pronunciare oracoli. In essa si dice Ad sanctam Mariam in Fontana, templum Fauni;
quod simulacrum locutum est Iuliano et decepit eum ("Presso la chiesa di santa Maria in
Fontana si trova il tempio di Fauno. Questo simulacro parlò a Giuliano e lo ingannò").
Un testo tedesco del XII secolo racconta un mito avverso all'imperatore restauratore del
paganesimo: descrive dettagliatamente come, da dietro quella bocca, il diavolo - qualificatosi come Mercurio (non a caso protettore dei commerci e anche degli imbrogli) trattenesse lungamente la mano di Giuliano (che aveva truffato una donna e su
quell'idolo doveva giurare la propria buona fede), promettendogli infine riscatto dalla
figuraccia e grandi fortune se avesse rimesso in auge le divinità pagane.
Nel medioevo si fa strada la leggenda che fu Virgilio mago a costruire la Bocca della
Verità, ad uso dei mariti e delle mogli che avessero dubitato della fedeltà del coniuge.
Nel XV secolo viaggiatori italiani e tedeschi ricordano non del tutto increduli questa
pietra "che si chiama lapida della verità, che anticamente aveva virtù di mostrare
quando una donna avessi fatto fallo a suo marito".[2]
In un'altra leggenda tedesca del XV secolo ritroviamo l'immagine che "non osa" mordere
la mano di una imperatrice romana che - benché avesse effettivamente tradito il suo
imperiale consorte - la inganna con un artificio logico.
Una storia simile che circolava nei racconti popolari, parlava di una donna infedele che,
condotta dal marito giustamente sospettoso alla Bocca della Verità per essere sottoposta alla prova, riuscì a salvare la sua mano con una astuzia. Infatti la donna incriminata
disse all'amante di presentarsi anche lui nel giorno in cui sarebbe stata sottoposta alla
prova e che, fingendosi pazzo, la abbracciasse davanti a tutti. L'amante eseguì perfettamente quanto da lei richiesto.
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Così la donna, al momento di infilare la sua mano nella Bocca, poté giurare tranquillamente di essere stata abbracciata in vita sua solo da suo marito e da quell'uomo che
tutti avevano visto. Avendo detto la verità, la donna riuscì a ritirare indenne la sua mano
dalla tremenda Bocca, benché fosse colpevole di adulterio.
Il nome "Bocca della verità" compare nel 1485 e la scultura rimase da allora costantemente menzionata tra le curiosità romane, venendo frequentemente riprodotta in
disegni e stampe. Da questi ricaviamo che era in origine collocata all'esterno del portico
della chiesa; fu spostata nel portico con i restauri voluti da papa Urbano VIII Barberini
nel 1631.
Dalle file di turisti che ancor oggi aspettano di farsi fotografare con la mano nella bocca
"magica", si può ritenere che continui ad essere inserita nelle guide e nei tours anche più
frettolosi.
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1
Colle del Quirinale e
Palazzo
2
Cripta dei Cappuccini
Il Colle Quirinale (in latino, Collis Quirinalis) è uno dei sette colli su cui venne fondata
Roma. Con questo nome viene anche indicata la residenza ufficiale del Presidente della
Repubblica che ha sede nel palazzo omonimo.
Le origini del Palazzo:
Nel 1583 papa Gregorio XIII iniziò la costruzione di una residenza estiva, in un'area
considerata più salubre del colle Vaticano o del Laterano, che venne affidata all'architetto Ottaviano Mascarino. I lavori si conclusero nel 1585, e quello stesso anno la morte del
Papa impedì ad Ottaviano Mascarino di avviare un secondo progetto che prevedeva
l'ampliamento del palazzetto per trasformarlo in un grande palazzo con ali porticate
parallele e grande cortile interno. L'edificio costruito da Mascarino è ancora riconoscibile
nella testata nord del cortile d'Onore, caratterizzata da una facciata a doppia loggia e
sormontata dalla torre panoramica oggi nota come torre dei venti, o torrino, successivamente innalzata con la costruzione del campanile a vela su supposto progetto di Carlo
Maderno e Francesco Borromini.
L'edificio di Ottaviano Mascarino era stato costruito su un terreno ancora appartenente
alla famiglia Carafa affittato a Luigi d'Este, al quale pare che il Papa volesse lasciare il
palazzetto. Pertanto papa Sisto V nel 1587 fece acquistare il terreno dalla Camera
Apostolica e solo dopo intervenne per ampliare il palazzo servendosi dell'opera di
Domenico Fontana, da lui utilizzato in tutte le grandi opere architettoniche e urbanistiche del suo pontificato, e impegnato in un rimodellamento complessivo della zona, con
la costruzione dell'asse Strada Pia e Strada Felice e del conseguente crocicchio delle
Quattro Fontane e con la definizione dell'altra residenza "privata" del Pontefice a
Termini[1].
Qui furono sepolti i frati cappuccini fino al 1870. Il sepolcreto nella Cappella per la Messa
era riservato alla sepoltura dei poveri. Data la ristrettezza del luogo e l'elevato numero
dei frati ospiti nell'attiguo convento internazionale, era necessario riesumare le salme
periodicamente: le ossa venivano conservate nell'ossario, che poi per necessità dovette
essere adibito anche a sepoltura. Si calcola che vi siano i resti di circa 3.700 persone.
Verso la metà del 1700, con interventi successivi, questo luogo di sepoltura, di preghiera
e di riflessione per i cappuccini che vi scendevano ogni sera prima di andare a riposare è stato trasformato in un'opera d'arte.
Nel 1775 il Marchese de Sade lo visitò e ne lasciò una suggestiva descrizione, come
fecero, poi, altri scrittori stranieri.
Chiesa dell'Immacolata in via V. Veneto, 27
Convento dei frati cappuccini - Roma
Costa 1€ di offerta obbligatoria ( il che sembra un po' una presa in giro, però almeno
così lo tengono in buono stato e alla fine un euro non è molto.. )
3 - Terme di Caracalla
Le Terme di Caracalla o Antoniniane (dal nome della dinastia degli Antonini), costituiscono uno dei più grandiosi esempi di terme imperiali di Roma, essendo ancora conservate per gran parte della loro struttura e libere da edifici moderni. Furono volute
dall'imperatore CaracallaAventino, tra il 212 e il 217, come dimostrano i bolli laterizi[1].
Le terme erano grandiose, ma destinate a un uso di massa per il popolino dei vicini
quartieri popolari della XII Regio.
Le Terme di Caracalla potevano accogliere più di 1.500 persone. Nella sua più ampia
estensione, recinto compreso, l'edificio misurava 337x328 metri (comprendendo le
esedre anche 400 metri), e il solo corpo centrale 220x114 metri, con la sola stanza del
calidarium che arrivava a 140 metri: solo le terme di Diocleziano saranno più grandi.
L'orientamento non era centrato sugli assi, ma come nelle Terme di Traiano sfruttava al
meglio l'esposizione solare, ponendo il calidarium sul lato sud e sporgente come un
avancorpo.
Il complesso aveva un complesso reticolo di ambienti sotterranei, dove si trovavano le
stanze di servizio che permettevano una gestione pratica del complesso termale del
tutto nascosta agli occhi dei frequentatori. In uno dei sotterranei presso l'esedra di
nord-ovest venne installato un mitreo, il più grande ritrovato a Roma, al quale si accede
dall'esterno del recinto.
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4
Trastevere
Trastevere (in dialetto trasteverino: Trestevere) è il XIII rione di Roma, anche identificato
come Settore G nella mappa delle Zone a Traffico Limitato ZTL della città; si trova sulla
riva ovest (riva sinistra) del fiume Tevere, a sud della Città del Vaticano. Il suo nome
deriva dal latino trans Tiberim (al di là del Tevere), che era già il nome antico della
regione augustea.
Al tempo delle origini di Roma (754-509 a.C.), la zona di Trastevere era una terra ostile
che apparteneva agli Etruschi. Roma la occupò per poter sorvegliare il fiume da ambo i
lati. In ogni caso aveva solo una importanza strategica, Roma non aveva interesse ad
estendersi urbanisticamente su quel lato, infatti, Trastevere era collegato al resto della
città solo da un debole ponte di legno, il Sublicio.
In età repubblicana, le zone vicino al fiume si popolarono di quei lavoratori che avevano
a che fare con il fiume, come marinai e pescatori, e ci fu una grande affluenza di immigrati orientali, principalmente ebrei e siriani. Per questo nella zona sorsero alcuni templi
di culti orientali.
La considerazione della zona come parte della città inizia con l'imperatore Augusto, che
divise il territorio di Roma in 14 regioni; l'attuale Trastevere era la quattordicesima ed
era chiamata regio transtiberina. Tuttavia, tale regione era ancora al di fuori della città
vera e propria, almeno fino all'imperatore Aureliano (270-275 d.C.), che fece estendere le
mura per includere anche Trastevere, insieme al monte Vaticano.
Grazie al benessere del periodo imperiale, molte personalità decisero di costruire la
propria villa in Trastevere: quella di Clodia, amica di Catullo, e quella di Gaio Giulio
Cesare (Horti Caesaris).
Il Trastevere del medioevo aveva vie strette, tortuose e irregolari; inoltre, a causa dei
mignani, avancorpi sporgenti lungo le facciate delle case, non c'era spazio sufficiente per
il passaggio dei carri. Alla fine del '400 tali mignani furono demoliti, ma nonostante ciò
Trastevere rimase un labirinto di viottoli.
Forte era il contrasto tra le ricche e possenti abitazioni dei signori e le casupole delle
persone più povere.
Le strade non ebbero alcun tipo di lastricazione fino alla fine del '400 grazie all'intervento di Papa Sisto IV, che fece pavimentare alcune strade prima con mattoni di laterizi
messi a spina di pesce, poi con i sampietrini, più adatti alle ruote dei carri. Un cambiamento ci fu nel 1586 con Papa Sisto V, che fissò i quattordici rioni di Roma. In tale
suddivisione Trastevere era il XIII e ad esso era stato incorporato anche il rione Borgo.
Grazie al parziale isolamento (si trovava al di là del Tevere) e all'ambiente multiculturale
fin dal tempo dell'antica Roma, gli abitanti di Trastevere, chiamati trasteverini, venivano
a formare quasi una popolazione a sé stante: popolani di nota tenacia, fierezza e
genuinità. Inoltre, le donne erano considerate molto belle, con occhi e capelli molto scuri
e dai bei lineamenti.
Nel 1744 Papa Benedetto XIV compì una revisione della delimitazione dei rioni, dando a
Trastevere gli attuali confini.
Dopo il 1870 furono costruiti i muraglioni per bloccare le inondazioni del Tevere: ciò
portò sicuramente una maggiore sicurezza a prezzo della distruzione di tutti i posti più
caratteristici che si trovavano sulla riva. Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento
ebbe discreta fama nel rione e nella città la figura di Romeo Ottaviani detto er Tinèa,
bullo, er più de Trastevere, morto accoltellato in via del Moro.
Oggi Trastevere mantiene ancora il suo carattere grazie alle strade tortuose coperte di
sampietrini su cui si affacciano case popolari medioevali. La notte si riempie di persone,
sia italiane che straniere, grazie alla ricchezza di ristoranti e pub per ogni fascia di
prezzo.
È uno dei quartieri più vivi, caratteristici e autosufficienti della città. Offre ristoranti tipici
romani (molto famosi il goliardico Cencio La parolaccia per via degli insulti reciproci, Il
Rugantino e da Gigetto) e pizzerie ma anche cinema, mercati (quello di San Cosimato è
stato ristrutturato proprio di recente), banche, farmacie, supermercati, botteghe di ogni
tipo e negozietti eleganti.
Altro tratto che caratterizza la zona il monumento a Gioachino Belli, emblema trasteverino.
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4.1
Trattoria tipica
trasteverina
Se siete a Trastevere di giorno o di notte non potete non andare a mangiare "Da Enzo"
in Via dei Vascellari 29. L'abbiamo provato personalmente e lo consigliamo al 100% sia
per la qualità della cucina, sia per l'atmosfera caratteristica, sia per il personale caratteristico. Si paga il giusto. Scarica la guida “Dove mangiare a Roma” per vedere orari e
contatti (cerca sempre di prenotare prima!).
4.2
Trastevere di notte
Trastevere è uno splendido quartiere per uscire la notte, l'incanto delle viette, vicoli e
piazze vi colpirà ve lo assicuro!
5
Fine del viaggio,
tornate a casa
ma...
Se vi rimane tempo potete visitare meraviglie e meraviglie di questa città eterna e
soprattutto se avete a disposizione più tempo potreste anche affittare una macchina e
girare le campagne romane e tutti i paesini del Lazio che su Trovamercatini raccomandiamo.
Ciao e buone vacanze!
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negativo, il nostro obiettivo é migliorare e lo vogliamo fare insieme a te!
NOTA:
1) Abbiamo omesso molti musei importanti, come per esempio i musei capitolini, o
chiese come S.M.Maggiore solo ed esclusivamente per una questione di tempo e di
percorsi.
2) Comprate una guida della città che vi assicurerà una informazione completa!
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