II riscontro parlamentare sulle registrazioni con riserva

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II riscontro parlamentare sulle registrazioni con riserva
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II riscontro parlamentare sulle registrazioni con riserva
PER IL
Dott.
ARMANDO ROSSINI
A chi segua lo svolgersi della pubblica amministrazione non
può essere sfuggito l'aumento costante in questi ultimi anni della
registrazione con riserva. E in chi abbia fatto questa osservazione
non può non essere sorto il dubbio se l'aumento sia compensato da
un assiduo, accurato, efficace controllo del Parlamento, o se quel
riscontro del modo come le leggi sono eseguite, senza il quale vana
sarebbe, a detta dello stesso Montesquieu, l'opera del potere legislativo, non sia oggi praticamente eluso dal sistema di revisione in
vigore.
Lo svolgimento degli istituti parlamentari avendo dato al potere legislativo carattere eminentemente politico, lo ha posto nella
i impossibilità di seguire, atto per atto, la funzione del potere esecutivo, ed ha creato la necessità di delegare il controllo minuto e quotidiano ad un corpo indipendente dal potere esecutivo, che, quasi
emanazione del potere legislativo, per suo mandato, lo eserciti render/dogliene conto. Ed a questa necessità, di ordine essenzialmente
pr/rtico, risponde la creazione della Corte dei Conti e l'assegnazione
ad essa di funzione di natura costituzionale.
La lettera della legge (1) prescrivendo all'art. 13 che « tutti i
decreti reali qualunque sia il ministero da cui emanano, e qualunque
ne sia l'obbietto siano presentati alla Corte perchè vi apponga il
visto e ne faccia registrazione » esclude chiaramente che qualche
decreto reale possa sfuggire all'esame della Corte : eppure non è
mancato chi ha sostenuto che il legislatore abbia inteso parlare soltanto dei decreti aventi attinenza col bilancio dello Stato. Senonchè
lo stesso relatore alla Camera dei deputati sul disegno di legge per
la istituzione della Corte dei Conti sembra aver voluto precorrere
e risolvere il dubbio, là dove dice che la funzione della Corte acquista
(1) Legge sull'Ordinamento della Corte dei Conti (14 agosto 1862).
riei reggimenti liberi maggiore importanza per il mandato ad essa
attribuito, con facoltà delegate dal Parlamento, di registrare, e non
per una semplice formalità, ma per una nuova e maggior cautela,
anche quegli atti e decreti i quali, oltre alla parte strettamente economica, si riferiscono agli ordini diversi della pubblica amministrazione.
Senza trattenerci oltre su di un argomento che non ha stretta
attinenza col problema del quale trattiamo, osserveremo soltanto
che ora, tranne eccezioni di poco conto, può dirsi che la lettera della
legge sia in pratica osservata, e tutti i decreti reali, qualunque ne
sia l'oggetto, vadano soggetti al controllo della Corte dei Conti. E
questa, mentre deve rifiutare il suo visto, se riconosca il decreto contrario alle leggi e ai regolamenti, deve d'altra parte, non essendo una
assemblea politica, prescindere assolutamente nel suo esame dalla
opportunità e bontà intrinseca dell'atto stesso, per rimanere nello
stretto àmbito della legalità e della costituzionalità.
Al legislatore del 1862 non sfuggì tuttavia la valutazione dei
danni che l'Amministrazione avrebbe potuto risentire da una rigidissima applicazione del principio che atti del governo non potessero
aver vigore se non quando fossero dalla Corte riconosciuti conformi
alle leggi e ai regolamenti. Un veto assoluto e definitivo agli atti del
governo, affidato ad un ente che deve per natura sua prescindere
da considerazioni di opportunità e di urgenza, poteva praticamente
essere più dannoso alla Amministrazione, che non l'arbitrio illimitato, ma forse illuminato, del potere esecutivo. Accade talvolta, e
dovrebbe accadere invero solo in circostanze eccezionali, che il Governo reputi necessario prendere un provvedimento contrario alle
leggi e ai regolamenti in vigore, per ovviare a qualche subita necessità, rivelatasi per impreviste ed imprevedibili circostanze, con caratteri di assoluta urgenza. Né si dimentichi che il Parlamento non
siede in permanenza e non è facile riconvocarlo in brevissimo tempo
per ottenerne il provvedimento reputato necessario ed urgente. Ecco
la ragion d'essere dell'istituto della registrazione con riserva.
Come questo si attui praticamente sarebbe superfluo esporre :
basterà dire che provvide cautele ne accompagnano la procedura,
con non disprezzabili garanzie e politiche e amministrative. Analoga
procedura va seguita per il riscontro preventivo della spesa : giova
solo osservare che il controllo della Corte dei Conti sui provvedimenti
di natura finanziaria appunto si esplica in maniera caratteristica.
Sta a provarlo una speciale misura adottata dal legislatore a proposito dei mandati. Questi, come i decreti reali, e gli altri decreti
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di natura finanziaria, sono sottoposti al controllo della Corte dei Conti,
che qui solo in parte però si esercita preventivamente. La legge
del 1862 ammetteva anche per i mandati, senza distinzione alcuna,
la registrazione con riserva. Ma, avendo il potere esecutivo abusato
della facoltà a lui concessa, tanto che dall'anno 1863 al 1868 le spese
ordinate con mandati registrati con riserva, o per mancanza di speciali autorizzazioni del Parlamento, o per una qualsiasi violazione
del bilancio, raggiunsero le L. 106.618.835,81, che il Governo potè
così spendere senza autorizzazione delle Camere o diversamente
dal voto di esse, si provvide nel 1869 a riformare la legge. Ed ecco
che la Corte dei Conti fu dalla legge 22 aprile 1869 chiamata a verificare se le somme portate dai mandati siano giustamente imputate
all'esercizio e al capitolo in essi indicati, e se le somme suddette
non eccedano i limiti degli stanziamenti. Il rifiuto di registrazione
pronunziato dalla Corte dei Conti per irregolarità di questo genere
è — come è noto — definitivo, e non si fa luogo a registrazioni con
riserva. Vero è che qualora alla spesa ordinata possa farsi fronte con
prelevamento dal fondo di riserva, il rifiuto della Corte ha solo effetto sospensivo.
La registrazione con riserva rimane invece applicabile ai mandati non conformi ad altre leggi e ai regolamenti, benché conformi
al bilancio: ma nel fatto i mandati registrati con riserva, numerosissimi dal 1863 al 1869 sono di poi divenuti rarissimi.
Con la registrazione con riserva eseguita dalla corte dei Conti
dei decreti reali o ministeriali, e dei mandati da essa ritenuti illegali
cessa il mandato di natura costituzionale ad essa affidato dal potere legislativo.
La registrazione con riserva sembra dunque conciliare in modo
quasi ideale le esigenze dell'Amministrazione che non è arrestata dal
rifiuto — sia pure giusto dal punto di vista legale, ma non opportuno,
dal punto di vista politico — della Corte dei Conti nella sua azione,
e le esigenze della retta dottrina costituzionale, in quanto per mezzo
di essa sorge la responsabilità collettiva del gabinetto che può esser
chiamato a render conto del suo operato dinanzi al potere legislativo. Ma qui appunto, in questa resa dei conti del potere esecutivo
al potere legislativo, sorge il gravissimo problema che dopo più di
cinquant'anni dalla creazione della Corte dei Conti e dalla istituzione
della registrazione con riserva, non ha ancora trovato soluzione soddisfacente.
Occorre intanto tener presente che nel concetto del legislatore
del 1862 il Parlamento non doveva esser chiamato ad esercitare la
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sua funzione di controllo se non eccezionalmente, perchè appunto
eccezionali dovevano essere le registrazioni con riserva.
Tale carattere dì eccezionalità, che si è andato via via perdendo
attraverso gli esercizi finanziari occorsi dal 1863 al 1913, trovasi
già riaffermato nella prima relazione della Corte dei Conti al Parlamento — quella sull'anno 1863 —- in cui le circostanze nelle quali
il Governo si trovò nella necessità di insistere negli atti suoi, sono
definite «peculiari e momentanee ». E più tardi (1867) il Ministro
delle Finanze, Ferrara, affermava alla. Camera (1) i mandati e i decreti registrati con riserva non aver luogo se non durante la chiusura del Parlamento. (Il che non è poi sempre risultato corrispondente alla realtà).
Può dunque, quando il potere legislativo lo voglia, il potere
esecutivo esser chiamato in qualunque circostanza a scagionarsi
della propria responsabilità politica, e, occorrendo, anche civile e
penale, ma perchè si raggiunga una perfetta guarentigia di governo
legale a noi pare che non basti che il potere legislativo possa quando
voglia chiamare il potere esecutivo a rispondere dei propri atti, ma
che debba sempre tali atti in via definitiva, o di per sé, o delegando
altrui la propria funzione costituzionale, esaminare, sanandoli, od
annullandoli.
Comunque sia, il legislatore del 1862 credette che a provocare
un controllo diretto del Parlamento bastasse la comunicazione degli
elenchi delle registrazioni con riserva, accompagnati dalle deliberazioni relative, fatta agli uffici di Presidenza delle due Camere in gennaio di ogni anno per il tramite del Ministro delle Finanze. A parte
la circostanza curiosa che il censurate, o censurabile, il Ministro, veniva incaricato di trasmettere ai suoi giudici la materia per le censure,
sicché la trasmissione degli elenchi poteva — volontariamente o no —
venir ritardata, il sistema adottato nella legge del 1862 presenta il
fianco ad una facile critica. Come poteva infatti il Parlamento giudicare della opportunità del provvedimento preso sotto la sua responsabilità di Governo, ad un anno di distanza dalla sua emanazione?
Non si presentava l'atto governativo sotto il solido usbergo del fatto
compiuto, e da lungo tempo compiuto ? E dopo tanto tempo chi avrebbe
potuto giudicare della opportunità di esso? Ed infine, date le frequenti — specialmente allora — crisi ministeriali, come avrebbe potuto
il Parlamento colpire con la sua sanzione essenzialmente politica —
il voto di sfiducia — i responsabili che già avevano lasciato il potere?
{l)~Atti parlamentari,
Sessione 18G7-G9, voi. I I , pag. 1106.
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Conseguenza di questo stato di cose fu che il Parlamento dal
1863 in poi, per anni parecchi, non ebbe ad occuparsi affatto delle
registrazioni con riserve che furono poi tutt'altro che eccezionali (1).
Sicché ben a ragione poteva il 20 dicembre 1865 P . S. Mancini, proponendo l'inchiesta sull'amministrazione finanziaria del quinquennio
1861-65, lamentare che tutto il maestoso meccanismo costituzionale
fosse per divenire, per inefficacia di controllo, un giuoco ed una illusione. « La registrazione con riserva, egli osservava, doveva essere
avvenimento rarissimo ed eccezionale, ed è invece divenuto porta
aperta ad enormi abusi »*. « Gli elenchi comunicati alla Camera,
soggiungeva, non diedero occasione alla menoma discussione; rimasero lettera morta ». E conchiudeva proponendo che la Commissione d'inchiesta da nominare rivedesse i documenti giustificativi
delle registrazioni con riserva e ne riferisse al Parlamento.
Poco dopo — il 1.° febbraio 1866 — si leggeva alla Camera una
proposta (della quale dovremo più tardi occuparci di proposito,
sicché qui occorre appena accennarvi) del deputato Enrico Spasiano,
il quale voleva addirittura che si abolisse la registrazione con riserva
e che il rifiuto del visto da parte della Corte dei Conti arrestasse il
corso del provvedimento governativo. La proposta, troppo radicale
e semplicista, non ebbe seguito; ma la doppia constatazione che le
registrazioni con riserva non erano rarissime né eccezionali, e che il
Parlamento non aveva modo di esercitare il suo controllo, incitò a
cercare al problema una soluzione. Così nacque la modificazione (2),
che porta la data del 15 agosto 1867, alla legge sulla Corte dei Conti,
così formulata: « La Corte dei Conti ogni quindici giorni comunicherà
direttamente agli uffici di Presidenza del Senato e della Camera dei
deputati l'elenco. delle registrazioni eseguite con riserva accompagnate dalle deliberazioni relative ».
La nuova formula intendeva appunto ad eliminare gli inconvenienti da noi sopra rilevati; e mentre col prescrivere che la comunicazione degli elenchi fosse eseguita direttamente dalla Corte dei
Conti al Parlamento poneva in diretta corrispondenza il potere legislativo con l'organo al quale esso aveva deferito una funzione costituzionale a sé spettante, col sostituire il termine quindicinale
a quello annuale cercava di rendere possibile il controllo supremo
del Parlamento.
(1) Oltre ai mandati il cui numero fu assai grande, come già dicemmo, o il cui
importo sorpassò i 100 milioni, i decreti registrati con riserva furono nel quinquennio
1863-67: 1863,21; 1864.. 33; 1865,21; 1856,11; 1867,33. — Totale 119.
(2) Di iniziativa parlamentare (deputato La Porta).
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Quasi contemporaneamente a questo provvedimento (29 aprile
1867) la Camera dei deputati approvava senza discussione (1) l'istituzione « di una commissione permanente per ogni sessione incaricata di esaminare e riferire sui decreti registrati con riserva dalla
Corte dei Conti ». Si diceva infatti che la Camera non poteva occuparsi di argomenti non delibati sui documenti giustificativi da una
sua commissione, e alla mancanza di questa si attribuiva l'assenza
di qualsiasi discussione sulle registrazioni con riserva nel quinquennio
1863-67. La creazione di una commissione apposita, incaricata di
quel solo argomento, doveva secondo il legislatore portare una benefica rivoluzione dei costumi parlamentari nei riguardi del controllo
preventivo. Si credette però, e lo provarono i fatti,v che fosse rimedio
sostanziale quello che era soltanto un espediente formale e procedurale: e come il legislatore del 1867 si ingannarono tutti coloro che seguendo la via da lui tracciata, a distanza di anni, e specialmente
in questi ultimi tempi, si illusero di indurre con l'imposizione di brevi
termini, o con l'iscrizione dell'argomento all'ordine del giorno, il
Parlamento a discutere le registrazioni con riserva. Il rimedio è però
riuscito peggiore del male, perchè mentre prima il Parlamento non
deliberava in merito ora delibera senza cognizione di causa.
L'attività delle commissioni parlamentari incaricate della. revisione dell'opera del Governo fu del resto fino al 1900 scarsa o scarsissima, e poi sempre è riuscita infeconda, sicché miglior consiglio
sarebbe sopprimerle ponendo fine ad una ironia permanente alle
buone norme costituzionali e alla sincerità politica.
Nel Senato l'incarico dell'esame preliminare delle registrazioni
con riserva fu affidato dapprima alla Commissione permanente di
finanza (e ciò si spiega data la natura finanziaria di quasi tutti gli
atti o decreti sottoposti alla revisione) e solo dopo il 1900 ad una
speciale commissione di cinque membri analoga a quella della Camera. Il Senato si è d'altronde assai raramente occupato delle registrazioni con riserva. Ricordiamo qui le relazioni Lampertico del
9 giugno 1893, del 15 marzo 1894 e del 21 maggio dello stesso anno;
quella del Nobili Vitalleschi del 1.° aprile 1898 e qualche altra. Poca
importanza annetteva la Camera vitalizia all'argomento, tanto che
il senatore Cambray Digny ebbe a dichiarare al senatore Pierantoni,
come questi riferisce in un suo scritto, che la Commissione permanente
di finanza non credeva opportuno di occuparsi delle registrazioni
con riserva per seguire l'esempio della Camera.
(1) Ancora su proposta dell'ori. La Porta.
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Tuttavia nel 1894 la Presidenza del Senato mostrò di tenere la
questione in maggior conto che non facesse il senatore Cambray
Digny e prescrisse che gli elenchi delle registrazioni inviate dalla
Corte dei Conti fossero ogni tre mesi stampati e distribuiti (1) e nello
stesso anno (28 aprile 1894) la Camera vitalizia approvava un ordine
del giorno che suonava monito al Governo : « Il Senato confida che
del mezzo straordinario dei decreti registrati con riserva il Governo
del Re non usi se non per gravi ed urgenti necessità dello Stato ».
La Commissione permanente, o Giunta, della Camera per l'esame
dei decreti registrati con riserva dalla Corte dei Conti, della quale
di proposito ci occupiamo, perchè dalla Camera dei deputati alla
quale lo Statuto assicura importanti privilegi in materia finanziaria
dovrebbe con maggiore rigore essere seguito il controllo preventivo
che nella massima parte dei casi concerne la spesa del pubblico denaro,
è composta di nove membri dapprima nominati dagli uffici, poi, quasi
subito dopo la sua istituzione, eletti direttamente, con voto limitato,
dall'Assemblea.
La natura sua è — secondo noi — essenzialmente politica, dovendo essa compiere un preliminare studio delle condizioni di oppor-.
tunità e di urgenza che hanno indotto il Governo a seguire una procedura eccezionale, e lo hanno persuaso a violare le leggi o i regolamenti in vigore. Ed infatti essa deve poi, riferendo alla Camera, proporle una formula di censura o di approvazione dell'operato del Governo, formula essa pure essenzialmente politica. Tuttavia la Commissione deve anche, pregiudizialmente, compiere un altro esame : riscontrare cioè se il rifiuto del visto opposto dalla Corte dei Conti al Governo sia o pur no giuridicamente fondato. È chiaro infatti che qualora l'atto governativo risultasse conforme alle leggi e ai regolamenti
in vigore non potrebbe farsi luogo, in questa sede, ad alcun apprezzamento di natura politica intorno alla sua necessità ed urgenza.
Sorvoliamo qui sull'estensione del controllo esercitato dalla
Camera, notando soltanto che, allo stato delle cose, sembra opportuno
che la Giunta riferisca su tutti i decreti ed atti a lei sottoposti, senza
distinzione di categorie, salvo a proporre, qualora si tratti di argomenti dalla Camera delibati per altra via, il passaggio puro e semplice all'ordine del giorno non implicante alcun giudizio di approvazione o di censura (2). Limitiamoci soltanto a fare di passaggio una
(1) Prima del 1894 i Senatori che si ostinavano a volerne aver notizia dovevano
consultare gli elenchi trasmessi dalla Corte o gli atti della Camera dei deputati.
(2) Così avvenne del resto il 10 dicembre 1907.
La Commissione ha in questi ultimi anni riferito anche sui decreti già convér-
breve osservazione che può anche servire a dare un'idea del come
venga attualmente in pratica esercitato dal Parlamento il suo controllo. Chi abbia scorso le relazioni della Commissione e abbia esaminato le deliberazioni della Camera sulle registrazioni con riserva
non può non esser rimasto sorpreso della varietà grande di formule
adoperate per approvare o meno l'operato del Governo. La Commissione usò le formule più varie a significare l'approvazione: ad esempio
ritenne «giustificato il decreto» o «conveniente sì amministrativamente
che politicamente » o « conforme alla legge ».o « giustificato sebbene
legittimò fosse il rifiuto della Corte dei Conti », ovvero propose.la
« sanatoria » o un « bill di indennità» al decreto, ovvero « non lo
trovò censurabile », ovvero « l'approvò » senz'altro. Né. meno varie
sono le formule di disapprovazione: la Commissione ad esempio
ritenne il decreto « meritevole di censura », « deplorò l'opera del Governo », « approvò la deliberazione della Corte », « trovò giusto e
legittimo il suo rifiuto», «invitò il Governo a disporre la revoca
del decreto ».
La Camera poi che prima del 1900 ebbe una volta sola ad occuparsi delle registrazioni con riserva, in. quella occasione (15 dicembre 1891) avendo la Commissione ritirato le sue proposte, non
prese nessuna deliberazione concreta; e anche la seconda volta che
se ne occupò (29 gennaio 1901) passò all'ordine del giorno. Anche
nelle deliberazioni della Camera, che dopo la riforma del regolamento
divengono più frequenti, le formule usate sonò diversissime rispecchiando quasi sempre le proposte della Commissione: ad esempio,
nella legislatura 1909-1913 troviamo le formule seguenti, tutte di
approvazione : « La Camera dà al Governo un bill di indennità »,
« ne approva l'operato », « passa all'ordine del. giorno », « approva
il decreto », « concede la sanatoria », « dichiara non contrario alla
legge il decreto », « non trova a censurarlo », « lo ritiene regolare »,
« giustificato », « lo ratifica », « accorda la piena sanatoria », « la comtiti o da convertirsi in legge, ma ha sempre proposto, secondo noi ingiustificatamente,
la sanatoria, che se è giustificata a conversione avvenuta, non sembra corretta, ed è
per lo meno prematura, quando ancora la Camera non abbia di proposito esaminato
il provvedimento governativo.
E poiché talvolta è avvenuto che malgrado la clausola della conversione in legge
il decretò non sia stato mai per essa presentato al Parlamento, la Giunta potrebbe
in tal caso proporrre alla Camera di invitare il Governo a presentarlo, senza per questo
pregiudicare pregiudizialmente il merito della discussione.
Ad ogni modo è questo della possibilità di decisioni contraddittorie, o premature,
o d'altra parte della assoluta mancanza di decisioni, un altro degli inconvenienti dell'attuale sistema che sarebbe anch'esso rimosso, se si procedesse una buona volta
ad una radicale riforma.
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pietà sanatoria », e perfino la « plaudente sanatoria », « dà con plauso
la sanatoria », ecc. ecc. (1).
Tale varietà di formule è del tutto ingiustificata, e talvolta scorretta. Così a proposito della formula, « la Camera concede al Governo
un bill di indennità » giustamente osservava l'on. V. E. Orlando (2)
che tale espressione è inesatta votandosi in simile circostanze in semplice ordine del giorno. « Bill d'indennità — soggiungeva Fon. Orlando — significa appunto il disegno di legge che converte l'atto del
potere esecutivo in legge, giacché bill non altro significa che disegno
di legge ». E proponeva si dicesse invece : « La Camera riconosce l'urgenza o la giustizia o l'opportunità dell'atto del potere esecutivo ».
Comunque non si vede la ragione per la quale non possa adottarsi una formula unica, o, per meglio dire, ima formula unica per
ciascuna delle tre conclusioni diverse alle quali può giungere la Cadmerà: la Camera potrebbe cioè approvare l'operato del Governo,
o censurarlo, o qualora non trovasse opportuno pronunziarsi (come
nel caso che il decreto sia innanzi al Parlamento per la conversione
in legge, o sia già stato convertito in legge) passare all'ordine del
giorno. Si potrebbe tutto al più aggiungere in circostanze speciali
un invito al Governo ad attenersi per l'avvenire alla legge o a provvedere alla revoca del decreto censurato, ecc. ecc.
Detto questo incidentalmente vediamo ora come dal 1867 ad
oggi si sia esercitato effettivamente dalla Camera il controllo sulle
registrazioni con riserva.
Dicemmo già che fino al 1867 non esistendo la Commissione
della Camera, e il Parlamento non avendo comunicazione delle registrazioni con riserva che una sola volta l'anno, il potere legislativo
non ebbe mai ad occuparsene. Istituita la Commissione nel 1867, e
imposta per legge la comunicazione quindicinale degli elenchi delle
registrazioni con riserva al Parlamento, la Commissione della Camera
si accinse con zelo al lavoro nominando quattro relatori incaricaticiascuno di portare il proprio esame su uno degli anni 1863-1866.
Ma non doveva proprio la Commissione essere nata sotto buona
stella, perchè un imprevisto incidente sopraggiunse a mandare all'aria il suo lavoro. L'on. Marolda Petilli, relatore per l'anno 1865,
aveva già approntata la sua relazione e anzi, prima ancora di otte, (1) La Commissione anzi, che per confessione dell'on. Molina relatore andava
alla ricerca della varietà proponendo talvolta delle formule senza concreto significato
parlava soltanto di plauso dimenticando la sanatoria, il che diede luogo ad un richiamo del presidente della Camera.
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(2) Atti parlamentari, 29 gennaio 1901.
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nerne l'approvazione da tutta la Commissione, ma d'intesa con essa
che se ne riservava l'esame dopo che fosse stampata, l'aveva - presentata alla Camerali 17 luglio 1867. Senonchè un giornale d'opposizione, la Gazzetta del Popolo di Torino, riuscì ad averne le bozze e
ne pubblicò alcuni brani, nei quali si muovevano aspre censure al
Governo, commentandoli vivacemente. La questione fu portata alla
Camera, la pubblicazione prematura fu aspramente criticata, e chi
ne andò di mezzo fu la relazione Marolda Petilli, che non solamente
non fu più discussa, ma non fu neppur terminata di stampare, al
punto che di essa non rimane più traccia negli atti parlamentari (1).
Dopo l'infelice fine della prima relazione dovettero passare parecchi anni perchè altri si sobbarcasse alle fatiche di relatore. La Commissione nominata regolarmente nella sessione del 1869-70 non presentò relazione alcuna; e poiché nella seguente sessione 1870-71
erano trascorsi parecchi mesi senza che essa fosse stata nominata,
Fon. Cancellieri richiese alfine una aggiunta al regolamento della
Camera che ne sanzionasse definitivamente l'istituzione e nello stesso
tempo propose, precorrendo la disposizione adottata nel 1901, che
fosse fissato un breve termine alla presentazione delle relazioni. La
seconda proposta dell'on. Cancellieri non fu accettata, mentre fu
aggiunta al regolamento la disposizione seguente : « La Camera nomina anche una Giunta permanente con l'incarico di esaminare i
decreti e mandati registrati con riserva dalla Corte dei Conti e riferirne alla Camera». Pochi giorni dopo veniva chiusa la sessione,
prima che la nomina della Commissione fosse avvenuta. Nelle sessioni successive la Commissione fu sempre nominata ma l'opera sua
fu saltuaria e sempre infeconda (2).
.
(1) Ricercando nella collezione della Gazzetta del Popolo abbiamo trovato i
brani della relazione Marolda Petilli la cui pubblicazione provocò incidenti alla Camera. Il relatore, come risulta dalle pubblicazioni che il giornale torinese fece il 27,
il 29 luglio, e nei primi giorni di agosto 1867, era assai severo per il Governo: egli
parlava di arbitrio e di incuria ingiustificabile, e conchiudeva proponendo un voto
di censura per l'amministrazione Lamarmora. Nel 1865 erano stati registrati infatti
con riserva 25 decreti e ben 15.220 mandati che violavano la legge, mentre altri 7721
non erano giustificati. (Quasi tutti violavano il regolamento di contabilità generale).
E la Gazzetta del Popolo che conduceva una vibrata campagna contro il Ministero,
chiedeva, in seguito ai risultati della relazione, la abolizione della Corte dei Conti,
secondo lei inutile, e l'istituzione di un nuovo ente nominato dal Parlamento.
(2) Ecco come si svolsero i lavori della Commissione dal 1871 al 1900. Furono
presentate relazioni: il 17 dicembre 1875 (Puccini), il 21 luglio 1879 (Damiani su
30 decréti), il 28 maggio 1888 (Franchetti che la ripresentò il 18 marzo 1889 essendo
stata chiusa, senza che la relazione fosse stata discussa, la precedente sessione), il 18 giugno 1891 (Costantini), il 30 marzo 1892 (Costantini), il 10 giugno 1892 (Sardi: di questa
relazione non vi è traccia negli atti parlamentari, non essendo stata stampata), il
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Il fallimento pertanto del sistema creato dalla legge del 1862
e modificato dalla legge del 1867, dimostrato dalla constatazione che
in quasi quarantanni e fra tanti decreti registrati con riserva su
parecchi dei quali era stata approntata la relazione, la Camera non
aveva creduto di esercitare il suo controllo che una volta sola (20 dicembre 1891) indusse come già negli anni precedenti al 1867 alcuni
volonterosi a studiare il problema. E Fon. Alessandro Costa fino
dal 27 giugno 1895 aveva presentato una proposta di legge analoga
a quella presentata dall'on. Spasiano nel 1866, tendente a concedere
alla registrazione con riserva efficacia sospensiva. Di tale proposta
avremo occasione di occuparci deliberatamente in seguito, sicché
qui incidentalmente basta ricordare come essa, troppo radicale e in
alcuni particolari assurda, fu presa in. considerazione, ma, combattuta strenuamente dal Ministro del Tesoro del tempo, Fon. Sidne}'
Sonnino, non ebbe fortuna.
Ed allora i riformatori tornarono sulla via già battuta dall'onorevole La Porta nel 1867 e con riforme al regolamento della Camera
cercarono di costringere automaticamente l'assemblea ad eseguire
il suo lavoro di revisione e di controllo. La prima proposta di modificazione al regolamento in questo senso è degli on. Pascolato e Lochis
e risale all'8 aprile 1897. Per essa la Giunta avrebbe dovuto riferire
entro un mese dalla distribuzione degli elenchi delle registrazioni
con riser\ a e tutte le relazioni avrebbero dovuto essere inscritte
all'ordine del giorno della Camera secondo la data della loro presentazione.
La proposta Lochis-Pascolato non fu mai discussa (1), e la
stessa sorte incontrò la proposta analoga dell'on. Vischi (8 maggio
1867) che dando « carattere di urgenza » alla comunicazione degli
elenchi, prescriveva che le relazioni della Commissione avessero la
precedenza sugli altri argomenti nella tornata di lunedì di ogni settimana. Tuttavia se la Camera non discusse le proposte di cui parliamo,
esse furono esaminate e sostanzialmente accolte dalla Giunta per0 aprile 1894 (Vischi: anch'essa irreperibile): nel dicembre 189G (20 relazioni di vari
commissari accompagnate da una relazione riassuntiva dell'on. Pascolato), il 15 febbraio 1898 (Colombo: 2 relazioni), il 9 luglio 1898 (Colombo), nel dicembre 1898 (4 relazioni degli on. Pascolato, Quattrofrati, Luporini), il 31 maggio 1899 (Pascolato), il
28 marzo e il 2 aprile 1900 (Pascolato). È da notare però che dal 1 novembre 1873 al
15 gennaio 1875, e dal 1 ottobre 1875 al 15 maggio 1878 non vi furono registrazioni
con riserva. È sintomatico d'altra parte il fatto che prima del 1901, cioè prima della
riforma del regolamento, la Camera non discusse le relazioni sulle registrazioni con
riserva che una volta sola: il 20 dicembre 1891.
(1) Fu ripresentata dall'on. Pascolato, senza alcun effetto, l ' i l novembre 1899.
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manente del regolamento come risulta dalla relazione Fusinato (14 febbraio 1898). L'on. Fusinato pur dubitando che il sistema della reristrazione con riserva col conseguente controllo parlamentare fosse
il migliore per circondare di cautele e di freni il potere esecutivo,
osservava che tuttavia il controllo della Camera, se fosse effettivo,
savio e continuato, non rimarrebbe senza notevole efficacia specie
preventiva, ma d'altra parte constatava che la Camera aveva ormai
quasi completamente alle sue funzioni fatta rinunzia. « E non si può
considerare senza grave preoccupazione, proseguiva il relatore, come
con ciò venga dischiusa una via sconfinata ed assai pericolosa all'abuso e all'arbitrio governativo ».
Finalmente col nuovo regolamento del 1° luglio 1900 si fece
un passo innanzi, poiché si impose alla Giunta di riferire entro il
termine di due mesi dalla comunicazione di ciascuna registrazione
alla Camera, e si prescrisse alla Presidenza di porre la relazione immediatamente all'ordine del giorno: ma con questo la Camera non
era obbligata a discuterla. Ad ovviare a questo inconveniente intese
appunto una proposta degli on. Rampoldi, Caldesi e Garavetti,
per destinare alla discussione dei decreti registrati con riserva la
prima ora di ogni seduta del lunedì. Ma la Commissione per il regolamento, nell'accettare il concetto dei proponenti osservava (relatore
Brunialti) « non essere il lunedì il giorno più adatto ad una discussione
che nella maggior parte dei casi ha una grande importanza e può
involgere le più delicate questioni attinenti alla responsabilità ministeriale, conducendo la Camera anche ad un voto politico » (1).
E proponeva che invece della seduta del lunedì fosse destinata alla
discussione delle registrazioni con riserva quella di martedì. Dalla
proposta della Commissione è così sorto l'art. 19 del regolamento
tuttora vigente che dice testualmente così : « La Giunta per l'esame
dei decreti registrati con riserva dalla Corte dei Conti dovrà riferire
entro il termine di un mese dalla comunicazione di ciascun decreto
fatto dalla Corte dei Conti alla Camera. Il presidente dovrà mettere subito la relazione all'ordine del giorno, e la discussione su di
essa seguirà in luogo delle interrogazioni e innanzi ad ogni altra materia nel primo martedì successivo ».
Che cosa ci si ripromettesse colle nuove disposizioni lo dice chiaramente lo stesso relatore Brunialti, il quale afferma recisamente
(1) Le illusioni dell'on. Brunialti che sperava di galvanizzare con riforme formali l'istituto sono però state smentite, come vedremo dai fatti. Tutto andò come prima
se non peggio di prima.
— 337 —
che con esse « la Camera avrà assicurato l'esercizio del suo controllo
su uno dei riscontri più delicati che essa deve esercitare sugli atti
del potere esecutivo » (1) .Avrà assicurato? È quanto ci ripromettiamo di esaminare seguendo l'opera, della Commissione e della Camera dal 1901 al 1913.
La Giunta aveva dal dicembre. 1900 presentato le sue relazioni su tre decreti registrati con riserva e su di esse la Camera discusse
(per la seconda volta dal 1862 in poi) il 29 gennaio 1901. Ma la discussione procedette oltremodo/corifusa, volendosi da alcuni entrare in
merito ed altri giudicando essere questo inopportuno, .dato che trattavasi di decreti da convertirsi in legge, criticando alcuni la Commissione per avere riconosciuto l'urgenza dei provvedimenti gòver-.
nativi, mentre secondo essi dovevasi limitare a giudicare della legalità o meno dei provvedimenti stessi, rispondendo altri che in tal
caso converrebbe addirittura sopprimere la Commissione.
E la Camera in tanta incertezza prescelse la fòrmula più anodina
e udite le dichiarazioni del Governo, che difese i suoi provvedimenti, *
passò all'ordine del giorno. H 21 maggio 1901 poi la Camera discusse
di un mandato di poca importanza invitando il Governo ad attenersi
più rigorosamente alla legge sulla contabilità generale dello Stato.
Nella sessione 1902-1904 furono comunicate alla Camera parecchie registrazioni con riserva su alcune delle quali riferi Fon. Beniamino Spirito in due relazioni (23 maggio e 10 luglio 1903), nessuna
delle quali, malgrado l'esplicita dizione dell'art. 19 del regolamento
venne mai in- discussione. Eppure uno dei decreti registrati con riserva costituiva, secondo il relatore, una violazione alla legge e alle
buone norme costituzionali, in quanto approvava un regolamento
in contraddizione con la legge sull'emigrazione.
Nella lunga sessione 1904-1909 la Commissione fu diligente,
sebbene non diligentissima perchè molti decreti rimasero senza relazione, e la Camera si occupò dell'argomento in due riprese. La prima
volta trattavasi di un decreto contràrio alle disposizioni della legge
sull'ordinamento giudiziario in Eritrea e nel Benadir, riconosciuto
come tale dallo stesso Governò. La Commissione propose che fosse
ratificato il decreto in questione e la ratifica fu accordata dalla Camera (28 novembre 1905) dopo che il Ministro Guardasigilli si fu impegnato a presentare un apposito disegno di legge modificante l'or(1) E tale controllo, secondo lo stesso relatore, doveva estrinsecarsi non col
«emplice apprezzamento di una Commissione, ma con una seria discussione e con un
"voto.
Riv. di Dir. pubbl, parte I. — 22.
* • .
'
• •
—
338. —
.„
dinamento giudiziario. Tutte le altre relazioni della Giunta, approvate dalla Camera il 10 dicembre 1907, non sollevarono alcuna discussione, e non presentano alcuno, speciale interèsse.
Ma nella sessione 1909-1913 appare più chiaramente che per
il passato a che cosa sia ridotto il controllo del Parlamento sulle registrazioni" con riserva. I decreti respinti dalla Corte dei Conti aumentano vertiginosamente, e i commissari della Giunta permanente
dividendosi il lavoro approntano uri numero straordinario di relazioni, che vengono regolarmente mésse all'ordine del giorno, e sono
regolarmente approvate dalla Camera. Parrebbe dunque che il controllo avvenga in maniera ideale e che gli atti del potere esecutivo
siano rigorosamente e minutamente esaminati dal vigile potere legislativo. La verità è invece che l'obbligatorietà del controllo ha ucciso
il controllo stesso, riducendolo ad uria mera formalità. I membri
della Giunta sfiduciati perchè non sorretti dall'interessamento della
Camera esaminano • superficialmente i decreti loro sottoposti, e concludono mevitabilmente per la concessione della sanatoria all'atto
governativo che si presenta con l'usbergo del fatto compiuto; e la
Camera chiamata a discutere dieci, venti, trenta e persino quaranta
relazioni insieme, se ne sbriga in un qùarticello di disattenta lettura. > Non vi è nessun deputato che si dia la pena di leggere, non dico
la documentazione della Corte dei Conti, ma neppure la breve e schematica relazione della Commissione; nessuno che si curi di ascoltare
la lettura monotona che il Presidente fa delle proposte di essa in
principio di seduta, fra le conversazioni dei presenti, chiudendola con
la solita frase : « Nessuno chiedendo di parlare, le conclusioni della
Commissione si intendono approvate ». Ed il controllo della Camera
sui decreti registrati con riserva si riduce ad .una illusoria formalità.
Nella sessione 1909-1913 dunque furono presentate il 5 luglio
1910 dalla Giunta alla Camera quattordici relazioni approvate poi
(con brevi osservazioni dell'on. Cameroni su una sola di esse) il 24 gennaio 1911; il 10 marzo 1911 furono presentate venti relazioni approvate senza discussione il 14 marzo seguente; il 15 marzo 1912 furono
presentate quarantadue relazioni approvate, ma non discusse, il
19 marzo seguente; il 14 marzo 1913 furono presentate ventun relazioni approvate il 29 aprile senza discussione, come senza discussione furono approvate il 10 giugno le diciassette relazioni presentate
il 5 giugno 1913.
Centotredici relazioni approvate senza discussione! In questa
sola cifra, è, ci sembra, la condanna dell'attuale sistema.
E poiché abbiamo visto che le modificazioni regolamentari e
.
— 339 —
di forma non hanno eliminato i difetti dell'attuale sistema ci sembra
che sia necessaria una riforma sostanziale. Del medesimo nostro parere sono stati del resto molti di coloro che si sono di proposito occupati dell'importante problema, e molte sono le soluzioni che sono
state proposte, tendenti esplicitamente od implicitamente ad abolire
la registrazione con riserva, con che cessa la ragion d'essere di qualsiasi controllo del Parlamento su di essa; o a sostituire nel controllo
un altro ente, già esistente o da creare, al Parlamento dimostratosi
alla prova dei fatti, incapace di esercitarlo. Di alcune proposte abbiamo già avuto occasione di parlare fuggevolmente: voghamo dire
delle proposte di iniziativa parlamentare degli on. Spasianò ed Alessandro Costa, che furono rispettivamente presentate prima che le
due riforme del 1867 e del 1901 aprissero e chiudessero la via dei
ritocchi formali.
.
.
. L'on. Enrico Spasianò il 1.° febbraio 1866, rilevato come la legge
della Corte dei Conti divenisse illusoria per la facoltà riservata ai
Ministri di costringer la Corte alla registrazione con riserva/proponeva che, « se malgrado le insistenze del Ministero la Corte dei Conti
ritenesse di dover mantenere il suo rifiuto, il decreto non dovesse
essere registrato e il Ministero non potesse dargli corso senza avere
prima ottenuto l'approvazione del Parlamento». «Qualora, egli
soggiungeva, si dessero casi di evidente necessità, sorgerebbe l'impero di una legge superiore ad ogni legge scritta, e i Ministri avrebbero la lode che meritano gli atti voluti dalla coscienza del Paese».
Senonchè è qui da osservare che nell'intenzione del proponente
i casi di evidente necessità, voluti dalla coscienza del Paese, dovevano
essere rarissimi e di eccezionale importanza, della specie, ad esempio —
per riferirci ai nostri tempi — del decreto proclamante la sovranità
dell'Italia sulla Libia. Se così non fosse la proposta dell'on. Spasianò
intesa ad evitare l'arbitrio del Governo sarebbe venuta a sostituire
ad esso un arbitrio peggiore, come quella che avrebbe aggiunto alla
violazione sostanziale della legge, anche la violazione formale. D'altro
canto se il Governo fosse stato costretto (secondo la proposta dello
Spasianò) a ricorrere sempre, tranne i casi eccezionalissimi su ricordati, al Parlamento anche quando si fosse trattato di provvedimenti
amministrativi contrari sì alle leggi vigenti ma urgenti ed opportuni,
sarebbe stato necessario che il Parlamento fosse sempre riunito e
pronto a discuterli ed approvarli a tamburo battente. E ciò a prescindere anche dalla necessità che certi provvedimenti siano presi
all'insaputa di tutti, necessità che si verifica ad esempio per i decreti
catenaccio. E poiché il Parlamento non può per necessità di cose es-
— :M0 —
v
sere un ente continuamente ed ininterrottamente funzionante sarebbe risorto quel conflitto tra gli interessi dell'Amministrazione e
le ragioni del diritto che l'istituto della registrazione con riserva tendeva appunto ad eliminare.
Analogamente allo Spasiano vorrebbe risolvere la questione il
Brunialti che così si esprime: « La Corte dei Conti, emani essa dalle
Camere, o tragga autorità soltanto dalla indipendenza e dal valore
dei suoi membri, deve assolutamente avere maggiori poteri. I conflitti che si sollevano tra essa e il Gabinetto non debbono essere decisi
da questo, ma dal Parlamento. Quando il Ministero emana un decreto o compie un atto che la Corte dei Conti ricusa di registrare,
l'atto o il decreto debbono essere presentati alla Camera per essere
convertiti in una vera legge. (Naturalmente il Brunialti intende che
intanto non abbiano esecuzione). Ed una legge speciale dovrebbe
determinare i casi nei quali questo non è assolutamente possibile,
perchè non si potevano prevedere, ed è così urgente il provvedervi
che manca assolutamente il tempo di convocare il Parlamento e
di seguire il consueto procedimento legislativo. Fuor di questi casi
nessun provvedimento dovrebbe esser lecito : i Tribunali custodi
del diritto della libertà e delle sostanze dei cittadini dovrebbero mandare assolta ogni ribellione ed ogni opposizione, comunque espresse
e qualunque ne fosse la conseguenza; E delle spese indebite i Ministri
dovrebbero rispondere non solo politicamente, ma civilmente, ogni
qualvolta il Parlamento non dà loro un bill d'indennità, cioè non approva la spesa indebita con una legge speciale. Solo a questa maniera
il potere finanziario del Parlamento sarà veramente completo, e riusciranno garantite la libertà dei cittadini e la loro borsa » (1).
Al Brunialti — a parte la proposta di determinare per legge, il
che è per lo meno, strano, i casi appunto « imprevedibili » ed urgenti
dei quali l'apprezzamento non può non essere riserbato al potere discrezionale del Governo, sotto la sua responsabilità, si possono per
il resto, occorre le stesse argomentazioni opposte all'on. Spasiano.
La proposta poi dell'on. Alessandro Costa modifica profondamente, sì da snaturarlo, l'istituto della, registrazione con riserva e
affida ad un ente diverso dal Parlamento un supremo controllo.
L'on. Costa proponeva in sostanza (27 giugno 1895) che la registrazione con riserva avesse l'effetto di sospendere l'esecuzione del prov(I) Biblioteca di scienze politiche ed amministrative. BRTXNIALTI: Diritto costituzionale, voi. I, pag. 831. — Ma il Brunialti stesso modificò in seguito la sua proposta,
accordando ai decreti respinti dalla Corte una esecuzione provvisoria di un mese o \
due perchè il Parlamento avesse modo di provvedere.
. . — 341 —
vedimento, sino a che sul medesimo non si fossero pronunziate le
commissioni parlamentari, la cui depisione avrebbe dovuto avere la
forza di sciogliere la riservai In caso di divergenza tra la Commissione della Camera e .quella del Senato la registrazione sarebbe stata
rifiutata (1). Alla proposta del Costa accede in parte anche il Cagli (2).
Ma opportunamente rispose all'on. Costa, il Ministro del Tesoro
del tempo, on. Sonnino, che l'abolizione della registrazione con riserva (a questo veniva a concludere la proposta Costa) avrebbe collocato la Corte dei Conti al di sopra del potere esecutivo e del Capo
dello Stato. Quanto poi all'affidare il diritto supremo di decisione nelle
questioni più gravi di opportunità e di necessità politica anziché al
Parlamento (che non può essere sempre presente a decidere) a delle
sottocommissioni, l'on. Sonnino. anche qui opportunamente osservava
che nel nostro diritto parlamentare le sotto-commissioni hanno la
-facoltà di studiare e di proporre all'Assemblea delle proposte ma
non di surrogarsi ad essa nelle deliberazioni.
Dimostrata così la inapplicabilità delle proposte Spasiano e.
Costa e della riforma sostenuta dall'on. Brunialti, passiamo ad esaminare le modificazioni suggerite da altri, tendenti a mantenere la
registrazione con riserva, ma a sostituire, al Parlamento che non
compie il suo controllo supremo altri corpi dello Stato o esistenti o
da creare.
Giorgio Arcoleo (3) pensa che sarebbe opportuno si istituisse
un'Alta Corte di giustizia, che invece che essere corpo politico quale
è il Senato, fosse un'autorità suprema indipendente e rappresentasse,
quasi- a dire, l'ultima istanza rispetto al sindacato costituzionale.
Essa potrebbe essere scelta, secondo l'Arcoleo, dall'una e dall'altra
Camera, sempre al di fuori dei membri rispettivi e ad essa spetterebbe
il giudizio, in nome del Parlamento, sulle violazioni del diritto di
bilancio fatte dai Ministri i cui atti rimarrebbero sospesi finché in
un termine brevissimo stabilito non si decidesse il conflitto.
G. B. Ugo (4) per quanto non ritenga né necessaria né molto
utile una riforma, e si riprometta buoni frutti dalle modificazioni regolamentari del 1900-1901, non si dichiara alieno da un'altra solu(1) La proposta dell'on. Costa importava poi anche la trasformazione della Giunta
permanente in sottogiunta della Giunta generale del bilancio e prevedeva il caso di
ricorso al parere di questa o addirittura della Camera.
(2) CAGLI, Del Controllo preventivo costituzionale della Corte dei Conti, in Arch.
di diritto pubblico, anno IV.
(3) AROOIÌEO, Bilancio dello Stato e sindacato parlamentare.
(4) UGO, .Co Corte dei Conti, in Enciclopedia giuridica italiana.
— 342 —
.
zione impostata sul ricorso del Governo, dopo il rifiuto della Corte, '
alla Cassazione di Roma. Essa è, osserva l'Ugo, indipendente dal
potere esecutivo; al punto che si è pensato (Luigi Luzzatti) di affi-,
darle la decisione sulle elezioni contestate, ed è d'altronde già per sua
natura incaricata di interpretare le leggi. Né, essendo rari i casi
di ricorso, il nuovo compito intralcerebbe la sua azione nel disbrigo
delle ordinarie sue mansioni, né, trattandosi di interpretazioni giuridiche, la politica si mescolerebbe con l'amministrazione della giustizia. All'obbiezione che la Corte di Cassazione nell'esercizio del suo
nuovo compito potrebbe pregiudicare la sua stessa azione giudiziaria,
perchè potrebbe trovarsi in seguito chiamata a giudicare sul ricorso
di un interessato il cui diritto fosse stato leso dallo stesso atto governativo da lei già ritenuto conforme alle leggi e ai regolamenti, l'Ugo
risponde proponendo per i due giudizi giudici diversi (sempre di Cassazione).
V
Ma in verità né il sistema proposto dall'Arcoleo, né quello affacciato dall'Ugo ci sembra corrispondano alle esigenze della pratica.
In primo luogo non ci pare necessaria la creazione di un nuovo corpo
o l'attribuzione di nuove funzioni a un corpo già esistente, quando
ad esse può bastare la Corte dei Conti. Di che cosa dovrebbero giudicare infatti e Alta Corte di Giustizia e Corte di Cassazione ? Della •
conformità o meno degli atti governativi alle, leggi e ai regolamentiin vigore. Ebbene: noi non vediamo perchè a pronunziarsi su simile,
materia non sia adatta la Corte dei Conti. Rarissime sono le contestazioni per la legalità di un atto fra Governo e Corte dei Conti, e
quasi sempre anche su di esse la Commissione parlamentare, che giù- *
dica pure con una più larga interpretazione delle norme legislative
o regolamentari, finisce per dar ragione alla Corte. La registrazione
con riserva trova la sua ragion d'essere in un'altra esigenza reale,
che è quella di permettere al Governo di prendere sotto la sua responsabilità provvedimenti urgenti e necessari, non conformi alle leggi
e ai regolamenti. E di questioni di urgenza, di opportunità, di necessità non sarebbero certo competenti a giudicare, come non lo è la
Corte dei Conti, ne l'Alta Corte di Giustizia, né la Corte di Cassazione.
Dall'esame che abbiamo fatto dell'opera della Corte dei Conti
e del Parlamento, nei riguardi del controllo preventivo, così come
da una retta interpretaziore dei principi generali del nostro^diritto
da una parte, dalla rassegna delle varie proposte avanzate da studiosi
e da uomini politici, dall'altra, ci sembra che risulti ormai chiaro a
quali esigenze debba rispondere una riforma utile del sistema attuale,
Occorre cioè contemperare le esigenze pratiche dell'Amministra-
•
.
,
_
343 —
- . . " ' ; '
zione, che non deve essere arrestata nella sua azione da insuperabili
\ barriere, col rispetto al principio fondamentaleN del diritto pubblico
che chi fa le leggi deve controllare come esse siano state eseguite.
L'istituto della registrazione con riserva risponde perfettamente
alle esigenze pratiche, e, va perciò mantenuto. Occorre soltanto modificarlo in modo che risponda anche alle esigenze giuridiche. Potrebbe
perciò; con opportuna modificazione alla legge sulla Corte dei Conti,
prescriversi, che qualora la Corte rifiuti di registrarci un decreto od
un altro atto governativo, esso non possa aver corso se non sia accompagnato dalla clausola della conversione in legge. I disegni di
legge di conversióne seguirebbero poi la sorte di tutti gli altri andando
secondo la loro natura alla Giunta del bilancio o agli uffici. In tal
modo i secondi subirebbero già un primo giudizio della Camera all'atto della scèlta dei commissari ed i primi troverebbero i loro giudici più competenti nei commissari della Giunta del bilancio, che già,
trattandosi di deroghe al bilancio o a leggi finanziarie, ebbero delle
stessa materia ad occuparsi. Seguirebbe infine il giudizio definitivo •
della Camera che avverrebbe nelle consuete forme legislative, e si
chiuderebbe con un vero e proprio bill di indennità e non con una equivoca sanatoria. E ad evitare infine che taluni disegni di legge di questo
genere non giungessero per inerzia di commissioni alla pubblica discussione potrebbe stabilirsi che i disegni per conversione in legge
non discussi si intendessero — salvo esplicita dichiarazione di rinvio
alla successiva sessione — respinti.
In questa guisa il controllo t della Camera sarebbe assicurato
non solo formalmente, ma sostanzialmente, in quanto che le commis- •
sioni o la Giunta del bilancio, e poi il Parlamento, si pronunzierebbero
con la stessa cognizione di causa, con cui si pronunziano per gli ordinari disegni di legge. Inoltre l'atto governativo derogante alle leggi
o ai regolamenti sarebbe sancito con una legge vera e propria confermandosi la massima che la legge non può mutarsi, o ad essa non può
derogarsi, se non per legge. Ne potrebbe reggere l'obbiezione che dovrebbero prendersi per legge provvedimenti a cui manca la natura
legislativa, perchè è risaputo che abbondano le leggi formali, quali
le concessioni di pensioni, o di cittadinanza, e la stessa legge di bilancio.
•';:'•
Si potrebbe obbiettare che con questo sistema verrebbe assegnata
alla Corte dei Conti la potestà di decidere essa in ultima istanza, della
legalità dei provvedimenti governativi. Sarebbe in sostanza accresciuto il potere della Corte dei Conti, corpo che funziona sì per mandato del potere legislativo, ma che è creato dal potere esecutivo. Tut-
. -
• — 344 —
tavia è da osservare che.il supremo giudizio sulla legalità è"già in parte
assegnato alla Corte dei Conti dalla legge sulla contabilità generale
dello Stato (art. 56) per quanto si riferisce ai mandati che la Corte
può rifiutare definitivamente qualora ne trovi la spesa eccedente lo
stanziamento, o l'imputazione errata. E inoltre chi abbia scorso o
seguito le relazioni della Giunta parlamentare sui decreti e mandati
registrati con riserva non può non avere osservato che in esse i provvedimenti governativi sono quasi sempre giustificati con l'opportunità e la necessità, cioè con criteri politici, e quasi mai con la legalità,
cioè con criteri giuridici. E quando anche le relazioni parlamentari
discordano da quelle della Corte dei Conti, il dissidio è causato dalla
rigidezza e larghezza di interpretazione che danno rispettivamente
Corte e Giunta alle disposizioni legislative o regolamentari. E nessuno
può dubitare che in materia di pura legalità sia preferibile la rigida
interpretazione della legge vigente, tanto più essendo aperta la via
(la conversione in legge) pei provvedimenti illegali, ma urgenti e
necessari.
Si può ancora obbiettare che col sistema proposto crescerebbe
enormemente la mole di lavoro da sbrigare dal Parlamento.
Ma è da osservare che assai probabilmente il nuovo sistema, col
quale il Parlamento sarebbe costretto a rivedere effettivamente e costantemente l'opera del Governo, agirebbe come freno preventivo sul
Governo stesso e produrrebbe automaticamente una diminuzione delle
registrazioni con riserva. E d'altronde il Parlamento, constatando
esso per sua propria esperienza l'abuso delle registrazioni con riserva —
perchè non può credersi che simili provvedimenti straordinari siano
sempre giustificati da ragioni di necessità e di urgenza,— potrebbe
efficacemente richiamare esso il Governo all'osservanza delle buone
norme costituzionali.
Né si potrebbe affidare alla Corte dei Conti una specie di potere
di cernita, affidare cioè ad essa il compito di scegliere le più patenti
violazioni di legge, di dividere quasi i provvedimenti illegali da quelli
incostituzionali, perchè in questa scelta veramente potrebbe avvenire
una confusione di criteri, e potrebbe per avventura dalla Corte giudicarsi non più secondo criteri giuridici, ma secondo criteri di opportunità politica. Altra cosa è affidare alla Corte dei Conti il compito
di verificare se un dato provvedimento è conforme o difforme dalle
leggi e dai regolamenti in vigore, e altra cosa è rimettersi al suo giudizio circa la entità della illegalità o della incostituzionalità. È il
primo giudizio di qualità, essenzialmente e solamente giuridico; e
jl secondo è un giudizio di quantità in cui non mancherebbero di far
•
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pesare la loro influenza criteri politici. E criteri politici non può e non
deve applicarli che il Parlamento.
Ma comunque si attui questa o quella riforma, formale o sostanziale, si obblighi il Parlamento a discutere, o lo si lasci arbitro della
opportunità delle discussioni, noi non crediamo che le cose possano
gran che migliorare.
•
Non si tratta infatti soltanto di difetti del sistema, si tratta di
difetti degli uomini chiamati ad applicarlo. Non è colpa della registrazione con riserva, né delle Commissioni parlamentari, né di altro
meccanismo: è colpa del # Governo e delle Camere. Bisognerebbe intanto che i Ministri non abusassero della facoltà loro concessa dalla
legge di chiedere la registrazione con riserva, e in special modo non
seguissero l'uso talora invalso di inviare alla Corte un decreto, con
già apposta la deliberazione del Consiglio dei Ministri, richiedente
la registrazione di eccezione, prima ancora di udirne il parere. E
certo non tutti i Ministri sarebbero in grado di ripetere la frase, con
la quale Luigi Luzzatti, allora Ministro del Tesoro, il 18 febbraio 1897,
accompagnava la richiesta di registrazione con riserva di un decreto
alla Corte dei Conti: « è la prima volta nella mia lunga vita pubblica,
che tranne i decreti-legge bancari, sono costretto — per la preservazione del territorio nazionale — a chiedere la registrazione con riserva. Questo mio rammarico esprimo, come Ministro del Tesoro, in
ossequio alla Corte ». •
'.•...'
Ma anche ammettendo una certa facilità di Governo a ricorrere
ad un mezzo eccezionale per far valere il proprio proposito, qualunque
fosse il sistema di revisione, per imperfetto che esso si presentasse,
se la Camera volesse effettivamente eseguire il controllo sull'andamento dell'Amministrazione, non le mancherebbe certo la occasione
o il modo di farlo. Ma l'assenza di una seria revisione dell'opera della
Corte dei Conti da parte del Parlamento non è che un aspetto del fenomeno già dai più eminenti studiosi di diritto pubblicò osservato e
deplorato : le Camere si disinteressano delle questioni finanziarie
e in special modo del controllo.
Occupate e preoccupate nelle più minute quisquilie politiche,
interessate dai più lievi incidenti e pettegolezzi della politica parlamentare od anche locale, esse perdono di vista la loro originaria funzione: la funzione finanziaria che si attua poi anche nel riscontro
della spesa del pubblico denaro.
Che, se talvolta si trova qualcuno che alla Camera esamini le
ponderose relazioni della Corte dei Conti e quelle delle Commissioni
e ne porti qua!che spunto alla tribuna parlamentare, si può ritenere.
— 34G —
nel maggior numero dei casi, che vi è indotto da smoderato vezzo di
critica o da desiderio di popolarità.
Sicché assai opportuno suona il monito di Luigi Luzzatti (1):
« I grandi problemi della finanza non appassionano più. Perchè?
Non è la solidità del bilancio la condizione essenziale di un credito
pubblico, sano? Non è il credito pubblico sano, lo stimolo al ritorno'
dei capitali, de risparmi alle industrie? Non significa questo r"torno
il salario più elevato, perchè il lavoro» è più ricercato? Il disavanzo
del bilancio non costringe lo Stato ad apparire come il principale
prenditore dei capitali liberi? D'altronde, i, contribuenti, i grandi e i
piccoli, hanno perduto la coscienza della responsabilità della finanza
rilassata? Non sono essi che dovranno ripararla con nuovi oneri?
E più si ritarda a provvedere, più quegli oneri non cresceranno ?
Così limpide domande generavano nei tempi passati le rivoluzioni
per la tutela dei contribuenti, stanchi degli scialacqui dei reggimenti
assoluti ! Quanti libri non si scrissero sulle cagioni finanziarie della
Rivoluzione Francese? La democrazia finirebbe anch'essa negli stessi
abusi dell'ancien regime? »
E verrebbe voglia di aggiungere: l'eccessivo numero di reggitori
presenterebbe gli stessi pericoli dell'unità di reggimento?
,'
Siamo in tempi di democrazia : le Camere rispecchiano il corpo
elettorale. Un corpo elettorale d'elite, meschino di numero, ma ottimo
di qualità, poteva interessarsi delle grosse e* minute questioni dèlia
politica finanziaria: un corpo elettorale di otto milioni di cittadini
non potrà essere scosso nei comizi o dalla stampa che dalla esposizione di fondamentali questioni politiche. Né i rappresentanti saranno
nella massa migliori della massa dei rappresentati, ai quali sempre —
e gli estremi più degli altri-—sono legati, ai quali sempre debbono rivolgere lo sguardo ed il pensiero. Politica militare, politica ecclesiastica, politica tributaria, politica sociale: di queste questioni il corpo
elettorale e le assemblee che lo rappresentano sono sempre pronte
ad appassionarsi: la politica finanziaria sarà sempre oggetto delle
amorose cure di pochi. Non mancheranno — e nella nostra Camera
non fanno certo difetto — le alte competenze in materia, ma circondate dal disinteressamento della gran massa, non hanno modo
di farsi valere quanto potrebbero. Non mancano ora, ma minacciano
sempre più di esser travolte — come già avviene nelle amministrazioni locali — dall'onda irrompente di coloro che solo respirano delle
aspre contese politiche.
(1) LITIGI LTTZZATTI, Le Camere dei deputati latini perderebbero Vabitudine e la
attitudine di far bene i conti dello Stato? nel Corriere della Sera.
*
• •
"
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— '347
—
Ed allora? Non resta che fidare nell'oculata vigilanza.dei corpi
amministrativi, nella prudenza del Governo, nel sereno esame del
Senato che viene così ad assumere per forza di cose un compito che
dalla rilassatezza finanziaria della Camera dei deputati gli è abbandonato. La Camera vitalizia viene così a trovarsi in una ben curiosa
posizione: si confida in lei per quel controllo e quell'esame che a lei
la Carta fondamentale delle nostre istituzioni non aveva per diffidenza voluto largamente affidare : si spera nell'opera sua in quelle
materie appunto in cui la sua azione è stata preventivamente ristretta.
Un'altra impresa sarebbe da tentare, lunga e difficile, ma perciò
appunto più profondamente ed utilmente rimunerativa. Il corpo
elettorale influisce sulla Camera e la distrae dai problemi finanziari?
iSi educhi il corpo elettorale ed automaticamente ne risentiranno
vantaggio la Camera e la pubblica amministrazione. Ma quest'agi'. fazione finanziaria di un corpo elettorale così vasto, ed anche parzialmente disinteressato, non è cosa agevole, ed è anche cosa ingrata.
È molto più facile promettere sgravi e contemporaneamente — secondo i gusti e le tendenze — pensioni od armamenti, o gli uni o le
altre insieme, che non esortare alla mortificazione, alla prudenza, al
risparmio.
Tentiamo tuttavia questa imprésa, sebbene non agévole, sebbene ingrata: per la salvezza dello stesso regime costituzionale.
AVVERTENZA. — Nella legislatura XXIV
la Camera non si era sino al gnigno 1914 mai occupata delle registrazioni con riserva. Questo studio era già in corso
dì stampa, quando il 16 giugno la Camera discuteva con un'ampiezza da lungo tempo
inconsueta di alcuni decreti registrati con riserva. L'on. Lucifero, fra Valtro, lamentava chela Camera assai scarsamente si occupasse dell'importante materia.
I quaranta minuti, entro i quali il regolamento costringe la discussione di questo argomento, non erano poi sufficienti ai deputati calabresi e sardi, che intendevano protestare
contro il trattamento fatto alle loro regioni dal governo, in occasione della emissione dei de-.
creti concernenti i sussidii per le strade di accesso, alle stazioni in favore dei comuni
isolati; e la discussione si trascinava così dai quaranta minuti del 16 ai quaranta minuti del martedì seguente 23, e continuava ancora il terzo martedì 30 giugno.
In questa seduta, infuriando alla Camera l'ostruzionismo, gli ostruzionisti approfittavano di una domanda di sospensiva fatta dal deputato sardo on. Pala per chiedere
una verifica del numero legale che portava alla sospensione della seduta. Alla ripresa
i quaranta minuti regolamentari erano trascorsi, e per la successiva chiusura dei lavori della Camera avvenuta il 6 luglio, la discussione dei decreti registrati con riserva
rimaneva rinviata alVautunno.
Era questa la prima volta che una notevole parte della Camera intendeva discutere ampiamente dei decreti registrati con riserva: l'attuale sistema impediva una seria
e proficua discussione.