le guide tecniche made - Studio Tecnico Francesco Giannelli

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le guide tecniche made - Studio Tecnico Francesco Giannelli
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le guide tecniche made
Cemento e calcestruzzo
FATTI PER CHI COSTRUISCE
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le guide tecniche made
Cemento e calcestruzzo
Costruire a regola d’arte
strutture solide e durevoli
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Il cemento
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I componenti
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La norma UNI EN 197-1
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I principali tipi di cemento
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I requisiti
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Particolari tipi di cemento
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Il calcestruzzo
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La norma UNI EN 206-1 sul calcestruzzo
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Il cemento, gli inerti e l’acqua
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Il pericolo nelle aggiunte
incontrollate d’acqua
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Gli additivi fluidificanti
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Le classi di esposizione
della norma UNI EN 206-1
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I calcestruzzi auto compattanti
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La posa e la stagionatura sul cantiere
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I calcestruzzi leggeri strutturali
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Cemento e calcestruzzo
COSTRUIRE A REGOLA D’ARTE
STRUTTURE SOLIDE E DUREVOLI
Il cemento e gli impasti a base cementizia
sono gli elementi fondamentali della tecnica
costruttiva moderna. Il calcestruzzo, in
particolare, è un materiale relativamente
“giovane” ma che si è velocemente imposto
su quelli più tradizionali come legno e pietra
per le sue caratteristiche straordinarie di
resistenza meccanica, adattabilità formale
e facilità di posa in opera. Il rapido successo
di questo materiale ne ha però celato per
diverso tempo alcuni difetti quali durabilità
e fragilità nei confronti delle aggressioni
ambientali che negli ultimi anni, però,
l’industria delle costruzioni ha imparato
a conoscere, approntando tecniche e
accorgimenti migliorativi del processo che
porta una semplice polvere miscelata con
acqua a trasformarsi in solide e durevoli
strutture in cemento armato.
Nella costruzione edilizia, il cemento
rappresenta il legante idraulico più impiegato
per le sue proprietà che consentono di
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realizzare miscele con acqua, sabbia oppure
inerti grossolani per ricavare un impasto
idraulico con caratteristiche aggreganti
e adesive, capace di rimanere stabile,
fare presa e indurirsi anche quando viene
realizzato un manufatto immerso in acqua.
Il cemento è un materiale inorganico e deriva
da processi produttivi che impiegano materie
prime provenienti dal mondo minerale e
che sono miscelate tra loro in proporzioni
precise per ottenere dopo la posa in opera
le specifiche reazioni chimiche di presa e
indurimento derivate dall’idratazione del
legante. Le reazioni chimiche derivano
dalla presenza nel cemento di una serie di
composti (silicati, alluminati, e ferriti di calcio)
capaci di reagire con l’acqua dando luogo
a prodotti idrati insolubili o scarsamente
solubili e dotati di proprietà cementanti,
che sono responsabili della compattezza e
delle elevate resistenze meccaniche finali
dei componenti della costruzione.
Il cemento è disponibile in più varianti
con caratteristiche diverse e adatte
a ogni campo di applicazione e viene
commercializzato sotto forma di polvere
finissima sfusa o in sacchi, ottenuta
mediante macinazione e completa
omogeneizzazione dei componenti.
Quando il legante viene mescolato con
sola acqua per ottenere un impasto più o
meno fluido in genere si parla di boiacca
di cemento, mentre le miscele con sabbia
fine, media oppure di granulometria
rilevante, quasi sempre con pezzatura
mista, vengono chiamate malte cementizie.
Il calcestruzzo è una miscela di cemento
e inerti di varia granulometria, formati da
sabbia, ghiaietto, ghiaia o pietrisco in un
assortimento granulometrico studiato
secondo proporzioni ben precise per
ottenere il massimo della distribuzione
nell’impasto. Calcestruzzo armato, cemento
armato o conglomerato cementizio armato
sono le diverse definizioni per un calcestruzzo
accoppiato con un’armatura costituita da
tondini di acciaio annegati nell’impasto, disposti
in una posizione ben precisa all’interno della
struttura per ottenere un materiale composito
a più componenti con una forte resistenza sia
a compressione che a flessione.
Il cemento sfuso o in sacchi viene utilizzato
in cantiere per realizzare impasti di ogni tipo,
con sabbia o con inerte formato da elementi
più o meno grossolani, confezionati in opera
con tecniche manuali se in piccole quantità
o con betoniere di vario tipo che assicurano
un’ottima omogeneità agli impasti anche se
di volume rilevante.
Il cemento è presente come legante anche
nei calcestruzzi preconfezionati in centrale di
betonaggio che sono trasportati sul luogo di
impiego mediante autobetoniere e scaricati
nelle casseforme tramite scivoli o sistemi
di pompaggio quando il materiale viene
utilizzato nelle strutture. Il cemento diviene
il componente aggregante di molteplici
malte premiscelate in stabilimento che
assicurano un’elevata uniformità nelle
caratteristiche tecniche tra le diverse
produzioni e vengono impiegate nelle opere
murarie, nei massetti, negli intonaci, nei
rivestimenti e in tutte le applicazioni che
richiedono una forte resistenza a condizioni
di impiego anche estreme.
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Cemento e calcestruzzo
IL CEMENTO
Il cemento, se lo consideriamo come il
prodotto finale dell’evoluzione dei leganti, ha
una storia millenaria, ma solo nella seconda
metà dell’Ottocento assume caratteristiche
simili a quelle che oggi riscontriamo in questa
polvere finissima e pesante utilizzata sui
cantieri di tutto il mondo per realizzare opere
di ogni tipo in qualunque condizione climatica
di impiego. Nei sistemi strutturali residenziali,
pubblici, industriali o commerciali, nelle
opere idrauliche, nei manufatti legati alle
infrastrutture, la qualità e la durata di
un manufatto realizzato in cemento o in
calcestruzzo è strettamente legata, tra le
altre condizioni, alle proprietà del legante
idraulico impiegato nel confezionamento
dell’impasto di base. La composizione
del cemento determina in buona parte le
doti tecniche dell’opera finita e se questo
viene prodotto con caratteristiche costanti
ben definite il progetto dell’opera può
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essere attuato in piena sicurezza. Soltanto
attraverso la conoscenza delle proprietà
di resistenza a tutte le sollecitazioni
meccaniche e fisico-chimiche del legante
diviene possibile scegliere in via preliminare
il tipo di cemento più idoneo a garantire una
lunga vita utile d’esercizio al manufatto.
Nella produzione di malte e calcestruzzi, in
combinazione con inerti di varia granulometria,
il cemento conserva la sua lavorabilità per
un tempo determinato e successivamente fa
presa e indurisce fino a raggiungere i valori di
resistenza meccanica prestabilita. La somma
delle percentuali dei componenti reattivi
principali del cemento a norma, ossido di calcio
e ossido di silicio, deve in ogni caso essere
superiore al 50 % della massa.
I componenti
Il componente principale del cemento è il
clinker Portland derivato da materie prime
contenenti principalmente ossido di calcio,
La norma UNI EN 197-1
LE TIPOLOGIE DI CEMENTI
I cementi comuni conformi alla UNI EN 197-1 sono
suddivisi in 5 tipi principali.
Tipi
di cemento
Denominazione
Sigla
I
Cemento Portland
II
Cemento Portland alla loppa
II-A/S
Cemento Portland alla microsilice
II-A/D
Cemento Portland alla pozzolana
II-A/P
I
II-B/S
Cemento Potland
alla cenere volante
Cemento Portland allo scisto
calcinato
Cemento Portland al calcare
Cemento Portland composito
III
Cemento d’altoforno
IV
Cemento pozzolanico
V
Cemento composito
II-B/P
II-A/Q
II-B/Q
II-A/V
II-B/V
II-A/W
II-B/W
II-A/T
II-B/T
II-A/L
II-B/L
II-A/M
II-B/M
III-A
III-B
III-C
IV-A
IV-B
V-A
V-B
La norma UNI EN 197-1:2007 “Cemento - Parte 1:
Composizione, specificazioni e criteri di conformità
per cementi comuni” è la versione ufficiale della
norma europea EN 197-1 (edizione giugno 2000),
dell’aggiornamento A1 (edizione aprile 2004) e
dell’aggiornamento A3 (edizione luglio 2007).
La norma è stata redatta con il criterio di rendere
chiara la composizione del cemento attraverso la
creazione di classi tipologiche di appartenenza e di
garantire la regolarità delle caratteristiche del legante
fissando sia la natura e le percentuali limite dei
componenti che le soglie di variazione delle resistenze
meccaniche. La norma definisce e specifica 27 distinti
prodotti di cemento comune e i loro costituenti.
La definizione di ogni cemento comprende le
proporzioni di combinazione dei costituenti per
ottenere questi diversi prodotti in una gamma di
sei classi di resistenza meccanica. La definizione
comprende anche i requisiti che i costituenti devono
rispettare e i requisiti meccanici, fisici e chimici dei 27
prodotti, le classi di resistenza e una classe di calore
d’idratazione. La norma definisce anche i criteri di
conformità e le rispettive regole. La conformità alla
norma permette al produttore di apporre il marchio CE
sui cementi che possono così essere commercializzati
liberamente nei paesi della Comunità Europea.
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Cemento e calcestruzzo
ossido di silicio e ossido di alluminio che sono
sottoposte a cottura fino a sinterizzazione
in appositi forni. L’alta temperatura (14001500°C) produce una serie di composti
idraulici reattivi con un rapporto in massa tra
ossido di calcio e ossido di silicio mai inferiore
a 2 e con un contenuto di ossido di magnesio
al di sotto del 5 %. Nel clinker i composti
idraulici ottenuti mediante il processo di
sinterizzazione sono sotto forma di silicato
bicalcico, di silicato tricalcico, di alluminato
tricalcico e di allumino ferrito tetracalcico.
Il clinker Portland è presente in proporzioni
elevate solo nel cemento di Tipo I,
mentre nelle altre versioni viene utilizzato
in percentuali minori, variabili secondo la
composizione.
Gli altri componenti reattivi del cemento,
inseriti nelle miscele in diverse proporzioni,
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sono materiali con
proprietà idrauliche latenti
o a comportamento
idraulico che nell’impasto
si sviluppano con
maggiore o minore
prontezza. Le loppe
granulate d’altoforno
sono costituite da
scorie di composizione
appropriata che derivano
dalla fusione in altoforno di minerali di
ferro. I materiali pozzolanici sia naturali che
artificiali reagiscono con l’idrato di calcio
prodotto durante l’idratazione del cemento e
danno origine a composti che induriscono e
sviluppano una certa resistenza meccanica.
Le ceneri volanti, di natura silicea o silicocalcarea, si ottengono per separazione dai
gas di scarico di centrali alimentate
a polverino di carbone.
Lo scisto calcinato prodotto in
forno contiene talune fasi del
clinker insieme a piccole quantità
di calce viva e di ossidi ad attività
pozzolanica. I calcari, utilizzati anche
in alcuni cementi bianchi, sono in
grado di migliorare le caratteristiche
reologiche del cemento, ma devono
possedere un grado di purezza
elevato e non contenere argilla o
composti organici superiori a una
determinata soglia. Il fumo di silice
o microsilice, formato da particelle
sferiche costituite da silice amorfa in
proporzioni molto alte, è utilizzato con tenori
ridotti per l’elevata richiesta d’acqua che
conferisce al cemento.
I principali tipi di cemento
Secondo la composizione il cemento viene
suddiviso dalla norma in cinque tipi con
costituenti principali e secondari presenti
secondo specifiche proporzioni:
• Tipo I Cemento Portland ottenuto quasi
esclusivamente da clinker Portland finemente
macinato con un tenore di 95-100%.
• Tipo II Cemento Portland Composito
ricavato con percentuali variabili di clinker
Portland in combinazione con uno degli
altri materiali a comportamento idraulico
come la loppa di altoforno, il fumo di silice,
la pozzolana, la cenere volante, lo scisto
calcinato o il calcare. Il clinker Portland può
anche essere unito con tutti i componenti
idraulici.
• Tipo III Cemento d’Altoforno ricavato dalla
miscelazione tra il clinker Portland e la loppa
basica di altoforno che viene impiegata anche
in proporzioni molto elevate.
• Tipo IV Cemento Pozzolanico costituito da
una miscela di clinker Portland con pozzolane
naturali o artificiali, fumo di silice e ceneri
volanti silicee. Il legante deve sempre dare
esito positivo al saggio di pozzolanicità.
• Tipo V Cemento Composito ottenuto da
clinker Portland con altri componenti idraulici
quali la loppa di altoforno, la pozzolana
naturale e industriale e la cenere volante di
natura silicea.
I principali componenti idraulici
reattivi formano il nucleo del cemento,
determinano le caratteristiche e
l’appartenenza a una tipologia e sono
responsabili delle reazioni e dei processi di
presa e indurimento quando il legante viene
miscelato con acqua. Le proporzioni tra i
componenti determinano l’appartenenza
del legante alle sottocategorie individuate
dalla norma che, per i vari tipi, indicano
soltanto una differenza nel tenore dei
componenti e non una gradualità nei
valori delle caratteristiche tecniche.
Tutti i tipi di cemento sono preparati con
una percentuale non superiore al 5 %
di costituenti secondari che in genere
sono formati da filler inorganici naturali o
artificiali, inerti o con proprietà idrauliche
più o meno spiccate. Il cemento contiene
inoltre piccoli quantitativi di solfato di calcio
utilizzato per il controllo della presa ed
eventuali additivi, con tenore inferiore all’1 %,
che servono per migliorare la produzione o
talune caratteristiche del legante.
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Cemento e calcestruzzo
I requisiti
La classe di resistenza del cemento dipende
dalla finezza di macinazione della polvere
legante e dal tenore di silicato tricalcico
rispetto a quello bicacalcico: maggiore è
la finezza di macinazione del cemento e
maggiore è il tenore di silicato tricalcico,
più rapido è lo sviluppo della resistenza
meccanica.
Le tecniche di impasto
manuale del cemento:
con secchio
1. versare legante e inerti
2. miscelare i componenti
3. aggiungere l’acqua
4. miscelare l’impasto
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le guide tecniche made
LE CLASSI DI RESISTENZA DEI CEMENTI
Le norme UNI EN 197/1 definiscono le classi di resistenza
del cemento. Ogni tipo di cemento è potenzialmente
disponibile in sei diverse classi di resistenza normalizzata
(a 28 gg). Per ogni classe di resistenza normalizzata si
definiscono due classi di resistenza iniziale (2-7 gg): la
prima con resistenza iniziale ordinaria contrassegnata
con la lettera N; la seconda con resistenza iniziale elevata
contrassegnata con la lettera R.
Classe di
resistenza
Resistenza a compressione
(N/mm2) minima garantita a:
2 giorni
7 giorni
28 giorni
32.5 N
-
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32,5
32.5 R
10
-
32,5
42.5 N
10
-
42,5
42.5 R
20
-
42,5
52.5 N
20
-
52,5
52.5 R
30
-
52,5
Ogni tipo di cemento è potenzialmente
disponibile in sei diverse classi di resistenza
normalizzata che viene determinata
mediante le prove indicate dalla norma
Uni En 196-1 ed è la resistenza a
compressione portata fino a rottura di un
campione cubico standard (con rapporto
acqua/cemento pari a 0,5 e rapporto
sabbia/cemento pari a 3) dopo una
stagionatura a 28 giorni. In base a questo
requisito meccanico il cemento viene
suddiviso nelle tre classi 32.5, 42.5 e 52.5
che rispettivamente devono possedere una
resistenza normalizzata compresa tra
32,5 e 52,5 MPa, compresa tra 42,5 e
62,5 MPa e superiore a 52,5 MPa.
Le tecniche di impasto
manuale del cemento:
nella cariola
Didascalia
La Uni En 197-1 introduce altre tre
sottoclassi indicate con la lettera R a seguire
la sigla del cemento, 32.5 R, 42.5 R
e 52.5 R, che individuano leganti ad alte
prestazioni iniziali caratterizzati da una
maggiore rapidità di indurimento. Per la
versione 32.5 il valore di resistenza iniziale
viene misurato a 7 giorni dalla preparazione
del provino, mentre per le altre classi la
prova viene effettuata a 2 giorni. Mediante le
prove indicate dalla norma En 196-3 devono
essere determinati il tempo di inizio presa,
maggiore o pari a 60 minuti per le classi
32.5 e 42.5 e a 45 minuti per il tipo 52.5,
mentre per quanto riguarda l’espansione
tutte le varianti devono dare valori inferiori
o uguali a 10 mm. Altre prove normate
permettono al produttore di dichiarare i
requisiti chimici del cemento che riguardano
la perdita al fuoco, il residuo insolubile,
il contenuto in solfati e in cloruri e la
pozzolanicità. I requisiti chimici caratteristici
del tipo e della classe di resistenza devono
in ogni caso rispettare i valori espressi
dalla norma e vanno sempre riportati
dal produttore nelle schede tecniche di
accompagnamento del cemento.
Particolari tipi di cemento
Il cemento bianco viene ottenuto mediante
procedimenti che devono assicurare
il mantenimento nel tempo delle
caratteristiche meccaniche e delle doti
cromatiche. Come materia prima vengono
utilizzati calcare e caolino purissimi ed esenti
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1. versare legante e inerti
2. miscelare i componenti
3. aggiungere l’acqua
4. miscelare l’impasto
da particelle ferrose. Il cemento bianco può
essere impiegato come un normale legante
idraulico per realizzare manufatti di colore
candido costante nelle diverse produzioni
o per confezionare prodotti di pregio
quali intonaci, collanti, stucchi e sigillanti.
Miscelato con pigmenti resistenti all’azione
basica del legante e agli effetti dei raggi UV
oppure in combinazione con inerti bianchi
o colorati viene utilizzato per confezionare
manufatti di grande pregio architettonico,
prefabbricati e non, da impiegare nei sistemi
strutturali, nei rivestimenti a grandi pannelli,
nella pavimentazione di strade e piazze e
nell’arredo urbano.
Ad alcune varianti di cemento bianco per
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Cemento e calcestruzzo
Le tecniche di impasto
manuale del cemento:
cumulo a terra
1. versare legante e inerti
2. miscelare i componenti
3. aggiungere l’acqua
4. miscelare l’impasto
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opere faccia a vista vengono additivate,
in fase di produzione, sostanze ad attività
fotocatalitica non contemplate dalla norma
che consentono di realizzare manufatti
di ogni tipo, elementi strutturali, per
pavimentazioni o per rivestimenti verticali
e orizzontali, sui quali l’azione della luce
del sole o artificiale produce un forte
processo di ossidazione trasformando le
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sostanze organiche e inorganiche derivate
dall’inquinamento atmosferico e indoor in
prodotti inerti e innocui. Da prove effettuate,
un irraggiamento di soli tre minuti permette
di ottenere un abbattimento degli agenti
inquinanti di oltre il 75 %.
Il cemento ad alta e ad altissima
resistenza ai solfati appartiene in genere
al tipo pozzolanico con un basso tenore di
alluminato tricalcico che è il responsabile
della formazione di composti di alterazione in
presenza di gesso. Altre versioni ad altissima
resistenza ai solfati sono completamente
prive di alluminato tricalcico e possiedono un
basso contenuto di alcali che riduce il rischio
di reazioni indesiderate tra il legante e gli
eventuali aggregati a base di silice amorfa.
I cementi ad alta e ad altissima resistenza
ai solfati permettono di aumentare la
compattezza del calcestruzzo indurito, di
limitare sulle opere il dilavamento da parte
di acque correnti e di ridurre eventuali
fenomeni di degrado dovuti alla presenza
di composti aggressivi. I cementi di questo
tipo possiedono un calore di idratazione
abbastanza basso e possono essere
impiegati per getti di grandi dimensioni senza
pericolo che avvengano deformazioni per
l’aumento di temperatura.
Il cemento a presa rapida è una modificazione
del Portland e consente di ottenere, anche
con la completa immersione in acqua,
resistenze iniziali molto alte già nell’arco
di poche decine di minuti, connotato
che permette di realizzare ripristini,
fissaggi o piccole
impermeabilizzazioni
anche su
componenti da
reimpiegare
immediatamente,
come le
pavimentazioni
industriali, o da sottoporre a carichi subito
dopo l’intervento. Le resistenze sono
destinate a incrementarsi nel tempo, anche
se non con la stessa velocità, durante
il normale periodo di stagionatura della
malta. In fase di presa e di indurimento la
malta rapida sviluppa un forte calore di
idratazione che però non incide sulla stabilità
dimensionale della parte riparata e non
influisce nel collegamento al supporto persino
quando l’area di contatto è molto estesa.
Il cemento alluminoso o fuso deve possedere
caratteristiche di elevata resistenza.
Il prodotto non è più riconducibile a un
classico Portland, non è inserito nelle
varianti contemplate dalla norma e proviene
dalla macinazione e dalla cottura di una
mescolanza omogenea di calcare e bauxite.
Il clinker che si ricava deriva da una massa
completamente fusa e deve contenere
almeno il 35% di allumina. L’idratazione dei
componenti avviene con grande sviluppo di
calore concentrato in breve tempo che lo
fa preferire per lavori in climi freddi quando
sussiste il pericolo del congelamento
dell’acqua di impasto. Il rapido indurimento
e la inattaccabilità da parte delle acque
aggressive sono le doti principali di questo
cemento che viene utilizzato in genere per
calcestruzzi resistenti al calore e con doti
refrattarie oppure per gettate di modeste
dimensioni, ma destinate a resistere
all’abrasione come viene richiesto per taluni
pavimenti industriali, le canalizzazioni o le
opere idrauliche.
Le tecniche di impasto
manuale del cemento:
con betoniera a bicchiere
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1. versare legante e inerti
2. miscelare i componenti
3. aggiungere l’acqua
4. miscelare l’impasto
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Cemento e calcestruzzo
IL CALCESTRUZZO
Il calcestruzzo è un materiale composito
formato da cemento, inerti e acqua, che
deve essere preparato mediante regole ben
precise e codificate per ottenere in opera
le prestazioni e le resistenze richieste dal
progetto. Queste regole riguardano sia il
livello qualitativo e quantitativo dei materiali
componenti che i sistemi di confezionamento
e di messa in opera del calcestruzzo.
Per qualunque tipo di conglomerato
cementizio i requisiti specifici finali sono
il risultato del lavoro del prescrittore che
definisce le caratteristiche del calcestruzzo,
del produttore che garantisce la conformità
e il controllo sui componenti e sulla miscela
finale e dell’utilizzatore al quale è affidato il
compito di gettare in opera il materiale per
realizzare le strutture. Talvolta si tratta di
un’unica figura professionale che si assume
tutte le responsabilità dell’intero ciclo di
lavorazione, dal progetto alla messa in opera,
ma sovente la realizzazione di una struttura
in calcestruzzo vede il coinvolgimento di più
tecnici che devono operare con un continuo
scambio di informazioni per ottenere le
prestazioni richieste dal tipo di manufatto.
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le guide tecniche made
Le indicazioni fornite dalla norma UNI EN
206-1 sul calcestruzzo consentono di
ottenere il massimo dei risultati quando,
all’interno di una medesima produzione, il
calcestruzzo individuato come il più idoneo dal
progettista è uguale o con minime variazioni
rispetto all’impasto fornito dal produttore e al
conglomerato che viene gettato dall’impresa
di costruzioni e messo in esercizio sotto
forma di aggregato indurito. Tutto ciò non
solo come prestazioni tecniche, ma anche
nei riguardi della durabilità intesa come
capacità del materiale di mantenere nel tempo
le caratteristiche tecniche resistendo alle
aggressioni chimiche e fisiche dell’ambiente di
permanenza. La piena sicurezza nell’impiego
del conglomerato cementizio si raggiunge solo
con la conformità del materiale alla norma e
alle altre leggi e linee guida in vigore, sia per il
calcestruzzo a prestazione garantita che per
il calcestruzzo a composizione per i quali, in
fase di progetto e di richiesta, devono sempre
essere indicati in modo completo i requisiti di
base e gli eventuali requisiti aggiuntivi.
La norma UNI EN 206-1
La norma UNI EN 206-1, “Calcestruzzo - Parte
1: Specificazione, prestazione, produzione e
conformità”, è la versione ufficiale in lingua italiana
della norma europea EN 206-1 (edizione dicembre
2000), dell’aggiornamento A1 (edizione luglio 2004)
e dell’aggiornamento A2 (edizione giugno 2005).
La norma si applica al calcestruzzo per strutture
gettate in sito, strutture prefabbricate e componenti
strutturali prefabbricati per edifici e strutture
di ingegneria civile. Il calcestruzzo può essere
miscelato in cantiere, preconfezionato o prodotto
in un impianto per componenti di calcestruzzo
prefabbricato. La norma specifica i requisiti per:
• i materiali componenti del calcestruzzo;
• le proprietà del calcestruzzo fresco ed indurito e
la loro verifica;
• le limitazioni per la composizione del calcestruzzo;
• la specifica del calcestruzzo;
• la consegna del calcestruzzo fresco;
• le procedure per il controllo di produzione;
• i criteri di conformità e la valutazione della
conformità.
LE CLASSI DI RESISTENZA A COMPRESSIONE
La norma UNI EN 206-1 definisce i valori delle classi di resistenza
a compressione e caratteristica del calcestruzzo, individuandone
le tipologie applicative.
Resistenza
Classe
caratteristica
di resistenza a
cilindrica Rck
compressione
(N/mm2)
Il cemento, gli inerti e l’acqua
Un calcestruzzo ordinario, realizzato
senza additivi e senza aggiunte minerali,
è composto da cemento, da inerti di varia
granulometria e dall’acqua di impasto che
consente al legante di fare presa e di indurire
creando un aggregato più o meno compatto.
La scelta di tipo di cemento più idoneo è
influenzata da diversi fattori, tra i quali le
resistenze finali e in tempi brevi richieste al
calcestruzzo, le condizioni di maturazione,
le dimensioni della struttura e la classe di
esposizione del manufatto.
La norma EN 197-1 definisce le tipologie di
cementi comuni utilizzabili nei calcestruzzi
Resistenza
caratteristica
cubica fck
(N/mm2)
C8/10
8
15
C12/15
12
15
C16/20
16
20
C20/25
20
25
C25/30
C30/37
C35/45
C40/50
C45/55
C50/60
C55/67
C60/75
C70/85
C80/95
C90/105
C100/115
25
30
35
40
45
50
55
60
70
80
90
100
30
37
45
50
55
60
67
75
85
95
105
115
Tipo di
calcestruzzo
NON
STRUTTURALE
ORDINARIO
ALTE
PRESTAZIONI
ALTE
RESISTENZE
e fissa sia la natura e le percentuali limite
dei componenti che le soglie di variazione
delle resistenze meccaniche. In base
alla resistenza a compressione finale da
raggiungere nel manufatto è possibile
scegliere il cemento più idoneo in una delle
tre classi di resistenza normalizzata 32.5,
42.5 e 52.5 o in una delle tre sottoclassi
indicate con la lettera R a seguire la sigla
del cemento, che individuano leganti ad
alte prestazioni iniziali caratterizzati da una
maggiore rapidità di indurimento, condizione
che permette di disarmare i getti in tempi
più brevi rispetto alle altre versioni. La scelta
su una delle altre categorie commerciali
le guide tecniche made
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Cemento e calcestruzzo
di cemento permette di aumentare la
compattezza del calcestruzzo indurito, di
limitare sulle opere il dilavamento da parte
di acque correnti e di ridurre eventuali
fenomeni di degrado dovuti alla presenza di
composti aggressivi quali i solfati.
La gamma di cementi si estende alle varianti
con un basso calore di idratazione che
possono essere impiegati per getti di grandi
dimensioni senza pericolo di deformazioni per
aumento della temperatura.
I diversi materiali inerti impiegati nel
calcestruzzo hanno la funzione di ripartire le
diverse sollecitazioni alle quali è sottoposto
il conglomerato, comprese quelle derivate
dal ritiro, e di realizzare una massa il più
possibile frazionata con vuoti ben distribuiti
che vengono riempiti dalla pasta di cemento
al momento della preparazione dell’impasto.
L’inerte è composto da un misto di sabbia
con granulometria fino a 4-5 mm e di
14
le guide tecniche made
ghiaia o pietrisco con pezzature fino a oltre
20 mm e deriva da giacimenti alluvionali
naturali oppure da rocce inviate in impianti di
frantumazione. Gli inerti possono avere una
forma arrotondata, come avviene per molti
prodotti naturali, oppure sono conformati a
spigoli vivi se derivano dalla frantumazione di
rocce a pezzatura più grossolana. L’inerte,
che deve essere ben assortito nelle frazioni
granulometriche secondo una precisa
curva di riferimento, va scelto tra le qualità
compatte e non assorbenti per evitare che al
momento della preparazione del calcestruzzo
impoverisca la miscela di parte dell’acqua di
impasto limitando l’idratazione del cemento.
Gli aggregati più idonei a realizzare un
calcestruzzo durevole e di qualità, sono non
gelivi e privi di cloruri, di solfati, di silice alcalireattiva, di frazioni argillose e di sostanze
organiche. La compattezza, la resistenza allo
schiacciamento, la dimensione minima e la
Il pericolo nelle aggiunte
incontrollate d’acqua
forma dell’inerte, arrotondata o spigolosa,
influenzano le doti finali del calcestruzzo ad
alte prestazioni e ad alta resistenza.
Per il calcestruzzo ordinario, l’aggregato
deve essere scelto con misure massime
che tengano conto anche dello spessore del
copriferro, della larghezza tra le armature
e della sezione minima di passaggio
dell’impasto al momento del getto.
Per ottenere il livello di prestazioni, di
qualità e di durabilità richieste dall’opera,
negli impasti occorre utilizzare solo acqua
priva di sostanze estranee e con una
percentuale rispetto al cemento tale da
garantire sia la lavorabilità della miscela
cementizia che il raggiungimento delle
resistenze di progetto. Quando per ragioni
economiche o di approvvigionamento non
è possibile utilizzare l’acqua della rete
cittadina, bisogna verificare che l’acqua
di impasto sia priva di sostanze capaci di
alterare i tempi di presa del calcestruzzo,
di provocare efflorescenze sui facciavista
oppure di innescare fenomeni di corrosione
sulle armature. La percentuale di acqua
impiegata rispetto al quantitativo di cemento
è molto importante per le prestazioni del
calcestruzzo in ogni fase del lavoro, in quanto
determina la lavorabilità e la consistenza
della miscela e influisce sulle caratteristiche
di resistenza e di durabilità finali.
A parità di classe di consistenza, da valutare
in base alla misura dell’abbassamento o
slump al cono di Abrams, maggiore è il
diametro massimo dell’aggregato inerte,
Utilizzare l’acqua come un agente fluidificante e
migliorativo della lavorabilità del conglomerato
cementizio, senza un conseguente e calcolato
incremento nel tenore di cemento, permette di gettare
più in fretta gli impasti e di aumentare a costi irrisori
il volume del calcestruzzo, ma impoverisce la miscela
nella sua frazione principale cioè quella legante che
determina le resistenze meccaniche. Il caso tipico
è l’aggiunta di acqua sul cantiere al calcestruzzo
preconfezionato, pratica abbastanza diffusa che
causa sulla compagine indurita una diminuzione
incontrollata delle resistenze meccaniche e rende
meno compatto il calcestruzzo con una maggiore
propensione all’attacco del degrado che provoca la
corrosione anticipata dei ferri di armatura. Anche la
realizzazione in cantiere di calcestruzzo non dosato
e con un tenore d’acqua eccessivo per facilitare il
getto ha le stesse conseguenze finali che possono
essere accompagnate da altri fenomeni negativi.
Un rapporto acqua/cemento troppo alto, unito a
errori nella messa in opera e nella compattazione del
calcestruzzo, può provocare la formazione di zone
con un’elevata percentuale d’acqua all’interno della
massa del conglomerato, soprattutto nell’interfaccia
tra gli inerti e la pasta cementizia e tra questa e
i ferri di armatura. Per effetto della stagionatura,
dell’evaporazione dell’acqua residua non legata al
cemento e del ritiro igrometrico del calcestruzzo, si
riduce la collaborazione meccanica tra i componenti
del calcestruzzo, armature comprese, con una netta
diminuzione della resistenza a trazione e a taglio del
materiale in esercizio.
le guide tecniche made
15
12
Cemento e calcestruzzo
minore è la richiesta d’acqua, mentre la
resistenza meccanica a una determinata
stagionatura aumenta al diminuire del
rapporto acqua/cemento. Da questi principi
è possibile risalire a tutti gli altri parametri
per identificare un calcestruzzo partendo
dal tipo di cemento, dal diametro massimo
1. Preparazione del cono
2. riempimento con cls
3. misurazione consistenza (slump)
4. schema dello slump test
Test di consistenza
con il cono
di Abrams
1
2
3
4
16
le guide tecniche made
dell’inerte e dalla classe di consistenza della
miscela, scelta in fase progettuale tra una di
quelle normate:
• S1 con slump da 0 a 40 mm (consistenza a
terra umida)
• S2 con slump da 50 a 90 mm (consistenza
plastica)
• S3 con slump da 100 a 150 mm
(consistenza semifluida)
• S4 con slump da 160 a 200 mm
(consistenza fluida)
• S5 con slump di oltre 210 mm (consistenza
superfluida)
Gli additivi fluidificanti
La lavorabilità e la scorrevolezza del
calcestruzzo possono essere migliorate
utilizzando inerti con reologia più favorevole
o impiegando un miglior dosaggio di acqua
e cemento, ma in genere è meglio ricorrere
all’impiego di additivi fluidificanti con azione
più o meno spinta e da miscelare insieme ai
componenti base del calcestruzzo. A parte
taluni tipi di strutture che, per le modalità
di costruzione, richiedono impasti con
consistenza a terra umida (S1) o plastica
(S2), come avviene nelle pavimentazioni
messe in opera con vibrofinitrice o in molte
strutture verticali composte con casseri
rampanti, gli altri manufatti richiedono in
genere impasti con consistenza semifluida
(S3), fluida (S4) e superfluida (S5).
Il calcestruzzo deve essere tanto più
lavorabile e scorrevole se si impiegano
macchine pompanti per trasportare
l’impasto a lunghe distanze o a notevoli
altezze e dove è maggiore la densità dei ferri
di armatura oppure quando le strutture sono
di ridotta sezione e di geometria complessa.
L’uso di additivi fluidificanti aumenta i
costi del calcestruzzo, che però sono
compensati abbondantemente dai molteplici
vantaggi derivati dalla maggiore lavorabilità
dell’impasto: getti più rapidi con incrementi
significativi della produttività, tempi ridotti
anche del 60 % per la compattazione
finale mediante aghi vibranti, minori errori
da parte di manodopera non specializzata
o poco esperta in fase di getto e in fase
di compattazione, maggiore affidabilità
nell’opera finita in quanto effettuata con
calcestruzzi che non richiedono aggiunte
di acqua prima del getto, riduzione delle
responsabilità e delle contestazioni
considerato che viene impiegato tale e
quale il materiale a prestazione garantita
proveniente dalla centrale di betonaggio.
Gli additivi fluidificanti sono forse i
componenti ausiliari maggiormente impiegati
per il confezionamento dei conglomerati
cementizi di impiego normale o derivati da
formulazioni particolari come i calcestruzzi
ad alte prestazioni e ad alta resistenza
oppure i calcestruzzi proiettati e quelli
fibrorinforzati. La capacità fluidificante
dell’additivo esercita un’azione disperdente
sulle particelle di legante a vari livelli
secondo la composizione e, per alcuni tipi,
il dosaggio. Questa condizione favorisce in
maggiore o minore misura la bagnabilità
del cemento e quindi riduce la richiesta
d’acqua con un incremento della lavorabilità,
della scorrevolezza e della pompabilità della
malta. Gli additivi fluidificanti rendono rapida
la preparazione del calcestruzzo, tanto sul
cantiere quanto nella centrale di betonaggio,
e l’effetto disperdente aumenta la velocità di
posa in considerazione della scorrevolezza
del materiale.
Il calcestruzzo fluidificato possiede una
notevole aderenza ai ferri di armatura,
che consente di eseguire persino getti di
sezione ridotta e fortemente armati con il
calcestruzzo che avvolge le superfici degli
inerti e degli elementi metallici senza lasciare
cavità. Anche su platee di impianti industriali
pesanti e con geometria complessa dei ferri,
una volta effettuata la posa dell’impasto,
sono richiesti tempi minimi di compattazione
mediante sistemi a vibrazione, mentre in
situazioni più usuali la scorrevolezza, unita
all’assenza di segregazioni e a una notevole
le guide tecniche made
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12
Cemento e calcestruzzo
Le classi di esposizione
della norma UNI EN 206-1
omogeneità nell’impasto, permette di
realizzare manufatti con una finitura faccia
a vista senza cavità e dall’aspetto continuo
sia sul cantiere che negli stabilimenti di
prefabbricazione.
La capacità di ridurre l’acqua di impasto degli
additivi fluidificanti e la possibilità di realizzare
impasti molto omogenei e difficilmente
segregabili, producono conseguenze positive
sulle resistenze meccaniche, sulla durabilità
dell’opera e sulla resistenza alle aggressioni
chimiche ambientali. Il conglomerato
cementizio risulta molto più compatto, con
un ritiro idraulico inferiore rispetto a una
miscela non additiva e a pari lavorabilità e
con doti superiori di impermeabilità derivate
dalla limitata presenza di pori, discontinuità
e microfessurazioni. L’uso dell’additivo
consente di realizzare impasti che, una volta
induriti, presentano limitate deformazioni
elastiche sotto i carichi statici e dinamici
e un minore scorrimento viscoso (fluage)
provocato dai carichi permanenti. Con il
prodotto più adeguato, si possono ottenere
elevate prestazioni anche in presenza di
calcestruzzi con bassi contenuti di cemento
oppure con inerti di forma non favorevole a
rendere scorrevole il getto, come avviene
quando gli aggregati si presentano con
una pezzatura a spigoli vivi. In altri casi
la presenza di un fluidificante adatto è in
grado di sopperire alla carenza di materiali
fini nell’impasto garantendo sempre un
ottimo mantenimento della lavorabilità del
calcestruzzo.
18
le guide tecniche made
In merito alla durabilità delle opere in calcestruzzo,
la norma UNI EN 206-1 individua diverse classi
di esposizione basate sulla maggiore o minore
aggressività dell’ambiente di permanenza del
manufatto e sul potenziale livello di corrosione e di
attacco per i ferri di armatura e per il calcestruzzo:
Classe XO: assenza di rischio di corrosione o
attacco come negli interni di edifici con umidità
relativa molto bassa (1 sottoclasse per strutture
armate e non armate)
Classe XC: corrosione delle armature indotta
dalla carbonatazione (4 sottoclassi per strutture
armate)
Classe XD: corrosione delle armature indotta da
cloruri esclusi quelli provenienti dall’acqua di mare
(3 sottoclassi per strutture armate)
Classe XS: corrosione delle armature indotta da
cloruri presenti nell’acqua di mare (3 sottoclassi
per strutture armate)
Classe XF: attacco del calcestruzzo per cicli di
gelo/disgelo con o senza sali disgelanti
(4 sottoclassi per strutture armate e non armate)
Classe XA: attacco chimico del calcestruzzo incluso
quello indotto dalla presenza di acqua di mare
(3 sottoclassi per strutture armate e non armate)
Per ciascuna classe e sottoclasse, la norma
impone il rispetto di più vincoli che riguardano
il rapporto massimo acqua/cemento variabile
da 0,65 per le esposizioni meno problematiche
fino a 0,45 per le situazioni a forte aggressività,
la classe di resistenza minima che si estende da
C12/15 fino a C35/45 nella ipotesi di impiego di
un cemento di classe 32.5 e il dosaggio di cemento
che, tra gli estremi delle sottoclassi, varia da 260
kg a 360 kg per metro cubo di inerte.
La norma definisce anche il contenuto minimo
d’aria (4 %) per i manufatti nella classe di
esposizione agli effetti del gelo, l’uso di aggregati
ingelivi per la medesima situazione e l’impiego di
cementi ad alta resistenza ai solfati con classi
di esposizione a rischio di attacco chimico del
calcestruzzo.
LE CLASSI DI ESPOSIZIONE AMBIENTALE DEL CALCESTRUZZO
La durabilità del calcestruzzo è la capacità di durare nel tempo, resistendo alle azioni aggressive dell’ambiente, agli attacchi
chimici, all’abrasione o ad ogni altro processo di degrado che coinvolga oltre alla pasta cementizia anche le eventuali
armature metalliche. Le norme UNI EN 206:2006 e UNI 11104:2004 introducono 6 classi di esposizione per il calcestruzzo
strutturale (dove oltre al massimo rapporto a/c e al minimo contenuti di cemento viene indicata anche la minima classe
di resistenza tutto per garantire la durabilità del materiale). Tali classi sono state riportate anche nelle Linee Guida sul
calcestruzzo strutturale edite dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei LL.PP. Alle norme UNI e alle Linee
Guida sopra citata fanno esplicito rimando le Norme Tecniche per le Costruzioni per quanto riguarda la classificazione di
esposizione ambientale del calcestruzzo.
Classe
esposizione
Descrizione dell’ambiente
Massimo
Minima classe
rapporto a/c di resistenza
Contenuto minimo
di cemento (kg/m3)
X0 - Assenza di rischio di corrosione o attacco
X0
Molto asciutto
-
C12/15
-
C25/30
C25/30
C28/35
C32/40
300
300
320
340
C28/35
C32/40
C35/45
320
340
360
C32/40
340
C35/45
C35/45
360
360
C32/40
320
C25/30
340
C25/30
340
C28/35
360
C28/35
C32/40
C35/45
320
340
360
XC - Corrosione delle armature indotta da carbonatazione
XC1
Asciutto o permanentemente bagnato
0,60
XC2
Bagnato, raramente asciutto
0,60
XC3
Umidità moderata
0,55
XC4
Ciclicamente asciutto e bagnato
0,50
XD – Corrosione indotta da cloruri esclusi quelli provenienti dall’acqua di mare
XD1
Umidità moderata
0,55
XD2
Bagnato, raramente asciutto
0,50
XD3
Ciclicamente asciutto e bagnato
0,45
XS – Corrosione indotta da cloruri presenti nell’acqua di mare
Esposizione alla salsedine marina
XS1
0,50
non direttamente in contatto con l’acqua di mare
XS2
Permanentemente sommerso
0,45
XS3
Zone esposte agli spruzzi oppure alla marea
0,45
XF – Attacco dei cicli gelo/disgelo con o senza disgelanti
Grado moderato di saturazione in assenza
XF1
0,50
di sali disgelanti
Grado moderato di saturazione in presenza
XF2
0,50
di sali disgelanti
Grado elevato di saturazione in assenza
XF3
0,50
di sali disgelanti
Grado elevato di saturazione in presenza
XF4
0,45
di sali disgelanti
XA – Attacco chimico del calcestruzzo
XA1
Aggressività chimica debole
0,55
XA2
Aggressività chimica moderata
0,50
XA3
Aggressività chimica forte
0,45
le guide tecniche made
19
12
Cemento e calcestruzzo
I calcestruzzi autocompattanti
La diffusione dei calcestruzzi autocompattanti
SCC (Self Compacting Concrete), deriva
dalle molteplici doti dell’impasto cementizio
che è confezionato con specifici additivi
iperfluidificanti e antisegregazione a bassa
perdita di lavorabilità. Il calcestruzzo SCC, di
tipo preconfezionato o realizzato in opera,
possiede la capacità di essere gettato
all’interno di casseri con qualunque forma
colmando ogni interstizio senza bisogno
di vibrare il getto con aghi o con dispositivi
esterni. Il forte scorrimento del calcestruzzo
SCC è dovuto alla notevole deformabilità
dell’impasto allo stato fresco e alla capacità di
raggiungere porzioni della cassaforma anche
distanti diversi metri solo grazie all’energia
impressa dal peso proprio del materiale.
La scorrevolezza dell’impasto è sempre
accompagnata da notevoli doti di resistenza
alla segregazione e dal potere di conservare
un’omogenea distribuzione dei componenti in
ogni fase del lavoro: al momento della caduta
del getto nel cassero, quando il flusso del
materiale scorre e incontra restringimenti
di sezione o le gabbie delle armature e al
termine del riempimento durante il quale
non avvengono stratificazioni tra materiali
grossolani che migrano verso il basso e
aggregati fini e finissimi, insieme all’acqua di
impasto, che si dispongono verso le parti più
alte del getto. L’impiego di un calcestruzzo
autocompattante, può ridurre i tempi di
realizzazione di grandi opere fino al 20-25
% con un deciso miglioramento del faccia a
vista del getto grazie alla minore viscosità
del materiale che non trattiene bolle d’aria
lungo le pareti del cassero e non forma
nidi di ghiaia. Tutto ciò grazie alla capacità
dell’impasto di scorrere senza arrestarsi e
senza perdite di flusso anche in prossimità
di ostacoli rappresentati da restringimenti
di sezione dovuti alla forma del cassero o
dalla presenza dei ferri e persino quando i
manufatti sono realizzati con getto pompato
dal basso. Insieme al tradizionale Cono di
Abrams, un’apposita attrezzatura permette
di effettuare il controllo di accettazione del
calcestruzzo autocompattante sul cantiere.
La posa e la stagionatura sul cantiere
Il calcestruzzo viene gettato in casseforme
approntate in modo da resistere alle
pressioni in gioco senza perdite lungo le
giunzioni e con paramenti preferibilmente
non assorbenti, non surriscaldati e bagnati
20
le guide tecniche made
I calcestruzzi leggeri strutturali
I calcestruzzi leggeri strutturali sono calcestruzzi
leggeri ad alta resistenza a compressione, che si
ottengono tramite una scelta oculata degli inerti e del
relativo assortimento granulometrico. La principale
caratteristica dei calcestruzzi leggeri è il basso peso
specifico. Tale caratteristiche di leggerezza, cui si
accompagnano altri requisiti (buon isolamento termico,
ecc.) rende questo materiale idoneo per diverse
applicazioni in campo edile e ingegneristico. Con i
calcestruzzi leggeri strutturali si possono realizzare
manufatti quali pilastri, travi, ecc., gettate in opera o
prefabbricate, con un risparmio di peso proprio, infatti
si possono ottenere calcestruzzi con un peso specifico
compreso fra 1.400 kg/m³ e 2.000 kg/m³.
Secondo la normativa italiana il calcestruzzo leggero
strutturale, è definito come un calcestruzzo a struttura
chiusa ottenuto sostituendo tutto o in parte l’inerte
ordinario (ghiaia, pietrischetto e sabbia) con aggregato
leggero, minerale, naturale o artificiale (argilla espansa,
vermiculite, perlite, scisti argillosi espansi, scisti
calcinati). In questi casi infatti l’inerte leggero, costituito
dai granuli non frantumati più resistenti di argilla
espansa o scisti calcinati, va a formare frazione o le
frazioni grossolane, mentre quella fine è costituita o
da inerte leggero macinato oppure da normale sabbia.
Modulando opportunamente le proprietà meccaniche
dell’inerte leggero e la percentuale di sostituzione
dell’aggregato ordinario, è possibile ottenere calcestruzzi
con resistenze a partire da 15 MPa fino a 70 MPa. Per
i calcestruzzi leggeri strutturali non è ammesso l’utilizzo
di altri inerti leggeri di origine naturale o artificiale
(polistirolo, lapillo, pomice o altro) in sostituzione
dell’argilla espansa e degli scisti calcinati.
Oltre ai calcestruzzi leggeri strutturali, con gli inerti
leggeri si possono ottenere anche conglomerati non
strutturali per la realizzazioni ad esempio di massi a
pendio (strati di pendenza di coperture piane) o strati
isolanti come betoncini leggeri isolanti a struttura aperta
o conglomerati cementizi a struttura chiusa.
fino a saturazione se nella versione
tradizionale realizzata con tavole di legno.
Il copriferro va progettato in fase preliminare
e deve essere realizzato con uno spessore
minimo di 15 mm fino a oltre 40 mm, da
mantenere per tutta l’opera mediante
appositi distanziali, in ragione dell’aggressività
dell’ambiente di permanenza del manufatto.
Lo strato copriferro non può essere
considerato una barriera che impedisce
per un tempo indeterminato di proteggere il
manufatto dalle sostanze aggressive, ma va
sempre approntato, come materiale, getto
e spessore, in modo che il tempo impiegato
dalle sostanze aggressive per iniziare a
corrodere le armature sia almeno pari al
periodo di vita utile dell’opera.
Per conservare l’omogeneità del calcestruzzo
ed evitare la segregazione degli inerti
più grossolani durante la posa, occorre
trasportare gli impasti sul cantiere con
adeguate attrezzature quali le benne o in
nastri, evitando l’uso di recipienti che si
muovono su ruote non gommate e su percorsi
accidentati. Il getto va effettuato da un’altezza
non superiore a 50-70 cm, utilizzando delle
tubazioni flessibili di guida per la caduta
verticale e dei rompitratta che impediscono la
separazione tra le parti fini e quelle grossolane
quando la posa viene effettuata mediante
scivoli. L’impasto non deve essere versato
sulla superficie del getto precedente, in quanto
le guide tecniche made
21
12
Cemento e calcestruzzo
la frazione più grossa degli inerti può cadere
e accumularsi alla base del mucchio con
formazione di nidi di ghiaia.
Nella compattazione successiva al getto,
non bisogna considerare gli aghi vibranti
come attrezzi per spostare e fare scorrere
la massa del calcestruzzo gettata a mucchio.
Con questa pratica si producono dei risultati
pessimi per quanto riguarda il livello di
omogeneità e il grado di compattazione,
mentre gli effetti migliori sono ottenuti
su strati di calcestruzzo con spessore
uniforme e non troppo elevato (massimo
50 cm) mantenendo verticale e sempre in
movimento l’ago vibrante. La compattazione
procede fino a immergere nell’impasto tutta
la parte metallica dell’ago e a far penetrare
la punta del cilindro nello strato sottostante
di calcestruzzo già costipato per rendere
uniformi i diversi livelli lungo la ripresa del
getto. La vibrazione deve permettere all’aria
inglobata di fuoriuscire, non deve essere
effettuata a contatto con i ferri di armatura o
con le pareti del cassero e cessa al momento
della comparso di un velo di pasta cementizia
sulle superfici. Quando l’ago vibrante viene
estratto dall’impasto, si deve procedere
con lentezza in modo da permettere al
calcestruzzo di riempire completamente il
vuoto lasciato dall’attrezzo. La distanza tra
due punti di vibrazione è stabilita sempre
mediante prove preliminari e non deve essere
superiore al diametro dell’area di influenza
caratteristica di ogni tipo di ago vibrante.
Per evitare il rischio di congelamento del getto
con temperature al di sotto di 0° C, occorre
22
le guide tecniche made
impiegare additivi antigelo o acceleranti e in
tal caso è sempre meglio effettuare il getto
nelle ore intermedie più calde della giornata,
riscaldare i casserei se possibile, prolungare
i tempi di disarmo della cassaforma e non
effettuare comunque i lavori di messa in opera
se la temperatura del calcestruzzo è inferiore
a 3° C. Con una temperatura compresa
tra 0° e 5° C, la resistenza a tre giorni di un
calcestruzzo realizzato con cemento Portland
si riduce del 50 % e a 90 giorni rimane
ridotta del 10 %, mentre al di sotto di 0° C
l’indurimento è completamente bloccato.
In condizioni normali e con temperature
ambientali elevate, il calcestruzzo è sempre
sensibile al calore che accelera presa e
indurimento e fa evaporare l’acqua di impasto
limitando i fenomeni legati all’idratazione
del legante. Sul cantiere l’evaporazione
dell’acqua di impasto va sempre contrastata
mantenendo il getto bagnato per alcuni giorni
dopo il disarmo oppure coprendolo con teli
di polietilene. Le superfici esterne disidratate
in fase di presa e indurimento, tendono nel
tempo a sfarinare con formazione di piccoli
distacchi che diminuiscono la resistenza del
materiale agli attacchi aggressivi dell’ambiente.
Appunti e progetti
le guide tecniche made
23
le guide tecniche made
  1 Costruire con il calcestruzzo cellulare
  2 Il recupero delle strutture in cemento armato
  3 L’isolamento termico degli edifici
  4 L’isolamento acustico degli edifici
  5 La realizzazione di massetti e sottofondi
  6 L’impermeabilizzazione delle coperture
  7 Le murature faccia a vista
  8 Il rifacimento di balconi e terrazzi
  9 Il rifacimento delle coperture a falde
10 La sicurezza in cantiere: DPI e sistemi anticaduta
11 I sistemi di fissaggio in edilizia
12 Cemento e calcestruzzo
di prossima pubblicazione
Il risanamento degli edifici dall’umidità
La posa dei rivestimenti ceramici Le pavimentazioni autobloccanti Le attrezzature elettriche in cantiere
La posa dei rivestimenti lapidei Il recupero delle strutture lignee
Gli intonaci di facciata e i sistemi di tinteggiatura
La posa dei rivestimenti in legno e resilienti Costruire con i blocchi termici portanti
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