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Copia di 43cda5c83e170681b2f992956478257a 1JBDFSJ %PMDJTTJNF MF[JPOJ FUFOUB[JPOJ EJDJPDDPMBUP -"3&16##-*$" 4"#"50 ."3;0 /6.&30 )JUFDI"SSJWBMBQSJNBBQQ 5FOEFO[F.BEPWFWBJTFJM GJSNBUBEB4VQFS.BSJP QJHJBNBOPODFMIBJ *-'*-. 4PQSBVOBTDFOBEJi1FSGFUUJTDPOPTDJVUJu MVMUJNPGJMNEJ1BPMP(FOPWFTFDIFIBQFS QSPUBHPOJTUB,BTJB4NVUOJBL ,BTJB 4NVUOJBL i/Ê5XJUUFS OÊ'BDFCPPL TPMPDPTÑ NJTFOUP MJCFSBu (6*%0"/%36&550 & SPLODE SUBITO in una grande e contagiosa risata, Kasia Smutniak, quando scopre che Domenico Procacci, il suo compagno, produttore cinematografico con la Fandango, su Twitter è un rapper e ballerino di breakdance. Insomma non è un fake: quel ragazzo appassionato di hip-hop che posta video di J-Ax ed Emis Killa è semplicemente un omonimo. «Giuro, non lo sapevo, ma veramente è un rapper? – dice continuando a ridere – è molto divertente questa cosa. Anche Domenico, come me, non ha nessuna attività virtuale». La bellissima attrice di origine polacca ha come tutti una vita sociale, ma non ha una vita social come le tantissime persone che in Rete condividono immagini, pensieri e parole con i propri amici e follower su Facebook o Instagram. Per essere ancora più esplicita la Smutniak lo ha scritto nero su bianco su Twitter: «Profilo ufficiale aperto unicamente per evitare l’esistenza di profili fake che fingono di essere me. Non ho nessuna attività social-virtuale». Nemmeno un cinguettio compare sulla sua pagina personale del famoso servizio di social networking, che in automatico informa che «@LaSmutniak non ha ancora twittato». i-BNJBWJUB MPOUBOBEBJTPDJBMu ª%06(-"4,*3,-"/%-6; 4&(6&"1"(*/" -BUUSJDFEJPSJHJOFQPMBDDBSJGJVUPMBTDIJBWJUÜEFMMFTTFSFTFNQSFDPOOFTTJ Copia di 43cda5c83e170681b2f992956478257a la Repubblica 3$-6# 4"#"50 ."3;0 -BDPQFSUJOB *OVNFSJ Nel mondo sono 3,4 miliardi le persone che hanno un accesso alla Rete. Di queste, stando alla Smart Insights, 2,3 miliardi ha un profilo su almeno un social network. Ovvero circa il 31% della popolazione mondiale. Nell’ultimo anno, Facebook e affini sono cresciuti del 10%, con un aumento di utenti pari a 219 milioni. In Europa sono in totale 393 milioni, il 47% della popolazione °MBRVPUBEFHMJJUBMJBOJ JOMJOFBDPOMBNFEJBFVSPQFB DIFIBBMNFOPVOQSPGJMP TVJ5XJUUFSDP 4JUSBUUBNJMJPOJ EJQFSTPOF /FMOPTUSP1BFTF TJQBTTBOPJONFEJB DJSDBEVFPSFBMHJPSOP TVJTPDJBMOFUXPSL ,BTJB 4NVUOJBL i.JOBTDPOEPQFSFTTFSFNFTUFTTBu 4&(6&%"1"(*/" (6*%0"/%36&550 -*/ 5&3 7* 45" - di tanti film del cinema d’autore italiano, da $BPTDBMNP con Moretti a -B QBTTJPOF di Mazzacurati e .FSBWJHMJPTP#PDDBDDJP di Paolo e Vittorio Taviani, sul suo sito Web ha addirittura barrato con una linea orizzontale le icone di Pinterest, Instagram, Facebook e Twitter. Un segnale inequivocabile per mettere in chiaro che lei non naviga nel mare magnum dei social? «Nessuno di noi è obbligato a farlo – risponde INTERPRETE – a me per esempio non interessano. Li ho anche provati, ma non ci convivo tranquillamente. Chi ci riesce buon per lui, a me non piace condividere tutto con gli altri, non ho voglia di mettere la mia vita in pubblico». E i suoi amici che cosa fanno? «Tanti twittano o sono su Facebook e Whatsapp, ma non so come facciano, dove trovino il tempo. Già solo quando sento qualcuno che dice “ti seguo” mi dà fastidio, e un po’ mi spaventa anche. È una cosa folle per me che ho sempre cercato dei posti dove potermi nascondere, dove posso essere me stessa. Ormai non esistono più quei momenti in cui uno cammina senza fare altro, o sta in casa a leggere semplicemente un libro. È tutto finito. Devi essere sempre rintracciabile, connesso, ma io non voglio esserlo. Voglio rivendicare la possibilità di sparire. E ci sono anche un po’ riuscita anni fa trasferendomi a vivere anni fuori città dove il cellulare prende quasi niente, però poi le amiche e la gente con cui lavoro non si capacitavano che rispondessi il giorno dopo. Infine è arrivato Internet, quindi posso rispondere subito. Non mi è rimasto che abbandonare il cellulare a casa quando esco». Tra i suoi amici più attivi sui social, in compenso, c’è il regista Ferzan Özpetek, che sul suo profilo Instagram condivide spesso delle fotografie di loro due insieme accompagnandole con l’hashtag BNJDBEFMDVPSF e NFSBWJHMJB. Ma nel mondo dello spettacolo la Smutniak ha anche molti altri amici e colleghi che non sono presenti sui social, come Nanni Moretti o Alba Rohrwacher. Margherita Buy invece su Twitter ha scritto un solo tweet tre anni fa quando si è iscritta: “Ci provo pure io…”. Poi basta. «È fantastica, non ha mai più twittato, meravigliosa — racconta divertita la Smutniak — ma come lei siamo in tanti. Chi fa questo mestiere dovrebbe restare il più neutro ed anonimo possibile, perché il pubblico deve identificarsi con il personaggio, non con la persona. Qualche anno fa però ci ho provato anch’io a capire come funzionano i social e devo dire Copia di 43cda5c83e170681b2f992956478257a la Repubblica 4"#"50 ."3;0 *QFSTPOBHHJ *GJMN Sono più di quanti si possa immaginare i divi e i personaggi noti dello spettacolo o della cultura che non sono presenti sui social network. Da Moretti a Lo Cascio, da Battiston alla Mezzogiorno, da Sofia Coppola a Gérard Depardieu, da Jonathan Franzen ad Emmanuel Carrère, nessuno di loro li utilizza né ha profili pubblici Tra le pellicole dedicate all’innovazione rappresentata dai social media e alla rivoluzione digitale, quella che racconta la nascita ed il successo di Facebook è “The Social Network” di David Fincher. Due invece i biopic sul fondatore di Apple: “Jobs” di Stern (2013) con Ashton Kutcher e “Steve Jobs” di Danny Boyle (2015) -*.1&(/0 )BEBUPWJUBBMMB GPOEB[JPOF1JFUSP 5BSJDPOFPOMVT DPODVJIBBWWJBUP JMQSPHFUUPQFSMB DPTUSV[JPOFEFMMB (IBNJ4DIPPM OFMMBSFHJPOFEFM .VTUBOHJO/FQBM -" $"3 3* &3" che ho trovato tutto abbastanza noioso. D’altronde quante cose geniali si possono scrivere nell’arco di una giornata? È ovvio che poi su Facebook nel 90% dei casi si leggono solo banalità. Su Twitter avevo aperto un mio account scrivendo “se mi segui ti denuncio”, ma per scherzo, nel senso che mi sono iscritta proprio per smascherare i fake e obbligarli a dichiararsi tali oppure fan. Invece anni fa ho aperto un profilo su Facebook di cui ora non ricordo nemmeno più la password, ma visto che c’erano un sacco di account con la mia faccia, io ho messo come foto un prato, insomma un’immagine neutra, e per due giorni non mi ha scritto nessuno». E cosa è successo dopo? «Ho telefonato a un po’ di amici per chiedergli di scrivermi, ma dopo alcuni buongiorno, buona notte, buon pomeriggio, mi sono detta: ma che cosa stiamo facendo? Sai che vi dico? Ciao!». Da quella volta Kasia Smutniak è scomparsa definitivamente dai social. «Faccio altro, mi piace camminare ma per il piacere di camminare. Fare quello e basta. Sembra una cosa facile e invece è difficile oggi. Mi capita spesso di osservare gli altri mentre sono seduti al ristorante o aspettano la metropolitana, o quando passeggiano: la maggior parte della gente se ci facciamo caso non si guarda più in faccia, sta sul cellulare, legge le notizie, posta un messaggio, controlla sui social che cosa fanno gli altri, ed è un continuo di stimoli esterni. Però è una cosa che non ci porta a nulla, da nessuna parte». Madre di Sophie, undici anni, nata dalla relazione con Pietro Taricone, e del piccolo Leone che ha avuto dal suo nuovo compagno, la Smutniak ha le idee molto chiare su come educarli anche nel rapporto con le nuove tecnologie. «Sto cercando di insegnare loro come ci si annoia, perché i momenti in cui non fai niente sono i più preziosi. Solo quando ti siedi, ti fermi e osservi, può nascere la creatività. Appartengo fortunatamente alla generazione che è cresciuta senza cellulari e Internet, e questo oggi mi permette di apprezzare i momenti di noia, di viverli bene». Nel nuovo film di cui è protagonista, 1FSGFUUJTDPOPTDJVUJ, tutto ruota attorno ad una tavolata fra amici che accettano di rendere tutti partecipi delle telefonate, dei Whatsapp e dei messaggi che ciascuno riceve durante la cena. Accade il finimondo e la colpa è dei cellulari, che come dice a un certo punto Giuseppe Battiston «ci stanno rovinando l’esistenza e ci stanno portando via il privato». «Ed è vero – insiste ora la Smutniak – il telefonino è diventato il sostituto del diario che invece era una cosa strettamente personale. La gente vuole mettere la propria vita in pubblico e questo può non piacere a tutti. Io non lo faccio. Da anni viaggio in Asia, in Nepal, alla ricerca di posti sempre più difficili da raggiungere, ma negli ultimi anni anche questa cosa è cambiata, nei luoghi più assurdi e più lontani in cui ci arrivi dopo una settimana a piedi, ormai il wi-fi lo trovi. E allora mi chiedo perché riesco a sentirmi me stessa solo quando mi sento completamente distaccata dalla mia realtà. È la ragione per cui ho deciso di ricreare questa dimensione, questa sensazione, nella vita quotidiana, che non vuol dire staccarmi dalla realtà ma accettare quello che mi circonda e ritagliarmi quel tempo, quella serenità, quella pace». ª'*-*110.65"/*$0/5063#:(&55:*."(&4 -BNBHHJPS QBSUFEFMMB HFOUFOPOTJ HVBSEBQJÜJO GBDDJBTUBTVM DFMMVMBSFQPTUB VONFTTBHHJP /&--&4"-& *MOVPWPGJMNEJ ,BTJB4NVUOJBLÍ i1FSGFUUJ TDPOPTDJVUJuEJ 1BPMP(FOPWFTF 6OEJWFSUFOUF SJUSBUUPEFMMF SFMB[JPOJUSBMF QFSTPOFOFMMFSB EFHMJTNBSUQIPOF 5SBHMJBMUSJ QSPUBHPOJTUJ BODIF7BMFSJP .BTUBOESFB ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" -&03*(*/* 'JHMJBEJVO HFOFSBMFQPMBDDP OBTDFOFMB 1JMB"BOOJ QBSUFDJQBUB BEVODPODPSTP EJCFMMF[[BFEJOJ[JB TVCJUPBMBWPSBSF DPNFNPEFMMB *-$*/&." -BQPQPMBSJUÆ BSSJWBDPOi/FMMF UVFNBOJuDPODVJ WJODFJM(MPCP E0SP3FDJUBQPJ JOi$BPTDBMNPu EJ"OUPOFMMP (SJNBMEJDPO /BOOJ.PSFUUJ *-%ᦖ /FMFTPSEJTDF OFMGJMNi"M NPNFOUPHJVTUPuEJ (JPSHJP1BOBSJFMMP 1PJDPNQBSFJO WBSJFGJDUJPOQFSMB UWDPNFi2VFTUBÍ MBNJBUFSSBuF i3JOP(BFUBOPu *-46$$&440 -BUUJWJUÆGSB DJOFNBFUWTJ JOUFOTJGJDBi-B QBTTJPOFuEJ .B[[BDVSBUJ i#FOWFOVUP 1SFTJEFOUFuDPO #JTJPi"MMBDDJBUFMF DJOUVSFEJ0[QFUFLu *--6550 /FMDPOPTDF 1JFUSP5BSJDPOFB DVJSFTUBMFHBUB GJOPBMMBNPSUF EJMVJOFM )BOOPBWVUPVOB GJHMJB0HHJÍMB DPNQBHOBEJ %PNFOJDP1SPDBDDJ -6*-&* 1FSJDPMPTJ JODSPDJ USBDPOOFTTJ FOPTUBMHJDJ (6*"40/$*/* ° verità universalmente riconosciuta che neanche una zitella disperatissima sia disposta a prendersi un uomo che mette i propri autoscatti su Facebook. L’uomo che si autoscatta è meno sexy dell’uomo in ciabatta e calzino, meno sexy dell’uomo coi bigodini, meno sexy dell’uomo che ti invita a cena e alle nove ti chiede «Cosa vuoi mangiare?», svelando così di non aver prenotato uno straccio di tavolo in nessun ristorante. Tuttavia, neanche il luddista va bene. L’essere umano maschio che usa lo smartphone come fosse un telefono a disco è pieno di controindicazioni; la prima delle quali è che, quando non avrà prenotato un tavolo, sarai tu a dover cercare su Google un ristorante aperto nei paraggi. Non avere Facebook, nel 2016, è quasi come avere il telefono a disco: un modo per farsi notare, un vezzo di modernariato. Nel film 'PSFWFS:PVOH c’è un telefono a disco a casa di quel personaggio che dice di avere il tempo di fare le tagliatelle a mano perché non ha Facebook. Il social, esecrabile simbolo della perdita di tempo (le tagliatelle, se ho capito bene il proustismo, simboleggiano invece il tempo ritrovato). L’essere umano maschio che non ha Facebook passerà il tempo a chiederti di usare il tuo: per leggere le cose che ormai chiunque scrive lì, sulla più diffusa delle piattaforme; per cercare ex compagni di scuola; per sapere cosa commentano i tuoi colleghi sotto le tue foto. Ogni esortazione a farsi un Facebook suo verrà accolta da una smorfia di raccapriccio. Lui non è uno da Facebook, lui è una persona seria, lavora tutto il giorno e non ha tempo per queste stupidaggini. Poi vi lascerete, lui s’innamorerà d’una luddista e si aprirà finalmente questo benedetto Facebook: lei non ce l’ha, ne serve uno in casa. In una settimana, diventerà il tipo d’uomo che posta autoscatti. ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"