Roba da uomini, un racconto per il Rotary

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Roba da uomini, un racconto per il Rotary
: Short
Story
Roba da uomini,
un racconto per il Rotary
Il racconto di Claudia Valenti si è classificato al secondo posto nel concorso “Una short story
sull’attualità del pensiero di Paul Harris” organizzato dal Rotary Club Roma Est.
di Claudia Valenti
B
arnabo era un barbone, ma
un barbone senza barba. Ogni
mattina intingeva il suo rasoio nella fontana di Campo
de’ fiori, come in un’acquasantiera. E
poi si radeva, con il mento al cielo e
una mano sul collo, a tendere la pelle
del volto ormai rugosa. In quella sua
azione, Barnabo sembrava proprio un
barbiere. Barnabo il barbiere barbone
senza barba, lo chiamavano. E così, un
giorno, decise di diventarlo ufficialmente. Prese un pennarello e scrisse su
di un cartoncino: barbiere tutti i giorni
ore 7. Lo bucò, ci annodò un filo e se
lo appese al collo. Poi si sedette sulla
fontana, ad aspettare.
A quel tempo facevo il portiere in
uno stabile di via del Pellegrino. Mi
svegliavo presto la mattina, per andare a presidiare il portone. Ogni giorno attraversavo a piedi piazza Campo
de’ fiori, proprio mentre allestivano il
mercato. Sentivo lo scorrere delle fontanelle. Sentivo lo scorrere delle serrande. La città si svegliava sempre.
E un giorno lo vidi. Era seduto sulla
fontana, in fondo alla piazza. Forse era
già stato lì altre volte, posato sul bordo
come un soprammobile. Ma io lo notai
solo quella mattina, per il cartello che
portava al collo. Barbiere? Gli passai
davanti ridendo e scuotendo la testa.
Che pretese. Lui invece sorrideva fiero.
Claudia Valenti durante la premiazione a Palazzo Braschi. Alle sue spalle, due dei giurati, Grazia Attili
e Domenico Apolloni
66 : Leggere TuttI n.99 ottobre 2015
Il giorno dopo passai in piazza, come
di consueto. E lui era di nuovo lì. Portava un cappelletto di lana nero pieno
di pelucchi e delle scarpe vecchie e
slacciate. Addosso aveva una serie di
strati, un maglione, una cerata, e ancora sopra un giaccone verde militare,
tendente al nero sporco. Bastava guardargli il colletto per capire da quanto
non lo lavasse. Ma il suo viso era pulito
e rasato. Fresco di giornata. Quando gli
passai davanti mi seguì con gli occhi.
D’altronde io non potevo fare a meno
di fissarlo, con quel suo cartello. Mi
sorrise e indicò la scritta. Barbiere? Mi
girai veloce dall’altra parte senza neanche rispondergli. Figuriamoci.
Il terzo giorno feci tardi e mi toccò
correre per riuscire ad aprire il portone
in tempo. Non mi ricordai di badare al
mio barbone. Ma ero curioso. Volevo
sapere se si trovava ancora lì. Se, imperterrito, credeva che qualcuno mai
si sarebbe seduto accanto a lui per un
taglio di barba o addirittura di capelli.
Quando si fecero le nove, la situazione era abbastanza tranquilla. Sapevo
che l’andirivieni sarebbe ripreso più
tardi. Così decisi di allontanarmi un
momento dal palazzo per affacciarmi
in piazza. E lo trovai lì, in piedi vicino alla fontana. Seduto sul bordo c’era
un altro uomo sulla cinquantina. Portava un bavaglio allacciato intorno al
collo, che gli copriva petto e spalle. E
il barbiere barbone gli girava intorno,
con pettine e forbicette, e gli spuntava
i capelli. Aveva un cliente.
Mi appoggiai al muro e aspettai la
fine del lavoro. Il barbiere prese il suo
pennello, spolverò la faccia del cliente,
poi gli tolse il bavaglio e via, avanti il
prossimo. L’uomo gli strinse la mano, i
due si scambiarono uno sguardo d’intesa. Niente soldi, solo sorrisi. L’uomo
si tirò su i calzoni, in un gesto poco
aggraziato. E se ne andò, dirigendosi
dalla mia parte. Man mano che si avvicinava, me ne accorsi. Era un barbone
anche lui. Strusciando i piedi mi passò
accanto. Lo fermai con un gesto. Scusa, gli dissi. Chi ti ha fatto i capelli? Lui
si passò una mano sulla testa, come per
lisciarla. Barnabo, mi disse, come fosse scontato. Mi mostrò la sua bocca
sdentata e riprese lo struscio. Girai lo
sguardo verso la fontana, ma Barnabo
il barbiere se ne era già andato.
Durante i giorni successivi cercai di
appostarmi più di una volta per spiarlo.
Mi faceva ribrezzo pensare che qualcuno si potesse sottoporre ad una pulizia
tanto sporca. Ma allo stesso tempo la
faccenda mi stuzzicava. Esisteva davvero un barbiere barbone. Che lavorava gratis. Un barbiere per barboni.
Che avevano il desiderio di tagliarsi
barba e capelli. Perché? Le domande
sorgevano spontanee.
Una volta beccai Barnabo mentre
tagliava i capelli ad una donna. Lei si
specchiava in una vetrina e si acciuffava i capelli ripetutamente, soddisfatta.
Un’altra volta lo vidi che delineava
il pizzetto ad un ragazzo. La clientela
era straordinariamente in aumento.
Doveva essersi sparsa la voce. Accorrete, Barnabo il barbiere barbone senza
barba vi farà più belli. Che scemenza.
Piuttosto usassero quella fontana per
lavarsi, mi trovavo a pensare. Una
mattina mi capitò di passare davanti
alla fontana persino indignato. Per terra era pieno di capelli rimasti lì forse
dal giorno prima.
Roba da bestie.
Un giorno trovai Barnabo alle prese con il suo cartello, mentre cercava
di sistemarselo addosso. Camminavo
con una certa celerità. Lui neanche
aveva alzato lo sguardo. Poi d’improvviso decisi di fermarmi. Per tenerezza,
forse. Frugai nelle tasche e scelsi una
moneta. Tieni, gli dissi, proprio mentre chinava il suo sedere sul bordo della
fontana. Lui non mosse un braccio. Mi
guardò e basta, lasciandomi con la moneta per aria, nel mio potenziale atto
di carità. Barnabo mi ignorò. Mi sentii
malissimo. Ritirai il braccio e me ne
andai di fretta. Ero frastornato. Riposi
la moneta nel giaccone, quasi infastidito di averla. Quel giorno non pensai
ad altro.
Finché non capii. Mi ci volle moltissimo tempo. Decine di appostamenti.
Erano quasi le sette. Speravo di essere il primo. Raggiunsi la fontana con
anticipo rispetto al mio abituale orario
di lavoro. Quando Barnabo arrivò, lo
stavo aspettando. Si avvicinò al bordo e sistemò le sue cose. Posizionò il
cartello e finalmente si accorse di me.
Barbiere? mi chiese indicandosi il petto. Probabilmente neanche si ricordava chi fossi. Si, risposi. Mi feci imbavagliare.
Barnabo il barbiere barbone senza
barba mi fece un taglio di capelli più
che dignitoso. Si preoccupò di spolverarmi ben bene. Quando lo salutai, gli
nascosi una banconota fra le cose. Per
fortuna non se ne accorse. Mi recai a
lavoro lisciandomi la testa e cercando
la mia immagine nei vetri dei negozi
che aprivano. Mi sentivo bene. Più pulito. Ordinato e a posto. Più bello.
Roba da uomini.
Leggere TuttI n.99 ottobre 2015 : 67