R. Iovino - Accademia Ligure di Scienze e Lettere

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R. Iovino - Accademia Ligure di Scienze e Lettere
ROBERTO IOVINO
Paganini & Di Negro
Al tocco del suo magico stromento
Rapidamente il suono si diffonde
E al paragon vinto è il vocal concento
Gian Carlo Di Negro
Sono versi del Marchese Gian Carlo Di Negro, scritti nel 1835
per Niccolò Paganini.
Torneremo fra poco su quella poesia che ci porterà a parlare di
un particolare avvenimento nell’ambito del rapporto fra il nobile mecenate e il grande violinista.
Come è stato ampiamente sottolineato, Gian Carlo Di Negro fu
fra i nobili più illuminati nella Genova del tempo. Letterato e poeta,
appassionato versificatore, patriota convinto, amico di Mazzini, amava
circondarsi di uomini illustri nel mondo dell’arte. Nel 1802 acquistò la
Villetta che divenne un centro di riferimento per la cultura non solo
genovese. Ospitò artisti come Manzoni (che ironizzava sul suo estro
poetico), Monti, Canova, Guerrazzi, D’Azeglio, Berchet, Byron, Stendhal, Dickens e Balzac.
Nel 1825 avviò la consuetudine di inaugurare periodicamente
busti in onore di illustri personalità della cultura umanistica e delle
scienze. Soggiornò a lungo a Vienna e in altre importanti capitali, come Parigi, Londra, Madrid.
La sua biblioteca fu ricchissima e Paganini, ammesso sin da giovane nella sua casa e legato a lui da un’amicizia durata tutta la vita,
ebbe certamente l’opportunità di consultarla.
Non sappiamo quando Di Negro che aveva13 anni più di Paganini, conobbe l’artista. Possiamo ipotizzare che gli capitò di sentirlo suonare bambino e ne rimase folgorato. Il Marchese amava la musica e intuì evidentemente le doti del giovanissimo artista, un talento naturale,
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sbocciato tuttavia in un ambiente non particolarmente favorevole: famiglia modesta, ambiente cittadino non particolarmente vivace sul piano
culturale, anche se contrassegnato da individualità di spicco. C’era una
scuola violinistica genovese, Paganini non è nato dal nulla: e i violinisti
locali guardavano in parte alla Francia (1) (non a caso Niccolò studiò
molte opere strumentali d’oltr’alpe) in parte verso Lucca e Livorno, città artisticamente vicine, con frequenti scambi di artisti per particolari
avvenimenti religiosi e civili. Ad esempio fu spesso attivo a Genova Filippo Manfredi, violinista lucchese allievo di Nardini e forse di Tartini,
che ebbe vari allievi anche nella nostra città. Manfredi lavorò spesso con
Boccherini con il quale, insieme ad altri due toscani (Cambini e Nardini) diede anche vita al primo quartetto d’archi italiano professionale.
Nel novembre 1796 si esibì a Genova Rodolph Kreutzer (17661831) considerato allora uno dei maggiori violinisti francesi. A lui Beethoven avrebbe dedicato la sua Sonata per violino e pianoforte op. 47
“A Kreutzer”. L’artista francese fu ospite del marchese Gian Carlo Di
Negro (che allora abitava in via Lomellini) e secondo alcuni biografi
paganiniani, nell’occasione Di Negro presentò all’illustre musicista
francese il giovane Paganini che si esibì davanti a lui ottenendo lusinghieri giudizi.
Se la data del 1796 è corretta (alcuni biografi l’anticipano infatti
al 1793), Paganini aveva all’epoca già compiuto il suo primo viaggio di
studio a Parma.
Il 31 luglio 1795, il giovane violinista si era infatti esibito al Teatro di Sant’Agostino. La «Gazzetta di Genova» dava così la notizia:
Venerdì prossimo venturo vi sarà Accademia nel teatro di Sant’Agostino. Questa verrà data da Nicolò Paganini genovese; giovinetto già noto alla sua patria per la sua abilità nel maneggio del violino. Avendo egli
determinato di portarsi a Parma per perfezionarsi nella sua professione
sotto la direzione del rinomato professore Signor Rolla, e non avendo al
caso di supplire alle molte spese a ciò necessarie, ha immaginato questo
mezzo per farsi coraggio e pregare i suoi Compatrioti a voler contribuire a simile suo progetto, invitando ad intervenire a questo trattenimento
che spera debba riuscir di loro gradimento.
(1) Michele Novaro (1822 – 1885) nella sua Scuola Popolare adottò il sistema
didattico di Rousseau, perfezionato da Pierre Galin e usato in Francia fino al 1940.
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Alla organizzazione del concerto che ottenne grande successo,
non fu certo estraneo Di Negro.
Prima di andare a Parma da Rolla, sembra che Paganini si recò,
accompagnato proprio dal Marchese, a Firenze a farsi ascoltare dal
violinista e compositore fiorentino Salvatore Tinti (1755-1829).
Di Tinti non si sa molto: fu componente della cappella di corte e
dell’orchestra del teatro di Firenze, rinomato come violinista e come
didatta.
Paganini ebbe certamente contatti con lui se l’11 agosto 1818
(quindi molti anni dopo il suo primo presunto viaggio) scriveva da Firenze all’amico Germi: «Adesso vado a far quartetto dal prof. di violino il sig. Tinti».
Nel novembre 1795, comunque, Paganini si recò a Parma da
Alessandro Rolla che era all’epoca uno degli artisti più in vista in Italia: violinista, violista, compositore e didatta nel 1802 avrebbe lasciato
Parma per andare a dirigere l’orchestra della Scala e a insegnare successivamente viola e violino in Conservatorio.
Anche in quel viaggio secondo alcune testimonianze, Paganini
avrebbe avuto accanto a sé, insieme al padre, il Marchese Di Negro.
Quando la carriera di Paganini prese il volo e l’artista si allontanò
dall’ambiente genovese, mantenne tuttavia rapporti stretti con alcuni
amici genovesi: oltre a Luigi Guglielmo Germi suo avvocato di fiducia
oltre che primo confidente, anche il marchese Di Negro.
Nel dicembre 1803 quando la giovane Emilia Di Negro sposò il
figlio del generale Dombrowski, comandante della legione polacca di
sostegno a Napoleone, il musicista compose la Sonata Concertata per
chitarra e violino MS 2.
E il 25 novembre 1834 Paganini scriveva a Di Negro (2)
Preg.mo Sig. Marchese,
devo ad un momento di riposo la privazione della sua visita per me tanto cara. Avrei potuto fargli noto in voce che la Sig.ra Fanj (3), sua diret-
(2) E. NEILL, Lettere di Paganini, in «Quaderni dell’Istituto di Studi Paganiniani», Genova, 1989.
(3) Fanny Di Negro era la secondogenita del Marchese Gian Carlo e aveva sposato il Marchese Giacomo Balbi Piovera. Nel 1834 essa si trovava con il marito nei
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tissima figlia prospera in salute e si consola della promessa ricevuta dal
Padre di presto rivederla come io mi consolo di essere,
Suo dev.mo ed aff.mo servitore ed amico
N. Paganini
Il 5 ottobre 1834 ancora Di Negro insieme agli amici Germi e
Migone, accompagnò Paganini a visitare Villa Gajone, appena acquistata a Parma.
Si può a questo proposito ricordare che da tempo il sogno proibito di Paganini era Villa Paradiso. Già il 29 febbraio 1832 da Londra,
dando alcune indicazioni relativamente all’acquisto di varie proprietà,
aggiungeva a Germi (4):
Potendo possedere quell’altro palazzo di Delizia così detto il Paradiso e perché no? Farai bene a non perderlo di vista e mi saprai dire.
Il Paradiso era una elegante villa (tuttora esistente) costruita da
Galeazzo Alessi sulle colline di Albaro, un tempo alle porte di Genova, oggi quasi al centro della città. Uno splendido edificio che piaceva
in maniera particolare al violinista se il 20 settembre 1838 da Parigi
scriveva ancora a Germi:
Avantieri ebbi da un Signore qui alloggiato una notizia che mi agghiacciò; ed eccola. Dissemi che la Signora Marchesa De Podenas, dama
d’onore della Duchessa di Berry, aveva ricevuto una lettera da suo marito, ch’era capitano della Guardia Reale qui, dove le diceva di aver comprato il palazzo detto il Paradiso e che lo aveva comprato a caro prezzo,
cioè centoventi e più migliaia di franchi, sapendo (come gli avevano fatto
credere) che Paganini voleva farne acquisto. Ma quale fu il mio piacere
(e non saprei spiegartelo) quando il giorno appresso il suddetto Signore
mi disse che la Marchesa suddetta veniva di ricevere una seconda lettera
dove le diceva che dopo il contratto fatto, sul punto di porvi le rispettive
firme, arrivò tal cosa per cui fu sciolto il contratto! Mio caro, ti prego di
volermelo comprare a qualunque prezzo. Non te lo lasciar sfuggire. Ambirei di possederlo. Non dilazionare perché sarebbe un peccato che una
rarità come quella andasse al possesso di un forestiere.
possedimenti di Piovera (oggi provincia di Alessandria). Paganini evidentemente si
era recato a farle visita
(4) Salvo diverse indicazioni le lettere di Paganini sono tratte da E. NEILL, Paganini, Epistolario, Genova, Comune di Genova- Siag, 1982.
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Per la cronaca al Paradiso andò ad abitare in tempi più recenti
Fabrizio De Andrè.
Nel 1835 Di Negro fu protagonista di una iniziativa a favore di
Paganini.
Il 28 luglio di quell’anno, nella Villetta genovese del marchese
Gian Carlo Di Negro, venne inaugurato un busto marmoreo del musicista, opera dello scultore Paolo Olivari. Per l’occasione diverse personalità dell’ambiente cittadino si improvvisarono poeti, cimentandosi in
sonetti, canzoni e carmi.
L’avvenimento fu causticamente commentato da Giuseppe Mazzini. L’illustre uomo politico e scrittore genovese, autore, nel 1836, di
una Filosofia della musica, venne informato dell’avvenimento dalla sorella Francesca in una lettera del 27 luglio (5):
Dimani il patrizio G.C. Di Negro nella sua villetta fa l’inaugurazione del busto al celebre Paganini; vi saranno pure cantate, poesia ecc.
Si intende che Paganini vi sarà esso pure a presenziare la sua lode: tanto
io non so darmi pace come un bravo suonatore possa meritarsi una statua e ancor vivente. Che cosa al mondo egli ha mai fatto, per l’umanità
di bene?
Mazzini commentò amaramente in una lettera inviata il 10 agosto
alla madre (6):
Bravo il Di Negro e il Costa e il Morro! Certo l’Italia è la più grande fra tutte le nazioni, dacché Paganini suona bene il violino - stolidi
quelli che non si contentano di questo e cercano altro.
Mazzini provava una certa antipatia nei confronti di Paganini che
nel 1828 era stato nominato “virtuoso da camera” dall’imperatore
Francesco d’Austria. Per il letterato e statista genovese era inconcepibile che un artista del valore del suo concittadino (7) non fosse soste(5) R.IOVINO - F.ORANGES, Niccolò Paganini, un genovese nel mondo, Genova,
Fratelli Frilli, 2004.
(6) Questa e le successive lettere di Mazzini sono tratte da G.MAZZINI, Epistolario, Imola, Coop. Tipografica Editrice P. Galeati, 1911.
(7) Da musicista dilettante e da studioso di estetica, Mazzini era in realtà un
estimatore di Paganini artista. E quando poteva, ne suonava la musica. Ad esempio, il
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nuto da una consapevolezza ideologica e morale atta a guidarne le
scelte nei rapporti con il potere. Paganini era dunque accusato di essere opportunista, interessato solo alla carriera. Su un’analoga posizione
si trovava Liszt, il quale, pur profondo ammiratore del Paganini musicista, scrisse in una lettera a Madame D’Agoult (8):
Che l’artista dell’avvenire rinunci dunque, e di tutto cuore, a quel
ruolo egoista e vano di cui Paganini, noi lo crediamo, costituì un ultimo
e illusorio esempio: che egli riponga il suo fine non in se stesso, ma al di
là di sé; che l’abilità gli sia mezzo e non scopo.
Ma torniamo alla festa in casa Di Negro che ebbe vasta eco sui
giornali del tempo.
Il «Magazzino pittorico universale» (1835, n.30) scrisse a firma
M.G.C. (Michele Giuseppe Canale):
La Villetta del Marchese Gian Carlo Di Negro è, per così dire, la
Santa Croce di Genova. Quell’ottimo patrizio quanti grandissimi va perdendo l’Italia, quanti allori dalla coronata fronte le si sfrondano egli eleva
ad argomento di fama, di celebrità e di pubblica venerazione. Egli fa
l’Apoteosi degli intelletti che poggiano smisurati, e forma un Pantheon di
glorie nostre, e su quella cima bellissima di fiori e di verzura che prospetta la città instaura il Campidoglio dove hanno onoranza di carmi, di prose, di fiori e di lieti, vivissimi applausi le più colte e venerate menti. La sera del 28 luglio vedemmo con sincerissima gioia a Monti […] venir congiunto il divino Paganini. Quella Villetta già di per se vaghissima e soave
cosa a vedersi era arredata a festa, a tripudio, radiava del più vago lume, i
mille fiori che l’abbelliscono sospiravano fragranze divine, le aure li baciavano, se ne impregnavano, e ne facevano omaggio a’ radunati. Era un in6 maggio 1841 scriveva da Londra alla madre: «Prima del pranzo, suonai per la prima
volta dopo che sono fuori alcuni duetti per flauto e chitarra, con uno d’essi. Anzi vorrei che, se fosse possibile cercaste nella musica che aveva in casa, qualcosa di concertato, qualche duetto se ne avete per flauto e chitarra d’autori buoni, eccettuato Carulli che scrive troppo facile: credo ve ne fosse qualcuno di Giuliani, di Kuffner ecc., poi
qualche cosa per violino flauto e chitarra, ad esempio certe sinfonie della Gazza ladra,
del Barbiere, della Pietra di paragone ridotte da Carulli; qualche cosa per flauto, violoncello e chitarra e se ne esiste; ed anche se v’è qualche quartetto per flauto, violino,
violoncello e chitarra; mi pare che vi fosse, non so più se per questi strumenti, qualche
cosa di Paganini».
(8) In R. IOVINO - F. ORANGES, op. cit.
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canto, un giardino d’Armida, un Eden, una delizia, un luogo d’entusiasmo, d’ebbrezza, d’amore, suoni musicali, e squisita bellezza di donne vi
creavano un fascino, vi ringiovenivano l’anima innamorata, piena, traboccante di una moltitudine di sensazioni, di una folla d’affetti, dolci, generosi, forti e magnanimi. Aggiungi a questo il concento de’ carmi. Stava il
Busto di Paganini collocato sopra un tavoliere, sedevano a cerchio i poeti
fra i vari componimenti degnissimi di lodi io dirò di tre, un Sonetto parto
sublime e felicissimo del Signor Avvocato Martelli, alcune Ottave del Signor Avvocato Antonio Crocco, dove l’eleganza, la leggiadria della lingua
nostra andava accoppiata alla squisitezza de’ pensieri gentili, e dilicati, e
ad un cotal che di mellifluo tutto proprio di quel giovine autore; finalmente vari versi sciolti del Sig. Avvocato Lorenzo Costa […]
Dopo la lettura de’ suddetti ed altri componimenti poetici preceduti da un’Orazione del Marchese Antonio Brignole Sale, il busto di
Paganini venne trasportato fra le melodie di lietissima musica in apposita nicchia, seguirono appresso allegre danze con che si condusse la festa
fino alle 3 ore di mattina.
Il Marchese Gian Carlo Di Negro merita per tutto ciò fama non
solo di splendido e magnifico Signore ma di uomo colto e benemerito
così delle lettere che delle arti italiane.
Alla celebrazione poetica presero parte Martelli, Giuseppe Morro (che fu sindaco della città in due diversi mandati oltre che appassionato letterato), Ferdinando Maestri, Giulio Magnini, Antonio
Crocco (magistrato e letterato), Giuseppe Crocco (avvocato e giornalista), Lorenzo Costa, Pietro Isola, Antonio Amoretti e, naturalmente, il
Marchese Di Negro cui si debbono le seguenti terzine:
Perché dolce quest’aëre risuona
Di vari accenti, e a dilettanza invita
Olezzante dei fiori d’Elicona?
Perché l’anima in estasi rapita
Di voluttade, batte intorno l’ale
Quasi nuove cercando aure di vita?
Si ben l’intendo, ché desio l’assale
Di posarsi nel sen dell’armonia
Che parte da un mortal fatto immortale.
Alto splendor della terra natia
E dell’Europa attonita portento,
cui l’ugual non fu mai, né forse fia!
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Al tocco del suo magico stromento
Rapidamente il suono si diffonde,
E al paragon vinto è il vocal concento.
Né il gorgheggiar d’augelli in su le fronde,
Né il grato mormorio dei ruscelletti,
Né d’eco il suon che rimandan le sponde
Valgono un sol di que’ soavi affetti
Che, per le fibre di ramati al core
Fanno gustar angelici diletti.
Oh possanza d’un Genio creatore
E che penetra nelle forme umane,
E qual spirto vi regna e mai non muore!
Che bello il viver fa sotto le arcane
Esultanze, retaggio del celeste
Là dove nulla a desiar rimane;
E sotto il velo di corporea veste
L’uom liba il fiore dell’eterno aprile
E di luce immortale si riveste.
Questo gustato fior tanto gentile
A te s’addice, e serto sia al tuo crine,
Che a te consacro in amoroso stile,
Membrando ognor le note tue divine.
La festa in casa Di Negro cadde in un momento molto difficile
per la città.
Era scoppiata una violenta epidemia di colera proveniente dalla
Francia dove già aveva mietuto vittime sin dal 1832. Da Tolone, da
Nizza, da Villafranca, il contagio era sceso verso l’Italia, cominciando proprio da Genova il suo cammino in Piemonte e Liguria. Il 16
agosto, secondo una testimonianza riportata dal Berri (9), morirono a
Genova trecento persone. Nei giorni successivi il numero aumentò. I
corpi venivano gettati nelle fosse comuni, riempite di calce viva, gli
ospedali (il Pammatone e l’Ospedaletto) non riuscivano a far fronte
all’emergenza e la situazione sanitaria era davvero drammatica. Fra
(9) P. BERRI, Paganini, documenti e testimonianze, Genova, Sigla Effe, 1962.
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le più illustri vittime del colera si può ricordare Carlo Barabino, architetto civico, costruttore del teatro Carlo Felice e artefice della riorganizzazione urbanistica della città con la sistemazione dell’Acquasola e di piazza De Ferrari, l’apertura di via Assarotti e di via Serra, la costruzione del Palazzo dell’Accademia (adiacente al Teatro) e
la progettazione del monumentale Cimitero di Staglieno portato poi
a termine dall’architetto Resasco. Risale all’agosto 1835 la celebre visita compiuta da Paganini all’ospedale Pammatone in compagnia
dello spaventato Achille.
Il musicista, incuriosito da tanta sofferenza, annotò accuratamente e freddamente l’evento sulla sua Agenda:
Feci con mio figlio una grande visita all’Ospedale di Pammatone e
toccai le mani fredde a vari ammalati attaccati dal colera morbus (10).
In settembre l’artista elargì 1.000 lire a favore delle vittime del
colera.
Nello stesso mese, il 2, Mazzini scriveva da Grenchen alla madre:
So delle morti in Genova, di Paganini, Balbi, Zoagli, la povera Descalzi ecc… Dio maledica il cholera…
Balbi era il marchese Gian Carlo, Zoagli era il nonno di Mameli.
Quanto a Paganini si trattava del medico Marc’Antonio, ma la notizia
della morte di un Paganini generò un equivoco a livello internazionale.
Proprio il 2 settembre 1835 «La Jeunne Suisse» annunciava:
ci scrivono, a proposito di Genova, che il celebre violinista Paganini è
morto in questa città di colera.
I rapporti con Di Negro proseguirono anche negli anni successivi.
Il 15 gennaio 1836 da Parma, Paganini scriveva a Germi:
Mille ringraziamenti al sig. Migone, pregandolo di porgere i miei
ossequi all’egregio nostro Sig. Marchese Di Negro, ricordandomegli
sensibile anche per il consiglio di portarmi a Torino, il che spero mi sarà dato per la fine del carnevale; e nel medesimo tempo potresti dirmi il
contegno da tenere circa all’affare che riguarda il mio Achille…
(10) P. BERRI, Paganini, op. cit.
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Paganini voleva ottenere il riconoscimento del figlio Achille avuto da Antonia Bianchi che non aveva però mai sposato. Germi e Di
Negro furono i suoi consiglieri. Il 13 luglio 1836 il musicista si recò a
Torino per inoltrare la richiesta di legittimazione del figlio a Carlo Alberto. Ai primi del 1837 la sua richiesta fu accolta e Paganini si sdebitò con i torinesi tenendo due concerti benefici in città.
Il 30 marzo 1837, Paganini scrisse al Marchese da Nizza:
Ill.mo Sig. Marchese
L’esibitore della presente è il sig, Giorgio Patten, pittore insigne di
Londra ed autore del mio ritratto ad olio ch’Ella vide e che tuttora sta in
Genova. Proponendosi questo celebre artista di fare un viaggio nella Toscana, Roma e Napoli, deve pure transitare per Genova, ove soggiornerà
alcuni giorni. Quindi è che avuto riguardo all’eminente di lui merito,
non che alla speciale protezione che la SV Ill.ma accordò mai sempre
agli uomini che son tali, non potei dispensarmi dal rilasciargli una commendatizia per chi può dirsi a giusto titolo il Mecenate Genovese. Se oltre di averlo bene accolto vorrà pure mettere a profitto le molteplici relazioni ch’Ella ha dovunque, col raccomandarlo ad alcuni di esse nelle
Città ove è diretto, sì io che lui gliene saremo doppiamente tenuti.
Ebbi jeri la sua pregiatissima lettera del 22 di questo mese. Fui dolentissimo nell’intenderla parlare e de dispiaceri domestici e di malattia, da
cui era travagliata la Sig.ra Marchesa di lei figlia. Pur troppo l’uomo quaggiù in continua balia dei mali fisici e morali, gli uni e gli altri innumerabili,
per il che è da credersi che uom non vi sia che non sia tormentato o dagli
uni o dagli altri. Siccome però il tutto è quaggiù del pari passeggero, io sono nella dolce persuasione che i mali che l’affliggono attualmente, saranno
di brevissima durata e che ben tosto saranno rimpiazzati dalla più pura
gioia; d’altronde, ad Ella che la natura ha provvisto di quella filosofia che
non è data a tutti, deve riuscire tanto più facile di mitigare, se non altro col
ragionamento, i disgusti che ad altri sembrerebbero insopportabili. Quindi
io sarò consolatissimo se procurandomi il piacere di riverirla, quando io
mi trovi costì, sentirò da Ella stessa avere riacquistata tutta la tranquillità
d’animo possibile e la deg.ma di lei Sig.ra Figlia l’intera sua sanità.
Mi creda intanto qual mi pregio di essere di lei
Aff.mo amico
N. Paganini
Ci avviciamo alla fine di Paganini. Ma i riferimenti al Marchese
sono ancora frequenti. In una lettera a Germi da Parigi del 29 agosto
1838, Paganini scriveva:
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Un mio debitore vorrebbe darmi delle arpe di Neidermann; ti pregherei di domandare al Sig. Marchese Di Negro, ossequiandolo in mio
nome, a qual prezzo potrei riceverle pel pagamento di una somma di
cui vado creditore.
Il Marchese,dunque, gli faceva da consigliere anche nella compra-vendita di strumenti musicali, attività che come è noto impegnò
Paganini quasi tutta la vita. Il musicista genovese ebbe molti strumenti
preziosi. Naturalmente il suo preferito fu il Guarnieri del Gesù, detto
Il Cannone, datato 1743 da lui donato, al momento della morte alla
città di Genova che lo custodisce a Palazzo Tursi.
Ma a proposito delle attività “commerciali” di Paganini può essere interessante ricordare che nella Biblioteca del Conservatorio “N.Paganini” è custodito il Libro Mastro dei Conti, un voluminoso librone
nel quale dal 1828 al 1831 Paganini ha segnato scrupolosamente entrate e uscite. A titolo di curiosità si può notare che nel 1829, durante
la tournée in Germania, secondo i calcoli, l’artista genovese incassò
54.000 talleri. Facciamo dunque un po’ di conti (11). Trasformando i
talleri in lire nuove piemontesi (un tallero valeva circa 5,24 lire nel
1832) si ottiene una conversione pari a 282.960 lire nuove. Considerando che il valore delle lire piemontesi non si è modificato sensibilmente fino all’unità d’Italia (e pertanto non tenendo conto di eventuali svalutazioni nel periodo fra il 1832 e il 1861), applicando alla somma
sopraindicata il coefficiente di rivalutazione del 1861 (7.479,8098) si
ottiene un importo di 2.116.486.981 lire (valore del 2002), pari, ancora, a 1.093.074,30 euro degli anni Duemila!
L’ultimo riferimento a Di Negro risale all’aprile 1839, un anno
prima della morte del musicista. L’Istituto di Musica fondato nel
1829 da Antonio Costa per fornire cantanti e strumentisti al nuovo
Carlo Felice e in seguito divenuto Conservatorio Paganini, nomina
Paganini «Primo Accademico Onorario di Merito». Il relativo diploma reca la firma del presidente dell’Istituto, il marchese Gian
Carlo Di Negro.
(11) I calcoli qui riportati sono stati effettuati con riferimento a tabelle di conversione ufficiali (Corso delle monete e dei cambi negli Stati Sabaudi dal 1820 al 1860)
e alla tabella relativa al Valore della moneta in Italia dal 1861 al 2002.