Il diritto di voto nella cooperativa tedesca

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Il diritto di voto nella cooperativa tedesca
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
n
Germania - Società cooperative
Il diritto di voto
nella cooperativa tedesca
di VALERIO SANGIOVANNI
Dottore di ricerca dell’Università di Heidelberg, avvocato in Milano e Rechtsanwalt in Frankfurt am Main (*)
Il § 43 della legge tedesca sulle cooperative regola il diritto di voto. Già precedentemente (1) sono state
esaminate alcune questioni attinenti alla rappresentanza legale e alla delega volontaria nell’esercizio di
tale fondamentale potere. In questo lavoro, invece, dopo alcune osservazioni di carattere introduttivo relative a particolari aspetti del diritto di voto nella cooperativa tedesca, si soffermerà l’attenzione sui
sindacati di voto, nonché sul conflitto di interessi che può sorgere nell’esercizio di detto potere.
Generalità sul diritto di voto
I
l diritto di voto (Stimmrecht) è il potere fondamentale di cui dispongono i membri (Genossen) della
cooperativa (Genossenschaft). Attraverso il suo
esercizio, i soci concorrono alla formazione della volontà sociale. Mediante le deliberazioni (Beschlüsse) assunte
in assemblea generale (Generalversammlung), i membri
esercitano la propria sovranità sulla cooperativa. Questo
potere si esprime, innanzitutto, nella possibilità di ridefinire i contenuti dello statuto (Satzung) e quindi la stessa
struttura organizzativa nonché le regole di funzionamento della società (Gesellschaft). Inoltre i membri sono
chiamati all’assunzione di tutta una serie di decisioni
(Entscheidungen), alcune delle quali strategiche per la
cooperativa. Si pensi solo alla nomina del consiglio di
amministrazione (Vorstand; § 24 Abs. 2) (2) e del collegio sindacale (Aufsichtsrat; § 36 Abs. 1) oppure alle determinazioni relative all’approvazione del bilancio (§ 48
Abs. 1).
La titolarità del diritto di voto è legata all’appartenenza
alla cooperativa in qualità di membro. Esso inizia a operare e cessa di produrre effetti unitamente a tale status.
In caso di esclusione dalla società il diritto di voto viene
meno nel momento dell’invio al socio della relativa deliberazione (§ 68). Per quanto riguarda le persone giuridiche (juristische Personen) e le società commerciali
(Handelsgesellschaften; § 77a), l’appartenenza alla cooperativa - e quindi la possibilità di votare - cessa alla chiusura dell’esercizio nel quale lo scioglimento di tali soggetti è diventato efficace.
Il diritto di voto rappresenta un potere inviolabile, fuori
della stessa disponibilità dei soci. Lo statuto non può insomma eliminarlo. Allo stesso modo una deliberazione
dell’assemblea generale con cui si procedesse a rimuoverlo sarebbe impugnabile (anfechtbar; § 51). L’idea di
un membro di cooperativa privo stabilmente del diritto
di voto rappresenta una contraddizione in termini. Lo
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stesso divieto vale anche per clausole statutarie o deliberazioni assembleari miranti non tanto a eliminare, quanto a limitare il potere di votare. Sarebbe per esempio illegittimo stabilire che il diritto di voto spetta solo ai soci legati da un’attività commerciale con la cooperativa
oppure esclusivamente a coloro che sono in regola nell’adempimento di obbligazioni (Verbindlichkeiten) nei
confronti della società (3).
Il membro è libero nell’esercizio del diritto di voto.
Questa libertà si estrinseca innanzitutto nella facoltà di
scegliere o meno, in un determinato caso, se votare.
Nemmeno lo statuto può prevedere un obbligo del
membro di esprimere il suo voto. Una volta che il socio
ha deciso di votare, la sua libertà si estrinseca nel fatto
che egli non è tenuto a seguire alcuna istruzione relatiNote:
(*) Questo lavoro si basa sulle ricerche condotte presso l’Università di
Münster nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione Europea «Uniform Terminology for European Private Law». Desidero ringraziare il prof.
Gianmaria Ajani, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino, e il prof. Reiner Schulze, Direttore del Centro per
il diritto privato europeo dell’Università di Münster, per l’assegnazione di
una borsa di studio. Nel testo si utilizzano le seguenti abbreviazioni o i seguenti acronimi: Abs.: Absatz (comma); AktG: Aktiengesetz (legge sulla società per azioni e sulla società in accomandita per azioni) del 6 settembre
1965, in BGBl., I, 1089; BGB: Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile) nella versione del 2 gennaio 2002, in BGBl., I, 42; BGBl.: Bundesgesetzblatt
(Gazzetta Ufficiale della Repubblica Federale); GenG: Gesetz betreffend die
Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften (legge sulle cooperative) nella versione del 19 agosto 1994, in BGBl., I, 2002; Rz.: Randziffer (cifra a margine); ZPO: Zivilprozessordnung (codice di procedura civile) nella versione
del 12 settembre 1950, BGBl., 533.
(1) Cfr. Sangiovanni, Rappresentanza legale e delega volontaria nell’esercizio
del diritto di voto nella cooperativa tedesca, in questa Rivista, 2003, 11, 1550 ss.
(2) I numeri di paragrafo indicati nel prosieguo senza il testo normativo
di appartenenza sono quelli del GenG.
(3) Gräser, in Hettrich/Pöhlmann (a cura di), Genossenschaftsgesetz, Kommentar zu dem Gesetz betreffend die Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften
und zu umwandlungsrechtlichen Vorschriften für Genossenschaften, München,
2001, § 43 Rz. 14.
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vamente alla direzione in cui dichiarare la propria volontà.
Il socio è tuttavia tenuto all’osservanza del dovere di fedeltà (Treuepflicht) nei confronti della cooperativa.
Questo obbligo non è generalmente in grado d’imporre
al socio di votare né di esprimere il proprio voto in un
certo senso. Normalmente il membro può quindi liberamente perseguire i propri obiettivi di parte in sede assembleare. Va tuttavia tenuto presente che si possono
verificare casi in cui il dovere di contribuire alla realizzazione dell’interesse sociale può comportare l’obbligo di
esprimere il proprio voto e di farlo in una determinata
direzione. Si pensi all’ipotesi in cui una deliberazione,
neutrale per il membro, sia invece necessaria al fine di
evitare un danno (Schaden) per la cooperativa (4). L’osservanza dell’obbligo di fedeltà comporta poi che il socio, nell’esercizio del diritto di voto, non possa in genere perseguire propri interessi laddove ciò vada a nocumento della società (5). La linea di confine tra la legittima tutela dei propri interessi e il dovere di fedeltà nei
confronti della cooperativa non è peraltro sempre facile
da tracciare. A ciò va aggiunto che, nella prassi, la prova che il socio ha agito a danno della società è spesso
difficile da rendere. La violazione dell’obbligo di fedeltà
da parte del membro può pertanto solo raramente essere
fatta valere con probabilità di successo da parte della
cooperativa. La violazione dell’obbligo di fedeltà comporta l’invalidità della dichiarazione di voto del membro, di cui non si può tener conto (6). Inoltre il socio
può essere chiamato a risarcire il danno subito dalla
cooperativa.
I sindacati di voto
I
l membro di cooperativa, che dispone della piena
libertà di votare oppure di non votare e - in caso si
decida affermativamente - di votare come preferisce, può ciò nonostante (liberamente) vincolarsi relativamente all’esercizio del diritto di voto. La maggior parte degli autori ritiene infatti che sia legittimo un contratto (Vertrag) con altri soci in base al quale si conviene, relativamente a certe assemblee generali, di non votare oppure di esprimere il proprio voto in un determinato modo (sindacato di voto; Stimmbindungsvertrag). I
sindacati sono strumenti che servono essenzialmente a
influenzare la gestione della società. Concordando infatti in anticipo il contenuto del voto, i soci possono effettuare pressioni sull’amministrazione (Geschäftsführung)
della cooperativa. Invero, la legittimità dei sindacati di
voto non è poi cosı̀ pacifica in dottrina. Vi sono infatti
autori che dubitano della conformità a legge degli accordi tra membri finalizzati a regolare l’esercizio del diritto di votare (7). Il fatto che il testo legislativo dica
espressamente che il voto deve essere esercitato «personalmente» (persönlich; § 43 Abs. 4) starebbe a dimostrare l’impossibilità di qualsiasi forma d’influenza esterna
sull’esercizio del fondamentale potere in esame. Si sotto-
linea poi il particolare rilievo che va attribuito all’obbligo di fedeltà che fa capo al membro di cooperativa.
L’osservanza di questo dovere impedirebbe di concludere sindacati di voto, i quali limitano la capacità di autodeterminazione del socio e potrebbero spingerlo a comportamenti contrari alla lealtà cui è tenuto nei confronti della società.
L’opinione prevalente è comunque nel senso che i sindacati di voto nella società cooperativa (Genossenschaftsgesellschaft) siano legittimi. Lo statuto può tuttavia
espressamente vietarli (8). In assenza di clausola espressa,
un divieto di concludere sindacati di voto può essere desunto dal tenore delle clausole contenute nello strumento statutario. La disposizione di statuto in base alla quale
il potere in esame va esercitato «in via altamente personale» (höchstpersönlich) può essere per esempio interpretata come divieto di concludere patti parasociali (9).
Con riferimento alla durata, i sindacati di voto possono
prevedere un termine oppure essere stipulati a tempo
indeterminato. In entrambi i casi, in presenza di un importante motivo, essi possono essere disdettati senza l’osservanza di un preavviso. Inoltre, nell’ipotesi in cui il
sindacato sia stato concluso a tempo indeterminato, è
sempre possibile sciogliersi dai vincoli derivanti dal patto in applicazione analogica del § 723 BGB dettato in
materia di società semplice (BGB-Gesellschaft) (10). Lo
scioglimento è quindi possibile - in questo caso - anche
in assenza di un importante motivo, purché sia concesso
un termine di preavviso ragionevole.
a) I possibili contraenti del patto parasociale
Qualche precisazione è necessaria con riferimento ai
possibili contraenti dei sindacati di voto. Si pone in
particolare il problema se sia legittimo un contratto tra
uno o più soci e soggetti estranei alla compagine sociale.
Secondo un’opinione minoritaria, i patti relativi all’esercizio del potere di votare potrebbero essere conclusi anche con persone diverse dai membri (11). Secondo invece la tesi che prevale in dottrina, una pattuizione del
genere sarebbe illegittima. L’obbligo di votare secondo
le istruzioni impartite da terzi violerebbe infatti il principio di autodeterminazione dei soci (12). Mentre si ritieNote:
(4) Gräser, op. cit., § 43 Rz. 18.
(5) Cfr. Metz, in Lang/Weidmüller/Metz/Schaffland (a cura di), Genossenschaftsgesetz, Berlin/New York, 1997, § 43 Rz. 60.
(6) Cfr. Müller, Kommentar zum Gesetz betreffend die Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften, Bielefeld, 1998, § 43 Rz. 61a.
(7) Il riferimento è in particolare a Metz, op. cit., § 43 Rz. 66 ss.
(8) Beuthien, Genossenschaftsgesetz, München, 2000, § 43 Rz. 18.
(9) Metz, op. cit., § 43 Rz. 75; Müller, op. cit., § 43 Rz. 81.
(10) Müller, op. cit., § 43 Rz. 84.
(11) Cfr. Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 18.
(12) Cfr. Keßler, in Hillebrand/Keßler (a cura di), Berliner Kommentar
zum Genossenschaftsgesetz, Hamburg, 2001, 514.
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ne che il membro possa vincolarsi nei confronti di altri
colleghi, prevale l’opinione secondo cui il socio non
può «svendere» il contenuto essenziale della propria
partecipazione facendo dipendere il diritto di voto dalla
determinazione di estranei. Il membro, poi, è tenuto a
rispettare il dovere di fedeltà che lo vincola alla cooperativa. Tale obbligo non incombe su soggetti esterni.
Ne deriva che se il membro fosse obbligato, in virtù di
sindacato di voto, a votare sulla base delle istruzioni fornite da estranei, la società verrebbe di fatto gestita da
persone non vincolate al dovere di fedeltà (13).
Ritenuta quindi l’illegittimità di un sindacato di voto di
cui siano parte estranei alla compagine sociale, rimane
da chiedersi se non sussistano casi in cui anche certi
membri della cooperativa siano esclusi dalla possibilità
di partecipare a patti aventi ad oggetto il diritto di votare. A questa domanda va risposto positivamente in relazione ai componenti del consiglio di amministrazione e
del collegio sindacale, nella misura in cui essi dispongono - per effetto degli accordi parasociali - del potere di
dare istruzioni vincolanti. Si tratta di un contesto in cui
trova applicazione analogica il disposto del § 136 Abs.
2 AktG (14). Questa disposizione vieta agli azionisti
(Aktionäre) di votare secondo le istruzioni impartite dal
consiglio di amministrazione o dal collegio sindacale
della società per azioni (Aktiengesellschaft). Il relativo
contratto è nullo (nichtig). Applicata nel contesto della
cooperativa, si tratta di norma che vieta al membro di
votare secondo le indicazioni ricevute dai citati organi
societari. La funzione di questo principio è quella di garantire l’indipendenza dell’assemblea generale.
b) La validità del patto
Pur essendo generalmente riconosciuta la legittimità di
sindacati di voto, non è invece consentito il c.d. «acquisto del voto» (Stimmenkauf). Questa fattispecie si
realizza quando il membro della cooperativa richiede, si
fa promettere o riceve una controprestazione per il suo
impegno, nel corso dell’assemblea generale, a non votare oppure a votare in un certo modo (§ 152 Abs. 1 n.
1). È vietata e punita non solo la condotta posta in essere dal socio, ma anche quella realizzata dalla controparte. Ne consegue che commette un illecito amministrativo (Ordnungswidrigkeit) anche chi offre, promette o
concede una controprestazione per il fatto che qualcuno
non voti oppure voti in un certo modo (§ 152 Abs. 1
n. 2)
La controprestazione rilevante ai fini della realizzazione
della fattispecie in esame non coincide con il vantaggio
che deriva in via immediata dalla votazione, come può
essere la nomina di un componente del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale a seguito dell’espressione del voto compravenduto (15). Essa invece
deve consistere nel pagamento di una somma di denaro
oppure nella concessione di altro vantaggio.
Le conseguenze di una pattuizione che realizza la fattispecie vietata dell’acquisto del voto sono di tipo civile e
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amministrativo. Dal punto di vista civilistico il relativo
negozio giuridico (Rechtsgeschäft) è nullo. Il voto che
venga eventualmente espresso in sede assembleare in
base al contratto di acquisto di voto è inoltre inefficace
(unwirksam) e di esso non può essere tenuto conto (16). Per rinforzare il divieto civilistico il legislatore
ha inoltre previsto l’applicazione di sanzioni amministrative.
Per il resto la validità del sindacato di voto, ma l’osservazione è di carattere generale, dipende dal rispetto delle norme di legge. Vi possono allora essere, per esempio,
patti nulli a causa della loro contrarietà ai buoni costumi (Sittenwidrigkeit; § 138 BGB). Si pensi al caso in cui
il sindacato di voto mira a far passare una deliberazione
in grado di cagionare danni alla cooperativa (17). La
validità del patto parasociale è inoltre dubbia quando il
membro, in attuazione di esso, agisce in contrasto con
il dovere di fedeltà che lo lega alla cooperativa. Un ulteriore caso in cui l’accordo relativo all’esercizio del diritto di voto è nullo si verifica quando il patto mira ad
aggirare un divieto di legge (gesetzliches Verbot). Ciò avviene, in particolare, quando il sindacato di voto è finalizzato a consentire di votare a chi si trova in conflitto
di interessi (Interessenkonflikt) con la società. Se Tizio per tale ragione - non può votare (come dispone la legge al § 43 Abs. 6), allora un contratto con cui il socio
Caio si impegna a votare come disposto dal socio Tizio
è nullo (18).
L’invalidità del sindacato di voto non incide sull’efficacia del voto espresso in assemblea generale. La nullità
(Nichtigkeit) del patto parasociale, in particolare, non inficia la validità della deliberazione (19). I due profili
vanno insomma tenuti distinti.
c) Le conseguenze della violazione del patto
Il sindacato di voto costituisce un contratto, fonte di
obbligazioni per le parti. Le pretese (Ansprüche) derivanti dal patto parasociale sono azionabili in giudizio.
Il soggetto che ha concluso un sindacato di voto può
chiedere l’esecuzione forzata (Zwangsvollstreckung) delle
pattuizioni intercorse con gli altri membri richiamandosi
al § 894 ZPO (20). Questa norma stabilisce che quando il debitore (Schuldner) viene condannato a rilasciare
una dichiarazione di volontà (Willenserklärung), essa si
considera data nel momento in cui passa in giudicato la
Note:
(13) Cfr. Metz, op. cit., § 43 Rz. 69; Müller, op. cit., § 43 Rz. 80.
(14) Cfr. Keßler, op. cit., 514; Müller, op. cit., § 43 Rz. 80 s.
(15) Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 18; Müller, op. cit., § 43 Rz. 80b.
(16) Müller, op. cit., § 43 Rz. 85.
(17) Metz, op. cit., § 43 Rz. 71; Müller, op. cit., § 43 Rz. 82.
(18) Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 18.
(19) Cfr. Gräser, op. cit., § 43 Rz. 18.
(20) Cfr. Müller, op. cit., § 43 Rz. 86.
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sentenza (Urteil). Il ricorso a questo rimedio è utile se la
pronuncia giudiziale subentra prima che si tenga l’assemblea generale. Può infatti certamente verificarsi il
caso in cui uno dei contraenti il sindacato di voto dichiari, prima della votazione, di non essere più intenzionato a rispettare la pattuizione intercorsa con gli altri
membri. In una situazione del genere gli altri soci hanno evidentemente interesse a impedire che il collega,
vincolato contrattualmente, violi gli accordi e voti in
modo diverso. Va tuttavia osservato come il ricorso all’esecuzione forzata ex § 894 ZPO spesso non rappresenti un rimedio realmente efficace, in quanto i tempi tecnici necessari per il processo non consentono di arrivare
a una decisione giudiziale prima che si tenga la riunione
assembleare. Le obbligazioni derivanti dal patto di sindacato vanno quindi preferibilmente tutelate in via
d’urgenza (21).
Oltre alla possibilità di agire in giudizio al fine di ottenere l’esecuzione forzata della pretesa, il rimedio a disposizione del socio consiste nel diritto di ottenere il risarcimento del danno (Schadensersatz) nei confronti di coloro che hanno violato il sindacato di voto (22). Generalmente non è facile quantificare il nocumento che un
membro subisce per effetto della violazione del patto.
Se l’accordo riguardava la nomina a una carica sociale,
nomina sfumata in conseguenza del rifiuto di un socio
di votare come era stato concordato, il risarcimento
può riguardare i compensi che l’altro contraente avrebbe percepito se fosse stato effettivamente nominato nel
consiglio di amministrazione o nel collegio sindacale (23). Proprio per il fatto che - salvo alcune eccezioni
- la quantificazione del danno conseguente alla violazione di un sindacato di voto è spesso difficile, le relative
pattuizioni prevedono generalmente una clausola che
impone il pagamento di una somma a titolo di penale
per il caso d’inosservanza delle disposizioni contrattuali
(Vertragsstrafe). A tale accordo trovano applicazione le
relative norme civilistiche (§ 339 BGB ss.). Tra di esse
può assumere una certa rilevanza pratica la regola che
consente una riduzione dell’importo dovuto a titolo di
penale (Strafe), qualora esso risulti sproporzionato (§
343 BGB).
La circostanza che il socio voti in difformità da quanto
pattuito nel sindacato di voto non è idonea a rendere
la votazione in assemblea invalida. La dichiarazione di
voto rimane efficace. Le deliberazioni non possono in
particolare essere impugnate ai sensi del § 51 (24). Le
conseguenze di una violazione del patto di sindacato investono insomma esclusivamente la sfera dei contraenti.
Il conflitto di interessi
L
a legge tedesca stabilisce che il soggetto interessato non può esercitare il diritto di voto quando
si delibera se tale persona debba essere esentata
da responsabilità oppure liberata da un’obbligazione oppure quando si delibera se la cooperativa debba fare va-
lere una pretesa contro di essa (§ 43 Abs. 6). Questa disposizione conosce un importante parallelo nel § 136
AktG, che regola i casi di esclusione del potere di votare per effetto del conflitto di interesse di cui è portatore
l’azionista.
La norma in esame disciplina certe fattispecie di conflitto di interessi che possono venire a sussistere in capo al
membro. Si ritiene in dottrina che la disposizione non
sia suscettibile d’interpretazioni estensive, con la conseguenza che al socio è vietato votare sono nei casi
espressamente normati. In ipotesi diverse da quelle previste dalla legge il divieto di voto non opera nemmeno
laddove si presentano situazioni che danno adito a dubbi sulla neutralità del membro. La non applicabilità della norma in esame a casi simili si giustifica con il significato dell’esclusione legale del potere di votare. In un tipo societario come la cooperativa, in cui l’elemento
personalistico prevale, il diritto di voto è il veicolo principale di cui il membro dispone per far sentire la propria
voce e per realizzare quella democrazia che caratterizza
la forma di società in esame. Ne deriva che limitazioni
al potere di votare sono consentite solo negli stretti limiti in cui lo prevede la legge (25).
La disposizione che vieta di esercitare il diritto di voto
in presenza di certe situazioni di conflitto di interesse è
cogente. Nello statuto non possono essere previste regole diverse (26). Sono quindi tre i profili che rilevano in
questo contesto. Innanzitutto lo statuto non può eliminare il divieto di votare. Altrimenti i membri verrebbero legittimati a esprimere il proprio voto in situazioni in
cui molto probabilmente opererebbero contro gli interessi della cooperativa. In secondo luogo, e per la stessa
ragione, lo statuto non può nemmeno limitare la proibizione di votare quale prevista dalla legge, circoscrivendola - per esempio - a solo alcuni dei casi indicati nel
testo legislativo. Infine lo strumento statutario non può
essere utilizzato neppure nella direzione opposta, vale a
dire al fine di ampliare il numero di situazioni in cui
opera il divieto di esprimere il proprio voto. Le ragioni
sono state esposte sopra: salvo i casi espressamente previsti dalla legge, il diritto di votare è intangibile, in
quanto esso costituisce il potere fondamentale di cui dispone il socio, mediante il quale si esprime la sovranità
del detentore di partecipazioni e si realizza la democrazia
nella cooperativa.
Il divieto di votare determinato dalla situazione di conflitto d’interessi in cui versa il membro lascia impregiuNote:
(21) Keßler, op. cit., 514 s.
(22) Keßler, op. cit., 514 s.
(23) Müller, op. cit., § 43 Rz. 87.
(24) Cfr. Gräser, op. cit., § 43 Rz. 18; Keßler, op. cit., 514.
(25) Cfr. Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 24; Müller, op. cit., § 43 Rz. 65.
(26) Glenk, Die eingetragene Genossenschaft, München, 1996, 110; Metz,
op. cit., § 43 Rz. 133 e 140; Müller, op. cit., § 43 Rz. 66.
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dicati gli altri diritti di cui goda il socio. Ne deriva che
chi non prende parte alle votazioni può, ciò nonostante, intervenire in assemblea generale, partecipare alla discussione e chiedere informazioni (27). Giunti al momento di esprimere il voto, il membro in conflitto d’interessi non può tuttavia partecipare alla deliberazione,
in quanto la legge gli sottrae la relativa legittimazione.
Egli non può partecipare al voto nemmeno nella forma
di un’astensione (28).
a) Deliberazioni di esenzione da responsabilità
Il primo caso in cui opera il divieto legislativo di voto
per sussistenza di conflitto di interessi si ha relativamente alle deliberazioni con le quali l’operato degli organi
societari o di componenti degli stessi viene valutato. A
seconda delle circostanze, la decisione relativa all’esenzione da responsabilità (Entlastung) può riguardare una
singola operazione oppure l’intera attività.
Nella legge tedesca sulle cooperative è rinvenibile una
norma che si occupa espressamente di esenzione da responsabilità. Si tratta del § 48 Abs. 1, il quale attribuisce all’assemblea generale - nel contesto dell’approvazione del bilancio - il potere di accertare il corretto
operato del consiglio di amministrazione e del collegio
sindacale. Il § 43 Abs. 6 si riferisce peraltro a un concetto meno tecnico e più ampio di esenzione da responsabilità. Deliberazioni sul punto possono pertanto
essere assunte anche fuori del contesto dell’approvazione del bilancio. Ai fini del divieto di votare di cui al §
43 Abs. 6 non è nemmeno decisivo il contenuto dell’ordine del giorno. Anche se l’assemblea decide «spontaneamente» di esentare i membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale da responsabilità,
i componenti questi due organi non hanno diritto di
voto. In altre parole: il divieto legislativo opera tutte le
volte in cui l’effetto prodotto da una qualsiasi deliberazione consiste in un’accettazione da parte dell’assemblea di determinate condotte o misure poste in essere
dagli esponenti societari (29). Il meccanismo della dichiarazione di esenzione da responsabilità concerne tuttavia l’esame ex post dei comportamenti posti in essere
dai membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Il divieto di voto non opera invece
quando si tratti di autorizzare preventivamente una certa operazione (30).
Se si vota relativamente alla responsabilità del consiglio
di amministrazione o del collegio sindacale nel suo complesso,
tutti i membri dell’organo interessato sono soggetti al
divieto di voto. Il legislatore vuole insomma garantire
l’osservanza del principio di carattere generale secondo
cui nessuno può essere giudice di se stesso. Il giudizio
che verrebbe altrimenti espresso sarebbe infatti falsato,
in quanto i componenti l’organo di volta in volta interessato non potrebbe che deliberare in favore di sé stessi. Secondo l’opinione prevalente in dottrina, i membri
del consiglio di amministrazione sono soggetti al divieto
di voto anche quando si delibera in materia di esenzio-
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ne da responsabilità del collegio sindacale. L’indipendenza del controllore dal controllato, principio necessario affinché la stessa idea di vigilanza possa avere un significato, esige infatti che l’operato del primo non possa
essere sindacato dal secondo. Il consiglio di amministrazione, del resto, non ha in genere interesse a obiettare
sulle condotte poste in essere dal collegio sindacale, in
quanto si esporrebbe successivamente a contestazioni da
parte dell’organo preposto all’esercizio del controllo. È
quindi probabile che gli amministratori (Vorstandsmitglieder) non sollevino critiche nei confronti dell’operato
dei sindaci (Aufsichtsratsmitglieder). Allo stesso modo,
nella situazione inversa, è opinione dottrinale prevalente che i membri del collegio sindacale non possano votare quando si delibera in materia di esenzione da responsabilità del consiglio di amministrazione, perché altrimenti i primi - accertando la correttezza del comportamento degli appartenenti all’altro organo - finirebbero
con il coprire eventuali proprie colpe nell’esercizio dell’attività di controllo (31). È difficile del resto pensare
che un sindaco sia disposto a contestare per questa via
l’operato degli amministratori quando la sua iniziativa
può avere come indiretta conseguenza un’attribuzione
di colpa a sé stesso per omessa vigilanza. Va in particolare tenuto presente che certe decisioni vengono sı̀ prese dal consiglio di amministrazione, ma necessitano dell’assenso (Zustimmung) del collegio sindacale (32). Rispetto a queste deliberazioni non è sempre facile scindere la responsabilità dei due organi. Se infatti una decisione assunta dal consiglio di amministrazione ha cagionato danni alla cooperativa, questo risultato negativo
può essere ascritto anche ai componenti il collegio sindacale, i quali - prestando il proprio assenso alla prospettata operazione - possono aver omesso di effettuare
il dovuto controllo e concorso cosı̀ alla causazione del
nocumento.
Le deliberazioni relative alla esenzione da responsabilità,
oltre che l’organo nel suo complesso, possono riguardare
uno o alcuni dei membri del consiglio di amministrazione o
del collegio sindacale. Secondo l’opinione prevalente in
dottrina, anche se si vota relativamente alla responsabilità di un solo membro del consiglio di amministrazione
Note:
(27) Keßler, op. cit., 515; Müller, op. cit., § 43 Rz. 68.
(28) Glenk, op. cit., 110; Metz, op. cit., § 43 Rz. 144; Metz/Werhahn,
Die Generalversammlung und die Vertreterversammlung der Genossenschaft,
Wiesbaden, 1984, 47.
(29) Keßler, op. cit., 515; Metz, op. cit., § 43 Rz. 134; Metz/Werhahn,
op. cit., 47 s.
(30) Müller, op. cit., § 43 Rz. 62a.
(31) Cfr. Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 24; Glenk, op. cit., 110; Gräser, op.
cit., § 43 Rz. 20; Keßler, op. cit., 516; Metz, op. cit., § 43 Rz. 134; Metz/
Werhahn, op. cit., 47.
(32) Per un approfondimento di questa questione sia consentito rinviare
a Sangiovanni, La pubblicità c.d. continua o permanente nel diritto tedesco del
mercato dei capitali, in Banca, borsa tit. cred., 1998, I, 604 ss.
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o del collegio sindacale, tutti gli altri appartenenti all’organo interessato sono assoggettati al divieto di votare (33). I componenti di queste strutture collegiali hanno infatti il dovere di vigilare sull’operato dei propri colleghi. In caso di omissione essi possono essere chiamati
a rispondere per le conseguenze delle attività poste in
essere da altri membri. Ne deriva l’inevitabile tendenza
a esentare da responsabilità gli altri componenti, al fine
di evitare di rispondere per omessa vigilanza.
b) Deliberazioni di liberazione da obbligazioni
Il secondo caso in cui il membro non può votare si realizza quando la deliberazione che l’assemblea generale
intende assumere ha a oggetto la liberazione del socio
da un’obbligazione cui è tenuto nei confronti della cooperativa. Anche in questo caso è evidente il conflitto di
interessi. Il membro che, tramite l’espressione del voto,
ha la possibilità di alleggerire la propria posizione, non
può che votare in modo a sé favorevole. Una situazione
del genere però finisce con il danneggiare la cooperativa, in quanto la rinuncia a una pretesa nei confronti di
un socio intacca la consistenza patrimoniale della società. Dal punto di vista dell’analisi economica dell’operazione si realizza una distribuzione del danno su tutti i soci. Se il membro Tizio deve alla cooperativa Alfa, composta di dieci membri, 1.000 euro e - con apposita deliberazione - viene liberato dall’obbligo di effettuare tale
pagamento, il patrimonio potenziale della società si impoverisce dell’importo corrispondente. In capo a ciascuno dei restanti nove soci si verifica un mancato guadagno di 100 euro. Il legislatore, in omaggio al principio
dell’autonomia contrattuale, non vieta una decisione
del genere. Esso si premura tuttavia di garantire che il
diretto interessato non partecipi alla relativa deliberazione.
La fonte dell’obbligazione non incide sul divieto legislativo di votare in presenza di conflitto d’interessi. Talvolta essa si rinviene nel rapporto che intercorre tra
membro e cooperativa per effetto della stessa detenzione di una partecipazione sociale. Talaltra possono essere intervenuti negozi specifici che, pur essendo indipendenti dalla relazione società-socio, sono comunque generatori di obbligazioni (34). Anche il contenuto dell’obbligo cui il membro è tenuto nei confronti della
cooperativa non rileva rispetto al divieto di votare. A
seconda dei casi potrà trattarsi, ad esempio, dell’effettuazione di una prestazione oppure della consegna di
una cosa.
Il divieto di votare opera tutte le volte che, a seguito
della deliberazione assembleare, la cooperativa perde la
possibilità di far valere un proprio diritto nei confronti
del membro. La costruzione giuridica con cui si realizza
questo effetto liberatorio è priva di rilievo. Tipicamente si tratta di un contratto di remissione (Erlassvertrag;
§ 397 Abs. 1 BGB) oppure di un contratto con il quale si riconosce la non esistenza del rapporto obbligatorio (negatives Schuldanerkenntnis; § 397 Abs. 2 BGB).
La liberazione da obbligazione può essere anche solo
parziale. Possono assumere rilievo i meccanismi con i
quali viene consentito di ritardare l’esecuzione della
prestazione, per esempio la concessione di effettuare
un pagamento a rate anziché in un’unica soluzione (35). La rinuncia totale o parziale all’esercizio di
una pretesa può concretizzarsi tanto in una misura giudiziale quanto in un atto stragiudiziale (36). Anche
quando la deliberazione ha per oggetto una transazione
(Vergleich) tra la cooperativa e il membro, quest’ultimo
non può votare, perché è nella natura stessa di questo
tipo di contratto che le parti si facciano concessioni
reciproche. Siccome l’autorizzazione assembleare alla
conclusione in via transattiva di una certa controversia
implica necessariamente una liberazione parziale da
obbligazione, la fattispecie prevista dalla legge è realizzata.
c) Deliberazioni relative all’azionamento
di una pretesa
Il terzo caso in cui è fatto divieto al membro di esercitare il diritto di voto si realizza quando la deliberazione
dell’assemblea generale concerne l’azionamento di una
pretesa della cooperativa nei confronti del socio. Anche
in questo caso è evidente il conflitto di interessi, che
porterebbe l’interessato a votare in modo a sé favorevole. È infatti del tutto improbabile che il membro dia il
proprio consenso a che la cooperativa faccia valere una
pretesa nei suoi confronti. Il socio, insomma, anteporrebbe il proprio interesse a quello sociale.
Come nell’ipotesi appena esaminata della liberazione da
obbligazioni, anche in questo caso non rileva la fonte
della pretesa vantata dalla cooperativa nei confronti del
membro (37). Talvolta la fonte della pretesa sarà il rapporto sociale intercorrente tra società e socio. In altri
casi si tratterà di una pretesa risultante da un particolare
negozio intercorso tra la cooperativa e il membro al di
fuori del legame societario. I meccanismi con cui può
essere azionata una pretesa possono essere diversi. La
legge si riferisce non solo alla decisione assembleare relativa all’instaurazione d’iniziative giudiziali, ma anche
alla semplice adozione di misure stragiudiziali (38). Nella deliberazione con cui l’assemblea generale, per esempio, incarica un avvocato (Rechtsanwalt) di adottare tutte le iniziative idonee a recuperare un credito vantato
Note:
(33) Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 24, Keßler, op. cit., 516. In favore della
diversa tesi secondo cui gli altri membri dell’organo interessato hanno, almeno a certe condizioni, il diritto di voto cfr. Metz, op. cit., § 43 Rz. 134;
Müller, op. cit., § 43 Rz. 62.
(34) Keßler, op. cit., 516; Müller, op. cit., § 43 Rz. 63.
(35) Müller, op. cit., § 43 Rz. 63.
(36) Cfr. Beuthien, op. cit., § 43 Rz. 24.
(37) Müller, op. cit., § 43 Rz. 64.
(38) Cfr. Keßler, op. cit., 516; Metz, op. cit., § 43 Rz. 138.
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
dalla cooperativa nei confronti di un membro, quest’ultimo non può esprimere il proprio voto (39). L’armamentario poi posto in essere dal legale, fuori e dopo l’assemblea, può assumere le fattezze più diverse. Iniziative
giudiziali saranno generalmente precedute da tentativi
stragiudiziali miranti a ottenere la riscossione del credito.
n
solo chi è debitamente legittimato. Egli, pertanto, potrebbe essere ritenuto corresponsabile del danno sorto
in capo alla cooperativa.
d) Le conseguenze della violazione del divieto
di voto in conflitto di interessi
Il membro che versa in conflitto di interessi non può
votare. Se egli vota in violazione del divieto legislativo,
la sua espressione di volontà è priva di effetti e non se
ne può tener conto (40). Alla dichiarazione del socio
trova infatti applicazione il § 134 BGB, che sancisce
con la nullità il negozio che viola una proibizione sancita dalla legge. L’espressione di volontà è priva di effetti
anche nell’improbabile ipotesi in cui il membro avesse
votato contro i propri interessi (41).
Se il socio vota comunque, la violazione del divieto legislativo legittima l’impugnazione (Anfechtung) della deliberazione ai sensi del § 51 (42). Può infatti verificarsi
che la dichiarazione del membro venga erroneamente
conteggiata. Può anche darsi che, proprio grazie al suo
voto, venga raggiunta la maggioranza necessaria a far
approvare una certa deliberazione. Per effettuare legittimamente l’impugnazione occorre rispettare il termine di
un mese fissato dal § 51 Abs. 1.
Il membro che ha esercitato il diritto di voto in violazione del divieto legislativo è inoltre tenuto al risarcimento del danno nei confronti della cooperativa. Si
immagini il caso in cui, proprio grazie alla dichiarazione di volontà del socio in conflitto di interessi, venga
raggiunta una certa maggioranza e - conseguentemente
- adottata una deliberazione che successivamente si rivela nociva per la società. L’obbligo di non votare costituisce una c.d. «legge di tutela» (Schutzgesetz) ai sensi del § 823 Abs. 2 BGB (43). Con questa espressione
ci si riferisce al fatto che il divieto legislativo è posto
nell’interesse di certi soggetti che, per effetto della sua
violazione, possono subire un danno. Nel caso di specie la persona tutelata dalla norma, e che può subire
un nocumento per effetto della sua inosservanza, è la
cooperativa. Un’eventuale responsabilità del membro
può inoltre essere affermata in base al disposto del §
826 BGB, che sancisce l’obbligo di risarcimento in capo a chi cagiona dei danni a terzi dolosamente e in
spregio del buon costume (sittenwidrige vorsätzliche
Schädigung). Infine va osservato che il socio che ha votato in violazione del divieto legislativo potrebbe non
essere l’unica persona chiamata a rispondere alla cooperativa del nocumento che ne deriva. Va infatti tenuto presente che il conteggio del voto del membro è
stato possibile perché il soggetto chiamato a gestire
l’assemblea non si è accorto della sussistenza di una situazione che imponeva di non votare. Chi dirige le
operazioni assembleari è obbligato a verificare che voti
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Note:
(39) L’incarico può essere conferito direttamente a una società a responsabilità limitata tra avvocati. Per approfondimenti di questa questione sia
permesso rinviare a Sangiovanni, La società a responsabilità limitata tra avvocati nel diritto tedesco, in Riv. soc., 1999, 936.
(40) Keßler, op. cit., 517; Metz, op. cit., § 43 Rz. 145.
(41) Müller, op. cit., § 43 Rz. 69.
(42) Metz, op. cit., § 43 Rz. 145; Müller, op. cit., § 43 Rz. 69.
(43) Müller, op. cit., § 43 Rz. 69.