Stalla, fasce, mangiatoia
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Stalla, fasce, mangiatoia
A proposito di stalla, fasce e mangiatoia…1 v. 7. Luca si sofferma sul paradosso di questa nascita regale: "Lo fasciò e lo coricò in una mangiatoia perché non c'era posto per loro nella sala degli ospiti" (2,7). "Lo fasciò e lo coricò " mette in evidenza la nascita del tutto ordinaria di Gesù; nessun privilegio particolare per il Figlio di Dio. Ma se la nascita è ordinaria, la frase assume un'altra dimensione alla luce di un testo che troviamo alla fine dell'evangelo: "Calato [Gesù dalla croce, Giuseppe di Arimatea] lo avvolse in un lenzuolo e lo pose in una tomba scavata nella roccia dove nessuno era ancora stato coricato (dal greco keimai)" (23,53). Luca in 2,12 usa lo stesso verbo (Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, coricato (dal greco keimai) in una mangiatoia). Luca sembra indicare che avvenne a Gesù appena nato ciò che gli capiterà alla morte, e l'iconografia ortodossa non sbaglia quando, nell'icona di Natale, dipinge Gesù bambino giacente, come morto, in un oggetto che assomiglia più a una bara che a una mangiatoia. Il mistero di Natale non è solo la nascita di un bambino, è la nascita del Figlio di Dio nella sua totalità, dalla preesistenza alla croce e resurrezione. Fu una caratteristica dell'antica liturgia gerosolimitana di non distinguere i vari misteri, come avverrà in seguito con la scansione dei singoli, ma di celebrare invece ogni volta la totalità della storia di salvezza e l'insieme degli eventi salvifici della vita di Cristo. La mangiatoia. All'interno dei vv. 1-20 l'immagine della «mangiatoia» ricorre per ben tre volte (vv. 7.12.16), segno evidente che essa riveste una certa importanza. La mangiatoia richiama abitualmente quella degli animali, e noi ovviamente la immaginiamo situata in maniera fissa in una stalla, magari in muratura, costruita in maniera da poterci anche legare gli animali, ma la parola greca usata dall'evangelista (phàtné) richiama qualcosa di mobile, di portatile. Si tratta di una gerla, di una cesta, di una sporta o di una bisaccia per contenere gli alimenti. Chi si metteva in viaggio aveva una doppia cesta da porre sulla cavalcatura: una pendeva da una parte della cavalcatura ed era usata per contenere gli strumenti più o meno sudici, necessari al lavoro quotidiano della terra. La seconda, invece, sempre tenuta pulita con molta cura, era posta dall'altra parte della cavalcatura e in essa si ponevano i viveri, soprattutto il pane. Qui sta la novità verso la quale vengono indirizzati i pastori: il segno dato ad essi è un Bambino che giace in una cesta portatile utilizzata per conservarci i viveri e perciò giace come un pane messo da parte per essere spezzato. Gesù nasce come pane per gli uomini, cibo di Dio per la fame dell'uomo; nasce a Betlemme, che significa «casa del pane», nasce come pane fragrante, disposto e pronto per essere consumato e diventare così nutrimento per la vita degli uomini. Fin dall'inizio della sua esistenza Gesù è pane che nutre: egli infatti parla già a noi mediante il modo con cui ha voluto inserirsi nella nostra storia. 1 Elaborazione da D.Attinger, Evangelo secondo Luca e da Servizio della Parola n. 483/2016 Nella sala degli ospiti Gesù dunque è stato deposto in una mangiatoia "perché non c'era posto per loro nella sala degli ospiti" (v. 7). Non si tratta di un "albergo", termine che Luca conosce utilizzando un'altra parola greca (pandokeion) per designarlo (cf. 10,34: [il samaritano] caricatolo sopra il suo asino, lo portò in una locanda[pandokeion = un “tutto-accogli]”). Il termine qui adoperato (kataluma) riappare in 22,11 e qualifica la "stanza" in cui Gesù celebrerà l'ultima cena (“Dov'è la stanza (Kataluma) in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”). É in una simile stanza che non vi era posto per loro. Gli scavi archeologici fatti in Terrasanta hanno mostrato che, in quel tempo, molte case consistevano in un sistema di grotte davanti alle quali si costruiva una stanza d'ingresso, che di giorno serviva da soggiorno o da stanza di accoglienza, mentre di notte era allestita in stanza da letto; nelle grotte invece stavano gli animali e le riserve alimentari. In quella stanza per ospiti non vi era evidentemente uno spazio dove Maria avrebbe potuto partorire; si ritirò dunque un po' in disparte, nella grotta situata dietro, là dove stavano le bestie. La cosa diventa strana solo alla luce della pienezza del mistero: qui è il Figlio di Dio che nasce fra noi, non in un palazzo, come normalmente avviene ai re, ma in una casa di poveri; inoltre, in mezzo agli uomini, e persino fra i poveri, "non c'è posto per loro", non solo per Gesù, ma per la sua famiglia. Questa è un'altra icona della chiesa disegnata da Luca, alla quale siamo poco abituati, almeno da quando Costantino ha provocato la svolta che trasformerà il cristianesimo in religione dell'impero romano e inizierà il regime di "cristianità". In tale regime la chiesa ha sempre il suo posto, e anche un posto d'onore. É vero che oggi - ed è forse una grazia - questo ruolo è un po' rimesso in discussione, persino nei paesi di vecchia cristianità; poco alla volta la chiesa ritrova il posto che le spetta: quello di coloro che non hanno posto, come avvenne a Gesù; ma quale fatica per la chiesa, installata nel prestigio del suo passato, operare questa conversione! Le precisazioni di Luca sul luogo dove viene deposto il Bambino appena nato ci permette quindi di connettere immediatamente il Natale del Signore sia con l'offerta del suo corpo, dato a noi nell'ultima Cena come pane spezzato per la vita del mondo, sia con la deposizione nel sepolcro e la risurrezione.