Linee Guida per la Programmazione delle attività dei CSV

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Linee Guida per la Programmazione delle attività dei CSV
Linee guida
per la programmazione
dei Centri di Servizio per il
Volontariato
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Il presente lavoro è stato realizzato da uno specifico gruppo di lavoro di CSVnet coordinato dal Prof. Luca
Fazzi, Professore Associato di Sociologia Generale della Facoltà di Economia dell’Università di Trento.
In particolare, hanno partecipato al percorso:
Luigino Vallet – Consigliere Delegato CSVnet , Alessandro Fedeli – Referente Tecnico CSVnet, Roberto Museo –
Direttore CSVnet, Paolo Balli – CSV Toscana, Sandra De Thomassis – CSV Chieti, Lucio Garonzi – CSV Verona,
Max Hirzel – CSV Biella, Alessio Inzaghi – CSV Lecco, Gianfranco Lamperini – CSV Terni, Nicoletta Marni –
CSV Pavia, Giorgio Massignani – CSV Trento, Fabio Molino – CSV Valle d’Aosta, Stefano Morena - CSV
Catanzaro, Tina Paggi – CSV Basilicata, Alessandro Prandi – CSV Torino, Laura Rossi – CSV Terni, Antonietta
Semeria – CSV Imperia, Giovanni Stasi – CSV Brindisi, Maurizio Maggioni – CSV Rimini, Martino Villani CSV Como, Mario Zanolini – CSV Novara, Ilaria Giordano – CSV Imperia, Paola Rossi – CSV Mantova
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Linee guida per la programmazione dei
Centri di Servizio per il Volontariato
Indice
1. Premessa
2. La programmazione
3. Gli obiettivi e le funzioni della programmazione
4. Le linee guida per la programmazione delle attività dei CSV
5. I criteri generali della programmazione
6. Gli strumenti della programmazione: il piano di sviluppo strategico e i piani operativi
7. Programmazione e risorse
8. Il processo di programmazione e le sue fasi
9. L’avvio del processo e la definizione delle responsabilità
10. L’analisi dei bisogni e delle prospettive di intervento
10 L’individuazione delle priorità e delle strategie
11 La definizione delle azioni
12 La costruzione del piano strategico
13 Dal piano strategico ai piani operativi annuali
14 I piani operativi come documenti scorrevoli
15 L’allocazione del budget
16 Il monitoraggio e la valutazione
17 La rendicontazione economica e sociale
18 Il ciclo della programmazione e i legami con gli altri strumenti di governo dei CSV
19 Appendice A - Indice piano strategico
20 Appendice B - Indice piano operativo annuale
21 Appendice C - Esemplificazione di alcuni casi e buone prassi di programmazione
realizzate dai Csv a livello territoriale
1. Premessa
Attualmente il volontariato sta attraversando una fase di forte cambiamento. Nel corso
dell’ultimo decennio lo sviluppo delle imprese sociali e del nonprofit produttivo e la
sostanziale tenuta dello stato sociale avevano spinto molti osservatori a considerare
sostanzialmente conclusa la fase di crescita dell’azione volontaria iniziata negli anni 70 e
reputare la stessa come una componente marginale del welfare e dei processi di
produzione di beni e servizi di pubblico interesse. I trends evolutivi del welfare e della
società indicano tuttavia in modo esplicito come tali conclusioni siano state
eccessivamente affrettate. A partire dal 2000, gli enti pubblici sono stati caratterizzati da
un processo di marcata riduzione della capacità di spesa che si protrarrà come effetto
della crisi economica e delle misure di contenimento dei costi approvate nelle recenti
finanziarie per un periodo prolungato di tempo. Il terzo settore produttivo emerso come
evoluzione delle esperienze di volontariato degli anni ‘70 ha assunto dimensioni e
caratteristiche professionali e occupazionali tali da consentire ad esso di ricoprire un
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I cambiamenti
economici e sociali
attuali
ruolo stabile nell’erogazione e produzione di beni e servizi di welfare. Il legame di forte
dipendenza dai finanziamenti pubblici, in particolare nell’attuale fase di contenimento
della spesa, ha favorito tuttavia la diffusione di comportamenti fortemente isomorfici
rispetto alle preferenze del soggetto finanziatore facendo venire meno l’originale
attenzione ai bisogni e l’autonoma capacità di fornire ad essi risposta. A fronte di questo
indebolimento generalizzato dell’azione degli enti pubblici e delle forme più
imprenditoriali del terzo settore, si è assistito a un fenomeno di continuo aumento e
differenziazione dei bisogni economici e sociali per molti versi inatteso dopo un
quarantennio di espansione continua delle politiche di welfare nazionali e locali. Tali
bisogni attualmente enfatizzati dal dilagare della crisi economica internazionale sono in
realtà l’esito di processi profondi e strutturali di trasformazione della società che hanno
portato le vecchie istituzioni sociali come la famiglia o la comunità a diventare incapaci
di affrontare problematiche nuove come l’invecchiamento di massa,
l’individualizzazione e l’incremento della complessità culturale e etnica della società
contemporanea. In un clima di recessione economica e mutamento dei valori sociali
questi cambiamenti rischiano di aprire fratture molto profonde a livello sociale e di
indebolire l’elementare tessuto di coesione che tiene insieme i cittadini all’interno di un
disegno di crescita unitario entro il quale tutti hanno il diritto e la possibilità di essere
parte attiva e protagonista. Il paradosso è dunque che, oggi più che negli anni passati,
l’azione volontaria può svolgere un ruolo fondamentale nel fornire risposte a bisogni e
domande sempre più difficili da soddisfare e nel ricreare un tessuto di solidarietà di base
(intergenerazionale, interculturale, tra i membri di società attraversate dal rischio
dell’atomizzazione e dell’individualismo).
Rispetto a trenta anni fa tuttavia le condizioni di sviluppo e riproduzione del volontariato
sono profondamente cambiate. In quel periodo storico i movimenti sociali e culturali
post conciliari e del mondo laico fornivano un tessuto estremamente fertile per lo
sviluppo di iniziative di partecipazione dal basso. Il consenso sociale e politico nei
confronti dell’azione volontaria era diffuso e la situazione economica risultava tale da
consentire il finanziamento e la stabilizzazione di molte iniziative proposte al di fuori
della sfera di più diretta influenza del soggetto pubblico. Attualmente, lo scenario è
caratterizzato da fenomeni e dinamiche che rendono l’azione del volontariato più
difficile. Innanzitutto, le spinte sociali verso la partecipazione volontaria si sono molto
indebolite e sono diventate più selettive: le ricerche rilevano come l’orientamento
volontaristico continua a persistere ma informe molto più individualizzate rispetto al
passato. Le iniziative volontaristiche devono inoltre confrontarsi con una serie di nuovi
competitori che si dimostrano spesso più attrattivi nell’offrire occasioni di gestione del
tempo libero e anche di crescita personale degli individui. Spesso le associazioni di
volontariato soffrono di conseguenza di seri problemi di ricambio generazionale e
l’abbandono dei vecchi volontari non viene rimpiazzato dall’ingresso di nuovi. In alcune
settori e aree geografiche l’attivismo del volontariato si è molto ridotto proprio a causa di
tali problemi di ricambio non solo di persone ma anche di idee e di nuove proposte
progettuali. Molte associazioni si trovano anche ad affrontare problemi di gestione e
organizzazione connessi ai processi di strutturazione e professionalizzazione dell’azione
volontaria. Nel corso degli anni pur non avendo assunto una forma di impresa sociale
diverse associazioni sono arrivate a gestire servizi complessi e con la presenza anche di
lavoratori retribuiti. Ciò comporta una serie di problemi di gestione e finanziamento non
indifferenti che risultano aggravati dall’attuale fase di riduzione dei finanziamenti
pubblici. Inoltre, il quadro normativo sia dal punto di vista amministrativo che fiscale è
diventato sempre più complesso e questo aumento di complessità rende più complicata
sia la gestione delle attività esistenti che lo start-up e l’avvio di nuove attività. Molte
esperienze di volontariato in passato innovative e espressione della società civile sono
incorse o rischiano di incorrere anche in processi di chiusura che portano
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L’attualità del
fenomeno del
volontariato
Gli ostacoli allo
sviluppo del
volontariato
all’autoreferenzialità e alla frammentazione in un fase in cui sarebbe invece necessario
rinforzare la collaborazione e la capacità di fare massa critica a livello territoriale per
esprimere una progettualità forte dal punto di vista politico e sociale. Programmi e azioni
che in passato risultavano efficaci e rispondevano a istanze e bisogni di fasce importanti
di popolazione sono diventati oggi più selettivi e meno incisivi.
Il risultato di questi cambiamenti è che mentre la presenza del volontariato appare oggi
un elemento qualificante e necessario per il mantenimento e lo sviluppo di un moderno
sistema di protezione e coesione sociale, il suo successo non è più un qualcosa di dato
per scontato. Le condizioni economiche politiche e sociali che hanno permesso di
raggiungere obiettivi importanti di crescita e affermazione in passato sono diventate oggi
variabili non pi acquisite. Per avere ancora successo il volontariato necessita pertanto di
strategie azioni e condizioni in larga parte da costruire e sperimentare.
E’ in questo quadro che si colloca il ruolo e la missione dei Centri di Servizio per il
volontariato. Tali Centri nella prima fase del loro sviluppo hanno svolto soprattutto una
funzione di sostegno di base alle esigenze di funzionamento del volontariato. Nella fase
attuale invece essi sono chiamati, non solo rispondere a domande particolari di singole
associazioni o gruppi, ma anche a interpretare e farsi promotrici di una riflessione
comune sulle opportunità e i problemi dello sviluppo dell’azione volontaria, a livello sia
locale che nazionale. Questo comporta che i CSV più che a fornire prestazioni in modo
indifferenziato debbano svolgere un’azione più mirata e focalizzata e affrontare i
problemi dell’attuale fase storica con una prospettiva strategica di sviluppo delle proprie
attività.
Adottare una prospettiva strategica significa in particolare che i CSV sono chiamati a
riflettere anche sull’efficacia delle azioni promosse e sostenute, devono porsi il problema
di come sostenere lo sviluppo del volontariato non in quanto tale ma rispetto ai fini che
esso persegue e permette di raggiungere, devono valutare il punto di vista dei diversi
portatori di interesse dell’azione volontaria e ricercare e costruire le condizioni migliori
per la crescita e la diffusione del volontariato sul territorio, sono chiamati a agevolare e
costruire le condizioni per una più elevata legittimazione sociale dell’azione volontaria e
per la valorizzazione della medesima nell’ambito delle politiche di sviluppo del territorio
nei diversi settori e ambiti di intervento. I CSV per svolgere le proprie funzioni in modo
congruente con le sfide che l’evoluzione sociale e economica pone al volontariato oggi
non possono operare in altre parole senza una visione e una prospettiva proattiva di
sostegno all’azione volontaria.
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Il ruolo di
promozione e
sostegno dei CSV
La necessità di una
prospettiva
strategica
Tab. 1 Cosa significa promuovere oggi lo sviluppo del volontariato per i CSV?
Promuovere la capacità del
volontariato di rispondere in modo
efficace ai bisogni del territorio
Aiutare a risolvere i suoi bisogni di
crescita gestione e funzionamento
Aiutare a utilizzare meglio le risorse
in relazione ai fini
Sostenere le sue condizioni generali di
sviluppo sotto il profilo sia economico
che politico e sociale
2. La programmazione
La programmazione rappresenta il modo attraverso il quale le organizzazioni affrontano
tradizionalmente il problema dello sviluppo strategico. Il principio base della
programmazione è quello dell’analisi sistematica come ingrediente cruciale del successo
di un’organizzazione. Possono verificarsi diversi accadimenti imprevisti o non
considerati che rendono la programmazione debole o oggetto di necessari adattamenti.
Molte decisioni importanti per le organizzazioni sono anche l’esito di intuito, fortuna o
creatività. Tuttavia senza il supporto di un’analisi sistematica e di una metodologia
predefinita, la maggior parte dei processi di sviluppo strategico sarebbero caotici e
governati dalle contingenze.
Per quanto concerne le attività dei CSV, gli scopi della programmazione sono i seguenti:
- innanzitutto, essa aiuta a fare chiarezza sugli obiettivi e le priorità che si intendono
perseguire. Basandosi su un’analisi sistematica delle condizioni in cui il volontariato
opera e delle opportunità e dei vincoli al suo sviluppo la programmazione permette di
organizzare le informazioni raccolte, individuare i problemi più rilevanti da
affrontare, dosare le risorse in relazione al raggiungimento dei risultati e definire
ordini di priorità nella sequenza degli interventi;
- in secondo luogo, la programmazione permette di definire un percorso di medio lungo
periodo che permette di mantenere una rotta evitando di disperdere energie nella
gestione di problematiche occasionali e contingenti. La definizione di obiettivi di
medio lungo periodo disincentiva il prevalere dello status quo e tende a incoraggiare
un impegno continuativo verso il conseguimento dei fini prefissati. Essa può aiutare
anche a rompere gli schemi mentali che fissano il focus delle attività sulla singola
annualità di lavoro permettendo in tal modo anche lo sviluppo di idee di maggior
respiro e la formulazione di strategie che prendono forma in un arco temporale più
lungo di tempo;
- in terzo luogo, la programmazione è uno strumento che permette di aumentare la
coerenza nel processo decisionale attraverso l’applicazione di un metodo analitico
basato sull’individuazione delle diverse variabili in campo, l’affermazione del
pensiero logico e la valutazione ragionata delle opzioni di scelta alternative. La
funzione di gestione è meno interessata a enfatizzare la dimensione progettuale e
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Gli scopi della
programmazione
promozionale dei CSV e si concentra prioritariamente sul controllo dell’uso razionale
delle risorse. Essa consente in questo modo di aumentare l’efficienza e l’uso razionale
delle risorse evitando sprechi e favorendo il controllo della spesa;
- in quarto luogo, la programmazione favorisce oltre a un aumento di efficienza anche
un incremento di efficacia perché la valutazione più puntuale dei problemi da
affrontare e delle misure e delle azioni da adottare per fornire ad essi risposta
permette di migliorare anche i risultati e gli esiti delle attività svolte.
Tab. 2 Gli scopi della programmazione
Aiuta a fare chiarezza sugli obiettivi e
le priorità
Aiuta a definire un percorso di
sviluppo di medio periodo
Aiuta a utilizzare meglio le risorse in
relazione a fini
Aiuta a rendere più efficaci le attività
rispetto ai problemi
3. Le linee guida per la programmazione delle attività dei CSV
Le presenti linee guida per la programmazione delle attività dei CSV costituiscono uno
strumento finalizzato a permettere l’introduzione e l’implementazione di una cultura e di
una logica di programmazione all’interno dei CSV. Esse concorrono insieme alle altre
linee guida prodotte da CSVnet a migliorare l’efficacia e l‘efficienza delle attività dei
Centri e a mettere a disposizione degli stessi strumenti mirati a facilitare il
perseguimento delle loro finalità istitutive e della loro missione.
Obiettivi specifici delle linee guida sono:
- favorire lo sviluppo di una cultura della programmazione all’interno dei CSV in modo
da consentire di svolgere in modo compiuto le proprie funzioni;
- agevolare l’introduzione concreta di pratiche di programmazione definendo procedure
che consentano di ottenere un risultato pratico soddisfacente con il minore dispendio
di risorse possibile;
- rinforzare la capacità di pensiero strategico favorendo lo sviluppo di linee proattive e
propositive che guidino l’azione nel medio lungo periodo;
- completare e integrare gli strumenti e le linee guida fino ad oggi elaborate e proposte
da CSVnet in modo da permetterne un utilizzo efficace e completo ai fini del corretto
governo e funzionamento dei Centri.
Lo scopo delle linee guida è quello di permettere a ogni centro di introdurre lo strumento
della programmazione, tenendo conto delle proprie specificità operative e organizzative,
delle condizioni di contesto e delle competenze e risorse disponibili. Se l’auspicio è
dunque di favorire un utilizzo delle linee guida il più possibile ampio e diffuso, le
modalità di applicazione dello strumento sono state pensate in modo tale da essere
compatibili con una serie di esigenze e possibilità di gestione differenziate.
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Il valore delle linee
guida
Gli obiettivi delle
linee guida
Tab. 3 Obiettivi delle linee guida per la programmazione dei CSV
Favorire lo sviluppo di una cultura
della programmazione
Agevolare l’introduzione di pratiche
di programmazione
Rinforzare la capacità di pensiero
strategico
Completare e integrare gli strumenti
di governo fino ad oggi elaborati
4. I criteri generali della programmazione
La programmazione è un’attività molto importante per lo sviluppo e il funzionamento
dei CSV. Essa rappresenta tuttavia anche un’innovazione nel modo di operare
tradizionale di molti centri. E’ fondamentale che per potere svolgere in modo corretto le
proprie funzioni la programmazione si realizzi in riferimento a alcuni principi base.
Tali principi sono:
-
il mandato istituzionale;
la sussidiarietà;
il realismo;
l’efficienza;
l’efficacia
la sostenibilità;
la trasparenza;
la democraticità.
Il mandato istituzionale: la programmazione dei CSV deve realizzarsi all’interno del
mandato istituzionale degli stessi. I CSV sono di conseguenza responsabili delle scelte
strategiche di politica gestionale e delle specifiche azioni che traducono tali strategie in
pratica purchè le medesime si realizzino in modo congruente con le finalità istituzionali
dei Centri e nel rispetto delle norme di legge che ne regolano le attività.
La sussidiarietà: il ruolo dei CSV è di servizio allo sviluppo e alla promozione del
volontariato del territorio per permettere ad esso di essere un soggetto che persegue la
qualità della vita delle persone, la coesione e lo sviluppo sociale. La programmazione va
pensata pertanto come un’attività che migliora la capacità dell’ente di perseguire tale
obiettivo e non come un’azione attraverso la quale l’uso delle risorse e i programmi di
intervento sono decisi in modo autonomo rispetto alle istanze, ai bisogni e alle richieste
del volontariato locale. Lo spirito che muove la programmazione deve rimanere quello di
sussidiarietà che legittima un intervento sostitutivo da parte dell’ente superiore solo nella
misura in cui è richiesto da parte degli enti inferiori o nel caso in cui gli enti inferiori non
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I criteri generali
della
programmazione
siano in grado da soli di svolgere tale attività.
Il realismo: la programmazione deve basarsi su assunti di realtà e su disegni di sviluppo
effettivamente perseguibili. Obiettivi irrealizzabili, non ancorati alla realtà, di portata
talmente ampia da non potere essere tradotti nella pratica devono essere accuratamente
evitati. La misura della realizzabilità va considerata il principale riferimento di ogni
attività di programmazione.
L’efficienza: la programmazione va effettuata tenendo in considerazione l’esigenza di un
uso razionale delle risorse a disposizione. Questo significa che il tempo, le risorse e le
energie necessarie a costruire e gestire il processo di programmazione devono essere
commisurate all’onere più generale di funzionamento dell’ente. Per quanto cruciale
l’attività di programmazione non può incidere in misura eccessiva sullo svolgimento
delle attività e va considerata sempre come un’azione funzionale alla realizzazione delle
finalità cardine dell’ente che sono il sostegno, la promozione e lo sviluppo del
volontariato territoriale.
L’efficacia: la programmazione deve essere realizzata mirando a raggiungere i risultati
utili a rispondere ai problemi. Il focus della programmazione non è dunque solo l’uso
razionale delle risorse ma anche e soprattutto la possibilità di raggiungere risultati capaci
di dare risposte a problemi specifici. Senza efficacia infatti l’efficienza necessaria a
utilizzare le risorse nel modo migliore rischia di costituire un mero obiettivo di risparmio
fine a sé stesso.
La sostenibilità: la programmazione deve essere un sostegno allo svolgimento delle
attività e un aiuto all’incremento dell’efficacia. Pertanto essa va pensata come una
pratica compatibile con i carichi di lavoro, gli impegni e le risorse disponibili per la sua
attuazione. Deve essere evitato di trasformare la programmazione e i relativi piani in
attività burocratiche fine a sé stesse che ostacolano il perseguimento delle finalità
dell’ente. Anche la documentazione di piano deve assumere la forma di uno strmento
snello e leggero, utile all’orientamento e al controllo ma on eccessivamente onerosa e
macchinosa dal punto di vista sia della costruzione che della possibilità di lettura e
utilizzo.
La trasparenza: la programmazione va effettuata sempre nel rispetto del principio di
trasparenza. Le scelte di indirizzo e attuazione devono essere conseguentemente spiegate
e argomentate in modo chiaro e essere accessibili e interpretabili da tutti i portatori di
interesse. Questo implica che sia la documentazione che il processo di attuazione non
possono essere realizzati in modo opaco o autoreferenziale.
La democraticità: la programmazione deve essere infine democratica e inclusiva. Il
processo di programmazione va costruito secondo una prospettiva di condivisione e
partecipazione con il volontariato e i portatori di interesse del territorio. La
programmazione deve essere pertanto sempre inclusiva e perseguire l’obiettivo della più
ampia rappresentatività possibile degli interessi dei valori e dei bisogni del volontariato
del territorio a sostegno del suo sviluppo e integrazione con i processi più larghi di
crescita e sviluppo sociale.
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Fig. 1 La programmazione per i CSV
Deve basarsi sulla partecipazione
Deve dare sostanza
al principio di sussidiarietà
Deve permettere di realizzare
il mandato istituzionale
Deve consentire un uso razionale
delle risorse
Deve garantire la trasparenza
e la rendicontazione
Deve raggiungere risultati utili
Deve essere
a risolvere i problemi
flessibile e incrementale
Deve sapere
leggere la realtà
5. Gli strumenti della programmazione: il piano di sviluppo strategico e i piani
operativi
La programmazione è un processo che serve alle organizzazioni ad operare in modo più
efficiente e efficace. La programmazione è un’attività che si formalizza in piani di
azione contenenti obiettivi, azioni, allocazioni di budget, responsabilità, risorse, modelli
di monitoraggio e valutazione.
Si possono distinguere due tipologie di piano che consentono ai CSV di porre in essere
una programmazione con funzioni sia di controllo di gestione che di sostegno allo
sviluppo: il piano strategico e i piani operativi annuali.
Il primo tipo di piano è quello di sviluppo strategico. Il piano strategico ha durata
pluriennale (tre anni) e definisce obiettivi, strategie e priorità di medio periodo dei CSV.
E’ opportuno che il piano strategico coincida con la durata dei consigli direttivi e quindi
del mandato che in genere l’assemblea affida agli organi direttivi e al presidente nel
momento della loro elezione. Per sua natura il piano strategico individua le linee e gli
obiettivi di fondo delle attività dei CSV e ha lo scopo di orientare l’azione nel medio
periodo.
Piano strategico e
piani operativi
annuali
Il piano strategico
Il contenuto del piano strategico
Il piano strategico ha un contenuto più generale dei piani operativi. Esso deve definire le
linee di fondo dell’azione del Centro e fornire la prospettiva all’interno della quale tali
azioni possono prendere forma.
Il piano strategico si compone delle seguenti parti:
- la vision che definisce gli obiettivi di fondo per lo sviluppo delle attività del Centro e
va definita in modo condiviso con il volontariato e tenendo conto del contributo dei
principali portatori di interesse;
- la mission e i valori di fondo del CSV rispetto ai quali deve essere garantita la
congruenza delle strategie e dei programmi operativi;
- la descrizione del contesto, delle risorse e delle problematiche che caratterizzano il
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I contenuti del piano
strategico
-
-
territorio, il volontariato e il ruolo che lo stesso assume nell’ambito delle politiche e
delle strategie di sviluppo del territorio;
gli obiettivi di fondo e le strategie che si intendono perseguire per rispondere alle
esigenze e ai problemi del volontariato, per promuoverne le condizioni di sviluppo e
per favorire un ruolo attivo dello stesso nell’ambito delle politiche e strategie di
sviluppo del territorio;
gli esiti attesi attraverso la realizzazione delle diverse strategie;
le forme della valutazione che si intendono utilizzare e gli indicatori di risultato e di
esito delle principali strategie;
le modalità per garantire l’informazione all’esterno e agli organismi istituzionali
deputati al controllo delle azioni dei CSV.
I piani operativi annuali
La programmazione strategica costituisce la cornice all’interno della quale si collocano i
piani operativi. I piani operativi hanno decorrenza annuale e costituiscono la traduzione
in pratica degli obiettivi e delle finalità di ordine strategico e degli elementi dell’analisi e
della valutazione dei programmi precedentemente realizzati. Rispetto al piano strategico
i piani operativi contengono pertanto una descrizione più dettagliata delle attività svolte.
Il contenuto dei piani operativi
I piani operativi annuali sono caratterizzati dal seguente contenuto:
- la definizione di obiettivi, strategie e azioni congruenti con le strategie e gli obiettivi
di fondo del piano strategico;
- l’allocazione del budget per il conseguimento di ogni priorità e la realizzazione di
ogni strategia e programma obiettivo;
- le modalità di monitoraggio e valutazione dei risultati relativi al conseguimento dei
diversi obiettivi;
- gli indicatori di risultato e di esito delle singole azioni;
- le modalità per garantire l’informazione all’esterno e agli organismi istituzionali
deputati al controllo delle azioni dei CSV.
I piani operativi si articolano in obiettivi, strategie e azioni. Alle azioni vengono in
genere assegnate risorse congruenti anche se si deve specificare che possono essere
messe in atto azioni rilevanti ai fini dell’implementazione delle strategie e del
raggiungimento degli obiettivi prioritari che non comportano allocazione di budget
oppure che possono proporsi come obiettivo il reperimento di risorse per la realizzazione
di determinate strategie.
Tenendo conto dei vincoli legislativi regionali, la linea guida prevede che mentre i
programmi obiettivo, le strategie e le modalità di valutazione siano definiti
preliminarmente all’avvio del piano operativo annuale, le azioni e l’allocazione del
budget abbiano natura scorrevole. Una parte di azioni può essere definita dunque anche
nel corso dell’annualità in modo da rendere flessibile il processo di programmazione e la
sua relativa attuazione. La completa definizione dei sottoprogrammi e dei sotto obiettivi
si conclude entro l’annualità di riferimento del piano e concorre a definire il rapporto di
rendicontazione economico finanziaria e strategica che ogni singolo CSV è tenuto a
stendere e presentare ai soci e agli organismi istituzionali deputati al controllo dell’uso
delle risorse assegnate e raccolte dai diversi Centri.
Tab. 2 Gli strumenti della programmazione: il piano strategico e il piano operativo
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I piani operativi
I contenuti dei piani
operativi
Piano strategico
Piano operativo
Finalità
Orientamento allo sviluppo strategico
Durata
pluriennale
Contenuti principali
• descrizione del contesto e delle
problematiche che caratterizzano il
territorio, il volontariato e il ruolo che
lo stesso svolge nell’ambito delle
politiche e delle strategie di sviluppo
del territorio
• obiettivi di fondo e strategie che si
intendono perseguire per rispondere
alle esigenze e ai problemi del
volontariato, per promuoverne le
condizioni di sviluppo e per favorire
un ruolo attivo dello stesso nell’ambito
delle politiche e strategie di sviluppo
del territorio
• esiti attesi attraverso la realizzazione
delle diverse strategie
• modalità di monitoraggio e valutazione
dei programmi di intervento
• modalità per garantire l’informazione
all’esterno
e
agli
organismi
istituzionali deputati al controllo delle
azioni dei CSV
Finalità
Supporto alla gestione
Durata
annuale
Contenuti
• obiettivi e programmi operativi di
intervento congruenti con le strategie
e gli obiettivi di fondo del piano
strategico
• allocazione del budget per le
realizzazione di ogni programma
obiettivo
• modalità
di
monitoraggio
e
valutazione dei risultati relativi al
conseguimento dei diversi obiettivi
6. Programmazione e risorse
La programmazione implica in larga parte l’allocazione e l’utilizzo razionale di risorse
economiche. E’ importante sottolineare come le attività di cui si interessa la programmazione
non sono solo quelle legate all’uso di risorse provenienti dal fondo speciale per il volontariato.
Queste risorse costituiscono la fonte di entrata predominante per i CSV, ma non sono le uniche.
Nella programmazione possono essere indicate anche attività cofinanziate oppure finanziate con
risorse diverse rispetto a quelle provenienti dalle indicazioni della L. 266/91. Per svolgere
un’azione incisiva di promozione e sostegno del volontariato è molto importante che i CSV
programmino una strategia che cerca anche di recuperare risorse aggiuntive rispetto a quelle del
fondo speciale per il volontariato soprattutto nell’attuale fase di contenimento delle risorse delle
fondazioni e in prospettiva per allargare il proprio raggio di intervento in termini sia quantitativi
che qualitativi.
Le attività che assumono rilievo per la programmazione sono le seguenti:
-
-
-
attività che si svolgono con risorse provenienti dal fondo della legge 266 e dell’accordo
dell’ottobre 2005 relativo alla quota della perequazione;
attività che si realizzano con risorse provenenti dal fondo e risorse aggiuntive quali ad
esempio i finanziamenti derivanti da convenzioni, le risorse raccolte attraverso il fund
raising o che provengono da cofinanziamenti di associazioni o soggetti pubblici e privati
per la realizzazione di progetti specifici;
attività che si realizzano esclusivamente con risorse aggiuntive rispetto a quelle
provenienti dal fondo della legge 266 e dell’accordo dell’ottobre 2005 relativo alla quota
della perequazione;
esiste infine un quarto tipo di attività di rilevanza strategica che vengono svolte senza
implicare un utilizzo di risorse economiche: esse vanno comunque considerate ai fini
della programmazione perché implicano la realizzazione di azioni i cui esiti permettono
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Le attività di
interesse della
programmazione
di perseguire obiettivi prioritari dei Centri e concorrono quindi a definirne le strategie e i
piani di sviluppo. Ad esempio, se una priorità di sviluppo strategico è rappresentata dalla
necessità di recuperare risorse aggiuntive rispetto a quelle del fondo nazionale per
finanziare un numero più ampio di progetti sociali un’attività congruente può essere la
sensibilizzazione dei grandi industriali del territorio rispetto ai temi del volontariato.
Qualora tale attività sia svolta dagli amministratori volontari del centro, essa risulterebbe
priva di costi economici. Tuttavia per la sua rilevanza e l’impegno che comporta ai fini
della distribuzione e assunzione delle responsabilità di realizzazione è fondamentale che
essa venga inserita nella programmazione.
Tab. 3 Le attività di cui si occupa la programmazione
Attività con risorse economiche
provenienti dal fondo delle legge 266
Attività che si realizzano
esclusivamente con risorse
Attività che si realizzano con risorse
economiche provenenti dal fondo e
risorse aggiuntive
Attività che si realizzano senza
impegno di risorse eocnomiche
economiche aggiuntive
7. Il processo di programmazione e le sue fasi
Il processo di programmazione per i CSV si divide in una serie di fasi. Tali fasi che
sostanziano le diverse funzioni della programmazione descritte nel primo paragrafo
sono:
-
l’avvio del processo e la definizione delle responsabilità;
l’analisi dei bisogni, del contesto e dello scenario;
l’individuazione delle priorità di sviluppo generali
la formulazione delle strategie;
la specificazione delle azioni;
il monitoraggio e la valutazione;
il rinnovo del ciclo della programmazione operativa e la ridefinizione del piano
strategico in relazione all’apprendimento ed ai risultati conseguiti.
La distinzione analitica delle fasi permette di descrivere nel dettaglio i diversi passaggi
della programmazione. Nella pratica, è importante evidenziare come tuttavia i diversi
passaggi possono anche sovrapporsi e non essere sempre chiaramente distinguibili. La
programmazione è infatti un insieme di processi che si realizzano con una forte
soluzione di continuità e che sono caratterizzati da interconnessioni molto strette tra
singoli passaggi.
13
Le fasi della
programmazione
Fig. 2 Il processo di programmazione e le sue fasi
Definizione delle responsabilità
Analisi
Definizione priorità
Formulazione strategie
Definizione azioni
Monitoraggio e valutazione
Rinnovo del ciclo della valutazione
.
8. L’avvio del processo di programmazione e la definizione delle responsabilità
A monte dello svolgimento delle attività di programmazione si colloca la fase della
definizione delle responsabilità di costruzione e attuazione del piano strategico e dei
piani operativi.
Le attività di programmazione così come ogni attività organizzativa richiedono per
essere realizzate una serie di presupposti tecnico funzionali riguardanti ad esempio
l’attribuzione di ruoli e funzioni tra i membri dell’organizzazione, la definizione delle
relazioni tra i diversi membri, la messa a disposizione di tempo per lo svolgimento dei
compiti, lo sviluppo di conoscenze e competenze adeguate allo svolgimento dei compiti.
Le due principali responsabilità che consentono la realizzazione del processo di
programmazione sono:
Le responsabilità
- la regia politica, l’indirizzo e la garanzia;
- il coordinamento e l’implementazione delle attività.
La responsabilità di regia politica, indirizzo e garanzia della programmazione spetta agli
organismi di rappresentanza politica del CSV: l’assemblea dei soci, il comitato direttivo
e il presidente. Tale funzione ha lo scopo di assicurare che la programmazione sia
congruente con la mission del CSV e venga realizzata in linea con i principi guida dei
Centri quali ad esempio la massima rappresentatività dei bisogni del volontariato
territoriale, l’esigenza di fare del volontariato un motore di sviluppo locale, eccetera.
La responsabilità di coordinamento e realizzazione delle attività di programmazione ha
invece natura prevalentemente tecnico strumentale. L’attuazione di tale funzione è di
competenza della componente tecnica del CSV, ossia della direzione con il supporto
della tecnostruttura.
E’ importante evidenziare che per dare luogo a una programmazione al contempo
efficiente e efficace il livello politico e quello tecnico dei Centri devono interagire in
modo pienamente collaborativi rispettando la distinzione tra le reciproche funzioni ma al
contempo fornendo un aiuto reciproco per lo svolgimento dei propri compiti.
14
Le
responsabilità
politiche
Le
responsabilità
tecniche
Fig. 3 Le responsabilità
Regia politica, indirizzo garanzia
Organismi politici
Organismi tecnici
Conoscenze e gestione dei processi
9. L’analisi
La definizione del piano strategico e dei piani operativi inizia con l’analisi dei bisogni e del
contesto. La fase dell’analisi è concettualmente distinguibile da quella della definizione di
priorità e strategie. Nella pratica spesso tali fasi tuttavia si sovrappongono, perché discutere e
analizzare un problema significa attribuire rilevanza a talune variabili piuttosto che ad altre e
facendo questo implicitamente si è portati anche a ricercare l’associazione con alcune soluzioni e
a scartarne altre. Per chiarezza espositiva la fase dell’analisi viene considerata dunque precedente
alla fase della fissazione di priorità e dell’individuazione di strategie, pur riconoscendo che nella
pratica la linea di confine tra le due fasi non sempre è così netta.
9.1 I principi guida
I principi guida della fase dell’analisi sono:
-
la valorizzazione delle capacità del volontariato di essere sensore dei bisogni di un
territorio;
la promozione e costruzione di una conoscenza che consenta di porre in essere azioni
efficienti e efficaci;
l’attenzione al coinvolgimento e all’inclusione del volontariato e dei soggetti implicati
nella sua azione;
lo sviluppo di una conoscenza che consenta al volontariato di essere attore e parte
integrante delle politiche di un territorio.
9.1.1. La valorizzazione delle capacità del volontariato di essere sensore dei bisogni di un
territorio
Il primo principio guida è la valorizzazione delle capacità del volontariato di essere sensore
attento delle problematiche e dell’evoluzione dei bisogni di un territorio. E’ importante
sottolineare che i CSV sono enti che operano in una prospettiva di sussidiarietà rispetto al
volontariato. Anche nella fase di analisi, i CSV sono chiamati di conseguenza a sostenere e
valorizzare la capacità del volontariato di essere sensore dei bisogni e del territorio e di
affiancare tale azione o sostituire il volontariato solo nella misura in cui esso svolge un’azione
conoscitiva insufficiente o parziale. Questo tende a verificarsi con maggiore probabilità nei casi
in cui il volontariato territoriale è molto frammentato e di piccole dimensioni. In questi casi la
visione particolaristica dei singoli gruppi e associazioni rischia di diventare un ostacolo per una
15
I principi guida
dell’analisi
valutazione di insieme dei problemi e delle prospettive di sviluppo del volontariato sul territorio
e un intervento più incisivo da parte dei Csv rappresenta un oggettivo aiuto a misurare le
prospettive e le rappresentazioni frammentate e particolari, con una visione di insieme più ampia
e articolata delle problematiche in campo. Anche nella situazione opposta di presenza di poche
realtà molto consolidate e forti un ruolo attivo dei CSV può sortire effetti positivi. Quanto più le
realtà del volontariato sono frammentate e consolidate tanto maggiore è il rischio del prevalere di
culture forti e autocentrate che possono incontrare difficoltà a evolvere in una condizione di forte
cambiamento e dinamismo dei fenomeni sociali. Il caso tipico è quello delle grandi
organizzazioni di volontariato tradizionale chiamate a confrontarsi con problemi di gestione più
strutturati rispetto al passato e che faticano a identificare come problema la mancanza di
competenze gestionali per motivazioni ideologiche o convinzioni stereotipate. Attraverso
un’azione di confronto costruttivo basato su elementi di conoscenza acquisiti in via autonoma i
CSV possono svolgere un ruolo di incentivazione a affrontare tali limiti.
9.1.2 La promozione e costruzione di una conoscenza che consenta di porre in essere azioni
efficienti e efficaci
Il secondo principio guida dell’analisi è la promozione e costruzione di una conoscenza che
consenta di porre in essere azioni efficienti e efficaci. Questo significa che l’analisi deve
consentire la definizione di priorità nonché il sostegno a un processo decisionale imperniato sui
principi di efficienza e efficacia. Nel momento in cui è necessario allocare risorse scarse l’analisi
serve prioritariamente a stabilire priorità e definire ordini di rilevanza dei problemi che si
intendono affrontare. La base conoscitiva e informativa dei problemi e di conseguenza del merito
e della congruenza delle attività proposte risulteranno di seguito il presupposto per allocare le
risorse nel modo più congruente con gli obiettivi e per aumentare la probabilità che le attività
proposte siano le più adeguate a fornire risposte a problemi specifici. L’analisi è anche il
presupposto per sostenere l’apprendimento organizzativo. Le informazioni storiche sono solo
parzialmente sufficienti per definire priorità e strategie di intervento. Il rischio di fare
affidamento solo sul dato storico è quello di essere scarsamente ricettivi rispetto ai cambiamenti
e alle modificazioni del contesto e di orientare la struttura verso compiti e obiettivi con
rendimenti di efficacia e efficienza progressivamente decrescenti. Questo pericolo diventa
particolarmente consistente quando le organizzazioni utilizzano risorse garantite operando in
regime di ridotta o nulla concorrenza. In questo caso le spinte verso la conservazione, l’uso
efficiente delle risorse e l’attenzione all’efficacia sono portate fisiologicamente a calare. E’
pertanto importante tenere alta l’attenzione verso l’analisi e la ricerca valutativa in modo da
consentire di modificare strategie di intervento obsolete o poco efficaci e di indirizzare le energie
vero i problemi, le attese e i bisogni più significativi di un dato momento storico.
9.1.3 L’attenzione al coinvolgimento e all’inclusione del volontariato e dei soggetti implicati
nella sua azione
Il terzo principio guida dell’analisi è il coinvolgimento e l’inclusione del volontariato e dei
soggetti implicati a vario titolo nella sua azione. Come sosteneva Hayek “nessuna mente singola
può conoscere più di una frazione di quelle che è noto alla mente di tutti gli altri individui. Tutti
gli interessati presi nel loro complesso ne sapranno sempre infinitamente di più di quanto ne può
sapere l’autorità più competente”. Questo semplice enunciato racchiude il significato più
profondo del coinvolgimento come presupposto di un’analisi che sappia riconoscere e
distinguere le priorità e le problematiche di uno specifico campo di intervento. La
partecipazione, il confronto e il coinvolgimento sono necessari perché permettono di costruire
quadri più rappresentativi della realtà e di avvicinare i bisogni di soggetti destinati altrimenti a
rimanere esclusi o marginali. I Csv sono dunque chiamati a effettuare un’analisi che risponde
non solo ai bisogni delle associazioni associate ma anche di quelle non socie, del volontariato in
generale, dei beneficiari delle azioni del volontariato e delle istituzioni che possono collaborare
con le stesse o che attraverso la loro attività incidono sulla qualità della vita e il benessere della
popolazione residente in un dato territorio. Tali bisogni devono essere pertanto presi in
considerazione anche se nelle forme e nei modi perseguibili e appropriati rispetto alle risorse e al
tempo disponibile
16
9.1.4 Lo sviluppo di una conoscenza che consenta al volontariato di essere attore che è parte
integrante delle politiche di un territorio
L’ultimo principio guida è lo sviluppo di una conoscenza che consenta al volontariato di essere
attore e parte integrante delle politiche di un territorio. L’analisi deve da questo punto di vista
interessarsi non solo ai problemi e ai bisogni del volontariato ma al ruolo e alle funzioni che il
volontariato può svolgere per migliorare la qualità della vita di un territorio e per consentire la
soddisfazione di bisogni insoddisfatti. L’analisi costituisce anche il mezzo per incontrare nuovi
soggetti e stringere rapporti con i diversi portatori di interesse dei CSV. Ad esempio attraverso
contatti e incontri con le istituzioni pubbliche vengono a crearsi le condizioni per progettare
sinergie di azione tra i servizi pubblici e il volontariato che precedentemente non esistevano o
non erano possibili. In questo modo il processo di analisi diventa anche opportunità di estensione
della rete dei rapporti tra i CSV e il territorio, di ampliamento del raggio di azione e intervento e
di interazione tra le attività e i progetti del mondo del volontariato con l’ambiente esterno nelle
sue varie sfaccettature e articolazioni.
Fig. 4 I principi guida
Valorizzare l’autonoma capacità del volontariato di essere sensore dei bisogni
LA SUSSIDIARIETA’
Promuovere una conoscenza che
consenta di sostenere azioni
efficaci e efficienti
LA QUALITA’
Sostenere una visione inclusiva
e partecipata dei bisogni e dello scenario
LA PARTECIPAZIONE
Promuovere una conoscenza che consenta al volontariato di essere
attore sociale parte integrante delle politiche di un territorio
LA RETE
L'analisi è da considerarsi una pratica continuativa che prende forma nelle quotidiane attività di
funzionamento del CSV.
Concettualmente la fase dell’analisi viene collocata prima della definizione di obiettivi strategie
e priorità. In realtà, essa assume la sua massima rilevanza precedentemente a tale fase, ma non si
esaurisce in tale arco temporale. Per essere efficace, l’attenzione al contesto, ai bisogni e alle
condizioni di sviluppo del volontariato nel più ampio contesto territoriale di riferimento deve
caratterizzare l’attività del CSV in via continuativa. Ciò permette infatti di:
- raccogliere le informazioni e le conoscenze nel corso della normale attività del centro
evitando di intensificare in un'unica fase lo sforzo e l’impegno di analisi e raccolta dei dati;
- effettuare un’analisi e una valutazione in itinere dei problemi e delle contingenze che nel
corso del tempo assumono rilevanza per il volontariato e il suo sviluppo;
- monitorare e valutare il percorso avviato e la capacità dei programmi di rispondere ai bisogni,
nonché di promuovere comportamenti congruenti con i fini dei CSV.
9.2 L’oggetto dell’analisi
L’analisi ha come oggetto privilegiato:
17
L’analisi come
pratica continuativa
- le strategie seguite e i principali risultati raggiunti dalla programmazione precedente;
- i bisogni, le aspettative e le risorse del volontariato del territorio di competenza, socie e non;
- le condizioni di sviluppo del volontariato in relazione a ai vincoli e alle opportunità di
contesto, i bisogni, alle aspettative e alle risorse del territorio
- le possibili integrazioni della loro azione con le politiche di sviluppo locale, nei diversi ambiti
di intervento;
L’oggetto dell’analisi
9.2.1 Le strategie seguite e i principali risultati raggiunti dalla programmazione precedente
Questo primo oggetto di interesse riguarda la valutazione retrospettiva delle strategie poste in
essere e dei risultati principali raggiunti. Si tratta di un oggetto di analisi fondamentale perché
costituisce il legame tra la programmazione passata, le attività svolte e la programmazione
attuale. Da tale analisi è possibile trarre indicazioni s attività che sono risultate incisive rispetto a
talune problematiche oppure azioni che al contrario non vanno duplicate e riprodotte in quanto
risultate poco efficaci o non utili. Un’analisi retrospettiva costituisce un elemento cardine per la
definizione di obiettivi prioritari e strategie successive.
Gli interrogativi a cui è importate rispondere per effettuare questo tipo di analisi sono:
-
Le strategie poste in
essere e i risultati
conseguiti
quale è stata la capacità del centro di rispondere ai diversi bisogni?
quali strategie hanno funzionato maggiormente?
che cosa può o deve essere eventualmente migliorato per affrontare problemi analoghi?
9.2.2 L’analisi dei bisogni, le aspettative e le risorse del volontariato
competenza, socie e non
del territorio di
I bisogni, le aspettative e le risorse che il volontariato può attivare per rispondere a specifici
problemi costituiscono tradizionalmente il campo privilegiato di interesse per l’azione dei CSV.
Questa analisi mira a fare emergere e raccogliere le esigenze di sviluppo e funzionamento del
volontariato quali ad esempio la necessità di una consulenza amministrativa o legislativa; il
bisogno di formazione e aggiornamento dei volontari o dei gruppi dirigenti, la promozione
dell’immagine per favorire il ricambio generazionale e l’ingresso di nuovi volontari. Questo
focus è classicamente quello che ha caratterizzato in modo più significativo l’azione dei CSV
nella fase di avvio delle loro attività;
Gli interrogativi a cui è importante rispondere per effettuare questo tipo di analisi sono:
-
I bisogni del
volontariato
quali sono le richieste del volontariato?
quali sono gli ostacoli o i problemi principali che esso si trova ad affrontare?
che cosa può fare il Csv per venire incontro alle istanze del volontariato?
9.2.3 Le condizioni di sviluppo del volontariato in relazione ai vincoli e alle opportunità di
contesto, ai bisogni, alle aspettative e alle risorse del territorio
Tale attività si esplica nell’analisi delle opportunità e delle condizioni che permettono al
volontariato di crescere e operare in modo efficace. Essa non si realizza in via esclusiva
attraverso il confronto e la presa in considerazione delle richieste dirette da parte del
volontariato, ma può e deve implicare anche uno sforzo autonomo di conoscenza e analisi da
parte dei CSV. Ad esempio è importante disporre di quadri ampi sul turnover dei volontari o sl
ricambio generazionale e effettuare fotografie della realtà del volontariato che eccedono le
possibilità e le risorse delle singole organizzazioni. Oppure può essere importante capire e questo
è molto rilevante in particolare in un fase di riduzione delle risorse istituzionali a favore dei
Centri o di forte incremento della domanda di sostegno da parte del volontariato locale la
disponibilità delle imprese e delle associazioni di categoria di supportare progetti di volontariato.
Gli interrogativi a cui è importate rispondere per effettuare questo tipo di analisi sono:
- quali sono i fattori che consentono al volontariato di svolgere in modo efficace la propria
azione sul territorio?
18
Le condizioni di
sviluppo del
volontariato
- quali sono gli elementi che indeboliscono tale capacità?
- in che modo tali ostacoli possono essere rimossi o attenuati?
- che cosa può fare il centro servizi per affrontare questi problemi?
9.2.4 Le possibili forme di integrazione dell’azione con le politiche di sviluppo locale, nei diversi
ambiti di intervento
Questo oggetto di analisi è molto importante perché riguarda la verifica degli spazi e delle
possibilità di integrazione dell’azione del volontariato con le politiche locali. Il volontariato è un
attore che deve mantenere e conservare un suo livello di autonomia per potere svolgere con
successo le sue diverse funzioni. Tuttavia la forza del volontariato è data anche dalla sua capacità
di interagire con gli altri soggetti del territorio e di apportare elementi di innovazione e
originalità nell’ambito più ampio delle politiche di intervento. Questo significa che per orientare
l’azione del CSV è anche fondamentale cercare di capire quali sono gli spazi e gli interessi di
queste possibili forme di interazione ad esempio all’interno dei Piani di zona, dei tavoli
territoriali, delle progettazioni integrate nei diversi settori di intervento.
Gli interrogativi di questo tipo di analisi sono:
- quali sono gli ambiti di intervento dove è richiesto o è utile ricercare forme di integrazione
con le politiche territoriali?
- Quali sono gli eventuali vantaggi di tali integrazioni?
- Quali i limiti?
- Che cosa può essere fatto per supportare un ruolo attivo e autonomo del volontariato
all’interno di progettazioni o attività integrate di intervento sul territorio?
Fig. 5 L’oggetto dell’analisi
I bisogni le risorse e le aspettative del volontariato
Le condizioni di sviluppo
del volontariato
Le possibili integrazioni
del volontariato con le politiche locali
Le strategie effettuate e principali risultati conseguiti
9. 3 Il metodo
L’analisi implica un riferimento al metodo. Il metodo è il modo attraverso il quale si da corpo
all’analisi. In base al metodo prescelto per effettuare l’analisi si possono raccogliere specifiche
informazioni a discapito di altre. Quindi la scelta del metodo è molto importante per potere
disporre di quadri attendibili e rappresentativi dei fenomeni rispetto ai quali ci si propone di
19
Le forme di
integrazione con le
politiche locali
intervenire.
L’analisi dei problemi risulterà tanto più completa e rappresentativa quanto più si realizzerà
attraverso:
-
-
Il metodo
la valorizzazione delle conoscenze acquisite dal CSV e il contributo attivo della
tecnostruttura;
la raccolta delle istanze e delle letture prodotte dal volontariato, socio e non, attraverso
un coinvolgimento realizzato mediante strumenti diversi ed adeguati alle peculiarità di
ciascun territorio;
il confronto con gli altri soggetti del territorio rappresentativi del mondo istituzionale e
delle realtà socio economiche;
il confronto con le fondazioni, gli altri coordinamenti provinciali e regionali e le altre
forme di rappresentanza del volontariato.
9.3.1 La valorizzazione delle conoscenze acquisite dal CSV e il contributo attivo della
tecnostruttura
La valorizzazione
delle conoscenze
interne
Una parte importante dell’analisi si realizza attraverso la valorizzazione delle conoscenze e dei
saperi acquisiti dagli amministratori e dal personale dei centri i quali nello svolgimento dei
propri compiti istituzionali vengono quotidianamente a conoscenza di problemi, bisogni e
aspettative del volontariato e delle condizioni in cui esso opera e può svilupparsi. Prima ancora
di rivolgersi all’esterno per la raccolta e l’analisi delle informazioni è dunque fondamentale
promuovere l’emergere delle conoscenze a disposizione dei CSV sia a livello di rappresentanti
politici che di funzionari e personale interno
9.3.2 La raccolta delle istanze e delle letture prodotte dal volontariato, socio e non, attraverso
un coinvolgimento realizzato mediante strumenti diversi ed adeguati alle peculiarità di ciascun
territorio che avviene nello spirito dell'inclusione e della rappresentatività, di tutto il mondo del
volontariato
Per quanto fondamentali le conoscenze e le riflessioni interne non possono esaurire l’analisi dei
problemi e dei bisogni del volontariato e le sue condizioni di sviluppo in un determinato
territorio. Una conoscenza eccessivamente centrata sulle conoscenze e le professionalità interne
ai CSV rischia, infatti, di dare luogo a rappresentazioni parziali o stereotipate della realtà spesso
distorta dal prevalere di relazioni con soggetti esterni privilegiati oppure condizionata dalla
conoscenza storica accumulata dalla tecnostruttura. Inoltre, i CSV operano in uno spirito di
sussidiarietà rispetto al volontariato: essi lo devono dunque promuovere e affiancare ma mai
sostituire nello svolgimento delle sue funzioni principali. Per evitare il pericolo della
stereotipizzazione dell’analisi e del prevalere del sapere tecnico professionale del personale della
tecnostruttura è necessario che sia sempre costante la ricerca di un confronto e di un interazione
con il volontariato del territorio. Tale relazione deve favorire un coinvolgimento attivo del
volontariato al fine di apportare elementi di conoscenza e riflessione aggiuntivi rispetto a quelli
prodotti dalla tecnostruttura e dalle risorse interne ai centri. Partecipi di tali attività devono essere
nelle modalità compatibili e sostenibili dei singoli Centri non solo le associazioni socie ma anche
il mondo del volontariato più vasto per favorire una comprensione più ampia delle problematiche
e dei processi di sviluppo in atto e disporre di un quadro effettivamente rappresentativo delle
tematiche esistenti.
Il confronto con il
volontariato
9.3.3 Il confronto con gli altri soggetti del territorio rappresentativi del mondo istituzionale e
delle realtà socio economiche
Il confronto con i soggetti esterni va ricercato anche al di fuori del mondo del volontariato in
senso stretto tra le istituzioni e i soggetti del territorio che a vario titolo possono essere interessati
all’azione del volontariato o a ricercare sinergie e collaborazioni costruttive con esso. Il rapporto
20
Il confronto con le
realtà del territorio
con questo livello dell’ambiente esterno è anche rilevante per prendere consapevolezza dei
processi evolutivi in atto: ad esempio la diffusione di particolari fenomeni sociali che possono
interessare l’azione del volontariato, come la diffusione della povertà o l’aumento delle esigenze
di integrazione degli immigrati di seconda generazione nelle scuole. Anche in questo caso
l’azione conoscitiva del CSV integra le informazioni a disposizione del volontariato del territorio
e ha lo scopo di fornire elementi di conoscenza rispetto a problematiche che le singole
associazioni possono non considerare perché poco congruenti con le proprie finalità oppure
percepiscono in modo parziale a causa di mancanza di risorse professionali adeguate a leggere la
complessità e la dinamica di particolari fenomeni sociali.
9.3.4 Il confronto con le fondazioni, gli altri coordinamenti provinciali e regionali e le altre
forme di rappresentanza del volontariato
Infine, l’analisi può giovarsi anche del confronto con le conoscenze e i saperi degli altri centri e
coordinamenti provinciali e regionali del volontariato e le altre forme di rappresentanza come i
coordinamenti territoriali laddove esistono, le associazioni di secondo livello eccetera che spesso
sono impegnati a confrontarsi con problematiche analoghe e possono fornire indicazioni e piste
di riflessione utili per il miglioramento della capacità analitica dei singoli centri in particolare di
quelli più piccoli. Questo confronto può essere inoltre molto utile per apprendere dalle migliori
prassi e per ricavare informazioni utili a rendere l’analisi più performante in termini sia di
metodo che di risultati. E’ inoltre molto importante che l’analisi si avvalga anche dei
suggerimenti e delle conoscenze delle Fondazioni che non sono solo i soggetti finanziatori dei
CSV ma vano considerati anche come partner per migliorare l’efficacia delle attività e
l’adeguatezza delle stesse rispetto alle esigenze del territorio.
Fig. 6 Il metodo dell’analisi
La valorizzazione delle conoscenze acquisite
Il confronto con le
istanze del volontariato
Il confronto con le fondazioni e i
coordinamenti del volontariato
regionali e provinciali
Il confronto con le istituzioni e i soggetti del territorio
9.4 Gli strumenti
21
Il confronto con le
fondazioni e le altre
forme di
rappresentanze del
volontariato
provinciali e
regionali
Operativamente l’analisi può essere realizzata avvalendosi di diversi strumenti. Gli strumenti per
l’analisi sono plurali e differenziati e ciascuno di essi è adatto a rispondere a specifiche
problematiche e bisogni conoscitivi. Gli strumenti si possono dividere in quattro gruppi
principali:
-
Gli strumenti
dell’analisi
colloqui e le relazioni faccia a faccia (vis-a-vis);
i gruppi di lavoro e gli incontri di discussione;
l’analisi della documentazione;
la ricerca.
9.4.1 I colloqui e le relazioni faccia a faccia
I colloqui e le relazioni faccia a faccia possono avere natura sia informale che formale Nel primo
caso, si articolano come elementi componenti la normale pratica di funzionamento dei centri e
l’interesse a comprendere i bisogni e i problemi del volontariato così come a individuare
soluzioni comuni dovrebbero fare parte della cultura professionale quotidiana degli operatori e
degli amministratori. Nel secondo caso, si parla non di relazioni informali ma di rapporti
esplicitamente finalizzati a approfondire l’analisi che possono assumere la forma di interviste
semi strutturate o strutturate o interviste in profondità.
I rapporti faccia a
faccia
9.4.2 I gruppi di lavoro e gli incontri di discussione
I gruppi e gli incontri di discussione sono momenti a cui partecipa più di un singolo individuo.
Essi possono assumere varie forme che variano dal gruppo di lavoro vero e proprio esistente
oppure creato ad hoc, al focus group. La differenza rispetto agli incontri faccia a faccia è che
attraverso l’incontro tra più persone viene stimolato il confronto e è possibile ricostruire quadri
più rappresentativi e trasversali della realtà. Rispetto agli incontri faccia a faccia queste attività
richiedono un maggiore impegno organizzativo e competenze di gestione specifiche. Per questo
motivo, esse vanni selezionate in base al livello di interesse e rilevanza che possono
effettivamente avere per il raggiungimento delle finalità e degli obiettivi di sviluppo dei singoli
Centri. I gruppi di lavoro possono essere sia interni ai centri e riguardare gli operatori, lo staff e/o
gli amministratori che esterni e implicare il coinvolgimento di associazioni, enti locali,
rappresentanti della società civile, eccetera. I gruppi di lavoro utili a disporre di elementi per
disporre di un quadro dei fenomeni che si intendono affrontare non sono solo quelli attivati e
promossi dai CSV. Enti locali, associazionismo, terzo settore promuovono alle volte gruppi o
incontri di discussone relativi a particolari tematiche quali i tavoli di lavoro per i piani di zona,
gli incontri per gli accordi di quartiere, i focus groups all’interno dei processi di pianificazione
urbana. In molti casi questi momenti possono rappresentare fonti informative importanti per lo
sviluppo delle attività dei CSV e possono essere dunque considerati a pieno titolo strumenti
funzionali al miglioramento della programmazione.
I gruppi e gli
incontri
9.4.3 La documentazione
L’analisi della documentazione consiste della lettura e nell’aggiornamento relativo ai documenti
a vario titolo prodotto da enti locali, istituzioni di ricerca, coordinamenti del volontariato o del
terzo settore che possono avere rilevanza ai fin del miglioramento della programmazione. Ad
esempio uno studio locale sulla condizione giovanile oppure sull’evoluzione e i bisogni della
popolazione anziana costituiscono materiali importanti per permettere ai CSV di disporre di un
quadro conoscitivo sulle caratteristiche e i bisogni di un territorio da utilizzare per identificare
priorità di intervento o per favorire l’integrazione delle attività del volontariato del settore con
altri interventi realizzati dagli attori del territorio.
La documentazione
La ricerca
9.4.4 La ricerca
Un ultimo strumento utile all’analisi è la ricerca. Diversi CSV realizzano occasionalmente spesso
in collaborazione con gli enti locali indagini sulla condizione del volontariato in un determinato
territorio. In alcuni casi i CSV hanno partecipato alla definizione di mappe dei bisogni o a altre
22
attività finalizzate a studiare uno specifico fenomeno sociale. Si tratta di attività molto
dispendiose e che richiedono competenze e preparazione specifica. Esse devono essere realizzate
dunque a ragion veduta e va evitato di pensare i CSV come centri di ricerca ma un loro utilizzo
mirato e realizzato in partnership con altri enti può diventare uno strumento importante non solo
per rispondere ai bisogni del volontariato ma anche per sostenerne lo sviluppo e le attività.
Fig. 7 Gli strumenti dell’analisi
I focus groups i gruppi di lavoro
I colloqui informali
La documentazione
La ricerca
10. Dall’analisi alla definizione di priorità
La fase dell’analisi permette di identificare i problemi e di individuare contemporaneamente o
successivamente le priorità e le strategie di intervento. L’analisi è dunque parte essenziale per la
definizione delle priorità e delle strategie di intervento. Il rapporto tra analisi e priorità è
esemplificato nella fig. 3. Nel riquadro dei risultati dell’analisi è riportato il fenomeno della forte
diminuzione di giovani volontari all’interno delle associazioni di volontariato locali. Dalle
indicazioni raccolte risulta che la difficoltà di ricambio generazionale pone in una condizione di
notevole sofferenza molte associazioni che sono costrette a ridurre le proprie attività e non
riescono a fornire risposte alle problematiche e ai bisogni emergenti. Un obiettivo giudicato
prioritario da raggiungere è sulla base di tale indicazione la promozione di attività di sostegno al
ricambio generazionale.
23
Fig. 8 Il rapporto analisi priorità
Analisi
Forte diminuzione dei giovani
nelle associazioni di volontariato
Difficoltà a fornire risposte a bisogni
emergenti
Priorità
Promuovere attività a sostegno
del ricambio generazionale
10.1 Le priorità
La definizione delle priorità, o degli obiettivi strategici, è la funzione che da forma
all’indirizzo strategico del CSV e risulta, pertanto, strettamente collegata alla funzione di
regia e indirizzo politico.
Le priorità
Le priorità si definiscono come gli obiettivi strategici che si intendono raggiungere in un
determinato arco temporale attraverso un insieme di strategie correlate. Il concetto stesso di
priorità indica che non tutti gli obiettivi possono essere posti sullo stesso piano e questo è tanto
più vero quanto più le risorse disponibili sono scarse In presenza di scarsità di risorse che è la
condizione data e contingente per la maggior parte dei CSV non tutti gli obiettivi possono essere
raggiunti e non tutte le domande possono essere soddisfatte. E’ necessario pertanto stilare delle
graduatorie di obiettivi prioritari.
Il concetto di priorità è di per sè fortemente influenzato da considerazioni di ordine soggettivo
per cui si deve stabilire una serie di criteri in base ai quali un obiettivo può essere considerato
prioritario rispetto a altri.
Si possono definire cinque criteri fondamentali per individuare le priorità di intervento:
- il primo è la coerenza con la mission dei CSV. Tale criterio fissa i confini generali all’interno
dei quali le priorità vanno posizionate. Ad esempio non rientra nella mission dei CSV il
fornire finanziamenti per programmi che prevedono un utilizzo strumentale del volontariato
da parte delle istituzioni locali mentre può essere considerata come un’azione di promozione
del volontariato il sostegno ad attività di collaborazione delle associazioni di volontariato con
la rete dei servizi nella misura in cui tali attività sorreggono progettualità sorte su iniziativa di
queste associazioni.
- il secondo criterio è la rilevanza degli obiettivi per lo sviluppo del volontariato e la
soddisfazione delle sue istanze e richieste. Ad esempio se il volontariato locale esprime una
forte richiesta di sostegno per favorire il ricambio generazionale a fronte di una riduzione di
nuovi volontari, l’obiettivo di promuovere azioni che perseguono tale fine può essere
identificato come prioritario nell’ambito della programmazione del CSV
- il terzo criterio è la sostenibilità. Esso si riferisce alla effettiva capacità di definire e
perseguire obiettivi concretamente raggiungibili sia in termini strategico organizzativi che
finanziari. Un obiettivo può essere importante ma nell’immediatezza il suo raggiungimento
può risultare impraticabile. In tal caso l’obiettivo non può essere individuato come prioritario
- il quarto criterio è l’indispensabilità che si può misurare rispetto agli effetti che si potrebbe
24
I criteri di
individuazione delle
priorità
avere se un determinato insieme di azioni non fossero implementate. Ad esempio, se non
venissero offerti servizi di consulenza fiscale intensivi in una fase in cui sono approvate leggi
specifiche in materia quali rischi incorrerebbe il volontariato organizzato del territorio? Se tali
rischi sono elevati l’obiettivo di fornire servizi di consulenza intensivi deve essere
considerato prioritario
- l’ultimo criterio per definire le priorità di intervento è dato dall’urgenza. L’urgenza è definibile
come l’arco di tempo entro il quale è importante o indispensabile svolgere specifiche azioni
per raggiungere un obiettivo. La necessità di riformare entro un determinato periodo gli
statuti delle associazioni a seguito dell’emanazione di un provvedimento o di una legge in
materia da la misura della priorità di perseguire l’obiettivo dell’erogazione di servizi di
consulenza amministrativa intensivi per tutte le associazioni del territorio.
Fig. 9 I criteri di individuazione delle priorità
Coerenza
con mission
Rilevanza
Sostenibilità
Urgenza
Indispensabilità
Priorità
Gli obiettivi prioritari o priorità dei CSV possono essere nuovi, oppure relativi al consolidamento
delle attività pregresse. Nel caso di un nuovo CSV ad esempio è probabile che tra le prime
priorità si possano annoverare la conoscenza del CSV presso il volontariato locale oppure la
strutturazione di un servizio consulenza attraverso il quale erogare servizi alle realtà del
territorio. Un CSV più consolidato al contrario potrà proporsi come priorità il consolidamento
dei servizi erogati oppure lo sviluppo di servizi a favore delle associazioni di volontariato di
dimensioni più piccole o del volontariato periferico.
La definizione delle priorità non esaurisce le attività del CSV. Le attività già in essere così come
le attività strutturali continuano a rappresentare infatti un obiettivo del funzionamento dei centri.
Esse si inseriscono tuttavia all’interno di una quadro di sviluppo di tipo dinamico e propositivo
per lo sviluppo del CSV che consente di guardare oltre la quotidianità e di potere affrontare i
problemi e i nodi di fondo per una crescita di medio lungo periodo.
10.2 Dalle priorità alle strategie
Le strategie costituiscono le linee di azione che un’organizzazione di propone di perseguire per
raggiungere i propri obiettivi. In linea generale, la strategia può essere considerata come un
insieme di linee di azione per dare coerenza tra le finalità e gli obiettivi dell’organizzazione, il
suo ambiente esterno e le sue risorse interne. La strategia è dunque una declinazione delle
priorità che si intendono perseguire. Il rapporto tra priorità e strategie è esemplificato nella fig.
10. La priorità è rappresentata dal sostegno a attività finalizzate a promuovere il ricambio
generazionale per contrastare il problema della diminuzione di giovani che svolgono attività di
volontariato organizzato. Le strategie congruenti con tale obiettivo di fondo sono: l’avvio di
campagne di sensibilizzazione nelle scuole a favore del volontariato; l’organizzazione di attività
25
Le priorità e le
attività ordinarie
formative rivolte alle associazioni per realizzare e gestire campagne di people raising e il
sostegno a nuove attività di volontariato giovanile.
STRATEGIE
PRIORITA’
Fig. 10 Il rapporto priorità strategie
Promuovere attività
a sostegno del ricambio generazionale
Avviare campagne di
Formare le associazioni Sostenere nuove progettualità
sensibilizzazione
per gestire
di volontariato giovanile
nelle scuole
campagne di people raising
a favore
del volontariato
10.2.1 Strategie esterne e interne
E’ importante sottolineare che le strategie possono essere sia interne che esterne e che tra i due
tipi di strategie esiste un nesso molto stretto.
Le strategie esterne riguardano il conseguimento di obiettivi che si collocano al di fuori della
struttura del Centro quali ad esempio la formazione del volontariato locale, la promozione di una
migliore immagine dello stesso sul territorio, il sostegno a attività basate su una maggiore
collaborazione tra le associazioni, eccetera.
Le strategie esterne richiedono per essere realizzate di una valutazione che non può prescindere
dalla capacità interna di sostenere specifiche attività. Ad esempio, se una strategia esterna è
finalizzata a estendere il bacino di fruizione dei servizi ad associazioni periferiche e di piccole
dimensioni si può porre il problema della visibilità del Centro e della conoscenza che le
associazioni hanno dello stesso. Per migliorare la propria visibilità può essere importante che il
Centro investa su azioni di miglioramento della propria capacità comunicativa ad esempio
rendendo più fruibile il proprio sito internet aprendo alcuni sportelli territoriali. Queste strategie
hanno come obiettivo un’azione rivolta verso l’interno del Centro per adeguare lo stesso a
svolgere in modo efficiente e efficace specifici compiti. Esse possono essere concettualizzate
pertanto come attività indirette di sostegno e promozione al volontariato perché il loro fine è
quello di rendere più capace la struttura del centro servizi di rispondere a bisogni o richieste o
esigenze esterne di sviluppo del volontariato.
Strategie esterne e strategie interne concorrono in eguale misura alla realizzazione della mission
dei CSV e entrambe devono essere dunque considerate come focus importanti dell’attenzione.
10.2.2 La formulazione delle strategie
La formulazione di una strategia si realizza attraverso la descrizione e valutazione di come può
essere progettata un’interazione coerente tra le caratteristiche interne dell’organizzazione e
quelle esterne o ambientali in funzione del raggiungimento dei suoi obiettivi.
Un esempio di processo di formulazione di strategia è il seguente. Un CSV ha ricevuto istanze e
richieste dal volontariato del territorio di promuovere azioni finalizzate a sostenere il ricambio
generazionale e l’ingresso di nuovi volontari. Tali richieste sono diffuse e non occasionali e
rilevano l’esistenza di un trend verso la riduzione delle vocazioni a svolgere attività di
volontariato sul territorio che rischia di indebolire in modo significativo la capacità di azione del
volontariato locale. Diventa dunque prioritario intervenire rispetto a questo problema.
26
Le strategie esterne
Le strategie interne
Le strategie
In che modo è possibile mettere in atto strategie congruenti con questo obiettivo? Come fare a
pensare a strategie incisive ed efficaci?
Un primo elemento di valutazione riguarda le cosiddette minacce che caratterizzano lo scenario
in cui opera il volontariato locale. Esse possono essere date da un aumento di occasioni di tempo
libero per i giovani che rendono la decisione di svolgere attività di volontariato una delle
opportunità possibili per trascorrere il proprio tempo.
Un secondo elemento è dato dall’analisi dei punti di debolezza del volontariato locale che
potrebbe presentarsi caratterizzato da organizzazioni fortemente gerarchiche e con una scarsa
capacità di rappresentare gli interessi e le richieste di partecipazione delle giovani generazioni.
A fronte di queste valutazioni di criticità è necessario considerare anche le opportunità che lo
scenario offre e i punti di forza del volontariato.
Le opportunità rappresentano il terzo elemento da tenere in considerazione quando si parla di
analisi strategica. Un fattore di opportunità può essere dato dalla presenza di un atteggiamento
favorevole da parte delle amministrazioni locali a investire risorse per progetti che prevedono un
coinvolgimento diretto dei giovani.
L’ultimo elemento utile a completare l’analisi strategica è costituito dai punti di forza del
volontariato locale che potrebbero essere rappresentati dalla presenza di un piccolo gruppo di
associazioni che in controtendenza con il dato generale hanno aumentato in modo molto
significativo la propria base volontaria nel corso degli ultimi anni.
Il quadro sintetico di questa analisi può essere rappresentato in forma sintetica attraverso la
figura 11.
Fig. 11 L’analisi strategica dello scenario
L’analisi strategica dello scenario
opportunità
Minacce rischi
Moltiplicazione delle
occasioni di tempo libero
Disponibilità delle
amministrazioni locali
a supportare progetti
per i giovani
di volontariato giovanile
IL PROBLEMA
la forte diminuzione
dei volontari
nelle associazioni
Alcune esperienze
di associazioni
con volontariato
Forte presenza
di associazioni
gerarchiche
giovanile in forte crescita
e con vertici anziani
Punti di forza
Punti di debolezza
Questo tipo di analisi consente di trarre indicazioni che aiutano la formulazione di una strategia
pensata come elemento per rendere coerenti obiettivi, variabili esterne e interne al mondo del
volontariato locale. La moltiplicazione delle occasioni di tempo libero per i giovani indica la
necessità di rendere le proposte di volontariato maggiormente attrattive e congruenti con i gusti e
gli interessi dei giovani pena il loro allontanamento; l’esistenza di esperienze virtuose di
associazioni che hanno saputo invertire il trend della diminuzione di giovani volontari fornisce
l’opportunità di apprendere da un’esperienza positiva realizzata all’interno del territorio; la
disponibilità delle amministrazioni locali di sostenere progetti di sviluppo del volontariato
giovanile consente di disporre di risorse e supporti logistici e organizzativi per avviare nuove
attività espressamente indirizzate ai giovani; infine l’accentramento e l’invecchiamento delle
strutture decisionali delle associazioni indica l’opportunità di individuare nuovi ambiti di attività
meno condizionati dalle resistenze e dall’influsso dei ceti dirigenziali attuali.
La fig. 12 evidenzia l’insieme delle indicazioni desumibili dall’analisi strategica e i reciproci
27
L’analisi strategica
legami.
Fig. 12 Le indicazioni dell’analisi strategica
Le indicazioni dell’analisi strategica
opportunità
Minacce rischi
Disponibilità delle
amministrazioni locali
a supportare progetti
di volontariato giovanile
Moltiplicazione delle
occasioni di tempo libero
per i giovani
Possibilità di fruire di un supporto anche
IL PROBLEMA
la forte diminuzione
dei volontari
nelle associazioni
Necessità di fornire proposte
attrattive per i giovani
economico da parte dei comuni
Forte presenza
di associazioni
gerarchiche
e con vertici anziani
Alcune esperienze
di associazioni
con volontariato
giovanile in forte crescita
Necessità di fornire
maggiori spazi di
rappresentanza ai
Opportunità di imparare e diffondere le buone prassi
giovani
Punti di forza
Punti di debolezza
Una volta elaborate le indicazioni provenienti dall’analisi strategica, è possibile formulare le
strategie attraverso le quali i diversi problemi o idee di sviluppo vengono concretizzate. Le
strategie diventano in questo quadro l’esito di un ragionamento effettuato tenendo in
considerazione un insieme di variabili variegate ma che possono essere considerate in una
visione di insieme in forza dell’analisi di insieme con cui sono state considerate.
Seguendo l’esempio riportato in precedenza le indicazioni dell’analisi strategica portano a
identificare ad esempio come possibile strategia lo sviluppo di attività attrattive per i giovani da
progettarsi attraverso un coinvolgimento diretto di questi ultimi. Questa strategia risponde al
problema della pluralizzazione delle occasioni di utilizzo del tempo libero per i giovani che
mettono in crisi i modelli di reclutamento tradizionali delle associazioni di volontariato. Al
contempo, essa rimanda all’opportunità di avviare progetti al di fuori delle associazioni
tradizionali le cui strutture di governo eccessivamente accentrate possono non lasciare sufficiente
rappresentanza e spazio alle idee dei giovani e rischiano di rappresentare un fattore di forte
disincentivazione alla partecipazione delle nuove generazioni. L’avvio di nuove progettualità è
altresì reso possibile dall’impegno dei Comuni a investire risorse in progetti indirizzati ai giovani
e può avvalersi dunque di risorse anche aggiuntive rispetto a quelle messe a disposizione dai
CSV.
La figura 13 sintetizza le possibili strategie che emergono dalle indicazioni dell’analisi strategica
effettuata partendo dal problema della riduzione dei giovani nelle realtà del volontariato sul
territorio.
Fig. 13 La formulazione delle strategie
28
La formulazione delle strategie
Minacce rischi
Moltiplicazione delle
occasioni di tempo libero
STRATEGIE CONGRUENTI
Necessità di fornire proposte
Sviluppare progettualità
attrattive per i giovani
favorendo il loro
coinvolgimento
attivo nelle fasi di
attrattive per i giovani
progettazione
per i giovani
opportunità
Disponibilità delle
amministrazioni locali
a supportare progetti
di volontariato giovanile
Possibilità di fruire di
un supporto anche
economico da parte
dei comuni
Alcune esperienze
di associazioni
con volontariato
giovanile in forte crescita
Promuovere e diffondere
le migliori prassi
di gestione e attrazione
Intensificare le forme
di coprogettazione
con gli enti locali
di giovani volontari
territoriali
Forte presenza
di associazioni
gerarchiche
e con vertici anziani
Opportunità di imparare
Necessità di fornire
maggiori spazi di
rappresentanza ai
e diffondere le buone prassi
giovani
Punti di forza
Punti di debolezza
11. Le azioni
Le priorità e le strategie sono dimensioni che si collocano su di un piano di per sé astratto. Il
livello in ci avviene la vera concretizzazione della programmazione è quello delle azioni. Le
azioni sono costituite dai singoli programmi di intervento che definiscono nel dettaglio cosa si
intende fare e come si vuole procedere per mettere in pratica priorità e strategie. Per comodità le
azioni possono essere fatte rientrare all’interno di specifiche aree di attività o di servizio così
come è tradizione di molti CSV. Nel caso di azioni caratterizzate dall’appartenenza a più di
un’area di servizio come, ad esempio, può accadere nel caso di una sovrapposizione tra area
della formazione e quella della consulenza l’attribuzione di un’azione a una singola area può
essere effettuata attraverso il criterio della rilevanza principale.
Le azioni devono essere descritte attraverso la specificazione dei seguenti aspetti:
-
gli obiettivi che attraverso di esse ci si propone di perseguire;
il legame con gli obiettivi del piano e le strategie e i problemi che si intendono
affrontare;
le fasi in cui esse sono articolate;
i contenuti di dettaglio delle singole fasi;
i tempi di attuazione;
i costi associati alle azioni e in dettaglio laddove è possibile alle singole fasi o centri di
costo distinguendo tra risorse interne e esterne al bilancio del CSV;
le responsabilità di gestione e attuazione dell’azione e delle singole fasi laddove è
necessario.
Il grado di dettaglio della descrizione delle singole azioni varia sulla base delle
informazioni di cui si dispone inizialmente, della complessità del problema da affrontare
e delle variabili che possono intervenire in corso di realizzazione. Si possono avere
dunque livelli di descrizione più o meno dettagliati delle singole azioni. Se una riduzione
di dettaglio in presenza di informazioni adeguate è da considerarsi un deficit e un
elemento da migliorare, un eccesso di dettaglio in presenza di problemi complessi e
informazioni limitate rischia di ingenerare un opposto problema di irrigidimento
improprio dell’azione e di difficoltà di modificare la stessa di fronte alle contingenze e
agli scostamenti rispetto alle previsioni.
29
La definizione delle
azioni
I contenuti delle
azioni
Fig. 14 Gli elementi descrittivi delle azioni
;
Gli elementi di descrizione delle singole azioni
gli obiettivi che attraverso di esse ci si propone di perseguire
il legame con gli obiettivi del piano e le strategie e i problemi che si
intendono affrontare
le fasi in cui esse sono articolate
i contenuti di dettaglio delle singole fasi
i tempi di attuazione
i costi associati alle azioni e in dettaglio laddove è possibile alle singole fasi
o centri di costo distinguendo tra risorse interne e esterne al bilancio del
CSV
le responsabilità di gestione e attuazione dell’azione e delle singole fasi
laddove è necessario
11.1 Il legame tra strategie e azioni
In linea di principio, le azioni costituiscono l’applicazione dei singoli obiettivi e strategie di
fondo della programmazione. Le azioni servono a declinare operativamente le strategie le quali,
a loro volta, indicano il modo attraverso il quale l’ente intende perseguire i propri obiettivi
strategici. In linea generale, ad ogni strategia può corrispondere un numero svariato di azioni. Ad
esempio se un obiettivo a cui si conferisce priorità è il sostegno al ricambio generazionale del
volontariato locale e le strategie individuabili per raggiungere tale obiettivo sono rappresentate
da un investimento di risorse per l’avvio di associazioni o attività di volontariato giovanile, le
azioni congruenti possono essere date dall’organizzazione di un corso di formazione riservato a
giovani che intendono far partire un progetto di volontariato organizzato oppure dall’apertura di
un bando specificamente finalizzato all’avvio di attività di volontariato giovanile.
.
30
AZIONI
STRATEGIA
Fig. 15 Il rapporto strategie e azioni
Avviare campagne di
sensibilizzazione
nelle scuole
a favore
del volontariato
Progetto
sensibilizzazione
Istituto Geometri
“Santino Rossi”
Progetto
il Volontariato amico
all’istituto “Dario Canestrini”
Formazione volontari
per fare interventi
di sensibilizzazione
nelle scuole
Come nel caso della relazione tra obiettivi prioritari e strategie, anche il rapporto tra strategia e
azioni non è solo lineare. Si può avere infatti anche il caso in cui una singola azione o più di
un’azione costituiscono la declinazione operativa di più di una strategia. Ad esempio, due
strategie quali la promozione del volontariato giovanile e lo sviluppo di progettualità integrate di
intervento tra volontariato e altri soggetti del terzo settore possono trovare una declinazione
operativa nel finanziamento di un progetto giovani che prevede il coinvolgimento e la
partecipazione di gruppi di volontariato giovanile e cooperative sociali del territorio.
La fig. 16 sintetizza la relazione esistente tra strategie e azioni.
La relazione tra
strategie e azioni
Fig. 16 Il rapporto tra strategie e azioni
Una strategia
per un’azione
Una strategia
per più azioni
strategia
strategia
azione
azione
Più strategie
per un’azione
strategia
azione
strategia
azione
12. La costruzione del piano strategico
Il piano strategico viene costruito con cadenza pluriennale. L’arco dei tre anni è considerato il
più idoneo a gestire la programmazione strategica ma si possono predisporre anche piani di più
31
Un piano a cadenza
breve o lunga durata. Una durata inferiore ha il vantaggio di esser meno vulnerabile a
accadimenti imprevisti e importanti che mettono in dubbio le scelte di fondo effettuate nella fase
di definizione del piano strategico. Di converso, la visione di medio lungo periodo tende a
smussarsi e rischia di prevalere un approccio ancora fortemente condizionato dalla gestione della
quotidianità. Una durata più lunga supplisce a questo limite dando una prospettiva effettivamente
di largo respiro all’azione dei Centri. Essa si presta tuttavia al problema del più lungo lasso di
tempo intercorrente tra la fase di definizione del piano strategico e il suo termine che porta ad
aumentare fisiologicamente la probabilità dell’incompletezza del modello previsionale iniziale.
Il piano strategico definisce le linee di indirizzo generali dell’azione dei CSV. Esso richiede
dunque lo sforzo più intenso di analisi, discussione e riflessione sulle prospettive e le
problematiche da affrontare. Tale sforzo è l’esito anche delle attività conoscitive e di
elaborazione delle informazioni concretizzatesi nel corso del tempo dal Centro e dal volontariato
che partecipa alla sua gestione. La rilevanza strategica del piano può rappresentare tuttavia anche
l’occasione per estendere l’attività conoscitiva e di definizione delle strategie attraverso
l’organizzazione di forme di consultazione e discussione mirate con il volontariato e le istituzioni
locali.
pluriennale
Uno strumento di
visione di fondo
13. Dal piano strategico ai piani operativi annuali
Il piano strategico costituisce lo sfondo all’interno del quale si collocano in una prospettiva
dinamica e di interazione circolare i piani operativi annuali. La logica del piano operativo
annuale è quella della concretizzazione di obiettivi strategici e azioni congruenti con le linee di
fondo del piano strategico.
I piani operativi annuali si basano sulle informazioni e le analisi che hanno concorso a definire il
piano strategico e contemporaneamente sull’acquisizione e analisi di conoscenze e informazioni
raccolte nel corso del tempo e nella fase antecedente alla loro stesura.
Concettualmente l’analisi su cui si basa la stesura del piano strategico pluriennale coincide con
quella utilizzata per redigere il piano operativo del primo anno di validità del piano strategico. Il
piano operativo della seconda annualità necessiterà di integrazioni e ulteriori acquisizioni di
informazioni rispetto a quanto stabilito dal piano strategico perché nel frattempo potranno essersi
verificati accadimenti che hanno reso il piano strategico incompleto o parziale come riferimento
per la definizione dei piani operativi annuali successivi. Il piano operativo della terza annualità
allontanandosi nel tempo in misura ancora maggiore dal periodo di stesura del piano strategico di
riferimento andrà definito con un ulteriore analisi e elaborazione di informazioni.
Così come il piano strategico anche i piani operativi annuali comprendono oltre ai riferimenti
dell’analisi, le priorità e gli obiettivi di fondo che il Centro si propone di perseguire nel corso
dell’anno. I piani operativi annuali si differenziano dal piano strategico, perché è al loro interno
che si colloca la descrizione delle azioni attraverso le quali obiettivi prioritari e strategie vengono
tradotti in pratica.
A ogni priorità corrispondono una o più strategie. Le strategie vanno descritte evidenziando il
legame che le unisce alle singole priorità obiettivo. Ad esempio se una priorità obiettivo consiste
nel migliorare le capacità di accesso a risorse finanziarie da parte del volontariato del territorio si
possono individuare come strategie confluenti lo sviluppo di competenze nell’area del fund
raising oppure il miglioramento delle competenze progettuali per partecipare a bandi o
concessioni di finanziamenti su progetto.
14. I piani operativi come documenti scorrevoli
Le azioni che permettono di tradurre in pratica priorità e strategie possono essere definite sia in
fase di stesura iniziale del piano che nelle fasi della sua realizzazione. Per una parte di azioni è
ragionevole pensare che all’inizio dell’annualità si disponga di informazioni e conoscenze
sufficienti per definire le azioni in modo operativo. Le azioni attraverso le quali si sostanziano le
strategie possono essere definite tuttavia nel dettaglio anche durante l’anno di attività perché è
nello scorrere dei mesi che si possono presentare richieste, occasioni o obblighi di intervento
specifici. L’esigenza di rendere flessibile il processo di definizione delle azioni operative è data
dal fatto che possono esistere una serie di condizioni tali da rendere inefficiente o impropria
32
Il piano strategico
come sfondo
I piani operativi
Il rapporto tra
analisi e piano
operativo
l’assunzione di decisioni ex ante relative a attività di dettaglio che si sostanziano lungo un arco
temporale molto lungo come è l’anno solare.
In generale, la programmazione lineare che prevede una completa specificazione ex ante delle
azioni di dettaglio da perseguire per realizzare strategie può essere difficile da attuare a causa di
problemi di informazione, scarsa disponibilità di conoscenze, insufficiente o parziale capacità di
dare significato ai problemi, problemi imprevisti che si verificano nel corso del tempo e
influenza delle azioni svolte sulle conoscenze e le stesse rappresentazioni dei problemi a cui si
vuole dare risposta.
Ad esempio rispetto alla priorità di migliorare le capacità di accesso del volontariato a risorse
finanziarie è possibile esplicitare già nella fase di definizione del piano operativo la
programmazione in dettaglio di una serie di corsi di formazione territoriali sul tema del fund
raising e prevedere di stanziare un finanziamento specifico per tali azioni. Non tutte le azioni
sono, tuttavia, individuabili nel dettaglio nella fase di definizione del piano operativo annuale. Si
può verificare ad esempio che alcune domande per la partecipazione a corsi di formazione non
siano ancora maturate all’interno delle associazioni oppure che l’emanazione di specifici
regolamenti o provvedimenti restrittivi nell’erogazione delle risorse spingano nuove associazioni
a sviluppare un approccio più orientato al fund raising.
In questi casi è ragionevole e opportuno che i CSV siano in grado di adattare la loro azione alle
contingenze e alle richieste di sostegno provenienti dal territorio nel corso dell’anno.
La definizione delle azioni che sostanziano le strategie e le priorità del piano operativo annuale
devono essere pensate dunque con una sequenza scorrevole.
In una fase che corrisponde a quella della definizione del piano operativo annuale non tutte le
azioni devono essere necessariamente esplicitate nel dettaglio e dotate di un budget relativo.
Alcune azioni potranno prendere forma nel corso dell’anno e i relativi budget saranno attivati nel
periodo congruente con il loro avvio.
La valutazione delle azioni avviene di conseguenza nella sua completezza solo alla fine della
realizzazione del piano operativo annuale attraverso una logica di descrizione e valutazione in
parte anche a ritroso delle attività svolte.
Ogni azione di dettaglio, in ragione del fatto che la sua valutazione si può realizzare anche ex
post rispetto alla sua implementazione necessita di essere descritta con accuratezza sia rispetto
alle motivazioni che al legame con le strategie, agli obiettivi, alle fasi, ai tempi, ai costi e alle
eventuali responsabilità di gestione e coordinamento qualora esse ricadano in capo a personale
interno al CSV. Le azioni possono realizzarsi anche senza implicare un’allocazione di budget.
Anche in tal casi esse devono essere tuttavia specificate e inserite nel documento di piano
operativo annuale.
Il modello scorrevole risponde a un’esigenza di incrementalismo tipica dei processi di
programmazione che si confrontano con ambienti incerti e dinamici. Quando si verificano queste
condizioni, la moderna teoria delle decisioni evidenzia come volere rendere a tutti i costi gli
obiettivi più chiari, investire più tempo e risorse nella raccolta di informazioni, rinvigorire gli
aspetti vincolanti del programma, prevedere disincentivi e penalizzazioni per chi non collabora o
non si impegna in modo adeguato al raggiungimento degli obiettivi prefissati sono espedienti che
rischiano di risultare inoffensivi ai fini della appropriata formulazione degli scopi e delle linee di
intervento. Quello che è realmente importante è la capacità di elaborare e implementare dei
meccanismi decisionali caratterizzati da un processo di retroazione continua e incessante
dell’azione sugli obiettivi: la razionalità della programmazione solo in parte è definibile dunque
a priori, in altra parte essa necessita, per portare a un utilizzo effettivamente efficiente e efficace
delle risorse, di una prospettiva dinamica e incrementale.
Per i CSV l’applicazione dell’approccio scorrevole alla programmazione risulta condizionata
soprattutto dai vincoli dati dai rapporti con i Coge a livello di singole regioni. In alcune regioni
questo rapporto è caratterizzato dalla distinzione di compiti descritta dall’accordo quadro tra
CSVnet e Consulta dei Coge che stabilisce la responsabilità dell’autonomo esercizio delle scelte
strategiche per i CSV e la responsabilità del controllo per i Coge. I CSV presentano dunque ai
Coge un programma di attività motivato e specificato per quanto riguarda le problematiche di
contesto, le esigenze di sviluppo del volontariato, gli obiettivi prioritari e le strategie di
intervento demandando alla rendicontazione di fine anno la descrizione dettagliata delle singole
azioni svolte per mettere in pratica le diverse strategie. In altre regioni il rapporto tra Coge e
CSV è molto più dirigistico e ai Centri è richiesto di presentare programmi di dettaglio ad inizio
33
Il piano come
sequenza scorrevole
di azioni
L’esigenza
dell’incrementalismo
I diversi livelli di
applicabilità
dell’incrementalismo
dell’anno o addirittura del biennio di programmazione. Mentre nel primo caso il modello di
programmazione scorrevole non incontra ostacoli ad essere messo in pratica nel secondo la
mancata applicazione dell’accordo quadro tra CSVnet e consulta dei Coge costituisce un vincolo
che ostacola in modo molto significativo la possibilità di programmare secondo una prospettiva
incrementale. Nonostante tale vincolo, tuttavia, si deve evidenziare come la logica della
programmazione scorrevole è comunque attuabile anche in questi casi come minimo in relazione
alle attività svolte con risorse aggiuntive rispetto a quelle provenienti dal fondo nazionale per il
volontariato e alle attività che si realizzano senza l’impegno di risorse economiche. Inoltre,
anche laddove il rapporto con i Coge risulta maggiormente vincolante sono previsti margini di
spostamento di risorse al di sotto di una data soglia che non necessitano di un autorizzazione
preventiva da parte dei Coge e altri spostamenti che si possono realizzare previa giustificazione e
relativa autorizzazione di spesa.
Come è stato rilevato nell’ambito della teoria della programmazione è importante ricordare che i
programmi possono essere considerati “buoni, riusciti o razionali solo a posteriori”, quando si sono già
realizzati, nella misura in cui risultano essersi adattati alle condizioni di contesto entro cui si sono svolti.
Questo significa che, a meno di non immaginare che i programmi siano prodotti da razionalità onniscienti
che ex ante riescono a fornire soluzioni date a un mondo articolato e complesso, la capacità da parte degli
attori di adottare le soluzioni migliori man mano che i problemi prendono forma è sia indispensabile che
inevitabile. In altri termini: quello che serve per portare un piano ad avere successo non è tanto un esercito
di eccellenti esecutori, o una pletora di ottimi controllori. E’ necessario piuttosto che gli attori coinvolti
nelle diverse attività abbiano la motivazione e la possibilità di intervenire per modificare il loro corso di
azione qualora le ipotesi che sottendono ai programmi si rivelino insufficienti o incomplete per risolvere i
problemi che attraverso le misure si intendevano affrontare. L’uso di un certo livello di discrezionalità
deve essere considerato, in tale prospettiva, come una prova della vitalità di un piano strategico o di un
programma di intervento, e non il suo contrario. Per sciogliere i nodi che la dinamica dei fatti porta
fisiologicamente con sé, non si può infatti rinunciare a un’attività di interpretazione e riformulazione
continua di problemi e soluzioni che solo la libertà di assumere decisioni orientate a risolvere i problemi è
in grado di sostenere e assicurare. Tale attività risulta dunque costitutiva dei processi di realizzazione dei
programmi di intervento e l’impegno verso l’assunzione di una responsabilità propositiva nel tradurre in
pratica le misure previste dal piano va di conseguenza specificato come richiesta esplicita del processo di
programmazione.
La fig. 17 esemplifica il processo di definizione delle azioni durante l’anno secondo un modello
di programmazione scorrevole.
Fig. 17 Il piano operativo come documento scorrevole
Priorità obiettivi
Strategie
Azione 1, 2 e 3
primo trimestre
secondo trimestre
Azione 4
terzo trimestre
quarto trimestre
Insieme delle
azioni che descrivono
la realizzazione
del piano
Piano operativo annuale
completo
Predisposizione
di inizio anno
Azione 5 e 6
15. L’allocazione del budget
La fase di definizione del piano operativo prevede l’allocazione e la descrizione dell’utilizzo del
budget. L’allocazione e l’utilizzo del budget sono fasi che permettono di identificare l’entità
34
L’importanza di un
certo livello di
discrezionalità
delle risorse che si intendono spendere e il modo con cui ci si propone di utilizzare le stesse.
Si possono avere tre livelli di allocazione del budget:
- le priorità;
- le strategie;
- le azioni.
A livello di priorità l’allocazione del budget ha un carattere molto generale ad esempio si può
prevedere di investire il 30% delle risorse disponibili nella fase iniziale della programmazione
per il miglioramento delle competenze dei dirigenti delle associazioni al fine di migliorare la
gestione e la capacità di governo delle stesse. Questo livello di allocazione è per definizione
molto generale e può essere utile agire su questo piano nel momento in cui si intende attribuire
una forte rilevanza a un obiettivo prioritario vincolando una parte di risorse per il suo
raggiungimento.
A livello di strategie l’allocazione del budget è più stringente perché il livello di operatività della
strategia rispetto alla priorità generale è maggiore. A questo livello la decisione di allocare il
budget diventa pertanto più vincolante.
Il livello più operativo e analitico dell’allocazione del budget riguarda le azioni. Per ogni azione
deve essere previsto un budget specifico.
Il totale della spesa annua dei CSV è dato dalla somma del budget allocato per le diverse azioni.
In linea di principio i tre livelli sono collegati da una logica gerarchica che prevede che il budget
sia definito prima a livello di priorità, successivamente di strategie e solo a seguito di azioni.
Anche per l’allocazione del budget vale tuttavia la logica della programmazione scorrevole. Non
l’intero budget utilizzato dal singolo Centro risulterà allocato nella fase iniziale di stesura del
piano operativo. Le risorse per alcune azioni possono essere tenute ferme ad inizio anno ad
esempio in forma di una quota percentuale prefissata per il finanziamento di attività che vengono
richieste o risultano rilevanti da svolgere nel corso dell’annualità. Nel caso questo non sia
possibile a causa di vincoli particolari sull’utilizzo del budget potranno essere le risorse
aggiuntive recuperate nel corso dell’anno ad essere allocate nelle fasi successive alla definizione
iniziale del piano operativo.
Come per il processo di definizione delle singole azioni, anche per l’allocazione del budget vale
dunque una logica tendenzialmente scorrevole. Questo non implica una minore specificazione e
trasparenza delle attività, bensì uno spostamento del focus del controllo e della valutazione di
legittimità dalla fase iniziale strutturalmente difficile da valutare se non nelle previsioni di
massima alla fase di rendicontazione delle attività svolte. In tale fase il livello di informazione
dovrà essere massimo sia per consentire una adeguata valutazione del proseguo delle attività di
programmazione che per fornire un giudizio appropriato sull’efficienza reale della spesa e l’uso
appropriato delle risorse.
16. Il monitoraggio e la valutazione
L’introduzione della variabile dell’incrementalismo nelle attività di programmazione e
di realizzazione delle attività dei CSV ha conseguenze immediate sulle relazioni che
interconnettono conoscenza e intervento. Nel modello della programmazione lineare che
prevede la completa definizione a monte degli obiettivi e la successiva implementazione
di azioni tese al loro raggiungimento, la fase conoscitiva e di definizione degli obiettivi è
distinta in modo netto dalla fase operativa ed essa assume valore proprio perché viene
posta a un livello superiore rispetto a quello dell’operatività. La conoscenza è
rappresentata in questa prospettiva come un’attività oggettiva guidata da una razionalità
neutrale che pone l’osservazione nella posizione di obiettività necessaria a garantire
l’affidabilità del processo di costruzione delle linee di intervento e delle valutazioni dei
costi benefici ad esse connesse. La prospettiva incrementalista considera, al contrario, la
conoscenza e l’osservazione come parti inscindibili del processo di realizzazione dei
piani La conseguenza principale è che viene a cadere il primato della teoria e della
concettualizzazione sulla prassi, e non è più possibile considerare i piani come la
35
I livelli
dell’allocazione del
budget
Utilizzo delle risorse
e rendicontazione
traduzione di decisioni oggettive legittimate per il solo fatto di essere state elaborate a
priori per rispondere ai bisogni e ai problemi a cui si intendeva fornire risposta e anche
gli scostamenti dalle previsioni non possono assumere solo la forma di sbagli che
evidenziano l’inappropriatezza del decisore o dell’esecutore ad affrontare i problemi.
Se si considera il piano anche come un modo per cercare di affrontare i problemi, passo
dopo passo, riflettendo e interrogandosi incessantemente sull’appropriatezza di mezzi e
fini, lo scostamento dalle previsioni assume anche una forma del tutto inedita: quella
dell’opportunità di correggere gli errori, apprendere modalità nuove di rappresentare i
fenomeni, interagire con essi, individuare soluzioni e offrire risposte nuove alle esigenze
delle persone e della comunità.
L’inserimento delle parole correzione e apprendimento nel linguaggio relativo alla
pianificazione sociale innova in modo profondo la rappresentazione del concetto di
piano. Il riferimento a questi termini rimanda all’esigenza di sviluppare strumenti che
non indichino soltanto gli obiettivi da raggiungere e le linee di azione idonee a
conseguirli ex ante, ma forniscano anche un metodo per imparare a correggere gli errori,
a riflettere sui propri passi, per verificare se sono i più corretti rispetto alla situazione,
dove stanno portando, se la meta che si prospetta all’orizzonte è effettivamente quella
più appropriata per affrontare i problemi che si volevano risolvere e se tali problemi, non
solo erano stati rappresentati in modo appropriato, ma anche se erano i veri problemi che
si sarebbero dovuti affrontare oppure rappresentazioni parziali o non corrette degli
stessi. In questa prospettiva, i piani diventano qualcosa di più articolato e complesso di
una serie di misure di intervento tese a raggiungere obiettivi predeterminati. Essi
tendono ad acquisire, infatti, le caratteristiche di strumenti che aiutano a correggere gli
errori e ad imparare e incentiva gli attori a riflettere su quello che fanno.
Per potere svolgere queste funzioni la programmazione necessita di due fasi ulteriori che
L’importanza delle
correzioni e
dell’apprendiemento
sono il monitoraggio e la valutazione.
16.1 Il monitoraggio
Tutte le attività che si concretizzano attraverso la realizzazione del piano strategico e dei piani
operativi annuali possono incontrare nella pratica problemi imprevisti e distorsioni di
implementazione. I problemi imprevisti possono essere originati da una serie di concause: la
fallibilità del processo previsionale, l’insufficiente considerazione di alcune variabili importanti,
l’insorgere di problemi non prevedibili. Tali problemi sono dunque imputabili sia a carenze
interne al processo di programmazione che a accadimenti esterni e a elementi contingenti.
Il processo di programmazione è chiamato a fare fronte a tali problemi ed evitare che i piani
vengano realizzati senza tenere conto dell’opportunità e della necessità di adattare le azioni e/o
gli obiettivi in modo congruente con l’evoluzione della situazione. Ad esempio si può avere il
caso in cui per l’effettuazione di un corso di formazione destinato a venti persone è stata allocata
una somma di 10.000 euro. Al corso in ipotesi, nonostante la richiesta manifestata nella fase di
definizione dell’azione, si presentano solo due iscritti. Sebbene tutto sia stato predisposto per il
suo avvio, i docenti siano stati contattati, le aule affittate e la promozione effettuata ci si deve
chiedere se l’impegno di risorse economiche per la realizzazione del corso sia ragionevole
oppure se tal risorse non possano trovare una destinazione migliore.
La fase attraverso la quale viene verificato l’andamento delle singole azioni del piano operativo
annuale è il monitoraggio.
Il monitoraggio richiede per essere effettuato una esplicitazione ex ante del processo di
realizzazione delle azioni. Ciascun azione deve essere pertanto descritta prima della sua
implementazione distinguendo:
- le fasi in cui essa è articolata;
- i contenuti di dettaglio di ogni fase
- i relativi tempi di attuazione
36
Il monitoraggio
- le responsabilità di gestione dell’azione o delle singole fasi
- i costi associati all’azione e alle singole fasi o ai centri di spesa relativi
- gli indicatori di performance previsti.
Ogni azione per potere essere monitorata in modo efficace richiede la compilazione di una
scheda di progetto contenente una descrizione analitica delle variabili indicate.
16.2 La valutazione
Il monitoraggio è un’attività finalizzata principalmente alla verifica dell’andamento delle azioni
e alla loro eventuale correzione per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Il tipo di apprendimento che esso consente è dunque principalmente indirizzato alla correzione di
errori per garantire il raggiungimento di un risultato prestabilito. Diversamente dal monitoraggio,
la valutazione ha lo scopo di fornire elementi non solo per capire cosa è stato realizzato in
relazione a quanto è stato previsto ma anche quale significato può essere attribuito alle azioni e
ai risultati conseguiti.
La valutazione può essere effettuata in relazione sia alle singole azioni che agli obiettivi di fondo
e alle strategie previste dalla programmazione.
Coerentemente con le due funzioni della programmazione, anche il processo valutativo deve
essere indirizzato sia al controllo di gestione che al sostegno dello sviluppo strategico.
La valutazione
16.2.1 La valutazione di performance
La valutazione finalizzata principalmente al controllo di gestione è orientata alla verifica della
performance.
Questo tipo di valutazione si basa sull’individuazione di:
- le dimensioni strategiche e operative che si intendono tenere sotto controllo;
- la definizione di indicatori per misurare la performance delle strategie e/o delle azioni;
- l’individuazione di standard appropriati per ciascun indicatore in modo da potere distinguere
tra un livello accettabile e non accettabile (o tra un livello accettabile, uno parzialmente
accettabile e uno non accettabile) di performance;
- la raccolta dei dati per ciascun indicatore;
- l’interpretazione delle eventuali deviazioni della performance osservata dagli standard
prefissati.
La valutazione di performance sostiene soprattutto una forma di programmazione interessata a
attribuire un giudizio sull’adeguatezza e sull’efficienza dell’uso delle risorse rispetto a obiettivi
stabiliti ex ante.
Il vantaggio di una valutazione di performance è rappresentato dal rigore analitico e dalla
linearità del processo valutativo che consentono di identificare con relativa chiarezza gli
eventuali scostamenti rispetto ai risultati attesi.
La valutazione di performance da sola non esaurisce tuttavia le finalità del processo valutativo
della programmazione che è interessata a capire, non solo come gli obiettivi e le strategie si sono
tradotti in interventi concreti, ma anche ad ottenere stimoli per l’apprendimento e il
miglioramento continuo dell’efficacia e dell’efficienza delle attività svolte. Nella valutazione di
performance, ogni considerazione di valore relativa alle scelte e ai risultati tende infatti a
rimanere fuori dagli interessi dei valutatori, i quali sono sostanzialmente esentati dall’avanzare
considerazioni relative all’appropriatezza degli obiettivi e sono chiamati a dare il loro giudizio
solo sul loro avvenuto raggiungimento.
Si possono utilizzare due distinte modalità per procedere a effettuare questo tipo di valutazione:
la valutazione di esito e la valutazione di processo che costituiscono elementi complementari e
coerenti con la valutazione di performance.
37
La valutazione di
performance
I criteri per la
valutazione di
performance
16.2.2 La valutazione di esito
La valutazione di esito consiste nel raccogliere informazioni e dati relativamente agli esiti delle
azioni intraprese. Ad esempio se un corso di formazione rivolto a dirigenti delle associazioni di
volontariato mirava a migliorare le competenze di gestione degli stessi si può andare a verificare
nella pratica in un periodo successivo alla fine del corso quali competenze sono state acquisite,
quali vengono utilizzate nella pratica, quali problemi i partecipanti sono in grado di affrontare e
risolvere che prima dell’avvio del percorso formativo costituivano ostacoli non risolvibili, o
difficoltà di gestione rilevanti.
Questo tipo di valutazione di secondo livello si occupa dell’outcome, o dell’impatto delle
strategie e delle azioni. In linea generale, la sua effettuazione richiede un impegno aggiuntivo
rispetto alla valutazione di performance. Inoltre, essa può essere effettuata solo dopo che le
azioni hanno espletato il proprio effetto e questo può richiedere lo scorrimento di un certo
periodo di tempo dal momento dello svolgimento dell’azione. Se il processo valutativo è poi
interamente centrato sulla valutazione della performance, l’attenzione e l’interesse alla
valutazione di esito tenderà inevitabilmente a diminuire.
Tuttavia, senza una valutazione di esito per quanto indicativa è estremamente difficile orientare
l’azione in una prospettiva di apprendimento. Il rischio che si profila è di conseguenza quello di
avviare e ripetere nel tempo attività e interventi poco performativi o a basso o nullo livello di
efficacia. Se in una fase di risorse ampie questo problema può essere anche sottaciuto o
considerato poco importante in un periodo in cui invece tali risorse diventano minori e devono
essere utilizzate e distribuite con maggiore razionalità, esso diventa invece più grave e necessita
di essere affrontato con maggiore rigore.
Le diverse strategie e le azioni principali o maggiormente incerte dovrebbero di conseguenza
essere pensate anche in una prospettiva di valutazione degli esiti.
La valutazione di esito può basarsi sull’utilizzo sia di indicatori quantitativi che qualitativi.
La logica della valutazione di esito può essere in parte similare a quella utilizzata per effettuare
la valutazione di performance: vengono individuate a monte le dimensioni che si intendono
tenere sotto controllo, sono definiti degli indicatori per misurare l’effetto, degli standard attesi
rispetto ai quali discriminare i risultati e si procede, infine, dopo che l’azione o la strategia è stata
realizzata a raccogliere i dati necessari a formulare un giudizio di merito.
In linea di principio, tutte le strategie e le azioni dovrebbero essere accompagnate da indicatori
non solo di performance, ma anche di esito. Le strategie sono spesso formulate in modo generico
e può essere più difficile formulare criteri di valutazioni di esito puntuali per ogni singola
strategia. Tuttavia, indicatori generali sono sempre possibili da definire. Ad esempio se una
strategia si propone di intensificare forme di collaborazione tra volontariato e terzo settore a
livello locale come indicatori di performance si potranno individuare il numero dei progetti che
prevedono tale forma di collaborazione sul numero di progetti totali finanziati o promossi dai
singoli CSV. Come indicatore di esito, invece, è possibile a titolo esemplificativo immaginare la
valutazione della soddisfazione dei soggetti implicati nella realizzazione dei diversi progetti
rispetto agli esiti della collaborazione, da effettuarsi tramite questionari o incontri specifici.
Le azioni sono invece in genere più chiaramente valutabili attraverso indicatori definiti ex post
perché i loro obiettivi sono più precisi e anche le fasi, i contenuti, i tempi, le responsabilità e i
costi possono essere specificati con un livello elevato di dettaglio.
La valutazione di esito può richiedere per essere effettuata anche giudizi relativi a elementi non
considerati nella fase della definizione ex ante degli indicatori. Tali giudizi sono particolarmente
importanti per rilevare gli esiti non attesi o imprevisti dello svolgimento di specifiche strategie
e/o azioni. Ad esempio, attraverso l’organizzazione di una serie di corsi di formazione mirati a
sostenere le competenze gestionali dei dirigenti delle associazioni di volontariato locale si
possono realizzare effetti di modificazione degli atteggiamenti dei partecipanti nei confronti
delle attività formative in generale che favoriscono un maggiore interesse rispetto
all’aggiornamento e all’acquisizione di competenze tecnico professionali.
Sapere che anche questo è stato un esito di un certo tipo di attività può costituire un informazione
importante per gli organizzatori e contemporaneamente un risultato positivo delle attività svolte
che non era stato preliminarmente preventivato. Si può risalire a questi esiti attraverso
metodologie di valutazione di tipo interattivo quali le interviste o i focus groups che richiedono
per essere organizzati un impegno che inevitabilmente porta a selezionare le azioni rispetto alle
38
La valutazione di
esito
quali questo livello di valutazione può essere realizzato.
16.2.3 La valutazione di processo
La valutazione orientata all’apprendimento non si esaurisce nella valutazione di impatto o di
esito. Tale valutazione fornisce indicazioni utili a capire a cosa sono servite le azioni intraprese e
quali esiti hanno prodotto le diverse attività ma lascia in sottofondo i meccanismi che hanno
consentito di raggiungere determinati risultati. Un corso di formazione può avere sortito effetti
importanti per lo sviluppo delle competenze dei dirigenti delle associazioni di volontariato locale
per il metodo utilizzato durante le lezioni ad esempio molto centrato sullo scambio di buone
prassi o sul coinvolgimento di testimoni privilegiati. Per individuare questa variabile che
potrebbe essere utilmente replicata anche all’interno di altri percorsi formativi si tratta di
ragionare a ritroso sul legame tra esiti, risultati e azioni ricostruendo il legame intercorrente tra
gli stessi. Questo può essere fatto attraverso una logica interattiva di confronto con i soggetti
implicati nelle diverse azioni i quali sono direttamente chiamati a ricostruire le variabili
importanti che stanno alla base del conseguimento di un determinato esito.
16.2.4 Gli output della valutazione nell’ambito del processo di programmazione
I diversi tipi di valutazione producono specifici output per il funzionamento del processo di
programmazione.
La valutazione di performance fornisce indicazioni che completano l’azione del monitoraggio e
permette di descrivere i risultati delle strategie e/o delle singole azioni in relazione agli obiettivi
prefissati, alle risorse allocate e al processo realizzato. Il completamento della valutazione di
performance consente di effettuare il rapporto di rendicontazione sia economica che sociale per i
portatori di interesse di riferimento del CSV. Inoltre, attraverso la valutazione di performance si
riesce ad avere un’idea di quali strategie e azioni sono state realizzate e quindi quali ancora sono
da avviare.
La valutazione di esito e di processo forniscono invece indicazioni su quali azioni e variabili
hanno permesso di raggiungere specifici risultati. Inoltre, in forza della sua dimensione
interattiva tale valutazione permette anche di disporre di input e ritorni da parte dei portatori di
interesse dei CSV e di consolidare di conseguenza un processo di governo partecipato e
democratico.
Le indicazioni provenienti dall’insieme delle attività di valutazione delle azioni svolte si
sostanziano in conoscenze e saperi che vengono riversati nel procedere del processo di
programmazione con la stesura del nuovo piano operativo e la revisione qualora ne sussistano gli
estremi del piano strategico pluriennale ad esempio attraverso l’introduzione di nuove priorità o
il ripensamento di specifiche strategie.
17. La rendicontazione economica e sociale
Il processo di programmazione termina formalmente con la valutazione delle attività
svolte.
A tale fase ne consegue una altra che può essere concettualmente considerata a tutti gli
effetti come parte integrante del ciclo della programmazione perché ne formalizza i
risultati e ne definisce la legittimità anche se formalmente appartiene a una sfera di
attività differente. Questa fase è quella della rendicontazione economica e sociale.
La fase della rendicontazione economica e sociale svolge una serie di funzioni
strettamente integrate con il successo del processo di programmazione:
39
La valutazione di
processo
- innanzitutto la rendicontazione conferisce forma e descrive le attività svolte nel corso
dell’anno. Essa tende a diventare quindi il rendiconto dettagliato dei risultati del
processo di programmazione che può essere colto nella sua dimensione complessiva
solo a valle del periodo di svolgimento del piano e non a monte perché non tutte le
attività realizzate sono state definite ex ante rispetto alla stesura iniziale del piano;
- in secondo luogo, la rendicontazione permette di identificare le linee logiche che
collegano le azioni con l’evolvere degli accadimenti e le riflessioni svolte dal CSV
nel definire e realizzare le proprie attività operative. In questo modo è possibile
attribuire un giudizio ponderato rispetto all’efficienza e all’efficacia delle attività
svolte;
- in terzo luogo, la rendicontazione informa tutti coloro che hanno preso parte alla
definizione dei piani e delle azioni sui risultati conseguiti. In questo modo quanti
hanno partecipato alla programmazione apportando conoscenze risorse e impegnando
il proprio tempo possono ricevere un feedback che da un lato rinforza le motivazioni
alla partecipazione e dall’altro permette di valutare la coerenza tra le indicazioni
iniziali e gli esiti raggiunti o eventualmente cogliere i motivi per cui alcune attività
hanno preso una forma diversa da quella originariamente preventivata.
Per potere svolgere tali funzioni la rendicontazione economica e sociale deve disporre
delle seguenti caratteristiche:
-
la coerenza;
l’esaustività;
l’analiticità;
la trasparenza;
la leggibilità;
l’accessibilità.
La coerenza è relativa al rigore con cui le attività programmate e le attività svolte sono
rendicontate. L’oggetto della rendicontazione deve essere chiaramente collegato con
quanto realizzato e consentire di effettuare quindi una valutazione di coerenza tra quanto
dichiarato, quanto svolto e quanto realizzato.
L’esausitività riguarda la completezza e il dettaglio con cui sono descritte le attività, le
risorse spese, i risultati conseguiti e il significato delle diverse attività svolte. In un’ottica
di programmazione incrementale l’elemento dell’esaustività è fondamentale per
giustificare i margini di discrezionalità che vengono richiesti nella definizione delle
attività nel corso dell’anno.
L’analiticità si riferisce alla dimensione del dettaglio della descrizione e del rigore
espositivo che consente di acquisire le informazioni in modo da potere formulare
valutazioni congruenti relativamente all’utilizzo delle risorse, alle ragioni del loro uso e
ai risultati conseguiti.
La trasparenza è relativa alla messa a disposizione dei dati di rendicontazione
economica e sociale nel modo più attinente ai fatti. Il caso di grandi aziende come Enron
e Parmalat che risultavano vincitrici di premi per la compilazione del migliore bilancio
sociale dell’anno e successivamente venivano implicate in scandali di dimensioni
portentose indica la necessità di formulare delle rendicontazioni oneste sia per quanto
riguarda i successi e gli elementi di merito dell’attività dei centri che in relazione ai
possibili fallimenti o ai vulnus che hanno caratterizzato la realizzazione delle misure.
La leggibilità della rendicontazione riguarda la possibilità per tutti i lettori di riuscire a
capire cosa è stato realizzato e in che modo. Il linguaggio della rendicontazione sia
economica che sociale deve essere semplice e interpretabile da tutti. Le parti
necessariamente più tecniche delle rendicontazioni vanno dunque accompagnate da
40
Le funzioni della
rendicontazione
I principi della
rendicontazione
spiegazioni intelleggibili ed è importante fornire livelli di lettura diversi in base al tipo di
lettore interessato.
L’accessibilità riguarda infine la possibilità per un ampio numero di persone di potere
avere accesso alla rendicontazione economica e sociale dei CSV. La rendicontazione
economica e sociale deve essere resa pubblica e vanno utilizzati tutti i mezzi disponibili
per favorire l’accesso ai diversi portatori di interesse. La messa in rete delle
rendicontazioni costituisce un presupposto fondamentale per permettere l’accessibilità a
un numero elevato di lettori.
Tab. 18 I principi della rendicontazione economica e sociale a supporto del processo di
programmazione
accessibilità
coerenza
leggibilità
analiticità
trasparenza
esaustività
18. Il ciclo della programmazione e i legami con gli altri strumenti di governo dei
CSV
Con la rendicontazione economica e sociale si completa il ciclo della programmazione. La fig.
20 sintetizza l’intero ciclo evidenziando i legami esistenti tra le singole fasi. Il ciclo inizia con
l’analisi e la riflessione sulle linee di sviluppo strategico dei CSV. Queste linee costituiscono il
piano strategico. Il piano strategico definisce il contorno entro il quale prendono forma i piani
operativi annuali. Tali piani definiscono le attività concrete dei singoli Centri e la loro
realizzazione consente il perseguimento degli obiettivi strategici degli stessi. Le azioni sono
oggetto di monitoraggio in corso d’opera e valutazione conclusiva in modo da fornire ai
responsabili dei Centri e ai diversi portatori di interesse elementi conoscitivi e informativi utili al
controllo di legittimità, a un miglioramento continuo nell’uso delle risorse e alla
riprogrammazione delle attività. L’intero piano di attività svolto rappresenta il contenuto della
rendicontazione sia economica che sociale che ha lo scopo di garantire la responsabilità sociale
sull’utilizzo delle risorse e di fare conoscere le attività svolte dai Centri.
Le linee guida della programmazione costituiscono, in questo quadro, uno strumento che si
integra con le linee guida precedentemente prodotte da CSVnet in materia di valutazione e
rendicontazione economica e sociale, andando a completare il progetto di dotazione ai singoli
Centri dei mezzi tecnici per svolgere in modo compiutamente efficiente e efficace le funzioni ad
essi attribuiti dalle norme di legge e dalle richieste provenienti dai processi di cambiamento
economici e sociali attuali.
41
Il ciclo della
programmazione
Tab. 19 Il ciclo della programmazione
Piano
strategico
Piano
operativo
Realizzazione piano operativo
Analisi
Valutazione
Riformulazione strategie
e continuazione ciclo programmazione piano operatvo
Rendicontazione
economica
e sociale
APPENDICE A
Indice piano strategico pluriennale
Fase
Contenuti
Note
a. La descrizione del processo
di definizione del piano
strategico
La descrizione del processo
comprende:
- i portatori di interesse
coinvolti;
- le modalità di
coinvolgimento adottate;
- le soluzioni utilizzate per
garantire un sufficiente
livello di rappresentatività
La descrizione deve indicare i
modo succinto il modo in cui il
processo di programmazione si
è articolato al fine di permettere
una piena valutazione di
adeguatezza e legittimità
rispetto alle tematiche nei
confronti delle quali si intende
intervenire
b. Il quadro rispetto al quale si
Il profilo della situazione sociale
territoriale
Il profilo dei bisogni e delle
richieste del volontariato
La descrizione delle principali
condizioni di sviluppo del
volontariato e le possibili
integrazioni con le politiche
territoriali
Questa parte del piano va
esplicitata in modo più
dettagliato in modo da fare
emergere con chiarezza gli
elementi principali rispetto ai
quali si intende intervenire e il
legame con le priorità e le
strategie di intervento
c. Le priorità
La descrizione delle priorità
La motivazione delle priorità in
relazione al quadro analitico
I risultati attesi con eventuali
indicatori generali
d. Le strategie
La descrizione delle strategie da
attuare per raggiungere gli
obiettivi strategici con
Le priorità vanno indicate con
chiaro riferimento alle
problematiche emerse
dall’analisi e che si intendono
affrontare. La descrizione di
questo legame costituisce il
presupposto che giustifica la
legittimità delle priorità e va
pertanto effettuata in modo
analitico e comprensibile.
Le strategie sono a loro volta da
descrivere chiaramente sia per
quanto riguarda gli obiettivi che
intende intervenire
42
distinzione tra le strategie
esterne e le strategie interne
La motivazione delle diverse
strategie in relazione alle
priorità e al quadro analitico
I risultati attesi con eventuali
indicatori generali
e. le modalità di
aggiornamento del piano
f. Le modalità di
pubblicizzazione del piano
La descrizione delle modalità di
pubblicizzazione del piano e dei
risultati che si intendono
adottare
il legame che esse hanno con le
priorità.
Il piano strategico necessita di
essere aggiornato qualora
intervengano elementi
conoscitivi o accadimenti che
richiedono di integrare le
priorità di sviluppo strategico
del CSV. Nel momento in cui si
valutano i piani operativi si può
prevedere ad esempio in caso di
necessità un aggiornamento del
piano strategico pluriennale in
forma di breve documento
integrativo.
Questa parte è importante
perché costituisce la serie di
impegni che il CSV assume per
rendere accessibile e trasparente
la propria progettazione
strategica. Le diverse modalità
vanno descritte in modo
succinto ma cercando di rendere
visibili i risultati attesi in
termini di visibilità e
pubblicizzazione rispetto alle
diverse categorie di portatori di
interessi.
APPENDICE B
Indice piano operativo annuale
Fase
Contenuti
Note
a. La descrizione del processo
di definizione del piano
operativo
La descrizione del processo
comprende:
- i portatori di interesse
coinvolti;
- le modalità di
coinvolgimento adottate;
- le soluzioni utilizzate per
garantire un sufficiente livello
di rappresentatività
La descrizione deve indicare i
modo succinto il modo in cui il
processo di programmazione si
è articolato al fine di
permettere
una
piena
valutazione di adeguatezza e
legittimità
rispetto
alle
tematiche nei confronti delle
quali si intende intervenire.
b. Il quadro rispetto al quale si
intende intervenire
Il profilo della situazione sociale
territoriale
Questa parte del piano va
esplicitata in modo più
43
Il profilo dei bisogni e delle
richieste del volontariato
La descrizione delle principali
condizioni di sviluppo del
volontariato e le possibili
integrazioni con le politiche
territoriali
dettagliato in modo da fare
emergere con chiarezza gli
elementi principali rispetto ai
quali si intende intervenire e il
legame con le priorità e le
strategie di intervento
c. Le priorità (obiettivi
strategici) e i risultati attesi
La descrizione delle priorità
La motivazione delle priorità in
relazione al quadro analitico
I risultati attesi con eventuali
indicatori generali
d. Le strategie
La descrizione delle strategie da
attuare per raggiungere gli
obiettivi strategici con distinzione
tra le strategie esterne e le
strategie interne.
La motivazione delle diverse
strategie in relazione alle priorità
e al quadro analitico.
I risultati attesi con eventuali
indicatori generali.
Le priorità vanno indicate con
chiaro riferimento alle
problematiche emerse
dall’analisi e che si intendono
affrontare. La descrizione di
questo legame costituisce il
presupposto che giustifica la
legittimità delle priorità e va
pertanto effettuata in modo
analitico e comprensibile.
Le strategie sono a loro volta
da descrivere chiaramente sia
per quanto riguarda gli
obiettivi che per il legame che
esse hanno con le priorità.
e. Le azioni
La descrizione delle attività che
declinano le strategie in pratica
I risultati attesi
Gli indicatori di performance
Gli eventuali indicatori di esito
Il costo delle azioni
Il personale del CSV implicato
nello svolgimento delle azioni
Le azioni devono essere
collegate con le strategie. Per
comodità esse possono essere
anche riassunte all’interno di
aree standard di attività
f. Le risorse economiche
La definizione delle risorse
economiche
Le fonti delle risorse con
distinzione tra:
- le risorse provenienti dal
Fondo speciale per il
volontariato
- le risorse aggiuntive
- le risorse di
compartecipazione
La descrizione di eventuali
strategie di reperimento di risorse
aggiuntive
La descrizione delle risorse
economiche va effettuata in
modo da indicare il
collegamento con gli obiettivi
che si intendono raggiungere.
g. Le modalità di valutazione
La descrizione delle modalità di
valutazione che si intendono
attuare per valutare le attività
svolte durante l’annualità
h.
Le
modalità
pubblicizzazione del piano
La descrizione delle modalità di
pubblicizzazione del piano e dei
risultati che si intendono adottare
Questa parte deve indicare le
linee di fondo della
valutazione che si vogliono
attuare distinguendo tra:
- la valutazione delle azioni
- la valutazione strategica.
Questa parte è importante
perché costituisce la serie di
impegni che il CSV assume
per rendere accessibile e
di
44
trasparente la propria
progettazione operativa. Le
diverse modalità vanno
descritte in modo succinto ma
cercando di rendere visibili i
risultati attesi in termini di
visibilità e pubblicizzazione
rispetto alle diverse categorie
di portatori di interessi.
APPENDICE C
ESEMPLIFICAZIONE DI ALCUNI CASI E BUONE PRASSI DI PROGRAMMAZIONE
REALIZZATE DAI CSV A LIVELLO TERRITORIALE
Di seguito sono riportati alcuni esempi di prassi attualmente in uso presso diversi CSV che
traducono nella pratica l’approccio e le fasi delle linee guida precedentemente descritte. I casi
sono stati raccolti senza un criterio di rappresentatività e costituiscono solo alcuni tra gli esempi
di buone prassi rilevabili all’interno dell’universo dei CSV italiani. Attraverso la loro descrizione
è possibile vedere tuttavia tradotti in pratica processi che descritti a livello solo teorico possono
apparire difficili da realizzare o eccessivamente astratti. In realtà, una gran parte delle attività di
programmazione descritte nello schema di linee guida sono implementate regolarmente da molti
CSV. In alcuni casi, la congruenza con l’intero impianto delle linee guida è maggiore, in altri più
circoscritta ad alcune fasi specifiche. In generale la pratica empirica dimostra come diversi CSV
abbiano ormai avviato un percorso di rapida maturazione e strutturazione sia gestionale che
strategico organizzativa e che le pratiche della programmazione abbiano un terreno mediamente
fertile per essere sviluppate e implementate.
1. L’analisi
La fase dell’analisi richiede un forte investimento in confronto e interazione con il volontariato e
i soggetti del territorio. Questo va realizzato preservando un equilibrio tra le richieste esterne e
una valutazione di insieme delle medesime. I primi due casi riportati evidenziano come sia
possibile promuovere il confronto e la partecipazione per centri sia di grandi che di piccole
dimensioni. Nel caso del Ciessevi di Milano il tentativo di costruire percorsi partecipativi aperti
alle associazioni e ai rappresentanti degli enti locali è indicativo della volontà di fare
interloquire in modo forte questi due soggetti e di favorire un incontro virtuoso tra gli stessi. Nel
caso del CSV di Trento si può vedere come anche un piccolo centro può attivare percorsi
partecipati più ampi di quelli limitati alla consultazione della sola base sociale. Il caso della
gestione della partecipazione da parte del CSV di Verona indica come il problema della scarsa
rappresentanza di molti processi di consultazione e interazione possa essere almeno
parzialmente riequilibrato con azioni mirate all’ampliamento dei soggetti coinvolti nella
consultazione.
La rilevazione partecipata dei bisogni del Ciessevi di Milano
In vista della programmazione biennale 2009-2010 il Ciessevi di Milano ha realizzato un’indagine
sull’evoluzione del volontariato territoriale in collaborazione con la Provincia di Milano. Inizialmente il
consiglio direttivo del Ciessevi ha dedicato un incontro specifico sull’analisi dei risultati e
sull’elaborazione di proposte per rispondere ai bisogni e agli elementi di criticità del volontariato locale. In
tale occasione si è deciso di chiamare tutte le organizzazioni di volontariato della provincia di Milano a
esprimersi per orientare l’attività del centro. L’ascolto e il confronto ha riguardato non solo le
organizzazioni socie ma anche le piccole organizzazioni non socie e i numerosi interlocutori del
45
volontariato milanese. Il percorso di ascolto e consultazione è stato realizzato attraverso 12 incontri
territoriali tra il mese di maggio e giugno 2008 a cui hanno partecipato 234 rappresentanti di 159
organizzazioni di volontariato, e circa 20 assessori di enti locali della provincia di Milano ed i
rappresentanti delle delegazioni territoriali del Ciessevi. Durante questi incontri si è discusso delle diverse
visioni del volontariato nei diversi ambiti territoriali ed è stato redatto un “Manifesto del volontariato che
vogliamo” con le indicazioni emerse. Alla fine del mese di giugno è stata organizzata un assemblea
progettuale con il coinvolgimento di circa 100 persone tra soci del Ciessevi, staff, membri del direttivo e
rappresentanti di altre organizzazioni di volontariato. Come risultato del lavoro dell’Assemblea progettuale
gli 8 ambiti tematici emersi dall’analisi territoriale sono stati articolati in obiettivi generali per ciascuno
dei quali sono state individuate specifiche strategie. Il 30 di giugno, l’Assemblea de soci ha approvato le
linee guida 2009-2010, dando mandato allo staff del Centro di stendere in via definitiva il piano 2009 –
2010 e il piano operativo 2009 che sono stati presentati all’Assemblea dei soci e approvati nel mese di
ottobre.
Il caso del coinvolgimento del volontariato da parte del CSV di Trento
Anche i CSV di piccole dimensioni possono attivare processi di coinvolgimento del volontariato
nell’analisi dei bisogni e nella definizione delle prospettive di intervento. Il CSV di Trento opera con un
budget di poco superiore a 400.000 euro annui e dispone di 5 unità di personale compreso il direttore. Per
definire la programmazione 2009-2010 nella seconda metà di settembre 2008 sono state organizzate
riunioni territoriali con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale iscritte
all’albo ed al registro provinciale per valutare e riflettere congiuntamente sul programma pluriennale
proposto e sugli obiettivi indicati. Gli incontri sono stati organizzati con il coinvolgimento attivo dei
referenti territoriali i quali hanno dato pubblicità all’iniziativa all’interno della rete delle associazioni
territoriali. Lo staff del Centro ha predisposto preliminarmente un primo quadro informativo sulle
caratteristiche del volontariato provinciale in modo da disporre di elementi informativi condivisi rispetto
ai quali discutere. Si sono svolte successivamente 6 riunioni nel periodo tra il 22 e il 30 di settembre a cui
hanno partecipato 79 associazioni pari a circa al 15% di quelle presenti in Trentino con una percentuale
più elevata di quelle di medie e grandi dimensioni. Si è trattato di un primo esperimento di progettazione
partecipata del programma pluriennale di attività del Centro e considerata l’assenza di una tradizione
partecipativa a livello provinciale e la presenza di un associazionismo estremamente frammentato e di
piccole dimensioni l’esito iniziale è risultato molto soddisfacente. Attraverso il confronto con tali realtà
sono stati individuati come temi centrali delle attività da svolgere la promozione delle reti, la promozione
del volontariato giovanile, l’inserimento nelle associazioni, la formazione dei volontari e delle
associazioni e lo sviluppo delle capacità progettuali e della co-progettazione con le associazioni.
L’impegno del Centro è stato quello di informare tutte le associazioni sull’applicazione del programma
operativo in coerenza con gli esiti della programmazione partecipata in modo da incentivare un
progressivo incremento del coinvolgimento delle associazioni.
Affrontare il problema della rappresentatività della partecipazione: il caso del CSV di Verona
Il CSV di Verona ha tradizionalmente coinvolto anche le associazioni di volontariato nella
programmazione delle sue attività. Le esperienze dei gruppi di studio e le assemblee aperte alle
associazioni del volontariato locale che erano state fino ad allora sperimentate avevano visto in passato
una partecipazione scarsa. Per limitare il pericolo che la partecipazione ridotta distorcesse il quadro dei
problemi e incanalasse le risorse per rispondere alle richieste di pochi, dal 2007 è stato avviato una fase di
sondaggio attraverso l’invio, con un mese per poter rispondere, di un questionario a tutte le associazioni.
Hanno risposto in 90 associazioni (22,5% delle iscritte) e pur potendo rispondere in anonimato oltre 70
hanno indicato le generalità. L’iter si è concluso con una assemblea tenuta verso la metà di ottobre (il
31.10 scadeva la presentazione al CO.GE.) che è servita quale feedback dei risultati del questionario,
presentazione delle osservazioni pervenute in via informale e momento di riflessione e discussione. Le
valutazioni emerse hanno permesso poi al Consiglio Direttivo di definire le priorità di servizi richiesti e
redigere il bilancio.
2. La definizione delle priorità e delle strategie
La fase della definizione delle priorità e delle strategie è caratterizzata da diversi elementi che
distinguono la qualità della programmazione quali: la coerenza tra l’analisi e l’individuazione
delle priorità; la capacità di motivare le priorità in base alle problematiche rilevate dall’analisi;
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il livello di coerenza tra priorità e strategie. Il caso del CSV di Parma è esemplificativo della
capacità di individuare un legame di stretta coerenza tra analisi, priorità e strategie. La
descrizione di questo legame è stata riporta e focalizzata all’interno dei bilanci sociali del
Centro. Nel 2007 proprio per la capacità di evidenziare questo rapporto il CSV di Parma è stato
selezionato tra i finalisti per il premio dell’Oscar del bilancio sociale italiano.
Descrivere la coerenza tra analisi, priorità e strategie: il caso del Forum Solidarietà CSV di Parma
Il CSV di Parma Forum Solidarietà ha realizzato un percorso di programmazione caratterizzato da un
elevato livello di coerenza tra analisi, individuazione delle priorità e delle strategie. Nel bilancio sociale
2007 selezionato come finalista per l’attribuzione dell’Oscar del bilancio sociale 2007 è ricompresa una
sezione che specifica in modo dettagliato la logica che ha portato a individuare gli obiettivi strategici
pluriennali di miglioramento del centro. Un esempio di definizione di una linea di indirizzo strategico che
fa emergere il legame tra analisi e definizione di priorità e strategie in modo chiaro è quella riguardante
l’obiettivo prioritario di favorire lo sviluppo del consolidamento delle OdV in ambito organizzativo e
gestionale. In una prima parte di spiegazione vengono descritte le problematiche rilevate che portano alla
individuazione del consolidamento organizzativo e gestionale come obiettivo strategico per il Centro. Tra
queste sono citate: la difficoltà nella gestione complessiva delle risorse umane; la necessità all’interno
delle OdV di dedicare tempo e competenze al rapporto con l’esterno e alle attività di carattere gestionale;
la difficoltà di definizione di ruoli e responsabilità specifiche con il conseguente accentramento e
sovraccarico di funzioni e mansioni in capo di pochi volontari; la difficoltà e impreparazione a recuperare i
fondi necessari allo svolgimento delle iniziative; la difficoltà nell’applicazione e interpretazione della
normativa. La seconda parte della descrizione dell’obiettivo strategico ricomprende le strategie definite
che sono tra le altre l’attivazione di un servizio di consulenza per aiutare le OdV a effettuare l’analisi
organizzativa interna e programmare le azioni di sviluppo; l’attivazione di un servizio di
accompagnamento formativo su temi della gestione delle risorse umane; l’attivazione di un servizio di
raccolta e socializzazione di buone prassi di gestione e organizzazione di OdV; il sostegno alla raccolta e
elaborazione di progetti per partecipare a bandi europei; il sostegno alla gestione efficiente degli acquisti
per le OdV del territorio, eccetera. Per ogni strategia viene successivamente indicato lo stato di attuazione,
se essa risulta già stata avviata nel corso dell’anno di rendicontazione delle attività del bilancio sociale e
gli obiettivi di sviluppo per l’anno successivo. In questo modo ogni strategia viene descritta con una
prospettiva di continuità tra i diversi anni di attività rendendone intellegibile il senso e le dimensioni
dell’impegno. La descrizione molto dettagliata e lineare del passaggio tra analisi, attività svolte, obiettivi
strategici e strategie consente di valutare in modo al contempo semplice e lineare la capacità del centro di
operare in base a una prospettiva di sviluppo programmato.
3. La definizione delle azioni
La definizione delle azioni riguarda la parte più operativa della programmazione. Le azioni
possono richiedere un impegno economico diretto oppure essere realizzate senza tale impegno
oppure con un costo di struttura (ad esempio impegnando il personale a svolgere talune azioni).
Molte di queste azioni sono svolte quotidianamente dai CSV ma alle volte perché non richiedono
un impegno economico esplicito come può accadere per un corso di formazione o un iniziativa
seminariale non vengono inserite nell’ambito della programmazione. Il caso riportato è quello
del CSV di Mantova che nel 2007 ha svolto una serie di azioni molto rilevanti per il
posizionamento del centro nella rete dei servizi e per l’incremento della sua visibilità e efficacia
che non hanno contemplato un’allocazione economica esplicita per il finanziamento delle
iniziative.
Le azioni strategiche non hanno sempre un costo esplicito: il caso del CSV di Mantova
Nel corso del 2007, il CSV di Mantova è stato fortemente impegnato nella costruzione di una serie di
strumenti di collaborazione con la rete dei soggetti locali. Le attività che hanno portato alla costruzione di
tali strumenti sono state inserite nella programmazione del Centro. Sono stati promossi e realizzati:
accordi di collaborazione con le associazioni provinciali, attività di promozione e supporto alla
costruzione di consulte del volontariato a livello locale e protocolli di intesa con gli enti locali che
permettono di collocare all’interno della programmazione biennale del Centro interventi operativi a favore
del miglioramento complessivo della presenza del volontariato sul territorio e delle modalità di
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svolgimento della sua attività specifica e di ampliare l’erogazione dei servizi del CSVM ad altre tipologie
di soggetti associativi del terzo settore attraverso la messa a disposizione, da parte degli Enti Locali, di
specifiche risorse economiche. Una parte molto importante di queste attività sono state realizzate dagli
organi sociali del CSV che tra l’altro hanno:
- concordato con la Provincia un percorso formativo per tutto il territorio sui temi della partecipazione e
dei piani di zona per creare terreno comune di conoscenze;
- avviato e formalizzato accordi di collaborazione con le associazioni di secondo livello, rappresentative
sul territorio provinciale del 50% circa delle associazioni;
- lavorato per accompagnare le associazioni di volontariato dei vari distretti del territorio alla
costituzione di consulte e coordinamenti che favoriscano la conoscenza, il lavoro di rete, la vicinanza
con gli uffici di piano dei territori, la co-progettazione, anche con le istituzioni, di attività e servizi a
partire dalla rilevazione dei reali bisogni delle comunità di riferimento;
- elaborato e approvato un documento che, a partire da premesse condivise che affermano la necessità di
ampliamento della partecipazione delle associazioni all’elaborazione delle strategie, prevedeva:
l’attivazione di un percorso informativo e formativo per gli organi sociali e le presidenze delle
OdV/altre Associazioni; la cooptazione nel comitato Direttivo dei rappresentanti delle consulte e/o
coordinamenti territoriali; la costituzione di un coordinamento strategico di sviluppo che prevede la
partecipazione di Direttivo, consulte e coordinamenti, associazioni di secondo livello in accordo di
collaborazione con il CSVM e Forum del Terzo Settore, pensato come tavolo di elaborazione
permanente delle politiche e strategie per il volontariato locale.
4. Risorse e programmazione
La programmazione dei CSV si realizza in larga parte in relazione alle risorse provenienti dal
Fondo nazionale per il volontariato. Se tale fonte di risorse appare attualmente la principale, i
CSV operano anche in base a risorse aggiuntive che possono garantire un maggiore livello di
flessibilità in particolare laddove la programmazione annuale imposta dai Coge sia molto
rigida. Il caso del CSV di Verona evidenzia l’importanza dell’utilizzo di fondi aggiuntivi che
permettono di perseguire obiettivi prioritari rispetto alla programmazione dei CSV. In questa
prospettiva risulta strategico contemplare tra le risorse su cui costruire la programmazione non
solo i fondi Coge ma anche quelli aggiuntivi che possono essere recuperati per perseguire le
strategie di sviluppo dei centri.
Il caso del CSV di Verona: la gestione dei finanziamenti extra fondi CO.GE per sostenere obiettivi
prioritari
Il CO.GE. Veneto stabilisce che la programmazione dei CSV del Veneto debba prevedere un impiego di
risorse, provenienti dal Fondo Speciale per il Volontariato, pari all’80% per il sostegno alla progettazione
sociale delle OdV, il rimanente per il funzionamento e l’erogazione dei servizi. Una così scarsa
disponibilità di risorse per le attività ha indotto il CSV, già in sede di programmazione, a ricercare risorse
aggiuntive per meglio sviluppare iniziative ritenute prioritarie. Nell’ultimo triennio 2006-2009, il CSV ha
definito le proprie linee programmatiche approvandole nell’assemblea che contestualmente ha rinnovato le
cariche. Tali linee prevedevano tra l’altro l’obiettivo di “Avvicinare i cittadini veronesi, in particolare le
giovani generazioni, alle associazioni di volontariato....”. Il CSV nella sua programmazione ha stabilito le
azioni da mettere in campo per raggiungere l’obiettivo prefissato: uno sportello di informazione e
orientamento, interventi nelle scuole, uno spazio specifico all’interno della festa del Volontariato, un
concorso per le migliori tesi di laurea sul non profit, un sito dedicato ai giovani www.gioinvolo.it con un
forum specifico, l’accreditamento e la presentazione di progetti per ospitare giovani (presso sedi
associative) in Servizio Civile, lo sviluppo di esperienze di volontariato internazionale attraverso il
programma europeo Gioventù, misura SVE, interventi promozionali in contesti di eventi giovanili. Tutte
queste iniziative non trovavano copertura nel finanziamento certo del CO.GE.. Pertanto in sede di
programmazione annuale sono state individuate le iniziative ritenute prioritarie con il loro relativo costo:
tale attività sono state inserite nella programmazione inviata al CO.GE. Per le altre attività è stata avviata
una ricerca fondi approdata alla presentazione di due progetti, nel 2007, l’uno presentato al bando
“Promozione volontariato giovani” del CO.GE., l’altro alla Regione Veneto nel bando “Informazione
giovane”. I progetti approvati e finanziati sono stati realizzati nel 2007-2008 e sono stati contabilizzati in
specifici centri di costo, è stato utilizzato un c/c diverso da quello del CSV e lo stesso personale impiegato
a progetto ha ricevuto un incarico specifico. Tutto ciò ha permesso di rendicontare in modo separato le
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diverse attività, pur pensate comunemente.
5. La valutazione
La fase della valutazione si realizza attraverso un insieme di attività che focalizzano la
performance, gli esiti e i processi attraverso i quali progettualità e servizi sono stati realizzati e
erogati. Il primo esempio è quello forse più conosciuto dell’esperienza della valutazione
partecipata del Cesvot toscano. Il Cesvot ha realizzato un modello sperimentale di valutazione
delle attività basato su tre tipologie di indicatori: di legittimità, di risultato e di impatto. Il
modello è molto dettagliato ma di relativamente semplice utilizzo e può costituire un esempio
significativo di buona prassi sostenibile anche per centri di minori dimensioni e volumi di
attività. Il secondo caso riguarda invece una modalità di valutazione di processo che molti centri
praticano con diverse formule e metodologie e di cui non sempre vi è consapevolezza della
rilevanza ai fini del miglioramento continuo della programmazione e della qualità delle attività.
Il caso è quello del CSV Marche che ha avviato tra le diverse attività di valutazione anche un
percorso di indagine sulla soddisfazione dei servizi di formazione proposti alle organizzazioni di
volontariato locale. Attraverso la valutazione dei risultati dell’indagine è stato possibile
individuare alcuni punti di criticità dell’organizzazione della formazione e proporre per l’ano
successivo soluzioni migliorative e più facilmente fruibili per le associazioni e i gruppi di
volontariato locali.
La valutazione sugli esiti secondo il modello del CESVOT toscano
Il CESVOT toscano ha messo a punto un modello di valutazione che estende l’attenzione dai risultati fino
agli esiti. Tale modello definito di valutazione partecipata è costituito da 128 indicatori finalizzati a
analizzare 12 aree di indagine l’area dei requisiti formali, l’area della rappresentanza del volontariato,
l’area del rapporto con il territorio, l’area delle caratteristiche organizzative e delle procedure, l’area
dell’individuazione dell’utenza, l’area delle risorse strutturali, l’area della gestione economica e
finanziaria, l’area del coordinamento tra le delegazioni, le aree di diretta erogazione delle prestazioni sotto
forma di: informazione e promozione del volontariato, consulenza, formazione, ricerca e progetti speciali.
Gli indicatori sono stati suddivisi in tre tipologie specifiche: gli indicatori di legittimità, di risultato e di
impatto. Per esemplificare il modello si possono descrivere gli indicatori dell’area del rapporto con il
territorio. Gli indicatori di legittimità hanno come fine quello di verificare che l’azione del Centro sia
conforme alle norme e alle previsioni di legge. Il primo indicatore di legittimità è dato dal rapporto tra
numero di soci diversi da quelli previsti dalla legge quadro 266/91 sul numero di soci del centro. Il
secondo indicatore di legittimità riguarda invece il numero di eventi di consultazione realizzati in modo
conforme a quanto specificato dal regolamento del centro. Gli indicatori di risultato servono a verificare
se gli obiettivi prefissati nella programmazione del centro sono stati raggiunti. Tra gli indicatori di risultato
reputati rilevanti sono da segnalare: la capacità del Csv di instaurare relazioni di rete formali e costruire
forme di partenariato locale; la capacità del Csv di instaurare relazioni di rete formali con le fondazioni; la
capacità del CSV di instaurare relazioni di rete formali con altre organizzazioni di terzo settore del
territorio; la capacità del CSV di instaurare relazioni di rete formali con altri soggetti del territorio; le
attività di consultazione effettivamente realizzate sul territorio. Gli indicatori di impatto hanno invece lo
scopo di fornire informazioni sui benefici prodotti sul volontariato dall’azione del CSV. In via
sperimentale sono stati individuati due indicatori: il primo denominato indice di penetrazione sul territorio
rileva il rapporto tra organizzazioni di volontariato che nel corso dell’anno hanno usufruito di servizi del
CSV sul numero di organizzazioni di volontariato presenti sul territorio; il secondo denominato
Coinvolgimento e sinergia con gli enti locali rileva, invece, il rapporto tra i protocolli di intesa stipulati nel
corso dell’anno con i comuni capofila degli ambiti di zona e il numero totale degli enti locali. La
valutazione di impatto proposta dal modello si ferma ancora a una definizione ex ante di indicatori volti a
misurare i vantaggi prodotti dall’azione del centro sul volontariato locale ma costituisce un primo
importante passo per spostare l’attenzione da una verifica di tipo più burocratico del raggiungimento dei
risultati prestabiliti verso una valutazione più dinamica e sensibile al problema di quale è il valore che le
attività svolte producono dopo che i servizi e le progettualità sono state terminate.
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La valutazione delle attività formative secondo uno schema d processo: il caso del CSV delle Marche
Il CSV delle Marche nel suo rapporto 2008 illustra come il processo di valutazione delle attività formative
svolte abbia comportato otre la somministrazione di questionari di customer satisfaction ai partecipanti dei
percorsi formativi direttamente organizzati dal CSV anche la realizzazione di una serie di interviste
qualitative ai volontari referenti delle singole associazioni che hanno presentato iniziative formative del
CSV, usufruendo del relativo sostegno organizzativo ed economico. Sono state realizzate 216 interviste. Le
aree oggetto di analisi sono state:
- la soddisfazione rispetto al processo e all’iniziativa formativa;
- le modalità di partecipazione;
- gli esiti del percorso in termini di utilità della formazione per il miglioramento delle attività e dei
compiti svolti;
- le difficoltà e i principali problemi incontrati nella fruizione dei percorsi formativi;
- suggerimenti e proposte in una prospettiva di peer learning o apprendimento tra pari in cui le
diverse associazioni erano chiamate a consigliare altre associazioni sulle strategie da utilizzare
per massimizzare la performance delle attività formative.
I risultati dell’analisi sono serviti per individuare una serie di criticità e elementi di debolezza dei percorsi
di formazione realizzati. In particolare sono emersi come elementi di forza da un lato ma anche di criticità
dall’altro la capacità o la non capacità di strutturare percorsi di formazione coerenti con le esigenze di
mobilità e disponibilità di tempo dei volontari. I moduli più rigidi sotto questo profilo sono risultati anche
quelli che hanno creato maggiori difficoltà di partecipazione ai volontari e spesso hanno anche
disincentivato o reso difficile la partecipazione a persone che per problemi di tempo o distanza non
riuscivano a seguire i percorsi formativi. Inoltre attraverso le interviste sono state individuate anche le
caratteristiche delle offerte formative che sono state maggiormente apprezzate dai volontari quali la
semplicità dell’esposizione degli argomenti, l’utilizzo di casi empirici, il coinvolgimento diretto di persone
che hanno svolto attività di volontariato o sono state direttamente impegnate nella soluzione di problemi
operativi. In questo modo la capacità di programmazione delle attività di formazione è migliorata e si è
potuto disporre di indicazioni per rendere la stessa più incisiva e efficiente.
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