Catalogo Asinara:Layout 1

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Catalogo Asinara:Layout 1
Collana Arte contemporanea
da un progetto di Giovanni Sanna e Giuseppe Uzzanu
Con la collaborazione
MUI MUSCAS
Regione Autonoma_Sardegna
Assessorato alla Cultura_Provincia di Sassari
Parco dell’Asinara_Asinara
Carlotta Usai, Claudio Carta, Davide Fadda
Giovanni Sanna, Giuseppe Uzzanu, Luca Noce
Sisinnio Usai, Federico Soro, Fabio Petretto
a cura di Antonio Bisaccia
MUI MUSCAS
MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA
01_31 AGOSTO 2010
CALA REALE, ISOLA DELL’ASINARA
da un progetto di Giuseppe Uzzanu e Giovanni Sanna
ISBN 978-88-88915-??-?
© 2010 - Soter editrice, Italia
© fotografie / fornite dagli autori
© testo, Antonio Bisaccia
www.soter-editrice.it
Stampato in Sardegna
SOTER EDITRICE _7 / 2010
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Verbografie dell’Isola
di Antonio Bisaccia
«Da qualunque parte si arrivi in Sardegna (…) il giorno comincia insieme a una terra che non
ha mai conosciuto altra età che quella degli inizi. La Sardegna è un inizio assoluto, un’infanzia: ma non un’infanzia ritrovata in un corpo logorato dalla storia, come in altri luoghi d’Italia.
La Sardegna è vissuta fuori dal tempo (…), è rimasta nelle sue dimensioni e nei suoi atteggiamenti infantili, con le pecore e gli asini più piccoli d’Europa (…). Un eterno incanto fluttua su queste rive deserte».
Così scrive Dominique Fernandez, a proposito della Sardegna, in Madre Mediterranea, nel suo
viaggio astratto, derealizzato, vero.
Ogni viaggio, e Ulisse lo sa bene, è una forma sofisticata e mobile di astrazione;
è un carattere pittorico sulla nudità dei luoghi;
è un’apertura comparata su un’immagine che non si offre senza postura;
è un complesso rapporto con la cornice della rappresentazione;
è la speranza di fuggire dalla foga coinvolgente (a) del simulacro, (b) del subliminale, (c) dell’istinto antistorico dell’illusione, (d) della percezione persa, (e) della disarticolazione corporea tra presenza e assenza.
L’Asinara è una terra degli inizi in cui la profondità di campo è, innanzitutto, una profondità
del tempo.
Non è possibile tracciare modelli di visibilità. È, invece, possibile sentire le secrezioni invasive
di una densità materica fuori dalla pelle del paesaggio.
Le sue liturgie cartografiche sono caratteri non misurabili, non complementari, ma mitizzabili;
in una parola: desistenti.
Il loro grado di precisione non registra modificazioni, né dispone di estremità visibili a occhio
nudo. Eppure quella nudità dell’occhio seduce strappando al silenzio tutte le sue espressioni
più ostili e tutte le violazioni della lingua.
Il paesaggio è senza rete, senza domesticità, senza simmetria, senza suoni, senza luogo: solo
cosmo interiore inconcluso, ma con tutte le effusioni del conflitto.
Il suo ritmo mutevole e simultaneo obbedisce alla poetica frattale.
Le sue interruzioni sono contrappunti estatici dove la segnaletica naturale della storia trasforma
le immagini in visioni.
Parafrasando Gesualdo Bufalino, direi che gli atlanti dicono che l’Asinara è un’isola e bisogna
credere a questa verità: gli atlanti sono libri d’onore. E gli atlanti sanno che ci sono isole con
le caratteristiche della sineddoche e isole che sono concrezioni di un continente a sé stante,
eslege.
L’unico rapporto che si può intrattenere con tali isole è quello della seduzione.
Ad se ducere, attrarre a sé: ecco l’attività principe dell’isola, il suo talento oggettivo, la sua disomogeneità dura e la sua desueta malinconia.
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Il volto è un’isola col suo mare di domande.
«Per sua natura la faccia ha anche una profondità che si manifesta nella superficie. Nel volto,
il tempo della successione si cristallizza nello spazio della compresenza».
Remo Bodei, in La vita delle cose, narra di questo semplice e forte concetto a proposito dei
numerosi autoritratti di Rembrandt, attento a tutti i micro-mutamenti del proprio volto.
Questa forma esperienziale di autocoscienza coinvolge la natura mobile e gestuale della registrazione del sé. Registrazione che si dipana dal bavero dell’occhio off.
Abbiamo chiesto all’isola di produrre lo spigolo di una riflessione passionale su questi nove viaggiatori persistenti. Su questi nove Ulisse da un’isola altra.
E l’isola ci ha inviato un complesso documento sensoriale che abbiamo tentato di tradurre in
parole dal destino pellicolare.
Ulisse numero uno:
Nel frammento memorile dei miei pensieri vidi una sola volta l’Annunciata di Antonello da Messina. Il riassunto del tempo di Carlotta Usai può dirsi concluso nel destino radicale di questo
volto eidetico. È l’incipit di una sfida delicata ma possente, dentro il suono di un desiderio informale di mondo.
L’indirizzo del suo occhio racchiude tutti gli sguardi duttili e aerei della conoscenza. Il suo spaventavento mi aiuterà a conoscere dell’aria un suo livello più percepibile, più delicatamente
statico.
Ulisse numero due:
Claudio Carta lo vedo già su quella mitica seggiola del barbiere, pronto a stabilire una connessione con la cornice del mio paesaggio. Toglierò ai suoi capelli quelle tracce inabituali d’incertezza, e drammatizzerò l’ispido reticolo della sua barba; nell’idea che la sua capacità narrativa possa essere sempre di più una vera ostensione delle cose.
Ulisse numero tre:
C’è un valico verso un ignoto segmento di realtà nello sguardo obliquo e depistante di Davide
Fadda. Uno sguardo in punta di piedi, appena accennato, quasi fiabescamente in fuga, ma con
tutto l’intreccio dell’istante. Userò la sua opera per verificare quanto la gravità sia la forma giustapposta della visibilità.
E quanto specchio vi sia in un procedimento di sospensione così matericamente riuscito. Irto
di fratture, il suo ritmo è disancorato e non consolatorio.
Ulisse numero quattro:
A me che sono isola, Giovanni Sanna sembra il reportage di un destino non effimero di entusiasmo. Il suo lapsus creativo attinge a un reale esistente ma trasfigurato. Ogni oggetto naturale, in sua mano, diventa un processo ricombinante di molecole che si avvia verso la difficile
area della sottrazione. Direi che possiede un occhio talmente colmo di energia e luce che mette
al buio l’ossatura debole del visto, reificando anche il gesto della traccia naturale.
Ulisse numero cinque:
Non appena è sbarcato in me, ho potuto sentire la grana nitida della sovraoggettiva nudità caratteriale di Giuseppe Uzzanu.
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Nessuna segnaletica d’infingimenti, ma anche nessun maestoso silenzio.
Quel baffetto ipercurato, e siglato come una firma apposta in calce, ha definitivamente spostato l’attenzione verso il suo grado di verità.
Questi suoi alberi di vita e di morte saranno il soggetto mattutino delle mie riflessioni e stimoleranno in me l’ordinario firmamento delle pratiche di vita (e di morte): veri vettori per mettere in scena il mistero di quest’oscillazione.
Ulisse numero sei:
Spesso di noi isole dicono che siamo inerti e aspettiamo, alla Godot, qualcosa dalla natura. Non
è così, caro Luca Noce. E la tua opera lo rivela, tra cielo e terra, tra acqua e ruggine. La natura non attende mai a vuoto, ma modella lo spazio tra i due punti dell’attesa.
Perfino quel tuo sguardo leggermente e mirabilmente corrucciato e americano annuncia qualcosa dell’attesa. Un’attesa risolta nell’alveo classico delle tue immagini: congegnate come contraltare all’interfuit necessario della natura.
Ulisse numero sette:
In uno dei suoi tanti autoritratti, Rembrandt aveva il tuo sguardo, Sisinnio. Sguardo colmo di
seriosa, spaventosa, intensa leggerezza, dove l’indugio forte del contenuto volge l’attenzione
verso ciò che potrei chiamare “il reciso tridimensionale”.
L’esperienza è sempre, in qualche modo, recisa e trova nel tuo stile il suo correlativo oggettivo.
Prima di te, Sisinnio, ho conosciuto tuo padre: depositario dei cavalli verdi e della radicale congettura di altre presenze.
Da bambino eri uguale: stessa biliosa, delicata e mobile sensibilità.
L’astrazione lirica con cui sei stato concepito si fonde con un’elegia concreta.
E tu in mezzo, a cercare della memoria la sua più intima struttura.
Ulisse numero otto:
Di te, Federico Soro, conosco l’inclinazione alla riflessione, che s’inerpica verso la sua forma
più alta: l’a-temporalità.
Nella tua arcaica e felice compresenza di passato e futuro non lasci scampo alla velocità. Le
tue immagini sono lapsus senza tempo e senza la dittatura dell’ordine. Il richiamo al concentrico e alle sue simbologie è molto lucido e costituisce quell’addensamento semantico presente
in altre tue sculture.
Noi isole abbiamo necessità di attenzione e tu ci hai dato la sintesi del nostro corpo. A volte,
il tuo volto è la citazione per antonomasia di quelli che hanno disabitato le abitudini e spostato
il senso della realtà verso l’utopia.
Ulisse numero nove:
Di Fabio Petretto conosco poco, e come isola me ne dolgo, ma io sono antica e lui giovane. Però
mi basta per poter dire che la sua macchina da foto è una vera estensione del suo corpo, il suo
occhio ibrido. È anche il suo occhio disomologo, la sua suggestiva concezione della luce, il tratto
balistico del suo sguardo.
La luce ha una sua dialettica deliberata in una replica formale delle cose.
Replica identificabile per differenza, per inaccessibilità, e per energia vulnerabile.
Quell’energia del visibile che lotta con il sistema ineluttabile della sparizione. Coraggio Petretto,
a te la modulazione di tale lotta e di tutte le sue dislocazioni.
CARLOTTA USAI
Lo spaventavento
2010
legno, lana, foglia oro
cm 250 x 150
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CLAUDIO CARTA
Storie, la sedia del barbiere
2010
(serie 1 di 8) stampa digitale su tela
cm 50 x 70
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DAVIDE FADDA
Mitosi
2010
ferro saldato, filo di ferro.
cm 50 x 40 x 30
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GIOVANNI SANNA
L’altro Pegaso
2010
acrilico su tavola
cm 137 x 50
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GIUSEPPE UZZANU
Alberi di vita, alberi di morte
2010
ferro, ceramica, legno, ottone
cm 100, 90, 80, 50, 40, 30 (altezza ciascuno)
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LUCA NOCE
Inerte, tra terra e cielo, tra acqua e ruggine, la raccoglitrice di olive attende il balente
2010
olio si legno
cm 120 x 80
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SISINNIO USAI
Mio padre, custode dei cavalli verdi
2003
olio su tela
dittico, cm 110 x 55 e 110 x 110
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FEDERICO SORO
Rossi concentrici
2010
legno, M.D.F., carta
cm 100 x 100 x 15
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FABIO PETRETTO
Quotidiana cronaca, un giorno con gli operai
2010
(serie 1 di 24), stampa digitale
cm 18 x 24 ciascuna
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BIOGRAFIE
CARLOTTA USAI
(Sassari, 1976)
CLAUDIO CARTA
(Porto Torres, 1954)
DAVIDE FADDA
(Sassari, 19??)
SISINNIO USAI
(L’Asinara, 1950)
Si diploma all’Accademia di
Belle Arti di Sassari, sezione
Scultura, nel 2001. Segue
con particolare attenzione le
discipline della grafica, della
scultura e l’organizzazione di
eventi culturali. Nel 2010 ha
curato ...altre janas,
esposizione di lavori creativi
sartoriali presso la Sala Duce
del Comune di Sassari.
Dal 1970 ha perseguito la
passione per la fotografia
provando e riprovando nello
studio fotografico del padre
Giovanni, affinando nel tempo
le sue capacità. Dal 1978 a
tutt’oggi lavora come fotografo
per la Soprintendenza per i
Beni Archeologici di Sassari,
predisponendo numerose
mostre di carattere scientifico
e divulgativo, nonché
approntando i suoi lavori in
diverse pubblicazioni.
Consegue il diploma al Liceo
d’Arte di Parma. Frequenta
attualmente il secondo anno
dell’Accademia delle Belle Arti
di Sassari.
Tra le diverse esposizioni, si
ricorda la mostra collettiva
“Arti Primaverili” presso
Cantoniera Santu Miali,
Villanova Monteleone(SS),
organizzata da Salvatore Ligios
e la Settimana della Cultura,
esposizione presso la
biblioteca comunale di Sorso
(SS) “Salvatore Farina”,
promossa dal Ministero dei
Beni culturali.
Frequenta l’Istituto d’arte di
Sassari, suoi insegnanti
Gavino Tilocca e Stanis Dessy.
Nel 1971 tiene la prima
personale, presentata in
catalogo da Mario Delitala.
Dal 1979 al 1981 illustra i
racconti di Enzo Espa.
Negli anni Ottanta e Novanta
realizza i manifesti delle
maggiori manifestazioni
folcloristiche, culturali
e commerciali regionali.
Dal 1992 insegna Anatomia
Artistica all’Accademia di
Belle Arti di Sassari.
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BIOGRAFIE
GIOVANNI SANNA
(Sassari, 1977)
GIUSEPPE UZZANU
(Sassari, 1965)
LUCA NOCE
(Sassari, 1970)
FEDERICO SORO
(Sassari, 1963)
Si diploma presso l’Istituto
d’Arte “Filippo Figari” di
Sassari e in seguito
all’Accademia di Belle Arti.
Insegna discipline grafiche
presso il Liceo Artistico
Statale di Tempio Pausania e
Olbia. Tra le varie esposizioni
si ricorda nel 2006 la
personale a Lodi Naturarte,
nel 2008 alla collettiva al
Palazzo della Frumentaria di
Sassari Incisioni italiane e nel
2009 all’Exmà di Cagliari
Dipinti.
Dopo essersi diplomato nella
sezione Architettura e
Arredamento all’Istituto
d’Arte di Sassari, completa la
sua formazione presso
l’Accademia di Belle Arti della
stessa città, diplomandosi in
Scultura. Insegna Discipline
Plastiche
all’Istituto d’Arte di Alghero.
Uzzanu conduce una ricerca
nell’ambito della
sperimentazione modulare e
del design artigianale,
indagando il rapporto
con lo spazio e ricercando
equilibri di forme e volumi.
Vive e lavora a Sassari
Inizia l’attività negli anni ’90
nel campo della decorazione
artistica d’interni ed esterni,
in particolar modo locali,
negozi, disco bar, grandi
ambienti.
Dal 2000, lavora presso un
“Gruppo arabo” e si dedica
alla valorizzazione di alcune
tra le più prestigiose ville della
Costa Smeralda. Oggi la sua
opera va oltre la decorazione
parietale e si esprime
nell’arredo, nel design, nella
scultura.
Artista naturalmente eclettico,
è sempre presente nel settore
della Grafica Pubblicitaria.
Negli anni ha curato
l’immagine di alcuni tra gli
eventi più significativi presenti
sul territorio.
Compie la sua formazione
all’Accademia di Belle Arti di
Sassari dove attualmente è
docente di Sculura. La sua
ricerca, però, spazia oltre il
campo della scultura
sconfinando nella scenografia,
del design e nella pittura.
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BIOGRAFIE
FABIO PETRETTO
(Cagliari, 1981)
ANTONIO BISACCIA
(Ravanusa [Ag], 1964)
Residente a Dolianova. Dopo
aver conseguito il diploma di
Maturità artistica al Liceo
Artistico statale di Cagliari,
sezione Architettura, a 26
anni riprende gli studi
all’Accademia di Belle Arti di
Sassari ed attualmente
frequenta il III anno nella
scuola di Decorazione.
Usa il mezzo fotografico
prediligendo la fotografia
analogica.
Si laurea presso l’Università di
Bologna in Discipline delle
Arti, della Musica e dello
Spettacolo. Di formazione
letteraria, si occupa dei
rapporti tra il cinema le arti e
le nuove tecnologie della
comunicazione. Dal 1997 è
titolare della cattedra di
“Teoria e metodo dei massmedia” presso l’Accademia di
Belle Arti di Sassari.
Dal 2009 è direttore di “Parol,
quaderni d’arte”, rivista
realizzata nell’ambito
dell’insegnamento di Estetica
dell’Università di Bologna.
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