Imprenditori - Confindustria Modena

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Imprenditori - Confindustria Modena
Eventi | Assemblea
In alto,
Vilmo Ferioli
insieme
a Mauro Lugli,
Vito Zincani,
Pietro Ferrari
e Gaetano
Maccaferri.
In basso,
Silvia Manicardi,
Roberta Pé
e Alberto Carretti
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Da sinistra, Filippo Borghi
e Carlo Giovanardi;
Andrea Landi, Massimo Giusti,
Cesare Bisoni e Vincenzo Calandra Bonaura;
Mara Bernardini e Aldo Tomasi;
Pietro Ferrari e Gian Carlo Muzzarelli;
Massimo Toschi, Emilio Sabattini
e Maurizio Torreggiani;
Enrico Campedelli e Tanja Lugli
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OUTLOOK 57
Eventi | Assemblea
La relazione del presidente
Concretezza
e passione
per affrontare
il futuro
Le difficoltà delle imprese, le prospettive
per l'autunno, ma anche i progetti di Confindustria
Modena sul fronte della formazione, dello sviluppo
e delle sfide di una città e di un territorio
che hanno bisogno di essere meno provinciali:
queste le linee guida dell'intervento di Pietro Ferrari
La crisi
Certo, di crisi ve ne sono già state. Ma il segno
meno davanti al Pil mondiale (-1,3 per cento
nel 2009) è una novità assoluta da sessant'anni a questa parte. Il fatto che questa crisi si accanisca anche (e forse soprattutto) con i primi
della classe colpisce, ma non deve stupire né
intimorirci. La crisi che viviamo non dipende
da errori imprenditoriali, ma deriva in gran
parte da un sistema finanziario malato, da una
mancanza di controlli a dir poco criminale, da
mercati che hanno smesso di funzionare con
la necessaria trasparenza. La trasmissione degli effetti della crisi dal mondo della «finanza
di carta», dove è nata, al mondo dell'economia
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«reale», dove noi operiamo, ha fatto il resto.
Luigi Einaudi, il grande statista liberale, commentando la crisi del '29 ebbe a dire: «Le imprese dirette da gente competente e prudente
passano attraverso momenti duri, ma resistono. Gran fracasso di rovine a chi fece in grande
furia debiti; a chi progettò colossi, dominazioni, controlli; a chi per sostenere l'edificio
di carta fabbricò altra carta e vendette carta a
mezzo mondo». Mai parole più chiare sintetizzano l'attuale momento.
Il nostro territorio
Nei primi cinque mesi di quest'anno tutti i
principali indicatori economici si mantengo-
no negativi: fatturato -18,1 per cento, ordini 21,7 per cento, export -13,4 per cento, occupazione -2,7. A questo si aggiunge l'aumento
assai rilevante delle ore autorizzate di cassa
integrazione ordinaria: in provincia di Modena
sono passate da 200 mila a un milione (oltre il
400 per cento in più). L'Emilia-Romagna non se
la passa meglio: da 800 mila a quasi dieci milioni di ore, e anche l'Italia ha visto aumentare di
sette volte il numero di ore autorizzate.
La crisi è ancora in atto. Certo, alcune rilevazioni mettono in evidenza segnali positivi,
un'inversione di tendenza nelle aspettative
degli imprenditori, presumibilmente consapevoli che con i primi mesi di quest'anno abbia-
mo raggiunto il punto più basso della produzione. Però, dobbiamo avere presente che gli
effetti della crisi avranno ancora, per diverso
tempo, un pesante strascico. Non possiamo
aspettarci un cambio repentino seppur auspicabile della situazione.
Gli imprenditori, il sindacato, le istituzioni
Voglio dare atto a tanti colleghi imprenditori
che pur nelle difficoltà di ordinativi, calati
anche del 50 per cento, in ogni circostanza mi
hanno sempre manifestato la volontà di tenere i motori aziendali accesi. Il nostro è un
capitalismo sano, fondato su una autentica
collaborazione con i lavoratori e i sindacati e
sull'impegno diretto e partecipato dell'imprenditore nella sua impresa.
E un ringraziamento particolare va rivolto a tutti i nostri dipendenti, che per primi
anche facendo molti sacrifici, hanno compreso che questa crisi va affrontata con spirito
collaborativo e con senso di responsabilità.
Una consapevolezza che non è mancata da
parte del sindacato. Insieme a noi ha incessantemente ricercato soluzioni, limitando il
più possibile tentazioni ideologiche che non
hanno ragione di esistere in un momento simile. È la controparte con la quale intratteniamo rapporti costanti: non di rado possono
essere rapporti difficili, anche duri, ma sempre volti a costruire.
In tale quadro, il nostro auspicio per il
prossimo futuro è che la Cgil torni a operare
insieme a noi, rivedendo la sua decisione di
non firmare l'accordo nazionale del gennaio
scorso per la riforma del modello contrattuale. In questo spirito di collaborazione col sin-
Dall’alto: Fabio Poli
con Federico Saetti
e Davide Malagoli;
Filippo Borghi
e Pietro Ferrari;
Marco Arletti, Dario
Manicardi e Giovanni
Arletti; Sergio Sassi
e Vincenzo Cremonini
dacato, mi sento di porre in evidenza un tema
che ritengo particolarmente significativo, in
un momento quale quello che stiamo vivendo: mai come ora, la formazione dovrebbe essere al centro dell'attenzione di tutte le parti
sociali e avere come protagonisti i lavoratori,
e in particolare quelli per i quali si è ricorso
agli ammortizzatori sociali.
Voglio ricordare il contributo delle istituzioni, fra le quali ritengo giusto segnalare
l'amministrazione provinciale e molte amministrazioni comunali. Queste, dopo i primi
momenti di smarrimento derivanti dai pessimi indicatori che arrivavano dalle aziende, si
sono attivate con programmi di interventi
sociali ed economici e con una decisa moral
suasion nei confronti degli istituti bancari.
Anche la Regione Emilia-Romagna è stata
propositiva nella messa a punto e nell'avvio
di politiche anticrisi. E di questo la ringrazio.
Ma in talune occasioni ha ecceduto nel proprio ruolo, come ad esempio nel caso dell'accordo regionale di inizio maggio sugli ammortizzatori sociali in deroga. È un accordo che,
come sapete, la nostra Federazione Regionale, d'intesa con tutte le associazioni territoriali a tutela dei propri associati, ha scelto di
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Eventi | Assemblea
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1 Roberto Iseppi, Claudio Reggiani,
Fausto Bedogni e Alberto Mantovani;
2 Giovanni Messori e Pietro Ferrari;
3 Fausto Tarozzi, Arrigo Po, Fabrizio
Forghieri e Pietro Ferrari;
4 Danilo Montecchi, Antonio Panini
e Roberta Bergamini;
5 Giorgio Montorsi, Francesco Zironi,
Sergio Sassi e Tarcisio Fornaciari;
6 Gianfranco Levoni e Gian Carlo
Vezzalini; 7 Ormes Corradini e Franco
Stefani; 8 Giorgio Pighi, Gian Carlo
Muzzarelli e Vanni Bulgarelli
non firmare perché il documento proposto
introduce pesanti limiti e condizionamenti
all'autonomia decisionale delle imprese.
Globalizzazione, mercato, liberalizzazioni
Dal dibattito politico paiono essere stati
accantonati, in questi ultimi tempi, tre temi
fondamentali: la globalizzazione, le liberalizzazioni, il mercato. Non può esistere un mondo senza la globalizzazione dei mercati. Non
possiamo essere così ciechi da non vedere i
vantaggi della globalizzazione, in termini di
miglioramento delle condizioni di vita in moltissimi Paesi e, rispetto a una provincia come
la nostra, in termini di costante crescita dell'export di prodotti a medio-alto contenuto tecnologico.
E poiché i primi segnali di ripresa arrivano proprio da questi Paesi lontani, vedrete
che la globalizzazione tornerà a far sentire gli
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effetti positivi già verso la fine di questo difficilissimo anno.
L'ultimo rapporto della Banca d'Italia sull'economia dell'Emilia-Romagna evidenzia
un dato che fa molto riflettere: nel 2008 l'avanzo commerciale realizzato dalla nostra regione
è stato di 18,7 miliardi di euro, cifra straordinaria, se consideriamo che l'ultimo trimestre del
2008 era già negativo. Salutiamo, quindi, con
positività, uno dei messaggi importanti usciti
dal summit G20 di Londra a inizio aprile: cioè,
il «no» a nuove forme di protezionismo.
Piuttosto, focalizziamoci sulla debolezza
del nostro Paese, che da oltre dieci anni soffre
di un lento declino, e diamo risposte utili a scuotere questa nostra paralisi. La nostra crescita
economica è agli ultimi posti in Europa. Le cause sono molteplici. Pensiamo, per restare in casa nostra, a una struttura produttiva molto
frammentata e incentrata ancora su produzioni
ad alta intensità di lavoro e bassa intensità di
ricerca. Ma pensiamo anche, per guardare al
sistema-Paese, alla lentezza dimostrata nell'adeguare le istituzioni politiche e le strutture
amministrative all'uso di soluzioni informatiche capaci di semplificare la vita del cittadino e delle imprese. Pensiamo, ancora, alla insufficiente innovazione e all'inadeguatezza
delle risorse destinate alla ricerca.
Le riforme
Per l'Italia non tutto è perduto. La cosa certa
è che non vi è più alternativa alle riforme, e il
tempo sta per scadere, come ci ha ricordato
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nera costi esorbitanti e, soprattutto, rallenta
ogni decisione.
anche il governatore della Banca d'Italia. Mercato del lavoro e nuovi ammortizzatori sociali,
allungamento dell'età lavorativa, meritocrazia
nella scuola, nell'università e nella pubblica
amministrazione, più ricerca e innovazione (e
l'elenco sarebbe ben più lungo), sono tutti tasselli di un mosaico che attende ancora di essere
completato. La società italiana ne guadagnerebbe sia in efficienza che in equità: di entrambe abbiamo bisogno.
Nel nostro Paese non sono mai stati tempi
facili per la cultura del mercato e della concorrenza; la crisi economica complica ancor
più le cose. La politica economica, sia nazionale che locale, non cada nell'errore di voler
delineare linee strategiche di sviluppo industriale, ma si limiti, e non sarebbe poco, a tutelare la concorrenza; a favorire la libertà di
mercato; a riprendere il cammino delle liberalizzazioni, soprattutto nei servizi.
La mancanza di concorrenza resta, infatti,
uno dei maggiori ostacoli all’aumento della
produttività italiana e questa, a sua volta, è
la causa principale della bassissima crescita
del Pil, da molti anni a questa parte.
Ai rappresentanti delle istituzioni e delle
forze politiche modenesi che operano a livello
nazionale rivolgo un appello: rimettete al centro del vostro lavoro il tema delle liberalizzazioni. A livello locale, allo stesso modo, riduciamo gli enti che riproducono, in piccolo, il più
inefficiente statalismo: uno «statalismo municipale», che senza ragione alcuna, se non la
moltiplicazione di poltrone e poltroncine, ge-
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Le piccole imprese
L'Italia è il Paese delle piccole imprese. È altrettanto vero, però, che se esse rimangono
«piccole» non saranno idonee a restare sul mercato globale. Le parole di Emma Marcegaglia
all'Assemblea nazionale, sono chiare: «Stiamo toccando con mano gli svantaggi della piccola dimensione, poiché essere piccoli comporta serie penalizzazione nell'accesso ai mercati,
meno ricerca e minori investimenti immateriali». Crescere dunque nella dimensione e
nell'efficienza deve essere il nostro obiettivo.
Solo così le imprese troveranno risorse da
investire in ricerca e sviluppo, innovazione
tecnologica, in reti commerciali globali, ma
soprattutto in capitale umano: donne e uomini che sono la vera ricchezza delle nostre
aziende e come tale va valorizzata.
IL PROGETTO DI CONFINDUSTRIA MODENA. Per
tutte queste ragioni, la nostra Associazione è
impegnata in un progetto, culturale e operativo al tempo stesso, che richiederà una collaborazione concreta del mondo creditizio, volto
a offrire alle imprese che vogliano crescere
nuovi strumenti finanziari. Un contributo può
arrivare dall'esperienza e dal radicamento
delle banche retail, sia locali che nazionali con
forti presenze sul nostro territorio.
Le banche, va detto con chiarezza, sono imprese a tutti gli effetti: non siamo qui a chiedere alcun tipo di favoritismo. Per l'orgoglio
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che ci viene dall'operare in uno dei territori
più industrializzati non solo d'Italia ma di
tutta Europa, siamo profondamente convinti
che i primi a investire nelle proprie imprese
debbano essere gli imprenditori.
Ciò detto, voglio ricordare le parole del
governatore Draghi, quando ha spronato i
banchieri di oggi a «prendere esempio» dai
banchieri che negli anni '50 e '60 finanziarono
la ricostruzione e lo sviluppo. Il governatore
ha poi significativamente aggiunto: «Occorre
saper fare il banchiere anche quando le cose
vanno male».
Non mi pare che vada in questa direzione
la sostituzione della «commissione di massimo scoperto» e delle altre commissioni, abrogate per legge, con quelle nuove e più onerose
di «mancanza fondi» o «disponibilità fondi» o
altre similari: nomi diversi ma stessa sostanza, far rientrare dalla finestra ciò che era
uscito dalla porta. Le banche, piuttosto, affinino le capacità di riconoscere il merito del
credito, sforzandosi con maggiore impegno
nella comprensione del progetto d'impresa
sia essa grande o, a maggior ragione, piccola.
Il ruolo di Confindustria
In un anno così complesso, Confindustria ha
agito come interlocutore autorevole per il governo, le Regioni, le parti sociali. E lo ha fatto
sempre nell'interesse di tutte le imprese, indistintamente.
A livello locale, è stato per Confindustria
Modena e per me un anno di lavoro indirizza-
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to a intensificare e migliorare relazioni con le
istituzioni, con le associazioni, con le parti
sociali.
Fiducia, concretezza e passione sono stati
i nostri valori di riferimento, insieme alla volontà di fare squadra nel rispetto delle peculiarità di ciascuno, con l'obiettivo prioritario di mantenere la nostra provincia ai primi
posti nella capacità di produrre ed esportare
beni e servizi e di confermare l'equilibrio sociale che la contraddistingue. Il dialogo intrapreso è fruttuoso e inizia a dare i primi
risultati.
Il progetto Scalo di Marzaglia
Abbiamo apprezzato che su un progetto importante, come quello riguardo allo scalo di Marzaglia, Maurizio Torreggiani abbia immediatamente dato il suo consenso.
Con il contributo della Camera di Commercio e delle altre associazioni imprenditoriali siamo riusciti a concretizzare il primo
9 Fabrizio Forghieri, Paolo Ferrari e
Mario Brani; 10 Elena e Luciano Salda;
11 Roberto Iseppi, Massimo Galassini
e Giuseppe Molinari;
12 Erminio Spallanzani e Marco Stella;
13 Antonio Panini, Laura Panini e
Riccardo Bertolini; 14 Elena Lancellotti
e Francesco Zironi; 15 Vanna Vicenzi,
Giacomo e Francesco Coppi
Eventi | Assemblea
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16 Giuliana Gavioli e Giorgio Mari;
17 Aldo Tomasi e Gian Carlo Muzzarelli;
18 Paolo Gambuli, Riccardo Bertolini,
Gianluca Sghedoni, Massimo Galassini
e Gaetano Maccaferri; 19 Enrico
Manfredini, Marcello Masi e Enrico
Cornia; 20 Simona Ferrari con i figli
Francesco e Guido; 21 Maria Rosa
Nizzi, Rebecca Michinelli,
Milena Mari, Giuseppe Santunione
e Loretta Barbieri
importante risultato: la costituzione della
Società Trasporti Intermodali Emilia, che
dovrà dedicare le sue energie per riempire di
contenuto la piattaforma logistica di Marzaglia. Perché non è solo questione di hardware (rete ferroviaria, ponti, caselli autostradali, bretelle di collegamento, capannoni)
ma anche di software: ovvero, i servizi a elevato valore aggiunto che sarà in grado di
offrire. Non sono cose che si improvvisano.
Sullo sviluppo dello scalo di Marzaglia e della
direttrice Brennero ci giochiamo il futuro
industriale della nostra provincia.
Il marketing territoriale
Naturalmente, il progetto per Marzaglia non
esaurisce il ventaglio delle cose da fare insieme per il futuro del nostro territorio. Condividiamo con tutte le associazioni imprenditoriali il progetto della Camera di Commercio
di dare maggiore impulso al marketing terri-
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toriale provinciale, per adeguarlo a questo momento di difficoltà e per rispondere alle crescenti necessità delle imprese.
Lavoreremo certamente insieme col presidente della Provincia Emilio Sabattini, col
sindaco di Modena Giorgio Pighi e con le associazioni interessate, per dare concretezza agli
incontri che abbiamo avuto con Diana Bracco, presidente di Expo 2015.
Si tratta di un appuntamento unico.
Modena con le sue eccellenze inimitabili può
rappresentare uno dei principali poli attrattivi dell'Expo e attrarre migliaia di persone, dal
turista all'uomo d'affari. Ma è necessario fare
presto, stringere un accordo con la dirigenza
di Expo 2015 e preparare un programma che
sia all'altezza delle aspettative dei visitatori e
allo stesso tempo del nostro territorio.
La formazione
Confindustria Modena continua a credere
nell'istruzione e nella formazione, dalla scuola dell'obbligo all'Università e oltre. Su questo abbiamo lavorato a lungo e sviluppato un
programma articolato in più punti.
MATERNA ED ELEMENTARE. Da settembre partiranno le attività, da noi finanziate, di due
laboratori per l'apprendimento della lingua
italiana riservati ai bambini stranieri delle
scuole materne ed elementari. Si tratta di un
progetto innovativo che coinvolgerà circa 400
bambini in quattro anni.
MEDIE DI PRIMO GRADO. Per gli studenti delle
scuole medie di primo grado continueremo
23
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università è già proficuo, e pertanto va incoraggiato, magari usufruendo maggiormente
della figura del «dottore di ricerca», che garantisce la presenza di un ricercatore in azienda.
Questo significa aprire un canale nella comunicazione tra i due mondi e innalzare il livello
di innovazione delle imprese.
A questo proposito, ritengo sia ormai necessario trovare una forma di coordinamento
tra realtà simili che operano nello stesso territorio: mi riferisco a Democenter, all'Industrial Liaison Office dell'Università e ai privati che operano nel campo della valorizzazione della ricerca e del trasferimento tecnologico.
l'esperienza delle visite aziendali: già nel novembre dell'anno scorso vi hanno partecipato
oltre 270 ragazzi, che hanno potuto toccare
con mano il lavoro in azienda.
MEDIE SUPERIORI. Insieme al Club dei 15 (le
Confindustrie territoriali a maggior vocazione manifatturiera) e in accordo col ministero
dell'Istruzione, abbiamo messo a punto un
progetto per il rilancio e lo sviluppo della formazione tecnica. Già a partire da settembre,
adotteremo un istituto di scuola superiore e
costruiremo un percorso che, attraverso strumenti concreti (borse di studio, corsi di aggiornamento dei docenti, attrezzature per laboratori), sia in grado di rafforzare il legame fra il
mondo della scuola e il mondo dell'impresa. E
ancora, gli studenti più meritevoli di alcuni
istituti secondari saranno premiati e avranno l'occasione di trascorrere una giornata
all'interno della Ferrari, un'azienda simbolo
del made in Italy.
UNIVERSITÀ. Abbiamo contribuito in modo
significativo, come associazione, al completamento degli arredi della facoltà di Ingegneria.
E, sul piano della collaborazione, abbiamo
sempre cercato di favorire i rapporti tra le
aziende associate e le varie facoltà dell'ateneo
modenese, nella consapevolezza che un punto
di svolta, per il nostro Paese, sia costituito da
un migliore sfruttamento di quel grande giacimento di cultura scientifica, tecnologica e
capitale umano che si chiama università.
Molto si è fatto. Se solo abbandoniamo i facili
stereotipi, scopriamo che il rapporto impresa-
Il ruolo di Modena
I commenti che ricevo sulla nostra città, in
tutte le occasioni, si possono riassumere così:
Modena ha numeri europei, ma immagine
ancora provinciale.
Sono convinto che il compito di un'associazione sia anche di proporre stimoli costruttivi. L'anno scorso, in occasione della mia prima assemblea da presidente, riportai all'attenzione di tutti lo scalo merci di Marzaglia.
Oggi vorrei iniziare a spingere un'altra idea.
Negli anni del dopoguerra, la nascita degli
insediamenti industriali e artigianali permisero a Modena di porre le basi per la crescita
dell'industria manifatturiera. Analogamente
e in chiave certamente più moderna, possiamo
riproporre una simile felice esperienza. Riteniamo che Promo abbia sviluppato un buon
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progetto, quello di far nascere a Cittanova un
polo dell'Information Technology. Potrebbe
diventare un segno distintivo della nostra
città, che anche di questo ha bisogno. Un portale attivo e vivace di una Modena che ricomincia a disegnare il suo futuro.
Ma per realizzarlo è necessaria la collaborazione attiva di tutti i soggetti che in questa città operano. Confindustria si rende sin d'ora
disponibile a fare la sua parte. Credetemi, ci si
può riuscire. Certamente ci vuole passione, la
lungimiranza nel capire che il mondo del dopo
crisi sarà molto diverso da oggi e prepararsi
al cambiamento.
Appello agli amministratori locali
Agli uomini della politica locale voglio ricordare che ora, a elezioni amministrative archiviate, hanno cinque anni davanti. Che siano
cinque anni non solo di buona amministrazione ma anche di innovazione e coraggio. Se
per condurre in porto alcuni progetti innovativi sarà inevitabile scontentare qualcuno, il
nostro auspicio è quello di vedere amministratori che, nella pienezza delle loro funzioni, dimostrino di saper rischiare per il bene
della comunità.
Dando dimostrazione di coerenza e decisione a livello locale, credo che si potrà recuperare terreno anche in ambito regionale,
dove Modena è da molto tempo in sofferenza.
Se è vero che le opere pubbliche creano efficienza, riducono i costi del sistema industriale e migliorano la vita dei cittadini, dai dati
dei bandi regionali di opere pubbliche degli
ultimi dieci anni emerge che Modena è stata
molto sacrificata. È compito dei nostri amministratori far capire in Regione che la nostra
Provincia rappresenta il 3 per cento del Pil nazionale. Modena non può più aspettare opere
indispensabili.
Affrontare la crisi
Dalla fine del 2008 e per tutta questa prima
metà del 2009 abbiamo vissuto momenti difficili, e altri ve ne saranno. Spero che la mia
«modenesità» nell'affrontarli sia stata apprezzata. Non si tratta di un provincialismo
banale, ma è un tratto caratteriale che si fonda
sulla tradizione alla franchezza e al rispetto
delle controparti. Trae alimento, soprattutto,
dalla consuetudine a trovare soluzioni condivise ai problemi.
La crisi è stata ed è profonda, pesante e
diffusa, anche se per fortuna cominciano a intravedersi alcuni piccolissimi segnali di ri-
22 Roberto Raimondi, Gianni Verzelloni,
Franco Stefani e Giovanni Arletti;
23 Mariangela Grosoli e Tarcisio
Fornaciari; 24 Alberto Mantovani
e Maurizio Torreggiani;
25 Ricardo Franco Levi e Giorgio Pighi;
26 Giordano Bruni e Gian Marco Ucci;
27 Vicenzo Cremonini e Roberta Ebaldi;
28 Gian Luca Sghedoni con Marco
e Giovanni Arletti
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Eventi | Assemblea
« In Italia ci sono molti problemi strutturali da risolvere.
Ai primi posti ci sono la lotta all'evasione fiscale
e la riduzione della spesa pensionistica.
Le tasse applicate al lavoro sono le più alte d'Europa.
Contenere le spese previdenziali
consentirebbe alle imposte sul lavoro di scendere»
29
29 Claudio Silvestri, Marcello Masi e
Romano Maletti; 30 Alberto
Mantovani, Gian Paolo Artioli
e Paolo Ferrari; 31 Domenico Scarfì
e Marco Padovani;
32 Mauro Lugli, Giorgio Pighi, Giulio
Santagata, Carlo Giovanardi,
Mariangela Bastico, Ricardo Franco
Levi, Sergio Sassi
e Ivano Miglioli
presa. Coltiviamoli questi segnali. È tempo di
tornare ai fondamentali. Tornare, cioè, alla società «del fare» e del «saper fare», riprendendo
in mano i temi della sostenibilità, della crescita e della nostra capacità di sviluppare capitale umano. Abbiamo seriamente bisogno di
tornare a una stagione di concretezza e, a un
tempo, di passione, di mettere cervello e
cuore nel nostro operare. Dobbiamo farlo, soprattutto, per i nostri giovani e giovanissimi,
che già lavorano o che studiano, ai quali dobbiamo il nostro impegno perché possano cogliere tutte le opportunità che le generazioni precedenti hanno avuto e quelle proprie di una
economia globale.
Al fondo di tutto, resta la responsabilità di
ognuno di noi. Ognuno di noi eserciti questa
responsabilità nel suo campo: istituzionale,
imprenditoriale, associativo che sia, con rigore
e senso etico. Vi posso garantire che Confindustria Modena e io personalmente lo faremo
con tutta la passione possibile.
30
31
L’economista ospite degli industriali modenesi
Guido Tabellini, rettore
dell’Università Bocconi
di Milano
Il mondo
dopo la crisi
e tuttavia, rispetto al livello degli
ordini, stanno tornando a livelli
consoni.
Guido Tabellini, rettore dell'Università Bocconi di Milano,
nel suo intervento all'assemblea di Confindustria ha trattato
il tema della «Crisi economica internazionale: rischi e opportunità»
alle alchimie della finanza all'economia reale il passo è brevissimo. In
principio il virus si sarebbe potuto
circoscrivere solo agli Usa, ma al suo fianco
ha trovato due alleati: la stretta creditizia e il
crollo generalizzato della fiducia acuito dal
fallimento di Lehman Brothers. Con un classico «ciclo delle scorte» (che accentua il calo
della produzione nelle fasi di riduzione della
domanda), il raffreddore è diventato una pandemia e lo shock è stato mondiale.
D
Il peggio è passato
Il peggio è passato, lo si sente ripetere sempre
più spesso e anche l'ultimo rapporto trimestrale della Commissione europea si apre al
cauto ottimismo. Su tutti e tre i fronti (stretta
creditizia, crollo della fiducia e ciclo delle scorte) si assiste a un graduale rientro e si attende con una certa apprensione l'arrivo di
importanti stimoli fiscali che in una parte del
mondo hanno già trovato ospitalità (Stati
Uniti e Germania).
In Usa tra aprile e maggio 2009 la morsa
della stretta creditizia si è allentata. Lo rivela
un'indagine effettuata dalla Federal Reserve
(Fed) sui loan officer, coloro che all'interno degli istituti di credito decidono se consentire o
meno un prestito: ci si sta riavvicinando a
valori simili a quelli prima della crisi.
Un segnale di normalizzazione lo si riscontra anche nei flussi creditizi tra le banche. L'andamento dei differenziali nei tassi di
interesse tra i titoli ad alto rischio e quelli meno pericolosi dimostra che si sta ricostruendo
la possibilità, per le imprese, di reperire finanziamenti sul mercato del credito. Anche
la fiducia sta recuperando terreno: i responsabili acquisti di Giappone, Usa, Cina ed Europa sono lì a dimostrarlo.
Il ciclo delle scorte sta migliorando: rispetto a una produzione industriale che continua a scendere, c'è un rapporto sull'adeguatezza degli ordini e delle scorte che invece sale. In questi mesi il crollo delle domanda ha
fatto salire di molto le scorte e il fatturato è
sceso in maniera ancora più rilevante: le scorte rispetto al fatturato sono ancora molto alte
La ripresa
Il risveglio sarà lento: dire che il
peggio è passato non dà conto
della realtà, perché la ripresa, in
circostanze di questo tipo, sarà
rallentata da almeno due fattori:
da una parte la disoccupazione che
continuerà a peggiorare per tutto
il 2009, comprimendo il reddito
disponibile delle famiglie, dall'altra gli eccessi di debito che dovranno essere smaltiti e che, conseguentemente, imporranno una minore
spesa affinché i risparmi, specialmente quelli
delle famiglie americane, siano ricostruiti.
Negli ultimi sei mesi dello scorso anno la ricchezza delle famiglie statunitensi è scesa del
25 per cento: perché si tornino ad avere disponibilità di risparmio, i consumi dovranno continuare ad avere una dinamica lenta. Anche
in presenza di tagli delle imposte.
Il Fondo monetario internazionale
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha
realizzato uno studio, sfruttando i dati concernenti una molteplicità di Paesi, per confrontare le recessioni causate da crisi finanziarie con quelle che sono nate per altre ragioni. Le recessioni tipiche delle crisi finanziarie
sono le depressioni dei primi anni Novanta in
Giappone e in nord Europa (o la bufera che si
è abbattuta sui mercati dei cambi europei nel
settembre e ottobre 1992). In media le crisi
finanziarie portano a recessioni che durano
molto più a lungo. Dovremmo tornare ai livelli di produzione precedenti alla crisi fra un
paio d'anni. La crisi attuale ha la caratteristica di essere una crisi globale e le esportazioni
stentano a fare da traino alla crescita. La ripresa, come detto, non sarà fulminea: non prima di due, tre anni da quando è iniziata la
recessione. In Usa, gli indicatori statistici rilevano che le prime avvisaglie si sono avute a
fine 2007; in Europa sappiamo che è arrivata
più tardi, intorno a settembre del 2008.
Il mondo dopo la crisi
Il mondo post-crisi sarà caratterizzato da
una crescita più lenta, dovremmo smaltire
l'eccesso di debito che nel frattempo si sarà
accumulato e probabilmente sarà un mondo
con meno profitti. I motivi sono essenzialmente due: in primo luogo stiamo accumulando
un debito pubblico che porterà più imposte,
in secondo luogo stiamo immagazzinando
una forte capacità inutilizzata.
La quantità di moneta creata dalla Banca
centrale americana è triplicata dal momento
in cui si è verificata la bancarotta di Lehman
Brothers. Finora, questa immissione di
liquidità non ha generato inflazione perché
tutti noi abbiamo paura dei rischi e siamo
ben disposti (compresi gli investitori istituzionali) a mantenere la situazione ingessata. Tuttavia il timore è che questo eccesso di
moneta prima o poi generi inflazione.
Al momento, vedo nell'arena economica
mondiale due forze contrastanti: l'ipertrofia
monetaria e la capacità inutilizzata; la loro
commistione tende a far scendere prezzi e
salari. Rimango dell'idea che nell'arco dei
prossimi due anni sia maggiore un rischio di
deflazione, nel senso che la pressione al
OUTLOOK 65
32
Eventi | Assemblea
ribasso di prezzi e salari non può innescare
un fenomeno inflattivo. Ma in prospettiva,
il problema sarà gestire questa ipertrofia
monetaria, perché anche altre banche centrali, oltre alla Fed, hanno immesso moneta nelle loro economie.
Tuttavia la liquidità dovrà trovare uno
sbocco. Al momento tutti chiedono investimenti liquidi e di breve periodo, e la liquidità ha trovato spazio nei portafogli dei
risparmiatori e degli investitori istituzionali. Man mano che le prospettive miglioreranno anche l'avversione al rischio tornerà
a salire. Ed è proba«Il mondo
bile che ciò avvenga
post-crisi sarà
prima che la capacicaratterizzato
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da una crescita
riassorbita: i tempi
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Per questo motie probabilmente
vo dobbiamo aspetsarà un mondo
tarci un'accentuata
con meno
volatilità dei prezzi
profitti»
delle attività finanziarie. Le bolle speculative non finiranno con questa crisi.
Al contrario, la reazione della politica
monetaria alla crisi in corso, per quanto priva
di alternative, ha posto le basi per i prossimi
eccessi. I prezzi dei beni e servizi rimarranno
stabili, contenuti dalla depressione economica. Ma i prezzi delle commodity, o di specifici
prodotti finanziari, potranno subire variazioni violente spinte da una massa di liquidità
alla ricerca di rendimenti elevati o di protezione contro le aspettative d'inflazione futura.
Una delle lezioni di questa crisi è che la
politica monetaria non può limitarsi ad
assicurare la stabilità dei prezzi, ma deve
anche farsi carico della stabilità dei mercati
finanziari.
È scontato che se questa liquidità non viene tolta dalla circolazione potrebbe generare
inflazione. Credo, comunque che sia un rischio che attiene più agli Stati Uniti che all'Europa, perché il dollaro è di gran lunga la
valuta più esposta ai rischi d'inflazione.
66 OUTLOOK
La globalizzazione
Il mondo pre-crisi ha visto la nascita e lo sviluppo della globalizzazione. Cosa ci attende
d'ora in avanti? Prima della crisi i Paesi in
via di sviluppo erano i principali beneficiari
della globalizzazione, trainavano la crescita
e via via convergevano verso i livelli di reddito dei Paesi ricchi. La crisi, attraverso il sostegno alla domanda, l'immissione di maggiore liquidità e più regole, ha portato l'intervento pubblico in tanti luoghi dell'economia.
Il forte rallentamento della globalizzazione
c'è stato anche perché nei Paesi in via di svi-
commercio mondiale. Abbiamo sofferto di più
degli altri e a patire maggiormente è stata la
parte sana della nostra economia. Nondimeno è anche ragionevole pensare che l'Italia sia più pronta di altri a recuperare competitività e terreno: non ha avuto gli eccessi
di Usa, Gran Bretagna e Spagna; negli anni
precedenti la crisi si è ristrutturato tanto
nelle imprese.
C'è però, in questo strano Paese, una parte dell'economia che produce e genera reddito e un'altra parte, quella dei servizi e del
settore pubblico, che avanza troppo lenta-
L’incontro che ha avuto per protagonisti Guido Tabellini e Salvatore Carrubba
luppo il protezionismo è stato agevolato dagli accordi dell'Organizzazione mondiale del
commercio. Ma resto convinto che la globalizzazione sarà così forte che il mondo resterà dominato dagli scambi internazionali.
Questa che stiamo vivendo è solo una piccola pausa d'arresto. Sul fronte della convergenza, sono persuaso che i Paesi in via di sviluppo continueranno a crescere mentre i
Paesi avanzati arretreranno. Lo stesso Fmi
dice che la maggior parte di debito pubblico è
stato accumulato dalle economie dei Paesi
avanzati; la crisi ha accelerato un processo
di trasferimento economico dai grandi ai piccoli: dovremo guardare a questi ultimi per
sostenere la ripresa.
Italia-Mondo
La crisi della produzione industriale in Italia
è stata molto più profonda che non negli
Stati Uniti. Il nostro Paese è più esposto al
mente.
Sia di conforto il fatto che anche quando
la politica è assente e carente, la cultura e la
società civile possono supplirvi e dare competitività al nostro Paese. Una ricerca dell'Università Bocconi di Milano centrata sullo
studio del capitale umano e sociale dice che è
fondamentale avere fiducia e rispetto nei
confronti del prossimo. Una società a «moralità generalizzata» applica i concetti di bene,
male, giusto e sbagliato all'universo dei suoi
cittadini; una società a «moralità limitata»
applica questi principi al clan, alla famiglia,
agli amici. Tanto più generalizzato è il concetto di moralità tanto meglio funzionano le
istituzioni collettive e pubbliche. Non è un
caso che l'iniziativa imprenditoriale in regioni come Emilia-Romagna, Lombardia e
Veneto riesca meglio e abbia caratteristiche
culturali molto simili a quelle del nord
Europa.
Le prospettive
per Europa e USA
E per l'Italia è forse giunto il momento di fare
una revisione complessiva del welfare?
«Per rafforzare la nostra economia dobbiamo riuscire a riallocare risorse verso settori
meno esposti alla concorrenza dei Paesi in via
di sviluppo. Fare questo è più difficile che ristrutturare il singolo settore produttivo e richiede un mercato del lavoro più flessibile. CoL’economia nazionale e internazionale nell’intervista a Guido Tabellini
minciamo perciò a ripensare un sistema di welfare
che riduca la spesa pensionistica e induca
di Salvatore Carrubba, direttore delle strategie editoriali de «Il Sole 24 Ore»
un innalzamento progressivo dell'età pensionabile. Tito Boeri e Pietro Garibaldi nell'ottobre del 2008 hanno pubblicato "Un nuovo conSiamo di fronte a un cambiamento totale e definitivo nel funziona- tratto per tutti. Per avere più lavoro, salari più alti e meno discrimimento del capitalismo?
nazione", un libro interessante che evidenzia l'iniquità fra lavorato«La crisi è scoppiata per via di alcuni specifici problemi tecnici ri a tempo indeterminato, supertutelati, e lavoratori precari, con
riguardanti il funzionamento della regolamentazione dei mercati fi- troppo poche tutele. Il "contratto unico a tempo indeterminato",
nanziari ed è stata acuita da una serie di errori. Credo poi che non ci proposto da Boeri e Garibaldi, dovrebbe andare a sanare il divario
sia alcun dubbio che la crisi sarà ricordata come un avvenimento esistente: in particolare nel testo si parla di una fase di inserimento
d'importanza storica per l'Occidente, paragonabile alla Grande De- di tre anni, durante la quale il licenziamento può avvenire solo diepressione e all'inflazione seguita al crollo di Bretton Woods e al trau- tro compensazione monetaria o giusta causa, un salario minimo da
ma petrolifero degli anni Settanta: da questo punto di vista è sicu- applicare a ogni prestazione di lavoro e un contributo previdenziale
ramente un evento epocale. Se però quegli eventi hanno avuto un del 33 per cento per tutti i contratti. Senza misure di questo tipo la
impatto non solo sulla realtà economica e politica ma anche sulle povertà in Italia è destinata a salire, mentre il potere di acquisto, la
idee degli economisti, lo stesso non si può dire per questa crisi. Le le- competitività e la produzione a scendere».
zioni da trarre, per quanto riguarda la dottrina economica, sono più
Quali sono le partite più importanti che il nostro Paese deve giocarcircoscritte. Riguardano principalmente il funzionamento dei mer- si per ritornare competitivo?
cati finanziari, in particolare la gestione della corporate governance
«In Italia ci sono tanti problemi strutturali che andrebbero risolall'interno delle società e alcuni aspetti della politica monetaria, ma ti. Ma se dovessi isolarne un paio sicuramente direi la lotta all'evanon vi sarà una revisione sostanziale degli obiettivi di politica eco- sione fiscale e la riduzione della spesa pensionistica. Le tasse applinomica, né uno spostamento dei confini tra Stato e mercato.
cate al lavoro, in Italia, sono le più alte d'Europa: contenere le spese
Chi afferma il contrario, di solito, pensa che la crisi abbia mina- previdenziali consentirebbe alle imposte sul lavoro di scendere».
to il cosiddetto principio di autoregolamentazione dei mercati finanQuanto è reale il rischio di neoprotezionismo di cui tanto si parla?
ziari. Ma questa affermazione rivela una conoscenza superficiale
«Su questo fronte credo che qualcosa lo si sia imparato dal passadella moderna teoria economica. È da trent'anni che gli economisti to. Dopo la Grande Depressione si ricadde drammaticamente nel
studiano i fallimenti dei mercati finanziari, le bolle speculative, le protezionismo. Oggi non possiamo nascondere che un tentativo di
crisi di liquidità. In discussione vi sono quindi l'impostazione e i con- ristabilire una sorta di garantismo statalista sia stato fatto, ma per
tenuti della regolamentazione finanziaria, non la sua necessità: fortuna esistono organismi, come il Wto, che vigilano attentamente
prova ne sia che la crisi ha travolto per primo il settore più regola- sui Paesi avanzati».
mentato di tutti, quello delle banche».
Il presidente Ferrari ha chiuso la sua relazione con un richiamo al
Quale ritiene sia è il pericolo maggiore di questa crisi per Stati Uniti rigore e al senso etico del «fare impresa». Con la crisi questa lacuna è
ed Europa?
evidente e indifendibile. Che cosa direbbe Tabellini ai propri allievi della
«Che gli Usa diventino repentinamente ferventi sostenitori del- Bocconi?
l'interventismo statale non è credibile. Gli americani, che hanno gli
«Direi loro di rimboccarsi le maniche per ripristinare un sistema
anticorpi per reagire allo statalismo più anacronistico, stanno sop- condiviso di regole che sappia rimetterci in carreggiata e scoraggiaportando a malincuore questa fase ma, appena sarà possibile, rien- re gli individui che occupano posizioni di potere a prendere decisiotreranno nell'alveo delle proprie tradizioni. È indubbio, invece, che ni contrarie all'etica. Alla base di un sistema di mercato che funzioni
noi faremo più fatica a scrollarci di dosso questo ritorno dello stata- c'è una morale forte. Gli abusi finora commessi sono il risultato di
lismo. L'Unione europea sta impostando una riforma della regola- un processo di decadimento di principi basilari dell'etica: ad esemmentazione finanziaria, che pone particolare enfasi sul rischio pio, non si è prestata la giusta attenzione alle nozioni di giusto e
sistemico. Ma i primi segnali sono deludenti».
sbagliato nell'ambito professionale».
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