Imprenditori - Confindustria Modena
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Imprenditori - Confindustria Modena
Eventi | Assemblea In alto, Vilmo Ferioli insieme a Mauro Lugli, Vito Zincani, Pietro Ferrari e Gaetano Maccaferri. In basso, Silvia Manicardi, Roberta Pé e Alberto Carretti oni i z u t i lle ist amento e d e prese le appunt m i e l del adiziona i t n a esent ipato al tr r p p a ir tec Molti hanno par che i r o t i d en r A p E Im SSEMBL A in Da sinistra, Filippo Borghi e Carlo Giovanardi; Andrea Landi, Massimo Giusti, Cesare Bisoni e Vincenzo Calandra Bonaura; Mara Bernardini e Aldo Tomasi; Pietro Ferrari e Gian Carlo Muzzarelli; Massimo Toschi, Emilio Sabattini e Maurizio Torreggiani; Enrico Campedelli e Tanja Lugli ente resid p l i , e torial o di rendi p ment m i a per t o n d u n o app ionale m z l e a i l n a a r u e up ll'ann llo int reocc tato, a zato a live nto p i ntanv a t n i e ch ha ez prese i r i p r s p i a a p r r r c a r e to di itori omia ture. tro Fe , ha omen prend i econ spettive fu si Pie nzani m d e o m i n o o M t e a s s d r tratt e m io ro mo In qu he ha l Foru o stud e le sue p igliaio c a triali n , i m s u o t i u , n n p d a u s vin a ila in quasi ese, o cconi di M untur Mode i inter degli i , n o i g a i r e p n r a d t o r o o s t ndu tà Bo è sta uale c te Fer ale m Confi iversi ellini siden e l’att uzion n t r b e i i t r a Ore» U d sio ' T s p l i n l . l fo oe Verru le 24 ità» e de c o e de i n r t n S i o u l t t o l appro t i I r o eroso z e « o p r n a p , l e e , i p o e G d c r n o ie la belli nomi oriali chi e azzal Dopo ido Ta o eco e edit le: ris i u ella M d a g a G n f f n e i o t a o d i a R m z tr a di vento terna ti del elle s A cur ica in l'inter ore d t t o m t e o i r n u i seg i eco ba, d a cris arrub L C « e o r t o ta lvat da Sa stato OUTLOOK 57 Eventi | Assemblea La relazione del presidente Concretezza e passione per affrontare il futuro Le difficoltà delle imprese, le prospettive per l'autunno, ma anche i progetti di Confindustria Modena sul fronte della formazione, dello sviluppo e delle sfide di una città e di un territorio che hanno bisogno di essere meno provinciali: queste le linee guida dell'intervento di Pietro Ferrari La crisi Certo, di crisi ve ne sono già state. Ma il segno meno davanti al Pil mondiale (-1,3 per cento nel 2009) è una novità assoluta da sessant'anni a questa parte. Il fatto che questa crisi si accanisca anche (e forse soprattutto) con i primi della classe colpisce, ma non deve stupire né intimorirci. La crisi che viviamo non dipende da errori imprenditoriali, ma deriva in gran parte da un sistema finanziario malato, da una mancanza di controlli a dir poco criminale, da mercati che hanno smesso di funzionare con la necessaria trasparenza. La trasmissione degli effetti della crisi dal mondo della «finanza di carta», dove è nata, al mondo dell'economia 58 OUTLOOK «reale», dove noi operiamo, ha fatto il resto. Luigi Einaudi, il grande statista liberale, commentando la crisi del '29 ebbe a dire: «Le imprese dirette da gente competente e prudente passano attraverso momenti duri, ma resistono. Gran fracasso di rovine a chi fece in grande furia debiti; a chi progettò colossi, dominazioni, controlli; a chi per sostenere l'edificio di carta fabbricò altra carta e vendette carta a mezzo mondo». Mai parole più chiare sintetizzano l'attuale momento. Il nostro territorio Nei primi cinque mesi di quest'anno tutti i principali indicatori economici si mantengo- no negativi: fatturato -18,1 per cento, ordini 21,7 per cento, export -13,4 per cento, occupazione -2,7. A questo si aggiunge l'aumento assai rilevante delle ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria: in provincia di Modena sono passate da 200 mila a un milione (oltre il 400 per cento in più). L'Emilia-Romagna non se la passa meglio: da 800 mila a quasi dieci milioni di ore, e anche l'Italia ha visto aumentare di sette volte il numero di ore autorizzate. La crisi è ancora in atto. Certo, alcune rilevazioni mettono in evidenza segnali positivi, un'inversione di tendenza nelle aspettative degli imprenditori, presumibilmente consapevoli che con i primi mesi di quest'anno abbia- mo raggiunto il punto più basso della produzione. Però, dobbiamo avere presente che gli effetti della crisi avranno ancora, per diverso tempo, un pesante strascico. Non possiamo aspettarci un cambio repentino seppur auspicabile della situazione. Gli imprenditori, il sindacato, le istituzioni Voglio dare atto a tanti colleghi imprenditori che pur nelle difficoltà di ordinativi, calati anche del 50 per cento, in ogni circostanza mi hanno sempre manifestato la volontà di tenere i motori aziendali accesi. Il nostro è un capitalismo sano, fondato su una autentica collaborazione con i lavoratori e i sindacati e sull'impegno diretto e partecipato dell'imprenditore nella sua impresa. E un ringraziamento particolare va rivolto a tutti i nostri dipendenti, che per primi anche facendo molti sacrifici, hanno compreso che questa crisi va affrontata con spirito collaborativo e con senso di responsabilità. Una consapevolezza che non è mancata da parte del sindacato. Insieme a noi ha incessantemente ricercato soluzioni, limitando il più possibile tentazioni ideologiche che non hanno ragione di esistere in un momento simile. È la controparte con la quale intratteniamo rapporti costanti: non di rado possono essere rapporti difficili, anche duri, ma sempre volti a costruire. In tale quadro, il nostro auspicio per il prossimo futuro è che la Cgil torni a operare insieme a noi, rivedendo la sua decisione di non firmare l'accordo nazionale del gennaio scorso per la riforma del modello contrattuale. In questo spirito di collaborazione col sin- Dall’alto: Fabio Poli con Federico Saetti e Davide Malagoli; Filippo Borghi e Pietro Ferrari; Marco Arletti, Dario Manicardi e Giovanni Arletti; Sergio Sassi e Vincenzo Cremonini dacato, mi sento di porre in evidenza un tema che ritengo particolarmente significativo, in un momento quale quello che stiamo vivendo: mai come ora, la formazione dovrebbe essere al centro dell'attenzione di tutte le parti sociali e avere come protagonisti i lavoratori, e in particolare quelli per i quali si è ricorso agli ammortizzatori sociali. Voglio ricordare il contributo delle istituzioni, fra le quali ritengo giusto segnalare l'amministrazione provinciale e molte amministrazioni comunali. Queste, dopo i primi momenti di smarrimento derivanti dai pessimi indicatori che arrivavano dalle aziende, si sono attivate con programmi di interventi sociali ed economici e con una decisa moral suasion nei confronti degli istituti bancari. Anche la Regione Emilia-Romagna è stata propositiva nella messa a punto e nell'avvio di politiche anticrisi. E di questo la ringrazio. Ma in talune occasioni ha ecceduto nel proprio ruolo, come ad esempio nel caso dell'accordo regionale di inizio maggio sugli ammortizzatori sociali in deroga. È un accordo che, come sapete, la nostra Federazione Regionale, d'intesa con tutte le associazioni territoriali a tutela dei propri associati, ha scelto di OUTLOOK 59 Eventi | Assemblea 1 2 3 1 Roberto Iseppi, Claudio Reggiani, Fausto Bedogni e Alberto Mantovani; 2 Giovanni Messori e Pietro Ferrari; 3 Fausto Tarozzi, Arrigo Po, Fabrizio Forghieri e Pietro Ferrari; 4 Danilo Montecchi, Antonio Panini e Roberta Bergamini; 5 Giorgio Montorsi, Francesco Zironi, Sergio Sassi e Tarcisio Fornaciari; 6 Gianfranco Levoni e Gian Carlo Vezzalini; 7 Ormes Corradini e Franco Stefani; 8 Giorgio Pighi, Gian Carlo Muzzarelli e Vanni Bulgarelli non firmare perché il documento proposto introduce pesanti limiti e condizionamenti all'autonomia decisionale delle imprese. Globalizzazione, mercato, liberalizzazioni Dal dibattito politico paiono essere stati accantonati, in questi ultimi tempi, tre temi fondamentali: la globalizzazione, le liberalizzazioni, il mercato. Non può esistere un mondo senza la globalizzazione dei mercati. Non possiamo essere così ciechi da non vedere i vantaggi della globalizzazione, in termini di miglioramento delle condizioni di vita in moltissimi Paesi e, rispetto a una provincia come la nostra, in termini di costante crescita dell'export di prodotti a medio-alto contenuto tecnologico. E poiché i primi segnali di ripresa arrivano proprio da questi Paesi lontani, vedrete che la globalizzazione tornerà a far sentire gli 9 10 4 effetti positivi già verso la fine di questo difficilissimo anno. L'ultimo rapporto della Banca d'Italia sull'economia dell'Emilia-Romagna evidenzia un dato che fa molto riflettere: nel 2008 l'avanzo commerciale realizzato dalla nostra regione è stato di 18,7 miliardi di euro, cifra straordinaria, se consideriamo che l'ultimo trimestre del 2008 era già negativo. Salutiamo, quindi, con positività, uno dei messaggi importanti usciti dal summit G20 di Londra a inizio aprile: cioè, il «no» a nuove forme di protezionismo. Piuttosto, focalizziamoci sulla debolezza del nostro Paese, che da oltre dieci anni soffre di un lento declino, e diamo risposte utili a scuotere questa nostra paralisi. La nostra crescita economica è agli ultimi posti in Europa. Le cause sono molteplici. Pensiamo, per restare in casa nostra, a una struttura produttiva molto frammentata e incentrata ancora su produzioni ad alta intensità di lavoro e bassa intensità di ricerca. Ma pensiamo anche, per guardare al sistema-Paese, alla lentezza dimostrata nell'adeguare le istituzioni politiche e le strutture amministrative all'uso di soluzioni informatiche capaci di semplificare la vita del cittadino e delle imprese. Pensiamo, ancora, alla insufficiente innovazione e all'inadeguatezza delle risorse destinate alla ricerca. Le riforme Per l'Italia non tutto è perduto. La cosa certa è che non vi è più alternativa alle riforme, e il tempo sta per scadere, come ci ha ricordato 11 5 6 nera costi esorbitanti e, soprattutto, rallenta ogni decisione. anche il governatore della Banca d'Italia. Mercato del lavoro e nuovi ammortizzatori sociali, allungamento dell'età lavorativa, meritocrazia nella scuola, nell'università e nella pubblica amministrazione, più ricerca e innovazione (e l'elenco sarebbe ben più lungo), sono tutti tasselli di un mosaico che attende ancora di essere completato. La società italiana ne guadagnerebbe sia in efficienza che in equità: di entrambe abbiamo bisogno. Nel nostro Paese non sono mai stati tempi facili per la cultura del mercato e della concorrenza; la crisi economica complica ancor più le cose. La politica economica, sia nazionale che locale, non cada nell'errore di voler delineare linee strategiche di sviluppo industriale, ma si limiti, e non sarebbe poco, a tutelare la concorrenza; a favorire la libertà di mercato; a riprendere il cammino delle liberalizzazioni, soprattutto nei servizi. La mancanza di concorrenza resta, infatti, uno dei maggiori ostacoli all’aumento della produttività italiana e questa, a sua volta, è la causa principale della bassissima crescita del Pil, da molti anni a questa parte. Ai rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche modenesi che operano a livello nazionale rivolgo un appello: rimettete al centro del vostro lavoro il tema delle liberalizzazioni. A livello locale, allo stesso modo, riduciamo gli enti che riproducono, in piccolo, il più inefficiente statalismo: uno «statalismo municipale», che senza ragione alcuna, se non la moltiplicazione di poltrone e poltroncine, ge- 12 7 Le piccole imprese L'Italia è il Paese delle piccole imprese. È altrettanto vero, però, che se esse rimangono «piccole» non saranno idonee a restare sul mercato globale. Le parole di Emma Marcegaglia all'Assemblea nazionale, sono chiare: «Stiamo toccando con mano gli svantaggi della piccola dimensione, poiché essere piccoli comporta serie penalizzazione nell'accesso ai mercati, meno ricerca e minori investimenti immateriali». Crescere dunque nella dimensione e nell'efficienza deve essere il nostro obiettivo. Solo così le imprese troveranno risorse da investire in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, in reti commerciali globali, ma soprattutto in capitale umano: donne e uomini che sono la vera ricchezza delle nostre aziende e come tale va valorizzata. IL PROGETTO DI CONFINDUSTRIA MODENA. Per tutte queste ragioni, la nostra Associazione è impegnata in un progetto, culturale e operativo al tempo stesso, che richiederà una collaborazione concreta del mondo creditizio, volto a offrire alle imprese che vogliano crescere nuovi strumenti finanziari. Un contributo può arrivare dall'esperienza e dal radicamento delle banche retail, sia locali che nazionali con forti presenze sul nostro territorio. Le banche, va detto con chiarezza, sono imprese a tutti gli effetti: non siamo qui a chiedere alcun tipo di favoritismo. Per l'orgoglio 13 14 8 che ci viene dall'operare in uno dei territori più industrializzati non solo d'Italia ma di tutta Europa, siamo profondamente convinti che i primi a investire nelle proprie imprese debbano essere gli imprenditori. Ciò detto, voglio ricordare le parole del governatore Draghi, quando ha spronato i banchieri di oggi a «prendere esempio» dai banchieri che negli anni '50 e '60 finanziarono la ricostruzione e lo sviluppo. Il governatore ha poi significativamente aggiunto: «Occorre saper fare il banchiere anche quando le cose vanno male». Non mi pare che vada in questa direzione la sostituzione della «commissione di massimo scoperto» e delle altre commissioni, abrogate per legge, con quelle nuove e più onerose di «mancanza fondi» o «disponibilità fondi» o altre similari: nomi diversi ma stessa sostanza, far rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta. Le banche, piuttosto, affinino le capacità di riconoscere il merito del credito, sforzandosi con maggiore impegno nella comprensione del progetto d'impresa sia essa grande o, a maggior ragione, piccola. Il ruolo di Confindustria In un anno così complesso, Confindustria ha agito come interlocutore autorevole per il governo, le Regioni, le parti sociali. E lo ha fatto sempre nell'interesse di tutte le imprese, indistintamente. A livello locale, è stato per Confindustria Modena e per me un anno di lavoro indirizza- 15 to a intensificare e migliorare relazioni con le istituzioni, con le associazioni, con le parti sociali. Fiducia, concretezza e passione sono stati i nostri valori di riferimento, insieme alla volontà di fare squadra nel rispetto delle peculiarità di ciascuno, con l'obiettivo prioritario di mantenere la nostra provincia ai primi posti nella capacità di produrre ed esportare beni e servizi e di confermare l'equilibrio sociale che la contraddistingue. Il dialogo intrapreso è fruttuoso e inizia a dare i primi risultati. Il progetto Scalo di Marzaglia Abbiamo apprezzato che su un progetto importante, come quello riguardo allo scalo di Marzaglia, Maurizio Torreggiani abbia immediatamente dato il suo consenso. Con il contributo della Camera di Commercio e delle altre associazioni imprenditoriali siamo riusciti a concretizzare il primo 9 Fabrizio Forghieri, Paolo Ferrari e Mario Brani; 10 Elena e Luciano Salda; 11 Roberto Iseppi, Massimo Galassini e Giuseppe Molinari; 12 Erminio Spallanzani e Marco Stella; 13 Antonio Panini, Laura Panini e Riccardo Bertolini; 14 Elena Lancellotti e Francesco Zironi; 15 Vanna Vicenzi, Giacomo e Francesco Coppi Eventi | Assemblea 16 17 16 Giuliana Gavioli e Giorgio Mari; 17 Aldo Tomasi e Gian Carlo Muzzarelli; 18 Paolo Gambuli, Riccardo Bertolini, Gianluca Sghedoni, Massimo Galassini e Gaetano Maccaferri; 19 Enrico Manfredini, Marcello Masi e Enrico Cornia; 20 Simona Ferrari con i figli Francesco e Guido; 21 Maria Rosa Nizzi, Rebecca Michinelli, Milena Mari, Giuseppe Santunione e Loretta Barbieri importante risultato: la costituzione della Società Trasporti Intermodali Emilia, che dovrà dedicare le sue energie per riempire di contenuto la piattaforma logistica di Marzaglia. Perché non è solo questione di hardware (rete ferroviaria, ponti, caselli autostradali, bretelle di collegamento, capannoni) ma anche di software: ovvero, i servizi a elevato valore aggiunto che sarà in grado di offrire. Non sono cose che si improvvisano. Sullo sviluppo dello scalo di Marzaglia e della direttrice Brennero ci giochiamo il futuro industriale della nostra provincia. Il marketing territoriale Naturalmente, il progetto per Marzaglia non esaurisce il ventaglio delle cose da fare insieme per il futuro del nostro territorio. Condividiamo con tutte le associazioni imprenditoriali il progetto della Camera di Commercio di dare maggiore impulso al marketing terri- 22 18 19 toriale provinciale, per adeguarlo a questo momento di difficoltà e per rispondere alle crescenti necessità delle imprese. Lavoreremo certamente insieme col presidente della Provincia Emilio Sabattini, col sindaco di Modena Giorgio Pighi e con le associazioni interessate, per dare concretezza agli incontri che abbiamo avuto con Diana Bracco, presidente di Expo 2015. Si tratta di un appuntamento unico. Modena con le sue eccellenze inimitabili può rappresentare uno dei principali poli attrattivi dell'Expo e attrarre migliaia di persone, dal turista all'uomo d'affari. Ma è necessario fare presto, stringere un accordo con la dirigenza di Expo 2015 e preparare un programma che sia all'altezza delle aspettative dei visitatori e allo stesso tempo del nostro territorio. La formazione Confindustria Modena continua a credere nell'istruzione e nella formazione, dalla scuola dell'obbligo all'Università e oltre. Su questo abbiamo lavorato a lungo e sviluppato un programma articolato in più punti. MATERNA ED ELEMENTARE. Da settembre partiranno le attività, da noi finanziate, di due laboratori per l'apprendimento della lingua italiana riservati ai bambini stranieri delle scuole materne ed elementari. Si tratta di un progetto innovativo che coinvolgerà circa 400 bambini in quattro anni. MEDIE DI PRIMO GRADO. Per gli studenti delle scuole medie di primo grado continueremo 23 24 20 università è già proficuo, e pertanto va incoraggiato, magari usufruendo maggiormente della figura del «dottore di ricerca», che garantisce la presenza di un ricercatore in azienda. Questo significa aprire un canale nella comunicazione tra i due mondi e innalzare il livello di innovazione delle imprese. A questo proposito, ritengo sia ormai necessario trovare una forma di coordinamento tra realtà simili che operano nello stesso territorio: mi riferisco a Democenter, all'Industrial Liaison Office dell'Università e ai privati che operano nel campo della valorizzazione della ricerca e del trasferimento tecnologico. l'esperienza delle visite aziendali: già nel novembre dell'anno scorso vi hanno partecipato oltre 270 ragazzi, che hanno potuto toccare con mano il lavoro in azienda. MEDIE SUPERIORI. Insieme al Club dei 15 (le Confindustrie territoriali a maggior vocazione manifatturiera) e in accordo col ministero dell'Istruzione, abbiamo messo a punto un progetto per il rilancio e lo sviluppo della formazione tecnica. Già a partire da settembre, adotteremo un istituto di scuola superiore e costruiremo un percorso che, attraverso strumenti concreti (borse di studio, corsi di aggiornamento dei docenti, attrezzature per laboratori), sia in grado di rafforzare il legame fra il mondo della scuola e il mondo dell'impresa. E ancora, gli studenti più meritevoli di alcuni istituti secondari saranno premiati e avranno l'occasione di trascorrere una giornata all'interno della Ferrari, un'azienda simbolo del made in Italy. UNIVERSITÀ. Abbiamo contribuito in modo significativo, come associazione, al completamento degli arredi della facoltà di Ingegneria. E, sul piano della collaborazione, abbiamo sempre cercato di favorire i rapporti tra le aziende associate e le varie facoltà dell'ateneo modenese, nella consapevolezza che un punto di svolta, per il nostro Paese, sia costituito da un migliore sfruttamento di quel grande giacimento di cultura scientifica, tecnologica e capitale umano che si chiama università. Molto si è fatto. Se solo abbandoniamo i facili stereotipi, scopriamo che il rapporto impresa- Il ruolo di Modena I commenti che ricevo sulla nostra città, in tutte le occasioni, si possono riassumere così: Modena ha numeri europei, ma immagine ancora provinciale. Sono convinto che il compito di un'associazione sia anche di proporre stimoli costruttivi. L'anno scorso, in occasione della mia prima assemblea da presidente, riportai all'attenzione di tutti lo scalo merci di Marzaglia. Oggi vorrei iniziare a spingere un'altra idea. Negli anni del dopoguerra, la nascita degli insediamenti industriali e artigianali permisero a Modena di porre le basi per la crescita dell'industria manifatturiera. Analogamente e in chiave certamente più moderna, possiamo riproporre una simile felice esperienza. Riteniamo che Promo abbia sviluppato un buon 25 26 27 21 progetto, quello di far nascere a Cittanova un polo dell'Information Technology. Potrebbe diventare un segno distintivo della nostra città, che anche di questo ha bisogno. Un portale attivo e vivace di una Modena che ricomincia a disegnare il suo futuro. Ma per realizzarlo è necessaria la collaborazione attiva di tutti i soggetti che in questa città operano. Confindustria si rende sin d'ora disponibile a fare la sua parte. Credetemi, ci si può riuscire. Certamente ci vuole passione, la lungimiranza nel capire che il mondo del dopo crisi sarà molto diverso da oggi e prepararsi al cambiamento. Appello agli amministratori locali Agli uomini della politica locale voglio ricordare che ora, a elezioni amministrative archiviate, hanno cinque anni davanti. Che siano cinque anni non solo di buona amministrazione ma anche di innovazione e coraggio. Se per condurre in porto alcuni progetti innovativi sarà inevitabile scontentare qualcuno, il nostro auspicio è quello di vedere amministratori che, nella pienezza delle loro funzioni, dimostrino di saper rischiare per il bene della comunità. Dando dimostrazione di coerenza e decisione a livello locale, credo che si potrà recuperare terreno anche in ambito regionale, dove Modena è da molto tempo in sofferenza. Se è vero che le opere pubbliche creano efficienza, riducono i costi del sistema industriale e migliorano la vita dei cittadini, dai dati dei bandi regionali di opere pubbliche degli ultimi dieci anni emerge che Modena è stata molto sacrificata. È compito dei nostri amministratori far capire in Regione che la nostra Provincia rappresenta il 3 per cento del Pil nazionale. Modena non può più aspettare opere indispensabili. Affrontare la crisi Dalla fine del 2008 e per tutta questa prima metà del 2009 abbiamo vissuto momenti difficili, e altri ve ne saranno. Spero che la mia «modenesità» nell'affrontarli sia stata apprezzata. Non si tratta di un provincialismo banale, ma è un tratto caratteriale che si fonda sulla tradizione alla franchezza e al rispetto delle controparti. Trae alimento, soprattutto, dalla consuetudine a trovare soluzioni condivise ai problemi. La crisi è stata ed è profonda, pesante e diffusa, anche se per fortuna cominciano a intravedersi alcuni piccolissimi segnali di ri- 22 Roberto Raimondi, Gianni Verzelloni, Franco Stefani e Giovanni Arletti; 23 Mariangela Grosoli e Tarcisio Fornaciari; 24 Alberto Mantovani e Maurizio Torreggiani; 25 Ricardo Franco Levi e Giorgio Pighi; 26 Giordano Bruni e Gian Marco Ucci; 27 Vicenzo Cremonini e Roberta Ebaldi; 28 Gian Luca Sghedoni con Marco e Giovanni Arletti 28 Eventi | Assemblea « In Italia ci sono molti problemi strutturali da risolvere. Ai primi posti ci sono la lotta all'evasione fiscale e la riduzione della spesa pensionistica. Le tasse applicate al lavoro sono le più alte d'Europa. Contenere le spese previdenziali consentirebbe alle imposte sul lavoro di scendere» 29 29 Claudio Silvestri, Marcello Masi e Romano Maletti; 30 Alberto Mantovani, Gian Paolo Artioli e Paolo Ferrari; 31 Domenico Scarfì e Marco Padovani; 32 Mauro Lugli, Giorgio Pighi, Giulio Santagata, Carlo Giovanardi, Mariangela Bastico, Ricardo Franco Levi, Sergio Sassi e Ivano Miglioli presa. Coltiviamoli questi segnali. È tempo di tornare ai fondamentali. Tornare, cioè, alla società «del fare» e del «saper fare», riprendendo in mano i temi della sostenibilità, della crescita e della nostra capacità di sviluppare capitale umano. Abbiamo seriamente bisogno di tornare a una stagione di concretezza e, a un tempo, di passione, di mettere cervello e cuore nel nostro operare. Dobbiamo farlo, soprattutto, per i nostri giovani e giovanissimi, che già lavorano o che studiano, ai quali dobbiamo il nostro impegno perché possano cogliere tutte le opportunità che le generazioni precedenti hanno avuto e quelle proprie di una economia globale. Al fondo di tutto, resta la responsabilità di ognuno di noi. Ognuno di noi eserciti questa responsabilità nel suo campo: istituzionale, imprenditoriale, associativo che sia, con rigore e senso etico. Vi posso garantire che Confindustria Modena e io personalmente lo faremo con tutta la passione possibile. 30 31 L’economista ospite degli industriali modenesi Guido Tabellini, rettore dell’Università Bocconi di Milano Il mondo dopo la crisi e tuttavia, rispetto al livello degli ordini, stanno tornando a livelli consoni. Guido Tabellini, rettore dell'Università Bocconi di Milano, nel suo intervento all'assemblea di Confindustria ha trattato il tema della «Crisi economica internazionale: rischi e opportunità» alle alchimie della finanza all'economia reale il passo è brevissimo. In principio il virus si sarebbe potuto circoscrivere solo agli Usa, ma al suo fianco ha trovato due alleati: la stretta creditizia e il crollo generalizzato della fiducia acuito dal fallimento di Lehman Brothers. Con un classico «ciclo delle scorte» (che accentua il calo della produzione nelle fasi di riduzione della domanda), il raffreddore è diventato una pandemia e lo shock è stato mondiale. D Il peggio è passato Il peggio è passato, lo si sente ripetere sempre più spesso e anche l'ultimo rapporto trimestrale della Commissione europea si apre al cauto ottimismo. Su tutti e tre i fronti (stretta creditizia, crollo della fiducia e ciclo delle scorte) si assiste a un graduale rientro e si attende con una certa apprensione l'arrivo di importanti stimoli fiscali che in una parte del mondo hanno già trovato ospitalità (Stati Uniti e Germania). In Usa tra aprile e maggio 2009 la morsa della stretta creditizia si è allentata. Lo rivela un'indagine effettuata dalla Federal Reserve (Fed) sui loan officer, coloro che all'interno degli istituti di credito decidono se consentire o meno un prestito: ci si sta riavvicinando a valori simili a quelli prima della crisi. Un segnale di normalizzazione lo si riscontra anche nei flussi creditizi tra le banche. L'andamento dei differenziali nei tassi di interesse tra i titoli ad alto rischio e quelli meno pericolosi dimostra che si sta ricostruendo la possibilità, per le imprese, di reperire finanziamenti sul mercato del credito. Anche la fiducia sta recuperando terreno: i responsabili acquisti di Giappone, Usa, Cina ed Europa sono lì a dimostrarlo. Il ciclo delle scorte sta migliorando: rispetto a una produzione industriale che continua a scendere, c'è un rapporto sull'adeguatezza degli ordini e delle scorte che invece sale. In questi mesi il crollo delle domanda ha fatto salire di molto le scorte e il fatturato è sceso in maniera ancora più rilevante: le scorte rispetto al fatturato sono ancora molto alte La ripresa Il risveglio sarà lento: dire che il peggio è passato non dà conto della realtà, perché la ripresa, in circostanze di questo tipo, sarà rallentata da almeno due fattori: da una parte la disoccupazione che continuerà a peggiorare per tutto il 2009, comprimendo il reddito disponibile delle famiglie, dall'altra gli eccessi di debito che dovranno essere smaltiti e che, conseguentemente, imporranno una minore spesa affinché i risparmi, specialmente quelli delle famiglie americane, siano ricostruiti. Negli ultimi sei mesi dello scorso anno la ricchezza delle famiglie statunitensi è scesa del 25 per cento: perché si tornino ad avere disponibilità di risparmio, i consumi dovranno continuare ad avere una dinamica lenta. Anche in presenza di tagli delle imposte. Il Fondo monetario internazionale Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha realizzato uno studio, sfruttando i dati concernenti una molteplicità di Paesi, per confrontare le recessioni causate da crisi finanziarie con quelle che sono nate per altre ragioni. Le recessioni tipiche delle crisi finanziarie sono le depressioni dei primi anni Novanta in Giappone e in nord Europa (o la bufera che si è abbattuta sui mercati dei cambi europei nel settembre e ottobre 1992). In media le crisi finanziarie portano a recessioni che durano molto più a lungo. Dovremmo tornare ai livelli di produzione precedenti alla crisi fra un paio d'anni. La crisi attuale ha la caratteristica di essere una crisi globale e le esportazioni stentano a fare da traino alla crescita. La ripresa, come detto, non sarà fulminea: non prima di due, tre anni da quando è iniziata la recessione. In Usa, gli indicatori statistici rilevano che le prime avvisaglie si sono avute a fine 2007; in Europa sappiamo che è arrivata più tardi, intorno a settembre del 2008. Il mondo dopo la crisi Il mondo post-crisi sarà caratterizzato da una crescita più lenta, dovremmo smaltire l'eccesso di debito che nel frattempo si sarà accumulato e probabilmente sarà un mondo con meno profitti. I motivi sono essenzialmente due: in primo luogo stiamo accumulando un debito pubblico che porterà più imposte, in secondo luogo stiamo immagazzinando una forte capacità inutilizzata. La quantità di moneta creata dalla Banca centrale americana è triplicata dal momento in cui si è verificata la bancarotta di Lehman Brothers. Finora, questa immissione di liquidità non ha generato inflazione perché tutti noi abbiamo paura dei rischi e siamo ben disposti (compresi gli investitori istituzionali) a mantenere la situazione ingessata. Tuttavia il timore è che questo eccesso di moneta prima o poi generi inflazione. Al momento, vedo nell'arena economica mondiale due forze contrastanti: l'ipertrofia monetaria e la capacità inutilizzata; la loro commistione tende a far scendere prezzi e salari. Rimango dell'idea che nell'arco dei prossimi due anni sia maggiore un rischio di deflazione, nel senso che la pressione al OUTLOOK 65 32 Eventi | Assemblea ribasso di prezzi e salari non può innescare un fenomeno inflattivo. Ma in prospettiva, il problema sarà gestire questa ipertrofia monetaria, perché anche altre banche centrali, oltre alla Fed, hanno immesso moneta nelle loro economie. Tuttavia la liquidità dovrà trovare uno sbocco. Al momento tutti chiedono investimenti liquidi e di breve periodo, e la liquidità ha trovato spazio nei portafogli dei risparmiatori e degli investitori istituzionali. Man mano che le prospettive miglioreranno anche l'avversione al rischio tornerà a salire. Ed è proba«Il mondo bile che ciò avvenga post-crisi sarà prima che la capacicaratterizzato tà inutilizzata sia da una crescita riassorbita: i tempi più lenta, di reazione dei merdovremo smaltire cati finanziari sono l'eccesso sempre più rapidi di di debito quelli dell'economia che si è reale. accumulato Per questo motie probabilmente vo dobbiamo aspetsarà un mondo tarci un'accentuata con meno volatilità dei prezzi profitti» delle attività finanziarie. Le bolle speculative non finiranno con questa crisi. Al contrario, la reazione della politica monetaria alla crisi in corso, per quanto priva di alternative, ha posto le basi per i prossimi eccessi. I prezzi dei beni e servizi rimarranno stabili, contenuti dalla depressione economica. Ma i prezzi delle commodity, o di specifici prodotti finanziari, potranno subire variazioni violente spinte da una massa di liquidità alla ricerca di rendimenti elevati o di protezione contro le aspettative d'inflazione futura. Una delle lezioni di questa crisi è che la politica monetaria non può limitarsi ad assicurare la stabilità dei prezzi, ma deve anche farsi carico della stabilità dei mercati finanziari. È scontato che se questa liquidità non viene tolta dalla circolazione potrebbe generare inflazione. Credo, comunque che sia un rischio che attiene più agli Stati Uniti che all'Europa, perché il dollaro è di gran lunga la valuta più esposta ai rischi d'inflazione. 66 OUTLOOK La globalizzazione Il mondo pre-crisi ha visto la nascita e lo sviluppo della globalizzazione. Cosa ci attende d'ora in avanti? Prima della crisi i Paesi in via di sviluppo erano i principali beneficiari della globalizzazione, trainavano la crescita e via via convergevano verso i livelli di reddito dei Paesi ricchi. La crisi, attraverso il sostegno alla domanda, l'immissione di maggiore liquidità e più regole, ha portato l'intervento pubblico in tanti luoghi dell'economia. Il forte rallentamento della globalizzazione c'è stato anche perché nei Paesi in via di svi- commercio mondiale. Abbiamo sofferto di più degli altri e a patire maggiormente è stata la parte sana della nostra economia. Nondimeno è anche ragionevole pensare che l'Italia sia più pronta di altri a recuperare competitività e terreno: non ha avuto gli eccessi di Usa, Gran Bretagna e Spagna; negli anni precedenti la crisi si è ristrutturato tanto nelle imprese. C'è però, in questo strano Paese, una parte dell'economia che produce e genera reddito e un'altra parte, quella dei servizi e del settore pubblico, che avanza troppo lenta- L’incontro che ha avuto per protagonisti Guido Tabellini e Salvatore Carrubba luppo il protezionismo è stato agevolato dagli accordi dell'Organizzazione mondiale del commercio. Ma resto convinto che la globalizzazione sarà così forte che il mondo resterà dominato dagli scambi internazionali. Questa che stiamo vivendo è solo una piccola pausa d'arresto. Sul fronte della convergenza, sono persuaso che i Paesi in via di sviluppo continueranno a crescere mentre i Paesi avanzati arretreranno. Lo stesso Fmi dice che la maggior parte di debito pubblico è stato accumulato dalle economie dei Paesi avanzati; la crisi ha accelerato un processo di trasferimento economico dai grandi ai piccoli: dovremo guardare a questi ultimi per sostenere la ripresa. Italia-Mondo La crisi della produzione industriale in Italia è stata molto più profonda che non negli Stati Uniti. Il nostro Paese è più esposto al mente. Sia di conforto il fatto che anche quando la politica è assente e carente, la cultura e la società civile possono supplirvi e dare competitività al nostro Paese. Una ricerca dell'Università Bocconi di Milano centrata sullo studio del capitale umano e sociale dice che è fondamentale avere fiducia e rispetto nei confronti del prossimo. Una società a «moralità generalizzata» applica i concetti di bene, male, giusto e sbagliato all'universo dei suoi cittadini; una società a «moralità limitata» applica questi principi al clan, alla famiglia, agli amici. Tanto più generalizzato è il concetto di moralità tanto meglio funzionano le istituzioni collettive e pubbliche. Non è un caso che l'iniziativa imprenditoriale in regioni come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto riesca meglio e abbia caratteristiche culturali molto simili a quelle del nord Europa. Le prospettive per Europa e USA E per l'Italia è forse giunto il momento di fare una revisione complessiva del welfare? «Per rafforzare la nostra economia dobbiamo riuscire a riallocare risorse verso settori meno esposti alla concorrenza dei Paesi in via di sviluppo. Fare questo è più difficile che ristrutturare il singolo settore produttivo e richiede un mercato del lavoro più flessibile. CoL’economia nazionale e internazionale nell’intervista a Guido Tabellini minciamo perciò a ripensare un sistema di welfare che riduca la spesa pensionistica e induca di Salvatore Carrubba, direttore delle strategie editoriali de «Il Sole 24 Ore» un innalzamento progressivo dell'età pensionabile. Tito Boeri e Pietro Garibaldi nell'ottobre del 2008 hanno pubblicato "Un nuovo conSiamo di fronte a un cambiamento totale e definitivo nel funziona- tratto per tutti. Per avere più lavoro, salari più alti e meno discrimimento del capitalismo? nazione", un libro interessante che evidenzia l'iniquità fra lavorato«La crisi è scoppiata per via di alcuni specifici problemi tecnici ri a tempo indeterminato, supertutelati, e lavoratori precari, con riguardanti il funzionamento della regolamentazione dei mercati fi- troppo poche tutele. Il "contratto unico a tempo indeterminato", nanziari ed è stata acuita da una serie di errori. Credo poi che non ci proposto da Boeri e Garibaldi, dovrebbe andare a sanare il divario sia alcun dubbio che la crisi sarà ricordata come un avvenimento esistente: in particolare nel testo si parla di una fase di inserimento d'importanza storica per l'Occidente, paragonabile alla Grande De- di tre anni, durante la quale il licenziamento può avvenire solo diepressione e all'inflazione seguita al crollo di Bretton Woods e al trau- tro compensazione monetaria o giusta causa, un salario minimo da ma petrolifero degli anni Settanta: da questo punto di vista è sicu- applicare a ogni prestazione di lavoro e un contributo previdenziale ramente un evento epocale. Se però quegli eventi hanno avuto un del 33 per cento per tutti i contratti. Senza misure di questo tipo la impatto non solo sulla realtà economica e politica ma anche sulle povertà in Italia è destinata a salire, mentre il potere di acquisto, la idee degli economisti, lo stesso non si può dire per questa crisi. Le le- competitività e la produzione a scendere». zioni da trarre, per quanto riguarda la dottrina economica, sono più Quali sono le partite più importanti che il nostro Paese deve giocarcircoscritte. Riguardano principalmente il funzionamento dei mer- si per ritornare competitivo? cati finanziari, in particolare la gestione della corporate governance «In Italia ci sono tanti problemi strutturali che andrebbero risolall'interno delle società e alcuni aspetti della politica monetaria, ma ti. Ma se dovessi isolarne un paio sicuramente direi la lotta all'evanon vi sarà una revisione sostanziale degli obiettivi di politica eco- sione fiscale e la riduzione della spesa pensionistica. Le tasse applinomica, né uno spostamento dei confini tra Stato e mercato. cate al lavoro, in Italia, sono le più alte d'Europa: contenere le spese Chi afferma il contrario, di solito, pensa che la crisi abbia mina- previdenziali consentirebbe alle imposte sul lavoro di scendere». to il cosiddetto principio di autoregolamentazione dei mercati finanQuanto è reale il rischio di neoprotezionismo di cui tanto si parla? ziari. Ma questa affermazione rivela una conoscenza superficiale «Su questo fronte credo che qualcosa lo si sia imparato dal passadella moderna teoria economica. È da trent'anni che gli economisti to. Dopo la Grande Depressione si ricadde drammaticamente nel studiano i fallimenti dei mercati finanziari, le bolle speculative, le protezionismo. Oggi non possiamo nascondere che un tentativo di crisi di liquidità. In discussione vi sono quindi l'impostazione e i con- ristabilire una sorta di garantismo statalista sia stato fatto, ma per tenuti della regolamentazione finanziaria, non la sua necessità: fortuna esistono organismi, come il Wto, che vigilano attentamente prova ne sia che la crisi ha travolto per primo il settore più regola- sui Paesi avanzati». mentato di tutti, quello delle banche». Il presidente Ferrari ha chiuso la sua relazione con un richiamo al Quale ritiene sia è il pericolo maggiore di questa crisi per Stati Uniti rigore e al senso etico del «fare impresa». Con la crisi questa lacuna è ed Europa? evidente e indifendibile. Che cosa direbbe Tabellini ai propri allievi della «Che gli Usa diventino repentinamente ferventi sostenitori del- Bocconi? l'interventismo statale non è credibile. Gli americani, che hanno gli «Direi loro di rimboccarsi le maniche per ripristinare un sistema anticorpi per reagire allo statalismo più anacronistico, stanno sop- condiviso di regole che sappia rimetterci in carreggiata e scoraggiaportando a malincuore questa fase ma, appena sarà possibile, rien- re gli individui che occupano posizioni di potere a prendere decisiotreranno nell'alveo delle proprie tradizioni. È indubbio, invece, che ni contrarie all'etica. Alla base di un sistema di mercato che funzioni noi faremo più fatica a scrollarci di dosso questo ritorno dello stata- c'è una morale forte. Gli abusi finora commessi sono il risultato di lismo. L'Unione europea sta impostando una riforma della regola- un processo di decadimento di principi basilari dell'etica: ad esemmentazione finanziaria, che pone particolare enfasi sul rischio pio, non si è prestata la giusta attenzione alle nozioni di giusto e sistemico. Ma i primi segnali sono deludenti». sbagliato nell'ambito professionale». OUTLOOK 67