Israele e territori occupati - amnesty :: Rapporto annuale

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Israele e territori occupati - amnesty :: Rapporto annuale
AMNESTY
INTERNATIONAL
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DUEMILA
AMNESTY INTERNATIONAL RAPPORTO 2013
LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD
ISRAELE E TERRITORI PALESTINESI OCCUPATI
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MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD
ISRAELE E TERRITORI
PALESTINESI OCCUPATI
STATO D’ISRAELE
Capo di stato: Shimon Peres
Capo del governo: Benjamin Netanyahu
A fine anno le autorità israeliane trattenevano oltre 4500 prigionieri palestinesi, compresi 178 detenuti amministrativi, il cui numero aveva registrato una temporanea diminuzione in seguito alle proteste dei palestinesi e a livello internazionale. Sono stati
denunciati episodi di tortura e altri maltrattamenti di detenuti durante le fasi d’arresto
e gli interrogatori. Il blocco militare imposto da Israele sulla Striscia di Gaza ha continuato ad avere gravi ripercussioni sugli 1,6 milioni di abitanti di Gaza. A novembre,
Israele ha lanciato una campagna di otto giorni contro i gruppi armati palestinesi che
da Gaza sparavano indiscriminatamente razzi su Israele; più di 160 palestinesi sono rimasti uccisi, oltre a sei israeliani, di cui molti erano civili. Entrambe le parti hanno violato il diritto internazionale umanitario nel contesto del conflitto. Le autorità israeliane
hanno continuato a limitare il movimento dei palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, a costruire il muro/barriera e a espandere gli insediamenti illegali israeliani, mentre non hanno provveduto a proteggere i palestinesi e le loro proprietà dalla
violenza dei coloni. Hanno inoltre continuato a demolire le abitazioni dei palestinesi e
ad attuare sgomberi forzati. I militari israeliani hanno continuato a fare uso eccessivo
della forza contro i manifestanti nei Territori Palestinesi Occupati (Occupied Palestinian
Territories – Opt). Oltre a uccidere più di 100 civili durante il conflitto di novembre a
Gaza, durante l’anno le forze israeliane hanno ucciso almeno 35 civili negli Opt. I palestinesi cittadini d’Israele hanno subito discriminazioni nei diritti all’alloggio e alla residenza, oltre a continue demolizioni delle loro abitazioni, in particolare nella regione
del Negev/Naqab. Migliaia di persone che cercavano protezione internazionale sono
state poste in detenzione amministrativa ai sensi di una nuova legislazione entrata in
vigore a giugno. Le forze israeliane responsabili di aver ucciso e ferito civili palestinesi
e di atti di tortura e altri maltrattamenti di detenuti hanno continuato a eludere l’accertamento delle responsabilità.
CONTESTO
I negoziati tra Israele e Autorità Palestinese (Palestinian Authority – Pa) non sono ripresi.
Le relazioni sono peggiorate dopo che, a novembre, l’Assemblea generale delle Nazioni
Unite ha riconosciuto la Palestina quale stato osservatore non membro. In risposta,
Israele ha annunciato piani d’espansione degli insediamenti e ha trattenuto il saldo delle
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imposte erariali dovute alla Pa. A marzo, Israele ha ritirato la propria cooperazione con
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dopo che questo aveva istituito una
commissione d’inchiesta per “indagare le implicazioni” degli insediamenti israeliani
negli Opt.
A luglio, un comitato nominato dal governo ha concluso che gli insediamenti israeliani
nella Cisgiordania occupata non violavano il diritto internazionale, malgrado i pesanti
pareri legali a livello internazionale che affermavano il contrario, e ha raccomandato al
governo di formalizzare gli avamposti non autorizzati dei coloni. Per la prima volta in
sette anni, sono stati creati 14 nuovi avamposti e insediamenti, con il sostegno delle
autorità israeliane.
Periodicamente durante l’anno, le forze militari israeliane hanno compiuto attacchi aerei
su Gaza, mentre gruppi armati palestinesi lanciavano razzi su Israele. Le forze israeliane
hanno continuato a sparare munizioni per rafforzare le “zone d’esclusione”, terrestri e
marine, all’interno del perimetro di Gaza e delle acque territoriali, uccidendo almeno sei
civili e ferendone altri. Leader israeliani si sono pubblicamente espressi a favore del
bombardamento di siti nucleari iraniani.
Un civile israeliano è stato ucciso da militanti di provenienza egiziana a giugno.
LIBERTÀ DI MOVIMENTO – BLOCCO SU GAZA E RESTRIZIONI IN CISGIORDANIA
La miriade di restrizioni imposte dalle autorità israeliane al movimento dei palestinesi
hanno rappresentato una punizione collettiva nei confronti della popolazione di Gaza e
degli abitanti della Cisgiordania, in violazione del diritto internazionale. Gli oltre 500
posti di blocco militari israeliani e barriere in Cisgiordania, oltre al muro/barriera, hanno
limitato il movimento dei palestinesi, in particolare a Gerusalemme Est, in parte di Hebron, nella valle del Giordano e nelle zone adiacenti agli insediamenti. I palestinesi dovevano ottenere un permesso da parte delle autorità israeliane mentre gli israeliani, coloni
compresi, avevano libertà di movimento in queste zone. Sono pervenute costanti segnalazioni di episodi di vessazioni e abusi nei confronti dei palestinesi da parte di personale
militare israeliano ai posti di blocco. Le restrizioni di movimento hanno inoltre ostacolato
l’accesso dei palestinesi alle cure medico-sanitarie, all’acqua e ai terreni coltivati.
Il blocco militare d’Israele sulla Striscia di Gaza, ormai al suo sesto anno, ha continuato
ad avere gravi ripercussioni sulle infrastrutture essenziali, come fornitura idrica, fognature
e rete elettrica. Israele ha continuato a limitare gravemente le esportazioni e le importazioni, da e verso Gaza, soffocandone l’economia e favorendo il pericoloso commercio
clandestino dall’Egitto, che ha continuato a mietere vittime tra coloro che utilizzavano i
tunnel per far passare merci. Rispetto agli anni precedenti, un maggior numero di persone ha potuto attraversare il valico di Rafah con l’Egitto, malgrado le restrizioni, ma i
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permessi di viaggio verso la Cisgiordania rimanevano rari e difficili da ottenere, anche
per i pazienti che necessitavano di cure mediche urgenti. A settembre, l’Alta corte di
giustizia d’Israele ha confermato la politica di separazione di Gaza dalla Cisgiordania, rigettando un’istanza presentata da alcune donne di Gaza che intendevano studiare nelle
università della Cisgiordania.
SGOMBERI FORZATI E DEMOLIZIONI
L’esercito israeliano ha continuato a esercitare il controllo sulla pianificazione, l’urbanistica e la sicurezza in oltre il 60 per cento della Cisgiordania, conosciuta come Area C,
e ha regolarmente demolito le abitazioni dei palestinesi. Sono state distrutte circa 604
strutture, un terzo delle quali abitazioni civili, incluse 36 cisterne d’acqua, provocando
lo sgombero forzato di circa 870 palestinesi e determinando effetti negativi su almeno
altri 1600. I coloni israeliani hanno continuato ad attaccare i residenti palestinesi e le
loro proprietà nella pressoché totale impunità. Le case dei palestinesi cittadini d’Israele,
in particolare coloro che vivevano in “villaggi non riconosciuti” ufficialmente nella regione
del Negev, sono state regolarmente demolite dall’amministrazione territoriale israeliana
(Israel Land Administration – Ila) e dagli organi municipali.
In Cisgiordania, l’esercito ha ripetutamente demolito case, cisterne d’acqua e ricoveri per animali a Umm
al-Kheir e in altri villaggi nelle colline a sud di Hebron, mentre villaggi come al-‘Aqaba, Khirbet Tana,
Humsa e Hadidiya sono stati minacciati di essere rasi al suolo.
L’Ila ha demolito tende e altre strutture ad al-‘Araqib, un villaggio “non riconosciuto” nel Negev, per ben
13 volte durante l’anno, dopo decine di altre precedenti demolizioni succedutesi dal luglio 2010.
IMPUNITÀ
Ancora una volta le autorità non hanno provveduto a condurre indagini indipendenti
sulle uccisioni di civili palestinesi da parte di soldati israeliani in Cisgiordania e a Gaza
o a perseguirne i responsabili. I crimini di guerra commessi dalle forze israeliane durante
l’operazione “Piombo fuso”, nel 2008-2009, sono rimasti impuniti e niente lasciava
intendere che sarebbero state avviate indagini indipendenti sulle violazioni commesse
durante il conflitto tra Gaza e Israele di novembre. Raramente le indagini della polizia
sulla violenza dei coloni israeliani contro i palestinesi hanno portato a procedimenti giudiziari.
A maggio, le autorità militari hanno chiuso le indagini sull’uccisione di 21 membri della famiglia Samouni,
compresi alcuni bambini piccoli, durante l’operazione “Piombo fuso”. La famiglia aveva trovato riparo in
una casa nella quale i soldati israeliani avevano ordinato loro di spostarsi, quando furono uccisi, a quanto
pare sotto il fuoco dell’artiglieria. Le autorità hanno concluso che le morti non erano state provocate da
negligenza da parte delle truppe israeliane.
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Ad agosto, un soldato che aveva fatto fuoco e ucciso due donne palestinesi che sventolavano una bandiera
bianca, durante l’operazione “Piombo fuso”, è stato condannato a 45 giorni di reclusione per “impiego illegale di armi”, in seguito a un patteggiamento.
Il 28 agosto, un tribunale di Haifa ha assolto le autorità israeliane da ogni responsabilità per la morte
dell’attivista statunitense Rachel Corrie, investita e uccisa nel 2003 mentre protestava contro le demolizioni
delle abitazioni a Rafah, a Gaza.
OPERAZIONE “PILASTRO DI DIFESA”
Il 14 novembre, le forze israeliane hanno lanciato una vasta operazione militare su
Gaza, iniziando con un attacco aereo in cui è rimasto ucciso il leader dell’ala militare
di Hamas. In otto giorni, prima del cessate il fuoco ottenuto il 21 novembre con la
mediazione dell’Egitto, sono stati uccisi oltre 160 palestinesi, compresi oltre 30 bambini e circa altri 70 civili, e sei israeliani, di cui quattro civili. Entrambe le parti hanno
commesso crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario.
L’aviazione israeliana ha effettuato bombardamenti e lanciato missili su zone abitate,
compresi attacchi sproporzionati che hanno causato pesanti perdite di vite umane tra
la popolazione civile. Altri attacchi hanno danneggiato o distrutto le proprietà dei civili,
strutture dei mezzi d’informazione, edifici governativi e stazioni di polizia. Nella maggior parte dei casi, Israele non ha fornito prove che questi siti specifici fossero utilizzati
per scopi militari. La marina israeliana ha bombardato con l’artiglieria zone costiere
popolate, in attacchi indiscriminati. L’ala militare di Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno sparato razzi e altri armamenti su Israele, uccidendo civili e danneggiando proprietà.
Il 18 novembre, 10 membri della famiglia al-Dalu, tra cui quattro bambini al di sotto degli otto anni, una
ragazza adolescente e quattro donne, e altri due loro vicini di casa sono stati uccisi dopo che l’edificio in
cui abitavano era stato centrato da un attacco dell’aviazione israeliana sulla città di Gaza. I portavoce
militari israeliani hanno fatto dichiarazioni diverse, affermando che l’attacco era stato un incidente o che
era finalizzato a colpire un militante ma hanno fornito nomi differenti del presunto obiettivo, senza offrire
prove a sostegno delle loro affermazioni.
Il 19 novembre, un bambino di cinque anni, Mohammed Abu Zur e due sue zie sono stati uccisi e decine
di altre persone sono rimaste ferite, quando la casa di un loro vicino è stata colpita da un attacco aereo
dell’aviazione israeliana.
DETENZIONE SENZA PROCESSO
Durante l’intero anno, più di 320 palestinesi degli Opt sono stati trattenuti senza accusa
né processo in detenzione amministrativa ma il loro numero è sostanzialmente diminuito
in seguito a uno sciopero della fame di massa (cfr. Condizioni carcerarie). Molti palestinesi rilasciati nell’ambito di uno scambio di prigionieri nel 2011 sono stati riarrestati
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per ordine di un comitato militare e trattenuti per periodi prolungati, senza essere formalmente accusati o senza che fosse fatto un formale riferimento alle condanne emesse
in precedenza a loro carico.
Ad aprile, Hana Shalabi, un’abitante della Cisgiordania, è stata trasferita a Gaza, con ogni probabilità
contro la sua volontà, per almeno tre anni, in seguito a uno sciopero della fame di 43 giorni contro la sua
detenzione amministrativa, iniziata a febbraio.
CONDIZIONI CARCERARIE
Il 17 aprile, circa 2000 prigionieri e detenuti palestinesi hanno iniziato uno sciopero
della fame per protestare contro le loro condizioni, tra cui il ricorso all’isolamento, la detenzione senza accusa né processo e il diniego di ricevere le visite dei familiari. Hanno
terminato la loro protesta il 14 maggio, in seguito a un accordo raggiunto con le autorità
israeliane con la mediazione egiziana, in base al quale le autorità israeliane acconsentivano a porre fine all’isolamento di 19 prigionieri e a revocare il divieto delle visite familiari per i prigionieri di Gaza. A fine anno due prigionieri palestinesi rimanevano trattenuti
in isolamento prolungato e l’isolamento a breve termine continuava a essere impiegato
come metodo di punizione.
Hassan Shuka, un detenuto amministrativo trattenuto senza accusa né processo dal settembre 2010, ha
ottenuto il permesso di ricevere le visite dei familiari soltanto per le sue sorelle, di 14 e otto anni, nel
carcere di Ketziot, nel sud d’Israele; ad altri membri della famiglia era stato vietato l’ingresso in Israele.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
Detenuti palestinesi hanno denunciato di essere stati torturati e altrimenti maltrattati
durante gli interrogatori dall’agenzia per la sicurezza israeliana (Israel Security Agency
– Isa), affermando di essere stati tenuti incatenati o legati mani e piedi in modo da provocare dolore, immobilizzati in posizioni di stress, privati del sonno, minacciati e insultati
verbalmente. Ai detenuti è stato negato l’accesso agli avvocati nel corso d’interrogatori
che duravano per giorni e in alcuni casi anche settimane. Ai detenuti che avevano intrapreso un prolungato sciopero della fame è stato ripetutamente negato di poter accedere
alle cure di medici indipendenti e sono stati maltrattati dal personale del servizio carcerario israeliano (Israel Prison Service – Ips).
Le autorità non hanno provveduto a indagare le accuse di tortura dei detenuti da parte
dell’Isa, alimentando un clima d’impunità. Le indagini erano di competenza del controllore dei reclami degli interrogati, che fa capo all’Isa, malgrado una decisione del procuratore generale del novembre 2010 avesse posto la figura del controllore sotto al
ministero della Giustizia. La proroga di una legge che esenta la polizia israeliana e l’Isa
dal registrare gli interrogatori dei detenuti per reati relativi alla “sicurezza”, la quasi totalità dei quali sono palestinesi, ha contribuito a perpetuare l’impunità per i casi di tor573
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tura e altri maltrattamenti. A fronte delle oltre 700 denunce presentate tra il 2001 e il
2012, a fine anno era stata avviata soltanto un’indagine penale.
Samer al-Barq ha intrapreso uno sciopero della fame per tre volte a partire da aprile, per protestare contro
la sua detenzione amministrativa dal luglio 2010 e le dure condizioni nell’infermeria del carcere di Ramleh.
Gli erano state negate cure mediche specialistiche ed era stato maltrattato dai secondini del carcere, che
lo avevano percosso e insultato verbalmente.
L’ingegnere di Gaza, Dirar Abu Sisi, trasferito con la forza dall’Ucraina in Israele nel febbraio 2011, è
entrato nel suo secondo anno d’isolamento, senza poter ricevere le visite dei familiari, nel carcere di
Shikma, vicino ad Ashkelon. Secondo le notizie ricevute, versava in cattive condizioni di salute e gli erano
state negate cure mediche adeguate. Il suo avvocato e la sua famiglia hanno asserito che era stato costretto sotto tortura a “confessare” di aver ideato i razzi utilizzati dall’ala militare di Hamas.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE E RIUNIONE
Soldati israeliani hanno fatto fuoco utilizzando munizioni su manifestanti palestinesi in
numerose occasioni, nelle zone interne al perimetro di Gaza e hanno abitualmente fatto
uso eccessivo della forza contro i dimostranti in Cisgiordania, uccidendone almeno quattro. Come hanno documentato gruppi locali per i diritti umani, i soldati israeliani hanno
inoltre sparato candelotti lacrimogeni direttamente su manifestanti pacifici, provocando
loro gravi ferite. Le autorità hanno inoltre fatto uso eccessivo della forza contro i manifestanti all’interno di Israele.
Mahmoud Zaqout è stato ucciso e decine di manifestanti sono rimasti feriti il 30 marzo, quando soldati
israeliani hanno sparato munizioni contro manifestanti in occasione della Giornata della terra, vicino al
valico di Erez, a Gaza, e hanno fatto uso eccessivo della forza in diverse manifestazioni svoltesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
Le forze di sicurezza hanno arrestato oltre 100 persone e hanno fatto uso eccessivo della forza per disperdere
centinaia di manifestanti israeliani che si erano radunati a Tel Aviv il 22 e 23 giugno, per invocare una diminuzione del costo degli alloggi e il miglioramento dei servizi sanitari e scolastici.
A ottobre, l’attivista Bassem Tamimi è stato incarcerato per la seconda volta nel corso dell’anno, per il
suo coinvolgimento in alcune proteste non violente contro gli insediamenti israeliani. È stato condannato
a quattro mesi di reclusione in un processo iniquo celebrato a novembre.
OBIETTORI DI COSCIENZA
Almeno sei cittadini israeliani sono finiti in carcere per essersi rifiutati di prestare il servizio militare nell’esercito per motivi di coscienza. Uno di loro, Natan Blanc, a fine anno
rimaneva in carcere.
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Noam Gur è stata arrestata il 17 aprile per essersi rifiutata di prestare il servizio militare. Ha scontato due
condanne a 10 giorni di reclusione ciascuna, ad aprile e a maggio.
RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO
Persone in cerca di protezione internazionale hanno continuato a veder negato l’accesso
ad eque procedure di determinazione dello status di rifugiati e sono incorse in arresti e
detenzioni. Migliaia di richiedenti asilo sono stati incarcerati ai sensi della legge antinfiltrazione, approvata a gennaio e applicata a partire da giugno. In violazione del diritto
internazionale sui rifugiati, la legge conferiva alle autorità il potere di detenere automaticamente i richiedenti asilo, insieme a quelli che entravano irregolarmente in Israele,
per un minimo di tre anni e consentiva in alcuni casi la detenzione a tempo indefinito.
A fine anno, le autorità stavano aumentando i posti disponibili per i detenuti nel deserto
del Negev, per riuscire a trattenere più di 11.000 persone; almeno 2400 richiedenti
asilo erano detenuti, molti alloggiati in tende.
Centinaia di richiedenti asilo sono stati espulsi in Sud Sudan senza poter accedere ad eque, compatibili
e trasparenti procedure di determinazione individuale d’asilo.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato Israele e gli Opt tra giugno e luglio e tra
novembre e dicembre.
Israel and the Occupied Palestinian Territories: Stop the transfer – Israel about to expel
Bedouin to expand settlements (MDE 15/001/2012)
Israel and the Occupied Palestinian Territories: Starved of justice – Palestinians detained
without trial by Israel (MDE 15/026/2012)
Israel/OPT: Letter to UN Committee against Torture regarding adoption of list of issues
by the Committee (MDE 15/029/2012)
Israel/OPT: International pressure mounts over Gaza blockade (MDE 15/033/2012)
Israel: Amnesty International urges government to respect the right to freedom of peaceful assembly (MDE 15/037/2012)
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