22/08/1991 La Sicilia: America dei poveri
Transcript
22/08/1991 La Sicilia: America dei poveri
AMERICA DEI POVERI 22 agosto1991 terza pagina La Sicilia Far turismo in USA è una cosa relativamente nuova per gli europei. Ancora vent'anni fà era troppo costoso, fuori dalla portata di molti. L'America era sconosciuta, quasi irraggiungibile nel suo splendido isolamento fra i due oceani. Oggi è diverso, l'Europa è ricca ed anche l'Italia sta meglio. Che s'aspetta dunque? Via a vedere da vicino il cuore dell'Impero, ad ammirare il futuro! L'America, le sue metropoli, la "sky line" dei grattacieli, le sue strade "multi-lane" (a moltissime corsie) che si intersecano fino a formare un intreccio impressionante! Ecco le "vacationlands" giganti, nutrite da 150 anni di benessere collettivo! Ce ne sono per tutti i gusti: dalla Florida tropicale ai grandi Parchi del Far-West. E poi ci sono le spiaggie "offshore": Caraibi, Bahamas, Bermude, e le nevi del New England e delle Montagne Rocciose. Appartiene certamente al futuro la "Cable TV", la televisione via canale, che qui sta letteralmente spopolando. Basta abbonarsi per rivere circa trenta canali diversi, la cui varietà e specializzazione assicurano una TV personalizzata! Appena undici anni fà non esisteva, ed all'inizio era limitata ad alcune vallate dove non era possibile ricevere i segnali delle grandi reti nazionali. Oggi la CNN, che opera via cavo, è stata la grande protagonista della Guerra del Golfo, ed il suo corrispondente Peter Arnett si è guadagnato un posto nella storia con i suoi reportages da Bagdad. Quel che impressiona il turista è la dimensione continentale del territorio USA e la ricchezza che ne trasuda. L'America è il paese del "plenty", dell'abbondanza. In nessun posto al mondo vengono praticati tanti sport, tutti popolari. Il golf, con i suoi campi erbosi, il baseball, il basketball, il football americano (diverso dal rugby europeo, e più divertente), lo hockey, lo sci, il catch (in fase di popolarità esplosiva), il tennis, il bowling, l'ippica (concentrata nel Kentucky), le corse d'auto (Indianopolis), i deltaplani, gli aerei di tutte le dimensioni, e l'elenco potrebbe continuare per molto. L'ultima follia made in Usa, e subito esportata in tutto il mondo, sono i "mall", grandi edifici che contengono cinquanta, cento negozi di merce varia, tanto da coprire tutte le attività commerciali e finanziarie possibili. In alcuni ci sono cinema, sale di pattinaggio e locali da ballo. Ampi portici con palme ed alberi tropicali ospitano caffè e ristoranti di tutti i tipi, oltre agli spazi per i giochi dei bambini. La gente non esce più di casa per fare una passeggiata, va al Mall e ci passa giornate intere. Finirà anche da noi così? L'America è un buon osservatorio per pronosticare il futuro della civiltà di massa nel resto del mondo. Essendosi sviluppati prima, gli USA hanno sperimentato i diversi stadi della crescita economica, e qui si possono osservare gli orientamenti consumistici più probabili che competono ad una certa soglia di benessere. Questo è uno degli aspetti che più affascina il turista nostrano che, sulla scia di quelle osservazioni, ha cominciato anche a ritrovare tracce delle nostre condizioni passate, quando visita paesi come la Grecia o la Tunisia, che si trovano più indietro di noi nella scala del benessere. Il cittadino medio americano mastica amaro quando scopre che buona parte dell'Europa è quasi comparabile, in quanto a sviluppo e benessere, all'America. Ma l'Impero americano ha ben altre risorse. Basti pensare al bacino del Pacifico. Immense sono le regioni che gli USA controllano sulle due rive del Pacifico, insieme alle innumeri sue isole (Giappone, Corea, Filippine, Australia, Indonesia, Hong Kong, Singapore, ecc.). Gli indigeni delle Hawaii sono orgogliosi di poter proclamare che loro sono "American Citiziens". E gli abitanti degli altri arcipelaghi della Polinesia non chiederebbero di meglio che di essere integrati ufficialmente nell'Impero. E l'America è un vero crogiolo di razze e di etnie che spesso qui riescono ad integrarsi pur non dimenticando la loro cultura e la madrepatria. La libertà di culto degli Islamici non era mai stata messa in dubbio in USA, come del resto in Italia, ma qui questa gente appare in televisione per ringraziare la nazione della libertà di culto loro concessa. Sono integrati, ma nello stesso tempo sono grati agli altri per non aver dovuto rinunciare alla loro religione. Mi ha sorpreso vedere come le comunità palestinesi ed ebraiche residenti in USA interagiscano, discutano dei loro rispettivi problemi nazionali. Li ho visti perfino dimostrare insieme per la pace, in una sfilata a San Francisco, in una manifestazione organizzata dai due gruppi. Ci sono poi dibattiti in TV, interviste con speakers di entrambi i lati, e gruppi misti di lavoro. I palestinesi sono soltanto duecentocinquantamila in USA, contro parecchi milioni di ebrei ben altrimenti integrati ed influenti nella società americana. Eppure, non se ne può non tener conto in questo "melting pot", crogiolo, di razze e di interessi contrastanti. Quando i leaders politici israeliani vanno in America a parlare con la componente ebraica dell'Impero, sperando che questa riesca a far valere le loro ragioni, essi trovano già un dibattito interno. Trovano i palestinesi emigrati venti o trent'anni fà, evoluti socialmente ed economicamente (da buoni cugini). Hanno imparato la democrazia; dibattono i problemi cercando punti di accordo. Sono semiti di cultura araba, e si presentano come avanguardia di quella società palestinese che potrebbe sorgere in medio oriente . Ho sentito gli esponenti palestinesi attaccare con successo l'attitudine israeliana di presentare i palestinesi come un popolo quasi allo stato tribale. L'opinione pubblica americane viene esposta non solo a notizie che provengono dall'esterno, ma ha l'opportunità di giudicare alla luce dei dibattiti interni. I protagonisti sono gli stessi che in Medio Oriente, ma sono divenuti diversi grazie all'integrazione in USA, e la loro testimonianza serve ad orientare il cittadino nelle sue opinioni. Ma vi è di più. Se in America l'opinione pubblica si convince e si muove compatta in una direzione, e chiede una specifica risoluzione, allora è fatta. L'amministrazione (come qui viene definito il governo federale) accetterà la posizione popolare per intero, la farà propria, spesso incurante delle condizioni al contorno.Ed è un grande esempio per tutti i popoli. Giorgio Montaudo