La valanga di 40 anni fa a Foppolo

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La valanga di 40 anni fa a Foppolo
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L’ECO DI BERGAMO
MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2017
Il ricordo
11-12 gennaio 1977
Foppolo: 40 anni fa
di notte la valanga
fece otto vittime
L’anniversario. All’1,40 furono travolti 12 edifici
32 le persone che riuscirono a salvarsi. «Ancora oggi
ricordo le urla della gente, i morti tolti dalla neve»
FOPPOLO
GIOVANNI GHISALBERTI
Quarant’anni fa. Ma come se fosse ieri. «Dalla memoria
non te la togli più. E ancora oggi,
quando sento il rumore di una
valanga, mi vengono i brividi. Mi
tornano alla mente la neve che
rompe le finestre ed entra in camera, le persone che gridano
aiuto, i corpi morti che ho liberato dalla neve, il terrore di quei
momenti».
Fulvio Berera, allora aveva 24
anni. Fu lui a portare al resto del
paese la terribile notizia della
valanga e delle vittime. Era la
notte tra l’11 e il 12 gennaio 1977,
un mese, un inverno completamente diverso da quello senza
neve che stiamo vivendo oggi, a
Foppolo e sulle Orobie. Si arrivava da giorni continui di precipitazioni, da metri di manto bianco
farinoso. Qualcuno, proprio nel
condominio Brembo poi travolto, iniziava ad aver paura. Voleva
andarsene, ma non lo fece.
Il distacco all’1,40
All’una e 40, dal monte Arete, si
staccò un’enorme quantità di neve, che alla velocità di 350-400
chilometri l’ora travolse due
condomini, un bar, otto abitazioni, la chiesa. Facendo otto vittime, tra cui due bambini di 8 e 12
anni. Tre furono i feriti, 29 i superstiti usciti illesi dalla neve.
Una tragedia che la piccola comunità dell’alta Valle Brembana
non dimenticherà mai. Le vittime, come ogni anno, saranno
ricordate,con una Messa che sarà celebrata domani alle 20 nella
parrocchiale e la deposizione di
una corona da parte degli alpini
e del sindaco Giuseppe Berera.
Tra i soccorritori quella notte
c’era anche Alberto Piastri, del
Servizio valanghe italiano e poi
sindaco di Foppolo. Fu tra i primi
ad essere avvertiti della tragedia
da Fulvio Berera. Nel documento
ufficiale del Centro nivometeo
di Bormio così Piastri racconta
quelle ore: «Terminate le feste
natalizie a Foppolo ritornò la
tranquillità e solo poche decine
di turisti rimasero in paese. Nella
notte tra il 9 e il 10 gennaio iniziò
a nevicare copiosamente, e già
alla sera del 10 due valanghe provocarono l’interruzione dell’unica strada di accesso al paese, che
risultava quindi isolato (anche
telefonicamente, i cellulari non
c’erano, ndr). Durante l’intera
giornata dell’11 la neve continuò
a cadere incessante, superando
il metro d’altezza. Nella notte del
tonietta Paganoni, 66 anni, con
la figlia Gianna Monaci, 22 anni,
Fabrizio Berera, 12 anni e i coniugi Antonio Paganoni, 57 anni,
e Cordelia Bonandrini, 61 anni.
Il corpo di una delle vittime, Antonietta Paganoni, venne ritrovato solo cinque giorni dopo, a
200 metri di distanza dal condominio Brembo, dove dormiva».
Dopo la valanga il paese era
praticamente al buio, l’elettricità
se ne era andata. Tra mille difficoltà, quindi, iniziarono i soccorsi tra i residenti, mentre fuori da
Foppolo, isolato, ancora non si
sapeva nulla della tragedia che
era accaduta.
n Paese al buio,
Alle 2,30 una seconda valanga
immerso nella
polvere bianca.
I più furono
sorpresi nel sonno
n I soccorsi da
fuori partirono solo
alle 9,30 quando
un radioamatore
intercettò un «sos»
12 gennaio, all’1,40, una valanga
si staccò da poco sotto la vetta del
monte Arete (2.227 metri) e, percorrendo il canale Valesino, si
abbatté sulla parte bassa dell’abitato di Foppolo, investendo condomini, abitazioni e chiesa. Le
conseguenze della valanga apparvero subito tremende: nel solo condominio Brembo, parzialmente sventrato, si contarono
cinque morti, che aggiunti ad
altri tre in altri edifici, portarono
il bilancio a otto (oltre a tre feriti): Maria Bianconi, 79 anni, con
la nipotina Agostina, 8 anni, Valentino Lazzaroni, 32 anni, An-
Alle 2,30 una seconda valanga si
staccò dalle pendici del monte
Cadelle e si abbatté sulla parte
mediana del paese. Investì due
donne: una di esse riuscì a non
farsi travolgere e a dare l’allarme,
mentre la seconda, Graziella
Carletti, di 24 anni, scomparve
sotto la neve. Dopo oltre un’ora
di ricerche venne recuperata,
salva, grazie a un cane, a 300
metri dal punto in cui la era stata
travolta. L’isolamento di Foppolo finì verso le 9,30, quando un
radioamatore di Valbrembo intercettò un messaggio di aiuto.
Finalmente, ed era ormai giorno,
partirono i soccorsi dall’esterno,
anche con gli elicotteri.
Dopo 40 anni, fortunatamente, la sicurezza è ampiamente
migliorata, per le abitazioni e
per le piste da sci. Sono stati
costruiti e potenziati i paravalanghe, tra gli ultimi, alcuni anni
fa, quelli proprio sul canale Valesino, poi sul pizzo Vescovo, sul
Rovera, all’ingresso del paese,
e sul Pegherolo. Ma nessun paravalanghe, probabilmente, toglierà ancora la paura a chi ha
vissuto quella terribile notte di
40 anni fa.
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Una veduta di Foppolo invasa dalla neve dopo la valanga caduta nella notte tra l’11 e il 12 gennaio 1977
Al lavoro per liberare il tetto di una casa. Il paese era rimasto isolato e i primi soccorsi vennero dai residenti
La valanga caduta a Foppolo nel 1977: nella foto
sono indicati i due fronti di neve scesi sull’abitato
«Devo la vita al mio amico
Mi disse di andare a letto»
La testimonianza
Fulvio Berera: «Stavo
spalando neve, sarei stato
investito. Ricordo le urla
di mia madre»
«Sono vivo per miracolo. E se sono qua a raccontare quanto successo 40 anni
fa lo devo a Primo Carletti,
mio amico».
Fulvio Berera, ristoratore
al «K2» di Foppolo, è uno dei
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32 superstiti che scamparono alla valanga staccatasi
nella notte tra l’11 e il 12 gennaio di 40 anni fa.
Ristorante nella parte alta
del paese ma, da sempre, con
la casa nella parte bassa, all’ingresso di Foppolo. Una
delle nove che furono investite dall’enorme massa di
neve.
«Ero in giro per il paese
con due amici, Primo Carletti
e Piero Mainetti - ricorda
Fulvio, allora ventiquattrenne -. Tornato a casa mi sono
messo a pulire dalla neve la
rampa di casa, quella per portare l’auto in garage. Fu Primo a dirmi di lasciar perdere.
“Smettila di pulire, vai a dormire – mi disse -. Domani ti
aiuto io a pulire la strada».
Fulvio rientra in casa, dove
dorme solo la madre (il padre
era morto a Natale, pochi
giorni prima). «Il tempo di
coricarmi e prendere in ma-
Fulvio Berera
Lutto per gli scomparsi e sollievo per i superstiti:
nella foto il cane Luger che salvò una persona
no un libro - continua -. Sentii il tonfo della neve che
rompeva le finestra ed entrava in casa. Mamma ha iniziato a urlare, l’ho presa e portata in una casa più a valle, al
sicuro. Eravamo entrambi
salvi. Se fossi rimasto fuori
ancora a spalare neve sarei
stato completamente travolto dalla valanga. Chissà dove
mi avrebbero trovato».
Tra le mura di casa Fulvio
si salva. «Attorno era buio pesto - continua - polvere di neve ovunque, non si vedeva
nulla. Si sentiva la gente che
urlava e gridava aiuto. Arrivai
al palazzo Sant’Uberto e qui
incontrai Toni Morandi. Con
lui iniziai la ricerca dei dispersi, riuscii anche a ritro-
vare Primo, che pensavo fosse rimasto sotto la neve. Entrai nella locanda Edelweiss,
della famiglia Paganoni, travolta dalla valanga. Nel letto
liberai dalla neve Antonio,
era morto. Con me c’era una
delle sue figlie, Lucia. Aveva
una candela in mano, vide la
fiamma muoversi davanti al
volto della madre, Cordelia.
“È viva, è viva”, mi disse. Ma
anche per lei, in realtà, era
troppo tardi».
A quel punto Fulvio si mette alla guida di una ruspa, sale
al paese alto che ancora non
si è accorto di nulla. Dà l’allarme, partono ricerche e
soccorsi. Ma per otto compaesani ormai è troppo tardi.
G. Gh.