VOLTAIRE – Candido – trama e analisi

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VOLTAIRE – Candido – trama e analisi
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Introduzione al testo
François-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire (1694-1778), scrive una
delle sue opere più note, il Candide, o dell’ottimismo, nel 1759; la circostanza
storica determinante è il devastante terremoto di Lisbona del 1 novembre
1755 1, che ha già ispirato al filosofo il Poema sul disastro di Lisbona (1756).
Nel Candido, con acuta ironia, Voltaire ribalta le teorie ottimistiche di
stampo metafisico sulla vita umana. In particolare è presa di mira la
concezione del filosofo tedesco Gottfried Leibniz (1646-1716) e la sua
“monadologia”, secondo cui la divina bontà sceglie sempre la migliore
combinazione possibile tra le infinite combinazioni delle monadi, che sono le
sostanze costitutive del mondo. Il Candide, a metà strada tra un racconto
filosofico e un romanzo di viaggio e di formazione, vuole appunto
criticare, secondo i principi della ragione illuministica, la massima ottimistica
per cui “tutto è bene”.
Riassunto della trama
Candido è un giovane piuttosto ingenuo e buono di cuore che vive in
Vestfalia nel castello del barone Thunder-Ten Tronckht; il ragazzo compie i suoi
studi con la bella figlia del barone, Cunegonda, sotto le cure del precettore
Pangloss, fedele discepolo di Leibniz (dal greco pan, “tutto” e glossa, “lingua”)
che insegna ai due giovani la dottrina per cui tutte le cose del mondo reale
vanno “nel migliore dei modi nel migliore dei mondi possibili”. Mentre
Candido nutre un amore puramente platonico per Cunegonda, la ragazza
prende l’iniziativa baciando il protagonista dietro un paravento, dopo aver visto
Pangloss intrattenersi con una serva del castello dietro un cespuglio.
Sfortunatamente, il barone scopre i due giovani e, accusando Candido d’aver
sedotto sua figlia, lo caccia in malo modo dalle sue proprietà.
Il giovane inizia dunque a peregrinare per il mondo: è prima arruolato a
forza nell’esercito di Federico II di Prussia (1712-1786) e poi coinvolto nella
guerra tra Bulgari e Avari (dietro cui Voltaire allude alle guerre tra Prussia e
Francia). Il castello del barone viene raso al suolo, e la bella Cunegonda è data
per morta. Candido fugge in Olanda, ospitato da un medico anabattista buono
e tollerante; qui ritrova Pangloss, sfigurato dalla sifilide, con il quale si
imbarca per Lisbona. La nave fa tuttavia naufragio (in cui l’anabattista muore).
A Lisbona, dopo il drammatico terremoto, scende i campo la Santa
Inquisizione, alla ricerca di alcuni capri espiatori per la tragedia appena
verificatasi: Pangloss viene condannato all’impiccagione, mentre Candido
è torturato con la fustigazione. Il giovane viene però salvato
provvidenzialmente da una vecchia, che in realtà agisce per conto di
Cunegonda; la ragazza infatti è ancora viva e si trova a Lisbona contesa tra
un ebreo, don Issacar, e il gran Inquisitore. Dopo che Candido ha ucciso i due
rivali, i protagonisti e la vecchia fuggono verso Cadice, da dove si imbarcano
alla volta del Paraguay.
Dopo che il viaggio è stato occupato dal racconto della vecchia su tutte le
violenze ed i soprusi che ha sofferto nella sua vita (tanto che Candido inizia a
nutrire qualche dubbio sugli insegnamenti del maestro Pangloss), i guai non
sono finiti: Cunegonda infatti diventa l’amante del governatore di Buenos
Aires, ma Candido deve fuggire nuovamente per evitare nuove persecuzioni
a causa dell’omicidio del gran Inquisitore. Il giovane scappa con un fedele
meticcio spagnolo, Cacambo, e incontra il baronetto, fratello di Cunegonda,
anch’egli miracolosamente sfuggito al massacro degli abitanti del castello.
Appreso che il protagonista, di rango sociale inferiore, vuole sposare sua
sorella Cunegonda, il baronetto si oppone per non compromettere il prestigio di
famiglia; nel litigio che ne nasce, Candido lo uccide. Travestitisi da gesuiti,
Candido e Cacambo vengono rapiti da una tribù di cannibali in guerra contro
l’ordine religioso, ma riescono a salvarsi all’ultimo momento. I due giungono
così alla mitica città di Eldorado, regno della felicità sulla Terra: qui infatti
non esistono il denaro (l’oro scorre a fiumi al punto che i suoi abitanti non lo
tengono per nulla in considerazione), la religione, il potere e le guerre. Candido
e Cacambo, tuttavia, abbandonano questo paradiso terrestre per riscattare,
con tutto l’oro che hanno accumulato, la mano di Cunegonda. Dopo aver
ascoltato da un uomo di colore mutilato una storia sullo schiavismo nelle
colonie (che permette agli europei benestanti di vivere tra le ricchezze),
Candido incarica Cacambo di recuperare Cunegonda, ma è derubato dei suoi
beni. Parte dunque per Venezia con Martino, un filosofo manicheo
pessimista e dalla vita assai sfortunata, che rappresenta l’antitesi di Pangloss.
Dopo aver visitato Parigi, dove cade ammalato e viene derubato da un abate, e
l’Inghilterra, che lasciano in lui la sconsolata testimonianza dei numerosi vizi
umani (il fanatismo, il gioco, la stupidità), Candido si reca a Venezia per
incontrare Cacambo e Cunegonda, ma non trova nessuno. Martino lo convince
dell’infedeltà di un servitore a cui vengono affidate grandi ricchezze e Candido,
più conosce gli uomini (anche di rango sociale elevato), più si convince del
fatto che la felicità perfetta non esiste.
Candido incontra nuovamente Cacambo, ridotto a schiavitù, e s’imbarca con lui
e Martino per Costantinopoli per sposare Cunegonda, che è tenuta prigioniera
a Costantinopoli e sebbene questa, come gli confessa Cacambo, abbia perso in
bellezza e personalità. Sulla nave incontrano Pangloss, scampato alla morte
ma divenuto schiavo rematore, e lo liberano assieme a Cunegonda, pagandola
a caro prezzo al suo padrone. A Costantinopoli si riuniscono così tutti i
personaggi del romanzo; Candido, disilluso ma non sconfitto, si ritira con
loro in una fattoria, dove, anziché filosofare, può dedicarsi al lavoro nel suo
“orto”.
Tematiche principali
Il rifiuto della metafisica e il rapporto con l’Illuminismo
Il Candide di Voltaire si fa testimone di quella sfiducia laica e razionale nei
confronti dei progetti e nei disegni provvidenziali della metafisica, soprattutto
di quelli di stampo religioso. In questo senso, il Candide si fa portatore
dell’ideale dell’Illuminismo di combattere l’ignoranza e di smontare le filosofie
fondate su dogmi e principi di autorità, come quella di Pangloss. Il rifiuto
dell’ottimismo più semplice e scontato è una diretta conseguenza di
un’osservazione non cieca del “migliore dei mondi possibili”, che nel romanzo è
invece attraversato da soprusi, violenze e tragedie di ogni tipo e natura, di cui
il terremoto di Lisbona è solo una delle manifestazioni più eclatanti.
L’ironia sarcastica di Voltaire, frutto della libero esercizio della ragione e
della progressiva secolarizzazione del sapere, è allora lo trumento con cui
fare emergere le contraddizioni e le ingiustizie profonde di un mondo che
appare perfetto; lo stesso concetto di progresso - dopo tutte le esperienze di
Candido - sembra messo in dubbio poiché, come spiega il manicheo Martino,
l’universo è diviso in Bene e Male, e la Terra è dominata dal secondo
principio. La felicità umana sembra allora un’utopia, che nessuno riesce
concretamente a realizzare, mentre il male, fisico e morale, regna ovunque,
tanto che “la storia è un seguito di inutili atrocità”.
A questo quadro sconfortante, l’illuminista Voltaire pare voler opporre due
valori, anch’essi tipici della cultura dei philosophes: la tolleranza e la
rivalutazione del sapere pratico e del lavoro concreto. Da un lato, durante i
suoi viaggi, Candido scopre un gran numero di violenze dell’uomo su altri
esseri umani (donne, schiavi di colore, fedeli di un altra religione, nemici in
guerra), tanto che sono due le figure che spiccano per contrasto, in quanto
incarnano valori di rispetto per l’altro: il medico anabattista e il manicheo
Martino. Per quanto riguarda l’altro aspetto, nel trentesimo e ultimo capitolo
del romanzo, Candido approva la filosofia di Martino di “lavorare ciascuno il
proprio orto”; l’operosità e l’impegno concreto si contrappongono alle
speculazioni astratte ed alle illusioni di felicità, come afferma il protagonista nel
finale rispondendo a Pangloss:
Pangloss talvolta diceva a Candido: “In questo migliore dei mondi possibili,
tutti i fatti son connessi fra loro. Tanto è vero che se voi non foste stato
scacciato a gran calci nel sedere da un bel castello, per amor di madamigella
Cunegonda, se non foste capitato sotto l’Inquisizione, se non aveste corso
l’America a piedi, se non aveste infilzato il Barone, se non aveste perso tutte le
pecore del bel paese di Eldorado, voi ora non sareste qui a mangiar cedri
canditi e pistacchi”.
“Voi dite bene”, rispondeva Candido; “ma noi bisogna che lavoriamo il nostro
orto”.
1
Il terremoto, la cui intensità è stata stimata tra 8,7 e 9,0 della scala Richter
causò tra i 60mila e i 90mila morti - quando la popolazione della città si
attestava sui 150mila abitanti - e un’onda di tsunami di circa 15 metri. Fu un
evento che colpì in maniera profonda la mentalità e la riflessione filosofica
dell’intero Settecento.