Giugno 2007 - Gran Loggia d`Italia
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Giugno 2007 - Gran Loggia d`Italia
2 3 Sommario Il segreto della vecchia abbazia Luigi Pruneti È la sua voce come tuon di maggio 32 Laicità e Simbolismo Vincenzo Ribet Anna Giacomini 4 LUnione Massonica del Mediterraneo 38 Luigi Danesin La Massoneria dallIlluminismo alla Globalizzazione Leo Toscanelli Rua do Gremio Lusitano in una notte di primavera... 56 Tricots, stelle e Caruso 60 Per lItalia e per Garibaldi 62 Parole scolpite 64 in biblioteca 72 Fregi di Loggia Silvia Braschi Anna Giacomini Barbara de Munari di Cento Amicitiae et Adiumentii Pactum 44 12 I Seminari Marco Materassi Il Diavolo rosso Luigi Pruneti 14 Infinito e bello 26 Torture e verità 50 Un Te Deum per Garibaldi 44 Madamina, il catalogo è questo Maria C. Nicolai - Il risveglio di Omero - I nostri libri, un bene prezioso - Recensioni Aldo Alessandro Mola Carlo De Raffaele Adriana Mangialajo Rantzer 1 Luigi Pruneti Il segreto della vecchia abbazia I parte V era quella sera aria di tempesta: dal mare avanzava una muraglia minacciosa livida come lo sconforto e di quando in quando sudiva un brontolio lontano. Sembrava che lapprossimarsi della bufera gravasse anche sugli avventori seduti ai tavoli di quercia della locanda. Né grida, né risa solo un brusio sommesso si levava da quegli uomini intenti a consumare la cena o a contemplare silenziosi un boccale di birra. - Sembra dessere in Chiesa per la funzione dei defunti - Disse fra Jacopo, lisciandosi perplesso la barba fluente che già iniziava ad incanutirsi. Era un omone alto e massiccio, forte come un toro. Da anni viveva ad Elsinore, officiando nella cappella reale. Era un ministro di Dio onesto e saggio, il Vangelo però non gli impediva dapprezzare la compagnia e la buona cucina. Amleto losservò per un attimo, poi rivolse lo sguardo ad Orazio e Ruggero: parevano gravati da oscuri presentimenti. Che avevano? - Basta col silenzio! - pensò e, afferrando un pezzo di focaccia, esclamò: - Su via amici miei, animo! Siamo giunti in questo angolo del Regno per vivere unavventura, per svelare un arcano, per conoscere il mistero dell abbazia. Perché tanti pensieri in voi?Orazio, scrollò la testa, sospirò, quindi con voce sommessa, quasi sussurrando mormorò: - Forse è questo luogo, così remoto... malinconico, sembra la dimora di monna Tristitia: le paludi, le nebbie, la miseria dei villaggi, 2 le rovine avvinte dal muschio... Pare che una volontà malvagia, senza nome, soggioghi uomini e cose. Partii da Elsinore felice, fremente come un fanciullo atteso al giuoco, strada facendo tuttavia, un ansia prima sottile, quasi impercettibile, poi arrogante nella sua possanza si è impadronita di me. - Tacque e afferrato il boccale trangugiò con avidità un gotto di birra come se quelle poche frasi avessero provocato in lui unincontenibile arsura. Fu allora Ruggero, cavaliere di grande coraggio, imbattibile armeggiatore, a proferir parola.. - Amici - disse - fin da piccoli abbiamo sentito parlare dei segreti dell abbazia di Shianok. A sera le nutrici ci contavano di quelle mura fatali, dei demoni che le sorvegliavano e soprattutto del suo ventre oscuro, dove si celavano favolosi tesori e un segreto indicibile, un mistero ancestrale. Era leggen- da, favola, fino a quando Amleto non trovò per caso quella pergamena con indicata la cripta segreta, e la scritta capsa arcani. Non capite? Là ci attende una prova e, se la supereremo, la conoscenza. Il velo sarà lacerato e finalmente sapremo. Da questo deriva il presente malessere perché luna preoccupa e laltra turba. Riconosciamolo, fratelli! Lignoranza genera sicurezza, certezze e opima pigrizia, la conoscenza è solo una tappa lungo la difficile, perigliosa via della verità. Rise a quel punto fra Jacopo e aggiunse: - Un capitano che parla come un canonico! Siffatta esperienza mi mancava. Hai comunque ragione, prode signore. Luomo è carne ed anima, se la prima lo incatena al basso, si premura di ungerlo di piacere e di cullarlo nellindigenza dello spirito, spesso camuffata da vane parole. Se, invece, prevale la seconda ed egli mira allalto, le scorie si fanno sentire ed ecco il dubbio, il timore, la pavida incertezza. - Viva il reverendo priore, maestro di sermoni, e principe di prediche! - esclamò allora Amleto, alzandosi con nella man destra una brocca di birra. - Alla nostra impresa! Domani saremo ad Shianok, sapremo... forse, ma è certo che alcun demone, strega o mannaro, sarà capace di scalfire la nostra unione. Tutti allora si levarono in piedi, il coccio incontrò il coccio, lumore biondo del malto fluì nella gola e il sorriso allietò di nuovo i volti, mentre unimprovvisa livida lama di luce squarciò loscurità della notte. Anna Giacomini È la sua voce come tuon di maggio A priamo il numero solstiziale di Officinae con alcune pagine dedicate al panorama internazionale in cui la Gran Loggia dItalia grazie all'opera del Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro Luigi Danesin, coadiuvato dagli alti dignitari preposti, ha assunto un ruolo portante e di riferimento per le altre obbedienze. Antalya in Turchia ha visto la settima edizione della Conferenza dellUnione delle Potenze Massoniche del Mediterraneo, che abbraccia idealmente non solo le terre effettivamente affacciate sullo storico bacino, ma anche tutte quelle che alla cultura ivi fiorita hanno attinto linfa vitale. Tale rapporto interobbedienziale ha assunto tanta importanza nella vita dellistituzione da richiedere uno specifico spazio nella sede romana destinato alle relazioni con lestero. Oggi godiamo di un ampio nuovo ufficio che costituisce una prova in più della crescita della Gran Loggia dItalia, Obbedienza di Piazza del Gesù, Palazzo Vitelleschi. Parlando di internazionalità si fa strada una figura cosmopolita che ha saputo diventare per gli italiani la quintessenza del loro amor patrio. Un Eroe, unicona. Garibaldi balza dalle pagine della storia come un colosso inossidabile, amato fino alla mitizzazione ed idealizzato fino alla consacrazione. Questo numero di Officinae, nel bicentenario della nascita (4 luglio 1807), vuole parlarne in un modo semplice e rigoroso. Non per questo però intende sottacere il mito che lo circondò, ma lidea di dedicargli un intero numero nasce dal desiderio di raccontarlo in modo massonico ossia tenendo ben presente la ricerca del vero. Quindi abbiamo effettuato la nostra inda- gine sulluomo, sui suoi ideali, sulle sue passioni, non trascurando anche le sue più semplici realtà.Non è stato facile, troppo gigantesca troneggia la sua personalità per ricondurla, senza attuare un minimalismo di maniera, ad unottica non enfatica, limpida e senza retorica. Vari sono i contributi approntati con l'idea di regalare ai lettori unimmagine che la Massoneria vanta come uno dei capisaldi della sua nomenclatura. Della storia del suo libero pensiero, spesso Soldati io esco da Roma. Chi vuole continuare la guerra contro lo straniero venga con me. Non posso offrirgli né onori né stipendii, gli offro fame e sete, marce forzate, battaglie e morte. Chi ama la patria mi segua! considerato scandaloso, ci parla la penna di Luigi Pruneti e quella di Aldo A.Mola che hanno toccato i temi delle alte idealità del Nizzardo ed anche delle sue convinzioni religiose. Il resto, ossia debolezze e predilezioni, hanno trovato espressione accanto alla cronaca delle ovazioni che sovente raggiunsero i toni dellepopea. Districarsi tra tanta materia mantenendo una limpida distanza dal fascino che ancora oggi emana il Grande, ha significato dare spazio ad indagini sul mondo clericale contemporaneo all'Eroe o a quello massonico, a quello familiare o leggendario, alle esaltazioni ed alle inevitabili detrazioni. Un Grande lascia sempre dietro di sé abbondanza di osanna e crucifige. Importante è stato il lavoro di ricerca del materiale documentario connesso alla vita dellEroe. Abbiamo ricercato oggetti ed immagini con lidea di accostare linedito alla notizia particolare o al taglio insolito usato nello scavo di una personalità poliedrica. La stessa iconografia scelta, che ha una sua originale linea nel numero, è formata da nostre trouvailles. In questo lavoro è stata preziosa la collaborazione della nostra redattrice Silvia Braschi che, da vero segugio, è riuscita a scovare materiale originalissimo e notizie altrettanto fuori-binario. Dobbiamo ricordare con gratitudine gli ultimi eredi del patrimonio delle reliquie garibaldine che si conservano intatte in una villa ottocentesca di Livorno. I signori Gonella, parenti da parte del cuore dellEroe, hanno aperto le porte della storica villa Francesca che fu lultima abitazione di Francesca Armosino e di Clelia Garibaldi. Un notevole numero di fotografie, lettere, oggetti e confidenze è così entrato nelle pagine di Officinae con la freschezza dei ricordi di famiglia. Osservando le varie immagini di Garibaldi vengono in mente i versi che Carducci dedicò ad Alberto da Giussano: ...la capelliera il lato collo e lampie spalle inonda Batte il sol ne la chiara onesta faccia, Ne le chiome e ne gli occhi risfavilla, È la sua voce come tuon di maggio. Forse il nostro grande poeta, nel momento in cui compose il Parlamento, aveva in mente proprio Giuseppe Garibaldi? il Direttore 3 LUnione Massonica del Mediterraneo Luigi Danesin 4 L a VII Conferenza dellUnione Massonica del Mediterraneo, svoltasi dal 22 al 24 Marzo 2007 E.V. allOriente di Antalya in Turchia, ha rappresentato, sotto molti aspetti, il punto più alto raggiunto dallUnione nei suoi primi sette anni di vita. Lappuntamento in terra di Turchia ha, infatti, evidenziato alcuni punti fermi che ci piace in questa sede ricordare. Innanzitutto, laffermazione sempre più completa di unidea della Massoneria Adogmatica e Liberale che, in quanto tale, deve necessariamente trovare le proprie radici nel bacino del Mediterraneo quale culla di una profonda tradizione iniziatica e di tutta la civiltà occidentale. Civiltà che, attualmente, non può prescindere da unottica che veda sullo stesso piano uomini e donne, bianchi e neri, ricchi e poveri, cristiani e musulmani... abbattendo quelle odiose barriere che, purtroppo, ancora oggi esistono anche in una certa visione di una Libera Muratoria che non ci appartiene , mai ci è appartenuta e mai ci apparterrà. Siamo, infatti, profondamente convinti che, in un mondo lacerato da mille conflitti, lunica strada che ci possa portare lontani da quel baratro cui lumanità si avvicina pericolosamente giorno dopo giorno sia quella della tolleranza, delleffet- 5 tiva eguaglianza, della reciproca comprensione, dellamore... nellaccezione più completa del termine. Se lUmanità vuole salvarsi, non può prescindere dalla tensione verso una più elevata espressione dellevoluzione umana che comprenda il più perfetto dominio degli istinti attraverso la ragione ed il sentimento... non può prescindere dal far ricorso a quelluomo diverso così come deve essere il Libero Muratore inteso quale mattone del Tempio dellUmanità. E questi elementi sono apparsi evidenti nel corso delle varie riunioni svoltisi ad Antalya. Così estremamente proficua è stata la riunione dei Gran Maestri delle Obbedienze membri, dedicata allo studio dello stato dellUnione e a porre le premesse per la VIII Conferenza che sicuramente sarà allaltezza delle precedenti. Ricca di contenuti e sinceramente toccante la Tornata rituale che ha dimostrato, se pur ce ne fosse stato ulteriore bisogno, come la ritualità sia il comune cemento dei Liberi Muratori sparsi su tutta la superficie della Terra. Ed è questo un elemento su cui non ci stancheremo mai di insistere e su cui torneremo anche alla fine di queste brevi considerazioni; noi, possedendo un elemento unico e caratterizzante - lIniziazione - non siamo né un Club Service né una associazione qualunque. Di qui lassoluta necessità da un canto di rispettare le tradizioni (pur attualizzandole il dovuto) dallaltro di seguire nel modo più profondo 6 la ritualità che non deve significare lo stanco ripetersi di vuote formule ma ladesione convinta e partecipata ad un sistema di simboli che racchiudono tutta la forza e la genuinità del messaggio trasmesso agli adepti. Ma, tornando ad Antalya, particolarmente importante è stato anche il colloquio pubblico che, impreziosito da una buona presenza profana, ha comunicato allesterno quali siano natura e finalità di questa nostra Unione. Ed è questo un obiettivo che occorre considerare prioritario anche a livello di Unione Massonica del Mediterraneo. In effetti, così come riteniamo indispensabile che la Gran Loggia dItalia Palazzo Vitelleschi sappia correttamente informare i Fratelli tutti e i profani circa le proprie attività, ponendone in rilievo valenze e significati, altrettanto deve accadere per lUnione. E assolutamente indispensabile che i contenuti scaturiti da queste Conferenze vengano opportunamente veicolati sì da portare a conoscenza di tutti quanto è stato fatto. Al riguardo dobbiamo ringraziare i nostri Fratelli delle Regioni Massoniche Calabria, Sicilia e Campania ed i Fratelli delle Obbedienze di Libano, Spagna e Grecia per la tempestiva pubblicazione degli atti delle relative Conferenze. In effetti, a nostro avviso, la pubblicazione degli Atti rappresenta un elemento fondamentale nella crescita dellUnione dal momento che testimonia, meglio di mille parole, il cam- mino che si va facendo. Così, per chi volesse approfondire la materia o soltanto seguire levolversi dellUnione, sono oggi a disposizione gli atti di tutti i primi sei appuntamenti che rappresentano una documentazione imprescindibile ed un momento di conoscenza assai significativo. Certo sembrano passati molti anni da quella felice intuizione che portò alla prima riunione preliminare svoltasi allOriente di Reggio Calabria. E, invece, si era solo nel Febbraio del 2000 E.V. e la nostra Istituzione lanciava a livello internazionale unidea di cui era assolutamente convinta senza, però, nulla conoscere circa la risposta delle altre Obbedienze. Il ragionamento a base di questa nostra scelta era e rimane assai semplice; innanzitutto una considerazione di estrema attualità: oggi, cadute le barriere che dividevano in due blocchi contrapposti lintero pianeta, oggi che la Comunità Europea è divenuta una realtà operativa non più solo di carattere economico, i Paesi del Bacino Mediterraneo tornano ad acquisire una posizione strategica di assoluto primo piano. Spetta, infatti, a questi Paesi il compito di fungere da anello di congiunzione tra il mondo occidentale e il mondo orientale alla ricerca di quella piattaforma comune su cui costruire il futuro, pena il decadimento inarrestabile di tutte le civiltà. Cera poi una seconda considerazione tutta interna alluniverso massonico: la necessità di ricercare quella comune ascendenza esoterica che partendo dalla civiltà babilonese e passando attraverso quella egizia, quella ebraica e quella greca si è poi diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. Nel Novembre del 2000, allOriente di Palermo, un secondo incontro preparatorio in cui si affrontò la rinnovata matrice latomistica da poter mettere in comune con la tradizione scozzesista. A questo punto la risposta delle altre Obbedienze interessate fu di entusiastico consenso tanto che, nel Novembre del 2001, nellincontro di Castellammare di Stabia allOriente di Napoli, la nascente Unione fu consacrata con un protocollo che fissava i tre obiettivi fondamentali da perseguire: salvaguardare e sviluppare la cultura e la storia iniziatica del Mediterraneo; diffondere il pensiero della Massoneria dispirazione liberale; studiare e seguire i problemi di ciascun Paese aderente allUnione. I successivi passi sono ricordi recenti: nel 2003, la Conferenza allOriente di Beirut in Libano; nel 2004 quella allOriente di Tarragona in Spagna; nel 2006 quella allOriente di Atene in Grecia. Nel frattempo, a testimoniare il crescente successo dellUnione, il numero delle Obbedienze è andato sempre crescendo; allOriente di Antalya, oltre ai rappresentanti di sette Obbedienze accolti quali Osservatori, erano ufficialmente partecipanti il Grande Oriente di Francia, la Gran Loggia dItalia Obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi, la Gran Loggia Liberale di Turchia, lOrdine Massonico Internazionale Delfi di Atene, il Grande Oriente di Grecia, la Gran Loggia Centrale del Libano, la Gran Loggia dei Cedri sempre del Libano, la Gran Loggia Massonica Femminile dItalia, la Gran Loggia Simbolica Spagnola, la Gran Loggia del Marocco e il Grande Oriente Lusitano del Portogallo. E lingresso di questultima Obbedienza ci impone unulteriore riflessione: il Portogallo non è propriamente Paese che si affacci sul Bacino del Mediterraneo... eppure si è sentito talmente interessato dalle nostre iniziative, talmente coinvolto da chiedere di entrare a far parte dellUnione... e noi labbiamo accolto con il massimo del calore e della fratellanza possibili. Così anche altre Obbedienze hanno già chiesto di far parte della nostra Unione. Insomma, i risultati ottenuti dallUnione sono già straordinari ma siamo convinti che, se sapremo lavorare con lo stesso impegno e la stessa dedizione, sono alla nostra portata molti altri preziosi traguardi. E, a proposito di questo nostro lavoro, poniamo inoltre laccento su un elemento di carattere organizzativo che, a nostro avviso, ha rappresentato unaltra carta vincente in questo nostro cammino. Quando venne varata lUnione si pose il problema di come strutturarla; allepoca si fronteggiavano due tesi: cera chi premeva per la costituzione di un nuovo organismo che in qualche modo assumesse i poteri di controllo e di organizzazione del tutto, e cera chi (noi, tra questi) riteneva assolutamente inopportuna la costituzione di qualsivoglia nuova struttura preferendo creare semplicemente un ruolo di Coordinatore Permanente. Il tutto nel rispetto della piena Sovranità di ogni singola Obbedienza aderente. Prevalse questa seconda impostazione ed il ruolo di Coordinatore Permanente venne affidato al Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia dItalia Obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi. Certo, era una scelta piuttosto delicata potendosi facilmente creare vuoti di potere o carenze decisionali nei momenti più delicati. Invece, adesso possiamo dirlo con cognizione di causa, le cose sono andate per il meglio: grazie alla fattiva collaborazione di tutti, il coordinamento è stato possibile, anche se non facile, e così abbiamo potuto lavorare magnificamente alla costruzione di questo edificio che tante soddisfazioni sta procurando a tutti noi. Sarà possibile mantenere lattuale assetto anche in un domani, quando con tutta probabilità il numero delle Obbedienze salirà ancora? Certo è difficile ipotecare il futuro, ma con tutta franchezza riteniamo che, almeno per un certo lasso di tempo non breve, questa strutturazione risponda del tutto alle esigenze dellUnione. Non abbiamo creato questa struttura per ottenere prebende, non per occupare poltrone, non per tenere in mano maglietti di qualsiasi genere... ma per lavorare per il 7 bene dellumanità che resta sempre il nostro obiettivo primario. Personalmente lo facciamo sempre, lo facciamo nella nostra vita profana, lo facciamo nei nostri templi, lo facciamo nelle strutture associative di carattere internazionale... E tanto più labbiamo fatto, lo facciamo e lo faremo, con rinnovato spirito di servizio, allinterno di questa nostra grandiosa Istituzione. 8 Carissimi Fratelli, consentitemi di dire con una punta dorgoglio, la nostra è davvero una Grande e Sovrana Obbedienza Iniziatica cui si guarda con ammirazione e rispetto da più parti come pure dalle più importanti Istituzioni Massoniche internazionali. Tutto ciò ci conforta nella sicurezza che tutti, Fratelli e Sorelle, sappiano comportarsi con perfetta serena coerenza iniziatica allinterno ed allesterno delle Sacre Mura del nostro Tempio. P.4, 5 in basso, 6: Il SGCGM Luigi Danesin, Antalya; p.5 in alto: rovine del tempio greco a Side, vicino ad Antalya; p.7: Il minareto di Yivli e la Moschea; p.8: Rovine di sarcofago, Phaselis, vicino ad Antalya (p.4, 5 in basso e 6: foto C.Bottinelli, p.5 in alto: foto P.Del Freo) o L Déclaration dAntalya es dix Obédiences libérales au cours de la 7ème rencontre de lUnion Maçonnique Méditerranéenne et les Obédiences observatrices se réunissent à Antalya et sinterrogent sur le rayonnement à partir du bassin méditerranéen des valeurs maçonniques, humanistes et éthiques telles que définies par la Déclaration dAthènes. Suite aux différentes interventions des participants. Il en résulte une grande volonté de collaboration pour la recherche du perfectionnement personnel et Obédientiel. Chacun des participants a évoqué la richesse de la culture méditerranéenne. Ils ont mis en évidence la nécessité dune adaptation de cette richesse aux défis de la modernité de notre société en évolution pour rechercher le chemin de la paix dans le bassin méditerranéen. Constat a été fait dune montée importante de lindividualisme, de lintégrisme, du communautarisme, du fanatisme et du dogmatisme en général; o par conséquent les signataires de cette appel réitèrent leurs principes fondamentaux humanistes de liberté absolue de conscience, de respect et défense des droits de lHomme, de travailler pour la fraternité des Hommes et des peuples, sur la base dune laïcité forte comme rempart à lobscurantisme et au dogmatisme. En un mot uvrer à promouvoir une démocratie participative et progressive. Fait le 24 mars 2007, à Antalya et signées Obédiences Membres et Observatrices Elenco delle Obbedienze aderenti Grand Orient de France Grand Orient Lusitanien Grande Loge dItalie Ordre Maçonnique International Delphi Grande Loge Libérale de Turquie Grande Loge du Maroc Grande Loges des Cèdres Grande Loge Symbolique Espagnole Grande Loge Centrale du Liban Grand Loge Maçonnique Féminine dItalie Grand Orient de Suisse Grande Loge Mixte des Pays Bas Grand Orient et Loges Associés du Congo Grande Loge Unie du Liban Grande Loge Féminine de Portugal Grande Loge de Roumanie Grande Loge Féminine de Roumanie du Liban Francia: G.M. Aram Nazarian Grand Orient de France G.M. Jean Michel Quillardet Grande Loge des Cédres G.M. Roger Haddad Grecia: Grande Loge de lOrdre Maçonnique International Grande Loge Unie du Liban G.M. Jamil Saade Delphi G.M. Vassilios Patkas Marocco: Grande Loge du Maroc Serenissime G.M. Aziz Smires Bennani Grand Orient de Grèce G.M. Petros Francos Portogallo: Italia: Grand Orient Lusitanien Grande Loge dItalie des G.M. Antonio Reis ALAM, Obedience de Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi Spagna: Grande Loge Symbolique G.M. Luigi Danesin Espagnole Grande Loge Maçonnique G.M. Jordi Farrerons Farré Féminine dItalie G.M. Simonetta Marchese Turchia: Grande Liberale Libano: de Turquie Grande Loge Centrale G.M. Huseyn Ozgen 9 in o n a it s u L io m e r G o d a Ru a r e v a im r p i d e tt o n a n u I Barbara de Munari di Cento cipante non solo mediter2007 e che potrà dunque vedere come ospite parte E.V. 2007 o marz 28 o giorn il na, Lisbo di t Zeni Portogallo. Consapevoli n Portogallo, allo raneo ma anche mondiale il Supremo Consiglio del e cizia Ami di to giun Con tato Trat del a nel corso di ha avuto luogo la Firm ioni strette ed affidabili stabilite tra le Giurisdizioni relaz delle e na Spag cia, Fran , Italia di igli Cooperazione fra i Supremi Cons zione a lavorare unite nellambito dello a, oppure numerosi decenni, e della loro voca umid ed calda fosse notte la se e saper dato è ci nali in generale e di quelle europee Portogallo. Non , la sviluppo delle relazioni scozzesi internazio nuto conte e a form per che, iamo sapp certo per fondamentali massonici fredda e ventosa, ma in particolare; condividendo i medesimi valori tere carat il nte ame sicur tito rives ha iunto caratteristiche di Firma di questo Trattato Cong esi - pur nel rispetto delle identità e delle specificità scozz etto lasp sotto sia ico polit etto lasp di un atto altamente simbolico sia sotto ed autonoma - così come delle scelte nel suo senso ciascuna Giurisdizione Sovrana mo tulti ques o intes rale, cultu etto lasp sotto sia loro libera scelta; esprimendo diplomatico nota particolari che possono nascere da una ltro pera già era ci come Così le. nobi più e te al dialogo fraterno e più alto, più profondo congiuntamente laugurio di contribuire attivamen o ibuit contr o hann che , ghesi Porto lli Frate dei pee in particolare, e lospitalità sincera ed affettuosa scambio fiducioso tra i Fratelli delle Nazioni Euro allo e Anim ti, Men come di zza certe la e a rafforzare in Italia la consapevolezza ne di una Catena dUnione Universale, i gia per la Pace più in generale alla costruzio siner in are lavor ente ticam realis e ente realm no e Cuori possa , Francia, Spagna e Portogallo si sono ta sede lo quattro Supremi Consigli di Italia ques in te men breve o ntiam racco Vi ità. man e tra di loro tutti quei contatti ed il Progresso dellU te, posti lobiettivo di incoraggiare e sviluppar men breve ato, ospit ha lo che sto conte il ed ione a e comprensione svolgersi dellEvento in quest possano contribuire ad una migliore conoscenz che e insiem tutti re cresce e ere riflett nare, perché altrettanto importante è poi ragio ente ponendosi su di un piano di uguaglianza, questo Evento; un reciproche; infine, ulteriorm di to ifica sign al iva relat ne comu sione nella rifles lo scambio reciproco, se pur nellosserlinizio di hanno espresso limpegno a facilitare solo ma o, ultim o ificat sign un è non che tici di ciascuna Giurisdizione, significato, peraltro, nnio vanza dei Protocolli di Missione caratteris Mille Terzo un di sto conte nel , onico mass ino dellinformazione. un lungo e mai finito camm ntendendo alla giusta ed armoniosa circolazione sovri Sacro ro Nost del Volta la piuta incom igli di tutto il di Era Volgare, dove ancora rimane caso infatti che, da alcuni decenni, i Supremi Cons un è Non iterMed del a sonic Mas e nion Tempio Massonico. Dalla costituzione dellU biennale nelle Nostre Sessioni Plenarie A.L.A.M., Mondo si riuniscano con cadenza degli lia dIta ia Logg Gran della nima dalla caso a Alti Gradi Scozzesi: nel corso raneo, nata non nto denominate Incontri Internazionali degli rime sugge il rito scatu è i, lesch Vitel zo Palaz Gesù avverrà in Roma nel Obbedienza di Piazza del di tali Incontri ci interroghiamo infatti, così come un di ione creaz alla to meri in do Mon r essere, così di alcuni Supremi Consigli del maggio 2007 in merito alla frattura fra essere e dove imo pross zese Scoz Rito il e anch se olges Sodalizio Massonico Mediterraneo che coinv teoria massonica e sua applicazione pratica, un progetto di come in merito ai rapporti tra di nza, sosta a buon in ato, tratt è Si . ttato tto fra limmanenza dei princìpi Antico ed Acce co ed continuando a cercare un punto di conta Anti zese Scoz Rito del sigli Con emi Supr i dei destini umani che sembra avvicinamento di tutti il etici della Libera Muratoria e quella deriva e icass impl che ale, liber ticogma ado a cui viviamo si Accettato del Mondo a schem rito la Via che conduce alla Virtù. Nel mondo in smar aver ente iorm ulter , etica ilità nsab respo Nostro profondo ed antico concetto di di tenere conto della tradizione e di far Unione e, per riscontra il bisogno e la necessità una re unge raggi di arato dichi e e final scopo che accomuna facilmente grande arricchito dallo di fronte ai dati nuovi di questo tempo storico, enti mom o uend costr sé di io megl il re dona ne, aspetti atti che confermino il tramite di questa Unio ricchezza con attualità crudele. Pare che la società esto cont o nostr nel pur esse, ro fosse i vivere insieme. incontro tra le realtà molteplic i di Fraternità e di amore per rafforzare la finalità del valor i ose. religi rali, cultu che, mati diplo prospettico massonico sociali, politiche, la cui pratica è a scapito della libertà assoluta hanno percepito Le chiese propongono soluzioni gallo Porto e na Spag cia, Fran lia, dIta igli Cons filosofi, da Kant a Durkheim, fino I Supremi e perché di coscienza, ma anche le risposte dei anch , zarsi realiz se potes ciò che ga, analo forza sto allaspettativa e allansia intimamente, ma con o ai contemporanei, non hanno certamente rispo vivon onici mass etici i valor i esim med dei ne o che luomo di oggi arricchite dalla condivisio icita nella domanda e nellattesa. E ci accorgiam impl , riore Supe Patto un da te gella sug le proprie Forze come ulteriormente o, di questo mondo, delle incertezze in cui, una in ununica vuole che gli si parli del suo temp accom le che ea rran edite o-M Latin tà Civil la Antico come a epoca ci impone di essere morali pur marzo 2007 secondo Conte-Sponville, la nostr 28 del notte della onia Cerim La uale. spirit e morale. Dobbiamo constatare Matrice culturale a non credendo più alla verità assoluta della Firm alla ti riuni visto ha ed tiva collet a form in ni abbiano sempre più è stata celebrata pertanto inoltre, amaramente, di come migliaia di esseri uma di sigli Con emi Supr tro quat i one erazi o migliore o del Trattato di Amicizia e Coop di aiuto e protezione per potere sperare in un futur no bisog stata è va ficati signi te men colar Italia, Francia, Spagna e Portogallo; parti futuro. Un futuro prossimo venturo del tico nel suo anche solo, semplicemente, in un iden pur se to sigla e o scritt tato, Trat del ra volto, nella sua progettualità, anche la stesu . quale Noi tutti siamo partecipi e responsabili, ghese porto e ese franc , liano castig no, italia , latino e: storico, politico, sociale, contenuto in cinque lingu al Bene ed alla Pace, ma collocato in un periodo olica simb ue dunq ha ci o latin in e anch : un impegno di Leccellente idea di una traduzione oso innegabilmente gravido di rischi e di incertezze religi e ra cultu , storia di io mon patri ne mente meglio ricollegati al Nostro comu intende rispettare e che ci coinvolge, sotto etto politico- lavoro - dunque - che Roma 2007 prog al to giun ricon è si tutto Il . anee iterr e di azione, anche nei confronti tradizione med Gradi laspetto della responsabilità di pensiero Alti degli nale nazio Inter tro Incon XIX il erà diplomatico che anim nno. i dal 24 al 27 maggio delle generazioni che verra Scozzesi, che si svolgerà allo Zenit di Roma nei giorn 10 11 12 G aribaldi apprendista Giuseppe Garibaldi quando sbarcò a Marsala per lepica Spedizione dei Mille aveva con sé il brevetto di apprendista libero muratore1. Era stato iniziato nel Nuovo Mondo molti anni prima, secondo alcuni a Montevideo2, per altri a Rio de Janeiro3, nella Loggia Asilo de la Virtud. Nella Capitale dellUraguay fu comunque regolarizzato nellofficina Amis de la Patrie, dipendente dal Grande Oriente di Francia: era il 18 o il 28 Agosto del 18444. Preso dalle vicende politiche e militari della giovane repubblica sudamericana frequentò pochissimo la Loggia5 ed anche in seguito, durante gli anni 1848-1860, varcò la soglia dei templi massonici saltuariamente, come attestano le scarse testimonianze. Sappiamo inoltre che durante la rocambolesca fuga del 1849, fu aiutato da confratelli, fra i quali Riccioli, appartenente ad una loggia di Grosseto6. Più tardi, negli Stati Uniti, ebbe contatti con iniziati italiani, fra i quali Antonio Meucci. Tantè vero che è ricordato più di una volta nei verbali della loggia Tompkins, di Stapleton nello stato di New York dove, ancora oggi, unofficina reca il suo nome7. La storia massonica di Garibaldi è ben documentata dal 1860 in poi. In Sicilia, durante la Spedizione dei Mille, numerose Logge costituirono il Supremo Consiglio dellIsola che, prima lo regolarizzò e quindi lelevò al 33° Grado. In seguito, grazie agli auspici di Crispi, lo nominò Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro a vita dellOrdine Massonico di Rito Scozzese Antico ed Accettato8. In questa veste Garibaldi vergò uno dei suoi primi documenti massonici, datato Palermo 28 luglio 1862. Si tratta di una balaustra indirizzata ai Venerabili nella quale sottolineava, fra laltro, limportanza del segreto: poiché il segreto è lanima di tutte le importanti fazioni, così voi, Venerabile Maestro, comunicherete la presente in Famiglia e senza visitatori, raccomandando ai Fratelli il silenzio per il mantenimento del quale hanno replicatamente giurato. Iniziò da allora, per lEroe, un periodo dintensa attività latomistica e, a dirla con Gustavo Sacerdote, egli divenne, dopo il 60, un fervido massone, convinto del valore sociale e politico dellassociazione9. Per questo 13 pose i suoi buoni uffici e la propria fama a servizio dellunificazione massonica, sicuro che ciò apportasse un gran beneficio per lItalia10. La costituente fiorentina del 21 maggio 186411, a sua volta desiderosa di un leader carismatico, lo elesse Gran Maestro dellOrdine. Il Generale accettò, senza peraltro rinunciare ad essere Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio di Palermo12. L8 agosto, tuttavia, amareggiato dalle polemiche, rassegnò le dimissioni. La breve e deludente esperienza alla guida della Comunione non gli impedì, per altro, di continuare ad operare per la tanto auspicata unificazione13 e nel 1867 unennesima costituente lo nominò Primo Massone dItalia e Gran Maestro Onorario14. Tra affiliazioni e sorelle Sono noti molteplici aspetti della partecipazione di Garibaldi alla vita latomistica: laffiliazione a membro onorario di logge, fra le quali il Trionfo ligure di Genova15 e la The Philadelphians di Londra16, laccoglienza attribuitagli nel 186417 dai confratelli inglesi, lelavazione a Gran Jerofante del Rito Riformato di Memphis e Misraim e quella a Gran Maestro Onorario del 14 Grande Oriente di lingua italiana dEgitto18. E pure documentato limpegno del Nizzardo a favore delliniziazione della donna, da lui considerata un essere eccezionale19 e, per certi versi, superiore alluomo. Egli fondò logge femminili come la Luigia Sanfelice, la Eleonora Pimentel, il Vessillo della carità-Anita20 e provvide a crismare di persona numerose sorelle; ricordo, a titolo di esempio, Giulia Caracciolo Cigala, Rosa Zerbi21, la figlia Teresita, Luigia Candia22, Susanna Elena Curruthres23. Garibaldi contro il clericalismo Una lotta senza quartiere Non molto nota è la polemica rabbiosa e violenta fra Garibaldi e i clericali, cosicché per alcuni fu il Messia di una nuova era, laica e progressista, per altri una sorta di Belzebù, inviato da Satana per distruggere la vera religione. Questultima tesi fu avvalorata dal suo astio nei confronti della Chiesa di Roma, così radicato da assumere aspetti grotteschi: considerava il papa e i preti causa di tutti i mali del mondo, i nemici, insomma, da combattere con ogni mezzo24. Già in Sud America aveva mostrato siffatta tendenza e nelle Memo- rie, riferendosi a quegli anni lontani, annotava: Il prete, sotto codesto cielo benedetto, striscia da rettile, come dovunque, ma sui nostri non ha dominio, e pochissimo sui figli di quel paese25. Fu però dopo il 1860 che espresse tutto il livore possibile ed immaginabile. Furono quelli, anni difficili per il neonato ed ancora instabile Regno dItalia, minacciato più dal tarlo dei nostalgici e dei clericali che dal revanchismo austroungarico. Gli uni e gli altri avevano costituito un fronte unito e adoperavano periodici, quotidiani, fogli diocesani e i pulpiti per destabilizzare la Terza Italia. La loro voce aveva presa soprattutto sulle plebi rurali, in gran parte lontane dal processo risorgimentale, di argomenti per infiammare le folle ne avevano a sufficienza. Il fiscalismo, la miseria dilagante, la coscrizione di leva, la grossolana indifferenza verso la pietas popolare erano, in vero, temi che andavano dritto al cuore della povera gente, vittima dellignoranza e della miseria. I reazionari avevano di conseguenza buon giuoco a dipingere il nuovo regime come unaccozzaglia di bestemmiatori, di atei, di corrotti disposti a stremare il popolo pur di assicurarsi ricchezza e privilegi: Il popolo vede labisso delle sue miserie [...] Le gravezze che lo angustiano sono al colmo. Egli non può stentare più oltre il pane della sua esistenza per provvedere più lungamente ai suoi liberatori mense, cantine stalle, veneri, fumo e danze 26. Spesso, usando, un linguaggio dialettale, di facile presa e dimmediata comprensione, ricordavano il felice tempo andato e le promesse dei rivoluzionari miseramente tradite. Riporto, a titolo di esempio, questo dialogo apparso nel 1864 su La Vespa. I protagonisti sono il Gocciola, un popolano disilluso e il liberale Mignatta. Il primo rinfaccia continuamente al secondo gli antichi impegni, mutati in amare delusioni: Tu un ti rammenti icchè tu mi dicesti? I me ne ricordo sai, di cande tu mi dicei che save sta tanto bene, che tutte le Domeniche cavea entrà la ribotta, chè savea lavorà poco e guadagnà di morto. Invece caro mio, lè andata tutta a rovescio. E polli sono diventachi zucche, che prima le si tiraan ngroppone a chi le portà a Firenze 27. Orchestrata dal diavolo in persona la genia dei nuovi padroni: massoni, ebrei28 e comunisti, usava come arma privilegiata la corruzione e i loro caporioni solevano raccomandare: Lasciate da banda i vecchi e gli adulti; uccellate la gioventù e, se possibile, linfanzia29. Ogni mezzo era adoperato da tenebrosi figli della vedova per corrompere le coscienze, ad iniziare dalla divulgazione di opere letterarie di autori blasfemi al pari di Dumas e di Guerrazzi o dalla diffusione della musica che discesa dal cielo a conforto dei miseri mortali serve [ora] ad accompagnare parole e fatti schifosi come avviene nella Violetta, nel Trovatore e in altre opere30. Garibaldi, che si trovava dallaltra parte della barricata, di fronte ad una simile controffensiva, dette fuoco alle polveri, sparando ad alzo zero su chiesa e sacerdoti. Combatterli divenne un dovere, anzi il dovere di ogni onesto 31 ed eliminare il prete, bugiardo e sacrilego insegnatore di Dio ed ostacolo primo allunità morale delle nazioni32 fu una missione. Era comunque ottimista, il regno della nequizia sacerdotale, sarebbe ben presto crollato e sulle sue rovine, sarebbe sorto il regno de la ragione e il vero33. Odiava in particolare Pio IX34 il primo nemico dItalia35, il pontefice della menzogna36, il puntello di tutte le tirannidi, il corruttore delle genti37 arrivò a chiamare uno dei suoi asini col nome del pontefice38 e, nel 1869, complimentandosi per lorganizzazione dellanticoncilio di Napoli39, sembra che lo definisse metro cubo di letame40. Anche la sua opera letteraria rigurgita di anticlericalismo, così nel Poema autobiografico moderati e clericali sono dannati alla stessa gogna: Moderati!... e finiamola; il lezzo sgorga / Dalla penna, scrivendo il scellerato / Infame nome. Voi la stessa creta / Veste a color del Vatican simile41. Non contento in una poesia dedicata a Giosué Carducci, vate illustre di Satana appellava la Chiesa lue sacerdotale42. Il meglio di sé loffrì comunque nel romanzo Clelia il governo dei preti. I protagonisti sono patrioti costretti a vedersela con gli sporchi complotti di sacerdoti lascivi e di abietti clericali43. La storia ha per protagonista Clelia la perla di Trastevere che i 15 preti, schiuma dellinferno desiderano concupire. A latere di siffatta vicenda vi è spazio per tutto, anche per la vicenda del figlio di un papa Farnese che violò il vescovo di Fano di cui si era innamorato. Alla fine lo stesso Garibaldi dubitò di aver superato il limite tanto da affermare: Se la mia penna troppo sovente sintinge nel fiele e se sovente si tempera non col gentile temperino ma con lacuto, triangolare, terribile pugnale del carbonaro ne ho ben donde44. Non fu di tenore diverso per stile e contenuto, laltro faldone narrativo dellEroe I Mille: pagine e pagine dinsulti contro tutto ciò che odorasse di clericale e di papalino45. Il passare degli anni e 16 laccentuarsi degli acciacchi non placarono la vis polemica, anzi da Caprera cercò di far pervenire alla stampa una lettera ove si diceva che se fosse stata eseguita la condanna a morte pronunciata a Roma contro i dinamitardi Monti e Tognetti, che avevano fatto saltare in aria la caserma Serristori, in ogni città dItalia due preti avrebbero pagato con la [ ] vita46. Quando poi sentì sul collo lalito della morte, temendo di essere gabbato allultimo momento da unestemporanea conversione, si cautelò, inserendo nel testamento politico il seguente paragrafo: Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, sinoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga con limpostura di cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico. In conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato dun prete, che considero atroce nemico del genere umano e dellItalia in particolare. E che solo in istato di pazzia o di crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada47. I clericali, a loro volta, cercarono di rispondere alle bordate dellEroe, cinico anticlericale ed otre di odio incontenuto contro ogni religione48. Di conseguenza diffusero voci e dicerie, atte ad accreditarlo come un essere demoniaco, in rapporto diretto con lInferno. In taluni frangenti, questa strategia si rivelò controproducente. Durante la difesa della Repubblica romana, ad esempio, il nome stesso di Garibaldi bastò a terrorizzare le truppe napoletane. Insomma il mito nero di Garibaldi cangiò in una possente arma psicologica. I fanti borbonici, assai poco motivati, lo temevano quasi fosse unentità ultraterrena, lo chiamavano il diavolo rosso e nei bivacchi si mormorava a bassa voce che fosse supportato da una forza luciferina: le pallottole lo schivavano, le lame delle sciabole levate contro di lui andavano in frantumi. I suoi uomini poi, pervasi da solfurei umori, al pari di novelli berserker, si mutavano in belve assetate di sangue, non conoscevano la paura ed erano insensibili al dolore. Alla fine, qualcuno giunse addirittura a ritenerlo Belzebù in persona49: labbigliamento e laspetto ne erano una lampante riprova. Nonostante siffatta fama la Repubblica Romana cadde e per il Nizzardo iniziò unepica quanto travagliata fuga, durante la quale, Anita gravida e stremata, perì. Si approfittò allora di un frettoloso esame della salma per dubitare sulla causa della morte. Ma quale setticemia, si sussurrò! Era stato il Generale a strangolare la consorte per sbarazzarsi di un impiccio e forse per carpirle qualche avere. Passò del tempo e la Chiesa, considerandolo un sorta di ossesso, ritenne opportuno riconsacrare, con uno squal- lido rito, la cappella dove egli e la moribonda compagna si erano fermati qualche ora, tanto per tirare il fiato50. Durante e dopo la Spedizione dei Mille lopera di demonizzazione di Garibaldi fu portata avanti con metodi quasi scientifici. Vescovi e preti, nella migliore delle ipotesi, lo dipinsero come un guerrafondaio, un brigante violento e sanguinario, un sadico, un sacrilego di professione51. Di fronte a cotale, inaudita perversione il Regno dei Cieli non poteva rimanere indifferente ed ecco perciò abbattersi sulla desolata Italia terremoti, calamità naturali, epidemie52. Tutte queste iatture, ad iniziare dal colera, erano solo un assaggio dellira divina, scatenata da Garibaldi e dai suoi confratelli settari. Anche la letteratura popolare destrazione cattolica, fu precettata per combatterlo. In racconti, novelle, romanzi a scopo educativo e morale, fu rappresentato come una sorta di mostro assetato di sangue, brando sì ma delle forze delle tenebre. Ne è un esempio singolare Lionello o delle società segrete che dedica un intero capitolo a Garibaldi, vi si leggono passi di questo tenore: gramo il paese ove [Garibaldi] approda, scaturendogli sotto i passi fuoco e fiamma, e sgorgando sangue da tutto ciò chei tocca colla man micidiale, e disseccando e struggendo e consumando quando egli mira con gli occhi biechi, o sente il mortifero fiato che spira dal suo petto pregno del tossico e del zolfo delle cospirazioni, delle sedizioni, degli ammutinamenti e delle stragi53. [Garibaldi] macella iniquamente tanti prodi che combattono pel buon diritto de loro legittimi signori; solleva i sudditi contro lautorità loro, mette a ruba, a ferro, e fuoco le città fedeli, incrudelisce contro i pacifici e onesti cittadini, si rende il terrore e labominazione dei buoni54. Ogni occasione fu presa a pretesto per denigrarlo. Nel 1875, quando il Nostro accettò, per distribuirlo ai figli, il dono di gratitudine nazionale di 50.000 lire offertogli dal governo Depretis, apriti cielo! I clericali lo sbeffeggiarono in mille maniere e, poiché lelargizione corrispondeva alla rendita di 2.000.000 lire oro, Civiltà Cattolica lo ribattezzò LEroe dei due milioni. Col passare del tempo la tambureggiante campagna stampa contro Garibaldi generò vere e proprie leggende, come questa apparsa negli ultimi anni della sua vita: a Caprera vi era un sosia di Garibaldi manovrato dai frammassoni, quello vero era ormai morto da tempo e la sua anima nera friggeva nellInferno, sotto lo sguardo compiaciuto di Satanasso55. Nella sua Isola il Nizzardo non si curava di siffatte scemenze, ormai paralizzato dallartrite, pensava soprattutto allistante fatale ed aveva disposto ogni cosa con cura: le sue spoglie, secondo luso massonico, dovevano essere cremate e tumulate nel muro del sarcofago delle nostre bambine56 sotto lacacia, lalbero sacro ad Hiram, segno di rinascita iniziatica. Ultime volontà negate Quando spirò alle 18.20 del 2 Giugno 1882, le ragioni di stato si imposero sulle ultime volontà di Garibaldi e sei giorni più tardi, l8 Giugno, vi furono le solenni esequie. Orazioni funebri furono pronunciate con voce stentorea, seppur venata dalla commozione, da Crispi e da Zanardelli, davanti a stuoli di Garibaldini, a rappresentanti della Camera, del Senato e al duca di Genova inviato appositamente dalla Corona57. Il tutto però fu rovinato da un furioso temporale, gli abiti delle signore sinzupparono, le tube si mutarono in flosci catafalchi, le alte uniformi si 17 coprirono di disdicevole belletta. Secondo alcuni il fortunale fu una sorta di vendetta postuma del Nostro, offeso per il mancato rispetto delle sue volontà. I clericali però alzarono il tiro, altro che spirito di Garibaldi! Era stato lOnnipotente a dare un tangibile segno della propria terribile ira. Il Buon Dio poi, non contento, qualche mese più tardi, sarebbe andato oltre58. Il 9 luglio di quello stesso anno, infatti, la Loggia Garibaldi di Montevideo, si riunì per commemorare lEroe, nominato anni prima Maestro Venerabile Onorario. Levento fu organizzato in una palazzina a due piani in via San Giuseppe, vi parteciparono 500 Liberi Muratori con le loro famiglie, ad un certo punto scoppiò un furioso incendio, vi furono 19 morti e numerosi feriti59. Ecco gli strali dellAltissimo, commentò qualcuno, scatenarsi contro chi ha irriso il Geova de sacerdoti. La morte impedì a Garibaldi di assistere alloffensiva che i clericali, avrebbero mosso di lì a poco contro la Massoneria e il suo Gran Maestro Adriano Lemmi, con lintento di colpire il Primo Ministro Francesco Crispi60, anchegli fratello. Non lesse quindi le facezie di un certo Leo Taxil, né delle sue creature, rispondenti al nome di Diana Vaughan e del dottor Battaille61. La signora dalla falce, insomma, lo mise al sicuro da cotanto fango. Niente però ha potuto ripararlo dal revisionismo storico che ultimamente ha preso di mira anche il Risorgimento. Si iniziò negli anni 90 a tirare nel mucchio, senza risparmiare né lEroe dei due mondi, né Mazzini e Cavour. A costoro, presunti padri della Patria - si disse - sono dedicati [in piazze e viali] monumenti e bronzi [mentre] la città più giusta [ad accoglierli] sarebbe [ ] Norimberga62. Più tardi altri, con meno enfasi e maggior mestiere, cercarono e cercano di demolire la figura di quel diavolo rosso, rispolverando i si dice di quasi un secolo e mezzo fa63. Si tratta di una sorta di processo postumo, assai discutibile, ma probabilmente imposto dalla fama. Forse questo è il fato dei grandi, al quale nemmeno lItaliano più celebre al mondo sembra potersi sottrarre. 18 Bibliografia - AA. VV. La liberazione dItalia nellopera della Massoneria, Foggia 1990. - Dizionario Ecclesiastico, a. c. di A. M. Bozzone, vol. II, Torino 1955. - Epiphanius, Massoneria e sette segrete: la faccia oscura della storia, Roma s.d., pp. 126 127. - F. R. Esposito, La massoneria e lItalia dal 1800 ai nostri giorni, Roma 1979 - Fatti e argomenti intorno alla massoneria e ad altre società segrete, Genova 1862. - M. Gallo, Garibaldi la forza di un destino, Milano 2000. - Garibaldi, in Il Laboratorio, n. 75, Gennaio Febbraio Marzo 2007. - Garibaldi uomo e massone, a. c. di F. 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Appunti su oltre due secoli di pubblicistica antimassonica, Firenze 1992. -G.Sacerdote,LavitadiGiuseppeGaribaldi,Milano1933. - A. Sbardellati, Il Fratello Giuseppe Garibaldi, Roma 1993. - A. Scirocco, Garibaldi. Battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Bari 2004. - C. Spellanzon, Garibaldi, Firenze 1958. - R. Ugolini, Garibaldi genesi di un mito, Roma 1982. - Una loggia femminile a Napoli, in Acacia, IV, n. 43, 1913. - F. Vigni, Donne e massoneria dalle origini ad oggi, Foggia 1997. - F. Vigni, Liniziazione femminile nella massoneria italiana, in Storia dItalia, Annali, La Massoneria, a. c. di G. M. Cazzaniga, vol. XXI, Torino 2006. ___________________ Note: Cfr. L. Pruneti, I segreti di Garibaldi (parte II). Un Gran Maestro in odore di zolfo, in Archeomisteri, a. VI, n. 33, Maggio - Giugno 2007. 2 Epiphanius, Massoneria e sette segrete: la faccia oscura della storia, Roma s.d., pp. 126 - 127; C. Patrucco, Documenti su Garibaldi e la Massoneria nellultimo periodo del Risorgimento italiano, Alessandria 1914, p. 9; AA. VV. La liberazione dItalia nellopera della Massoneria, Foggia 1990, p. 62. 3 M. Gallo, Garibaldi la forza di un destino, Milano 2000, p. 85; A. Scirocco, Garibaldi. Battaglie, amori, 1 ideali di un cittadino del mondo, Bari 2004, p. 34. 4 L. Lami, Garibaldi e Anita corsari, Milano 2002, p. 220; G. Oneto, LIperitaliano. Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, Rimini 2006, p. 41. 5 L. Pruneti, I segreti di Garibaldi fra guerra di corsa e massoneria, in Archeomisteri, a. IV, n. 32, Marzo Aprile 2007, p. 90. 6 A. Sbardellati, Il Fratello Giuseppe Garibaldi, Roma 1993, p. 29. 7 Giuseppe Garibaldi, il Gran Maestro dellumanità, a.c. di C. Gentile, Foggia 1981, p. 28. 8 C. Patrucco, Documenti su cit, p. 11. 9 G. Sacerdote, La vita di Garibaldi, Milano 1933, p. 923. 10 Ibidem, p. 922 11 Nella prima costituente massonica, tenuta a Torino il 26 dicembre del 1861, Garibaldi fu acclamato primo Libero Muratore dItalia. Siffatto onore gli fu confermato nella costituente di Napoli del 1867. Garibaldi, in Il Laboratorio, n. 75, Gennaio Febbraio Marzo 2007, p. 26. Cfr. V. Gnocchini, LItalia dei Liberi Muratori, Roma 2005. 12 C. Patrucco, Documenti su cit., p. 49. 13 Garibaldi uomo e massone, a. c. di F. Belmonte, Salerno 1982, pp. 80, 83 84. 14 A. A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano 1992, p. 114. 15 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 99. 16 C. Gentile, Giuseppe Garibaldi, il Gran Maestro dellumanità, Foggia 1981, p. 33; A. Sbardellati, Il Fratello Giuseppe Garibaldi cit, p. 67. 17 A. Scirocco, Garibaldi cit, p. 331; G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 208; Montanelli M. Nozza, Garibaldi. Ritratto dellEroe dei due mondi, Milano 2002, p. 479. 18 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 234. 19 Nel 1848, appena tornato in Italia, avrebbe affermato che se gli uomini avessero temuto di accorrere per combattere gli austriaci, avrebbe chiamato a raccolta le donne, C. Spellanzon, Garibaldi, Firenze 1958, p. 14. 20 C. Gentile, Giuseppe Garibaldi, il Gran Maestro cit., p. 38; F. Vigni, Liniziazione femminile nella massoneria italiana, in Storia dItalia, Annali, La Massoneria, a. c. di G. M. Cazzaniga, vol. XXI, Torino 2006, p. 779 e segg.; Una loggia femminile a Napoli, in Acacia, IV, n. 43, 1913, pp. 27 28; cfr. F. Vigni, Donne e massoneria dalle origini ad oggi, Foggia 1997. 21 G. Pelaggi, La donna nella Massoneria, Catanzaro 1952, p. 20. 22 A. A. Mola, Storia della Massoneria italiana... cit, pp. 112-113. 23 L. Pruneti, La tradizione Massonica Scozzese in Italia, Roma 1994, p. 16 e segg. 24 M. Milani, Giuseppe Garibaldi, Milano 1982, p. 534. 25 G. Garibaldi, Memorie autobiografiche, Firenze 1982, p. 272. 26 L. Pruneti, Oh setta scellerata ed empia. Appunti su oltre due secoli di pubblicistica antimassonica, Firenze 1992, p. 29. 27 In La Vespa, 17 Giugno 1864. 28 L. Pruneti, La sinagoga di Satana. Storia dellantimassoneria 1725 2002, Bari 2002, pp. 58 59. 29 Fatti e argomenti intorno alla massoneria e ad altre società segrete, Genova 1862, p. 113. 30 Ibidem, pp. 100 1001. 31 A. Sbardellati, Il Fratello Giuseppe Garibaldi... cit, p. 53 L. Pruneti, La sinagoga di satana... cit, p. 71. 33 Ibidem, p. 72. 34 Nel 1847 Garibaldi, come tanti altri giovani, aveva riposto grandi speranze in Pio IX, tanto che in una celebre lettera giunse ad offrire a Sua Santità la sua spada e la legione italiana per la patria e per la Chiesa cattolica. Il Risorgimento. Storia, documenti, testimonianze, a. c. di L. Villari, vol. III, Roma 2007, p. 618. 35 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 182. 36 M. Gallo, Garibaldi, la forza di un destino, Milano 2000, p. 391. 37 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 240. 38 Ibidem, p. 78. 39 Poco tempo dopo però, Garibaldi smentì la paternità di quella frase ingiuriosa. Ibidem, p. 222. 40 F. R. Esposito, La Massoneria e lItalia dal 1800 ai nostri giorni, Roma 1979, p. 71. 41 R. Ugolini, Garibaldi genesi di un mito, Roma 1982, p. 277. 42 G. Garibaldi, Prose, Firenze 1998, pp. 71 e 73, 43 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 221. 44 I. Montanelli M. Nozza, Garibaldi cit , p. 528. 45 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 234. 46 I. Montanelli M. Nozza, Garibaldi cit, p. 529 47 G. Sacerdote, La vita di Giuseppe Garibaldi cit, p. 938. 48 Dizionario Ecclesiastico, a. c. di A. M. Bozzone, vol. II, Torino 1955, p. 23. 49 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 56. 50 M. Milani, Giuseppe Garibaldi cit, p. 534. 32 51 A. Scirocco, Garibaldi cit, p. 358. L. Pruneti, La sinagoga di satana cit, p. 53. 53 Lionello o delle società segrete, vol. II, Napoli 1860, p. 112. 54 Lionello cit, p. 124. 55 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 240. 56 G. Sacerdote, La vita di Giuseppe Garibaldi cit, p. 944. 57 Ibidem, p. 946. 58 G. Oneto, Liperitaliano cit, p. 243. 59 Ibidem, p. 243. 60 A. A. Mola, Giosue Carducci. Scrittore, politico, massone, Milano 2006, p. 313. 61 L. Pruneti, La sinagoga di Satana cit, pp. 85 112; G. C. Loraschi, Lantimassoneria , in Hiram, n. 5, Maggio 1990, pp. 113 114. 62 A. Mazzocchi, La massoneria nella stampa italiana degli anni Ottanta, Firenze 1994, p. 75. 63 A. Pellicciari, Garibaldi: un uomo dal cuore tenero, in Il Timone, n. 15, Settembre Ottobre 2001. Su una rivisitazione in negativo del Risorgimento cfr. A. Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali e massoni contro la Chiesa, Milano 1998. 52 P.12: Ritratto di G.Garibaldi, collez. GLDI, Roma; p.13, 14 e 15: Lalbum del 59, raccolta di scritti e illustrazioni risorgimentali, a cura della Banca Pop. Milano; p.14 in basso: Pio IX, stampa; p.16 e 19: Ritratti fotografici di G.Garibaldi, collez. privata; p.17: Testamento autografo di G.Garibaldi, collez. privata; p18: Garibaldi in Inghilterra al Crystal Palace, London Illustrated News, 1864 (tutte le foto delle riproduzioni sono di P. Del Freo) 19 20 P remessa Giuseppe Garibaldi fu uomo di fede. Anzi, poiché fece sempre tutto in grande, fu anche di fede profonda, incrollabile. Il suo credo, però, non fu quello della chiesa cattolica, in cui nacque e venne cresciuto dalla madre, Rosa Raimondo, né di altre religioni rivelate. Anzi, non fu neppure un credo se per tale sintende una dottrina sistematica, una filosofia o anche solo una somma di verità. Se lo costruì egli stesso dagli anni giovanili, contemplando il mare e il cielo, visitando genti, esplorandone credenze e costumi, vivendo e ponendosi via via glinterrogativi di sempre: che cosa debbo a Dio, alla patria, a me stesso...? Negli ultimi quindici anni scrisse le sue riflessioni su religione e religiosità e accennò quali fossero i suoi punti fermi: Dio-Intelligenza Infinita, sua presen- za in ogni uomo, sua manifestazione nel creato e una certa fiducia nel ricongiungimento dellintelligenza individuale alluniversale dopo la separazione dal corpomateria. Il tutto fra interrogativi senza risposte e dubbi: con molta tolleranza verso le opinioni altrui e sommessa richiesta di rispetto per le proprie. Ha dunque torto chi liquida Garibaldi come uomo di poca fede? Forse si, forse no. Per rispondere bisogna chiarire che cosa sintenda e che cosa egli intendesse per fede. Peppino fece di tutto per farsi considerare un miscredente opportunista. Basti pensare alla sua condotta nei confronti di riti e osservanze. Il personaggio Giuseppe Garibaldi (Nizza Marittima, 4 luglio 1807-Caprera, 2 giugno 1882) fu artefice dellunificazione nazionale italiana e profeta universale della libertà e del pro- gresso civile ed economico. Poiché sulla sua figura e sul suo pensiero si sono accumulate dicerie infondate è bene fissare alcuni punti fermi su un aspetto centrale della sua personalità: la religiosità. Vale per lui come per Giosue Carducci (che fece di Garibaldi un secondo padre: per certi aspetti ancor più vicino di quello carnale) e molti altri protagonisti dellOttocento europeo e italiano, specialmente di quelli impegnati per lelevazione dei popoli a nazioni-Stato, in linea con una filosofia della storia consolidatasi tra Sette e Ottocento. In premessa va detto che anche sulla religione apparentemente Garibaldi disse e scrisse tutto e il contrario di tutto. Va ricordato inoltre che molte dichiarazioni e lettere attribuite a Garibaldi non sono propriamente sue. A volte si limitò a firmarle o ad autorizzare che comparissero 21 a nome suo. Altre volte gliene venne attribuita la paternità, senza che si premurasse (o avesse occasione o motivo) di smentirle o correggerle. Occorre però distinguere tra documenti relativi alla vita militare e politica, quelli concernenti affetti domestici e amicizie e le carte cui affidò i suoi pensieri su temi generali. Tra queste ultime speciale rilievo occupano le sue riflessioni sulla religiosità. Esse includono tre diversi temi: Dio, le religioni, le chiese intese come clero. 22 Il pensiero e gli scritti Per comprendere il pensiero di Garibaldi su un tema così rilevante vanno presi in esame anche i suoi discorsi e gli scritti letterari, le cui pagine gli rimasero dinnanzi agli occhi e sotto la penna più a lungo di quanto gli potesse accadere per un proclama, un messaggio, una lettera dettata o vergata sul tamburo, nel vortice dellazione o incalzato dal fitto carteggio quotidiano, cui dedicò attenzione e tempo sino a quando le forze glielo consentirono. Nelle prose darte (per quanto arte povera, come non esitò mai a dichiarare e a riconoscere) Garibaldi compì anzi uno sforzo per conferire veste definitiva alle proprie riflessioni. Debitamente confrontate con le altre fonti utili a coglierne il pensiero, esse conducono ad affermare che Garibaldi fu credente in un Dio personale, creatore e ordinatore delluniverso, provvidente nei confronti delle sue creature. Clelia Leggiamo a conferma lincipit del capitolo LXIII di Clelia, il governo dei preti: Era una di quelle aurore che ti fan dimenticare ogni miseria della vita per rivolgerti tutto intiero alle meraviglie colle quali il Creatore ha fregiato i mondi. Lalba primaverile che spuntava dallorizzonte, così graziosamente tinta dei colori dellIride, tincantava.... Poco oltre, il capitolo intitolato Morte ai preti gronda invettive contro il clero cattolico: Tra le astuzie dei sardanapali pretini, ricchissimi comerano, sempre mercé la stupidità dei fedeli, non ultima fu quella dimpiegare gli artisti più eminenti nella illustrazione delle loro favole. Ai capolavori di Michelangelo e Raffaello contrappose la libertà e la dignità nazionale, vero capo dopera di un popolo. Contraddizione? No. I Mille In I Mille, un romanzo (mancato) sullimpresa che lo rese celebre nel mondo, Garibaldi toccò i vertici dellanticlericalismo militante; nondimeno nella prefazione si scusò pubblicamente perché gli parve di avervi detto abbastanza male dei preti. Nello stesso libro, tuttavia, le più roventi condanne di papi, imperatori, preti (soprattutto i gesuiti) si alternano allesaltazione, talora ingenua ma sempre appassionata, della religione della libertà e della religiosità in sé quale vincolo necessario allumano incivilimento. Si rilegga, per esempio, laccorato capitolo 61°, La morente, ove viene descritta la straziante agonia di Marzia, una delle eroine del romanzo accanto a Lina (Rosalia Montmasson, moglie di Francesco Crispi, personaggio storico mescolato a quelli di fantasia): Marzia sentiva vicinissima la morte, ma dotata di sì supremo coraggio e di quelleroismo filosofico capace di affrontarla come una conosciuta, come una transizione naturale della materia (...) Marzia accennò colle labbra un bacio verso Lina, che fu seguito da P. e dai cari presenti; non articolò più parola e passò tranquilla allInfinito! Materialismo panico? o spiritualismo? Il sogno Il capitolo conclusivo del romanzo, Il sogno, raccoglie le contraddizioni di Garibaldi e indica la via del loro superamento. LEroe assiste al sorgere del Figlio Maggiore dellInfinito che spuntava dalle cime dellApennino. Mentre contempla laurora, intravvede il nuovo ordinamento dellItalia unita, un governo di tutti e per tutti (non so se lo chiamassero Repubblicano tiene a precisare), fondato sulla giustizia e sua garante. E assisté al miracolo: la riesumazione gloriosa delle ossa dei martiri caduti per la patria (Si scopron le tombe, si levano i morti,/ i martiri nostri son tutti risorti...) e, al tempo stesso, alla redenzione dei chercuti, incluso il santissimo padre, non più panciuto e con le pantofole dorate, ma calzato con un buon pajo di stivali, snello e robusto che consolava il vederlo. Pio IX dirigeva di persona i preti intenti alla bonifica delle Paludi Pontine: chi colla vanga, colla zappa e collaratro; altri lavo- ravano la terra che era una delizia. A quellafflizione educativa, alla fatica quale risarcimento dei danni inflitti alla società non erano però solo i preti nella visione di Garibaldi: dinnanzi ai suoi occhi si affollava una quantità di finanzieri dogni classe, di pubbliche sicurezze, di impiegati al lotto e tanta altra gente inutile alla società ed ora resa utilissima. I preti diventati laboriosi ed onesti. Tutte le cariatidi della Monarchia, come i primi consueti al dolce far niente ed a nuotare nellabbondanza, oggi piegan- 23 do la schiena al lavoro. Non più leggi scritte. Misericordia! Grideranno tutti i dottori dellUniverso, oggi obbligati anche loro a menare il gomito per vivere. Finalmente una trasformazione radicale in tutto ciò che abusivamente chiamavasi civilizzazione e le cose non andavano peggio! Anzi scorgevasi tale contentezza sul volto di tutti, e tale soddisfazione per il nuovo stato sociale, chera un vero miracolo!. Il sogno garibaldino Il sogno garibaldino di palingenesi va dunque molto oltre la o le chiese o, se si preferisce, guarda altrove: la politica assai più che religione e religiosità. Sentì egli stesso il bisogno di chiarire il proprio pensiero in una lunga nota esplicativa sul concetto di Infinito: Nelle presenti controversie della Democrazia mondiale, in cui si scrivono dei fascicoli numerosi per provare Dio gli uni, per negarlo gli altri,e che finiscono per provare e per negare nulla; io credo sarebbe conveniente stabilire una formola edificata sul Vero, che potesse convenire a tutti ed affratellare tutti... Per parte mia accenno e non insegno. Può il Vero, o lInfinito, che sono la definizione luno dellaltro, servire alluopo? Io lo credo; ma non lo insegno. Vè il tempo Infinito, lo spazio, la materia, come lo prova la scienza; quindi incontestabile. Resta lintelligenza infinita. E essa 24 parte integrante della materia? Emanazione della materia? La soluzione di tale problema è superiore alla mia capacità (...). Interrogativi senza risposta Garibaldi si poneva dunque domande comuni a tanti uomini. Il cadavere conserva ancora la materia. Ma ove? Lintelligenza dorme o si è divisa? Non aveva certezze e, ciò che più conta, non simpancava a imporre verità che per primo non possedeva. Quello deglinterrogativi senza risposta è il Garibaldi vero. E anche un Garibaldi molto attuale, giacché non propone affatto una dottrina, un catechismo, un insegnamento né, meno ancora, un modello cui attenersi rigidamente. Egli offre solo un esempio: quello di chi convive con i dubbi, reputa di non arrivare a darsi alcuna soluzione definitiva e tuttavia non si abbandona alla disperazione né diviene scettico o indifferente. Garibaldi attende senza nulla pretendere. Sente che di giorno in giorno la vita si esaurisce, ma non ne prova angoscia. È. Le ombre del cattolicesimo Nato e a lungo cresciuto nella tradizione cattolica, Giuseppe Garibaldi ebbe la vita scandita dai sacramenti sino al secondo matrimonio, con la diciassettenne Giuseppina Raimondi (24 gennaio 1860, nella cappella della villa patrizia dei Raimondi a Fino). Tutti i figli furono battezzati. Lo strappo dai sacramenti coincise con due eventi, uno pubblico, uno privato, che sintrecciarono e ne alimentarono lanticlericalismo, anzi la dichiarata avversione contro tutte le chiese e specialmente nei confronti della chiesa cattolica, papa ed ecclesiastici di tutti gli ordini e gradi, con qualche eccezione personale nei confronti di sacerdoti incontrati nel corso delle battaglie patriottiche. In primo luogo gli bruciò il mancato scioglimento delle nozze benché fosse divenuto di dominio pubblico che la puttana (come, secondo un racconto, egli apostrofò Giuseppina, brandendo una seggiola) era incinta di altri (il garibaldino Luigi Caroli) come apprese appena terminata la cerimonia o, più verosimilmente, tre o quattro giorni dopo. Per ottenere lannullamento leroe non esitò a dichiarare a Lorenzo Valerio, deputato della sinistra democratica, di avere avuto, si, con essa delle copulazioni, ma solo prima del matrimonio giacché dal 20 gennaio pareva che la fidanzata avesse contratto il vaiolo. Non avendola più copulata - argomentò Garibaldi - , io penso che si può considerare il matrimonio non consumato. Non ci fu verso però di aprire alcuna breccia presso lautorità religiosa e solo ventanni dopo, il 14 gennaio 1880, la Corte dAppello di Roma annullò le nozze giacché (fu la trovata geniale di Pasquale Stanislao Mancini) erano state celebrate quando in Lombardia vigeva il codice austriaco, che appunto prevedeva lannullamento del matrimonio rato e non consumato. In secondo luogo crebbero lira e la sete di vendetta di Garibaldi contro il papa-re: ogni fallimento dei ripetuti tentativi di scardinarne lo Stato e rovesciarlo dal trono riapriva le piaghe della Repubblica romana del 1849, della dolente marcia dalla Città Eterna a San Marino, della tragica morte di Anita (febbre e stenti) nella pineta di Ravenna (4 agosto), della fucilazione di don Ugo Bassi e di altri seguaci... Per renderla più accettabile agli occhi propri e della sua parte politica, Garibaldi finì per mettere in conto al Papato la regia pallottola conficcatasi nel malleolo del piede destro allAspromonte (29 agosto 1862) e a Mazzini e ai mazziniani lo scarso seguito che ne aveva svigorito la spedizione dellottobre 1867 drammaticamente conclusa a Mentana. Era quanto bastava a inasprire la sua avversione nei confronti della Chiesa e di Teopompo (come Carlo Marx denominò sarcasticamente Mazzini). Questa, però, non divenne mai negazione della religiosità né di Dio. Lo confermano le sue Memorie, scritte dopo Porta Pia. Non vi manca, anzi, la reiterata narrazione di trasalimenti che sono eco di spiritualità panica: è il caso del risveglio in navigazione sullOceano, quando sentì la morte della madre. Religiosità e massoneria La religiosità di Garibaldi non è messa in discussione dalla sua adesione alla massoneria, né, meno ancora, dalle cariche che gli vennero conferite: ora accettate, ora lasciate, sempre con lobiettivo di farne il gran fascio della democrazia, anzi dellItalia stessa, della Nuova Italia. Lo stesso vale per il testamento nel quale dispose che la salma fosse arsa con rito classico: meticolosamente da lui indicato, del tutto diverso dalla cremazione poi promossa da alcuni settori della massoneria. Anche a quel modo Garibaldi ribadì la sua estraneità alla chiesa cattolica. Sciolto dal matrimonio con la puttana grazie al codice civile asburgico, sposata con solo rito civile Francesca Armosino, che da anni lo assisteva e gli aveva dato Clelia, Rosa e Manlio, per sé Garibaldi non aveva altro da rivendicare. Era in pace con se stesso. Popolana appena in grado di scrivere poche frasi, Francesca gli fece approntare, a sorpresa, la camera colma di luce e di azzurro in cui attendere la Grande Visitatrice. Il 2 giugno 1882 sul davanzale della stanza in cui Garibaldi agonizzava si fermarono due capinere. A chi voleva allontanarle, con un filo di voce il Solitario (come il generale si compiacque definirsi) disse le lasciassero sostare: forse erano le due figlie, entrambe di nome Rosa, perdute appena bambine. Chiamavano, attendevano... Lo avrebbero guidato, verso lInfinito. Così era Garibaldi: pira omerica da un canto, tenerezza dallaltro. Sogni. Bontà. Armi e pacifismo, invettive e abbracci. A una parete della stanza in cui si spegneva luomo di grande fede nellIntelligenza Suprema faceva gran mostra di sé il diploma che lo celebrava presidente della società ateistica italiana. Contraddizioni? Si. Risolte accettando di convivere in pace con tanti dubbi, voltarsi dallaltra e fare. Una religiosità civile Garibaldi fu il campione dell Italia laica? Su uso ed abuso del termine laico (da aggettivo cresciuto a sostantivo) è opportuno stabilire una moratoria e fare una riflessione. Secondo Niccolò Tommaseo laico è quegli che non è iniziato, né fatto abile a maneggiare le cose sacre: esattamente lopposto del senso in cui esso oggi suona. Laici aggiunge Tommaseo - erano glilletterati nei secoli in cui studiavano solo preti e frati. Laico non era dunque uninsegna gloriosa. Bene si comprende perché gli artefici dellunificazione nazionale e della Nuova Italia non ne facciano mai uso. Laico è un abito nel quale non si riconoscevano. Cavour, Azeglio, Minghetti, Sella e via seguitando sino a Garibaldi e a Carducci (rappresentanti di due diverse generazioni, questi ultimi, abbraccianti i ventanni decisivi da Villafranca alla Triplice Alleanza) contrapposero liberale a servile, liberi a mitrati, i figli della libertà (e persino della santa libertà) a quelli incatenati nelle tenebre del clericalismo. Garibaldi fu campione di religiosità civile, alternativa a quella dei catechismi (tutti: non solo della chiesa cattolica, come ribadì a ogni pie sospinto), di religione patria e universale, senza cedimenti allincredulità né al materialismo. Per un marinaio, uomo del mare e delle stelle quale egli fu, la scienza era uno sguardo nel mistero, non la saracinesca su ciò che è oltre. E linvito a procedere nella ricerca, non la tentazione di separare ciò che si vede e si misura da quanto si percepisce e si esprime con un semplice segno, con un simbolo. Il segreto della complessa personalità di Garibaldi fu dunque chegli era un poeta? Di sicuro pochi altri come lui (o forse nessuno, quanto meno nell uso pubblico) suscitarono la creatività di tanti artisti e scrittori. Tutti uomini di religione. Laici? Niente affatto. Tutti uomini di fede: quanto meno di fede nel Bello. Quella di Garibaldi fu la fede di chi fa, dà ogni giorno il meglio di sé, nella serena convinzione di essere responsabile delle proprie azioni, di cui deve rispondere dinnanzi a se stesso e agli uomini, senza pretendere né speciali soccorsi né compiacenti assoluzioni. Caposaldo della religiosità di Garibaldi fu lalto rispetto dellInfinito. Dopo averci riflettuto a lungo, concluse che luomo deve fare quanto sente sia il proprio dovere, senza nulla attendere, né temere. Da uomo libero. P.20, 22, 23 e 25: Ritratti fotografici di G.Garibaldi, collez. privata; p.21 e 24: Dal Molino... e Garibaldi, volumi depoca sulle gesta delleroe (tutte le foto delle riproduzioni sono di P. Del Freo) 25 26 M olto è stato scritto fino ad oggi relativamente allInquisi- zione, e in particolare circa lutilizzo da parte di questo Tribunale di metodi coercitivi quali la tortura; molti autori cattolici e non - hanno correttamente insistito, in tale direzione, nellaccusare la Chiesa romana di avere, con una fanatica e feroce repressione, basata sul terrore e sui supplizi più crudeli, arrecato, per mezzo di tale disumana macchina giudiziaria, unintollerabile offesa alla libera coscienza degli individui, insanguinando il mondo cristiano con il vermiglio bagliore dei suoi roghi. In effetti la repressione delleresia venne considerata una cosa talmente aberrante, da incontrare seria opposizione già nello spirito pubblico del Medioevo, sebbene - cosa davvero I l contesto sociale, politico e culturale in cui maturò listituzione della tortura ad opera della bolla Ad extirpandam del 1252 La Chiesa Romana, assunto il ruolo di potenza regolatrice e tutrice di ogni altra autorità temporale, si preoccupò, in effetti, esclusivamente di utilizzare ogni mezzo posto a sua disposizione dalla preminente posizione conquistata, per garantire la conservazione del suo potere e la sussistenza dei suoi privilegi, nonché per difendersi contro i propri nemici e, in particolare, contro leresia che dilagava nel mondo cristiano, attentando al dogma, presupposto vitale della sua stessa esistenza. I vari Papi incominciarono, così, a usare prima le armi spirituali contro i nemici della fede, e poi, gradualmente, soprattutto quando constatarono che queste erano spesso, in concreto, inefficaci, pene corporali idonee a reprimere il delitto di eresia, e ad arginare la diffusione del fenomeno. A tale proposito, non deve stupire che gli stati e i sovrani temporali, anchessi attaccati, si unissero alla Chiesa nellopera di difesa, sia per lo spiccato carattere destabilizzante che rivestiva leresia, sia perché essi sentivano la necessità di tutelare singolare - di essa si parli assai raramente la Chiesa di Dio, dalla quale derivava ogni loro potere, secondo la sapiente dottrina teologica, strategicamente costruita dai Sommi Pontefici. Infatti lo sviluppo morale e intellettuale del mondo cristiano nel Medioevo era stato principalmente teologico. La teologia dirigeva e controllava, signora assoluta, lo spirito umano, impregnando di sé tutti i più importanti settori dello scibile umano e dunque della vita pratica, dalla filosofia, alla politica, alleconomia, alla storia, e via dicendo, interpretati sempre da un punto di vista teologico. Il mondo nel Medioevo aveva quindi un ordinamento strutturale e costitutivo che presupponeva, in tutto e sempre, la fede cattolica; era fondato sul rispetto per le leggi della Chiesa e dei suoi diritti quale, almeno in apparenza, protettrice dei deboli, sullobbedienza ai Vescovi e ai prìncipi, ministri di Dio in terra. Chi attentava alla fede e ai suoi dogmi fondamentali, minacciava perciò lesistenza stessa della società umana, e la colpiva al cuore. Per converso, in unepoca in cui il pensiero umano si esprimeva prevalentemente in categorie e forme teologiche, le dottrine di tipo libertario-rivoluzionario ed anarchico-insurrezionalista si manifestava- nei racconti e nelle cronache dellepoca (in quanto redatti da esponenti eruditi del potere costituito dellepoca, ossia da ecclesiastici), mentre se ne tratti diffusamente - ed in maniera negativa - nei racconti e nelle ballate tramandate oralmente dai cantastorie, soprattutto in Francia e nellEuropa centrosettentrionale. Oggi si assiste, invece, a dibattiti continui e accesi circa linammissibilità e lilliceità, in termini eticoreligiosi, del fenomeno della lotta contro gli eretici durante letà di mezzo, e si invoca come giusto parametro di valutazione la teoria dei diritti umani, i principi della libertà di religione, delluguaglianza delle fedi, del ripudio dei mezzi di repressione violenta del crimine da parte dellautorità pubblica, ecc. 27 no per lo più sotto forma di eresie. Da tutto quanto precede, derivava il carattere di estrema pericolosità, rivestito da ogni specie di eterodossia, nei riguardi dellordine sociale ed ecclesiale, indipendentemente dai suoi contenuti. Fino a che si trovò di fronte solamente a opinioni astratte, tali da non mettere in serio pericolo il suo potere, la Chiesa fu sostanzialmente tollerante, limitandosi a riprovare e censurare tali costruzioni teoriche nei Concili, infliggendo le relative pene spirituali (interdetto, scomunica, ecc.) agli autori di quelle; ma quando tali opinioni presero a minare la sua gerarchia, la sua organizzazione, il suo potere, che erano la base e la garanzia del funzionamento dellintera società medievale, allora 28 la Chiesa cominciò a difendersi energicamente, con ogni mezzo utile. Gradualmente si cominciò ad interpretare in senso letterale stretto, e dunque in maniera arbitraria ed inaccettabile, il passo del Vangelo di San Giovanni che, rievocando le parole di Cristo, ammoniva: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me venga gettato via come il tralcio e si secchi, e poi lo si raccolga, lo si getti nel fuoco e lo si bruci. Evidentemente san Giovanni non aveva affatto in mente i tribunali ecclesiastici quando - forse - scrisse queste righe; e ancor meno poteva prevedere che le sue parole sarebbero state inopinatamente strumentalizzate dalla Chie- sa di Cristo per giustificare, sul piano teologico, abominevoli pratiche punitive quali la tortura ed il rogo. Il fondamento giuridico-politico della tortura durante il Medioevo e disciplina generale del supplizio Per quanto riguarda la tortura, va osservato che essa era un mezzo di prova legalmente riconosciuto e utilizzato da tutte le giustizie medievali, talora definito supplicium, talaltra tormentum. Non deve quindi sorprendere che lInquisizione se ne sia servita per realizzare i propri obiettivi, certo non di giustizia, ma di mera conservazione della sua autorità, supremazia e controllo sociale. Tale misura probatoria coercitiva (ma il discorso sarebbe analogo per qualunque altra pena corporale, rogo compreso) indice di barbarie selvaggia, perché profondamente lesivo dei diritti e delle libertà fondamentali delluomo (validi in qualunque epoca perché tutelati dal diritto naturale) - trovò la sua presunta ragione giustificatrice, in senso giuridico-canonico, non nella gravità oggettiva e assoluta della colpa, bensì nella soggettiva estimazione del danno che arrecava ad un certo gruppo sociale - in questo caso la Chiesa - latto criminoso del reo. Anticipando di qualche secolo la regola machiavelliana il fine giustifica i mezzi, il potere ecclesiastico ritenne perciò indifferentemente lecito ricorrere a qualunque strumento repressivo, purchè fosse efficace a combattere i nemici della Chiesa e, in tal guisa, giunse allaberrante costruzione giuridica della tortura come legittimo strumento per laccertamento della verità nellambito del processo canonico. Fu così che Innocenzo IV, con la bolla Ad extirpandam del 1252, acconsentì esplicitamente e ufficialmente allutilizzo della tortura nei processi per eresia, precisandone i casi e le modalità di impiego. Per rispetto agli antichi statuti, gli inquisitori e i Vescovi, per applicarla, dovevano richiedere - alquanto ipocrita mente - lintervento del braccio secolare; non potevano neppure assistervi sotto pena di incorrere nelle censure ecclesiastiche, che vietavano ai chierici ogni spargimento di sangue. Ma detto atteggiamento di falso ripudio della violenza da parte della Chiesa venne ben presto meno per esigenze di politica ecclesiale. La necessità di ricorrere al giudice laico per applicare la tortura (con il quale il giudice ecclesiastico poteva anche essere in conflitto, perché quegli non poteva facilmente essere controllato durante lutilizzo di tale misura coercitiva) costituiva infatti una soggezione non tollerabile, dalla quale gli inquisitori cominciarono ad affrancarsi non appena Alessandro IV, nel 1256, li autorizzò arbitrariamente alla mutua assoluzione dalle censure nelle quali fossero incorsi assistendo ai supplizi. Urbano IV, in seguito, nel 1262, stabilì espressamente che gli inquisitori potessero assistere alla tortura per dirigerla, in modo da raccogliere le confessioni a mezzo dei loro cancellieri, rispettate però sempre la vita e lintegrità personale generale dellimputato. Questultimo è un ulteriore punto che va sottolineato con particolare forza: è concepibile unintegrità fisio-psichica parziale? LInquisizione ecclesiastica medievale si vantava, invero, di applicare rigorosamente il principio per cui la tortura non doveva mai essere spinta citra membri diminutionem et mortis periculum. Ma poteva dirsi moralmente e cristianamente accettabile la pur limitata laesio intra membri diminutionem et mortis periculum, soprattutto alla luce del messaggio di Cristo, il quale era talmente contrario alla violenza da lasciarsi inchiodare ad una croce morendovi senza reazione alcuna? Di sicuro Cristo non pensava affatto né al Tribunale dellInquisizione, e nondimeno alla tortura quando conferì il mandato agli Apostoli di edificare la sua Chiesa. E ancora: chi doveva valutare circa leffettiva applicazione ad casum della tortura? Nei confronti di quali imputati ed entro quali limiti? Inevitabilmente la discrezionalità affidata agli inquisitori in proposito era immensa, i controlli sporadici e gli abusi perpetuati si rivelarono infiniti. E tutto ciò sempre in nome di Dio. Clemente V, con le sue regole pubblicate da Giovanni XXII nel 1317, disciplinò, poi, più adeguatamente luso dei metodi di tortura, disponendo anche che per applicarla dovesse esservi, a garanzia dellimputato, laccordo fra il Vescovo e linquisitore. Ma anche in tal caso si trattò di una norma tuttaltro che ispirata al principio del favor rei, perché nella pratica le lentezze burocratiche o le rivalità tra Vescovi ed inquisitori resero concretamente inap- 29 plicabile questa regola, o posero i primi assai desiderosi di scaricarsi delle relative responsabilità - in condizione di delegare agli inquisitori stessi il compito di decidere in loro vece, così che nella pratica questi rimasero arbitri assoluti in ordine alla pratica dei supplizi, e gli abusi proseguirono senza sosta. La tortura che, in ogni caso, era ordinata con una sentenza interlocutoria (ossia non definitoria del giudizio principale), soggetta a notificazione e a gravame (impugnazione), era di due specie: quella che si faceva subire allimputato per strappargli la confessione, o il nome dei suoi eventuali complici, chiamata in caput proprium; e quella che si applicava ai testi per ottenere la verità quando i giudici ritenevano che essi celassero il vero o fossero reticenti. Nellapplicazione di tale ultima tortura, detta in caput alienum, il teste veniva a sua volta considerato come un reo. Lapplicazione dei tormenti era tassativamente vietata per i bambini e per le donne incinte; altrimenti poteva infliggersi indistintamente a chiunque, ricco o povero, chierico o laico, giovane o vecchio che fosse. E tuttavia provato da alcune sentenze dellepoca che in alcuni casi gli inquisitori la applicarono 30 anche ai bambini, quando ritenessero che i loro corpi erano posseduti dal demonio. In due di queste sentenze il reo torturato nel primo caso un bimbo di otto anni, nel secondo di tredici - la descrizione delle presunte influenze diaboliche lascia pensare semplicemente a problemi psichici gravi, oppure ad attacchi di epilessia. Un uomo di buona reputazione era torturabile se militavano a suo carico appena due indices vehementer, ossia due indizi gravi, come per esempio la testimonianza di una persona credibile e un tentativo di fuga, oppure laffermazione di due testi. Per un uomo di cattiva fama era sufficiente che un solo teste attendibile deponesse contro di lui. Allimputato poteva anche applicarsi nel caso di sue risposte palesemente contraddittorie. Le tipologie di supplizio fino allepoca di Garibaldi Le regole sopra evidenziate rimasero pressoché invariate, vigendo in Italia fino al 1861, anno in cui, attuata lUnità nazionale, il monarca pretese che lattività dei tribunali ecclesiastici cessasse per la maggior parte del contenzioso criminale, lasciando in vita le sole cause già pendenti in quella data, oltre che, evidentemente, le cause per i delitti commessi dai chierici in violazione delle norme di diritto penale canonico. Evidentemente anche il Tribunale dellInquisizione venne a cessare le sue funzioni, in ordine al delitto di eresia, ma rimase concretamente operante fino ad esaurimento dei processi pendenti; la sua azione, tuttavia, non conservò la propria individualità, confondendosi con lazione dei tribunali ecclesiastici ordinari, diretti alla repressione di reati comuni. Successivamente, riacquistò la propria identità teologico-giuridica autonoma: fu rinominato Sacra Congregazione del Sant'Uffizio il 29 giugno 1908 da Papa Pio X, ma perse definitivamente il potere di applicare pene corporali, rimanendo fermo il suo diritto esclusivo di irrogare pene spirituali per tutti i delitti contro i dogmi e la morale. Il 7 dicembre 1965 Papa Paolo VI ne cambiò, ancora una volta, il nome in Congregazione per la dottrina della fede. Rimangono comunque famose alcune sentenze dellepoca di Garibaldi, che sancirono la condanna, da parte dei tribunali ecclesiastici, di criminali comuni e politici, prima torturati e poi messi a morte. Sotto il Pontefice Pio IX (1846-1878) - definito metro cubo di sterco dallo stesso Garibaldi - furono infatti torturati e decapitati, ad esempio, Romolo Salvatori (10 settembre 1851) per aver consegnato ai garibaldini larciprete di Anagni; Gustavo Paolo Rambelli, Gustavo Marloni e Ignazio Mancini, per aver ucciso tre preti (24 gennaio 1854); Antonio De Felici, per aver attentato al Cardinale Antonelli (24 gennaio 1854). Le torture applicate a questi condannati, a tenore delle sentenze che le comminarono, erano assai varie e comprendevano tutte le varianti suggerite dalla raffinata crudeltà dellepoca medievale, ancora viva e operativa fino a tutto il secolo XIX, così come invariata rimasero la procedura e la prassi giudiziale utilizzate per i rituali di tortura. Si usava generalmente la questione (quaestio: interrogatorio) dellacqua, la questione del fuoco, la strappata, la ruota, il cavalletto, gli stivaletti. Per la questione dellacqua, ad esempio, applicata al condannato Romolo Salvatori, si faceva inghiottire allaccusato una gran quantità di acqua a mezzo di un imbuto (cinque litri per la questione ordinaria, dieci per quella straordinaria), sottoponendo poi il ventre smisuratamente gonfio a forti pressioni. Per la questione del fuoco, applicata al condannato Gustavo Paolo Rambelli, si spalmavano le piante dei piedi del suppliziando con del grasso, avvicinandole poi sempre più a un braciere acceso, e tormentandolo contemporaneamente in varie parti del corpo con tenaglie roventi. La strappata, applicata ai condannati Gustavo Marloni ed Ignazio Mancini, si eseguiva legando il paziente a una corda per le braccia rovesciate sul dorso, e alzandolo poi per mezzo di una puleggia. Dopo averlo tenuto per un po di tempo sospeso, lo si lasciava piombare con violenza fino a pochi centimetri da terra, arrestando quindi di colpo la sua caduta, in modo da slogargli tutte le giunture. Il supplizio poteva essere aggravato, legando dei pesi ai piedi della vittima. Lo stivaletto, infine, applicato al condannato Antonio De Felici, era costituito da quattro tavole legate, due internamente e due esternamente alle gambe del paziente. Dei cunei (quattro per la questione ordinaria e otto per quella straordinaria) erano posti fra le tavole interne e affondati a colpi di mazza. In caso di invincibile ostinazione il condannato sperimentava uno a uno i vari strumenti che gli venivano presentati e poi, previa la solita rituale esortazione a confessare, applicati. Ciò si verificò - nellambito dei processi sopra citati - nel caso del condannato Gustavo Paolo Rambelli. Quando il torturato dichiarava finalmente di avere desiderio di parlare si sospendeva loperazione e il boia lo conduceva in una stanza attigua, dove le sue confessioni venivano raccolte dal cancelliere ad tormenta. Ogni confessione, strappata con la tortura, doveva però essere confermata in seguito, generalmente alcuni giorni dopo, con giuramento, non potendosi ritenere valido mezzo di prova le sole ammissioni estorte con il supplizio. Nel processo verbale che si redigeva in tale occasione, si dichiarava che la confessione era stata resa spontaneamente e senza luso di violenza. In genere, il timore di essere nuovamente torturato e la menomazione psicologica provocata dal supplizio faceva sì che le deposizioni fossero confermate. Tuttavia, se limputato sottoposto a tormenti aveva confessato il suo delitto, e poi ritrattava la confessione, veniva accusato di spergiuro o di mendacio e punito per tali ultimi crimini, per i quali era contemplata la pena di morte. Tra i menzionati orribili tormenti - contemplati già nel diritto canonico medievale - morirono, dunque, i cinque patrioti garibaldini sopra menzionati, che nessunaltra colpa ebbero se non quella di seguire fino in fondo, e senza compromessi, il richiamo della propria libertà di coscienza contro le perverse limitazioni imposte dallarbitrio del potere ecclesiastico. P.26: Lesecuzione, I. Repin, olio su tela, 1888, Hermitage, San Pietroburgo; p.27 e 30: Auschwitz; p.28: La tortura degli ebrei, P. della Francesca; p.29: Tortura, fotografia, collez. priv; p.31: Il martirio di santIppolito (part), olio su tavola, Museo della Cattedrale, Bruges; (foto p.27 e 30: P. Del Freo) 31 32 M olto clamore ha avuto la recente decisione del Consiglio di Stato che ha respinto l'istanza di togliere il Crocifisso dalle aule scolastiche1. Ciò non desta stupore, visto che è lo stesso concetto di laicità dello Stato che viene messo in discussione. E' d'obbligo quindi tentare di capire a fondo le argomentazioni. Proveremo: 1) a compredere la sentenza, 2)a confutare quello che si ritiene errato, ed infine, 3)a valorizzare le parti che, invece, devono essere difese. Brevi cenni sulla sentenza Questa è la vicenda: una cittadina finlandese ha chiesto al Consiglio di Istituto della scuola media di Abano Terme, frequentata dai figli, la rimozione di tutte le immagini e i simboli di carattere religioso negli ambienti scolastici, in ossequio al principio di laicità dello Stato. Il consiglio di istituto ha respinto la sua domanda. Contro tale decisione è stato fatto ricorso al TAR, il quale in primo luogo ha sollevato l'eccezione di incostituzionalità delle norme impugnate. Tuttavia2 la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di incostituzionalità, in quanto concernente norme regolamentari e non norme di Legge. Se tale pronunzia può sembrare pilatesca - ancorché assolutamente legittima - giova tuttavia rilevare, come la Suprema Corte fosse già intervenuta sul tema della laicità dello Stato in termini chiari e decisi, oltreché laici. Riesaminato il caso, dopo il responso della Corte, il TAR ha respinto la domanda, ed infine anche la VI sezione del Consiglio di Stato, ha respinto e definitivamente chiuso la questione con la Decisione che stiamo esaminando. Tre erano i motivi sui quali veniva basata la richiesta di togliere il crocifisso: a) abrogazione dell'art 118 R.D. 965/1924 per la cancellazione della norma che ne costituiva il fondamento, cioè l'art. 1 dello Statuto Albertino. b) violazione del principio di laicità dello Stato3; c) violazione del principio di imparzialità della Amministrazione4; Veniamo al primo punto, relativo allo Statuto Albertino. Veniva sostenuta la abrogazione implicita della norma dell'art. 118r.d. 1924 n.965, non essendo essa stata "riprodotta" dal t.u. del 1994, disciplinante l'intera materia, ma soprattutto essendo venuto meno il principio di confessionalità, sancito dall'art. 1 dello Statuto Albertino, che ne rappresentava il fondamento. Infatti tale norma statutaria non è stata ripresa dalla legge n. 121/1985 di attuazione dell'accordo di Villa Madama (il nuovo Concordato). Si impone quindi una considerazione di carattere storico. Scrive a tal fine il C.d.S.: "è vero infatti che nel 1924, allorché la norma fu emanata vigeva in Italia lo Statuto Albertino, il cui art. 1 proclamava la religione cattolica, apostolica e romana come "la sola religione dello Stato" (gli altri culti essendo tollerati conformemente alle leggi); ma è altrettanto vero che tale norma non impedì minimamente al legislatore, nel corso di vari decenni, di adottare in mol- teplici settori della vita dello Stato una normativa contraria agli interessi della confessione cattolica, ed in dottrina ad alcuni autori, anche assai qualificati, di ascrivere la Chiesa cattolica fra le associazioni illecite. Peraltro, con riferimento allo Stato odierno, sorto dalla Costituzione repubblicana, ed ormai non più confessionale, ove però quelle discriminazioni non potrebbero aversi)". In effetti è vero che sotto la vigenza dello Statuto Albertino, lo Stato risorgimentale -pur confessionale- sapeva essere tutt'altro che ossequiente verso la Chiesa cattolica, bastino tra i tanti due esempi: Il ministro Rattazzi5, presentando la sua 33 legge che prevedeva pene speciali per i ministri del culto che in tale loro qualità censurassero le leggi e le istituzioni dello Stato, scriveva nella la Relazione "[quando essi] abusando del loro ministero, cercano di rivolgere la morale da loro influenzata a danno della civile società, censurando le istituzioni e le leggi dello Stato [...] allora ragion vuole che i loro conati siano giustamente repressi" [è lecito domandarsi cosa sarebbe successo se questa legge fosse stata in vigore in occasione dei referendum su staminali e procreazione assistita. Oppure sui DICO, eutanasia e quant'altro]. Tornando allo Stato risorgimentale, la legge sui conventi di poco successiva a Rattazzi, prevedeva la soppressione di tutte le corporazioni religiose esistenti nel regno, ed i beni di tali enti sarebbero passati sotto l'amministrazione del demanio dello stato. Si rilevi che, oltre la oggettiva spoliazione di beni, vi era assai di più: infatti riconoscendo a sé medesimo il diritto di sopprimere le corporazioni religiose, il governo di Torino invocava l'assoluta sovranità del potere civile nelle cose temporali. Corre- 34 lativamente era sancito il principio del carattere "artificiale" e non originario delle corporazioni ecclesiastiche: esse infatti erano poste in essere dalla legge civile e da essa revocabili, con buona pace dell'art. 1 dello Statuto. E' appena il caso di rilevare che tale principio era assolutamente inaccettabile da parte di chi nella Chiesa cattolica scorgeva una comunità originaria fondata sul diritto naturale e dunque antecedente ad ogni riconoscimento civile. A distanza di qualche decennio vi era ancora un senso dello Stato (e quindi della sua intrinseca laicità), che forse successivamente è andato in gran parte perduto. Scriveva infatti, nel 1904 Giovanni Giolitti: "Guai alla Chiesa il giorno che volesse invadere i poteri dello Stato! Libertà per tutti entro i limiti della legge: questo è il nostro programma. E come lo applichiamo a tutti i partiti che sono fuori della costituzione da un estremo, così lo applichiamo a quelli che sono fuori dall'altra parte ...in quanto a religione il governo è puramente e semplicemente incompetente. Non ha nulla da fare, nulla da vedere: lascia libertà assoluta ai cittadini di fare ciò che credono finché stanno entro i limiti della legge. Ma non credo sia nelle attribuzioni del Governo né di sostenere né di combattere alcun Principio religioso". Ed ancora, successivamente: "Ora l'italiano considera tanto il clericale quanto l'anticlericale come nemici della sua pace, nemici del paese. L'italiano non vuole persecuzioni, ha una civiltà troppo antica per non essere tollerante. Io capisco che il partito socialista si sia posto principalmente contro la Chiesa. E' una chiesa contro un'altra. Il partito socialista ha i concili ecumenici, in cui proclama il dogma, ed i conclavi in cui nomina le alte cariche sociali. Ha i suoi missionari, il grande inquisitore e la scomunica. E che la scomunica esista lo sa, purtroppo l'onorevole Bissolati, che ne è stato colpito. ...Al di sopra poi dei clericali, degli anticlericali e dei liberali vi è lo Stato, cioè l'autorità suprema in tutti i rapporti della vita politica e della vita civile, perché nessuna autorità può stare al di sopra dello Stato. Questo è il fondamento del nostro diritto pubblico...". Laicità Veniamo al tema portante della sentenza: la LAICITÀ, che l'iter dell'esame pone in stretta relazione con il SIMBOLO. Scrive infatti il C.di S. che il problema della presenza del crocifisso tra gli arredi scolastici va affrontata attraverso la verifica della compatibilità delle norme di legge che la prevedono, con i principi oggi ispiranti l'ordinamento costituzionale dello Stato, "ed in particolare con il principio di laicità". Cito testualmente: "Al riguardo, più volte la Corte costituzionale ha riconosciuto nella laicità un principio supremo del nostro ordinamento costituzionale, idoneo a risolvere talune questioni di legittimità costituzionale". Devono infatti essere ricordate tra le tante pronunce, quelle riguardanti norme sullobbligatorietà dellinsegnamento religioso nella scuola, o sulla competenza giurisdizionale per le cause concernenti la validità del vincolo matrimoniale contratto canonicamente e trascritto nei registri dello stato civile. "Deve tuttavia essere ricordato che il principio della laicità non è espressamente citato nella nostra Carta fondamentale; ma esso si può evincere dalle norme fondamentali del nostro ordinamento. E la Corte Costituzionale lo trae specificamente dagli artt.2,3,7,8,19 e 20 della Costituzione". Il C.di S. rileva che la parola "laicità" indica in forma abbreviata profili significativi di quanto disposto dalle anzidette norme, e quindi tale termine altro non è che l'espressione che individua le "condizioni di uso" secondo le quali esso va inteso ed opera. "D'altra parte -scrive il C.di S.- senza l'individuazione di tali specifiche condizioni d'uso, il principio di "laicità" resterebbe confinato nelle dispute ideologiche e sarebbe difficilmente utilizzabile in sede giuridica. Ne deriva che la laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione fra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti nel tempo e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all'interno di una medesima "civiltà", è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione". Fatta questa premessa (la laicità non è uno schema astratto ma è l'attuazione di norme definite) viene esaminato il problema della legittimità della esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche verificando se questa sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, che danno forma e sostanza al principio di "laicità" dello Stato italiano. Simbolo Direi che tra le tante definizioni di laicità che si possono dare, quella esposta dal C.d.S. sia ampiamente condivisibile. Altre obiezioni si possono fare nella successiva attuazione pratica del concetto: quando entra nel merito del significato del Crocifisso. Scrive il C.d.S.: "È evidente che il Crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto". Ricordiamo per inciso che "il termine greco symbolon vuol dire "accostamento", "segno di riconoscimento". Deriva dal greco symbàllo "mettere insieme", "fare coincidere" "Oggi il termine indica qualsiasi cosa (segno, gesto, oggetto, persona), la cui percezione valga a suscitare nella mente una idea diversa da quello che è il suo più immediato aspetto sensibile. E' dunque spesso l'equivalente di segno; ma nell'uso comune immediatamente interpretabile, qualche cosa di più solenne, che rinvia a una realtà più importante e remota6". Nel senso più esatto il simbolo religioso dovrebbe essere, come "segno di riconoscimento", una cosa semplice che indicasse o ricordasse qualcosa di più complesso, ma ovviamente sottinteso. Fatta questa premessa, così prosegue la sentenza: "In un luogo di culto il Crocifisso è propriamente ed esclusivamente un "simbolo religioso", in quanto mira a sollecitare l'adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana. In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all'educazione dei giovani, il Crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile". Quindi, sostiene il C.d.S. essendo il Crocifisso memoria e rappresentazione dei più alti valori civili (tolleranza, giustizia ecc.) "potrà svolgere, anche in un orizzonte 'laico', diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni". Questo è il punto centrale, ed ancora citiamo testualmente: "Ora è evidente che in Italia, il Crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i 'Principi fondamentali' e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano". Il fatto poi che questi valori e queste 35 tradizioni abbiano una origine religiosa non mette in discussione, anzi semmai ribadisce, l'autonomia dell'ordine temporale rispetto all'ordine spirituale: si tratta infatti del contesto culturale fatto proprio e manifestato dall'ordinamento fondamentale dello Stato italiano, cioè recepito nella Carta fondamentale. Essi, pertanto, andranno vissuti nella società civile in modo autonomo (perché il recepimento nella Costituzione li fa divenire sostanzialmente originari e non derivati da altri insegnamenti o religioni) rispetto alla società religiosa, sicché possono essere "laicamente" sanciti per tutti, indipendentemente dall'appartenenza alla religione che li ha ispirati e propugnati. Se fino a questo punto si può concordare con il filo logico del C.d.S, la sua successiva affermazione desta molti e giustificati dubbi: "nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, 36 più di esso, a farlo; e l'appellante del resto auspica (e rivendica) una parete bianca, la sola che alla stessa appare particolarmente consona con il valore della laicità dello Stato". Tuttavia, questo è il vulnus del ragionamento, indicando solo due soluzioni il Giudice sostiene la più verosimile senza approfondimento alcuno. Nella scuola si formano le giovani generazioni, perché non deve essere esposto un simbolo che ricordi i valori fondanti di libertà, eguaglianza e rispetto che connotano la nostra civiltà? Perché pretendere che lo Stato e i suoi organi si astengano dal fare ricorso agli strumenti educativi considerati più efficaci per esprimere i valori su cui lo Stato stesso si fonda? Perché non affermare i valori espressi dalla Costituzione sottolineandone il loro alto significato? Ma il Crocifisso riporta ai valori della Costituzione o è più semplicemente il simbolo di una religione? Questo è il punto fonda- mentale per un dibattito politico e culturale nel quale è lecito far sentire la propria voce. E' indubbio che il valore o l'interpretazione di un simbolo possa cambiare con il tempo. Il fascio littorio anticamente rappresentava l'autorità del Console romano, ed in definitiva di Roma stessa, mentre oggi il fascio rimanda puramente e semplicemente al fascismo. Ma come cambia l'accezione comune del valore e del significato di un simbolo? Vengono alla mente le tre regole della comunicazione per Platone: comprendere il problema, comprendere l'uditorio, spiegare il problema rettamente inteso in relazione all'uditorio. Ciò posto, appare assai affrettato il mutamento dei termini e di interpretazione operato dal C.d.S. è infatti lecito chiedersi se un bambino delle elementari vedendo il Crocifisso pensi al "luogo ove è posto", o se assai semplicemente, associ ciò che vede dietro alla cattedra con il Crocifisso che vede normalmente nelle chiese. Ma soprattutto è lecito chiedersi quale alunno, durante l'ora di insegnamento delle religione cattolica, scorga qualche differenza tra il Crocifisso che porta al collo il prete che insegna e quello affisso sulla parete. In conclusione: i simboli possono cambiare senza dubbio significato, o può cambiare la loro comprensione nel tempo, ma non è con un tratto di penna che ciò avviene. Il C.d.S. ritiene (a nostro avviso giustamente) che debba esservi un simbolo che riporti e trasmetta i valori fondanti della nostra civiltà; tuttavia se il Crocifisso in sé è senza dubbio espressione di una sola religione soprattutto in Italia, quali possono essere i simboli che potrebbero meglio rappresentare una giusta esigenza? Il pensiero politicamente corretto vorrebbe senza dubbio una parete nuda per non rischiare di offendere qualcuno o che altri sia "tagliato fuori". Ma in subordine, anche altri elementi rappresentativi del pensiero occidentale possono essere proposti: la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino che come tutti sanno proclama come riassunto e compendio della Rivoluzione francese Libertà Uguaglianza Fratellanza (assieme al Codice napoleonico queste sono le basi della nostra civiltà). O anche la Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell'Uomo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Certo è che nessuno di questi due possiede la valenza, il significato e la profondità simbolica di quello che può essere l'unico simbolo efficacemente esposto: la croce. Infatti il momento culminante della rivelazione biblica è la resurrezione (Paolo "Se cristo non è risorto, vana è la nostra fede"). Il Crocifisso per così dire "fotografa" una situazione precedente la Resurrezione: Cristo in croce. Ma il messaggio della salvezza è successivo alla semplice esecuzione di un condannato: è la Resurrezione e l'ascesa al cielo. Non il Crocifisso, ma la croce è in realtà l'unico simbolo unificante. Peraltro la croce è il più universale tra i simboli elementari, non solo in ambito cristiano. Già prima del cristianesimo essa era colma di significati (essere umano stilizzato, viandante che raggiunge la meta: forma umana stilizzata). Rappresenta anche l'orientamento nello spazio, il punto d'intersezione tra le linee alto-basso e destra-sinistra, è l'unificazione di molti sistemi dualistici sotto forma di una totalità, che corrisponde alla forma umana con le braccia aperte. Anche il paradiso biblico, con i quattro fiumi che da esso hanno origine, fu rappresentato in questa forma. In conclusione, il C.d.S. è sicuramente nel giusto quando individua un elemento simbolico che dia continuità ai valori fondanti della nostra società nell'insegnamento agli studenti, ma forse erra avocando a sé la diversa interpretazione di un simbolo strettissimamente connesso dalla popolazione italiana ad una ben specifica Chiesa. Tuttavia apre un dibattito che non deve essere ignorato. Sia per dare la diversa interpretazione del Crocifisso, ove ciò sia possibile, o per sostituirlo con altro e più riconosciuto simbolo. Dibattito che può essere portato (e perchè no?) anche in sede legislativa. ________________ Note 1 Decisione n.556 del 13 febbraio 2006 Con ordinanza del 13 dicembre 2004, n.389 3 Artt.3 e 19 della Costituzione, art.9 della Convenzione dei diritti dell'uomo resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, 848. 4 Art.97 della Costituzione 5 1854, governo Cavour 6 Dizionario Enciclopedico Treccani 2 P.32: Corpus Hypercubus, Salvator Dalì, olio su tela, 1954, Metropolitan Museum of Art, New York; p.33: Il sole di mezzanotte, fotografia, coll. priv; p.34: Mano decorata con henné, Punjab, India (foto P.Del Freo); p.35: Un ripetitore di Radio Vaticana; p.36: Antartide, coll. priv; p.37: Il Cristo giallo, Paul Gauguin, 1889, olio su tela, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo. 37 38 L a prospettiva di questo mio intervento non è storica e non ha neppure finalità valutative. Fra gli scritti di carattere storico sulla Massoneria indico in lingua italiana quelli di Aldo A. Mola, di L. Pruneti, di G. Giarrizzo e di G. M. Cazzaniga. Per quanto riguarda i giudizi di valore sulloperato di essa, su ciò di cui può andare legittimamente fiera e sulle polemiche più o meno giustificate che ha suscitato, lascio la cosa alle valutazioni personali, tanto più legittime quanto più seriamente meditate. Il mio intento è altro. Vorrei prendere in considerazione quegli elementi costituenti la visione delluomo e della società che dal 700 a oggi sincontra nella Massoneria e inoltrarmi brevemente nel nostro presentefuturo globalizzante e globalizzato, per capire quale contributo essa possa ancora dare alla convivenza e allo sviluppo individuale. Nel passaggio dalla Massoneria operativa a quella speculativa e contemplativa cè lassunzione di quel ricco patrimonio di idee di razionalità e tolleranza che, nate nellInghilterra del 600, si svilupperanno nel secolo successivo anche nellIlluminismo francese. La cassa di risonanza di una visione delluomo che progressivamente si libera dalla superstizione e dal fanatismo è lEnciclopedia o Dizionario Ragionato delle Arti e dei Mestieri, alla cui realizzazione lavorarono, oltre allinstancabile Diderot, anche altri massoni, o vicini alle idee massoniche, come DAlembert, Helvetius, Lalande, Voltaire e Condorcet. E in questo periodo che viene elaborata una visione delluomo e della società che vale in larga misura anche oggi nella Massoneria. Sostanzialmente, e facendo riferimento alla prolusione del 1737 dello scozzese Ramsey alla Gran Loggia di Parigi, la Massoneria persegue il fine dellunità di tutti gli uomini di spirito illuminato e solida morale grazie ai nobili principi della Virtù, della Scienza e della Religione. Da essi si apprende ad amarsi universalmente senza per questo rinunciare allamor di patria, anzi presupponendolo - e simpara a sposare gli interessi della Fratellanza con quelli dellintero genere umano. I pilastri civili della tolleranza fra gli uomini e del rischiaramento progressivo della mente con il duro lavoro della conoscenza, lemancipazione dellumanità dal servaggio dellignoranza e delloppressione sociale, divengono da allora in poi ineliminabili riferimenti per i massoni e scandiscono il ritmo del loro perfezionamento individuale. Uscire da quella colpevole condizione di minorità - come Kant dirà nel suo scritto del 1784, Risposta alla domanda: Che cosè lilluminismo? - in cui luomo è venuto a trovarsi, avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza, non sarà soltanto il compito del miglior Illuminismo, ma già era e continua ad essere limpegno della Massoneria più consapevole. Volendo approfondire la visione delluomo che la Massoneria contribuisce a sviluppare ci si dovrà concentrare sul principio del cosmpolitismo e sulla concezione dellindividuo. Dalla tradizione e dallIlluminismo inglese, la Massoneria prende e fortifica la concezione dellindividuo come un ente, per così dire, incomprimibile e inviolabile da qualsiasi autorità esterna. Non si può far violenza al foro interno; neppure ciò che eventualmente fosse buono, giusto e vero può essere imposto ad alcuno con la forza, soltanto il convincimento e la persuasione sono canali legittimi del passaggio di un contenuto morale o di verità da un uomo allaltro. Inoltre, in linea di principio gli uomini tutti costituiscono una unica ecumene e lo scopo della fratellanza è lavorare alla realizzazione effettiva di questo principio. Inizia qui a delinearsi quella dimensione cosmopolita che verrà sempre più caratterizzando la Massoneria e che agli inizi dell800, Fichte così condenserà: lamor di patria è la sua impresa [della Massoneria], il cosmopolitismo il suo principio. Che riguardo alla condizione della Germania dellepoca Fichte 39 pensasse allamor di patria come unimpresa di cui la Massoneria dovesse farsi carico non meraviglia, ma quel che è veramente importante è che, in questo contesto, egli dichiari il cosmopolitismo il principio della Massoneria. Fichte è stato un filosofo e quindi sapeva bene il valore delle parole e che cosa implicasse fare del cosmopolitismo il principio della Massoneria. Il principio per un filosofo non indica soltanto la dimensione temporale di ciò che sta allinizio o ciò che per me vale e rispetto a cui non sono disposto a deroghe, ma indica soprattutto ciò che regge qualcosa, ciò che ne è la ragion dessere. Inoltre, nel linguaggio filosofico di Fichte principio equivale spesso anche a fine. In altre parole, la Massoneria non avrebbe senso se non fosse cosmopolita, se il suo fine terreno non fosse lumanità intera. E questo che in sostanza Fichte vuol dire. Prima di Fichte noi incontriamo però altri pensatori che su questi temi si sono impegnati a fondo. Su alcuni di loro vale la pena di sostare per avere le idee un po più chiare sul variegato, per molti aspetti, e, per 40 altri, abbastanza unitario, arcipelago della Massoneria. Voglio brevemente soffermarmi, innanzitutto, su colui che L. Mittner ha chiamato lanima più virile del Settecento tedesco; campione risoluto, intransigente, eroico della verità, vale a dire Gottlob Ephraim Lessing. Anche se massone praticante per breve tempo, Lessing - come del resto anche Fichte - non venne mai meno ai principi dellIstituzione. In Ernst e Falk, oltre allinvito ad agire per una società giusta, cè la riflessione sul non scambiare per giusto e buono ciò che tale è ritenuto nel luogo in cui siamo nati e cresciuti. Nel capolavoro Nathan il saggio (1779) Lessing reputa frutto di mentalità meschina le barriere nazionali, confessionali e sociali; ma, forse, il tema che ha maggiore importanza per largomento che stiamo affrontando è la recisa affermazione che luomo si giudica dal comportamento e dalla schiettezza del carattere e non da ciò che dice o professa. E del tutto evidente qui la volontà di superare le contingenze occasionali e ambientali che ci fanno credere qualcosa piuttosto che qualcosaltro per andare alla radice della pianta umana e cogliervi gli elementi fondamentali di unione e di reciproco riconoscimento. Cè insomma, in questa posizione di Lessing il rivolgersi allintenzione e alla volontà profonda che costituisce ogni individuo, di là da quegli elementi culturali che lo antecedono e in cui si è dovuto formare. Solo ciò che è in potere delluomo lo caratterizza veramente: la sua volontà di bene e lintenzionalità di fondo in cui si inserisce e acquista davvero senso ciò che egli crede. E chiaro allora in che modo Lessing abbia elaborato quella intangibilità dellindividuo di cui sopra si diceva e come egli sia uno degli artefici di un orizzonte cosmopolita del penare e dellagire. Anche il suo contemporaneo Herder insisterà sul tema, quando inviterà la Massoneria, società visibile invisibile, a ritornare sul terreno della ragione e a non seguire riti e fantasticherie remote o del tutto inventate. Dovranno essere, per Herder, le tre luci: Filosofia, Poesia e Storia a formare quel triangolo sacro che brilla su una società cosmopolita, il cui motore deve essere lidea umanitaria. Ritornando ora a Fichte, è importante sottolineare che per lui la Massoneria non è fine a se stessa, ma tende alla generale elevazione del grado di formazione delluomo. Lobiettivo che Fichte pone alla Massoneria è quello di unumanità finalmente giunta ad essere una comunità puramente morale, consolidata in uno Stato di diritto, in cui lessenza razionale delluomo domini sugli elementi irrazionali che pur lo compongono. In Goethe troviamo una ricca presenza di quel corredo di convinzioni e tensioni che caratterizzano la Massoneria di fine Settecento e inizio Ottocento e che sono fondamentali per venire in chiaro sulla visione della vita che essa come Istituzione ha proposto. Dico a ragion veduta come Istituzione perché è noto che la Massoneria non impone a nessun aderente uno specifico credo. Tuttavia, se ci rivolgiamo allordinamento, ai rituali e alle opere specificamente massoniche, credo che sia legittimo parlare di una visione della vita massonica. E in Goethe, dicevo, noi ne cogliamo molti tratti caratteristici e direi persino la fisionomia che per molto tempo lha individuata. Nella poesia Symbolum Goethe identifica il vagare del massone al travaglio stesso del vivere, e invita, pur col poco discernimento che ci è dato del futuro, a vivere coraggiosamente e in modo operoso1. Nel Wilhelm Meister troviamo detto che qualsiasi cosa riesca ad afferrare o a maneggiare luomo, al singolo non basterà mai. La società sarà sempre il bisogno più grande per un uomo di valore. Tutte le persone capaci devono mantenere dei contatti tra di loro, così come in un cantiere il committente va in cerca dellarchitetto e questi del muratore e del carpentiere. In altri versi, dove saluta i Fratelli, Goethe, nel mentre che fa esplicito riferimento al segreto massonico, proclama la realtà silenziosa e operante del Tempio fra gli uomini2. Sono presenti in questi riferimenti goethiani alcuni elementi del pensare e credere massonicamente: loperare in silenzio e senza sosta per il miglioramento proprio e della società; lidea di una catena di uomini i cui singoli, ovunque si trovino, si raccordano fraternamente nel pensiero e nellazione; la segretezza: non come elemento di nascondimento, ma in ragione della consapevolezza che soltanto chi ha deciso di fare lo stesso percorso è in grado di comprendere e non fraintendere; limmagine del mondo come grande cantiere di lavoro per il massone; infine, lanelito a una crescita conoscitiva costante, la vita, intesa come personale ricerca della verità che è vera soltanto se laboriosa e indefessa conquista. Al riguardo, possiamo tornare a Lessing perché nessuno ha esposto tanto chiaramente questa posizione. Se Dio tenesse nella sua destra ogni verità e nella sua sinistra lunica e sempre mobile aspirazione alla verità, sia pur con laggiunta di sbagliare sempre e in eterno, e mi dicesse: scegli, io mi getterei umilmente in ginocchio alla sua sinistra e direi: Padre, dammi questa! La verità pura è riservata a Te soltanto! Vale la pena spendere ancora qualche parola su questa concezione della verità come ricerca e non come elargizione da parte di Dio o di qualunque altro. Cè al fondo del pensiero di Lessing, di Goethe, di Fichte, e in generale della Massoneria, lassunzione che luomo si fa nel suo scegliere e operare, che si diviene uomini mediante il proprio fare volere sentire, mediante la giusta misura del proprio raggio dazione, che si deve sì ampliare costantemente, ma in ragione di una vigile consapevolezza, costantemente informante lazione e scaturente dallazione. È, appunto, limmagine del mondo come cantiere e come spazio che deve diventare luogo individuato, dimora, che agisce qui; e solo nellesercizio dellarte e degli utensili da costruzione che, nel mentre che vengono usati, commisurano allOpera, luomo misura e si misura, si fa facendo la società in cui si fa. Infine, la consapevolezza che, come ben nota Lessing, pur cercando sinceramen- te, si potrebbe però errare in eterno, è il fondamento della tolleranza massonica. Tolleranza che, diversamente da quella politico-sociale non è concedere alla diversità di essere, ma elemento costituente lo stare insieme degli uomini, poiché verità e giusta opinione potrebbero essermi sempre sfuggite, anche se sempre sinceramente cercate, e ogni altro potrebbe essere, in linea di principio, un potenziale suggeritore di un miglior comportamento e di unopinione più fondata. *** Una visione del mondo che ha questi elementi costituitivi quali contributi può dare a un tempo di globalizzazione? Quale utilità possono avere uomini che ad essa si ispirano, là dove sono in atto epocali cambiamenti e processi come lunificazione del mercato, la perdita di alcune caratteristiche e prerogative degli Stati nazionali, la rinnovata importanza e richiesta di modificazione degli organismi sovranazionali e la mondializzazione di alcuni problemi, come linquinamento del pianeta, la tutela dei patrimoni dellumanità, leventuale convergenza sui diritti umani? E fondamentale, per capire le possibilità presenti e future della Massoneria, non soltanto familiarizzarsi con la visione della vita in essa diffusa, ma anche 41 - per così dire - con la mente massonica, o per lo meno con ciò che leggendo i testi massonici ogni studioso, quale io sono in questo momento, può venire a saperne. Credo che si debba dire, per ridurre allosso largomento, che la mente di chi si confronta con il patrimonio culturale e spirituale massonico, sia una mente educata a coagire con il simbolo. Ora, pensare simbolicamente non è affatto una caratteristica del pensiero arcaico, che verrebbe superata dallo sviluppo del pensiero razionale, ma è invece una dimensione della mente umana, così come da tanto tempo la conosciamo. Si potrebbe facilmente mostrare quanto ci sia di metaforico, analogico, simbolico anche nel linguaggio scientifico (pensiamo ad espressioni come buchi neri, stringhe, etc.), ma è decisivo dire che noi rispondiamo alla domanda di senso del mondo sempre anche in una dimensione simbolica. Poiché, come potrebbe la pura logicità dare risposte a quella domanda, se essa invoca - e non può non farlo, altrimenti sarebbe una pura descrizione del mondo e non una donazione di senso al mondo - qualcosa che del mondo non si vede e non si tocca? Il senso del mondo, infatti, non è il mondo! D'altronde anche larte, per non parlare della religione, hanno la loro specificità di senso e valore nella dimensione simbolica. E dunque evidente che una simbolicità ricca, coagente con le procedure logiche, permette di vivere una vita dagli orizzonti più vasti e dalla trama più densa. Una cultura che abbia una simbolica piatta e uniforme, limita le possibilità del farsi umano. Inoltre, nelle relazioni personali, la comprensione della simbolica della mente altrui genera una 42 coordinazione simpatetica con laltro, che è decisiva per la capacità di ascolto, senza cui nessuna procedura logica può mostrare la sua cogenza. Di fatto, il simbolo non è una verità statica o imposta, ma il riferimento per un processo di comprensione operante in cui il capire si commisura progressivamente con ciò che cè da capire. Di più, il simbolo mentre lascia sussistere le diversità interpretative secondo il grado di sviluppo individuale, indica al contempo lulteriore cammino da fare in vista di una interpretazione unificante. Non cè, forse, niente di più efficace nel processo di interculturalizzazione, oggi tanto invocato e necessario, che la comprensione delle e lazione sulle diversità simboliche, per mettere davvero in dialogo le differenze etniche e culturali che devono convivere. I chiarimenti logici arrivano in genere già sempre in ritardo e non possono comunque cambiare da soli la posizione di qualcuno, poiché il livello simbolico va più in profondità di quello logico-razionale. Ora, il ricco (come varietà e capacità produttiva di riflessione) patrimonio simbolico della Massoneria potrebbe divenire un canale importante per la comprensione delle differenze e per le strategie di convivenza. Una mente educata dallazione e allazione simbolica ha senzaltro una funzione importante nel duro e necessario dialogo fra le tradizioni e provenienze diverse che la globalizzazione impone. Tanto più se si considera che questo patrimonio simbolico non attinge a una tradizione soltanto, è diffuso fra gli uomini, e solo dallesterno può sembrare una composizione eclettica (come diceva Croce). Basta non avere pregiudiziali logiciste (superficiali quanto lo sono le specularmente opposte tradizioni esoteriste) per rendersi conto, anche come semplici studiosi ripeto, che il simbolismo massonico ha una soddisfacente coordinazione ed è capace di far crescere gradualmente chi vi si confronta. E vengo con questo discorso allultimo punto. Un simile percorso educa al pensare dubitando. Credo che nessun atteggiamento mentale sia oggi più proficuo di questo per resistere agli integralismi, ai fondamentalismi e alle certezze disperate che alimentano le teste unidimensionali e fanatiche. Proprio la prismaticità della mente umana educata ai percorsi dei simboli e il principio massonico del cosmopolitismo non freddo e non pigro (come Fichte avvertiva), possono risultare alimento prezioso per quel pensiero dubitante che apre davvero al confronto. Mi pare essere questo il contributo che la Massoneria può portare ai faticosi e difficili percorsi verso linterculturalità: rafforzare loperoso pensiero dubitante contro le certezze omicide e contro il passivo scetticismo suicida; poiché come diceva Leopardi, la nostra ragione, non può assolutamente trovare il vero se non dubitando; chella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e che non solo il dubbio giova a scoprire il vero [ ], ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita, sa, e sa il più che si possa sapere. ______________ Note 1Des Maurers Wandeln/Es gleicht dem Leben/Und sein Bestreben,/Es gleicht dem Handeln/Der Menschen auf Erden/Die Zukunft deckt/Schmerze und Glücke. / Schrittweis dem Blicke,/ Doch ungeschrecket/Dringen wir Vorwärts Il vagare del massone/alla vita è uguale,/ e il suo travaglio/ è uguale allagire/degli uomini sulla terra./Il futuro cela/dolori e gioie./Scarsa è la vista, ma procediamo/senza temere 2 Heil uns! Wir verbundne Brüder/Wissen doch, was keinen Weiß!/ Ja, sogar bekannte Lieder/ Hüllen sich ins unsern Kreis./ Niemand soll und wird es schauen,/ Was einander wir vertrant,/Denn auf Schweingen und Vertramen/ Ist der Tempel aufgebant. Salute a noi, fratelli uniti! Che sappiamo ciò che ad altri è ignoto/ Sì, persino i canti noti/ sono oscuri nella nostra cerchia./ Nessun deve e potrà vedere,/ quale fede fra noi ci lega, / poiché il Tempio è costruito/ sul silenzio e sulla fede. P.38: Scultura del Brunelleschi, piazza del Duomo, Firenze; p.39 e 40: Scatola appartenuta a G.Garibaldi, metallo, intarsi e lacca, collez. privata; p.41 e 42: Il giardino di Villa Francesca a Livorno; p.43: Interno di Villa Francesca a Livorno (foto p.38: P.Del Freo; rimanenti: P.Del Freo/Silvia Braschi) 43 L e Constitutions del 1723 e la diffusione europea della Massoneria Nel febbraio 1723 viene annunciata la pubblicazione dei nuovi ordinamenti massonici, sotto il titolo di The Constitutions of the Freemasons Containing the History, Charges, Regulations, etc., of that most Ancient and Right Worshipful Fraternity, for the Use of the Lodges. Dedicated to his Grace the Duke of Montagu the last Grand Master, by Order of his Grace the Duke of Wharton the present Grand Master, authorized by the Grand Lodge of Masters and Wardens at the Quarterly Communication. Order'd to be publish'd and recommended to the Brethren by the Grand Master and his Deputy. Printed in the Year of Masonry 5723; of our Lord 1723. [Le Costituzioni dei Liberi Muratori contenenti la Storia, i Doveri, i Regolamenti, ecc., di quella molto Antica e Onorevole Fraternità, per luso delle Logge. Dedicate a sua Grazia il Duca di Montagu ex Gran Maestro, per ordine di sua Grazia il Duca di Wharton, Gran Maestro attuale, autorizzate dalla Gran Loggia dei Maestri e Sorveglianti allAssemblea Trimestrale. Pubblicate dordine del Gran Maestro e del Suo Deputato e raccomandate ai Fratelli. Stampate nellAnno Massonico 5723; 1723 di Nostro Signore]. Gli ordinamenti sono articolati in: 1) History: il racconto delle origini; 2) Old Charges: i Doveri di un Libero Muratore estratti dagli antichi documenti di Logge doltremare, e di quelle di Inghilterra, Scozia e Irlanda, a uso delle Logge di Londra: da leggere quando si fanno nuovi Fratelli o quando il Maestro lo ordini. I Doveri sono fissati in 6 punti: I) Di Dio e Della Religione; II) Del Magistrato civile supremo e subordinato; III) Delle Logge; IV) Dei Maestri, dei Sorveglianti, Compagni e Apprendisti; V) Della condotta dellArte nel lavoro; VI) Del comportamento, ossia 1-nella Loggia allorché costituita / 2-dopo che la Loggia è chiusa e i Fratelli sono usciti / 3-quando i Fratelli si incontrano senza estranei, ma non in una Loggia / 4-in presenza di estranei non Massoni / 5-in casa e nelle vicinanze / 6-verso un Fratello sconosciuto; 3) General Regulations: i Regolamenti Generali compilati per primo nellanno 1720 da George Payne quandera Gran Maestro ed approvati nel giorno di San Giovanni Battista nellanno 1721. Sono qui definite le prerogative del Gran Maestro, dei Maestri [Venerabili], le modalità per lammissione di nuovi Fratelli, la composizione della Gran Loggia 44 e le sue competenze, le norme per lelezione e linsediamento del Gran Maestro, per un totale di 32 articoli; 4) Post scriptum sul modo di costituire una nuova Loggia, come praticato da Sua Grazia il Duca di Wharton, attuale Ill.mo Gran Maestro, secondo le antiche usanze dei Muratori; 5) Approbation: il decreto di solenne approvazione dellopera firmato dal Gran Maestro Filippo duca di Wharton, dal Deputato Gran Maestro Jean-Theophile Désaguliers, dai Grandi Sorveglianti Joshua Timson e William Hawkins, nonché da tutti i Maestri e Sorveglianti delle Logge particolari riuniti in assemblea. Lelenco dei firmatari indica in 20 le logge in quel momento allobbedienza della Comunione; 6) quattro Songs (canti), con testi e musiche, da intonare in diverse occasioni: - The Masters Song or, the History of Masonry (Canto del Maestro, ovvero La Storia della Massoneria) da cantarsi con coro quando il Maestro [Venerabile] lo autorizzi. Il canto è articolato in gruppi di strofe concluse da un versetto di ritornello (Chorus), dopo ciascuno dei quali è prescritto un brindisi, nellordine: I) al Gran Maestro in carica; II) al Maestro e ai Sorveglianti di Loggia; III) in ricordo di quanti hanno sempre diffuso lArte, IV) in ricordo di quanti hanno fatto rivivere lantico stile augusteo; - The Wardens Song or, an another of Masonry (Canto del Sorvegliante, ovvero unaltra Storia della Massoneria) da cantarsi e suonarsi alla Assemblea Trimestrale; - The Fellow-Crafts Song (Canto del Compagno dArte) da cantarsie suonarsi alla Gran Festa [Agape solenne per la Grande Assemblea annuale del 24 giugno]; - Enterd Prentices Song (Canto dellApprendista ammesso) da cantarsi quando i lavori sono terminati e con lautorizzazione del Maestro. Nelledizione 1738 delle Constitutions i canti saranno portati a undici. Il compito affidato ad Anderson è ufficialmente quello di comparare le Antiche Costituzioni e di sottoporle ad accurata revisione, poiché esse in Inghilterra sono state alquanto interpolate, alterate e miserevolmente corrette, non solo con falsa ortografia, ma persino con molti falsi e gravi errori nella storia e nella cronologia, attraverso lungo tempo, per ignoranza di trascrittori, nelle epoche oscure, prima della rinascita della Geometria e dellantica Architettura, a oltraggio di tutti i Fratelli istruiti e giudiziosi, per cui anche gli ignoranti furono tratti in inganno. Nelle diverse stesure della leggenda delle origini si era inevitabilmente accumulata una quantità di divagazioni, grossolanità e anacronismi nella presentazione di fatti e personaggi, imputabili più che altro alla natura fluida di materiali elaborati in chiave mitica piuttosto in termini storici, quindi con tutte le instabilità proprie di una tradizione orale periodicamente fissata per iscritto. Loperazione di restauro voluta dai vertici della Grand Lodge mira a restituire alla trama narrativa delle origini una qualche credibilità storica, in una versione che apparisse ufficiale e definitiva. Non di meno, nel ridisegnare il profilo storico, morale e operativo della Massoneria gli ideologi dello scisma del 1717 intendono altresì tirare quanta più acqua possibile al mulino della nuova istituzione, per farne la depositaria unica della tradizione muratoria e della sua interpretazione autentica. Nel ricostruire il quadro delle origini Anderson segue la linea Poema Regius Manoscritto di Cooke Manoscritto Grand Lodge n°1 e rimette un po dordine nella cronologia del mosaico storico-leggendario, ricollocando ad esempio Euclide nella sua giusta posizione, al tempo di Tolomeo I dEgitto fra i secoli IV e III a.C. (per il Ms. Grand Lodge il maestro delle sette arti precederebbe i re biblici David e Salomone). Qualche tendenziosità emerge sui fatti più recenti, laddove si esaltano i meriti dei sovrani Giacomo I, Carlo I e Carlo II per aver grandemente incoraggiato gli uomini dellArte e fatto prosperare lArchitettura, e per contro si sottolineano i demeriti del cattolico Giacomo II sotto il quale le Logge caddero molto nellignoranza non essendo opportunamente frequentate e coltivate. A ridare impulso alla Muratorìa e al più puro stile architettonico (lo Stile Augusteo di derivazione palladiana coltivato da Inigo Jones e Christopher Wren) è poi lilluminato esempio del glorioso principe (che da molti è ritenuto Libero Muratore) Guglielmo dOrange, re dInghilterra dal 1688 al 1702, il quale pur essendo principe guerriero, aveva molta inclinazione per lArchitettura; e analoga sollecitudine nel far rifiorire lantico stile è attribuita anche al regnante Giorgio I. Va da sé che questa lettura degli eventi equivale a dichiarare che la nuova Massoneria non coltiva nostalgie giacobite; anzi, come precisa il II dei Charges: Un Muratore è un pacifico suddito dei Poteri Civili, ovunque egli risieda o lavori, e non deve mai essere coinvolto in complotti o cospirazioni contro la pace e il benessere della nazione... poiché la Muratorìa è sempre stata danneggiata da guerre, massacri e disordini, così gli antichi Re e Principi sono stati assai disposti a incoraggiare gli uomini dellArte, in virtù della tranquillità e lealtà con cui essi hanno risposto nei fatti agli artifici sottili dei loro avversari, promuovendo la Fratellanza che è sempre fiorita in tempi di concordia. Se 45 le corporazioni muratorie, in quanto società di mestiere, erano aggregazioni omogenee per condizione sociale degli appartenenti, la nuova Massoneria propone il rivoluzionario principio della trasversalità rispetto alle classi sociali, alle posizioni politiche e religiose; una comunione di ideali civili e morali, piuttosto che di interessi, fondata sul rispetto dei valori e delle convinzioni individuali. Tale principio cardine del sistema massonico è espresso nel Charge VI/2: ...Di conseguenza né ripicche personali, né liti devono essere introdotte in Loggia, e tanto meno controversie di qualunque genere in materia di religione, di nazionalità, o di politica dello Stato, essendo noi Muratori devoti esclusivi della Religione Universale... siamo inoltre di tutte le nazioni, lingue, stirpi e idiomi, e ci siamo dichiarati avversi a ogni politica, riconosciuta come ciò che non ha mai favorito il benessere della Loggia, né giammai lo favorirà; e lunico criterio di distinzione fra i Fratelli devessere quello del valore reale e merito personale, fermo restando per ogni Libero Muratore lobbligo di farsi carico attivamente delle funzioni che gli sono pertinenti, istruendosi secondo le consuetudini tipiche di questa Fratellanza (Charge IV). Testo di riferimento per listruzione massonica rimane The Book of Constitutions che il Gran Maestro Duca di Wharton dispone sia accolto in ogni Loggia particolare della nostra Giurisdizione come le Costituzioni dei Liberi e Accettati Muratori uniche vigenti, da leggersi quando si fanno nuovi Fratelli o quando il Maestro lo riterrà opportuno, e che i nuovi Fratelli dovrebbero esaminare prima di essere ammessi (Approbation). Lo spirito di tolleranza che in- 46 forma le Constitutions deriva in parte dagli indirizzi del pensiero contemporaneo che in Inghilterra fanno capo a John Locke e Isaac Newton (a loro volta ispirati a Francis Bacon); gli stessi indirizzi sviluppati nelle teorie dei philosophes francesi e nella dottrina del deismo, che alle barriere confessionali delle religioni storiche oppone lidea razionale di una religione naturale e universale. Al di là della speculazione filosofica, era ancora troppo recente lo scampato pericolo di una nuova guerra civile per motivi confessionali perché la questione della religione non si ponesse come prioritaria nel presentare al mondo la nuova comunione massonica. Infatti il primo dei Charges è quello, tanto discusso, concernente Dio e la religione: Un Muratore è tenuto, per sua condizione, a obbedire alla legge morale; e se egli intende rettamente lArte non sarai mai uno stolto ateo, né un empio libertino. Sebbene anticamente i Muratori fossero dovunque obbligati a seguire la religione della loro Patria o Nazione, quale essa fosse, oggi si reputa più opportuno vincolarli soltanto a quella Religione sulla quale tutti gli uomini convengono, lasciando a essi le loro particolari opinioni; vale a dire essere uomini buoni e leali, o uomini di onore e onestà, quali che siano le denominazioni o le convinzioni che li distinguono; per cui la Muratorìa diviene il Centro di Unione e il tramite per instaurare amicizia autentica fra persone che sarebbero altrimenti rimaste in perpetuo distanti. Molto attento a non sbilanciarsi con le parole, Anderson conia la formula (di matrice deista) della Religione sulla quale tutti convengono, al di là di ogni fazione; e prudentemente elimina dalle sue Constitu- tions ogni invocazione a Dio, alla Trinità e ai santi che tradizionalmente apre le formule di giuramento presenti nelle costituzioni gotiche. Nella stessa prospettiva minimale, e di profilo volutamente basso per evitare rischiose esposizioni, si inquadra anche il concetto di divinità che in seguito la Massoneria identificherà nel Grande Architetto dellUniverso, con espressione tratta dal solco della propria tradizione, ma anche assai somigliante al Dio matematico newtoniano che regge tutte le cose non come anima del mondo, ma come Signore dellUniverso (Principi matematici di filosofia naturale, 1713). Prodotto del proprio tempo nelle idealità che ne costituiscono il tessuto connettivo, la Massoneria di Anderson (ma più ancora del suo patrono e ispiratore Désaguliers) cerca di armonizzare le nuove basi di pensiero con il retaggio della muratorìa corporativa, ossia con le memorie generali e fedeli tradizioni di molte età, estratte da antichi documenti, cui fa riferimento lintestazione delle Constitutions. Gli operattives, che in quelle tradizioni ripongono la loro identità, possono ancora contare su un buon numero di esponenti nelle fila della Grand Lodge, per quanto essa sia saldamente in mano agli accettati; e in ogni caso contemperare le diverse esigenze e sensibilità rientra nello spirito ecumenico dellistituzione. Assorbendo nei propri ordinamenti la componente operativa della tradizione, la Grand Lodge cerca altresì di legittimare se stessa quale organismo di riferimento per lintera comunità massonica (e con questo disegno potrebbe aver qualcosa a che fare lincendio, ritenuto doloso, alla sacrestia della cattedrale di St. Paul che nel 1720 distrugge parzialmente larchivio degli antichi documenti massonici fatti raccogliere nel 1718 dallallora Gran Maestro George Payne e in custodia alla Loggia Goose & Gridiron; incidente forse provocato per reazione a qualche contrasto sulla progettata pubblicazione di quei materiali, o per togliere di mezzo documenti inopportuni. Qualche ombra in più sullepisodio viene poi da un passo delle Constitutions edizione 1738, dove si parla di manoscritti sconsideratamente bruciati per eccesso di scrupolo da alcuni Fratelli per evitare che finissero in mani estranee). Oltre alla leggenda delle origini, debitamente emendata, nella carta costituzionale della Grand Loggia vengono accolte molte delle norme di mestiere desunte dagli Antichi Doveri. Il Charge III compendia nellultimo ben noto capoverso i requisiti tradizionali del Libero Muratore: Le persone ammesse quali membri di una Loggia devono essere uomini buoni e leali, nati liberi, giudiziosi e riservati come si conviene a unetà matura, non servi o donne, né immorali o tali da suscitare scandalo, anzi di buona reputazione. Ripreso presso che alla lettera dal Ms. Grand Lodge n. 1 è poi il passo seguente del Charge IV: ...nessun Maestro può prendere un Apprendista se non ha per lui lavoro a sufficienza, e comunque a condizione che si tratti di un giovane perfetto, esente da difetti fisici o mutilazioni che potrebbero impedirgli di apprendere lArte, di servire il committente, di divenire a sua volta Fratello e poi Compagno dArte a tempo debito, purché abbia servito per il periodo di tempo stabilito dal costume del paese e discenda da genitori onesti. Si noti che non viene qui quantificata la durata dellApprendistato, fissata invece con precisione negli ordinamenti precedenti. Per evitare quella che rispetto alla lunga storia di autonoma sovranità delle singole logge poteva apparire come una eccessiva concentrazione di potere nel nuovo organismo centrale, si preferisce demandare ogni decisione in materia alle consuetudini locali; che è come dire ai regolamenti delle logge particolari, comunque tenute, come sè visto, a praticare per quanto possibile i medesimi usi. In linea generale, come stabilisce il titolo XXXIX e ultimo delle General Regulations, spetta alla Grande Assemblea annuale il potere e lautorità di fare nuove norme o di modificare quelle esistenti ma, nello spirito di Uguaglianza e Fratellanza che contrassegna il dettato delle Costituzioni, tutte le innovazione e modifiche devono essere sottoposte allattenzione di tutti i Fratelli, anche dellApprendista più giovane, prima del banchetto e per iscritto; essendo indispensabili lapprovazione e il consenso della maggioranza dei Fratelli per renderle operative e vincolanti. Listituzione adotta il sistema a due gradi ApprendistaCompagno e su questo basa la struttura gerarchica dellistituzione, definita ancora al Charge IV: Nessun Fratello può divenire Sorvegliante se prima non ha svolto come si conviene le incombenze di Compagno dArte, né Maestro [Venerabile] se prima non è stato Sorvegliante, né Gran Sorvegliante fino a quando non sia stato Maestro di una Loggia, né Gran Maestro a meno che non sia stato Compagno dArte prima della sua elezione, non sia nobile di nascita, o gentiluomo di altissima distinzione, studioso insigne o architetto di primordine o altro virtuoso, non sia nato da genitori onesti, e non goda di straordinaria considerazione presso le Logge. E per il migliore, più agevole e onorevole adempimento dei suoi doveri dufficio, il Gran Maestro avrà il potere di designare il suo Gran Maestro Aggiunto, che al momento della scelta deve essere, o essere stato, Maestro di una Loggia particolare. Ad Anderson riesce abbastanza convincente, almeno nella forma espositiva, il lavoro dincastro fra i principi della tradizione muratoria e le disposizioni inerenti lassetto ideale e organizzativo della nuova Massoneria, ma in alcuni casi anche questo equilibrismo si rivela inefficace. Tutto il Charge V (Della condotta dellArte nel lavoro) è un insieme di norme attinenti lesercizio del mestiere e incoerenti con un tipo di operatività non più materiale qual è quella di un sistema di logge ormai netta prevalenza di accettazione. Così, ad esempio, le disposizioni sotto riportate non possono trovare concreta applicazione nel contesto della Grand Lodge, a meno di non volgerle in un più pertinente senso simbolico-morale: - ogni Muratore dovrà lavorare con onestà in tutti i giorni feriali onde poter vivere dignitosamente nei giorni sacri al riposo [ovvero, come detto al Charge IV: Ogni Fratello deve attivamente farsi carico delle funzioni che gli appartengono]; - tanto il Maestro quanto i Muratori che ricevono il salario pattuito saranno fedeli al committente e coscienziosamente porteranno a termine lopera e [ ] riceveranno docilmente il salario senza mormorii o ribellioni, né abbandoneranno il Maestro prima che il lavoro sia ultimato [è il principio dellaumento di paga, basato unicamente sul merito personale e sullassidua applicazione nel lavoro]; - tutti gli arnesi impiegati nel lavoro dovranno essere approvati dalla Gran Loggia [equivale a quanto dispone il citato titolo XI delle General Regulations circa luniformità dei comportamenti e delle pratiche in tutte le logge]; - nessun manovale [cowan] dovrà essere impiegato in lavori propri dellArte muratoria, né i Liberi Muratori lavoreranno con coloro che liberi non sono, se non per inderogabili necessità, né istruiranno i manovali e i muratori non accettati nel modo che farebbero con un fratello o un compagno [la norma è ripresa dal Ms. di Shaw e può più propriamente tradursi in quanto disposto al Charge VI/4-5: Dovete essere circospetti nelle parole e nel comportamento, in maniera che lestraneo più acuto non possa ravvisare o scoprire ciò che non è opportuno venga manifestato... in particolare non mettete a parte degli affari della Loggia né la vostra famiglia, né gli amici e i vicini, ma saggiamente tutelate lonore vostro e quello dellantica Fratellanza]. Quello della Grand Lodge of London era pur sempre una struttura sperimentale, da collaudare in opera; e anche il dispositivo delle Constitutions era da rimettere a punto ancor prima della pubblicazione nel 1723, come par di capire dalla nuova versione uscita però soltanto nel 1738, con diverse aggiunte e rifacimenti resi necessari dai mutamenti di scenario nel frattempo intervenuti. Se quello del 1717 è uno scisma nella forma, in quanto atto di separazione da un sistema comunque dotato di una propria identità storica e culturale, non si 47 può dire lo sia nella sostanza, dal momento che le quattro logge londinesi si danno un inquadramento del tutto inedito e atipico rispetto alla tradizione muratoria britannica. Liniziativa incontra un indubbio favore nella Massoneria londinese, vista la ventina di logge che si aggregano alle quattro fondatrici entro il 1723, ma non tutto il corpo massonico del Regno Unito riconosce il nuovo organismo. Il fronte dissidente è aperto dalla Loggia di York, una delle più antiche e prestigiose, che rifiuta di sottomettersi allautorità della Grand Lodge e nel 1725, in palese rivalità con essa, cambia il proprio titolo distintivo da The Ancient and Honourable Society and Fraternity of Freemasons meeting since time immemorial in the City of York (Antica e Onorevole Società e Fraternità dei Liberi Muratori sedente da tempo immemorabile nella Città di York) in Grand Lodge of All England meeting in the City of York (Gran Loggia di tutta lInghilterra sedente nella Città di York), dandosi anche una propria costituzione in 19 articoli raccolti sotto lintestazione ARTICLES agreed to be kept and observed by the Ancient Society of Freemasons in the City of York, and to be subscribed by every Member thereof at their admittance into the said Society. ARTICOLI che si è convenuto di stabilire e osservare da parte della Antica Società dei Liberi Muratori della città di York, e che devono essere sottoscritti da tutti i Membri allatto della loro ammissione in detta Società. Come in una reazione a catena nello stesso anno anche lIrlanda fonda una propria Gran Loggia, seguita nel 1736 dalla Scozia e da insediamenti massonici costituitisi anche allestero. Non senza un velato tono di biasimo la Grand Lodge of London prende atto della situazione, pur rivendicando per sé una posizione dominante, come appare da questa integrazione alla versione 1738 delle Costitutions : Tutte le Logge straniere (quelle le cui Deputazioni hanno ottenuto lautorizzazione della Gran Loggia di Londra) sono allobbedienza del Gran Maestro dInghilterra. Ma lantica Loggia di York, e le Logge di Scozia, Irlanda, Francia, Italia, ecc., ostentando indipendenza, si sono poste allobbedienza dei propri Gran Maestri, benché abbiano Costituzioni, Doveri e Regolamenti uguali nella sostanza ai loro Fratelli dInghilterra. Con la costituzione di numerose Gran Logge nel Regno Unito e allestero (anche queste di matrice inglese) la formula inaugurata dalla Massoneria di Londra viene implicitamente riconosciuta 48 come la più consona allo spirito dellepoca, ma linveterata tradizione di sovrana autonomia delle logge britanniche rappresenta al momento un ostacolo insormontabile sulla via di ununica grande comunione massonica di tutto il Regno Unito. Vi è però un altro versante di dissidenza, più convinto e agguerrito di quello genericamente indipendentista. È unopposizione di natura ideologica, proveniente dal fronte dei tradizionalisti operattives, dispirazione cattolica e giacobita, che ritengono gli accettati veri e propri eretici e traditori delloriginario spirito muratorio. Per lo più da questo fronte provengono vari libelli polemici e satirici contro la Massoneria di accettazione, che cercano di colpire al cuore mettendone in piazza costumi, rituali, parole e segni di riconoscimento. La più nota di queste divulgazioni appare il 20 ottobre 1730 sotto il titolo Masonry dissected (Massoneria dissezionata) a opera di Samuel Prichard. Le tre ristampe ufficiali, più altre clandestine, entro la fine dello stesso mese attestano il clamoroso successo dellopera e linteresse dellopinine pubblica per la questione. Sperando di dare piena soddisfazione a tutti gli amanti della verità, lautore si propone di offrire della nuova Massoneria una descrizione universale e genuina di tutte le sue componenti, dalle origini al presente. Così comè stabilito nella Comunione di Logge regolari [Constituted Regular Lodges] della Città e del Paese. Secondo i diversi gradi di ammissione. Dando un resoconto imparziale delle regolari procedure per liniziazione di nuovi membri nei tre Gradi della Massoneria, cioè I. Apprendista Ammesso, II. Compagno dArte, III. Maestro. Una prima rivelazione importante riguarda lesistenza del Grado di Maestro, del quale viene riportato, come per i primi due gradi, anche un rituale in forma catechistica che appare già completamente definito nel suo impianto simbolico, a conferma del fatto che già prima del 1730 il 3° grado era di fatto entrato nella pratica delle logge. Qualche danno, pur di poco conto, queste rivelazioni riescono a farlo, costringendo la Grand Lodge a prendere immediati provvedimenti di copertura contro tutti i nemici palesi e occulti della Società; ad esempio, la modifica di parti dei rituali o linversione delle Masons Words di Apprendista e di Compagno divenute di pubblico dominio, per evitare che falsi Fratelli vengano ammessi nelle Logge regolari. Lanimosità del fronte dopposizione agli accettati si può cogliere dai toni sarcastici che improntano lesposizione di Prichard: Al presente la Massoneria non è composta da costruttori, comera nella sua condizione originaria, quando qualche domanda di catechismo bastava per conferire a un uomo la qualifica di massone operativo. Lespressione Massoneria Libera e Accettata (quale oggi è) non si è sentita che negli ultimi anni; né si è parlato di Logge in comunione [Constituted Lodges] o di Assembleee trimestrali fino al 1691, quando signori e duchi, avvocati e negozianti, e altri lavoratori di condizione inferiore, facchini compresi, furono ammessi a questo Mistero o nessun Mistero; essendo accolti i primi con quote dingresso assai elevate, i secondi a cifre moderate, gli ultimi per sei o sette scellini, per i quali essi ricevono quel marchio donore che, come essi dicono, è più antico e più rispettabile della Star and Garter [lOrdine della Giarrettiera] e la cui antichità, secondo le regole della loro tradizione, risalirebbe addirittura ad Adamo; e su questo lascerò allo spassionato Lettore ogni conclusione. Prichard riporta al 1691 linizio del fenomeno delle accettazioni, ma il riferimento è più che altro simbolico, poiché a quella data risale la fondazione della St. Paul Lodge, vale a dire la Goose & Gridiron capofila del movimento scissionista partito nel 1717. Ciò rende di tutta evidenza il bersaglio degli strali lanciati dalle pagine di Masonry Dissected o di opere consimili come Jachin e Boaz o Three Distinct Knocks (Tre colpi distinti) apparse in seguito; ma ci voleva altro per compromettere, almeno in Inghilterra, il primato della Gran Loggia di Londra, divenuta solida sponda del regime hannoveriano e suo utile complemento sociale e culturale. La vera controffensiva dei tradizionalisti doveva però ancora venire; e a innescarla saranno ancora una volta eventi politici. Fra 1745 e 1746 si consuma - come nel 1690 con unaltra disfatta, questa volta sul campo di Culloden, lestremo tentativo giacobita di riconquistare la corona dInghilterra perduta nel 1688. Tramonta così ogni residua speranza di riconsegnare il trono agli Stuart, e con essa anche le aspettative dellala massonica tradizionalista che faceva molto affidamento sul ritorno al potere della vecchia dinastia. A quel punto non rimane ai dissidenti che serrare le fila e costituirsi a loro volta in organismo obbedienziale, allineandosi a quella che era ormai la formula vincente della Massoneria. Il 5 febbraio 1752 nove logge formate per lo più da irlandesi danno vita a una nuova Gran Loggia che lanno seguente prende il nome di Grand Lodge of Free & Accepted Mason of the Old Institution (Gran Loggia dei Liberi e Accettati Muratori dAntica Regola). Di qui la denominazione di Antients (Antichi) che dora innanzi contrassegnerà questo versante della Massoneria, mentre gli avversari verranno denominati anche in senso denigratorio Moderns. Nel 1756 gli Antients si danno una propria carta costituzionale, redatta dal Gran Segretario Laurence Dermott e pubblicata sotto il titolo di AHIMAN REZON or a help to all that are (or would be) Free and Accepted Masons, containing the Quintessence of all that has been Published on the Subject of Free Masonry with many Additions which render this Work more Usefull than any other Book of Constitutions. [HAIMAN REZON [espressione ebraica equivalente a Fratello per scelta] ovvero un aiuto per tutti quelli che sono (o vorrebbero essere) Liberi e Accettati Muratori, contenente la quintessenza di tutto quanto è stato pubblicato in tema di Libera Muratorìa, con molte aggiunte che rendono questo lavoro più utile di qualunque altro Libro di Costituzioni. Il confronto si porta ora su un piano di parità, se non nella consistenza numerica, almeno negli ordinamenti. Gli Antients si danno subito da fare per estendere la propria influenza dentro e fuori il Regno Unito. Non era poi incolmabile lo svantaggio rispetto ai Moderns, poiché logge dinclinazione giacobita erano già sparse per lEuropa, a partire ovviamente dalla Francia, rifugio degli Stuart, dove nel 1725 era nata la prima Loggia, detta di Saint-Thomas, alla quale la Grand Lodge of London risponde lanno dopo con la sua Le Louis dArgent (dal nome della locanda che la ospita). Molto spesso sono i contingenti militari britannici di stanza nei territori doltremare gli efficienti canali di propagazione della Muratoria Libera e Accettata. Dopo Parigi nuovi insediamenti massonici si aprono a Madrid e Gibilterra (1728), in Russia e a Firenze, primo insediamento massonico italiano (1731); nel 1733 si inaugura a Boston la prima Loggia doltreoceano, fra 1734 e 1737 lespansione prosegue in altre città italiane fra cui Roma, Milano e Napoli, a Stoccolma, Amburgo, in Olanda e Polonia. Quel poco che nei territori europei, Francia e Germania in testa, era rimasto delle antiche corporazioni muratorie non offriva sufficienti motivi di richiamo allaristocrazia e agli intellettuali locali, molto attratti invece dalla massoneria di accettazione che arrivava da Londra. La competizione fra le Grand Lodges britanniche, delluna e dellaltra parte, porta a un sensibile incremento nel numero delle Officine fondate nella madrepatria come in altri paesi. Nel 1813, quando i due fronti decidono finalmente di porre fine alle reciproche ostilità e di fondersi in un unico organismo, i Moderns si presentano alla Grand Assembly of Freemasons for the Union of the Two Grand Lodges of England con 1085 logge complessive (387 in patria) e gli Antients con 521, metà delle quali in territorio inglese. Da questo raduno nasce la United Grand Lodge of England, frutto di un compromesso in base al quale viene formalmente fissato al 1717 (data di fondazione della prima Grand Lodge) linizio dellera massonica moderna, mentre la componente tradizionalista prevale nella riforma dei rituali e nella definitiva incorporazione nel sisema del grado di Maestro. P.44-49: Tarsie lignee del Duomo di Bergamo, Lorenzo Lotto, XVI sec. 49 50 Q uel 19 marzo 1862 a Filippo Napoleone Nicolai sembrò unoccasione davvero particolare. Prosindaco di Spoltore, paese del Primo Abruzzo Ultra, da qualche mese dopo le dimissioni di Giovanni de Sanctis, esponente di primo piano del Partito della Porta, ovvero della coalizione che raccoglieva nelle sue fila lélite progressista e liberale che aveva alimentato il movimento risorgimentale entro la Confraternita di Santa Maria del Suffragio, ubicata appunto al Largo della Porta, pensò che la festa di San Giuseppe, da sempre Patrono della folta schiera degli artigiani spoltoresi, potesse diventare un momento di autodeterminazione rispetto alla questione romana che due anni prima, il 26 marzo 1860, con il breve Cum Cattolica Eclesia, Pio IX aveva di fatto incominciato. La Confraternita, ancor prima del Partito della Porta del resto, per decenni era stata lespressione, per così dire visibile, della Carboneria e della Scuola di Salomone, segretissima Loggia massonica del paese. Forte di una posizione pubblica favorevole, in quanto amministratore del paese, priore di Santa Maria del Suffragio e forsanche maestro venerabile, ruolo a cui sembra fosse succeduto al fratello Felice Maria Baldassarre morto nel 1854, nonché padre di don Bonaventura giovanissimo guardiano del convento di San Panfilo fuori le mura (altro covo di giacobini e liberali), zio di Achille Panfilo Melchiorre Urbano, figlio di sua Sorella Gemma Letizia e capitano della Guardia Nazionale, Filippo Napoleone prese penna e carta e scrisse in questi termini al Signor Prevosto, Reverendissimo Parroco del Comune di Spoltore, al secolo don Nicola Rapini. Amministrazione Comunale di Spoltore, protocollo n.357 Spoltore 18 marzo 1862 Signore, Domani 19 andante ricorre la festività del glorioso Patriarca San Giuseppe. Se come Cristiani dobbiamo onorare il Padre del nostro Redentore Celeste, a Noi Italiani tutti corre il doppio dovere di solennizzarla perché onomastico di un Eroe, qual è Giuseppe Garibaldi che segna unepoca nei fatti di questa Terra incancellabile alla memoria dei Posteri. Per questo Eroe siamo rigenerati e per lo stesso si cammina a gran passi onde formarci in una sola famiglia nella prima idea del Redentore che ne stese le fondamenta con principi e dottrina, procurando di riunirci ad un sol volere e ad una sola legge. Mi lusingo che Ella, penetrata da una tale verità, voglia benignarsi di disporre che domani alle ore sette, sia in questa Chiesa Madre cantato lInno Ambrosiano in ringraziamento allAltissimo, dei favori compartitici per mezzo dellEroe anzidetto, prevenendola, che alloggetto, ho invitato il Capitano di questa Guardia Nazionale, il Municipio, Funzionari diversi e questi Re- verendi Padri per assistervi. Per il Sindaco LAssessore facente funzione Filippo Napoleone Nicolai La garbata, almeno nella forma, letterina dovette far balzare il cuore, dindignazione sintende, del buon prevosto a cui la scomunica comminata dal Papa ai governanti italiani responsabili dellannessione dei territori che avevano costituito lormai disperso Stato Pontificio, doveva risuonare ben chiara e, agitandosi in mille pensieri, 51 allombra del bel coro dei canonici, pensava sul da farsi. Un Te Deum per Garibaldi, per il capo di quei facinorosi miscredenti che non solo a parole andavano predicando contro la Chiesa, per quel frammassone dichiarato anzi Gran Maestro della Massoneria Italiana. Un Te Deum per Garibaldi in un anno che vedeva quarantatrè vescovi in esilio, venti in carcere, sedici espulsi, centinaia di sacerdoti incarcerati e decine fucilati nelle operazioni di repressione al brigantaggio meridionale? Solo un giorno per decidere; e quando avesse detto di no si sarebbe trovato contro tutto il paese. Gente testarda questi suoi concittadini, gente abituata a rifiutare i sacramenti, come tutto 52 il Capitolo si affrettava a registrare nel Liber defuctorum sine sacramentos ob suam incuriam atque incuriam suorum, ma gente che poi pretendeva di essere sepolta con i dovuti onori in Sancta Maria de Suffragio, gente del Partito della Porta, ora tutto stretto intorno ad una di quelle teste gloriose dei Nicolai. Giacobini, giansenisti, carbonari, frati, priori e massoni da sempre. E tanto per restare nel computo del secolo, il Prevosto cominciava a rinumerare le gesta di Michele (padre di Filippo Napoleone) innalzatore nel 98 di alberi della libertà, capopopolo nella sommossa del pane nel 1801 e che, tornati gli amati francesi a Napoli, nel 1812, non aveva esitato a chiamare il primo figlio maschio con quellesecrato nome di Napoleone, facendolo battezzare per di più, richiesta ovviamente la necessaria dispensa, non dal Prevosto, ma dal Cappellano della Confraternita di Santa Maria del Suffragio, una specie di pantheon familiare da quando, nel 1571, loratorio era stato restaurato dal canonico dom Domenico Nicolai che, a futura memoria, aveva inciso data e nome sullarchitrave della porta. Ed era di qualche giorno, precisamente del 29 febbraio, lultimo fattaccio pensato ed attuato proprio da Filippo Napoleone, quando radunato con un pretesto il gruppo dei filo-borbonici in municipio, aveva chiamato i carabinieri per tenerli sotto la minaccia delle baionette finché non avessero desistito dal considerare re ancora Francesco II, mentre gli alleati di quel forsennato mettevano sotto assedio lintero paese. Bellesempio di libertà, aveva commentato don Nicola, trascrivendo la cronaca di quel giorno del giudizio, sul libro del Capitolo. Ma tantè: ora a capo della Guardia Nazionale cera il nipote di Filippo, - la lettera al riguardo parlava chiaro, lasciando intendere senza mezzi termini che sarebbero venuti tutti in chiesa pronti ad usare di nuovo le baionette, - cosicché bisognava far di necessità virtù e chinare la testa. Probabilmente il Generale in camicia rossa, -in quel marzo era a Torino dove sembra stesse trattando con il re e il Rattazzi lorganizzazione di una seconda spedizione, al grido di Roma o Morte- non seppe mai di quel solenne Te Deum cantato sotto le volte della Chiesa Madre, anche ammesso che la piccola armata dei cinque garibaldini spoltoresi che erano partiti con i Mille, si fosse impegnata ad inviargli un dispaccio. Giuseppangelo Muziani, Callisto Appignani, Achille Falasca, Leandro Spina, Valentino de Leonardis, questi i nomi dei valorosi, del resto erano impegnati, con Filippo Napoleone ovviamente, ad animare il Partito della Porta nellopposizione dello sparuto gruppo dei conservatori che formavano il Partito della Piazza, le tornate della Confraternita e, cè da crederlo, anche quelle della Scuola di Salomone, impegno che una diecina di anni dopo darà vita alla Società Operaria di Mutuo Soccorso con limmancabile bandiera rossa e azzurra e le due mani intrecciate nel saluto simbolico della laica fratellanza universale. Garibaldi, dal canto suo, di là a qualche mese sarebbe stato ferito in Aspromonte, arrestato e rinchiuso nella fortezza di Varignano, ma linno ambrosiano, gli incensi, a metà devoti, a metà patriottici voluti dal Partito della Porta di Spoltore dovettero portagli bene se quel 20 settembre del 1870 furono proprio due garibaldini, Nino Bixio ed Enrico Cosenz, ambedue generali di divisione, ad entrare da Porta Pia a Roma, finalmente capitale dItalia. P. 50, 52 e 53: Oriente dellAquila, particolari (foto P.Del Freo); p.51: Biglietto autografo di Victor Hugo a G.Garibaldi. 53 È 54 interessante indirizzare lo sguardo alla sfera personale di Garibaldi, perché il mito, la leggenda dell Eroe dei due mondi nasce non solo dalle battaglie condotte in Europa ed in Sud America, ma anche dallaver frequentato, convissuto o sposato donne che hanno saputo dargli appoggio, aiuto e comprensione. Sono peraltro sicura che, se fosse nato e vissuto ai giorni doggi, sarebbe stato inseguito da paparazzi e sbattuto sulla prima pagina delle riviste cosiddette di gossip (al pari di calciatori o quantaltro) proprio per il suo comportamento di sciupafemmine! Si dice infatti che abbia avuto nella sua vita, più donne di quanti peli della barba avesse in volto. Sicuramente Don Giovanni con il suo Catalogo, al confronto, sarebbe apparso quasi monogamo! Anita Ribeira Ma, cè sempre un ma; rifugiatosi in Brasile per sfuggire alla condanna a morte comminatagli dai Savoia, un giorno del 1839 conosce Ana Maria de Jesus Ribeira da Silva e tra di loro nasce una forte passione. Anita, così chiamata da Garibaldi, si rivela presto la sua compagna (cum-panis) ideale: infatti è pronta a condividere con lui passione politica, ideali per cui combattere, fatiche, fame, imprese guerresche ed ogni cosa nel bene e nel male, in guerra e in pace. E di temperamento battagliero-focoso nel vero senso della parola, sa sparare ed il suo fucile è sempre pronto. Vale la pena di citare una frase scritta dallo stesso Garibaldi dopo uno scontro con le navi dellarmata imperiale brasiliana: Anita fu leroina sublime di questo combattimento. In piedi sulla poppa, nel bel mezzo della mitraglia compariva dritta, calma e fiera come una statua di Pallade. In poche parole è stata la sola donna che abbia saputo vivere pienamente e alla pari al suo fianco e se è vero il detto: Dietro ad ogni uomo di successo, cè sempre una grande donna, nel caso di Anita possiamo anche dire che Dietro ad una donna diventata leggenda, mito, cera un uomo che le ha lasciato lo spazio necessario, affinché si compisse questo iter di crescita e di partecipazione alla pari. Nella loro vita in comune non mancarono comunque motivi di gelosia e quando Anita si accorgeva dellattenzione del marito per unaltra donna, pare che si presentasse da lui con due pistole cariche nelle mani: una da scaricare sulla rivale ed una sul fedifrago! Possiamo quindi affermare che la loro unione fosse vivace, carica di passione e di partecipazione da ambo le parti ed inoltre, fu arricchita dalla nascita di quattro figli: Menotti, Rosita, Teresita e Ricciotti. Dopo i primi anni passati in Brasile, in Urugay ed in Europa, dove fecero base a Nizza per un po di tempo, si trasferirono in Italia dove Garibaldi ricominciò a combattere a Firenze, in difesa della Repubblica Romana e Anita lo raggiunse poco prima che Roma cadesse in mani francesi e fossero costretti alla fuga. Anita, ormai rosa dalla malaria, perde il figlio del quale è incinta e, colpita dalla setticemia, muore senza cure e senza conforto il 4 agosto 1849. Muore la donna e rinasce il mito. In una enciclopedia che raccoglie biografie di donne italiane, lo scrittore e giornalista Giovanni Russo conclude quella dedicata ad Anita Garibaldi con queste parole: Il suo ruolo di compagna di Garibaldi nelle battaglie ha fatto sì che fosse considerata come la Madonna laica del nostro Risorgimento e lha fatta assurgere a simbolo del coraggio femminile, un simbolo che nessuna donna italiana è riuscita ad eguagliare. Possiamo anche non condividere questa considerazione dellautore, ma ci aiuta a capire come mai ancora oggi, a distanza di 158 anni dalla sua morte, sia ancora così presente nella memoria collettiva popolare. La perdita della sua prima moglie, non attenuò la passione di Garibaldi per le donne. Egli passò dalluna allaltra, spaziando da frequentazioni di donne umili a quelle di nobildonne, in relazioni di ogni tipo e di ogni durata, ed anche nello stesso periodo. A questo punto mi sembra giusto tralasciare tutte le apparizioni più fugaci, per porre lo sguardo sulle donne che hanno lasciato un segno nella sua vita. Emma Roberts Un incontro speciale avvenne a Londra dove conobbe e frequentò Emma Roberts una colta e vedova nobildonna inglese; la relazione durò due anni e Garibaldi la chiese in moglie; peccato che contemporaneamente avesse messo incinta la cameriera Battistina Ravello (o Raveo), (che diede alla luce poi una bimba di nome Anita) e che per questo motivo la Roberts rifiutò il matrimonio, rimanendo però legata a lui da profonda amicizia, tanto da assumersi limpegno di seguire leducazione scolastica e le cure mediche del figlio Ricciotti. Marie Esperance von Schwartz Un altra donna importante fu Maria Esperance von Schwartz scrittrice anglo-prussiana che lo avvicinò per il desiderio di scrivere una biografia su di lui; la loro relazione durò tra attrazione ed ammirazione e si tramutò in affetto poiché venne respinta la proposta di matrimonio fatta da Garibaldi. Ma anche Maria Esperance si offrì in seguito di aiutarlo nelleducazione della figlioletta Anita, che studiò grazie a lei in un collegio svizzero. Giuseppina Raimondi Nel frattempo conobbe la marchesina Giuseppina Raimondi e si innamorò di lei, dichiarandole il suo amore in una lettera nella quale mise in risalto la differenza di età, il dovere assunto nei confronti di una donna plebea dalla quale ebbe una bambina, ed infine il rischio che un giorno qualcuno potesse accusarlo, sposando una nobile, di avere tradito la causa del popolo italiano per il quale aveva dichiarato di essere pronto a morire, ma che, comunque, tutto ciò non lo distoglieva dal desiderio di prenderla in moglie. Si incontrarono, lei cedette ad una notte damore nel dicembre del 1859 e si sposarono il 24 gennaio del 1860. Alluscita dalla chiesa, un amico gli consegnò una lettera nella quale lo metteva al corrente dello stato di gravidanza della marchesina, in seguito ad una relazione con un brillante ufficiale di cavalleria, Luigi Cairoli. Lo smacco subito è forte; forse è la prima volta che il conquistatore di terre e di donne affronta una situazione così umiliante. Chiede quindi il divorzio e la vicenda si protrae per ventanni, prima di riuscire ad ottenere lannullamento del matrimonio, rato e non consumato, il 14 gennaio 1880. Francesca Armosino Ma, se questa ultima relazione fu così avvilente per Garibaldi, il destino gli aveva però preparato un lieto fine. Francesca Armosino, la balia piemontese chiamata a Caprera dalla figlia Teresita per aiutarla a crescere i nove figli (ai quali se ne aggiunsero altri sette) divenne dal 1865 la compagna degli ultimi anni della sua vita. Donna dalla forte personalità, seppe stargli al fianco dedicandosi completamente a lui, alla cura della sua salute e della sua serenità e gli diede tre figli: Clelia, Rosita e Manlio. Si sposarono ad annullamento ottenuto nel 1880, due anni prima della morte di Garibaldi. Francesca gli sopravvisse per più di ventanni e conservò il ricordo ed i cimeli dellEroe dei Due Mondi. Mi sembra singolare che la vita affettiva di Garibaldi appaia così, come se fosse compresa fra due parentesi rappresentate dalle due donne dal carattere molto forte e più importanti della sua vita: Anita, che ha partecipato alla fase più combattiva e più coinvolgente e Francesca a quella più tranquilla, avviata verso la vecchiaia ed agli affetti familiari. Come se il Conquistatore avesse avuto la necessità di essere, con queste due compagne di vita, non più il dominatore, ma il dominato. P. 54: Gioiello con ritratto di Clelia Garibaldi, collez. privata; p.55: Ritratto con dedica autografa di Teresita Garibaldi (riproduzioni: foto P.Del Freo). 55 56 C onobbi la Signorina Clelia Gonella qualche anno fa. Loccasione fu una cena conviviale cui entrambe partecipammo. Amici comuni mi chiesero la cortesia di darle un passaggio in macchina. Allora stabilita la raggiunsi a casa sua, a Villa Francesca in via del Parco, una delle tante traverse a mare in cui, a Livorno, si nascondono, talvolta insospettabili, belle ville ottocentesche con grandi parchi, ultime testimonianze di un passato storico di città vivace e cosmopolita frequentata volentieri, a partire dalla metà dell'Ottocento, da una ricca borghesia, non solo livornese, per il suo clima così felice e per il suo mare così bello. La signorina Clelia, i capelli candidi e i modi gentili, la figura esile ed elegante, direi aristocratica, nascondeva un temperamento fiero e volitivo che ebbi modo di apprezzare più avanti, nei pochi anni in cui la frequentai. Ci piacemmo subito. Forse, le nostre comuni origini piemontesi, ci facilitarono il dialogo dei primi momenti, velati da un leggero imbarazzo. Ebbi la netta impressione di riconoscere, nei suoi tratti somatici e nel suo accento, qualcosa di familiare che mi riportava indietro, verso i ricordi dellinfanzia. Conversammo tutta la serata, piacevolmente e con un certo entusiasmo. Nel salutarmi, mi invitò ad andarla a trovare a Villa Francesca, la casa comprata nel 1888 da Francesca Armosino, lultima moglie di Garibaldi che gli dette tre figli: Rosa (morta nel 1870, in tenera età), Clelia e Manlio. Lacquisto le fu consigliato proprio da Garibaldi e ciò risulta da una lettera che Clelia stessa scrisse nel 1954 alla Direzione della Biblioteca Labronica di Livorno: Ricordo che quando fu certa la istituzione in Livorno della Regia Accademia Navale, Garibaldi, forse presago della sua non lontana fine, diceva a mia madre: Francesca, quando Manlio studierà all'Accademia Navale, tu con Clelia senza lasciare del tutto Caprera, state presso di lui a Livorno. È una bella città, il suo popolo generoso ha dato molti volontari alle mie bandiere e molto sangue alla patria. Ho laggiù amici sinceri e carissimi che vi aiuteranno. Fu così che prendemmo domicilio a Livorno... e scegliemmo il sobborgo di Ardenza ove allora abitava il valoroso colonnello Andrea Sgarallino... e nella cui vicinanza avevano le loro ville i fratelli Orlando, legati a Garibaldi da profonda, sincera amicizia. Quando varcai quel portone non ero consapevole di ciò che mi aspettava oltre quella soglia. Storie affascinanti... storie vere! In effetti ancor oggi, in questo luogo, si respira l'aria del passato, dove voci e suoni hanno uneco lontana e i gesti paiono essere quelli di un rito antico. Vidi la signorina Gonella venirmi incontro, nellampio ingresso in penombra, dove gli arredi evidenziavano quel gusto ottocentesco, un po tetro e severo, addolcito dal fascio di luce che entrava da una porta aperta sul giardino. Salito un ampio scalone ed entrate in casa, mi condusse nel salotto inondato di sole e lì, suonate da un vecchio grammofono, mi accolsero le note dell'Inno di Garibaldi cantate da Enrico Caruso. Lo faccio ascoltare, mi disse, ad ogni ospite che entra per la prima volta qui dentro. Sa... per creare latmosfera... Ero emozionata. Nella stanza, che fu già camera da letto di Manlio, i mobili, gli oggetti di famiglia. Un importante buffet e contro buffet acquistati da donna Francesca nel 1910 a Torino. Su uno di questi, sui vetri smerigliati, spiccavano in bella grafia le cifre F.G. Alle pareti un ritratto di Francesca, una grande fotografia di Garibaldi con dedica autografa Alla mia Francesca e la firma. E poi tanti cimeli, lalbum di famiglia, lo spadino da accademista di Manlio, le foto di personalità andate in visita a Caprera, i libri e i carteggi (pubblicati da Maria Falcucci Grassi ne I Quaderni della Labronica n° 55, Livorno 1993), alcuni di Garibaldi stesso, altri inviati a lui, ad Anita a Francesca da Ugo Bassi, cappellano militare dei garibaldini, Victor Hugo, Giuseppe Mazzini, Nino Bixio, Francesco Crispi, Aurelio Saffi ed altri. Ricordi di una vita, ciascuno con la sua storia, testimonianze di eventi che hanno fatto dell'Italia quella che è o, forse, che avrebbe dovuto essere. La signorina Clelia, Clelietta, per distinguerla da donna Clelia, snocciola velocemente i suoi ricordi come i grani di un rosario. Figlia di Gemma Armosino, a sua volta figlia di 57 un fratello di Francesca, entrò in casa Garibaldi ancor giovane, nel 1932 come dama di compagnia. A tal proposito, nonostante la parentela fosse lontana, ama ricordare che Clelia Garibaldi era solita presentarla come nipote da parte del cuore, e ciò dicendo le si illuminano gli occhi di una vivida luce che rivela lorgogliosa consapevolezza, ora che donna Clelia non cè più, di essere lultima, legittima erede di questa famiglia, la sua famiglia. Di lei dice che era colta e intelligente, appassionata di lirica e discreta pittrice, di carattere forte e disponibile agli incontri. Specie a Caprera, accoglieva con amabile cordialità, indifferentemente, tutti coloro che andavano a porgere un rispettoso saluto alla tomba del padre. Lì, infatti, trascorrevano la maggior parte dell'anno, mentre i loro soggiorni a Livorno erano limitati quasi sempre ai mesi invernali, quando non 58 erano impegnate in frequenti viaggi allestero. Mentre racconta, movendosi con discrezione fra una consolle dorata e una deliziosa dormeuse, come se stesse percorrendo il dedalo di un labirinto, va a prendere una cartella in cui sono contenute e, gelosamente custodite, le ultime lettere delle tante che furono donate alle varie istituzioni pubbliche. Me le porge ed io, cosciente di varcare le soglie del tempo, sfoglio quelle carte ingiallite con la delicatezza che si usa quando si ha fra le mani un oggetto prezioso, quasi le accarezzo. Le leggo avidamente, in particolare quelle in cui si fa riferimento alle vicende familiari che maggiormente angustiarono Garibaldi dopo il fallimento del matrimonio con la marchesina Raimondi nel 1860, matrimonio rato e non consumato. Egli, avendo chiesto lannullamento, temeva che questo non venisse concesso prima della sua morte e che quindi non sarebbe stato libero di sposare la sua fedele Francesca e, soprattutto, di legittimare i suoi figli. A Caprera, tormentato da tanto affanno scrisse: In questo giorno io legittimo i miei figli Manlio, Clelia ed Anita e che mimporta che lItalia abbia un governo codardo e retrivo e vi siano magistrati venduti e impostori che si chiamano preti? Io legittimo i miei figli. Altrove, da una lettera inviatagli nel Luglio 1874 da Francesco Crispi, famoso giurista a cui Garibaldi si era rivolto nella speranza che lo aiutasse ad ottenere l'annullamento, si deduce quanto gravosa fosse per lui questa preoccupazione, al punto da essere disposto a farsi protestante o mussulmano se ciò avesse sortito un qualche risultato. Ma Crispi, realisticamente, così gli rispose: Con la signora Raimondi non fu possibile un accordo. Andai nel luogo ci ricevette in Firenze lavvocato della signora. Non fu possibile persuadere lei e lui per un giudizio di annullamento del fatale matrimonio... Non è questione di religione... In ogni modo che cosa intendete per legittimazione dei figli? Lasciare il vostro nome e i mezzi per vivere? Il nome? Essi lo avranno se voi lo volete. Andate allo stato civile, dichiarate al sindaco che i due nati sono figli vostri. Il nome vostro in loro impresso così non potrà essere raschiato nemmeno col rasoio. Legalmente, dunque, senza il consenso di entrambi il vincolo matrimoniale non poteva essere sciolto e Garibaldi, deciso ad ottenerlo, pensò anche di chiedere la cittadinanza francese essendo Nizza, sua città natale, passata alla Francia nel 1860. Con questa speranza si rivolse a Victor Hugo, la cui affettuosa amicizia è testimoniata da queste poche righe inviate a Garibaldi nel Novembre del 1876: Caro Garibaldi, i vostri bei ritratti sono arrivati. I ragazzi li hanno ricevuti con un bacio. Vi invio il bacio dellinfanzia alla gloria, dellinnocenza alla virtù e degli angeli alleroe. Il vostro amico Victor Hugo. Parole da poeta più che altro, toccanti e solenni, che sanno cogliere la grandezza dell'Eroe, la sua forza, il suo coraggio. Garibaldi fu padre affettuoso con i propri figli. La signorina Gonella racconta che donna Clelia ricordava spesso i momenti trascorsi con lui a Caprera. Le notti destate, quando, su una scogliera vicino alla casa, sedeva accanto al padre che, suo primo maestro, le insegnava i nomi delle costellazioni e lei piccina, avvinta dal sonno, non faceva che sognare stelle, stelle, stelle... Così dicendo, la signorina Gonella mi porge il libro Mio Padre, (Firenze 1948, Vallecchi Editore) che Clelia Garibaldi le dettò negli ultimi anni di vita e che raccoglie i ricordi più belli e personali del suo rapporto con papà, come era solita chiamarlo. A proposito di stelle, mi dice, legga questa breve poesia che a donna Clelia non piaceva affatto, e che fu tra le prime cose che il babbo le insegnò: Luna, romito, aereo, tranquillo astro dargento/ Come una vela candida navighi il firmamento/ e in tua carriera antica segui la terra e il ciel. Ma la mia attenzione è focalizzata sullepistolario, ne sono conquistata. Più leggo e più mi accorgo che queste frasi, scritte con inchiostro di china ormai sbiadito, in realtà sono incise sulla scacchiera della storia; hanno una vita propria, posseggono il fascino delle grandi imprese che, rilette col senno di poi, non hanno più né tempo né luogo; sono, di per se stesse, eterne e, in qualche modo appartengono a tutti, anche a me. In questo strano miscuglio di carte, in cui sintrecciano e si sovrappongono gli ideali patrii, la ragion di stato, le strategie belliche, gli affetti gli amori, è meglio entrare in punta di piedi, con riserbo e deferenza. Mi capita sottocchio un breve biglietto che Garibaldi scrisse nel Dicembre del 1870 da Autun alla sua Francesca: carissima, incarico Marchi dinviarti dodici tricots, per te, per Lina, per le bambine, per tua madre, tua cognata e quattro per Mariangela. Li pagherò io. Un bacio alle bambine ed un caro saluto a tutti di casa, Tuo Giuseppe Garibaldi Curioso immaginare l'Eroe dei due Mondi che si preoccupa di spedire dodici tricots alla famiglia ma, nello stesso tempo, emozionante esplorare questo spaccato di vita privata e carpirne i segreti per condividerne lumana quotidianità. Allepoca di questo scritto, Manlio non era ancora nato. Venne alla luce il 23 Aprile 1873 e non vè dubbio che, benché ancora fanciullo, Garibaldi riponesse in lui non le speranze di un padre comune, bensì quelle di un padre condottiero di popoli. Basta leggere la poesia che nel 1880 dettò al maestro Giuseppe Tinelli di Cremona, per il compleanno di Manlio. O Manlio figlio mio tu venturoso / Nascesti a gaudio degli innamorati / Di te parenti, e imbalsamata / Seminata di fior la via trovasti / Ne tuoi anni primeri, alla virtude / Accingiti ed al culto sacro-santo / Di questa Italia sventurata. Un giorno / Di tiranno stranier, se il mercenario / Ricalcherà questubertose e belle / Nostre contrade, alla vendicatrice / Schiera dei prodi volerai, redenta / A far la patria nostra, e pur redenti / Ciocché resta di schiavi a noi fratelli. Nel Gennaio dello stesso anno, giunto ormai latteso annullamento, era stato finalmente possibile celebrare il matrimonio con Francesca. Esultarono tutti coloro che si erano adoperati perché si realizzasse il sogno di Garibaldi, ormai vecchio e malato. Ne fa fede la lettera inviata a Francesca dal Dott. Riboli il giorno delle nozze: Oggi 26 gennaio 1880 la vostra stella, Donna Francesca, ha toccato lapice della gloria. Fate che i vostri cari figli siano degni di un tanto Padre. Fate chEgli ad ogni istante sia felice, e che mai nube alcuna oscuri la maestosa sua fronte. Per Lui, per i figli vostri, per voi stessa non obliate mai, Donna Francesca, chi lo ha amato. Per me un bacio a lui coi figli vostri. È certo che Garibaldi lo volle fortemente, e fortemente lo gridò al mondo, come mi par dintuire leggendo unaltra sua lettera redatta a Caprera nel 1877 ed anchessa conservata a villa Francesca, scritta con la stessa forza e lo stesso impeto con cui doveva aver affrontato le sue tante battaglie. Caprera 25 Aprile 1877 Testamento 1° Al cospetto dellInfinito e dellumanità intiera - io riconosco come legittima mia sposa Francesca Garibaldi e come legittimi miei figli Manlio e Clelia Garibaldi. 2° Io lego tutto il mio dovere a cotesta mia famiglia, ed agli altri miei figli: Menotti Ricciotti e Teresa 3° Considerando Stefano Canzio marito di Teresa indegno di contare tra i miei eredi, per avermi rubato tra le altre cose, ed oltre a cento e ottanta milla lire - la mia stella dei Mille - raccomando a Menotti esecutore testamentario - o a chi per lui - che giammai Stefano Canzio, possa abitare nella mia proprietà di Caprera. G. Garibaldi La mia visita in via del Parco sta per finire. È quasi sera e oltre i vetri della finestra sintuisce la luce del crepuscolo. La signorina Clelia sembra appagata, pare che i ricordi le diano forza e che il suo vivere sia sereno, allombra di questo passato. A me non resta che leggere per ultima la lettera che Ugo Bassi scrisse ad Anita nellAprile del 1849, inizia così: Alla donna di Garibaldi. LEroe sta bene, e lieto in compagnia con noi che lo seguitiamo fedeli, come il fiato segue la vita. Egli ne ha condotti per attraverso valli e monti difficili, terribili, per bufere e piogge, e tempeste furiose, immense... LUomo che rapisce a sé tutti i cuori delle province, in cui tutti i presenti italiani ritrovano la bellezza e la luce della speranza, luomo che i popoli adorano, e i re temono, QuestUomo salvatore è suo fedele di Annetta: suo dopo lItalia. È vero, di tutti Garibaldi è stato lEroe. Di quegluomini che partirono per un destino incerto, di quelle donne, madri e mogli e figlie, che videro andare i propri cari ma che spesso, troppo spesso, non li videro tornare. Di queste donne, molte ne hanno condiviso gli ideali e la sorte: come compagne di battaglia o come compagne di vita, armate di coraggio, di spirito di sacrificio, di passione politica, di amor di patria, di amore e basta. Ed è proprio a due di queste, che allEroe donarono il proprio cuore, che si deve la sopravvivenza di ciò che fu della sua vita privata, ultime eredi e vestali di un passato da non dimenticare. Il destino ha voluto legarle per sempre anche con lo stesso nome, singolare coincidenza. Clelia Garibaldi e Clelia Gonella non solo hanno conservato con dedizione la memoria storica di quegli accadimenti, molti lo hanno fatto. Hanno fatto di più. Ne hanno reso vivo, vitale e imperituro il ricordo, custodendone gli aspetti più intimi del quotidiano: la famiglia che a lui apparteneva. Lì, in quella vecchia casa, tutto sembra irreale, sembra che ogni cosa sia in attesa che lEroe ritorni. Forse, davvero, lEroe è ancora con noi! P.56-59: Interni e arredi di Villa Francesca a Livorno (foto: P.Del Freo/Silvia Braschi) 59 60 E ra una notte cupa e tempestosa, si potrebbe dire ossequienti allincipit più celebre del mondo, ma noi diremo in tuttaltro modo. Durante la cupa tempesta di una notte di giugno, due figure correvano appaiate sui loro destrieri percorrendo alla luce ineguale dei lampi i sentieri della Maremma. Avvolte in scuri mantelli si materializzavano come unemanazione disperata del buio sul terreno bagnato, facili bersagli dei rovesci di pioggia che li colpivano continuamente. - Troviamo un posto per fermarci gridò uno. - Non si può qui, cerchiamo più avanti rispose laltro. La corsa proseguì per un certo tempo quando uno dei due cavalli si impennò. Qualche soffocata bestemmia accompagnò il tentativo del cavaliere di ridurre a ragione lanimale. Riuscì solo a farsi scrollare di sella ed a cadere in una pozzanghera di fango. Laltro accorse subito cercando di sollevarlo, ma si prese uno sgarbato spintone dallinfortunato che imprecando qualcosa in una specie di genovese stretto si rimise in piedi con agilità. Disse quindi: Ora è il momento di fermarci, cè qualche riparo qui intorno dove gli austriaci non ci buschino? Hai unidea di dove ci troviamo? - Credo vicino a Talamone, qui abbiamo degli amici, ma a questora di notte - Il genovese ribattè stizzito: - Ti pare che sia il caso di fare gli educati, vediamo di raggiungere qualcuno che ci aiuti, credo che il cavallo si sia azzoppato - In effetti pareva che il cavallo, dopo limpennata, avendo infilato la zampa in una buca, stentasse a riappoggiarla sul terreno. Quello che era rimasto incolume disse: - Guarda Ribeira, mi pare di vedere una luce laggiù, sembra avvicinarsi. Che fa qualcuno con una lanterna accesa sotto la pioggia? - Non è il momento per fare unindagine, cerchiamo di capire solo se è un austriacante. - Trascinarono i cavalli fuori dal sentiero dietro una macchia scura di cespugli, tutto accadeva con estrema difficoltà per via del fango e delle tenebre. - I coltelli Orrigoni, qui non possiamo usare altro, vieni mettiamoci qui e si assestarono sotto le fronde di un leccio, vicini, con le lame rilucenti pronte, due briganti. Attendevano forse di uccidere un uomo o forse di chiedergli aiuto. Come avrebbero potuto distinguere lamico dal nemico? - Ribeira ebbe unidea: - Senti, sbarra la strada con questo tronco e ascoltiamo cosa dice, forse capiremo di chi si tratta e allora o coltello o aiuto. - Orrigoni ubbidì allistante, dopo pochi minuti di lavoro il sentiero era diventato impercorribile. Dietro alla lanterna sembrava arrivassero a piedi due persone perché le voci di un dialogo si percepivano già nitide. - Ce labbiamo fatta signor conte, deve pensare solo a quello, anche se ci si bagna e domani avremo un accidente pensate a Lui, Lui non si agiterebbe per nulla - Laltro rispose: - Abbiamo fatto una cosa necessaria, la merce deve essere vicina al porto sennò non valeva niente averla custodita tanto tempo. - Siamo quasi arrivati interloquì il primo e prese a fischiare sommessamente un motivo che in quei giorni tutti cantavano e lo cantavano sotto le mura di Roma, durante gli assalti disperati a Villa Pamphili, tra il boato dei cannoni [Addio mia bella addio, C.A.Bosi, 1848, ndr]. I due nascosti con i loro coltelli branditi sentirono e capirono di esser salvi ancora una volta. Un motivo musicale, certamente popolare, non propriamente bello, ma più trascinante delle opere di Verdi rivelò che i viandanti notturni erano italiani, e per di più patrioti. Orrigoni balzò fuori dalla macchia e si parò dinanzi ai sopraggiunti, con le mani alzate, dicendo in fretta prima che questi imbracciassero i fucili: - In nome del general Garibaldi vi chiediamo aiuto, stiamo cercando di raggiungere Roma - Quello che era stato apostrofato come signor conte rimase per un attimo interdetto. Pensò: - E se fosse un agguato degli austriacanti, come faccio a sapere di chi si tratta. Forse ci hanno spiati e con un trucco vogliono scoprire dove nascondiamo le armi. - Mentre il suo compagno teneva la mano pronta sullo schioppo a pallettoni, ebbe un momento di incertezza, temeva di tradire se stesso e tutti i fratelli garibaldini che gli avevano affidato la delicatissima missione di nascondere le munizioni nei pressi di Talamone. Dalla sua prudenza dipendeva la sicurezza di pochi e malandati fucili, che in confronto a quelli francesi facevano ridere, ma che erano gli unici su cui poteva contare lEroe per i rifornimenti sotto le mura di Roma. Orrigoni misurava il conte e il conte misurava con gli occhi Orrigoni, mentre il famiglio teneva sempre imbracciato lo schioppo. La situazione sembrò durare uneternità quando dalla macchia uscì laltro, Ribeira, che era rimasto nascosto fino a quel momento. Con la solita determinazione nella voce disse: Por Josè, por lItalia e così dicendo si tolse il cappello a larghe falde che copriva per intero il suo viso. Ne liberò una lunga massa di capelli bruni lucidi e mossi, da creola, che guarnivano il viso dai lineamenti minuti. Non era più necessaria alcuna presentazione. Anita esclamò il conte e si inginocchiò davanti a lei sotto la pioggia sferzante. Anita Ribeira Garibaldi e Felice Orrigoni furono ospitati e rifocillati quella notte dal conte Carlo Maria Aperti nella sua casa di caccia vicina a Talamone. Trovarono ricetto tra lenzuola pulite odorose di spigo e cenarono con pane fresco e prosciutto di cinghiale. Anita bevve contro le sue sobrie abitudini, che condivideva con LEroe, un bicchiere di vino scuro maremmano per reintegrare quelle energie che una delle sue molte gravidanze le lesinava. Voleva raggiungere Josè per non abbandonarlo mai più, combattuta tra lamore per i figli e una gelosia indomabile. I due ripartirono allalba di una giornata di giugno che aveva recuperato un sole smagliante dopo la tempesta della notte. P.61: Il temporale; p62: Anita Garibaldi al Gianicolo, Roma (p.60 e 61: foto P.Del Freo) 61 62 I n vita fu luomo più popolare dItalia, dopo la sua morte il più celebrato. Piazze vie monumenti parlano di lui con il linguaggio della pietra: a volte fiorito e ridondante, a volte sintetico, perché il suo solo nome, Garibaldi, dice tutto. Merita soffermarci nellesame di alcune epigrafi poste alla base dei monumenti che lo celebrano ma anche dei testi di semplici targhe commemorative di un passaggio o di un evento bellico. LEroe vi appare come una sorta di semidio onnipresente, prodigioso, puro, coraggioso fino alla sfida, è il personaggio che ha toccato il cuore del popolo e di cui molti partiti politici hanno invano cercato di appropriarsi per la magia indiscussa del suo magnetismo. Mai più nato un uomo così nella nostra terra. Lasciamo ora parlare gli italici marmi. Giovanni Bovio, massone, scrisse i testi per alcune significative epigrafi. - Dovunque lanima dItalia si fa persona un monumento, un busto, una pietra affermano che Giuseppe Garibaldi fu Idea ed Uomo. - A Mazzini e Garibaldi. Negli ideali della storia, né miti della leggenda, cè una linea oltre cui comincia il delirio. Questa linea toccarono Mazzini e Garibaldi, nellanima del popolo viventi. - Uno sii di fede e di armi o popolo. Uno sarai di patria e di leggi. Così da questa casa parlò Giuseppe Garibaldi e XIV giorni appresso al Volturno la parola fu storia. - A Giuseppe Garibaldi nelle storie capitano unico, che restituì non conquistò. Su una casa di Poggibonsi in provincia di Siena si legge per la penna di Francesco Domenico Guerrazzi libero muratore: - Cercato a morte dagli Austriaci, dagli italiani uomini derelitto, qui una donna, Giuseppa Bonfanti, ospitava Giuseppe Garibaldi nel 1849 e provvedeva alla salvezza di lui. Leroe nel 19 agosto 1867 di qui ripassando, rivide la casa e la donna, questa della vita tutelata ringraziando e lodando della virtù sua anco fra le antiche, rarissima. Alcuni cittadini di Poggibonsi, perché si perennasse il fatto, alla casa ospitale questa lapide si ponesse curarono il 4 luglio 1870. Sempre di Guerrazzi è quello scritto che si legge sullOssario di Mentana: - La bocca di questo sepolcro manda ai viventi una voce che dice Siate men vili e fate, oh fate! che noi per la patria e per la libertà non siamo morti invano. Ancora di pugno del letterato toscano si legge a Viterbo: - Correndo gli anni di Cristo 1876, in Bagnorea, noi iniziammo la guerra pel riscatto di Roma. Combattemmo tre dì, al terzo, abbandonati da tutti, oppressi dal numero perimmo. Le reliquie disperse da rabbia sacerdotale, religione patria raccolse e qui testimoniano il popolo eroe unico in Italia avere tracciato il cammino per Roma col proprio sangue, che piangerebbe perduto se la speranza sedutasi su la nostra fossa non ci placasse dicendo Pace o esacerbati spiriti fraterni, i giorni dellobbrobrio passeranno, dal nostro martirio sta per nascere il dì della gloria, sperate. A testimonianza dei numerosissimi letti in cui dormì lEroe, che lasciò tali reliquie in tutta la penisola, si legge in un nobile palazzo di Velletri la seguente epigrafe di Ettore Novelli: - In questa camera Ferdinando II di Borbone, la notte del XVIII di maggio MDCCCIL, dinanzi a poche schiere di volontari, non trovò sonno in mezzo al suo esercito. Vi riposò vincitore la notte appresso Giuseppe Garibaldi. Pio IX, da Portici a Roma tornando, vi sognò grandezza e stabilità di regno fra spade straniere. Vi tornò nel MDCCCLXXV e vi dormì, libera e sicura la patria, Giuseppe Garibaldi. Non vi dormirà più nessuno. Seguono altri sonni rubati allincalzare del nemico. Lorenzo Stecchetti lasciava due interessanti epigrafi a SantAlberto di Romagna: - In questa casa nella notte dal IV al V agosto MDCCCIL, fra le ore 9 pom. e le 11 ant., Garibaldi, fidando bene nei patrioti di SantAlberto, posò sicuro il capo, cercato a morte dagli austriaci, dal prete, dal boia. - Garibaldi fu sicuro in questa casa dalle ore 11 pom. alle 7 ant., il V agosto MDCCCIL, e sulla piazza erano gli austriaci e il prete vigilava qui accanto, indarno, ché i patrioti di SantAlberto tolsero il profugo eroe al piombo straniero, al capestro del Vicario di Cristo. Terminiamo questo breve scorrere di testi con due epigrafi che sembrano meglio riassumere lo spirito garibaldino teso allazione veloce, mirata ed intrepida. La prima si trova su un casa di Mirandola (Modena): - Garibaldi nellanno 1859 fermate le vincitrici schiere sabaudo-franche dal fedifrago patto di Villafranca, libere le masnade austro-estensi di rioccupare le nostre terre, incitò da questo balcone i militi del popolo alla resistenza con le solenni parole Meno evviva, più fatti. La seconda è a Gibilrossa (Palermo) - Da questa rupe il 26 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi diceva a Bixio le fatidiche parole: Nino, domani a Palermo. P.62: Pisa, lungarno; p63: Particolare di un monumento a Garibaldi, Cascina, Pisa (p.62 e 63: foto P.Del Freo) 63 A liquandoque dormitat Homerus. Così dicendo il professore ditaliano richiuse le pagine dellultimo tema in classe e bollò definitivamente il frutto dei miei sforzi sulla poetica pascoliana. Intanto io guardavo attraverso la finestra i tratti della primavera che mi veniva negata dalle ore di studio e di concentrazione su quella dolciastra e lacrimevole cavallina storna. Mi sentivo stanca, mortificata e inutile, seduta davanti ad un museale banco di legno. Era un complicato assemblaggio di assi impreziosito da incastri, cunei, piccoli recessi in cui riporre la merenda ed un appoggio per i piedi fatto come la pedana di una doccia. Avevo preso labitudine di 64 usare il piano inclinato a mò di tavoletta cerata, con una punta vi disegnavo casse da morto. Non perché mi piacessero le casse da morto, ma perché intravedevo in esse il simbolo del mio concetto di scuola e poi erano semplici, quattro tratti ed avevi fatto il tuo lavoro. Non solo, ma tutti capivano perfettamente di cosa si trattasse. Avevo anche scoperto che quelli del secondo turno non occupavano il mio banco perché erano convinti che portasse jella. Così quellarcheologico oggetto ligneo era diventato tutto mio, il momento di una tormentata creatività, eloquente testimone dellapproccio funebre che il vetusto liceo Tasso offriva alla mia tenera anima. Sognavo lo studio delluniversità, quando avrei potuto finalmente spaziare tra le materie che amavo ed il mio Homerus si sarebbe risvegliato. Oggi capisco che quelle ore lunghe e frustranti mi avevano insegnato due cose fondamentali: luso del simbolo e la necessità del maestro. Non che il professore di lettere non fosse un maestro, lo era certo, ma non era il maestro. Tautologia? No, per niente. Il maestro è cosa completamente diversa da un insegnante che a fine mese riscuote lo stipendio del Ministero. Il maestro indica la strada e poi senza commenti, senza giudizi, ti guarda sorridente per vedere se ha comunicato il suo amore per la conoscenza, se ti ha fatto capire la logicità con cui cresce un pensiero. Attende la tua domanda. Se poi tu non ci arrivi, riprova e ti suggerisce di nuovo unaltra angolazione dalla quale attaccare la reticente cavallina storna, finché non si trova la strada. Soprattutto si astiene dal pronunciare epicedi come: Aliquandoque dormitat Homerus beffardo epitaffio per onesti sforzi. Vedo che ho usato il termine epicedio. Credo che non sia venuto fuori a caso, ancora oggi il ricordo di quella faccenda mi suggerisce immagini e locuzioni funebri. Morte delle emozioni, morte degli entusiasmi, coltre per il feretro dellintelligenza non risvegliata. Ed ecco che nascevano le bare, di tutte le misure, forse in rapporto alla delusione del giorno. Ed ecco che un graffito semplificato diventava espressione di un malessere e di una delusione: avevo scoperto il simbolismo come modo per dire con lanima, senza passare nella mediazione straniante della parola. Quella esperienza fu ideale per entrare nelle due cose: il simbolismo come mezzo espressivo e il desiderio del maestro. I simboli, oggi, li frequento, ci parlo, li interrogo quotidianamente e me ne intendo, oggi, di falsi maestri. E così che quando Luigi Pruneti mi si parò davanti, per i casi della vita, riconobbi il maestro, quello vero, quello che lucidamente aspettavo. Poche parole, più intenzionate a risvegliare suggestione e passione che ad elencare fatti e concetti, mi fecero capire che il maestro era stato raggiunto. Ora doveva essere interrogato, ascoltato, dovevo trovare in me lo spazio per la nuova impresa: bisognava raccogliere le sue provocazioni, seguire i suoi indirizzi. Luigi Pruneti per fortuna è uno scrittore. Penna originale e poliedrica ha il dono di saper mettere ordine in uno scibile dove lapprossimazione regna sovrana. Nel campo delle scienze tradizionali la confusione è tanta. Oriente che si scontra con Occidente, storia che combatte con mistero, miti contro fatti, filosofia che guerreggia con la frase fatta, insomma virtù contra furore, per dirla come un cammeo mediceo. Il bel motto sintetizza ciò che accade nei meandri di quel labirinto dove Guénon trovò i percorsi della sua ricerca. Eppure a dispetto della sua opera di certo monumentale e che ha molto di luce anche se non si possono negarle alcune ombre, il dilettantismo culturale di chi ama metterci le mani è imperante. La confusione è tanta, lorpello prevale sullessenza. Nonostante i basilari lavori di Mircea Eliade o di Elémire Zolla, intorno al termine Tradizione sembra che si siano fatti gli esercizi più strenui e meno premianti. Confusa con Tradizionalismo, Tradizioni popolari, Racconti delle nonne, Abitudini ecc, la Tradizione andava ridefinita. Bisognava formulare gli indici di questa difficile lettura, puntualizzare cosa fosse il regno della quantità ridare un significato ai passi perduti. Affascinante lemma: la sala dei passi perduti. Soffermiamoci a studiarlo meglio. Viene in mente lIsola che non cè di Peter Pan, lIsola del giorno prima di Umberto Eco, e poi, perché no, La Nuova Atlantide di Bacone, perduti in qualche recesso della mente. Si fanno 65 strada così nellimmaginario i luoghi della fantasia o dellutopia, immersi nelle nebbie di ricordi ancestrali o mal delineati da visioni oniriche. Forse però non si tratta di questo. Riflettiamo. I passi che si perdono sulla via del non ritorno sono quelli che conducono al tempio massonico dove si va a cercare la luce. Se la luce appare allingresso, indietro non si torna, non si può fingere di non sapere ciò che alla mente è apparso brillante e nitido. Può accadere subito se si è predisposti e se si ha accanto il maestro ed allora i passi dallombra verso la luce si perdono irrecuperabili. Un frutto maturo non può tornare acerbo, ma deve entrare in gioco il maestro. Ha il compito di suggerire dove il passo, può appoggiare più sicuro, senza insidie o melme che affossino il piede. Con agilità, orma dietro orma, ciò che è superato deve perdersi quando si raggiunge il limen dietro il quale brilla la personale ricerca non è fatta di assiomi, non è composta da rivelazioni, non fornisce paradigmi, santini o totem, ci indirizza solo a pensare. Ci potrà parlare di storia, di luoghi, di personaggi, sempre con lintento di offrire materia per il pensiero, ma mai cercando di imporre i suoi contenuti. Quanta strada abbiamo percorso da quella remota cavallina storna sulla quale il professore voleva che gli raccontassimo, pari pari, quello che lui ci aveva elargito, dallalto della cattedra, nella lezione precedente. E il nostro Homerus dormiva, oh come dormiva! In massoneria Homerus deve svegliarsi, deve perdere i passi di accesso alla soglia della luce, deve vivere di vita propria sulle tracce di percorsi additati come quelli connaturati alla sua vera essenza. La vera essenza di Homerus sta nella sua creatività, ossia in quella capacità di produrre pensiero derivata dalla sua origine causa quando afferma di costruire templi alla virtù e scavare oscure nonché abissali prigioni al vizio. Ora che abbiamo precisato il compito del maestro in generale diciamo anche come il maestro Luigi Pruneti lo svolga. Gli scritti che seguono sono nati in vari momenti del suo iter, a partire dal 2000 ad oggi. Nello stesso periodo hanno anche visto la luce opere come La Sinagoga di Satana fondamentale storia dellantimassoneria, La via segreta, collage di scritti esoterici, Memorie di Atlantide ed altri racconti in cui fantasiosamente viene descritta la via iniziatica ed i suoi rischi, quindi la serie di Toscana dei misteri e Firenze dei misteri. I suoi lettori richiedevano però precisi pronunciamenti sulle fondamenta della massoneria e dunque nascevano parallelamente ai libri anche questi saggi brevi. In un momento storico in cui è necessario luce. Questo percorso non si può fare da soli perchè da soli non si comincia a studiare, è necessaria lindicazione del maestro, la trasmissione del metodo, lesatta ricomposizione delle fonti che diano una spiegazione a tutto ciò ci si offre come simbolo portatore di messaggi. Sta attento, anche questo è un simbolo deve dirci il maestro. Perchè? chiederemo noi. Per la sua storia ci dirà, per esempio, il maestro. Così noi studieremo la storia, cercheremo nelle sue pieghe i modi dimenticati, raccoglieremo informazioni da chi conosce la materia da più tempo, vi rifletteremo sopra. Tutto questo mentre il maestro ci osserva sereno e produce il frutto della sua personale ricerca. Ci accorgeremo allora che la sua ed inserita nel disegno nobilmente architettato da chi tiene in mano le leggi dellevoluzione. Ogni Homerus ha la sua creatività, nulla è scontato, nulla è omologabile. Il maestro deve risvegliare la creatività individuale. Oggi occorrono idee. Non serve a niente la ripetizione di antiche locuzioni se queste non producono nuove idee. I manierismi sono la morte del pensiero ed il massone non può cadere nel loro tranello perché tutta la Tradizione diventerebbe così tradizionalismo e quindi negherebbe la sua stessa ragion dessere. Perciò ci vuole il maestro per spiegare la Tradizione. Ecco siamo arrivati al punto: il maestro ha il compito di spiegare la Tradizione, ossia lobiettivo e il metodo che la massoneria chiama in che la guida non si perda e che la strada ben imboccata non si confonda con altre, abbiamo sentito la necessità di ricollegare tra loro queste pagine ed offrirle ad una lettura autonoma. Vi si può apprezzare la chiarezza espositiva veicolata da uno stile immaginifico e ricco che però nulla toglie alla limpida lettura del messaggio. Una parte essenziale è rappresentata dalla bibliografia che è una vera e propria dichiarazione di metodo. Attraverso le note il lettore può adire ad una completa elencazione dei testi e degli autori più accreditati per approfondire la materia trattata. La preziosità di queste pagine sta nel fatto che sono nate da osservazioni sul campo e da esigenze 66 legate allesperienza nelle logge. Sono le risposte ai perché scaturiti spontaneamente dal rapporto fraterno con tanti che ponevano al maestro le loro domande. Nellantico schema di quel responsorio, che il magistero comporta, si dipana un discorso che tocca alcuni temi portanti nella via iniziatica. Apre la trattazione il tempo e la sua scansione con particolare attenzione verso i solstizi. I concetti di ciclicità e di illuminazione introducono quindi ad uno studio specifico della Tradizione. Sembra che, passato attraverso il filtro di una civiltà barbarica che ne ha modificato i connotati, tutto il più profondo significato della Tradizione sia stato violentato e, camuffato da altri fenomeni per poter sopravvivere, oggi sia giunto a noi come un complesso messaggio da decrittare. Le forme che lo soffocano devono essere rimosse per comprendere lintimo valore celato. Poiché la massoneria basa i suoi fondamenti sulla Tradizione, fare in modo che questa riemerga è il lavoro più utile al fine di ben comprendere quale sia lo scopo della sua stessa esistenza. Questo è lobiettivo di tutta la produzione latomistica di Luigi Pruneti. Attacca le tematiche specifiche variamente e quindi ne offre al lettore unangolazione sempre diversa, mostrando così la polivalenza e lattualità del fenomeno culturale massonico. Con saggezza e sistematicamente ripresenta più volte il problema della vera conoscenza, che non può essere confusa con lerudizione, e paziente, stimola il maestro interiore a farsi strada tra le brume della cultura daccatto. Non serve aver letto SantAgostino per apprezzare la genialità del sistema. Non serve aver imparato a memoria le dolciastre cavalline storne di ogni tempo, per scoprire quanto sia gratificante invece arrivare a produrre idee, per risvegliare Homerus il creativo. Per capire basta accogliere le parole di Luigi Pruneti. Anna Giacomini P.64: Busto di Omero, Louvre, Parigi; p.66: Aldo A.Mola, Anna Giacomini e Luigi Pruneti (foto P.Del Freo); p.67: LApoteosi di Omero, J.D.Ingres, 1827 olio su tela, Louvre, Parigi. 67 Dalle parole del Gran Maestro Luigi Danesin il 16 marzo 2007 I Manuela Forlani nostri libri sono un bene prezioso, molte nostre sedi possiedono già un locale adibito a biblioteca, consultabile da parte dei fratelli, purtroppo altre sedi ne sono sprovviste ed è necessario rimediare a questa lacuna. Da qui i due precisi inviti del GM: il primo alla lettura, come momento essenziale del cammino iniziatico; il secondo alla costituzione di fondi librari, là dove non ci sono, o allincremento di quelli già esistenti, ai quali ciascuno di noi è chiamato a contribuire donando libri di interesse massonico od esoterico. Diversi di noi hanno ad esempio più copie di uno stesso libro: non è dunque un gran sacrificio donarne una alla biblioteca comune. Sicuramente non importa qui ribadire il carattere speculativo della nostra Istituzione e la rilevanza del Libro come compagno di percorso nel viaggio verso la Conoscenza. Il libro è vivo, brilla di luce propria e non aspetta altro che di schiudersi per aprire nuovi orizzonti. Alcuni dei presenti alla riunione hanno rilevato che al giorno doggi la maggior parte 68 delle ricerche culturali e scientifiche si effettua su Internet. Questo è sicuramente vero, almeno per un primo approccio con la ricerca, ma lapprofondimento deve essere confortato dal libro. I dati acquisiti dalla rete telematica risultano sempre sommari e superficiali, non supportati da un adeguato apparato bibliografico o di note, e soprattutto sono sempre freddi, perché manca loro lenergia e la vita che la pagina scritta racchiude in sé. La parola scritta è sempre stata ritenuta viva dagli iniziati: in essa si condensa lenergia intellettuale e vitale di chi lha dettata. Così nel libro sacro, sia esso la Torah, i Vangeli o il Corano, si racchiude lessenza stessa della divinità e della profezia. Per questo ogni libro, sia manoscritto che a stampa, trasmette qualcosa. Se il libro è usato, vi si imprime anche una parte della sapienza e dellenergia vitale di chi lo ha letto con interesse. Questo non vale per la parola trasmessa in rete, resa arida e sterile dallintelligenza artificiale, dove le lettere sono sostituite dai bit. Eppure anche la rete è importante per un primo approccio e soprattutto per la ricerca e larchiviazione dei dati. A tale proposito si è pensato di creare un catalogo informatico dei testi attualmente in dotazione alle singole sedi, catalogo che permetterà allutente, dalla propria postazione PC, di trovare il libro che interessa nella sede più vicina alla propria zona. Il catalogo non dovrà tuttavia essere una semplice indicazione bibliografica, col titolo ed il nome dellautore, ma costituire una vera e propria guida allindividuazione del contenuto del testo. Dovrà dunque contenere, oltre al nome dellautore, al titolo ed alledizione, anche la materia trattata da ciascun libro, attraverso una breve scheda esplicativa del contenuto, in modo da indirizzare al meglio la ricerca. Le schede potrebbero essere realizzate dagli utenti stessi, sia come contributo al fondo bibliotecario accompagnando la donazione del libro, sia come Tavola di lavoro conseguente alla lettura dellopera. Uniniziativa dunque di grande importanza, alla quale ciascuno di noi deve sentirsi fiero di contribuire, come un tempo i maestri dopera con orgoglio realizzavano il loro filare di pietra per costruire insieme con quelli degli altri fratelli le grandi cattedrali. La biblioteca nazionale Giovanni Ghinazzi della G.L.D.I. Vittoria C.Zarattini Presentazione Se è vero che la Tradizione è trasmissione del pensiero, della vita e dei valori della nostra Obbedienza, anche i luoghi e gli spazi in cui la cultura massonica viene conservata e tramandata costituiscono un bene prezioso da salvaguardare, aggiornare, valorizzare, oltre che un riferimento per ricerche e approfondimenti. La storia del Locum di raccolta di scritti e dellArmarium dove venivano collocati, nasce nel 500, ma già a partire dal Medioevo esisteva, accanto alla Biblioteca privata, dove laccesso era aperto a persone con particolari requisiti, la Bibliotheka pubblica. A sottolineare limportanza che in quellepoca veniva attribuita alla gestione delle Biblioteche, si ricorda il caso della Biblioteca Marciana di Venezia, fondata nel 1468 per iniziativa del Cardinale Bessarione che volle ne fosse affidata la gestione alla Repubblica di Venezia e non al Monastero di S. Giorgio, per garantirne lautonomia necessaria a mantenere e a trasmettere opere di differente ispirazione. Al giorno doggi fa specie che in un poderoso volume dove sono riportate tutte le Biblioteche esistenti in Italia, uscito di recente quale supplemento ad un quotidiano di grande tiratura, non sia stata indicata, pur nelle limitatezza dello spazio consentito, nessuna Biblioteca di orientamento massonico, notoriamente dotata di un patrimonio librario e documentario unico nel suo genere, quando la Biblioteca Nazionale di Francia attesta, negli elenchi ufficiali a disposizione dei media, ben 55.000 volumi a titolo massonico. Con detta premessa lapertura al pubblico della Biblioteca Nazionale della Gran Loggia dItalia, intitolata al Gran Maestro Giovanni Ghinazzi, avvenuta il giorno 16 marzo c.a. alla presenza del Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro Luigi Danesin, del Gran Bibliotecario Roberto Palma, dei membri della Consulta Nazionale Permanente per le Biblioteche, di autorevoli rappresentanze massoniche, di numerosi fratelli e sorelle e di rappresentanti della stampa, si pone in termini di fruizione di una risorsa unica e irripetibile per il suo patrimonio librario che copre interessi vastissimi con testi di storia, filosofia, esoterismo, statuti, rituali, regolamenti, costituzioni, documenti e manoscritti, collezioni di riviste, atti di convegni, enciclopedie e quantaltro. Particolarmente interessante il materiale (volumi, riviste e documenti) proveniente dallestero, che attesta espressioni della cultura e della tradizione massonica europea, ed in particolare del Mediterraneo. Sono presenti non pochi volumi rari e preziosi, tra cui, per citarne solo alcuni a titolo esemplificativo, lOpera Omnia di Giosuè Car- ducci, oggetto di un accurato restauro conservativo, un tomo della quale porta la dedica autografa dellautore al Gran Maestro Adriano Lemmi, il Theatrum Chemicum una ristampa anastatica di unopera in 6 volumi, apparsa la prima volta in 4 volumi nel 1602 e nelledizione attuale tra il 1659-1661, la preziosissima The History of Freemasonry di Robert F. Gould, Les Vojages de Cyrus di M. Ramsay, edito ad Amsterdam nel 1728, importanti testi di e su Leo Taxil, ed inoltre documenti che coprono il periodo dal 1908 al 1925, con i Sovrani Gran Commendatori Saverio Fera, Leonardo Ricciardi, William Burgess, Vittorio Palermi e del periodo clandestino fascista. La lista è ancora lunga e finalmente consultabile. Schedatura, catalogazione e allestimento Buona parte dei volumi schedati e catalogati provengono da donazioni di sorelle e fratelli, altrettanti da acquisti recenti. Le schede evidenziano i seguenti dati: titolo, eventuale sottotitolo, autore, editore, lingua del testo, anno di pubblicazione, caratteri particolari della pubblicazione (volumi rari, copie anastatiche, ecc.) e ovviamente il codice di collocazione con lindicazione se il volume è prestabile o consultabile. I criteri messi in opera per lallestimento delle vetrine rispondono ai seguenti dati: - le vetrine sono numerate con numero progressivo romano a partire da quelle inferiori; - i ripiani di ogni vetrina sono numerati con le lettere maiuscole dellalfabeto in ordine progressivo a cominciare dallalto verso il basso; - i volumi sono schedati con numero progressivo dalla prima vetrina alla ventiseiesima a partire dallalto verso il basso; La ricerca dei volumi è attiva per titolo e/o autore; in seguito sarà rilevabile anche per categoria. Obiettivi Tra gli obiettivi di partenza quello del work in progress attestato da: - aggiornamento di schedari e cataloghi, con breve bibliografia ragionata e indicazione del numero di volumi presenti per titolo. Si intravede la necessità di elaborare un catalogo dellexcursus storico dellObbedienza, attestante le tappe evolutive ed il cammino in corso attraverso i testi scritti da fratelli e sorelle corredati di una breve bibliografia ragionata; - informazioni bibliografiche per gli utenti da pubblicare su Officinae, con presentazione di titoli ragionati; - schedatura e catalogazione delle nuove opere affluenti alla Biblioteca Nazionale per donazione e/o acquisto; - attivazione di un collegamento in rete con le Biblioteche dei vari Orienti dellObbedienza che permetta la fruizione di tutto il nostro Patrimonio librario; - riproduzione di documenti; - attivazione di un servizio relazioni interne che dia spazio a Seminari, Conferenze, Tavole Rotonde, aperti anche al pubblico profano, su tematiche cardine dellObbedienza attestate dal nostro Patrimonio librario, ivi compreso quello dei vari Orienti della G.L.D.I.; - attivazione di un servizio relazioni esterne che preveda dei percorsi formativi ad hoc, ad esempio siglando dei Protocolli dIntesa con le Università per la messa a disposizione di borse di studio destinate allelaborazione di tesi su tematiche di carattere massonico; - rapporti con le Obbedienze del Mediterraneo, allo scopo di arricchire la nostra Biblioteca di testi, documenti e notizie bibliografiche veicolati dai nostri rappresentanti presso le suddette Obbedienze attraverso scambi di idee e di risorse; - collaborazioni, ove possibile, con Rappresentanze Istituzionali nazionali e locali e con Organizzazioni culturali. La finalità principale di questo lavoro è volta a far vivere la Biblioteca in termini di risorsa, in quanto depositaria della cultura e della tradizione massonica, di comunicazione in quanto canale privilegiato per la diffusione della nostra cultura e tradizione, di veicolo di socializzazione in quanto motore di interscambi attivi di cultura massonica, in particolare con il mondo profano, nella prospettiva - ci si augura - che venga superato quel gradino di indifferenza o di sospetto comune a molta parte del mondo esterno, fiduciosi che ...Bisogna conoscersi e conoscendosi stimarsi e stimandosi amarsi ed amandosi dimostrare al mondo circostante che ogni più grande conquista, scientifica o sociale, diviene vana o addirittura dannosa quando lumanità non sia legata dallo spirituale vincolo di un profondo amore. (da Giovanni Ghinazzi, Discorso ai Fratelli della Comunione, Roma 31 marzo 1968 in Giovanni Ghinazzi, Gran Maestro della Gran Loggia dItalia di Luigi Pruneti, Introduzione di Luigi Danesin, Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della G.L.D.I.) P.68: Biblioteca Nazionale della GLDI, Roma, particolare. 69 Tacuinum templare, a tavola con i monaci guerrieri Alex Revelli Sorini - Susanna Cutini; ali&no editrice, Perugia 2006, pp.126 T acuinum templare di Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini può darci molte risposte ai numerosi interrogativi che ci suggerisce la storia dell'ordine templare. Nello scorrere le pagine del libro non si trovano solo ricette di piatti più o meno legati a qualche antica tradizione gastronomica, ma anche le disposizioni dettate dalla Regola, che, messe a confronto con i cibi ingeriti, ci mostrano una sapienza alimentare che desta sorpresa. Per esempio, l'uso parco delle carni di cui nel Medioevo si abbondava e che in oriente a causa del clima era molto limitato, è uno degli elementi igienici che subito si fa strada tra le molte suggestioni. Il pesce, spesso allevato, i legumi e i vegetali erano ingredienti fondamentali della dieta templare. Nulla di meglio per tenere il fisico sempre pronto alla battaglia: i grassi potevano appesantire e rendere poco efficienti i cavalieri che in qualsiasi momento della giornata dovevano essere pronti a difendersi o a correre in aiuto di chi lo richiedesse sulle rotte della Terra Santa. Sobrietà ma varietà e sicuramente pochi digiuni costituivano le caratteristiche principali dellalimentazione templare. Ogni atto legato al "manducare" avveniva in nome di Dio e secondo norme precise, per quella sacralità che pervadeva ogni azione del monacocavaliere. Esso appariva così preso dai suoi voti religiosi da considerare gli atti della sua vita di guerriero come destinati alla glorificazione di Dio. Anche la condivisione del piatto con il confratello e la destinazione di parte del cibo ad un povero, dovevano sempre ricordare come la carità e l'amore 70 In questo numero di Officinae puntiamo lo sguardo su una curiosità. Cosa mangiavano gli uomini che hanno fatto la storia? Il nostro cervello funziona per le sostanze nutritive che gli forniamo e dunque si potrebbe ipotizzare che l'alimentazione abbia una qualche influenza su certe tendenze o caratteristiche espresse dalla mente umana? Se così è, viene da chiedersi se il misticismo degli anacoreti fosse in qualche modo stimolato dagli elementi nutritivi poverissimi che quei digiunatori assumevano. Ci si domanda se i guerrieri dell'antichità nei loro pasti rituali consumati durante i propiziatori sacrifici agli dei non dovessero alle carni sanguinolente ed alle libagioni di merum o di mulsum la loro storica audacia. Ed i Templari uomini rotti alle fatiche più strenue, alle marce nel deserto, alla vita in climi che non erano certo quelli temperati delle loro terre natali, a cosa dovevano la loro invincibilità o per lo meno il loro celebre valore guerriero? Forse anche una dieta ben calibrata favoriva lo sprezzo della fatica e la fede nella loro missione? fossero le ragioni dell'agire cavalleresco. Forse erano principi non sempre effettivamente applicati, ma certo la Regola li ribadiva. Manduca panem tuum cum silentio era il principio cenobitico cui i templari si riferivano. Anch'essi infatti usavano il criptico linguaggio dei gesti per comunicare le proprie esigenze ai fratelli serventi. Un linguaggio simbolico, misto di allusioni concrete e di più profonde implicazioni, rendeva universale la comunicazione poiché alla stessa tavola sedevano cavalieri delle più varie provenienze e quindi di lingue diverse. Vietato ogni eccesso si potrebbe dire, sia nella quantità che nella privazione del cibo. Perché non solo veniva imposto di non eccedere ma anche di non denutrirsi con eccessive mortificazioni, del tutto inadatte alla vita attiva e faticosa del crociato. Tutto era posto "nella disposizione e nella discrezione del Maestro, perché quando voglia <il convivio> sia composto di acqua, quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente diluito". Viene da pensare che il detto "bere come un templare" si possa riferire solo alle mutate condizioni di vita dopo la battaglia di Acri, quando tutto l'ordine si ritirò nelle commende d'Europa ove senza i doveri della guerra ma, nellopulenza di una ricchezza notevolissima, i leggendari crucesignati si abbandonarono agli eccessi, causa principale della loro rovina. I due autori hanno pubblicato una collana di analoghi saggi tutti dal piacevole titolo di Tacuinum, che fornisce limpressione dell'appunto estemporaneo e della nota. Ma l'impressione viene puntualmente contraddetta dal disegno ben studiato ed altrettanto ben documentato che emerge fin dalle prime pagine, anche se sfogliate con la curiosità del gourmet alla ricerca di novità. Garibaldi a tavola a cura di Clelia Gonella; Belforte editore, Livorno 2002, pp.80 G aribaldi a tavola è un libro di cucina sui generis nel quale la storia privata e familiare di Garibaldi si fonde con ricette gustose e abbastanza semplici a farsi. Nel libro sono state raccolte in modo organico le ricette tratte da un quaderno della figlia Clelia, con la copertina foderata con carta da pacchi, sulla quale era stato scritto "Ricette Cucina". Insieme al libro "Mio padre" di Clelia Garibaldi ci consente di conoscere i piatti preferiti da Giuseppe, buona parte dei quali sono stati trasfusi nel ricettario e da lui apprezzati. Garibaldi, infatti, per ragioni di famiglia, amava la cucina ligure e nizzarda unita, però, a quella piemontese che la moglie, Francesca Armosino, gli preparava. Gradiva particolarmente il minestrone alla genovese e le trenette con il pesto, la bouillabaisse, la zuppa di pesce alla marinara, lo stoccafisso, il baccalà, il grongo in burrida, il pesce lesso, le frittate di carciofi e questi ultimi sia cotti che crudi, le insalate con erbe selvatiche e ravanelli, i fichi, che mangiava con la buccia che riteneva la parte più gustosa, le arance, i fichi d'india. Beveva poco vino che spesso annacquava, gradiva il thea, che prendeva nel pomeriggio, il mate e, d'estate, l'orzata, che veniva fatta dalla moglie con le mandorle di Caprera; dopo ogni pasto sorbiva il caffè nel quale, con civetteria, era solito intingere la barba per scurirla, e si concedeva un sigaro. Smise di fumare per amore del piccolo Manlio che non gradiva l'odore del Toscano. Quando a casa c'erano un po' di soldi si mangiava la carne di manzo altrimenti, per le feste, c'erano i polli della fattoria; si consumavano anche tordi, beccacce o pernici cacciati da Menotti. Donna Francesca faceva il burro e i formaggi, in particolar modo la ricotta e il pecorino, che veniva mangiato con i baccelli. Se c'erano ospiti, normalmente, veniva loro offerto quello che era stato preparato per la famiglia. Così, alcune persone capitate all'improvviso, dopo una traversata con il mare un po' vivace, dovettero mangiare delle abbondanti porzioni di bouillabaisse e, malgrado lo stomaco in disordine, per educazione, manifestarono il loro apprezzamento. Ad altri venne data la bouillabaisse e dopo pecorino con i baccelli crudi. Clelia si accorse che i commensali facevano finta di mangiarli ma, in realtà, se li mettevano nella tasca della giacca o nelle maniche non gradendoli. A dei visitatori venne offerto di raccogliere e mangiare i fichi de "La bellona", una pianta che era stata portata da Nizza e che era ancora viva negli anni cinquanta; uno di costoro, che aveva raccolto e sbucciato il frutto e gettato la buccia al suolo, venne quasi redarguito dal padrone di casa che disse:"Per Dio! avete gettato la parte migliore"; l'ospite, con mossa fulminea, si chinò, raccolse la buccia con la terra e la ingoiò prima ancora che Garibaldi potesse dire qualcosa! Garibaldi era di gusti semplici ed essenziali, tenero, affettuoso e allegro con la moglie e i figli, specialmente con i piccoli Manlio e Clelia verso i quali era prodigo di consigli ed insegnamenti. Clelia, infatti, imparò dal padre a leggere, scrivere e far di conto. I bambini ricambiavano l'amore paterno e gareggiavano fra loro per pescare pesci che venivano fritti, Clelia pescava i gamberi e, con una canna spaccata in cima, i ricci, di cui il padre era particolarmente ghiotto; tirava la sfoglia con il mattarello per le tagliatelle, faceva gli agnellotti e quando, una volta alla settimana, veniva cotto il pane, nel grande forno che era in giardino, preparava per il padre dei panini e dei canestrelli. Le insalate di campo con i ravanelli erano raccolte dai figli che prendevano anche corbezzoli, mirto o more che venivano consumati come frutta. Tutto questo inorgogliva enormemente i due bambini che si sentivano parte essenziale del menage familiare. Nei momenti di serenità ed allegria Garibaldi ballava con la moglie o cantava per i familiari delle romanze o delle antiche canzoni francesi o spagnole con la voce da baritono leggero. In sintesi la vita familiare di Garibaldi era improntata ad una grande semplicità e schiettezza ed i suoi gusti alimentari erano legati oltre che alle tradizioni familiari anche alla disponibilità economiche e dei prodotti che si trovavano a Caprera nella casa-fattoria dove, dopo aver fatto l'Italia, si era ritirato a vivere a soli cinquantatré anni, pur non disdegnando, quando necessario, di riprendere la vita attiva. Sergio Gristina 71 Fregi di Loggia R.L. Giovanni Bovio, Or. di Bari La R\L\pubblicata in questo numero è intitolata a Giovanni Bovio, eminente figura di politico, pensatore e Massone pugliese. Era un uomo di cultura enciclopedica e di memoria prodigiosa. La storia conserva il ricordo delle sue battaglie civili e della sua profonda onestà e incorruttibilità, riconosciuta anche dai suoi avversari. Nel Gioiello di Loggia viene citata una sua frase: Anarchico il pensiero, la cui valenza iniziatica non deve sfuggire: esiste un ambito della mente che non può essere assoggettato a regole date, a schemi precostituiti. In questo spazio sacro non vige alcun governo (ana-archè) se non quello della propria libertà di ricerca e del proprio potere creativo. Sulle due facce del Gioiello sono poi rappresentati una serie di strumenti dellantica Arte Muratoria (compasso, livella e maglietti su una faccia, squadra, compasso e campana sullaltra. ad oggi lelenco delle Logge già pubblicato... R\L\1349 R\L\1442 R\L\1216 R\L\1116 R\L\1228 R\L\1413 R\L\1363 R\L\1498 R\L\1250 R\L\1187 R\L\1392 R\L\1493 R\L\1500 R\L\1167 R\L\1122 R\L\1507 R\L\1455 R\L\1501 R\L\1203 R\L\1482 R\L\1164 R\L\1148 R\L\1495 R\L\1184 R\L\1462 R\L\1181 R\L\1485 R\L\1323 R\L\1136 Cartesio O\di Firenze Nino Bixio O\di Trieste Scaligera O\di Verona Minerva O\di Torino Sile O\di Treviso Luigi Spadini O\di Macerata Enrico Fermi O\di Milano Kipling O\di Firenze Iter Virtutis O\di Pisa Venetia O\di Venezia La Fenice O\di Forlì Goldoni O\di Londra Horus O\di R.Calabria Pisacane O\di Udine Mozart O\di Roma Prometeo O\di Lecce Salomone O\di Catanzaro Teodorico O\di Bologna Fargnoli O\di Viterbo Minerva O\di Cosenza Federico II O\di Jesi Giovanni Pascoli O\di Forlì Triplice Alleanza O\di Roma Garibaldi O\di Castiglione Astrolabio O\di Grosseto Augusta O\di Torino Voltaire O\di Torino Zenith O\di Cosenza Audere Semper O\di Firenze R\L\1154 R\L\1284 R\L\1330 R\L\1511 R\L\1383 R\L\1227 R\L\1296 R\L\1353 R\L\1472 R\L\1329 R\L\1334 R\L\1526 R\L\1450 R\L\1486 R\L\1375 R\L\1477 R\L\1529 R\L\1506 R\L\1209 R\L\1452 R\L\1308 R\L\1473 R\L\ 567 R\L\1518 R\L\1195 R\L\1239 R\L\1447 R\L\1124 R\L\1364 Justitiam O\di Lucca Horus O\di Pinerolo Jakin e Boaz O\di Milano Petrarca O\di Abano Terme Eleuteria O\di Pietra Ligure Risorgimento O\di Milano Fidelitas O\di Firenze Athanor O\di Cosenza Ermete O\di Bologna Monviso O\di Torino Cosmo O\di Albinia Trilussa O\di Bordighera Logos O\di Milano Valli di Susa O\di Susa Cattaneo O\di Firenze Mozart O\di Genova Carlo Faiani O\di Ancona Aetruria Nova O\di Versilia Giordano Bruno O\di Firenze Magistri Comacini O\di Como Libertà e Progresso O\di Livorno Uroborus O\di Milano Ugo Bassi O\di Bologna Ravenna O\di Ravenna Hiram O\di Sanremo Cavour O\di Vercelli Concordia O\di Asti Per Aspera ad Astra O\di Lucca Dei Trecento O\di Treviso R\L\1411 La Fenice O\di Livorno R\L\1316 Aristotele II O\di Bologna R\L\1292 La Prealpina O\di Torino R\L\1274 Erasmo O\di Torino R\L\ 612 Hiram O\di Bologna R\L\1457 Garibaldi O\di Toronto R\L\ 903 Sagittario O\di Prato R\L\1179 Giustizia e Libertà O\di Roma R\L\1417 Le Melagrane O\di Padova R\L\1431 Luigi Alberotanza O\di Bari R\L\1430 Antares O\di Firenze R\L\1318 Cidnea O\di Brescia R\L\1286 Fratelli Cairoli O\di Pavia R\L\ 582 Nazario Sauro O\di Piombino R\L\1479 Antropos O\di Forlì R\L\1108 Internazionale O\di Sanremo R\L\1530 Giordano Bruno O\di Catanzaro R\L\1458 Federico II O\di Firenze R\L\1574 Pietro Micca O\di Torino R\L\1222 Athanor O\di Brescia R\L\D. 6886 Chevaliers dOrient O\di Beirut R\L\1120 Giosuè Carducci O\di Follonica R\L\1534 Orione O\di Torino R\L\1268 Atlantide O\di Pinerolo R\L\1384 Falesia O\di Piombino R\L\1516 Alma Mater O\di Arezzo R\L\1593 Cavour O\di Arezzo R\L\1178 G.Biancheri O\di Ventimiglia R\L\1336 Sibelius O\di Vercelli R\L\1516 R\L\1382 R\L\1285 R\L\1540 R\L\1405 R\L\1456 R\L\1383 R\L\2683 R\L\1545 R\L\1582 R\L\1567 R\L\1600 R\L\1551 R\L\1550 R\L\1602 R\L\1521 R\L\1570 R\L\1620 R\L\1390 R\L\1622 R\L\1271 R\L\ 109 R\L\1293 R\L\1669 R\L\1547 R\L\1675 R\L\1414 C.Rosenkreutz O\di Siena Virgilio O\di Mantova Mozart O\di Torino Ausonia O\di Siena Vincenzo Sessa O\di Lecce Manfredi O\di Taranto Cavour O\di Prato Liguria O\di Ospedaletti S.Friscia O\di Sciacca Atanor O\di Pinerolo Ulisse O\di Forlì 14 juillet O\di Savona Pitagora O\di Cosenza Alef O\di Viareggio Ibis O\di Torino Melagrana O\di Torino Aurora O\di Genova Silentium... O\di Val Bormida Polaris O\di Reggio Calabria Athanor O\di Rovigo G. Mazzini O\di Parma Palermo O\di Palermo XX Settembre O\di Torino La Silenceuse O\di Cuneo Corona Ferrea O\di Monza Clara Vallis O\di Como Giovanni Bovio O\di Bari