Sebastiano Zanolli. “Quando l`esperienza crea lo scrittore”

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Sebastiano Zanolli. “Quando l`esperienza crea lo scrittore”
man at work
un manager
in t-shirt
Sebastiano Zanolli. “Quando l’esperienza crea lo scrittore”
di Irene Pollini Giolai / foto yorick-photography.com
Quando usiamo la parola manager, la
prima immagine che giunge spietata
e stereotipata è quella di un uomo in
giacca, con la cravatta stretta al collo,
la punta delle scarpe lucida e il colletto
inamidato. Tutto vero, ma non sempre. I
tempi sono cambiati, le convenzioni e le
regole per fortuna si fanno più flessibili
e con loro anche le etichette formali.
Sebastiano Zanolli ne è sicuramente una
buona prova. Un sorriso gentile, una voce
pacata, un tono che si fa seguire anche
solo per i cambi precisi e così naturali, un
oratore nato insomma. Nessuna giacca o
camicia, l’eleganza è nei modi, la fermezza
e la sicurezza nell’atteggiamento.
Sebastiano Zanolli non ha bisogno di
una cravatta per mettere subito in
chiaro una personalità forte ma aperta
alla comunicazione, allo scambio ed al
confronto. Queste le doti che l’hanno
portato nella sua vita professionale
ad essere un manager di successo, un
amministratore delegato capace, ma
anche un programmatore ed un venditore
di tessuti. Sebastiano Zanolli è un uomo
marchiato dalla passione per la vita, prima
che per il lavoro. Baciato dalla fortuna di
una razionalità illuminata e ricettiva. E
proprio grazie anche a queste doti, questo
manager con la t-shirt, ha cominciato a
scrivere sentendo il bisogno di comunicare,
di trovare soluzioni e migliorie alla propria
vita e a quella degli altri.
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meritocrazia, in linea teorica ma purtroppo
non è sempre la realtà dei fatti. L’unica
certezza è che lavorare per vivere è
necessario, bisogna quindi cercare di farlo
nel miglior modo possibile. E quando diventa
possibile, mantenerci con qualcosa che
amiamo fare Perché la verità è che non si
paga più per le ore effettive di lavoro, ma per
il risultato finale, per l’obbiettivo raggiunto.
Problem solver quindi?
Una gara di velocità?
Migliore è la tua tecnica, più veloce sarai. Più
sai, più ti sarà facile gestire quello che stai
facendo. Precisione d’esecuzione, velocità
e inventiva sono sempre frutto di una
conoscenza approfondita.
Quanto conta quindi la formazione
scolastica nella vita?
Conta molto. Conta molto però, nella misura
in cui questa mi conferisce una struttura, un
metodo. Conta quando mi responsabilizza
nel raccogliere ed usare le informazioni
che mi servono. Conta quando mi educa
a riapplicare poi in ambiti differenti. Per
riuscire nella vita bisogna capire che cosa
si sa fare, sviluppare la tecnica adeguata
e applicarsi. E’ un continuo rimando tra
capacità e applicazione, conoscenza e
tecnica. Inoltre alla fine dei conti, non
importa cosa fai, l’importante è l’uso che ne
fai. L’etica è fondamentale nel lavoro come e
soprattutto nella vita.
Molti giovani Italiani si lamentano per
la mancanza di lavoro, per gli stipendi
bassi, il precariato..
5 libri all’attivo, un ottimo successo
di critica e pubblico. Un professionista
del business ma anche uno scrittore
nato, molto sensibile e umano.
Suona quasi incredibile. Ma iniziamo
chiedendoti perché hai scelto di darti
–anche- alla scrittura.
Sono innamorato della lettura, della
scrittura stessa e innamorato della vita
a dire il vero. Vorrei poter cancellare
l’ansia e la preoccupazione dalla vita. E’
stato questo bisogno a spingermi alla
scrittura. Mettere su carta i consigli che
avrei voluto ricevere o che ho ricevuto è
utile a me stesso ma anche a chi decide
di leggermi. E’ necessario fare sempre
affidamento sulle proprie capacità e
cercare di lavorare molto su sé stessi.
Comunicare è sempre fondamentale
però. Gli incontri, il relazionarsi, sono
punti fondamentali per una crescita
personale vera.
Ecco, proprio a proposito di incontri.
Qual è stato un incontro che ti ha
segnato, una persona che ti ha
cambiato?
Avevo 14 anni ero a Bibione, una località di
mare non lontana da Bassano del Grappa,
la piccola cittadina dove sono nato. Aveva
piovuto molto, le spiagge erano battute
ed il campo di sabbia, quello del calcetto
dove giocavamo sempre, era inutilizzabile.
Pozzanghere ovunque. Al margine del
campo c’era un ragazzo. Lo vedevo sempre,
dormiva nel suo furgone vicino alla
spiaggia. Era bello, alto, uomo nei suoi 18
anni rispetto a me, che conoscevo appena
l’adolescenza. Lo salutai e gli chiesi (contro
voglia) se potevo fare qualcosa. Stava
cercando di sistemare il disastro, tutto da
solo. Io d’altronde, volevo quello che voleva
lui: giocare a calcetto. Mi disse di prendere
la pala e cominciai con lui a liberare il campo
dall’acqua. Dopo un po’ che spalavamo in
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assoluto ed impegnato silenzio mi dice: “
Ti troverai bene nella vita”. Ero sorpreso e
forse non colsi nemmeno immediatamente.
Tanto che stupito, chiesi subito perché io
fossi così fortunato. “Perché fai quello
che devi fare quando c’è da fare. Anche
se non ne hai voglia”. Ecco quel ragazzo
vestito come Jim Morrison, che dormiva
nel suo van, è stato uno degli incontri più
significativi per me.
Senso del dovere, quindi. Celebrare la
propria vita e le proprie capacità in
qualche modo e aver ben chiaro dove si
vuole arrivare.
Prima di tutto e’ necessario cominciare a
cambiare la logica della valutazione, siamo
in un momento di turnover in cui a causa
dell’open source, all’avvento massivo di
internet e alle sue vagonate d’informazioni
c’è più democrazia, e quindi parimenti, c’è
più competitività. Si dovrebbe parlare di
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Tutto vero, è innegabile che la situazione
sia complessa ma le possibilità ci sono.
Bisogna solo scegliere e capire che è
necessario fare fatica, applicarsi, chi più
chi meno è ovvio. Ma la fatica è necessaria.
Un lavoro lo si trova, ma magari non è
immediatamente quello che si sperava.
Bisogna fare, l’azione in questo caso è più
importante della parola. Non aver paura
del nuovo, del diverso, dell’inaspettato.
Bisogna rammodernare anche il concetto
che abbiamo di spazio, di identità, di ruolo.
E proprio per questo, diventa necessario
cambiare il concetto d’identità nazionale,
che certo è importante, ma oggi sempre
più relativo. Siamo cittadini europei,
il concetto d’identità è più fluido e
non dobbiamo contrastare questo
cambiamento ma viverlo come una vera
possibilità. Una sfida da cui possiamo
trarre vantaggio.
Il tuo consiglio quindi?
Viaggiare, spegnete la tv e cominciate a
sfruttare le occasioni. Ricordarci ogni
giorno che non abbiamo il diritto alla
felicità, ma il diritto di ricerca. Dobbiamo
felicitarci che partiamo da una posizione
che è già di per sé buona, migliore
rispetto al passato sotto molti punti di
vista. Capacitaci che siamo davvero più
fortunati di altri popoli e quindi persone
che ogni giorno incontrano problemi come
la fame, la mancanza di sanità, la malattia.
Vero, banale dire che al peggio non c’è
mai fine, ma è un giusto approccio per
partire per questo viaggio decisamente
alleggeriti.