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current affairs
New aluminium scenarios in europe
I nuovi scenari dell’alluminio in Europa
Mario Conserva, [email protected]
The global structure of the aluminium system has been undergoing
in a deep transformation for a long
time. This is happening because of
the displacement to China, and Asia
in general, of the centre of balance
for both production and demand,
because of the energy crisis, the environmental impact, the access to
raw materials, and competitiveness
(ours in particularly) within Europe.
The New Year was heralded by new
curtailments in primary metal production; some of them have already
been made, others, just announced
so far, particularly in Europe, and
basically linked to high costs of primary metal production. Alessandro
Profili, Alcoa, clearly explains all this
in the following interview. These are
decisions taken by primary smelters, largely expected and determined by the progressive extension
of cuts in production costs, which
are especially high in Europe, as
the result of high energy costs, and
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Closing portovesme, the primary
sector disappears from Italy
Con la chiusura di Portovesme
scompare il primario dall’Italia
the international metal quotes that
clearly regulate revenues. Let’s
begin with Alcoa. The American
multinational company has firstly
announced that it will permanently
closure its smelter in Tennessee,
which was curtailed in 2009, along
with other 6 already idled electrolytic cells at its Rockdale, Texas
smelter. Profili, in charge of European affairs, explains that in Europe
Alcoa announces that its smelter
in Portovesme (Sardinia) will be
closed (150,000 tones of smelting
capacity) and the curtailments will
reach its smelters in La Coruna and
ALUMINIUM AND ITS ALLOYS
1 2012
La struttura del sistema mondiale
dell’alluminio è da tempo in fase
di profonda trasformazione, con
lo spostamento del baricentro
sia della produzione che della
domanda in Cina e comunque
nel continente asiatico, con i problemi dell’energia, dei costi ambientali, dell’accesso alle materie
prime e della competitività in particolare da noi in Europa.
Il fatto nuovo che apre il 2012 si
riferisce ai tagli alla produzione di
metallo primario, alcuni effettuati
altri al momento solo annunciati, riferiti in particolare all’Europa
e collegati sostanzialmente agli
elevati di costi di produzione primaria del metallo, come viene
spiegato con chiarezza da Alessandro Profili di Alcoa nell’intervista che segue.
Si tratta di decisioni da parte dei
primaristi in larga misura attese e
determinate dal progressivo allargamento della forbice tra costi
produttivi, particolarmente alti in
Europa per gli elevati costi energetici, e le quotazioni internazionali del metallo che regolano evidentemente i ricavi.
Cominciando da Alcoa, la multinazionale americana ha in primo luogo confermato la chiusura definitiva del proprio impianto
nel Tennessee, già fermato nel
2009, e di altre 6 celle elettrolitiche da tempo non operative
dello smelter di Rockdale nel
Texas; come poi spiega Profili,
responsabile per gli Affari Europei, in Europa Alcoa annuncia la
chiusura definitiva dell’impianto
di Portovesme in Sardegna da
150 mila t e quella temporanea
e parziale degli impianti spagnoli di La Coruna ed Aviles, per
un totale di altre 90 mila t.
L’insieme degli interventi è abbastanza significativo, perchè vale
circa 531 mila t annue, pari al
12% della capacità produttiva di
Alcoa nel mondo.
Da notare che, per quanto riguarda l’Italia, la chiusura di Portovesme dopo quella dell’impianto di
Fusina, tuttora fermo, significa in
pratica la scomparsa della produzione di alluminio primario dal
nostro Paese.
Rimanendo in Europa, si segnala
current affairs
Cina: attesi dei tagli
China: curtailments expected
At the current level of metal quotes, many primary aluminium facilities
have stopped their production, either definitely or only temporarily.
Many of these cuts will be made in China, the country that has recently
become the world’s new centre of gravity for lightweight metal.
Nowadays China’s total output capacity of primary aluminium is 24
million tons per year and, according to surveys by the Macquarie
Group, it may reach 35 million tons in 2015.
But it is necessary to come to terms with energy costs.
In many regions of China costs are substantially higher than the
world’s average, and over half of the smelters are operating at a loss
they are unlikely to sustain given the aluminium market prices that
are lower than the costs.
The counterproof is that China’s primary aluminium production was
only 16 million tons in the first 11 months of 2011, which means that
many of these less efficient plants had already been idled in some way.
Aviles, Spain, with a total of over
90,000 tones. This set of interventions is quite significant since it
represents about 531,000 tones
per year, or 12% of Alcoa’s global
smelting capacity. It is important
to note that, as regards Italy, the
smelter closing at Portovesme, after the Fusina smelter, so far idled,
means, in practice, that the primary
aluminium production in our country
will disappear. Still within Europe,
the production of 45,000 tones at
Alro Slatina, in Rumania, a smelter
with an overall smelting capacity of
270,000 tones, has been curtailed,
running the risk of being permanently closed due, as usual, to high
production costs. Rio Tinto Alcan, a
company that has announced problems and related curtailments in its
plants in Canada, also reported the
collapse of its smelter at Vlissingen,
the Netherlands, by 224,000 tones,
and there are plans for permanently
closing its English smelter at Lynemouth (181,000 tones). Finally, the
Norway-based company Hydro has
also announced that it will curtail the
production of the Kurri Kurri smelter
in Australia from 180,000 tones to
60,000 tones.
In sum, the different curtailments or
permanent closures will lead to a
lower effective production of metal
in 2012 in Europe, nearly 700,000
tones, which might go up to over
1.1 million taking into account other
critical cases in Eastern Europe
and Russia.
Which will this affect the real market?
Globally, the effects will be rather
mild, since, according to recent
forecasts, the world’s balance
of primary metal should confirm
a production surplus of about
800,000 tones in 2012, roughly in
line with the records of past years,
to be absorbed by the system without too much shock. Thus, one
could basically imagine a quite
untroubled market, according to
Cru, there should be an over 3.5%
recovery in the demand in the USA
and a only a slight drop in Europe,
for a general worldwide figure,
China not included (for which a
growth even by over 9% is assumed for 2012), of an increase by
around 2.5% compared to 2011.
The level of LME quotes could be
positively affected by the recovery
of demand and a level, on current
views, between $2,000 and 2,200
is assumed in the short term, with
the possibility to reach $2,4002,500 within this year. It is clear
that nobody has a crystal ball;
these are just influential but rather
subjective opinions. Within this
global scenario, we have to say
All’attuale livello di quotazioni del metallo, molti impianti di alluminio primario dovranno fermare le produzioni, in via definitiva o solo
temporaneamente; molti di questi tagli saranno effettuati in Cina, il
Paese che nel corso degli ultimi anni è diventato il nuovo baricentro
mondiale del metallo leggero.
La capacità produttiva totale cinese di alluminio primario è oggi di 24
milioni di tonnellate annue, e, secondo le analisi del Macquarie Group,
già nel 2015 potrebbe arrivare a 35 milioni di tonnellate. Però c’è da
fare i conti con i costi dell’energia, che in molte regioni della Cina risulta sostanzialmente più elevato della media mondiale, quindi oltre la
metà degli smelter sta lavorando in condizioni non sostenibili di perdita
con i prezzi di mercato del metallo inferiori ai costi. La controprova è
che la produzione di alluminio primario cinese nei primi 11 mesi del
2011 è stata di solo 16 milioni di t, il che significa che diversi tra gli
impianti meno efficienti già sono stati messi in qualche modo a riposo.
il taglio di 45 mila t alla produzione di Alro Slatina in Romania, un
impianto da 270 mila t complessive di capacità, a rischio chiusura
completa sempre per gli elevati
costi di produzione; vanno inoltre
aggiunti il fallimento dello smelter
di Vlissingen in Olanda da 224
mila t e la prevista chiusura totale dello smelter inglese di Lynemouth da 181 mila t di Rio Tinto
Alcan, compagnia che ha anche
annunciato problemi e relativi tagli ai propri impianti in Canada.
Preannuncia infine tagli anche
la norvegese Hydro in Australia, dove ridurrà da 180 mila t a
60mila t la produzione dello smelter di Kurry Kurry.
In sostanza, le varie riduzioni o
chiusure definitive porteranno in
Europa ad una minor produzione effettiva di metallo nel 2012
di quasi 700 mila tonnellate, che
potrebbero salire ad oltre 1,1
milione considerando altri casi
critici in Europa dell’Est ed in
Russia.
Quali saranno gli effetti di questa situazione sul mercato reale?
A livello globale piuttosto modesti, perché secondo recenti
previsioni il bilancio mondiale
del metallo primario dovrebbe
confermare un surplus produtti-
vo 2012 di circa 800 mila tonnellate, grosso modo in linea con
quanto registrato negli scorsi
anni, assorbibile dal sistema
senza troppi scossoni.
Quindi si può immaginare sostanzialmente un mercato abbastanza tranquillo: secondo
Cru ci dovrebbe essere una ripresa della domanda negli Usa
superiore al 3,5% e solo un
calo modesto in Europa, per un
dato globale mondiale, esclusa
la Cina (riguardo alla quale si
ipotizza per il 2012 una crescita ancora superiore al 9%), di
un incremento intorno al 2,5 %
rispetto al 2011; il livello delle
quotazioni LME potrebbe risentire positivamente della ripresa
della domanda e si ipotizza nel
breve termine un livello sulle posizioni attuali, tra 2.000 e 2.200
$, con possibilità entro l’anno di
arrivare sino a 2.400-2.500 $.
È chiaro che nessuno ha la sfera di cristallo, si tratta quindi di
opinioni autorevoli, ma del tutto
soggettive.
In questo quadro globale, occorre dire che le conseguenze per
l’Europa potrebbero essere più
pesanti dal punto di vista strutturale, perché l’alluminio è un
materiale di importanza strategica per l’industria e l’accresciuto
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alluminio e leghe
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that the consequences in Europe
could be more serious than merely
structural, because aluminium is
a strategically important material
for the industry, and the increased
deficit of production cannot cause
anything but concern. Taking a
look into figures, Western Europe
has today (2011 figures) an overall
production of primary aluminium
of about 4.3 million tones against a
need of 6.6 millions in that period.
With curtailments pre-announced
or made, production would manage to cover not more than 55% of
the demand. This marked unbalance goes together with an import
duty on unwrought metal (still 6%
for metal alloys), thus, a material
with low production and all these
factors jeopardise, more than ever
before, the competitiveness of
light metal European transformers and users in key sectors of
the industry, from transport and
to building.
It is fact well known by everybody
that the European industry cannot
survive if it does not get organised
to have raw materials available
under competitive conditions. For
aluminium, current conditions are
exactly the opposite of what it is
expected, because Custom tariffs
determine higher costs compared
to any other markets around the
world. So, it represents a true punishment, which is also paradoxically useless, because it does not
manage to protect producers, who,
in fact, are closing many plants and
relocating in more beneficial areas.
Small- and medium-size transformers and manufacturers in
Europe are the ones who actually pay the price, and this is the
basis on which politicians, at the
state members and in Brussels,
should make choices to prevent
the collapse of a system which,
just some years ago, created jobs
and wealth, and which, freed from
senseless selfishness, could go
on developing for the benefit of all.
deficit produttivo non può che
destare preoccupazione; guardando ai numeri, l’Europa Occidentale ha oggi (dato 2011) una
produzione complessiva di alluminio primario di circa 4,3 milioni di t a fronte di un fabbisogno
del periodo previsto in circa 6,6
milioni; con i tagli preannunciati
o realizzati la produzione arriverebbe a coprire poco più del
55% della domanda.
Questo forte disequilibrio è accompagnato dal dazio all’importazione sul grezzo (tuttora al 6%
per il metallo legato), di un bene,
quindi, di cui c’è scarsità produttiva e l’insieme di questi fattori
mette a rischio come mai prima
d’ora la competitività dei trasformatori e degli utilizzatori europei
di metallo leggero in tutti i settori
chiave dell’industria, dai trasporti alle costruzioni.
È un dato di fatto condiviso da
tutti che l’industria europea non
può sopravvivere se non si or-
ganizza per poter disporre di
materie prime a condizioni competitive; per l’alluminio siamo in
condizioni esattamente all’opposto di quanto auspicato, perché
la tariffa doganale determina
costi superiori rispetto a tutti gli
altri mercati mondiali; è quindi
una penalizzazione reale che è
anche paradossalmente inutile,
perché non riesce a proteggere
i produttori, che infatti stanno
chiudendo molti impianti delocalizzando in aree più vantaggiose.
Chi ne fa veramente le spese
sono quindi le piccole e medie
aziende trasformatrici e manifatturiere europee ed è su questo
che i politici, negli stati membri
ed a Bruxelles, dovranno fare
delle scelte per evitare il collasso di un sistema che sino a
pochi anni fa riusciva a creare
posti di lavoro e ricchezza e che,
liberato da assurdi egoismi, potrebbe continuare a svilupparsi a
vantaggio di tutti.
Centroal: Alcoa’ smelters closing is a big blow
to Italian aluminium industry
Centroal: la chiusura di Alcoa è un grave colpo per tutta
l’industria italiana dell’alluminio
The closing of Alcoa’s smelter at Portovesme in Sardinia makes the
Italian aluminium industrial system lose a key stronghold to keep its
international competitiveness.
The loss of the only Italian producer of primary metal since it was not
able to supply the entire country’s demand, turns the transformation
sector totally dependent on foreign, most of them non-EU, producers.
The aluminium system in Italy, made up of the production-transformation-use chain, has been weakened after the control of the primary
production sector was lost, which is a key factor to develop new alloys
for new applications.
Alcoa’s smelters closing is a direct consequence of the lack of a farsighted industrial policy in Europe, which has led to the disappearance
of great part of primary metal production (aluminium, lead, zinc and
copper) in Europe throughout a decade.
There has been no willingness to acknowledge that availability of
raw materials and energy at competitive prices compared to international competitors is a strategic factor for the metalworking industry,
a highly energy-consuming sector. The sector competitiveness has
significantly dropped, benefitting the entire European manufacturing
industry.
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ALUMINIUM AND ITS ALLOYS
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La chiusura dello stabilimento Alcoa di Portovesme in Sardegna
fa perdere al sistema industriale italiano dell’alluminio un punto di
forza essenziale per mantenere la propria competitività a livello internazionale. La perdita dell’unico produttore di metallo primario nazionale, per quanto insufficiente a coprire tutto il fabbisogno italiano,
pone il settore della trasformazione in condizione di dipendere ora
totalmente dai produttori esteri, per la quasi totalità extracomunitari.
Il sistema dell’alluminio italiano, costituito dalla filiera “produzionetrasformazione-impiego” ne esce indebolito in quanto perde il controllo della fase della produzione primaria, essenziale per lo sviluppo di nuove leghe per nuove applicazioni.
La chiusura degli smelter di Alcoa è la conseguenza diretta della
mancanza di una politica industriale europea lungimirante che ha
portato alla sparizione di gran parte delle produzioni di metallo primario (alluminio, piombo, zinco e rame) dall’Europa nel corso di
un decennio. Non si è voluto riconoscere che l’accesso a materie
prime ed energia a prezzi comparabili coi competitori internazionali
è un fattore strategico per l’industria metallurgica, settore altamente
energivoro, la cui competitività ricade poi a valle con benefici su
tutta l’industria manifatturiera europea.