Le epidemie - Comune di Saint
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Le epidemie - Comune di Saint
129 I Parroci Le epidemie Anselmo Pession Le guerre e le epidemie, col loro seguito di morti e di carestia, non risparmiarono certo la nostra valle, e i nostri villaggi si trovarono sovente a dover affrontare malattie che non potevano combattere e che accettarono sempre con grande dignità e rassegnazione. La peste, dopo aver colpito in modo massiccio l’Europa nel 1348, come ci ricorda il Boccaccio, rimaneva presente in forma latente presso le popolazioni e si manifestava in forma epidemica in tempi e luoghi diversi. Dopo qualche manifestazione sporadica nel XV secolo e qualche attacco in bassa ed alta valle nel XVI 1 essa si presentò con tutta la sua terribile virulenza nel 1629-30, al seguito delle armate che scorazzavano per l’Europa. Anche la nostra regione fu colpita in modo spaventoso perdendo i due terzi dei suoi abitanti. 2 Come in molte parrocchie della nostra valle dove l’epidemia si portò via anche il parroco e di conseguenza si verificò la mancata compilazione dei registri parrocchiali, così avvenne nella parrocchia di Saint-Christophe: il parroco Berthod morì nel settembre del 1629 e gli subentrò Antoine Chenal, che firmò il registro dei matrimoni a partire dal 20 ottobre dello stesso anno. Anche se il ricambio avvenne senza interruzione, mancano del tutto, o più probabilmente sono andati persi, i registri delle morti di quel periodo: l’ultimo termina col 1622 e non ne esistono altri fino al 1675. Non possediamo quindi dati certi sul numero di morti della parrocchia ma, esaminando le cifre relative ai battesimi e ai matrimoni di quell’anno, sembrerebbe che non sia stato così catastrofico come in altri paesi. Il parroco Chenal registra, per il periodo che va dal dicembre 1629 al dicembre del 1630, 23 battesimi, numero leggermente inferiore alla media del periodo, e, per il 1631, 16 battesimi, numero più basso che manifesta comunque una significativa flessione dovuta evidentemente all’epidemia dell’anno precedente. Negli anni successivi le nascite salgono tutte sopra la trentina, testimonianza di una ritrovata vitalità. I matrimoni nel 1630 sono stati ben 30 di cui alcuni tra giovani vedovi e vedove, segno tuttavia di diversi decessi dovuti all’epidemia. Nel 1631 il parroco annota sul suo registro: «Sequuntur nomina baptizatorum extinto morbo contagioso in parrochia Sancti Christophori». Altro ricordo della peste sono tre testamenti stilati nel 1630, di cui però uno solo si riferisce a un malato di peste. Questa tragedia si accompagnò ad un peggioramento climatico, che aveva già fatto sentire la sua morsa gelida nei decenni precedenti, e lasciò la valle stremata e in una situazione di carestia, di mancanza di traffici commer- San Sebastiano proteggici dalla peste 1 Nel 1554 e 1565 colpì alcune località della bassa valle ma venne circoscritta in tempo. Lo stesso successe nel 1585 a Morgex e La Salle. 2 Per notizie più approfondite rimandiamo alle varie pubblicazioni specifiche quali «La peste del 1630» su Archivium Augustanum - VII, «Peste, fame e guerra» di Fiorenzo Negro. 130 Saint-Christophe San Giuseppe e San Rocco. Cappella di Veynes 3 A Valtournenche, negli atti di morte del 1794, risulta che parecchi moribondi non potevano ricevere il Viatico a causa del vomito, tipica manifestazione del colera. ciali, di disordine politico ed economico che gravarono sulle nostre comunità per decenni a venire. Negli anni seguenti i nostri paesi vennero colpiti saltuariamente da epidemie meno appariscenti e di origine ignota che lasciavano la loro scia di morti, soprattutto bambini. Si trattava talvolta di tifo, altre volte di vaiolo, altre ancora di colera. Alla fine del XVIII secolo un’altra epidemia colpì la nostra valle in modo grave, anche se non paragonabile alla peste del 1629-30, e risparmiò pochi paesi: si trattò probabilmente di colera poiché i sintomi, descritti in alcuni atti di morte dell’epoca, coincidevano con quelli di questa malattia.3 Dopo un periodo di incubazione di 1-5 giorni, questo morbo, dovuto al 131 Le Epidemie ben noto vibrione, si manifesta con diarrea improvvisa, e quindi con enormi perdite di liquidi, calcio e potassio; segue il vomito che aggrava lo stato di disidratazione. Essa è sempre grave quando interessa i bambini, in quanto in questi l’equilibrio idrico ed elettrolitico è molto delicato: infatti, in tutti i casi in cui il colera colpì, la maggior parte di decessi si verificò tra i bambini. Nel 1794 esplose l’epidemia di colera che provocò moltissime vittime in parecchie comunità: a Saint-Chistophe, contro una media annuale di circa 30-35 decessi per anno, si verificarono 71 morti. L’epidemia non risparmiò i paesi più alti, come avvenne in alcuni casi per la peste; a Valtournenche, ad esempio, contro una media di 25-30-decessi l’anno, nel 1794 morirono 118 persone, mentre per la peste del 1630 ne morirono 14! Il colera, dal 1817, si diffuse in sei ondate che diedero origine ad una grave pandemia, diffondendosi anche dall’Europa alle Americhe. Il batterio che determina il colera (vibrio cholera) fu isolato da Robert Koch soltanto nel 1883 e da lì in poi vennero studiati vaccini sempre più efficaci fino a debellare del tutto la malattia: a partire dall’inizio del XX secolo la diffusione del colera è scemata, rimanendo più che altro confinata in Asia. Non sappiamo quante altre volte quest’epidemia colpì la nostra gente: studiando i registri degli atti di morte ci accorgiamo che ogni tanto si verificavano epidemie sconosciute che provocavano un brusco innalzamento della media dei morti per anno. Nel XIX secolo a Saint-Christophe troviamo picchi di decessi nel 1822 (58 morti), nel 1828 (58), nel 1837 (58, di cui circa 45 bimbi). Nel 1844 riscontriamo una punta di 74 morti, di cui 52 bambini: si trattò probabilmente di colera poiché in questo periodo questa malattia colpiva qua e là in Italia e in Europa provocando lutti a non finire. Nel 1850 registriamo 50 morti di cui una trentina bambini, quasi tutti neonati. Nel 1867 esplose nuovamente un’epidemia di colera in tutta la valle che provocò, su una popolazione di circa 80.000 persone, 2076 morti. Solo alcune vallate si salvarono dal flagello: le vallate di Gressoney, del Gran San Bernardo, di Rhêmes, di Cogne e Champorcher furono indenni dal contagio, altri paesi pagarono un alto tributo di vittime.4 A Saint-Christophe morirono 79 persone, di cui 40, compreso il parroco Freppaz, per l’epidemia che infuriò nei mesi di giugno (26 decessi) e luglio (28). Altra malattia che colpiva di quando in quando le nostre popolazioni era il vaiolo. Esso giunse in Europa nel VI secolo partendo dalle coste mediterranee dell’Africa Settentrionale. L’Italia, per la sua posizione geografica ed i frequenti scambi con altri popoli delle sponde mediterranee, fu una delle prime regioni ad esserne invasa. Il vaiolo fu portato al di là dell’Atlantico nel corso dei viaggi di esplorazione e di conquista e trovò le popolazioni indigene assolutamente indifese dal punto di vista immunitario: le epidemie si diffusero in maniera devastante annientando intere tribù di amerindi e 4 «Le Messager Valdôtain 1920». I paesi più colpiti furono Aosta (439 morti), Arnaz (79), Fénis (117), Hône (93), Nus (107), Quart (82), SaintMarcel (80) e Saint-Vincent (70). 132 Saint-Christophe contribuendo alla caduta degli imperi azteco e incas. In Europa fu sovente considerato tra i mali minori e fra quelli inevitabili, anche se la malattia colpiva soprattutto i bambini. Essa comunque procurava l’immunità ai sopravvissuti. Si sviluppò con particolare virulenza nel 1336 e da lì in avanti colpì regolarmente e a casaccio tutte le regioni europee. Da noi giunse in forma epidemica nel 1885 e colpì anche Saint-Christophe, anche se non in forma violenta: quell’anno si registrarono 47 decessi ma non sappiamo quanti di questi fossero imputabili al vaiolo. Solo in due o tre casi di morte di bimbi si trovò l’appunto di morte per vaiolo. Nel XX secolo l’ultima grande epidemia fu quella della cosiddetta «spagnola». Questa forma influenzale, che tra l’ottobre del 1918 e i primi mesi dell’anno successivo colpì un quinto della popolazione mondiale provocando una scia di morti incalcolabile, resta ancora oggi un mistero. Arrivò e scomparve all’improvviso manifestandosi brevemente nella primavera e infuriando poi in autunno e in inverno. L’Italia, uno dei paesi europei più colpiti dopo la Russia, dichiarò almeno 375.000 vittime, ma non sappiamo quanto fu nascosto per evitare di 133 Le Epidemie demoralizzare ulteriormente le popolazioni sfinite dalla guerra. In Valle d’Aosta i morti furono 1286 e, questa volta, all’infuori di Bionaz e Avise già risparmiate nel 1867, ogni paese contò le sue vittime. A Saint-Christophe quell’anno morirono 39 persone, di cui 15 per l’epidemia.5 Da allora in poi, grazie ai continui progressi della medicina e delle condizioni di vita, queste calamità colpirono sempre meno le nostre popolazioni, anche se ora sembrano essere rimpiazzate da nuove malattie sempre più refrattarie ad ogni tipo di cura. Noi, discendenti di coloro che soffrirono e sopportarono queste calamità, non possiamo che ricordare e rispettare le loro tribolazioni. Potrebbero essere indicate a questo scopo le parole con cui il «Messager Valdôtain» del 1920 terminò la lunga relazione su quest’ultima epidemia: «Autour de cet évènement fâcheux il s’est fait peu de bruit, il n’y a eu que le silence. Silence des journaux au moment où 1’épidémie promenait ses ravages, afin de ne pas répandre la frayeur par des nouvelles accablantes. Silence des personnes qui se sont dévouées et qui avaient mieux à faire que de se donner en pâture à l’admiration populaire. Silence des populations bénéfìciées, qui sont en général plus capables d’éprouver un noble sentiment que de 1’exprimer. Silence des autorités civiles lesquelles, absorbées par les exigences de la guerre et par les réjouissances de la paix n’ont pas eu un regard d’approbation, un mot de reconnaissances pour les braves qui, en cette triste conjoncture, se sont sacrfiés de façon si exemplaire. Puissent ces pages, si incomplètes soient-elles, réparer en partie ces oublis et rappeler à nos petits-fils cette heure sombre que nous avons traversée, avec tant d’autres, au cours desquelles, pourtant, 1’espérance ne nous a jamais abandonnés.» 5 «Le Messager Valdôtain 1920».