8 marzo, a Casa di Nostra Signora "apericena" musicale e poetico,Il
Transcript
8 marzo, a Casa di Nostra Signora "apericena" musicale e poetico,Il
Musical al Ponchielli nel segno del gemellaggio postterremoto Un inno alla vita: con gli occhi lucidi, lo sguardo rivolto al cielo e l’abbraccio vigoroso di tutta una città. Questo è stata la serata di beneficenza di sabato 18 marzo con la rappresentazione di “Quasi una carezza”, il musical sulla vita di santa Camilla Battista Varano portato sul palcoscenico del Ponchielli dalla compagnia “Teatro in bilico” di Camerino. Non professionisti, ma gente coinvolta con passione in un’avventura che, dopo il disastroso sisma nelle Marche, ha tutto il sapore di una tenace volontà di riappropriarsi della propria storia, anche religiosa. Una serata che ha unito singolarmente l’intento benefico di partecipare alla ricostruzione del Monastero di Clarisse, ove è custodita la tomba della santa camerinese, con la riconoscenza civica di Cremona alla “meglio cittadinanza” che si è prodigata nei soccorsi post terremoto. Un colpo d’occhio che ha forse impressionato, prima dello spettacolo, la platea del teatro: un palcoscenico che faticava a contenere i rappresentanti di vigili del fuoco, forze dell’ordine, esercito, protezione civile, croce rossa, caritas diocesana, geometri, ingegneri, architetti, associazioni e studenti che si sono avvicendati in centro Italia sin dall’inizio dell’emergenza sismica, e ancora oggi in attività. I sindaci di Cremona e Camerino, e il Vescovo Antonio – “il nostro don Antonello”, a sentire gli amici della cittadina ora completamente abbandonata dalla popolazione e presidiata dall’esercito – hanno trovato le parole per un atto di gratitudine bello, doveroso e meritato. Le immagini del centro televisivo diocesano hanno documentato in particolare il gemellaggio tra la realtà cremonese e l’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche. Dopo l’ampia pagina introduttiva, il ricordo del terremoto ha lasciato posto alla celebrazione di una memoria ancor più radicata e sacra: il racconto teatrale della traccia di santità impressa nel cuore dei camerinesi da Camilla Battista Varano, canonizzata nel 2010 da Benedetto XVI. “Una donna vissuta nel 1400 ma con una personalità fortemente moderna e attuale – ha commentato la regista – la personalità di chi trova quel coraggio e quella determinazione che solo la fede e l’amore in Dio possono dare”. Di nascita nobile e agiata, Camilla avverte il richiamo a una vita povera e obbediente, fortemente contrastato dal padre, fino all’approdo sofferto alla consacrazione tra le sorelle povere di S. Chiara, le Clarisse. Il suo “viaggio”, illuminato da particolari illuminazioni mistiche fino alla morte (nel 1524), è stato raccontato con grazia ed eleganza sui registri di musica, danza, e recitazione, nella semplicità essenziale di scena e coreografia. La scelta narrativa della regista Giulia Giontella – che dagli scritti di Camilla ha ricostruito alcuni passaggi decisivi della vicenda – ha privilegiato il tono intimo e coinvolgente per lo spettatore, perché la storia continui a essere sentita come “propria”. “Ora a Camerino è rimasta solo Camilla, nella sua urna silente e solitaria – dice la giovane regista – le sorelle clarisse sono state costrette a lasciare il monastero. Tutto questo ci manca tremendamente. Ci mancano le sorelle clarisse, ci manca Camilla e la possibilità di farle visita. Con questa storia vogliamo trovare il modo di rimetterci in cammino insieme a Camilla, riprendere il viaggio anche se pieno di difficoltà, per rinascere ancora una volta, senza paura”. LO SPETTACOLO Lo spettacolo «Come una carezza. Il viaggio di Camilla Battista Varano» nacque nel 2015 per festeggiare il quinquennio della canonizzazione di Camilla le cui spoglie riposano in una povera ma bellissima urna del Monastero di Santa Chiara a Camerino. Camerino e il suo territorio sono particolarmente legati a Camilla, alla sua intensa storia e alle clarisse che abitano il Monastero, luogo bellissimo costruito per Camilla dal padre e nel quale lei visse tutta la vita fondando la comunità di clarisse. Dopo il violentissimo terremoto del 26 e 30 ottobre scorso il Monastero di Santa Chiara è andato quasi completamente distrutto e Camerino ha perduto un luogo simbolo di accoglienza e spiritualità. Le sorelle clarisse sono state costrette a lasciare il monastero e a trovare ricovero presso quello di San Severino Marche. Solo Camilla è rimasta ad abitarvi, nella sua urna silente e solitaria. «Come una carezza» ora, viene portato in scena perché il ricavato possa permettere la ricostruzione del Monastero di Santa Chiara, per ridarlo alla città di Camerino, alle suore clarisse, all’Italia. La sceneggiatura del musical è tratta dagli scritti di S. Camilla Battista Varano ed è basata sulla sua esperienza umana e spirituale. Focalizzando l’attenzione sul tema dell’incontro con Cristo e del capovolgimento che tale incontro opera in chi si lascia toccare dalla Parola, lo spettacolo – attraverso il linguaggio musicale e della danza – si sofferma sulla battaglia che Camilla è chiamata ad affrontare prima di tutto con Dio (“in nessun modo volevo farmi suora”), poi con se stessa (“il mio cuore era imprigionato”), quindi con la sua famiglia e i suoi condizionamenti (“il faraone, cioè mio padre, mi teneva legata a sé e non mi avrebbe mai lasciata libera di partire”), nonché con il mondo circostante (“la vita mondana mi attraeva forte”), fino a sperimentare quella pace e quella pienezza che nascono in lei quando “sciolse le briglie del suo cuore e si lanciò in un volo meraviglioso”. IL CAST testo e regia Giulia Giontella con Maria Vittoria Mancini, Emy Morelli, Giulia Giontella, Luigi Vannucci, Sara Moscatelli, Claudio Cingolani, Diego Romano Perinelli e con Stefano Ronconi, Rossella Campolungo, Roberta Grifantini, Stefano Severini, Stefano Burotti, Claudia Caprodossi, Luciano Birocco, Silvia Gubbini, Stefania Scuri coreografie Emy Morelli e Maria Vittoria Mancini movimenti di scena Emy Morelli, Giulia Giontella, Maria Vittoria Mancini direttore di scena Roberto Valentini tecnico audio Leonardo Francesconi Zona 3, dal 20 al 22 marzo gli esercizi spirituali quaresimali Sarà il vescovo Napolioni a suggerire, lunedì 20 marzo, la prima delle meditazione degli esercizi spirituali quaresimali per adulti promossi dalla Zona pastorale 3 fino a mercoledì 22 marzo. “Protagonisti nel Mistero della Chiesa” è il titolo degli esercizi, che nelle successive serate vedranno intervenire la prof. Paola Bignardi. La proposta prevede momenti comunitari e personali. Anzitutto, infatti, viene suggerito di programmare nelle parrocchie un momento di inizio giornata per la recita delle lodi, che potrebbero essere pregate anche personalmente. Durante la giornata ciascuno è chiamato, quindi, a trovare un tempo per la meditazione. Nelle tre serata dal 20 al 21 marzo l’appuntamento è quindi presso presso la chiesa del Buon Pastore, dell’oratorio Sirino di Soresina, dove la proposta della lectio sarà seguita da un laboratorio a gruppi. Le tematiche proposte saranno: Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo. A immagine di Gesù; Filippo, una strada deserta, a mezzogiorno… La missione non ha confini; Paolo e Barnaba. In comunione attraverso i contrasti umani. Ciascuno è quindi invitato a chiudere ogni giornata con la preghiera di Compieta. Locandina dell’iniziativa Il sussidio di preghiera Mille cremonesi all'incontro con Papa Francesco Circa un migliaio i cremonesi che nel pomeriggio di sabato 25 marzo saranno a Monza per partecipare alla Messa presieduta da Papa Francesco, in occasione del suo viaggio apostolico in Lombardia. Celebrazione che, naturalmente, vedrà anche la presenza del vescovo Antonio Napolioni che, insieme all’emerito Dante Lafranconi, in mattinata prenderanno parte all’incontro nel Duomo di Milano tra il Pontefice e il clero e i religiosi ambrosiani. Ben 18 i pullman in partenza dalla diocesi di Cremona, per lo più organizzati dalle parrocchie della Bergamasca, di Cassano (2 bus) e del Cremonese. Tra questi anche 4 mezzi organizzati dall’agenzia turistica diocesana ProfiloTours raccogliendo diverse adesione di singoli. Da segnalare, inoltre, la consistente presenza del Cammino Neocatecumenale, che sarà presente con un gruppo di circa 200 persone. Elenco delle parrocchie iscritte: Arzago d’Adda, Brignano Gera d’Adda, Calvenzano, Casaletto di Sopra, Casirate, Cassano d’Adda, Costa Sant’Abramo, Covo, Cremona / San Bernardo, Gadesco Pieve Delmona, Melotta, Motta Baluffi, Persico Dosimo, Pizzighettone, Rivolta d’Adda, Scandolara Ravara, Soncino, Sospiro, Stagno Lombardo, Vailate. Il programma della vista di Francesco L’arrivo di Papa Francesco a Milano è previsto per le ore 8 di sabato 25 marzo all’aeroporto di Linate, dove sarà accolto dall’arcivescovo Angelo Scola e dalle autorità. Prima tappa, quindi, verso le ore 8.30, presso una delle zone periferiche del capoluogo meneghino, il Quartiere Forlanini, e in particolare le Case Bianche di via Salomone, una delle zone più povere e degradate della città. Qui visiterà due famiglie nei rispettivi appartamenti. Quindi incontrerà i residenti sul piazzale e i rappresentanti di famiglie rom, islamici e immigrati. All’arrivo in Duomo – previsto per le ore 10 incontrerà i sacerdoti e i consacrati, introdotto dell’arcivescovo Scola. Per l’occasione il dialogherà con i religiosi presenti, rispondendo – il Papa dal saluto Pontefice ad alcune domande. Alle 11 seguirà la recita dell’Angelus sul sagrato del Duomo e la benedizione dei fedeli presenti in piazza. L’arrivo alla Casa Circondariale di San Vittore, previsto per le ore 11.30, vedrà la visita al carcere e, alle 12.30, il pranzo con 100 detenuti nel Terzo Raggio. Quindi il trasferimento, sempre in auto, verso il Parco di Monza per la celebrazione della Messa, che inizierà alle 15 e si concluderà con il ringraziamento dell’Arcivescovo. Alle 16.30 è previsto il trasferimento in auto allo Stadio Meazza-San Siro di Milano per l’incontro con i cresimati. Per l’occasione il Pontefice risponderà ad alcune domande di un cresimato, di un genitore e di un catechista. Al termine dell’incontro Papa Francesco ripartirà per Roma dall’aeroporto di Milano-Linate. Martedì 21 marzo a S. Abbondio Messa del Vescovo per il movimento dei Focolari Martedì 21 marzo, alle 20.30, nella chiesa parrocchiale di S. Abbondio, a Cremona, il vescovo Antonio Napolioni presiederà l’Eucaristia per i membri del movimento dei Focolari nel nono anniversario della morte della fondatrice, Chiara Lubich. Chiara Lubich: le tappe della vita Chiara Lubich nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli. La madre è una fervente cattolica, il padre socialista. Il fratello Gino è fra le fila dei partigiani, poi giornalista dell’Unità. Poco più che ventenne, insegna alle scuole elementari e inizia gli studi di filosofia all’Università di Venezia, spinta da un’appassionata ricerca della verità. Il 7 dicembre 1943 è la data che segna convenzionalmente gli inizi del Movimento che nascerà, grazie alla scelta di seguire per sempre il Signore. Il 13 maggio 1944 Trento è colpita da uno dei più violenti bombardamenti. Anche casa Lubich è gravemente lesionata. Mentre i familiari sfollano in montagna, Chiara decide di rimanere a Trento per non abbandonare la nuova vita nascente. È tra i poveri di Trento che inizia quella che Chiara definisce “una divina avventura”. Condividono con i poveri tutto ciò che hanno. In piena guerra, viveri, vestiario e medicinali arrivano con insolita abbondanza, per le molte necessità. Sperimentano l’attuarsi delle promesse evangeliche: “date e vi sarà dato”, “chiedete e otterrete”. Di qui la convinzione che nel Vangelo vissuto si trova la soluzione di ogni problema individuale e sociale. Tra le macerie abbraccia una donna impazzita dal dolore, che le grida la morte dei suoi 4 figli. Avverte la chiamata ad abbracciare il dolore dell’umanità. Dall’incontro, nel 1948, con Igino Giordani, deputato, scrittore, ecumenista, padre di 4 figli, il Movimento nascente ha una sua nuova apertura sul sociale, sulla famiglia e poi sul mondo ecumenico, tanto che Giordani viene considerato cofondatore. Da quel piccolo gruppo nasce e si diffonde un movimento di rinnovamento spirituale e sociale chiamato Movimento dei Focolari. Pur essendo una realtà unica, per la varietà delle persone che lo compongono (famiglie, giovani, sacerdoti, religiosi e religiose di vari istituti, e vescovi) si snoda in 18 diramazioni, di cui 6 movimenti ad ampio raggio: Famiglie Nuove, Umanità Nuova, Movimento Parrocchiale, Movimento Diocesano, Giovani per un mondo unito, Ragazzi per l’unità, e molteplici realizzazioni tra cui il progetto per una Economia di comunione in cui sono impegnate oltre 750 aziende. 26 le cittadelle di testimonianza, case editrici, periodici in varie lingue, più di 1000 opere e attività sociali. Con la diffusione mondiale del movimento, crollano nazionalismi e razzismi – pur a dimensione di “laboratorio” – anche nei punti caldi del mondo, come Medio Oriente, Balcani, Congo e Burundi, Irlanda del nord. “Lo sviluppo del Movimento dei Focolari getta ponti tra le persone, le generazioni, le categorie sociali e i popoli, in un’epoca in cui le differenze etniche e religiose conducono troppo spesso a conflitti violenti”: è la motivazione del Premio Unesco ’96 per l’Educazione alla Pace. Questo contributo è riconosciuto anche da altri premi internazionali, come il Premio Diritti Umani ’98, e da cittadinanze onorarie conferitele da città come Buenos Aires, Roma, Firenze. È per l’impatto con il dramma della miseria alle periferie di una metropoli come San Paolo, durante un viaggio in Brasile, nel 1991, che Chiara dà il via al progetto dell’Economia di Comunione, che ispira la gestione di centinaia di aziende nel mondo e fa intravedere una nuova teoria economica. Viene presentata in convegni promossi da numerosi atenei e organizzazioni internazionali, come a Strasburgo, in occasione del 50° anniversario del Consiglio d’Europa, dove Chiara stessa è invitata ad intervenire. Chiara Lubich muore il 14 marzo 2008, dopo una lunga malattia nella sua casa di Rocca di Papa, dopo aver ricevuto la visita di centinaia di persone, dopo aver ricevuto la visita in ospedale del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ed essere stata confortata da una lettera personale di Benedetto XVI. Il 18 marzo si svolge il funerale nella basilica di San Paolo fuori le mura, celebrato dal Segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone. Sinodo, mercoledì giovani lavoratori a confronto al Consorzio Casalasco del Pomodoro È nell’ambito del cammino sinodale che la sera di mercoledì 22 marzo si svolgerà un confronto tra i giovani lavoratori dell’area agricola del Casalasco-Mantovano e il vescovo Antonio. L’appuntamento è alle 21 nella sede del Consorzio Casalasco del Pomodoro a Rivarolo del Re (ingresso da via Martiri di Belfiore). A promuovere l’incontro gli Uffici diocesani per la Pastorale sociale e del lavoro e la Pastorale giovanile, in collaborazione con il Consorzio Casalasco del Pomodoro, il Consorzio Agrario di Cremona, Coldiretti e Libera Agricoltori. Attesi sia i lavoratori del Consorzio del pomodoro che quanti a diverso modo operano in ambito agricolo o dell’agroalimentare: imprenditori, agenti e lavoratori, siano essi coltivatori autonomi o coadiutori di aziende agricole famigliari. Tutti giovani under 35 delle zone pastorali 9, 10 e 11. L’iniziativa si inserisce nella serie di incontri in preparazione del Sinodo diocesano dei giovani. Sarà un momento di reciproco ascolto rispetto alle finalità che il Sinodo si propone e le problematiche tipiche dei lavoratori, con uno sguardo privilegiato dell’agricoltura. al settore agroalimentare e “Confronti e approfondimenti sul ruolo dei giovani nell’agricoltura: obiettivi e prospettive future” è il titolo dell’incontro. «Sarà una serata di dialogo – anticipa Sante Mussetola, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro – rispetto alle aspettative dei giovani per un lavoro che possa davvero essere “libero, creativo, partecipativo e solidale” per citare il numero 192 di Evangelii Gaudium». «Nella consapevolezza – prosegue Mussetola – che il lavoro è una vocazione, cioè un percorso di crescita capace di coinvolgere l’integralità della persona; ed è un valore, in quanto ha a che fare con la dignità della persona; ma anche un’opportunità per l’innovazione nel campo istituzionale e produttivo, visto che il lavoro non si crea né per caso né per decreto. Il lavoro, così, diventa anche fondamento della comunità, in quanto valorizza la persona all’interno di un gruppo sostenendo la relazione tra le persone e sviluppando una identità aperta alla conoscenza e alla integrazione. Lavoro che è anche legalità, cioè una occasione importante per creare luoghi trasparenti affinché le relazioni siano autentiche e basate sul senso di giustizia e di eguaglianza nelle opportunità». «Sarà una riflessione sul tema dei giovani e del futuro – conclude don Paolo Arienti, incaricato diocesano per la Pastorale giovanile – che si pone come parte integrante di questa fase preparatoria del Sinodo dei giovani». Locandina dell’incontro Il Vescovo in vista a Casa Paola Nel caldo e soleggiato pomeriggio di venerdì 17 marzo il vescovo Antonio Napolioni a Rivarolo del Re ha fatto visita a Casa Paola, dell’associazione onlus “La Tenda di Cristo”, che si propone di accogliere bisognosi, collocandoli in specifiche comunità. Esistono diverse sedi dislocate sul territorio. Immersa nella campagna cremonese, Casa Paola è un’ex cascina fatiscente rimessa a nuovo, dove sono accolti quanti sono vissuti da varie solitudini. Con 65 posti disponibili, è un punto di ferimento per emergenze, profughi, abbandonati, sfrattati e altre situazioni di particolari necessità e povertà. Accompagnato dal segretario don Flavio Meani, mons. Napolioni è stato calorosamente accolto dal responsabile, padre Francesco Zambotti, dalla vice responsabile, Pierangela Cattaneo, dal parroco del paese, don Luigi Pisani, e dal sindaco di Rivarolo del Re, Marco Vezzoni. Come prima tappa, il Vescovo è stato invitato nella chiesetta. A far da cicerone padre Francesco. Subito dopo, la visita all’adiacente sala riunioni dove si fa scuola ai ragazzi e vengono svolti corsi e laboratori; sulla parente la gigantografia della professoressa Paola, originaria di Como ma insediata a Cremona, morta a poco più di sessanta anni a causa di un tumore al sangue, alla quale, per la sua forte spiritualità, è stata dedicata la struttura. La visita è proseguita lungo il porticato esterno adiacente all’infermeria, alla direzione e alle stanze private, sotto lo sguardo dei presenti, tra sorrisi, carezze, parole di saluto, presentazioni, abbracci e strette di mano con bambini, donne, giovani e anziani. Sino a raggiungere la sala mensa con la cucina, dove è stato donato al Vescovo un pacchettino contenente una collana azzurra. L’anziana mascotte della Casa, Franchina Cocchetti, ha letto un’applaudita lettere di benvenuto. Dopo una fugace merenda, mons. Napolioni si è messo alla prova sfidando alcuni giovani profughi al bigliardino. Successivamente la visita all’ex Silos intitolato “Tenda della Luce”, divenuto, grazie al lavoro di volontari edili, un luogo di ritiro spirituale: al primo piano cucina e bagno, al secondo la cappella per l’orazione. Qui, dopo aver salito la stretta scala a chiocciola in legno, il Vescovo ha sostato in preghiera. «La benedizione di Dio onnipotente scenda su questa comunità colorata, su tutti i volontari e sulle famiglie che qui s’incontrano». Con parole piene di fiducia e speranza per il futuro, una volta ritornato in cortile, sotto il porticato, il vescovo Napolioni ha salutato tutti i presenti dopo la recita comunitaria del Padre Nostro. Giulia Orlandi Photogallery La testimonianza di Gianna Jessen, sopravvissuta all'aborto È stata Gianna Jessen, sopravvissuta ad un aborto salino alla trentesima settimana di cui porta i segni (sono visibili le difficoltà di deambulazione), il primo ospite d’eccezione dei tre Quaresimali proposti dalla Parrocchia di Soresina. Una donna entusiasta della vita e che trasmette questo entusiasmo a chi la circonda. Questo entusiasmo e la forza per testimoniarlo, come ha essa stesso dichiarato nella sua toccante e coinvolgente testimonianza, deriva da Gesù e dal suo infinito amore per ogni essere umano. Accompagnata da un’interprete, Gianna, con fare molto familiare ma diretto, ha raccontato la sua vita, la sua esperienza, la sua battaglia per la vita: «Io sono viva grazie a Gesù, che mi ha protetta nel grembo di mia madre che ha cercato di abortirmi alla trentesima settimana. Io sono nata nella più grande clinica abortista d’America. Sono viva perché al momento della mia espulsione il medico di turno non era ancora in servizio e l’infermiera che era là ha chiamato l’ambulanza e sono stata portata in ospedale dove, contro ogni pronostico, sono vissuta». E continuando a raccontare ha quindi spiegato che essere nata viva ed essere stata soccorsa per l’assenza del medico non è stata una coincidenza, ma il progetto d’amore di Dio per lei. Dio che l’ha fatta nascere donna: «È stato geniale a farmi nascere donna in questo affare tipicamente femminile». E poi ha aggiunto: «Voglio dirvi una cosa bella e d’attualità: il presidente Trump ha revocato i fondi statali alla clinica abortista in cui sono nata. Sono felice perché questo significa milioni di vite che i contribuenti, loro malgrado, non saranno costretti a stroncare». Ha poi continuato il suo racconto spiegando che, ovviamente, la sua madre biologica non l’ha voluta e, dunque, è stata affidata a una casa d’accoglienza dove non era amata. «Dio però non mi ha abbandonata – ha ricordato – e mi fatto incontrare Penny, la mia mamma adottiva, che mi ha amata tantissimo, mi ha supportata e aiutata a superare la mia disabilità. Come conseguenza dell’aborto, infatti, una paralisi celebrale mi impediva di camminare. I medici disperavano che riuscissi ad alzarmi dal letto. Penny faceva con me fisioterapia tre volte al giorno. Ho cominciato ad alzare la testa e poi a camminare. Avevo tre anni. Oggi cammino con difficoltà; devo essere aiutata; non ho molto senso dell’equilibrio. Non so se questa cosa si risolverà, ma di una cosa sono certa: se dovrò gattonare per arrivare in Paradiso, non darò al diavolo la soddisfazione di non farcela. E se voi riuscite a camminare senza aiuti, per favore, non lamentatevi!». Dalle parole della Jessen è apparsa evidente la sua forza di volontà; lei stessa ha detto di averne. E ha aggiunto: «Ho una grande volontà, anche per parlare di Dio in un mondo in cui Dio non è abbastanza sofisticato, o almeno così sembra. Quello che voglio dirvi e testimoniarvi è che tutti hanno vissuto delle tragedie, ma non bisogna vivere nel passato e se vi affidate a Dio vi aiuterà ad andare avanti. A chi ha abortito dico di affidarsi a Dio, perché li perdonerà, perché Dio perdona tutti e tutto, per questo è morto in croce, per ottenerci il perdono. E affidandosi a Dio verrà meno il peso dell’aborto che ciascuno ha sul cuore, o almeno non sarà portato in solitudine. E non sottovalutate la forza della preghiera: pregate, pregate, perché Dio ascolta le nostre preghiere». La Jessen ha accettato di aprire poi un dialogo con il pubblico e ha risposto alle numerose domande degli intervenuti. Nel pubblico era presente anche un piccolo gruppo proveniente dalla California, stato di provenienza della Jessen. Una portavoce è intervenuta e ha chiesto a Gianna del film ispirato alla sua vita e anche – sapendo che canta – di intonare una canzone. La Jessen non ha esitato a commentare il film, specificando che è solo ispirato alla sua vita, ma non è un’autobiografia. E poi ha intonato l’Alleluja, invitando i presenti a cantare con lei. Chiusa la serata, la Jessen ha salutato personalmente tutti gli intervenuti che hanno voluto un incontro a tu per tu, stringerle la mano, scattare un selfie, incoraggiarla, chiedere di avere, in qualche modo, il suo coraggio. La serata è stata animata dal Coro Psallentes, diretto dal maestro Alessandro Manara, che ha proposto alcuni canti. L’incontro è servito anche per ricordare la Marcia della Vita, la settima, che si svolgerà a Roma il prossimo 20 maggio, a cui prenderà parte anche Gianna Jessen. I prossimi Quaersimali in programma sono con Ernesto Olivero, fondatore del Servizio Missionario Giovanile Arsenale della Pace (venerdì 24 marzo) e con don Maurizio Patriciello, parroco della “Terra dei fuochi”, (giovedì 30 marzo). Sempre alle 21 nel salone Mosconi del Centro pastorale parrocchiale di Soresina. Annalisa Tondini Photogallery della serata On-line i contributi della due-giorni assistenti d'oratorio Condividere una riflessione sui linguaggi e sui percorsi della pastorale giovanile è stato l’obiettivo della due giorni di studio dedicata a educatori e responsabili, promossa dalla Federazione Oratori Cremonesi. Accolti nell’ala rinnovata del Seminario – ora riservata alla residenza della comunità di formazione – al selezionato gruppo di sacerdoti, religiosi e religiose dediti alla pastorale si sono affiancati anche alcuni giovani provenienti dalla realtà oratoriane del territorio, e l’intero gruppo dei seminaristi. Mercoledì 15, alle 18, ad introdurre il percorso è stato invitato Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Tecnologie dell’istruzione dell’apprendimento presso la Cattolica di Milano. “Generazioni mute?” il suggestivo titolo del suo intervento, la questione da cui è partita l’attenta e scientificamente documentata analisi dell’universo giovanile, protagonista dell’epocale trasformazione legata all’evoluzione tecnologica. All’attento gruppo dei partecipanti il docente ha elencato – e implacabilmente “smontato” – una serie di luoghi comuni con i quali il mondo adulto classifica la comunicazione, o la presunta povertà relazionale, delle nuove generazioni. Quelle che, con una certa rassegnazione, vengono definite “native” del nuovo ambiente digitale. Nell’epoca della cosiddetta post-verità, nella quale si costruiscono nuovi miti trasformando il sentire della cultura (ciò che si dice, ciò che si percepisce…) in apparente realtà, è facile lasciarsi tentare dalle semplificazioni. Alcuni esempi? Gli studi smentiscono che i giovani confondano ingenuamente internet con il mondo reale, o ne siano dipendenti, dimostrando che – nonostante la prolungata permanenza nel nuovo ambiente mediale – si mantenga chiara la distanza, come pure il senso di profondità e verità della relazione, pure spesso mediata. Se da una parte i giovani non si preoccupano di esporsi nello spazio pubblico (vedi la disinvoltura di esibizione dell’intimità per la comunicazione attraverso i social), dall’altra emerge un grande bisogno di contatto, una ricerca di incontro e relazione che è troppo sbrigativo squalificare come virtuale. Non c’è nulla di semplice – ha affermato il prof. Rivoltella – nella descrizione di questi fenomeni, nulla che possa essere condensato in facili slogan, che spesso alimentano gli alibi con i quali la generazione adulta cerca di coprire i vuoti relazionali che non ha saputo colmare. Dove gli adulti hanno cessato di educare, non serve correre ai ripari “proteggendo” dai media. prof. Rivoltella – Generazioni mute? Nella stessa serata di mercoledì 15 la riflessione si è concentrata sul rapporto tra giovani e pastorale giovanile. Protagonista della seconda tappa dei lavori è stato il responsabile della Pastorale giovanile nazionale, don Michele Falabretti. Proveniente dall’esperienza nella diocesi di Bergamo e all’ODL (il coordinamento lombardo degli Oratori), il suo intervento si è aperto con un commosso ricordo della figura di don Giampaolo Rossoni, amato e stimato costruttore di comunione nel suo lungo servizio alla pastorale giovanile. Un omaggio dai toni intimi e affatto formali. La domanda che ha mosso l’intervento del relatore ha affrontato il tema sotteso al cammino sinodale intrapreso in diocesi, cioè la possibilità di un fecondo incontro tra pastorale e realtà del mondo giovanile odierno. “Rette divergenti”? Il responsabile CEI ha ripercorso, nella sua densa riflessione, il racconto dell’accompagnamento ricevuto dai giovani fin dall’iniziazione cristiana, e poi nella trasformazione dei riferimenti educativi e dei processi di crescita nella preadolescenza, e infine nella mutata – e per molti versi inedita – condizione dei giovani di oggi. Oltre la tentazione del disarmo o il rimpianto per modelli di appartenenza e di formazione (oggi sempre più frammentati e informali), don Falabretti ha riproposto con intensità il dovere di riappropriarsi della sfida educativa. Anche con una generazione nutrita a “fiction” e “talent”, nello show di una vita irreale che tuttavia non riesce a spegnere un domanda autentica di vita e di senso. Oggi più che mai i giovani gridano il bisogno di testimoni e di padri, e di parole che – vissute da educatori liberi e adulti – tornino a suscitare risposte. don Falabretti – Giovani e PG: solo rette divergenti? Nella mattinata di giovedì 16 marzo alle intelligenti provocazioni di don Falabretti è seguito un serio confronto a gruppi tra i partecipanti, in una sorta di feed-back impregnato di esperienze, confronti e approcci differenti sperimentati sul vivo delle relazioni e dei contesti pastorali. don Falabretti – Riflessioni dopo i lavori di gruppo Il lucido intervento del liturgista don Marco Gallo, della diocesi di Saluzzo, ha poi concluso il cammino di riflessione offerto al gruppo. Sotto la lente di ingrandimento i linguaggi della celebrazione e del rito, terreni di coinvolgimento a volte impervi per le giovani generazioni. Nel suo apporto alla riflessione ha sottolineato il ruolo della “seduzione”, come terreno fecondo in cui il linguaggio può attivare i livelli spirituale dell’esistenza. Anche la preghiera, arricchita e curata dal versante simbolico e vitale, può scegliere uno stile comunicativo efficace: distinguendosi dalla catechesi, valorizzando corporeità ed esperienza, celebrando il rito come luogo di incontro di musica, arte, testi e azioni. don Gallo – I linguaggi della fede e l’approccio ai giovani La due giorni dedicata a formatori e responsabili della pastorale giovanile si è rivelata intensa e ricca di spunti di proficuo approfondimento. Un tassello importante del cammino sinodale. Photogallery I vescovi Antonio e Dante domenica all'ordinazione del nuovo pastore di Crema Anche il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e l’emerito mons. Dante Lafranconi prenderanno parte alla Messa di ordinazione episcopale di mons. Daniele Gianotti (in foto a sinistra), scelto da Papa Francesco come successore di mons. Oscar Cantoni sulla cattedra di Crema. La solenne celebrazione si terrà nel pomeriggio di domenica 19 marzo alle 16.30 nella Cattedrale di Reggio Emilia, sua diocesi di origine. A imporre le mani sarà il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla mons. Massimo Camisasca (in foto a destra). Mons. Gianotti farà il proprio ingresso in Diocesi di Crema nel pomeriggio di domenica 2 aprile. Sarà il 28esimo vescovo dal 1580, succedendo a mons. Oscar Cantoni, tornato a Como come pastore dopo aver guidato per undici anni anni la diocesi cremasca che, suddivisa in sei zone pastorali, conta 62 parrocchie e 100.800 abitanti. Biografia di mons. Daniele Gianotti Il Rev.do Daniele Gianotti è nato a Calerno, Frazione di S. Ilario d’Enza, nella provincia di Reggio Emilia, il 14 settembre 1957. Entrato nel Seminario Minore Diocesano, ha frequentato la Scuola media inferiore e il Liceo classico “Ludovico Ariosto” di Reggio Emilia. Nel 1976 è stato inviato a Roma e, come alunno dell’Almo Collegio Capranica, ha frequentato i corsi di filosofia e di teologia presso la “Pontificia Università Gregoriana”, ottenendo la Licenza in Teologia nel 1983 e il diploma in Teologia e Scienze Patristiche all’Istituto “Augustinianum” nel 1984. È stato ordinato Sacerdote il 19 giugno 1982 a Calerno, suo paese natale, da S.E. Mons. Gilberto Baroni, per la diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. Mons. Gianotti ha svolto i seguenti incarichi pastorali: Segretario e poi Prefetto degli studi all’Istituto di Scienze religiose dal 1985 al 1999; Assistente ecclesiastico AGESCI per la zona di Reggio Emilia dal 1987 al 1989; Membro del Collegio dei consultori dal 1993 al 2000; Direttore dell’ufficio liturgico diocesano e Animatore della scuola diocesana di musica per la liturgia dal 1995 al 2000; Segretario del Consiglio presbiterale diocesano dal 1990 al 1999 e dal 2000 al 2005 Vicario Episcopale per la Pastorale. Dal 1985 è Docente presso lo “Studio teologico interdiocesano” di Reggio Emilia-Guastalla, Modena, Parma e Carpi e presso l’ “Istituto di Scienze Religiose” di Reggio Emilia. Dal 1988 è Canonico della Cattedrale e dal 1994 Prefetto degli Studi nel Seminario diocesano. Dal 1997 è Docente di Teologia Sistematica e di Patrologia allo “Studio teologico accademico bolognese”, Sezione seminario regionale, e agli Istituti Superiori di Scienze religiose di Bologna e di Modena; dal 1999 è Delegato vescovile per la Formazione permanente del clero giovane; dal 2000 è Incaricato vescovile per l’amministrazione della Cresima e Vicario Episcopale per la progettazione e la formazione pastorale; dal 2001 è Docente stabile straordinario di Teologia sistematica alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e dal 2005 è Vicario Episcopale per la cultura. Ha collaborato inoltre con il Vescovo nella Visita Pastorale e come membro della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Inoltre, è stato animatore della pastorale vocazionale, apprezzato conferenziere, animatore della formazione dei laici nella missione diocesana a Kibungo (Rwanda). Egli è stato uno degli ideatori del progetto “Hospice”, attivo dal 2001, casa ospedaliera che si occupa dell’assistenza dei malati terminali di tumore nella provincia di Reggio Emilia, e centro culturale e di riflessione sul tema della morte nella vita del cristiano. È anche autore di diverse patristico e liturgico. pubblicazioni di carattere Lo scorso 11 gennaio l’annuncio della sua elezione a vescovo di Crema, succedendo a mons. Oscar Cantoni, cremasco trasferito come vescovo nella sua diocesi di origine. “Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza” «Fonte e culmine dell’esperienza cristiana». È la definizione che il vescovo Antonio Napolioni ha dato della liturgia durante l’incontro, promosso dal Centro culturale S. Omobono, nel quale era ospite per presentare la riedizione del volume “Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza”, di Luigi Giussani, insieme a padre Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e curatore del libro. A moderare l’incontro, che si è svolto la sera di giovedì 16 marzo presso il Centro pastorale diocesano di Cremona, Paolo Siboni. Liturgia come fattore imprescindibile, dunque, per la vita del credente, ma che tuttavia “non la esaurisce” perché essa è fatta “di tre pilastri. Alla liturgia si aggiungono la Parola e la vita, cioè l’esistenza carnale di ogni giorno”. «Affascinante – ha definito il Vescovo – il modo con cui Giussani scrive queste pagine, perché intrise di esperienza vissuta». Il legame tra il significato dei momenti liturgici e l’esistenza dell’uomo, infatti, è netto, percepibile. Guai, dunque, a farne due cose separate. «La Liturgia – ha messo in guardia mons. Napolioni – non è nostalgia di un passato, ma memoria di una attualità che rilancia ad un futuro. È ciò che ci mette a contatto con il Cristo della fede che ci viene incontro». Tante, secondo Napolioni, le assonanze tra il volume di Giussani e l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco. E a proposito di Bergoglio, il Vescovo ha rivelato che «il segreto del Papa è la dipendenza filiale dalla Parola resa accessibile attraverso la Liturgia. Questo lo rende impregnato della presenza di Gesù». Nel suo intervento Padre Braschi è partito dalla sua esperienza di sacerdote, confessando un “errore di gioventù” corretto anche grazie alla lettura del libro di Giussani. «Ero animato, come molti altri preti, da una presunzione: pensare che dipendesse da me far cogliere la bellezza della liturgia ai fedeli». Rischio che si corre anche oggi, ha rimarcato mons. Braschi, «quando certe celebrazioni paiono più che altro delle performance per tenere disperatamente desta l’attenzione dei fedeli. La liturgia, invece, è opus dei, opera di Dio, e non prodotto di uno sforzo del celebrante o della comunità». Allora che cosa significa la «partecipazione attiva dei fedeli alla messa» richiamata da Papa Ratzinger? Padre Braschi ne ha precisato il senso: «Non significa: più faccio cose, meglio è. Partecipazione è entrare in sintonia con ciò che Cristo fa accadere in ogni momento liturgico. È un entrare in qualcosa di più grande che diventa nostro proprio perché a questa cosa più grande ci consegniamo. In questo senso, la Liturgia è luogo di trasformazione e di consapevolezza di ciò che siamo». Cristiano Guarneri