il sonno - School for Dreamers
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il sonno - School for Dreamers
IL SONNO di Stefano D’Anna Bellezza ed Eros del Sonno Un aspetto del sonno, che è salda parte dell’immaginario collettivo, è di certo il sonno sensuale. La Venere dormiente, probabilmente l’ultima opera del Maestro del Rinascimento Italiano Giorgione, ritrae una donna nuda il cui profilo corporeo sembra fare eco alle colline sullo sfondo. Il dipinto, noto anche come Venere di Dresda, è un inno alla bellezza, al sonno e alla sensualità. L’implicazione erotica è resa dalla mano posta sull’inguine e dal braccio sollevato. Ancora oggi, in molte culture, mostrare l’ascella è considerata un’ostentazione sessuale, un gesto indecente. La scelta di una donna nuda significò una tale rivoluzione nell’arte che quest’opera viene considerata come uno degli anelli di passaggio all’arte moderna. Il dipinto rimase incompiuto alla morte di Giorgione (1510). Il cielo ed il paesaggio furono poi completati da Tiziano, che alla Venere dormiente si ispirò in seguito nel dipingere la sua Venere di Urbino. Venere dormiente Giorgione, 1510 Olio su tela 108,5 x 175 cm Gemäldegalerie Alte Meister, Dresden Il sonno dopo il sesso Nel 1866 il diplomatico turco Khalil Bey ordinò un dipinto all’artista francese Gustave Coubert, il più importante pittore realista di metà ‘800. L’immagine che raffigura due corpi femminili abbracciati nel sonno, lontano dall’essere un dipinto puramente erotico, ha in sé un elemento di sensualità trasgressiva che non può mancare in una piccola e completa indagine sul sonno. Il lavoro di Courbet offre inoltre lo spunto per notare come sia stata fondamentale la trasgressione nell’arte per espandere le frontiere della libertà e dell’intelligenza, che sono la stessa ed unica cosa. Sonno (Le sommeil) Gustave Coubert, 1866 Olio su tela Musée du Petit Palais, Parigi Lo stretto legame tra sonno, sesso e morte appare ancora più evidente in alcuni capolavori che esprimono la condizione umana (in particolare quella maschile) dell’abbandono del corpo, indifeso, vulnerabile, in uno stato di torpore mortale dopo il sesso. Ad esempio, l’opera ‘Marte e Venere’ di Botticelli esprime bene, attraverso il corpo abbandonato e il volto di Marte, la profonda intuizione infusa nell’espressione che la lingua francese usa come metafora dell’orgasmo, della conditio post coitus: ‘la petite mort’. Marte e Venere Sandro Botticelli, 1483 Tempera su tavola National Gallery, Londra Sonno ascetico, meditativo e profetico Un’osservazione importante è che il sonno fisico non apre di per sé le porte alla prigione del tempo, e non è dormendo che possiamo sperimentare e vivere la condizione di timelessness. Una persona, completamente immersa nel sonno, ha un controllo limitato, se non addirittura nullo, sul suo corpo, sulla sua vita. Come cercherò di dimostrare nelle conclusioni, questa condizione di vulnerabilità e di ridotta consapevolezza, che potrebbe sembrare limitata al solo tempo dedicato al sonno e alla condizione del dormire, è invece una condizione di restrizione non molto differente da quella dell’uomo nello stato cosiddetto di veglia. Né tantomeno il sogno onirico, cui accediamo attraverso il sonno, può farci uscire dal labirinto del tempo e offrirci l’esperienza dell’assenza di tempo. Il day dreaming, il sogno intenzionale ad occhi aperti, così come gli stati meditativi e divinatori, sono intimamente connessi al sonno e da esso ‘trasportati’, e possono assomigliare in qualche modo agli stati indotti dal sonno, ma ne sono diametralmente lontani, non implicando una perdita di controllo su di sé. Anzi, in essi accade esattamente il contrario. La condizione senza tempo del sonno è ben espressa in una immagine del Budda dormiente, la preziosa statua scolpita in un unico, immenso blocco di giada bianca, che ho catturato durante una visita al tempio di Yùfó a Shanghai. È la rappresentazione del sonno ad occhi aperti di un essere vigile e senza tempo. La mitologia Greca contempla un solo uomo, Endimione, a cui Hypnos aveva concesso il privilegio di dormire ad occhi aperti. Budda in giada bianca Jade Buddha Temple (Yùfó Chán Sì) Shanghai Il sonno come fuga In Georgia, nel suo modesto studio a Tiblisi, ho incontrato Koka Tsikhelashvili e la sua straordinaria arte. In particolare ho portato con me questo dipinto. È intitolato ‘Il Volo’. Considero questo quadro una rappresentazione poetica e fiabesca del sonno come fuga da ciò che chiamiamo realtà. Gli uomini cercano rifugio dal dolore per la loro impotenza, e trasformano la tristezza in sonno, affidandosi alle sue ali quando la vita diventa frustrante, troppo soffocante, e non si sa come affrontarla, come trasformarla. L’umanità ordinaria al suo risveglio come prima cosa avverte il dolore di esistere, e vorrebbe zittire quel canto di sofferenza che si porta dentro e che non ha pause. Nel tentativo di sfuggire, di non affrontare la sua condizione, affoga il dolore bevendoci sopra un caffè, immergendosi subito nelle preoccupazioni giornaliere, rientrando nelle sue rassicuranti, vecchie routine. E proprio al risveglio dal sonno, paradossalmente, chiude gli occhi per non sapere, e si lascia catturare dai travagli della sua faticosa esistenza. Ma la fuga nel sonno, reiterata notte dopo notte, si rivela sempre effimera e quella condizione di sofferenza e frustrazione, non riconosciuta ed affrontata, diventa sempre più acuta. Un giorno la scienza scoprirà quello che già sappiamo. Quelle parti oscure del nostro essere, quelle ombre che non disperdiamo con la nostra attenzione, sono la radice di tutte le difficoltà e delle sconfitte che poi incontriamo nella vita. Invece di affondare e sparire nella incoscienza del sonno, Lupelius indicava ai suoi monaci-guerrieri di affrontare i giganti di notte: “La mattina li troverai dei pigmei.” Koka Tsikhelashvili Il Volo Aria Art Gallery, Firenze, Italia La mostruosità del Sonno “Ho sempre immaginato il mostro sonno come una pesante e gigantesca testa con un corpo affusolato sostenuto dalle grucce della realtà. Quando le grucce si spezzano abbiamo la sensazione di cadere” - Salvador Dalì. La testa polposa appare orribile e inquieta… Essa rappresenta il sonno come una condizione scomoda e agitata. Il corpo è inutile e quasi morto. In realtà la testa, sostenuta da più grucce, è appesantita, attiva ma non del tutto consapevole (occhi e orecchie sono chiusi). In verità non ha alcun controllo sulla realtà, e così dipende in modo disperato da quelle corte e fragili grucce che a malapena sostengono la testa e riescono a non farla collassare. Ancor più, sembra che ci sia in corso una tremenda battaglia. Sospinta in avanti dal suo grande peso, la testa lotta contro l’impaccio delle grucce e sembra desiderare soltanto di cadere nell’oscurità, che può essere interpretata come la notte o perfino l’oblio e la morte. Il Sonno Salvador Dalì, 1937 Collezione privata Hypnos La prossima volta che vi troverete al Metropolitan Museum of Art, andate ad ammirare un raro bronzo romano del I secolo a.C. raffigurante Hypnos. La mitologia classica rappresenta questa personificazione del Sonno come un bel giovane uomo, nudo e con un paio di ali che spuntano dalla sua testa. Figlio della dea Nyx, la notte, il suo potere era tale che non solo gli uomini ma perfino gli Dei non potevano resistergli. Secondo una versione del mito, Hypnos viveva nella caverna sotterranea di un’isola Greca; da quella cavità sgorgava il Lete, il fiume dell’oblio. Statua bronzea di Hypnos Roma, I sec. a.C. Metropolitan Museum Sonno e Morte somnus mortis imago "Sleep and his Half-brother Death" J.W. Waterhouse, 1874 Olio su tela Collezione privata La Scuola degli Dei Per andare fino in fondo a questa importante, inquietante visione della tradizione classica, racchiusa nell’aforisma somnus imago mortis, sonno immagine della morte, voglio introdurvi al lavoro di un’antica Scuola e al pensiero di una singolare figura, un monaco-filosofo chiamato Lupelius, uno spirito libero degli anni bui del Medioevo, nativo di quel rifugio di uomini colti che fu l’Irlanda di quel tempo: una terra crocevia di culture e tradizioni, tormentata da guerre e da conflitti di ogni tipo. Tra le tante e difficili imprese della mia vita, ce n’è stata una in particolare che affrontai con poche speranze di poterla condurre a termine: ritrovare il manoscritto originale di Lupelius vecchio di oltre mille anni le cui tracce si erano perse, ingoiate dalle sabbie del tempo. Dopo incredibili vicissitudini, portando la mia ricerca in tre continenti, riuscii infine a trovarlo a Yerevan, in Armenia, presso l’Istituto di Antichi Manoscritti. Ciò che segue è un frammento di saggezza, estratto da questo inestimabile capolavoro di cui ho scritto ne “La Scuola degli Dei” (edizione Efdien 2011). Con il suo inimitabile black humour, burlone universale e maestro del travestimento, Lupelius proclamava che ogni notte gli uomini fanno le prove generali della propria definitiva uscita di scena. Perseverando in questa ‘cattiva abitudine’ del dormire, metà del Pianeta va a letto e bacia i propri figli augurandosi la buona notte, senza lontanamente immaginare quanto sia macabro quel rituale… “Quando saprai che il sonno è la rappresentazione della morte, non potrai più accostarti a essa come eri solito fare prima… In ogni caso, qualunque sia la precauzione che adotterai, non dovrai mai permettere a nessuno, nemmeno alla tua donna, di vederti addormentato… Esercita l’arte di rimanere sveglio! Un guerriero sa che essere colti assonnati significa mostrarsi vulnerabili… È come invitare il mondo ad attaccarci e colpirci a morte.” “La gente si addormenta allo stesso modo in cui si augura di morire… di colpo, improvvisamente… Ma, a qualunque ora, per quanto sia stata lunga la tua giornata e dura la tua battaglia, assicurati di “addormentarti sveglio”… coloro che non sono in grado di gestire la propria energia, alla fine della giornata cadono a letto sfiniti, più morti che vivi… Se proprio devi dormire per qualche minuto, affronta il sonno da sveglio. Questo ti eviterà di cadere in abissi infernali.” Perché siamo svegli? Antropologi, sociologi, esperti di usi e costumi, e soprattutto scienziati, hanno tentato di scoprire il meccanismo che controlla e regola il sonno, diradando la nebbia intorno alla misteriosa natura e origine del sonno. Ma nessuno finora ha dato una concreta risposta alla domanda “perché dormiamo?” Credo che seguendo un percorso scientifico poco esplorato, possiamo comprendere in maggiore profondità il fenomeno del sonno e scoprire insospettabili segreti se spostiamo il fulcro della nostra indagine sullo stato di veglia e ci domandiamo: perché siamo svegli? O più semplicemente: qual è la vera differenza tra essere addormentati ed essere svegli? La sindrome di Endimione Cosa accadrebbe se scoprissimo che la condizione del dormire non è limitata al sonno notturno, ma è lo stato ordinario in cui la maggior parte degli uomini trascorrono tutta la loro vita? Cosa accadrebbe se scoprissimo che in realtà un uomo ordinario non si sveglia mai, e che ciò che egli chiama veglia altro non è che la continuazione di un sonno ininterrotto in cui si consuma la sua intera vita? Il mito di Endimione, condannato da Zeus non a morte ma ad un sonno eterno, e che riceve da Hypnos la speciale capacità di dormire con gli occhi aperti, può ben rappresentare il simbolo cruciale e allo stesso tempo la spietata rappresentazione della condizione dell’uomo così come noi lo conosciamo. La tesi che sto avanzando è che un sonno ipnotico governa tirannicamente l’umanità. L’uomo ordinario, imprigionato in un sonno magnetico, cullato da un canto di dolore, continuerà a mentire a se stesso. Non importa quanto terribile sia la sua vita, continuerà ad indulgere in essa, e non troverà mai la volontà e l’energia per sfuggire alla sua condizione. Sonno ipnotico L’ipotesi di una popolazione planetaria di 7 miliardi di ‘sonnambuli’ che lavorano, insegnano, inquinano, si riproducono, e soprattutto si lottano e si fanno guerra, il tutto in uno stato di sonnolenza se non di ipnotismo, privi di una reale volontà, mossi da fili invisibili come burattini, è scioccante ma ha in sé il profondo fascino di tutte le grandi ipotesi scientifiche, e trova posto tra quelle potenti eresie che poi il trascorrere del tempo ha permesso di riconoscere come pietre angolari della storia delle idee e del pensiero scientifico. Nella Scuola degli Dei ho scritto: “Gli uomini si incontrano in uno stato di sonnambulismo, tribolati da preoccupazioni, annebbiati da dubbi e timori, persi in una quotidiana discordia. S’incontrano tra di loro per barattare oggetti insignificanti e raccogliere vani profitti. La scoperta che non dormiamo solo di notte ma che, ad eccezione di rari momenti di lucidità, di veglia reale, spendiamo per intero la nostra vita in uno stato di inconsapevolezza, può cambiare la nostra visione per sempre, e con essa anche il nostro destino. Nessun sistema politico, religioso o filosofico può cambiare la società dall’esterno. Solo una rivoluzione individuale, una rinascita psicologica, una guarigione dell’Essere, uomo per uomo, cellula per cellula, ci libererà dalla visione ipnotica del mondo, da una prigione auto-costruita. Ci guiderà verso una civiltà più intelligente, più vera, più ricca e più felice.” Per questo c’è bisogno di una Scuola, una scuola di responsabilità, una scuola del risveglio. In essa, le cellule di una nuova umanità impareranno l’Arte del Sognare. Sognare significa essere svegli, vigili, significa mantenersi lontani da superstizioni e ogni ipnotismo. Significa fermare l’auto-sabotaggio, qualunque attività auto-distruttiva. Significa smettere di essere in uno stato di paura, d’incertezza, e di indulgere in immaginazione ed emozioni negative. L’Arte di Sognare è realizzare di essere il Creatore della propria realtà, l’unico responsabile della propria vita. Significa smettere di credersi avversato dal mondo, la vittima della sua stessa creazione. E se è vero che le scuole e le università che conosciamo sono fatte per gli uomini, allora abbiamo bisogno di Scuole degli Dei. Ora possiamo comprendere il profondo significato del mito greco di Hypnos, il sonno, non a caso, fratello gemello di Thanatos, la morte. Il sonno ipnotico è la morte morale e psicologica. L’alternativa al dormire e allo stato di sonnambulismo è essere vivi, vigili, consapevoli. Significa guidare e non essere guidati, significa avere una volontà, essere uomini di “buona volontà”. Ulisse ordina ai suoi uomini di legarlo all’albero maestro così da non cedere e abbandonarsi al canto delle sirene, per non cadere nel mare magnum del sonno ipnotico planetario. Le corde lo legano ai suoi princìpi. La sua decisione è quella di un eroe vero, un uomo di Scuola. Egli ci mostra emblematicamente la via verso una nuova umanità che ricerca la lucidità e la libertà. Il suo motto è stato coniato molto tempo fa dai monaci guerrieri di Lupelius: dormi meno, sogna di più. Ulisse e le Sirene Herbert James Draper, 1909 Olio su tela Leeds City Art Gallery