robert de niro nei panni di un migrante. l`artista

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robert de niro nei panni di un migrante. l`artista
non luoghi
isolati
speciali
robert de niro nei panni
di un migrante. l’artista
attivista jr alla regia.
E una penna da Oscar,
eric roth, al lavoro sul
copione. ecco perché
il loro corto salverà
Ellis Island, e non solo
di Silvia Criara foto JR / Agence VU / Photo Masi
dreaming usa
Robert de niro
guarda lo skyline
di new york da
ellis island. è sul
set di ellis, il corto
di jr scritto dal
premio oscar per
la sceneggiatura
di forrest gump.
non luoghi
«D
evi tornare indietro» mi dice il dottore «indietro dove?» rispondo, «da dove sei arrivato» mi dice. «Non andrò
via, sono venuto per farmi una vita nuova», ribatto. Non
siamo a Lampedusa, ma a Ellis Island nei primi del ’900.
E questo è un estratto dalla sceneggiatura - scritta dal
premio Oscar Eric Roth - per il cortometraggio Ellis, l’ultimo film dello street artist francese JR, che dopo aver
ambientato nell’ospedale dell’isola una delle sue ultime
installazioni, ci torna per raccontare, dietro la macchina
da presa, la storia di un migrante, interpretato da Robert
De Niro. «Volevo parlare di immigrazione, mettendo in
144 mc
«lavorare
nell’ospedale
è stato molto
commovente.
perché riuscivi
a sentire la
presenza dei
dodici milioni
di persone che
erano passate
in quel luogo»
parallelo storie legate a Ellis Island con altre di oggi», racconta JR, che alla fine del 2014 ha visitato Lampedusa e
ha lanciato l’hashtag #EllisIsland_of_our_days. Ellis racconta di un uomo che non può entrare negli Usa perché
ammalato. Dopo una visita medica si è trovato la giacca
marcata a gessetto con la lettera “H”, quella sbagliata di
chi era segnato come non guaribile. Per non dovere «tornare indietro» si è nascosto decenni negli edifici dell’ospedale, sognando l’America. «Ero solo e riuscivo a immaginare come si sente la gente che ha appena attraversato un
deserto, superato una montagna, o camminato per una strada infinita», scandisce De Niro in un testo che è un
notturno americano
jr racconta la
storia di un uomo
(robert de niro, al
centro) a cui è stato
rifiutato l’ingresso
negli usa. si nasconde
nell’ospedale ed esce
solo di notte. Sotto,
de niro insieme a jr.
in basso, parte del
suo progetto
artistico unframed.
ellis island, del 2014.
non luoghi
le nuove ellis sul
pavimento i ritratti di
chi, ieri e oggi, parte
in cerca di un
futuro. sul cappotto
di de niro restano i
segni in gesso della
lettera “H”, che il
protagonista cerca
invano di
cancellarsi dal
cappotto, perché lo
identifica come
malato di cuore, da
rispedire a casa.
monologo fiume. Una storia come molte di quelle che si
leggono negli archivi di Save Ellis Island, la fondazione
che preserva l’icona del sogno americano, l’ultima roccaforte da superare per chi migrava tra la fine dell’800 e i
primi del ’900. Allora come oggi,
c’era chi aveva deciso che la libertà
era più importante del proprio stesso respiro. Janis Calella, presidente
della fondazione, ci racconta com’è
prendersi cura dell’identità di mezza America. Perché Save Ellis
Island? Questo luogo ha visto passare 12 milioni di immigrati, e il
nostro obiettivo è valorizzarne la
memoria, in modo che le persone
possano scoprire com’era. Raccogliamo fondi per ristrutturare le
aree dell’ospedale, in tutto ventinove edifici, che furono chiuse nel
1954 e lasciate in balìa di un futuro incerto. Era il più grande e il più moderno complesso
pubblico degli Stati Uniti. Cosa c’è in comune con le
migrazioni di oggi? Scappavano dalle persecuzioni religiose, dalle guerre in cerca di un futuro migliore ed è
esattamente quello che succede oggi. Diciamo che il 50%
degli americani di oggi ha almeno un antenato passato
per l’isola. Sono loro che hanno gettato le fondamenta
dell’America contemporanea. Come è iniziato il progetto con JR? Stavamo per riaprire la prima ala dell’ospedale al pubblico, dopo sessant’anni.
Accoglievamo piccoli gruppi di
persone e raccontavamo la storia
dell’isola. JR, proprio in quel periodo, chiese un’incontro per fare
un lavoro qui. Di solito diciamo
sempre no. Ma quando arrivò mi
chiese se poteva mostrarmi come
sarebbe stato il progetto e montò
una stampa gigantesca. Fu un’illuminazione! Ha spulciato i nostri
archivi per scegliere le storie e i ritratti che più lo ispiravano, ha scelto le stanze in cui lavorare, il modo in cui mettere le installazioni.
Mi ha fatto sentire davvero ispirata. Qual è stata la reazione del pubblico? Vederlo all’opera ti faceva sentire la passione che provava, l’esaltazione di poter lavorare in quel posto. Sicuramente, pensavo,
tutto questo l’avrebbe trasmesso alle persone in visita e le
avrebbe aiutate a riconnettersi con il passato. E così
«la nuova
globalizzazione delle
persone
coinvolgerà
sempre più
cittadini.
Saremo tutti
vicini di casa»
146 mc
non luoghi
è stato. Com’è arrivato De Niro a Ellis Island? JR l’ha
incontrato tramite Tribeca Film, hanno fatto molti progetti insieme. Ed è meraviglioso che sia riuscito a convincerlo a recitare nel corto. Perché De Niro crede nel lavoro, nel fatto che JR sia riuscito a portare in vita storie di
immigrazione in tutto il mondo. Artisti come loro sanno portare in pubblico le emergenze del tempo in un
modo coinvolgente e con una potenza emotiva immediata. JR ha elevato la graffiti art a un altro livello, la poesia. Anche JR e De Niro sono, per vie diverse, due immigrati. Ricordo il documentario che De Niro fece su
suo padre, era così ben fatto, parlava della storia della sua
famiglia e di suo papà, l’ho trovato molto aperto, sincero e onesto. Probabilmente è per questo che è un attore,
perché può portare tutta quella onestà nel suo lavoro,
nella sua arte. Che cosa la impressiona di più tra gli archivi dell’ospedale? La quantità di bambini che venivano spediti qui da soli. Mia nonna fu messa su una nave che partiva da Reggio Calabria, a tredici anni. Parlava solo italiano, era in un nuovo paese per incontrare
uno zio che non aveva mai visto prima. Altri arrivavano
ammalati dopo il lungo viaggio e venivano separati dai
genitori. A volte, se guardi le loro facce, pensi che uno di
il fantasma
dell’opera
una delle stanze
abbandonate
dell’ospedale,
(nella foto) in cui
è ambientato il
corto.la valigia
del protagonista
rinchiude per
sempre il suo
grande sogno,
non avverato.
quei bambini potrebbe essere tuo papà. Qual è l’angolo
più emozionante di Ellis Island? C’è una stanza all’interno dell’edificio in cui si facevano le visite mediche. Da
una finestra chi arrivava poteva vedere la Statua della Libertà. Era come se allungando una mano si potesse toccare. L’America è una nazione fatta di immigrati. Sono stati la forza lavoratrice che ha costruito il paese.
Invece oggi è difficile anche solo ottenere la green
card. L’integrazione è un sogno incompiuto? Noi di-
ciamo che «l’America è una nazione fatta di nazioni».
Stiamo valutando misure politiche per cambiare le leggi
sull’immigrazione, c’è un grande conflitto a livello locale e con gli altri paesi. La mia speranza è che il governo
e i cittadini cerchino molto attentamente i propri candidati politici. È una libertà che abbiamo e da cui dobbiamo trarre vantaggio. Infatti Donald Trump vuole costruire un muro al confine con il Messico. Non le dirò
mai se andrò a votare per Donald Trump (ride). Sembra
che stia avendo molto più successo del previsto. Perché
è molto schietto e sta dicendo: «Sono talmente ricco che
nessuno mi può comprare, le decisioni saranno solo mie».
E se hai un grandioso background da imprenditore, e lo
ostenti, funziona. Gli Usa come vedono quello che sta
succedendo in Europa? Ho letto stamattina sul Time
che accoglieremo 100mila profughi. Stiamo imparando
di nuovo che l’America è sempre più una nazione fatta di
nazioni, impariamo a coltivare il rispetto per le altre altre
culture. Questo è il mio sogno, un sogno non ancora pienamente compiuto. Il mondo sembra essere diviso in
luoghi di origine, luoghi di transito e luoghi di approdo. La mobilità è sempre più globale. Cosa ne pensa?
Parliamo spesso della globalizzazione delle persone, che
ogni giorno si muovono di città in città, di paese in paese. Questo processo coinvolgerà sempre più persone, saremo tutti vicini di casa. Qual è la cosa più importante da
fare quando si è di fronte a una massa? Quando arrivavano qui c’erano associazioni che si mobilitavano, anche
solo per tradurre lingue diverse. Bisogna poter comunicare. Ricordiamo che la paura sta da entrambe le parti. Gli
americani avevano paura degli immigrati e i migranti
avevano paura di ciò che avrebbero affrontato una volta arrivati qui. Questa è la grande lezione di Ellis Island. o
The Ghosts of Ellis Island (Damiani Editore) racconta il progetto artistico Unframed Ellis Island di JR, un’opportunità
di rileggere, attraverso l’arte, le storie
di chi ha lasciato casa, famiglia e identità, per un nuovo futuro negli Usa.