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Volume realizzato all’interno del progetto Agricoltura d’artista realizzato da Legambiente Padova con il sostegno
della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo nell’ambito del bando Culturalmente 2015
BeccoGiallo
Direzione editoriale: Guido Ostanel e Federico Zaghis
www.beccogiallo.it
[email protected]
Coordinamento editoriale: Andrea Ragona
Storia e Disegni: Giacomo Taddeo Traini
Ha collaborato: Davide Benvenuti
Condividiamo la conoscenza!
La storia, i disegni e i testi contenuti in questo libro sono rilasciati
con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commercialeNon opere derivate 4.0 Internazionale. Sei libero di condividere e
diffondere quest’opera nella sua integrità, citandone sempre le fonti
e gli autori e senza fini di lucro.
www.creativecommons.it
Salviamo le foreste!
Questo libro è stato stampato su carta certificata FSC®. Il marchio FSC®
(Forest Stewardship Council®) identifica i prodotti che contengono legno
proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, secondo
rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.
verdure alla riscossa!
Storia e Disegni: Giacomo Taddeo Traini
BeccoGiallo
Indice
L’arte racconta l’agricoltura
di Andrea Ragona
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Nota per il lettore
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Agricoltura d’artista. Verdure alla riscossa
di Giacomo Taddeo Traini
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Giuggiola dei Colli Euganei
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Gallina di Polverara
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Riso del Delta del Po IGP
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Mais Biancoperla
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Insalata di Lusia IGP
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Miele del Delta del Po
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Patata americana di Anguillara De. Co.
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Pere del Medio Adige
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Ciliegie dei Colli Euganei
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Aglio Polesano DOP
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Fonti consultate
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L’arte racconta l’agricoltura
Andrea Ragona
Perché un fumetto sulle verdure?
Se vi state ponendo questa domanda, sappiate che è assolutamente legittima. E allora diamo qualche spiegazione. Legambiente, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio
di Padova e Rovigo nell’ambito del Bando Culturalmente 2015,
ha dato vita al progetto Agricoltura d’Artista, cibo per il corpo
la mente e l’ambiente, finalizzato a far conoscere e valorizzare esperienze agricole delle provincie di Padova e Rovigo che
producono nel rispetto del patrimonio ambientale, sociale e
culturale dei loro territori.
La promozione di queste buone pratiche è avvenuta attraverso
produzioni artistiche e culturali a cura di giovani artisti, che
con la loro forza espressiva e comunicativa hanno permesso
di raccontare alla cittadinanza le peculiarità e le potenzialità
di un modello di economia sostenibile esistente che può rappresentare un importante volano per lo sviluppo del territorio.
Immagini, teatro, video: la ricchezza agricola delle tipicità del
nostro territorio è stata raccontata attraverso diversi linguaggi, fra cui non poteva mancare il potentissimo linguaggio del
fumetto, che permette di dare vita ai prodotti del nostro territorio. O meglio, di dare loro voce: perché si tratta di eccellenze
che già vivono nella nostra tradizione.
Il fumetto di Giacomo Traini concorre quindi a raccontare la
tradizione non tanto come un passato da ricordare e custodire:
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ma come chiave di interpretazione del presente e come volano
per il futuro.
Un’agricoltura fondata su buone pratiche ambientali e sociali
garantisce cibo buono e salute per i cittadini, tutela delle risorse naturali e della varietà genetica, bellezza del paesaggio,
tutela dei saperi e dei sapori che rendono unico e irripetibile
ogni territorio italiano. Benefici che vanno ben oltre il prezzo
del prodotto venduto e in grado di innescare la miccia di una
ripresa economica sostenibile che permette di guardare il futuro con fiducia.
Sono dunque esempi di grande civiltà e modernità che vogliamo scoprire e raccontare, mettendo in luce in particolare gli
aspetti di sostenibilità ambientale utilizzati nei metodi di produzione e gli effetti positivi che queste esperienze hanno nella
tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico
del territorio.
Buona lettura: scoprire i propri prodotti vuol dire far vivere la
propria terra.
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Nota per il lettore
I prodotti protagonisti del progetto, e della storia che state per
leggere, sono stati scelti col discrimine di soddisfare almeno
uno di questi tre criteri:
Tutela dell’ecosistema e contrasto ai cambiamenti climatici
L’agricoltura può e deve dare un contributo fondamentale alla
società italiana nella tutela degli ecosistemi e nel contrasto dei
cambiamenti climatici e di altre gravi emergenze ambientali
del nostro Paese (desertificazione, inquinamento delle acque,
erosione genetica, assetto idrogeologico). Ciò può avvenire ad
esempio grazie all’adozione nei processi di coltivazione e allevamento del rispetto di alcuni dei seguenti criteri ambientali.
Cibo di qualità e sicurezza alimentare
Il rispetto dei criteri ambientali indicati è la premessa per produrre cibo sano, libero da residui di sostanze pericolose. Ma la
nuova agricoltura è chiamata a garantire anche la sovranità e
sicurezza alimentare, e il patrimonio di sapori dei nostri territori, a partire da tre principi inderogabili:
1) semi e materiale genetico delle razze animali non sono brevettabili da alcun privato
2) cibo libero da OGM (organismi geneticamente modificati)
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3) cibo sicuro e minimo uso della chimica di sintesi negli allevamenti
Valorizzazione del paesaggio e del patrimonio storico
L’agricoltura è un formidabile fattore di promozione dell’identità culturale e sociale di un territorio, nonché di valorizzazione delle sue peculiarità naturalistiche e ambientali. Ciò può
avvenire ad esempio mediante buone pratiche di accoglienza e
tutela del paesaggio.
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verdure alla riscossa!
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Giuggiola dei Colli Euganei
Storia e origini
Il giuggiolo è un piccolo albero (4-6 m), originario della Cina
meridionale da dove si è diffuso in tutti i paesi subtropicali e
nel bacino del Mediterraneo. In Italia si deve la sua diffusione
ai Romani che lo chiamavano “zyzyphum”, da cui deriva la forma dialettale veneta “zisoa”.
Il terreno calcareo e, in particolare, il microclima dei versanti
collinari del Monte Ventolone e del Monte Castello favorirono
lo sviluppo della pianta delle giuggiole, rendendo le giuggiole parte della tradizione contadina locale: un tempo venivano conservate per l’inverno e consumate principalmente dalle
donne a “filò” durante le lunghe veglie invernali; masticare il
frutto aiutava a produrre saliva per umettare le dita e tirare il
filo da avvolgere.
Caratteristiche e proprietà
L’albero delle giuggiole ha una corteccia rugosa e rami con spine acuminate e foglie di color verde brillante. Fiorisce in primavera con fiori bianchi e preferisce climi temperati, ma non
teme il freddo né i periodi di siccità.
Le giuggiole sono simili a delle olive, di colore scarlatto, dal
sapore dolce, e sono ricche di vitamina C. La giuggiola di Arquà Petrarca è inserita nell’elenco Nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali.
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Il processo di produzione
Il giuggiolo non necessita di cure particolari o concimazioni. I
frutti iniziano a formarsi in estate, raggiungono la maturazione a settembre/ottobre, quando cambiano colore e prima che
raggrinziscano vengono raccolte in modo manuale. È richiesta un’attenzione particolare per evitare forti ed ostili aculei. I
frutti freschi sono poco conservabili e vengono commercializzati in piccoli sacchetti di peso variabile (2-5 kg); spesso il confezionamento avviene direttamente in campagna al momento
della raccolta, avendo cura di eliminare le foglie e i frutti troppo maturi.
Usi
La tradizione riporta le giuggiole come simbolo di gioia e prosperità: in Cina i suoi semi, radici e frutti erano usati nella medicina popolare per il loro potere riequilibrante e distensivo;
nei paesi arabi erano usati per ricavare rimedi contro il raffreddore; i Romani le usavano per adornare il tempio della Dea
Prudenza; ora continuano ad essere usate come rimedio alle
malattie dell’apparato respiratorio. Le giuggiole hanno proprietà diuretiche, emollienti e lassative (per questo i nobili le evitavano nei loro banchetti), si consumano fresche o secche, dalla
loro lavorazione si ottengono marmellate, conserve, tisane e
sono ingrediente essenziale nella produzione dei “zaèti” alle
giuggiole (ricetta tipicamente locale).
Molto apprezzati fin dall’antichità anche i liquori che derivano
dalla fermentazione della giuggiola, in particolare il “brodo di
giuggiole”, citato già nei ricettari del ‘400, col nome di sciroppo di giuggiole, e pure la conservazione delle giuggiole sotto
grappa.
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Curiosità
La nota espressione “andare in brodo di giuggiole” è presente nella prima edizione del Vocabolario dell’Accademia della
Crusca del 1612 e significa “godere di molto chiccessia” e quindi essere in uno stato di godimento e felicità. Deriva dal modo
di dire toscano “andar in brodo di succiole”, castagna lessata
in acqua con la scorza che, per somiglianza fonetica con la
parola giuggiola, ha mutato l’espressione in andare in brodo
di giuggiole.
Reperibilità
Le giuggiole sono coltivate nei Colli Euganei, situati in Provincia di Padova, in particolare in tutto o in parte del territorio
dei comuni di Arquà Petrarca, Baone, Cinto Euganeo, Este,
Monselice, Rovolon, Cervarese S. Croce, Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme, Galzignano Terme, Torreglia,
Vò Euganeo, Lozzo Atestino.
Manifestazioni collegate
Ad Arquà Petrarca nel mese di ottobre si può godere della Festa
delle Giuggiole, dove si possono degustare prodotti a base di
giuggiole.
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Gallina di Polverara
Storia e origini
Fin dal 1400 si hanno testimonianze della presenza della gallina di Polverara, celebrata da poeti e scrittori e raffigurata in
quadri ed opere conservati nei Musei Vaticani. L’ipotesi più
curiosa riporta che Giovanni Dondi dall’Orologio, astronomo e
filosofo del XIV secolo, avesse portato con sé, di ritorno da un
viaggio in Polonia, dei polli ciuffati. Dalla tenuta dei Dondi si
ambientarono anche al circostante territorio padovano producendo nuovi incroci e tra questi la gallina di Polverara. Ipotesi
più accreditata rivela che tali uccelli siano giunti nella zona
con i pellegrini dell’est europeo diretti verso luoghi sacri della cristianità in Italia. La gallina, grazie alla sua bellezza, alle
dimensioni e alla prelibatezza delle sue carni divenne merce
preziosa per i Veneziani, specialmente nel periodo della Serenissima.
Nella prima metà del 1900, le guerre compromisero la gallina
di Poverara: in parte per la distruzione di allevamenti, in parte
per l’incrocio di polli di Polverara con polli comuni.
Solo a partire dagli anni 2000 la collaborazione di amatori ed
appassionati con il Comune di Polverara, hanno consentito il
ripopolamento e la valorizzazione.
Caratteristiche e proprietà
L’aspetto generale evidenzia un portamento elegante, un ciuffo ritto sulla testa e sporgente in avanti (ad elmo nel gallo ed
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a spazzola nella gallina), barba (o gorgiera) ridotta, piumaggio
morbido. Di questa razza, conosciuta da sempre come Schiata
(o S-ciata) di Polverara, esistono due varietà, quella bianca con
riflessi giallognoli e becco giallo-roseo e quella nera lucente,
entrambe senza cresta e senza barbuglio. Hanno tarsi verde salice nella bianca, e tendenti al color piombo nella nera. In media i galli sono più grandi (1,8-2,2 kg) delle galline (1,3-1,8 kg). È
buona ovaiola anche d’inverno (fino a 150 uova annue).
Il processo di produzione
La maturazione della gallina Polverara avviene in più di 12
mesi. I pulcini nascono tra febbraio e marzo; fino a maggio vengono mantenuti al riparo dal freddo e dai pericoli dell’esterno. L’estate vivono all’aperto, ricercando il cibo nelle radure,
sotto gli alberi; si nutrono principalmente in modo autonomo
e selvatico, anche se talvolta l’uomo integra la loro dieta con
granaglie fresche, appositamente combinate. Di notte riposano sugli alberi o in pollai sollevati da terra, dove sono difese e
protette da eventuali predatori notturni. I galli maturano prima
delle galline; intorno a novembre e dicembre sono già pronti
ma devono aspettare gennaio e febbraio per essere accoppiati
alla gallina prescelta: si fanno accoppiare galli bianchi con galline bianche e galli neri con galline nere. L’allevatore seleziona
le uova, affinché si raggiunga una razza perfetta. Solo le uova
che hanno certe caratteristiche di forma, peso, colore, assenza
di incrinature vengono fatte covare, mentre le altre sono usate
per scopi alimentari.
Usi
Produce carne morata che data la sapidità e la coriacità si presta a diversi usi culinari, alcuni dei quali tramandati da antiche
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tradizioni popolari, come la gallina lessa o la “Gallina di Polverara col pien” (con il ripieno).
Reperibilità
L’allevamento è a carattere familiare, con il pollame allevato all’aperto, perché, notoriamente, è un animale che male si
adatta a vivere in spazi angusti.
Può essere acquistata nel comune di Polverara o in altre zone
della provincia di Padova.
Manifestazioni collegate
Ogni anno nel comune di Polverara viene organizzata dall’Associazione Fiera di Polverara la “Sagra della Gallina di Polverara”, in cui vengono esposte le galline e si possono gustare piatti
tipici.
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Riso del Delta del Po IGP
Storia e origini
La coltivazione del riso in pianura padana, sviluppatasi a
metà del XV secolo, vide la colonizzazione dell’area del Delta
del Po nel 1495. Molteplici testimonianze attestano la presenza di risaie seguite alle bonifiche settecentesche veneziane
(prima Diedo, Contarini, Farsetti, Valier e Venier poi Sullam,
Piavenna e Lattis) che portarono la colonizzazione a 4000
ettari nel 1850. La risaia rappresenta il primo stadio di valorizzazione agraria dei nuovi terreni bonificati, per accelerare
il processo di utilizzazione dei terreni salsi da destinare poi
alla rotazione colturale, come viene riportato in una legge del
1594 della Serenissima.
Oggi le risaie del Delta del Po coprono circa 9000 ettari di territorio, dove viene coltivato un riso della varietà “Japonica”,
prevalentemente del tipo Superfino, nelle varietà Carnaroli,
Volano, Baldo e Arborio.
Caratteristiche e proprietà
Il riso del Delta del Po IGP presenta un chicco grande, cristallino, compatto, con un elevato tenore proteico e può essere bianco o integrale. La grande capacità di assorbimento, la
poca perdita di amido e la buona resistenza durante la cottura, sommate alle caratteristiche organolettiche, quali aroma
e sapidità particolari, lo fanno preferire per esaltare i risotti
più pregiati.
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Il riso che viene commercializzato deve avere un contenuto
proteico superiore al 6,60% sulla sostanza secca, nonché un
valore di collosità del riso cotto in (g/cm) superiore a: 4,5 per
il Baldo, 1,5 per il Carnaroli, 3,0 per il Volano, 3,5 per l’Arborio.
Il processo di produzione
I terreni di coltivazione del Riso del Delta del Po IGP sono
principalmente di due tipi: nell’area rodigina di origine alluvionale sono franco argillose/franco limose (Terre Bianche)
mentre nell’area ferrarese sono a forte componente torbosa
(Terre Nere). In entrambi i casi i terreni sono caratterizzati da
una lenta capacità drenante e dotati di elevata fertilità minerale, in particolare di potassio, tanto da rendere a volte inutili
gli apporti di concime minerale potassico nonché, nei terreni
torbosi, di quello azotato. I terreni vengono sottoposti ad aratura a profondità di 25-30 cm, seguita almeno da un’erpicatura per poi essere livellati per consentire una gestione ottimale
delle acque.
La risaia non può insistere sullo stesso terreno per più di otto
anni, dopodiché dovrà entrare in rotazione per almeno due
anni. Per la fase di essiccazione sono ammessi essiccatoi che
non lascino sulle glumelle residui di combustione od odori
estranei. Il riso essiccato deve presentare una percentuale di
umidità inferiore al 14%.
Usi
Il riso rappresenta un alimento molto versatile in quanto può
essere usato per la produzione dagli antipasti ai dolci, con il
riso si può preparare un pranzo intero, a patto, però, di saper
scegliere il tipo giusto per ogni piatto: risotti, torte al riso, biscotti e frittelle di riso, ecc.
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Reperibilità
Nel Delta del Po è stato fondato il Consorzio di Bonifica Delta del Po, che riunisce 47 aziende per un totale di 2400 ettari.
Nell’area del Delta del Po della provincia di Rovigo è attiva dal
1998 l’Associazione dei Risicoltori del Delta del Po con sede a
Taglio di Po che raccoglie 16 aziende per un totale di 1628 ettari, in particolare nei comuni di Ariano del Polesine, Porto Viro,
Taglio di Po, Porto Tolle, Corbola, Papozze, Rosolina e Loreo.
Inoltre il riso IGP viene coltivato in alcuni comuni della provincia di Ferrara.
Manifestazioni collegate
La reputazione del riso del Delta del Po IGP è legata anche alle
fiere e sagre tradizionali che si tengono annualmente sul territorio, come le Giornate del riso del Delta del Po a Jolanda di
Savoia (FE) e alla Fiera di Porto Tolle.
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Mais Biancoperla
Storia e origini
La prima testimonianza della presenza del progenitore del
mais Biancoperla sul territorio veneto si riscontra nel libro
“Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa”, di
Giacomo Agostinetti, agronomo di Cimadolmo, che alla fine
del ‘600 scriveva della presenza di un “sorgoturco bianco” nei
“Quartieri della Piave”. Nella seconda metà dell’800 il mais
Biancoperla risulta la varietà più diffusa dell’epoca, grazie
alla sua maggiore resa.
Nel 1954 il Primo Congresso Nazionale dei Mais Ibridi riportava che la diffusione del mais Biancoperla rappresentava il
23,9% del totale pari a 58.200 ha, distribuiti tra Veneto e Friuli
Venezia Giulia: Treviso 35.000 ha, Padova 13.000 ha, Vicenza
4.000 ha, Venezia 3.200 ha, Udine 3.000
Il mais Biancoperla a partire dal dopoguerra ha subìto una lenta ma continua concorrenza delle sementi ibride di mais degli
Stati Uniti d’America, assai più produttive delle varietà locali tradizionali. Oggigiorno la sua presenza è ridotta a limitate
aree del Veneto. Negli ultimi anni si è sviluppata una maggiore
sensibilità per la conservazione delle biodiversità e il recupero
di prodotti agrari locali e alcuni appassionati agricoltori, riuniti
nell’Associazione Conservatori Mais Biancoperla, hanno continuato a coltivarlo.
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Caratteristiche e proprietà
Le tipologie di mais ad oggi coltivate sono due: la prima (codice: ITA0340324) più precoce, sviluppa una pianta di minore dimensione, ma con una spiga con un maggiore numero di
ranghi; la seconda (codice: ITA0340323) presenta una granella
più vitrea, con minor numero di ranghi e maggiore lunghezza
della spiga.
La farina viene prodotta utilizzando unicamente seme derivante dalla varietà di “mais biancoperla” a cariosside bianca.
Tale varietà presenta caratteristiche qualitative superiori per
l’ottenimento di farina bianca da polenta. In particolare, la cariosside è vitrea e di colorazione bianco perlaceo da cui deriva
il nome stesso della varietà. In genere le pannocchie sono affusolate, allungate, senza ingrossamento basale e misurano mediamente dai 23 ai 25 cm, con grandi chicchi bianco perlacei,
brillanti e vitrei. A seconda del tipo di lavorazione la farina può
essere di diverse tipologie: farina bianca, farina bianca integrale e farina bianca integrale macinata a pietra.
Il processo di produzione
Il Biancoperla è una varietà di mais ad impollinazione libera
(auto-fecondante) e come tale non fa grandi produzioni; viene
seminato alla fine di marzo o all’inizio di aprile, necessitando
di un terreno ricco di sostanze organiche e ben concimato. La
semina si effettua in file distanti 75 cm e ad una profondità di
2-4 cm. Le pannocchie vengono raccolte tra settembre ed ottobre a mano o mediante macchine spannocchiatrici, in modo
da raccogliere le spighe intere. Queste vengono essicate all’aria
e conservate tal quali fino al momento della sgranatura e della
successiva macinazione della granella. Se vengono usate mietitrebbie, il mais raccolto viene direttamente macinato a granella e quindi conservato in silos.
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Usi
La “farina di mais biancoperla” viene utilizzata in diversi piatti;
nelle campagne si usava consumarla con il latte freddo, ottenendo una sorta di semolino. Ideale e insuperabile il suo abbinamento come polenta, con i piatti di pesce povero di fiume e
di laguna. Due piatti possono essere considerati fattori di identità culturale, specie nelle aree collinari, la polenta e “speo” e
polenta e “osei”.
Curiosità
A differenza di quanto si possa immaginare, ingannati dal
nome, la polenta ottenuta dalla farina di mais Biancoperla, anche se più gustosa, si presenta più scura rispetto alla polenta
ottenuta dagli altri ibridi bianchi presenti sul mercato.
Reperibilità
Il mais Biancoperla è stato inserito tra i prodotti salvaguardati
dal Presidio Slow Food del Veneto; oggigiorno la farina di mais
Biancoperla è reperibile presso alcuni mulini e rivenditori specializzati nelle zone di produzione, collocate nelle province di
Padova, Rovigo, Treviso, Venezia e Vicenza.
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Insalata di Lusia IGP
Storia e origini
Alla fine dell’800 i terreni di Lusia e dei comuni limitrofi furono ricoperti da uno spesso strato di sabbia riversato dall’alluvione del fiume Adige. La formazione di un nuovo suolo molto
permeabile costrinse gli abitanti ad abbandonare le colture tradizionali (grano e mais) e favorì la crescita di colture orticole di
qualità.
A Lusia all’inizio del ‘900 per sostenere le famiglie produttrici
di insalata nacque un consorzio di produttori. Dopo la prima
guerra mondiale i prodotti furono distribuiti anche ai mercati
locali, poi, l’innovazione dei trasporti durante la seconda guerra mondiale favorì la distribuzione dei prodotti agricoli anche
ad altri mercati. La fine della guerra fu anche per questi territori fase di ricostruzione e alcuni produttori si improvvisarono
commercianti ed iniziarono a vendere i loro prodotti in altre
città dell’Italia settentrionale. I dati storici fanno emergere, tra
le ortocolture di rilevanza, l’insalata, denominata “latuga”o
“salata”, dicitura degli anni ‘30 usata per indicare l’attuale
Lattuga Cappuccia. Negli anni ‘50 le problematiche derivanti
dalla poca organizzazione dei produttori, improvvisatisi commercianti e dal basso potere contrattuale, favorì la fondazione
della “Centrale Ortofrutticola di Lusia”, che diventò ben presto
punto di riferimento e simbolo dell’insalata. Negli anni ‘60 alcuni commercianti della zona, grazie agli scambi commerciali con il mercato ortofrutticolo di Verona, notarono la lattuga
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Gentile. Questa insalata fu presto introdotta nelle aziende locali che, grazie alle favorevoli condizioni pedo-climatiche e alla
selezione genetica varietale, hanno raggiunto ottime produzioni qualitative e quantitative.
Caratteristiche del prodotto
L’insalata di Lusia ha avuto il riconoscimento del marchio IGP,
che garantisce la tutela della denominazione, la valorizzazione
della produzione ed informazioni al consumatore. L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) riconosce due varietà di Insalata di Lusia, nome latino Lactuca sativa, appartenenti alla
famiglia delle Asteracee: Capitata (comunemente Cappuccia),
Crispa (Gentile). L’insalata IGP di Lusia è caratterizzata da fusto corto (2-6 cm) e molto carnoso, su cui si inseriscono foglie
di numero, forma, dimensione e colore variabile in funzione
dell’andamento climatico. La forma delle foglie in caso dell’insalata Cappuccia è compatta e ondulata e presenta il margine
intero di un colore tendenzialmente verde medio brillante, il
peso del cespo varia da 200 a 450 g; mentre l’insalata Gentile
ha una foglia bollosa con margine frastagliato di colore generalmente verde chiaro brillante, il suo peso può essere leggermente inferiore (150-450 g).
Il processo di produzione
L’insalata di Lusia IGP viene coltivata in pieno campo, in coltura protetta, in terreni, sciolti e permeabili, opportunamente
preparati ed irrigui. Periodicamente viene apportato del letame per evitare il depauperamento della sostanza organica nel
terreno. Nella coltivazione vengono usate piantine con minimo 3 foglie vere, dotate di pane di terra (radici ricoperte da una
zolla di terreno), e si mettono a dimora con distanza tra le fila di
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35-40 cm e sulla fila di 30-35 cm. Nei primi periodi dal trapianto le insalate vengono irrigate due volte al giorno, poi, come le
piante raggiungono una certa grandezza, l’apporto idrico sarà
lasciato alla pianta che attinge autonomamente alla falda freatica. La raccolta comincia quando la varietà Gentile ha un peso
non inferiore a 150 g mentre la varietà Cappuccia non inferiore a 200 g; in seguito, il cespo viene pulito, con l’eliminazione
delle foglie basali, e collocato in contenitori per la vendita. I
contenitori vengono poi trasportati nel centro aziendale dove
verrà effettuato il lavaggio e si completerà l’operazione di imballaggio, con l’etichetta del marchio IGP.
Le condizioni pedo-climatiche dell’area di produzione permettono la coltivazione dell’insalata anche durante l’estate, garantendo la presenza sul mercato per 10-11 mesi.
Usi
L’Insalata di Lusia IGP è apprezzata dal consumatore per la
leggerezza del cespo, per la sua buona conservazione, per l’assenza di fibrosità (la pianta è composta in larga parte d’acqua),
per la croccantezza delle foglie giovani, fresche e turgide e per
il suo gusto, dovuto ad una naturale sapidità. Si accompagna a
secondi piatti a base di carne o pesce, ma può essere un gustoso piatto unico abbinata ad altra verdura cruda, legumi, cereali,
tonno, formaggi e quant’altro secondo i gusti personali.
Reperibilità
La zona di produzione dell’Insalata di Lusia IGP ricade all’interno di alcuni comuni della Provincia di Rovigo, quali Lusia,
Badia Polesine, Lendinara, Costa di Rovigo, Fratta Polesine,
Villanova del Ghebbo, Rovigo e della Provincia di Padova,
quali Barbona, Vescovana e Sant’Urbano.
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Miele del Delta del Po
Storia e origini
Il miele polesano è prodotto nella zona sin dai tempi dell’antica
Roma. Fonti storiche ne attestano la produzione nel territorio
fin dall’epoca di Plinio il Vecchio, di cui si legge: “gli apicoltori
si muovevano per mesi lungo il corso del Po per sfruttare gli
ambienti delle sponde del fiume lussureggianti di piante, fiori e
radure”. Nel 1860 Bartolomeo Arrighi, nella “Storia di Mantova e la sua provincia”, scriveva “sulle pratiche degli apicoltori
in primavera”. A partire da aprile 1998 a Ca’ Cappellino è stata
allestita una mostra permanente sull’apicoltura, grazie all’Amministrazione Comunale di Porto Viro e al lavoro di persone
volenterose, che ha rilanciato la cultura del miele che da sempre è tradizione della zona. Nel Museo è stata predisposta una
sala di smielatura, una sala riunione e un punto vendita del
miele e derivati.
Caratteristiche e proprietà
Il miele è un prodotto naturale che deriva dal nettare raccolto
dalle api su diversi fiori che esse bottinano. Il nettare viene elaborato dalle api stesse, concentrato ed arricchito con particolari enzimi e fermenti che contribuiscono a dare al prodotto le
sue caratteristiche organolettiche e salutari. Il miele si matura
nei favi dell’alveare protetti dalle api con un sottile velo di cera
(opercolo). Si presenta di consistenza semiliquida e vischiosa e
colorazioni diverse a seconda dei fiori da cui proviene.
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Il miele millefiori (ottenuto da piante tipiche delle zone umide - amorpha frutticosa, salvia selvatica, salcerella, salicaria,
trifoglio ladino e melilotto) e quello d’acacia sono abbastanza
comuni in tutta la provincia di Rovigo; tipicità del Delta del Po
sono il miele di erba medica, di melone, di radicchio, di girasole; mieli di tiglio e castagno sono invece tradizione dell’entroterra polesano.
Il processo di produzione
I favi dopo esser stati prelevati vengono portati nella sala di
smielatura e disopercolati (cioè viene tolto l’opercolo di cera
prodotto dalle api a protezione del favo stesso); quindi vengono
inseriti nello smielatore che serve ad estrarre il miele liquido,
che viene filtrato per eliminare i residui di cera ed immagazzinato, per circa 15 giorni, in appositi contenitori di acciaio detti
maturatori. Al termine il miele è pronto per essere confezionato in vasetti di vetro, secondo quanto previsto dalle norme
igienico-sanitarie.
I mieli confezionati devono essere conservati in locali asciutti
e al riparo dalla luce, in modo da non intaccare le loro proprietà organolettiche, si consiglia il consumo entro i 2 anni dalla
produzione.
Usi
Il miele, facilmente assimilabile dall’organismo, in quanto predigerito dalle api, è composto in gran parte da zuccheri semplici e da altre sostanze utili come vitamine e sali minerali; è
un alimento adatto a tutta la famiglia, indicato per momenti di
importante stress fisico e mentale.
A livello storico gli scritti riportano che Ippocrate usava il miele
come bevanda depurativa, mentre i Romani lo utilizzavano per
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ottenere una bevanda alcolica (idromele) e nelle salse. Il miele
trova oggi vari usi, anche in cucina, come accompagnamento
a formaggi stagionati e freschi, ma anche come ingrediente per
dolci, primi piatti e secondi di carne.
Curiosità
Sembra che il toponimo Melara, Comune dell’alto Polesine, derivi da “Mellaria a melle colendo”, una frase di Plinio il Giovane
usata per indicare il luogo dove si raccoglie il miele.
Reperibilità
La zona di produzione comprende tutto il territorio polesano,
in provincia di Rovigo.
Il miele del Delta del Po è venduto nelle stesse aziende agricole
produttrici, sia in loco nell’azienda sia in stand durante le sagre, fiere e feste in piazza, in questo modo ne viene garantita la
tipicità locale.
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Patata americana di Anguillara De. Co.
Il Comune di Anguillara Veneta ha adottato ufficialmente in
data 21 Marzo 2014 la Denominazione Comunale.
I produttori hanno fondato l’Associazione Produttori della Patata Americana Anguillarese (A.P.P.A.A.).
Storia e origini
La patata dolce (o americana), termine botanico ipomoea
batatas, fu portata nel Vecchio Mondo da Cristoforo Colombo nel Cinquecento e presentata alla regina Isabella di
Castiglia, che la diffuse in Europa come convolvolo indiano
(o patata di Spagna). Le prime testimonianze della patata
americana in Italia sono attribuite a Federico II, granduca
di Toscana, che nel 1630 iniziò a coltivarla nel giardino di
Boboli a Firenze.
La sua diffusione nelle tavole e negli orti anche contadini avvenne solo a partire dall’ottocento, prima veniva coltivata solo
negli orti botanici. È dal 1812 che la patata americana venne
conosciuta anche nel Basso Veneto grazie a Giuseppe Antonio Bonato, stimato medico e botanico padovano, che per primo riscontrò condizioni favorevoli alla sua coltivazione nelle
province di Padova, Rovigo e Venezia. La prima testimonianza
scritta risale al 1853, quando don Isidoro Piovan, parroco di
Anguillara Veneta, iniziò la coltivazione della patata su una
superficie di 3430 mq nei pressi della riva sinistra dell’Adige,
ricavando 5500 libbre di prodotto e un utile di 333,75 lire. Di
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lì a poco si diffuse la coltivazione anche tra i contadini della
zona che ben presto divennero padroni della tecnica di riproduzione.
Caratteristiche e proprietà
Il prodotto è costituito da radici “di riserva” ingrossate e carnose che devono presentare una forma regolare da tondeggiante
ad allungata e lunghezza non superiore a 35 cm e diametro medio di 5-10 cm. Presenta una buccia sottile di colore bianco-crema perlaceo e una polpa bianco-crema, carnosa e con assenza
di fibrosità. La patata americana possiede un alto contenuto
di zuccheri e per questo è molto nutriente. Dopo la cottura, si
presenta dolce ed estremamente tenera e carnosa, rimane di
ottima consistenza e non risulta eccessivamente farinosa. Ha
aroma e profumo particolari dovuti agli oli volatili presenti nel
prodotto fresco o che si sviluppano dopo la cottura. Tali caratteristiche sono favorite sia alla patata stessa sia alla particolare
natura del terreno.
I produttori della patata americana di anguillara garantiscono
tre tipologie:
– Varietà a pasta bianca: pasta bianca e buccia bianca
– Varietà Beauregard: pasta arancione, buccia arancione
– Varietà a pasta viola: pasta viola, buccia viola
Il processo di produzione
La patata Americana viene coltivata in terreni alluvionali dovuti alle esondazioni dei fiumi Adige e Gorzone, che hanno
costituito uno strato di torbe. La tecnica di trapianto prevede
l’impianto del germoglio direttamente nel terreno. Le talee da
trapianto vengono ottenute da radici tuberizzate conservate in
azienda, messe a dimora verso fine aprile-inizio maggio e rin-
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calzate. La raccolta avviene a mano, previo sfalcio della parte
aerea e successiva estirpazione.
Tutte le operazioni di produzione della patata dolce avvengono prevalentemente a mano. Non vengono utilizzate sostanze di origine chimica, come diserbanti, antiparassitari, ecc. Il
prodotto viene controllato tramite analisi chimiche periodiche
(come garanzia di assenza di prodotti chimici). Viene inoltre
analizzata e controllata periodicamente l’acqua di irrigazione e
le caratteristiche chimico/fisiche del terreno.
Usi
Si adatta a diversi usi culinari, potendo venire lessata o cotta al
forno, viene consumata per colazione o a fine pasto come dessert, viene anche usata nella preparazione di gnocchi, risotti,
ravioli. Inoltre, il suo basso contenuto calorico e la comodità
d’uso la rendono idonea anche a chi pratica sport.
Curiosità
Il logo della patata americana di Anguillara riproduce un cippo
di confine della Veneranda Arca del Santo di Anguillara Veneta, che rappresenta l’effigie di Sant’Antonio da Padova entro
una nicchia in pietra. Il Santo è raffigurato nell’iconografia con
il giglio in mano. Il cippo è adagiato sull’erba e davanti al basamento sono riprodotte 4 Patate americane. L’immagine delle
Patate Americane è attraversata da sinistra a destra da un racemo con foglie appuntite di colore verde chiaro e intenso.
I cippi di confine (a cui fa riferimento il marchio), sono stati da
poco tempo restaurati. Questi erano stati creati dall’Arca del
Santo e posti nei punti di confine del Comune di Anguillara
Veneta. Il logo identifica perciò il comune di Anguillara Veneta,
la sua storia e il prodotto caratteristico qui coltivato.
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Reperibilità
Attualmente l’area di coltivazione è circoscritta ai comuni di
Anguillara Veneta, Boara Pisani, Stanghella, Solesino e Pozzonovo e i controlli avvengono tramite l’Albo dei Produttori, tenuto presso la Camera di Commercio della provincia, mentre la
corretta applicazione del disciplinare di produzione è affidata
al Ministero per le Politiche Agricole.
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Pere del Medio Adige
Storia e origini
Il pero (Pyrus communis) è una pianta spontanea, originaria dei
boschi europei, coltivata in un gran numero di varietà da tempo immemore e diffusa oramai in tutti i continenti. La zona del
medio Adige costituisce una fra le più rinomate ed antiche aree
dedite alla coltivazione del pero, tradizionale fornitrice delle
mense della Serenissima Repubblica di Venezia. Dal XIV al XVI
secolo documenti d’archivio riferiscono sulla coltivazione e sul
commercio della pera locale.
Caratteristiche e proprietà
La pera è un frutto zuccherino appartenente alla famiglia delle Rosaceae. È caratterizzata da una singolare forma a campana, e presenta peculiarità diverse, a seconde della varietà, per
dimensioni, colore, aroma e sapore. Le varietà maggiormente
coltivate sono: Precoce Morettini, Santa Maria, Dr J. Guyot,
William, Max Red Bartlett, Abate Fetel, Decana del Comizio,
Kaiser Alexander, Conference, Passa Crassana.
La pera da un punto di vista nutrizionale è ricca di zuccheri
naturali e semplici, specialmente fruttosio, ma visto il basso
contenuto calorico e ideale per la dieta e i diabetici. È ricca di
fibra, elemento indispensabile nella dieta umana che contribuisce a limitare il livello di zucchero nel sangue, aiuta il funzionamento dell’apparato digerente, riduce il rischio di cancro,
abbassa il livello di colesterolo nel sangue. Altro elemento che
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troviamo nella pera è il potassio pertanto e consigliata a chi
pratica sport, facilita la contrazione muscolare. Contiene infine
la vitamina C, la vitamina antiossidante che regola il metabolismo cellulare e la ricostruzione dei tessuti, previene i danni da
radicali liberi, mantiene la pelle giovane e levigata ed aumenta
le difese immunitarie contro le più comuni infezioni.
Il processo di produzione
Il pero è un albero che si sviluppa ottimamente in terreni a medio impasto, profondi, non troppo calcarei, umidi o sabbiosi;
ha radici profonde, può raggiungere l’altezza di venti metri e
presenta foglie ovali e fiori riuniti a gruppi. La coltivazione del
pero si può però anche effettuare in forme obbligate o a basso
fusto. Le varietà coltivate oggi in Italia, e anche nella zona del
medio Adige, si possono classificare in estive, con maturazione
da luglio ad inizio settembre o autunno/vernine, con maturazione da settembre a oltre dicembre.
Usi
Le pere possono essere consumate crude o, a seconda delle
varieta, cotte. Possono essere conservate sotto spirito, usati
nell’industria agroalimentare e dolciaria per la produzione di
canditi, succhi, sciroppi e confetture.
Curiosità
Nella tradizione popolare polesana il pero è una pianta dal
significato sacrale. Famoso il “pero di S.Bellino” che sarebbe
germogliato dal punto in cui fu riportato alla luce il corpo del
Santo, protettore della Diocesi di Rovigo, mettendo radici nella
piazza dell’omonimo paese per quasi mille anni.
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Reperibilità
Viene coltivata in buona parte della Provincia di Rovigo, in
particolare nel Polesine Orientale, e nei comuni della bassa
padovana a Montagnana e nei comuni limitrofi.
Manifestazioni collegate
In settembre in località Ronco all’Adige viene annualmente organizzata la festa della mela e della pera prodotte nel Medio
Adige.
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Ciliegie dei Colli Euganei
Storia e origini
In Veneto la produzione delle ciliegie e molto diffusa, se ne conoscono di diverse qualità, che vanno dal durone di Cazzano
a quelle di Marostica, da quelle dei Colli Asolani e Veronesi a
quelle dei Colli Euganei. Queste ultime sono coltivate nei Colli
Euganei ormai da diversi secoli. Fino a 30 anni fa esistevano
due grossi mercati di ciliegie: il primo a Zovon di Vo, il secondo a Boccon di Vo, specializzati rispettivamente per la qualità
precoci e per le tardive. Negli ultimi anni la chiusura dei mercati locali ha spinto queste realtà a promuovere una serie di
manifestazioni per rilanciare la ciliegia dei Colli Euganei e i
suoi produttori.
Caratteristiche e proprietà
Le ciliegie dei Colli Euganei hanno dimensione media e forma
sferica, colore rosso scuro con il peduncolo curvo, all’interno
invece la polpa ha colore rosato, consistente, ricca di succo e
particolarmente dolce. Le ciliegie dei colli euganei sono ottenute da varietà bigarreau, bigarreau moreau, durona classica e
precoce, durone di vignola, più altre spontanee della zona.
La ciliegia è ricca di tannino e sali minerali come il calcio, il
fosforo, il potassio e il ferro e contiene molte vitamine soprattutto del gruppo A e C.
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Il processo di produzione
Al termine della fioritura avviene la fecondazione e successivamente si formano le ciliegie. I ciliegi impiegano 4 o 5 anni
prima di entrare in piena produzione, a questo punto arrivano
a produrre da 10 a 40 kg di frutta. La raccolta avviene in tarda
primavera ed è eseguita tradizionalmente a mano per evitare
di danneggiare i frutti. Le ciliegie sono facilmente deperibili,
pertanto si consiglia il consumo entro pochi giorni dalla raccolta, o per la distribuzione su larga scala si trasferisce il raccolto nelle celle frigorifere.
Usi
Le ciliegie dei Colli Euganei possono essere gustate appena
raccolte al naturale o aggiunte alle macedonie, gelati e budini.
Sono inoltre un ottimo ingrediente per la preparazione di dolci
al cucchiaio e crostate con confettura. Essendo molto dolci, le
ciliegie dei Colli vengono utilizzate in cucina per marmellate,
sciroppi e liquori come il maraschino o cherry.
Le ciliegie hanno anche notevoli usi terapeutici, poiché proteggono il cuore e hanno effetti antidolorifici. Inoltre aiutano
a ridurre l’ipertensione, facilitano le funzioni intestinali e la
diuresi. Per gli appassionati della tintarella, le ciliegie dei Colli aiutano l’abbronzatura della pelle e ne prevengono l’invecchiamento.
Reperibilità
La varietà di ciliegie dei colli euganei si trovano esclusivamente in provincia di Padova, in particolare nei comuni di: Abano
Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Cinto Euganeo, Galzignano Terme, Lozzo Atestino, Montegrotto Terme,
Rovolon, Teolo, Torreglia, Vò Euganeo
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Manifestazioni collegate
La Festa dea Sarèsa a Vo’ Euganeo (dal dialetto veneto “Festa
della Ciliegia”) è una tradizionale festa paesana dedicata alle
ciliegie, offre la possibilità di comprare le buonissime ciliegie
e i prodotti da esse ricavati: marmellate, bevande, torte e dolci
caserecci.
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Aglio Polesano DOP
Storia e origini
Lo sviluppo dei terreni adatti all’aglio si deve ai Romani, che
tra il I e V secolo d.C. si insediarono nel Polesine eseguendo i
primi lavori di centuriazione e bonifica che hanno influito sulla conformazione e assetto idrogeologico del territorio.
Le prime pubblicazioni che attestano la presenza dell’aglio
sono arrivate a noi grazie all’Accademia dei Concordi di Rovigo che nel XVI secolo scriveva:”...Le campagne di Rovigo
producono soprattutto frumento, […]. Notevole importanza
per la zona di Selva assumono [...] le patate e l’aglio...”. L’antica zona di Selva è rappresentata oggi dai comuni di Pontecchio Polesine, Crespino e Ceregnano, qui si creò un’attività
commerciale intorno all’aglio che spinse Rovigo a diventare
la piazza di riferimento. In tempi recenti l’aglio è stato riconosciuto tra i marchi D.O.P.
Caratteristiche e proprietà
L’Aglio Bianco Polesano DOP appartenente alla specie Allium
sativum L., è caratterizzato da bulbi di colore bianco brillante
uniforme, di forma regolare e compatta, leggermente appiattiti
nel punto di inserimento dell’apparato radicale. Le foglie, lanceolate e strette hanno una colorazione verde/azzurra. Il bulbo
ha colore bianco lucente e forma rotondeggiante con un leggero appiattimento della parte basale.
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L’aroma risulta meno pungente e più persistente rispetto ad altre varietà, con note gradevoli di erba appena tagliata e sapore
dolce e fruttato.
Il processo di produzione
L’Aglio Bianco Polesano DOP è una coltura annuale da rinnovo. Nell’ambito della rotazione deve seguire una coltura
a semina autunnale o una coltura che permetta l’aratura e
la preparazione del terreno entro la semina prevista tra l’1
ottobre il 31 dicembre. Non può ritornare sullo stesso appezzamento prima di tre anni. Ogni azienda seleziona manualmente i bulbi da utilizzare nella semina, che deve essere
effettuata a mano, con macchine agevolatrici o totalmente
meccanizzata.
L’irrigazione dell’aglio viene completata entro il 20 giugno per
permettere una migliore maturazione e non compromettere
la successiva conservazione. La raccolta viene predisposta in
base al grado di senescenza del fogliame e della maturità fisiologica delle piante. Il bulbo raccolto deve essere essiccato in
modo naturale; può essere lasciato in pieno campo o essiccato
in azienda.
Usi
L’Aglio Bianco Polesano DOP deve essere conservato in un
luogo fresco, asciutto e ben areato. Si consiglia la consumazione a crudo e fresco per godere al meglio di tutte le caratteristiche organolettiche e proprietà benefiche.
In cucina può essere usato in diversi modi: a crudo, intero o
sminuzzato, secco in polvere o spremuto. È ideale per molti
piatti, dagli spaghetti aglio, olio e peperoncino alle zuppe e negli stufati.
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Curiosità
In tempi recenti l’aglio è diventato un elemento di sviluppo economico tale da essere denominato “l’oro bianco del Polesine”.
Reperibilità
La zona di produzione dell’Aglio Bianco Polesano comprende
i seguenti comuni del Polesine, situati in provincia di Rovigo:
Adria, Arquà Polesine, Bosaro, Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa di Rovigo, Crespino, Fiesso Umbertiano,
Frassinelle Polesine, Fratta Polesine, Gavello, Guarda Veneta,
Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze, Pettorazza Grimani,
Pincara, Polesella, Pontecchio, Polesine, Rovigo, San Bellino,
San Martino di Venezze, Villadose, Villamarzana, Villanova del
Ghebbo, Villanova Marchesana.
Fin dagli anni ‘60 l’aglio bianco Polesano viene commercializzato a Cuba, Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia.
Manifestazioni collegate
Annualmente ad Arquà Polesine viene organizzata la Sagra
dell’Aglio Bianco Polesano DOP dove si possono godere piatti
a base di aglio, gustare spicchi di aglio fresco e acquistarlo dai
produttori.
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Fonti consultate
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Ciliegia dei Colli Euganei
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Mais Biancoperla
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Giuggiole Colli Euganei
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- http://www.cofruca.it/
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Finito di stampare nel dicembre 2016 da
Cierre Grafica, Sommacampagna (VR)