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Commentary, 10 gennaio 2017
CIPRO, NEGOZIATI IN BILICO
ELEONORA ARDEMAGNI
I
l 9 gennaio Nicos Anastasiades, presidente della Repubblica di Cipro (RoC) e Mustafa Akinçi, leader
dell’autoproclamata Repubblica turca di Cipro nord
(Trnc), sono tornati a riunirsi a Ginevra per discutere della
riunificazione dell’isola in uno stato federale bi-zonale e
bi-comunale.
Se le parti raggiungeranno risultati soddisfacenti, le trattative si allargheranno dal 12 gennaio, al più alto livello, ai
tre stati garanti, Grecia, Turchia e Gran Bretagna (secondo
il Trattato di Zurigo-Londra del 1959). L’Unione europea
presenzierà ai colloqui come osservatore. Nel medio periodo, questa potrebbe davvero essere l’ultima delle “ultime occasioni”, tutte fallite, per riunificare Cipro, ma è
una corsa contro il tempo. Le aspettative diplomatiche suscitate dalla vittoria elettorale di Akinçi, solo nel 2015,
sembrano oggi lontane: il contesto internazionale e quello
locale, fin qui giudicati favorevoli alle trattative, stanno
rapidamente mutando.
©ISPI2017
“L’esito del negoziato su Cipro è aperto” ha ribadito
l’inviato speciale dell’Onu, il norvegese Espen Barth Eide.
Tuttavia, la prospettiva di uno stallo, magari mascherato da
rinvii e rallentamenti, prende quota rispetto all’ipotesi di
un’accelerazione verso la riunificazione. Anastasiades e
Akinçi negoziano da oltre un anno: due politici pragmatici,
entrambi originari di Limassol e pressoché coetanei, già
sostenitori del respinto Piano Annan (2004). Nel gennaio
2016, la stretta di mano tra il leader greco-cipriota e il suo
omologo turco-cipriota, sul palco del Forum economico
mondiale di Davos, accese le speranze della comunità internazionale.
Invece, più la trattativa è proseguita, più è divenuto evidente che la gestione locale (ownership) del processo e il
fattore leadership sono sì elementi necessari, ma non sufficienti a superare i principali ostacoli negoziali. Territorio,
proprietà e garanzie sono i tre nodi sui quali la mediazione
si sta incagliando. Sulla questione del territorio, ovvero la
percentuale di terra che Cipro nord cederebbe al sud nel
futuro stato federale, le parti sono ancora in disaccordo,
così come sulla proprietà (le terre dei privati): i greco-ciprioti vorrebbero massimizzare le restituzioni, mentre
i turco-ciprioti puntano sui meccanismi di compensazione
e scambio.
E poi c’è l’insidioso nodo della sicurezza. I greco-ciprioti,
insieme alla Grecia, chiedono la fine del sistema delle garanzie e dunque il ritiro delle truppe straniere da Cipro, in
primis i circa 40 mila soldati turchi. I turco-ciprioti pro-
Eleonora Ardemagni, Gulf and Eastern Mediterranean Analyst, NATO Defense College Foundation.
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Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo.
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pendono invece per la continuazione dell’attuale architettura di sicurezza: in una recente intervista ad Al-Jazeera,
Akinçi si è detto favorevole, qualora si desse vita a uno
Stato federale, al proseguimento del sistema in vigore per
almeno quindici anni.
sburgo nel novembre 2016) e il riposizionamento della
politica estera turca in Medio Oriente.
In una manciata di settimane, Erdoğan si è riallineato a
Mosca, ha ricucito i rapporti con il regime di Bashar
Al-Assad, ha promosso un’operazione militare in Siria,
delineando così una zona d’influenza nel nord del paese:
sviluppi geopolitici che conferiscono a Cipro un’ulteriore
centralità geostrategica. Cipro nord, in quanto collegamento logistico e militare, è parte fondamentale di
quell’immaginario triangolo che unisce la Turchia alla
costa mediterranea della Siria (alawita e ormai a presenza
russa), senza passare per il nord siriano, dove operano sia i
miliziani curdi sia i jihadisti. Per Ankara, un motivo in più
per preferire il proseguimento dello status quo, magari
puntando al riconoscimento internazionale della Trnc ed
evitando così un accordo che limiti la sua influenza militare e politica nell’isola.
C’è poi il fattore economico. Nell’immediato, i ˊcosti
economici percepitiˋ della pace rappresentano un freno: la
RoC era uno dei paesi dell’Ue con il reddito pro capite più
alto fino alla crisi finanziaria del 2013, mentre la Trnc, non
riconosciuta e sotto embargo internazionale, dipende
economicamente da Ankara. Al momento, l’unica convergenza è quella verso le misure di austerità, imposte sia
dalla troika (per la RoC) che dalla Turchia (per la Trnc):
ma con quali risorse finanziarie i ciprioti sosterranno i costi
della riunificazione, compensazioni comprese, visto che
gli aiuti esterni – in assenza di un accordo credibile – non
sono affatto sicuri, nonostante rappresentanti del Fmi e
della Banca mondiale siano a Ginevra per discuterne?
L’evoluzione militarista della politica estera della Turchia, nonché i suoi assetti interni, sono guardati con crescente attenzione dalla Grecia. L’escalation verbale di
Erdoğan contro il Trattato di Losanna (che regola dal 1923
i rapporti greco-turchi), acuitasi dopo il fallito golpe del
luglio scorso, è solo la manifestazione più evidente – insieme alle ripetute violazioni dello spazio aereo greco da
parte dell’aviazione turca e alla questione dell’estradizione
degli otto ufficiali turchi golpisti riparati in Grecia – di una
conflittualità strisciante, di cui Cipro è il naturale epicentro.
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Nel lungo periodo, l’unificazione federale di Cipro potrebbe portare vantaggi economici all’isola, per esempio
mediante lo sfruttamento condiviso delle risorse gasifere
offshore recentemente scoperte: una pipeline che attraversi
la Zona economica esclusiva della RoC e raggiunga la
Turchia rimane la modalità più economica per esportare il
gas cipriota e israeliano in Europa. La geopolitica si mette
però di traverso e tale progetto sarà inverosimile fino a
quando la questione cipriota non verrà risolta. Per ora, la
“variabile gas” non si sta rivelando un catalizzatore per il
processo di pace, ma sta invece esacerbando l’antico dibattito sulla sovranità, non più riferito alla sola terra contesa, ma ora esteso anche al mare.
Tra l’altro, la repressione contro il movimento di Fetullah
Gülen ha colpito anche la Trnc, in cui vi sono state perquisizioni e arresti, anche tra i militari. L’eventuale mutamento degli equilibri di forza tra i militari turchi di stanza
nella Trnc è un tema estremamente delicato e ancora da
decifrare: la polizia turco-cipriota dipende direttamente da
loro. Nella gestione dei rapporti economici con Cipro nord,
i militari turchi hanno già visto ridimensionata, negli anni,
la loro nicchia di potere a vantaggio delle oligarchie vicine
all’Akp. Appena sbarcato in Svizzera, Akinçi ha tuonato
contro lo spettro di un’annessione di Cipro nord da parte
della Turchia, qualora la trattativa fallisse, perché la Trnc
non vuole divenire “una provincia di Ankara”.
Tutti gli attori coinvolti si dichiarano favorevoli a uno stato
federale. Però, il timing della trattativa non è in sintonia
con il contesto: i colloqui imboccano la tornata decisiva
mentre gli Stati Uniti, facilitatori del negoziato in corso,
sono in piena transizione istituzionale. E soprattutto, c’è
l’incognita Turchia. Due dinamiche potrebbero disincentivare la presidenza di Recep Tayyip Erdoğan a sostenere
una soluzione federale oggi: il congelamento de facto dei
negoziati per l’ingresso di Ankara nell’Unione europea
(specie dopo il voto simbolico del Parlamento di Stra-
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Sul dossier di Cipro, l’Unione europea non può più giocare
il ruolo del mediatore imparziale (dopo l’ingresso della
RoC nell’Unione datato 2004), ma si deve accontentare di
essere uno spettatore interessato. Per Bruxelles, risolvere la
questione cipriota significherebbe rimuovere il principale
ostacolo a una reale cooperazione con la Nato, fin qui
bloccata dalla Turchia (e invisa alla Russia); con uno
sguardo, magari, a come accompagnare il futuro stato riunificato nell’organizzazione di un security sector federale.
Ecco perché, se Ankara non dovesse irrigidirsi nei negoziati di Ginevra, lancerebbe un segnale distensivo anche
verso le istituzioni comunitarie. Prima di tutto, occorre
però guardare ai protagonisti ciprioti.
In maniera speculare, aumentano le possibilità che i greco-ciprioti, così come Atene, propendano per il mantenimento degli equilibri esistenti, pur di impedire un accordo
percepito come insoddisfacente. E ciò nonostante Alexis
Tsipras sia stato, nel 2015, il primo premier greco a incontrare esponenti della comunità turco-cipriota a Nicosia.
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Da una prospettiva interna, le elezioni parlamentari nella
Repubblica di Cipro (maggio 2016) hanno premiato i partiti più intransigenti nei confronti del negoziato; l’estrema
destra di Elam, partito gemello di Alba Dorata in Grecia, è
perfino entrato in parlamento, con il 3% dei voti. Contemporaneamente, la crisi di governo nella Trnc è sfociata
nella formazione di una nuova coalizione, tutta di destra
nonché scettica rispetto alla trattativa in corso.
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