15-70 DE TORO.qxd

Transcript

15-70 DE TORO.qxd
LA PARTECIPAZIONE DELLA MARINA ITALIANA
ALL’INVASIONE DI CRETA
NEI DOCUMENTI TEDESCHI
(MAGGIO 1941)
AUGUSTO DE TORO
La partecipazione della Regia Marina all’operazione “Merkur”, l’invasione
tedesca di Creta nell’ultima decade del maggio 1941, è essenzialmente conosciuta per i mancati sbarchi via mare culminati nelle valorose azioni delle
torpediniere Lupo e Sagittario; lo è un po’ meno per lo sbarco, tutto italiano, nel settore orientale dell’isola, a Sitia, il 28 maggio; ancora meno sul
mancato concorso della Squadra navale italiana a sostegno diretto o indiretto delle operazioni aeree e navali condotte dalle altre forze dell’Asse. Sotto
altro aspetto, in Italia il ruolo stesso della Regia Marina all’operazione Merkur, che vide impegnate le proprie forze navali schierate in Egeo, in parte
alle dipendenze del comandante navale tedesco in quel settore – l’Admiral
Suedost (Ammiraglio Sud Est), amm. Karl Georg Schuster – è, per lo più,
noto dalla prospettiva italiana, poco, però, da quella tedesca.
L’autore di queste pagine si è cimentato in passato sugli assetti navali in
Grecia e in Egeo, derivati dell’intervento tedesco nell’aprile 1941, sulla genesi dell’occupazione tedesca di Creta e sulla diversa valenza strategica attribuitale da Hitler e dall’alto comando navale germanico, la Seekriegsleitung
(Skl), e sugli sviluppi del ruolo assunto da Creta sotto il profilo politico negli anni a seguire nel quadro delle relazioni italo-tedesche.(1) Qui eviterà di
(1) Si veda, anche per i fondamentali rimandi documentari e bibliografici, A. de
Toro, “Supermarina, la Seekriegsleitung e i Balcani nella primavera 1941”, RID-Rivista
Italiana Difesa, novembre 1992, p. 86-97, e dello stesso autore “Il ‘promemoria di Creta’ (28 luglio 1942). Le aspirazioni della Seekriegsleitung sull’Egeo e sul Mediterraneo
15
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
tornare su argomenti già affrontati e, tanto meno, si asterrà dall’illustrare
l’attività della Marina italiana nell’ambito dell’operazione Merkur, ma si
propone di condurre l’attenzione su una serie di documenti, che integrano e
precisano il quadro di conoscenze di parte italiana, testimoniando come sia
stata vista e valutata dalla Kriegsmarine l’opera della Marina alleata e quali
fossero le proprie visioni nella condotta delle operazioni navali – perché al
suo interno ve ne furono più d’una – in quello specifico contesto.
Il punto di vista della Skl sulla praticabilità di sbarchi dal mare, e il giudizio sull’azione delle torpediniere italiane
Nella versione finale il piano tedesco per l’invasione di Creta – il cui comando Hitler affidò al comandante in capo della Luftwaffe (Oberbefehlshaber der Luftwaffe, Ob.d.L.), maresciallo del Reich Hermann Goering, e
questi ne assegnò l’esecuzione al colonnello generale Alexander Loehr, comandante della 4a Flotta aerea – prevedeva che i paracadutisti della 7a Divisione dell’XI Corpo aereo occupassero nelle prime 36 ore dall’inizio dell’operazione (giorno X, infine fissato il 20 maggio 1941) le piste di atterraggio
di Iraklion (Candia), Maleme e Retimo sulla costa centrale e occidentale
della grande isola; quindi, una volta preso possesso di almeno una pista, vi
sarebbero affluiti reparti aviotrasportati della 5a Divisione di montagna, i
quali avrebbero dovuto prendere possesso di un porto o punti di approdo
nella zona corrispondente; dopo di che avrebbero preso avvio gli sbarchi via
mare di altri reparti ancora dell’Esercito, principalmente Cacciatori delle
Alpi, con armi ed equipaggiamenti pesanti, quali artiglieria, autocarri e carri
armati leggeri. In questo il compito della Kriegsmarine, praticamente priva
di proprio naviglio da guerra, sarebbe consistito, oltre che nell’organizzare e
assicurare tutti i rifornimenti via mare necessari all’intera operazione, anche
nell’apprestamento ed esecuzione delle missioni di sbarco a supporto delle
forze sbarcate dall’aria.
Le tre fasi avrebbero dovuto realizzarsi già entro la giornata del 20 per il
settore di Maleme, ed entro il 22 per gli altri settori.(2)
orientale durante e dopo la vittoriosa conclusione della guerra”, Bollettino d’Archivio
dell’Ufficio Storico della Marina Militare, marzo 2006, p. 13-60.
(2) Per memoria si rammenta che l’ordine d’operazioni n. 1 del 17 maggio 1941
dell’Admiral Sued-Ost (Ammiraglio Sud-Est), amm. Karl Georg Schuster, prevedeva
16
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Sull’organizzazione dei convogli e su quanto ne seguì si avrà modo di
ritornare. Qui serve ricordare che prima dell’inizio dell’intera operazione la
Skl aveva manifestato al Comando superiore della Wehrmacht (Oberkommando der Wehrmacht, OKW) e al comandante in capo della Luftwaffe, i
propri dubbi circa la possibilità di eseguire trasporti via mare, specie se eseguiti con naviglio lento, a sostegno delle operazioni di aviosbarco, senza che
la Luftwaffe avesse prioritariamente conseguito il dominio sulle acque a
l’esecuzione delle seguenti operazioni:
a) agguato di due sommergibili in ciascuno dei due passi d’accesso a Est e a Ovest di
Creta, ma senza ingresso in Egeo;
b) agguato di M.A.S. nel Canale di Caso nei giorni X (inizio dell’operazione Merkur),
X+1 e X+2;
c) ricognizione aerea diurna nel Mediterraneo orientale;
d) missione di sbarco di 20 motovelieri scortati da una torpediniera da Milo a Maleme
nel giorno X;
e) missione di sbarco di 30 motovelieri scortati da una torpediniera da Milo a Maleme
nel giorno X+2;
f ) dragaggio della Baia di Suda da Milo ad opera di dragamine ausiliari scortati da una
torpediniera nel giorno X+2;
d) dragaggio degli accessi a Candia (Iraklion) ad opera di quattro dragamine ausiliari
scortati da una torpediniera nel giorno X+2.
AUSMM, fondo Supermarina. Scontri navali e operazioni di guerra, b. 32, Operazione
“Mercurio”. Occupazione di Creta – Maggio 1941, f. R. Torp. “Sagittario” – Scontro al
largo di Milos – 22 maggio 1941 XIX. “Ordine d’operazione n. 1 per l’impresa ‘Mercurio’ del 17 maggio 1941” dell’Ammiraglio Sud-Est.
Si rammenta anche che le operazioni che videro la partecipazione di forze navali italiane
nella fase cruciale dell’operazione Merkur fra il 20 e il 23 maggio 1941 furono:
a) i due falliti tentativi di sbarco di truppe tedesche su altrettanti convogli di piccoli
natanti guidati dalle torpediniere Lupo e Sagittario del 21 e del 22 maggio 1941, che
portarono ad altrettanti scontri con prevalenti forze navali britanniche;
b) l’agguato di due sommergibili, l’Onice e il Galatea, a Sud del Canale di Caso, che
non portò ad alcun avvistamento di forze navali nemiche;
c) l’agguato di M.A.S. (MAS 546, MAS 523, MAS 536, MAS 541 e MAS 520) nel Canale di Caso, che portò a un attacco infruttuoso a forze navali di superficie nemiche
nella notte sul 21 maggio;
d) il dragaggio delle zone di approdo a Suda e a Candia (Iraklion) da parte di altrettanti gruppi di dragamine, guidati ciascuno da due torpediniere (Alcione e Aldebaran) e
accompagnati da squadriglie M.A.S., da eseguirsi immediatamente prima dello sbarco via mare di truppe tedesche, il 21-22 maggio, ma non realizzato per la presenza
di forze navali britanniche a Nord di Creta e l’incerto andamento dei combattimenti
a terra;
17
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
nord di Creta e fosse in grado di esercitare un’efficace ricognizione sulle rotte di accesso a questa zona di mare. Essa si basò, infatti, sul presupposto,
poi rivelatosi esatto, che la Mediterranean Fleet si sarebbe impegnata a fondo con incrociatori e cacciatorpediniere per impedire qualsiasi sbarco navale. Fino a che, quindi, l’aviazione tedesca non avesse conseguito il controllo
di quelle acque, i trasporti dovevano essere circoscritti alla modalità aerea o,
se proprio necessario, all’impiego di naviglio leggero italiano (in pratica torpediniere), a condizioni, però, che vi fossero le possibilità di sbarco. Aveva
anche avvertito gli altri alti comandi che gli sbarchi dal mare con naviglio
lento avrebbero potuto essere condotti nell’osservanza di due precondizioni
e, cioè: che l’isola fosse stata occupata nei suoi punti salienti, e che le forze
navali britanniche fossero state cacciate dalla Luftwaffe e questa avesse assunto almeno transitoriamente la supremazia di quella zona di mare.(3)
Dunque, la prima sola di esse per la Skl non sarebbe stata sufficiente.
Alla fine della prima giornata nessuno dei tre obiettivi di lancio dei
paracadutisti era stato raggiunto, mentre le perdite di personale erano state
elevatissime; solo la pista di Maleme era stata occupata, anche qui a prezzo
di gravi perdite, ma continuava ad essere battuta dalle artiglierie britanniche
installate sulle sovrastanti alture. La criticità della situazione spinse il Comando della 4a Flotta aerea a rinunciare agli obiettivi di Iraklion e di Retimo e a concentrare gli sforzi su Maleme con aviosbarchi e sbarchi dal mare,
confidando che la supremazia aerea della Luftwaffe potesse tenere lontana la
Mediterranean Fleet. La mattina del 21 maggio l’Ammiraglio Sud-Est fu informato dall’XI Corpo aereo che un tratto di costa davanti Maleme era libero dal nemico, e l’ammiraglio Schuster, nonostante qualche personale esitazione, fu alfine convinto a tentare lo sbarco dal mare prima con il convoglio
guidato dalla torpediniera Lupo, al comando del cap. freg. Francesco Mimbelli, poi con il convoglio guidato dalla gemella Sagittario, al comando del
e) la missione di sbarco di truppe imbarcate sui cacciatorpediniere Francesco Crispi e
Quintino Sella e delle torpediniere Lince, Libra e Monzambano, il 22 maggio, interrotta per la presenza in mare di prevalenti forze navali britanniche.
Per un quadro d’insieme di parte italiana v. P.F. Lupinacci, La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo, Roma, USMM, 1965 (collana La Marina italiana nella seconda
guerra mondiale, vol. IX). Inoltre, nelle settimane immediatamente precedenti e occupate dai preparativi dell’operazione Merkur le forze navali italiane dipendenti dall’Ammiraglio Sud-Est furono intensamente impiegate nell’attività di protezione del traffico
in Egeo, incluso quello proveniente dai Dardanelli.
(3) Vedi appendici A, B e C.
18
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
capitano di fregata Giuseppe Cigala Fulgosi, avendo entrambi come punto
di riunione e partenza l’isola di Milo. Sia l’uno sia l’altro tentativo – è noto
– fallirono.
La Skl, nel commentare i fallimenti dei due primi tentativi di sbarco,
eseguiti con lenti motovelieri nella sera del 21 maggio e nella mattina del
22, quelli, cioè, rispettivamente, guidati e scortati dalle torpediniere Lupo e
Sagittario, non si stupì più di tanto; li giudicò evitabili e li attribuì all’errore
di averli condotti senza che si fossero verificate le condizioni preliminari. In
altre parole, si pronunciò negativamente sull’operato del Comando superiore dell’operazione, ma anche con disappunto nei confronti dell’Ammiraglio
Sud-Est, che aveva assentito alle di lui richieste anziché attenersi alla propria
istruzione di autorizzare la partenza dei convogli solo dopo che si fosse accertato che quelle acque fossero libere dalle forze navali nemiche, e ribadì il
concetto che la responsabilità dei trasporti via mare rimaneva in capo ad es-
Acque di Milo, 19 maggio 1941. La torpediniera Sirio è fotografata con un mototrabaccolo nella fase iniziale della missione di sbarco a Maleme. Di lì a poco il Sirio per avaria
a un’elica sarà sostituito dalla torpediniera Lupo, dopo che la torpediniera Monzambano
era a sua volta saltata su una mina greca davanti al Pireo. La Skl fu da subito assai scettica sull’organizzazione di queste operazioni di sbarco, eseguite con mezzi lentissimi e di
scarsa efficienza, senza la piena certezza dell’assenza di reparti navali britannici nelle acque a nord di Creta. (Coll. P. Schenk)
19
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
so, pur dovendo questo sentire il Comando della 4a Flotta aerea. Peraltro,
come si può rilevare dalla lettura del rapporto dell’Ammiraglio Sud-Est sull’azione condotta dalle due torpediniere italiane del 23 maggio, qui pubblicato all’appendice D, anche Schuster, come il Comando della 4a Flotta aerea, era pervenuto sin da questa data alla medesima conclusione.
Viste le cose a posteriori, non v’è dubbio che i fatti davano ragione alla
Tirpitz Ufer (sede a Berlino della Skl). Ma non si vede come, nel frangente
in cui il margine fra riuscita e fallimento dell’intera operazione era sottilissimo, l’ammiraglio Schuster avrebbe potuto responsabilmente sottrarsi alle richieste del Comando della 4a Flotta aerea. Del resto, in tutto il conflitto la
stessa Skl non si dimostrò restia a richiedere l’assunzione di rischi alle proprie armi e a quelle italiane di fronte a situazioni altrettanto critiche e, strategicamente, meno importanti.
La nave da battaglia britannica Valiant e, in secondo piano, l’incrociatore leggero australiano Perth a Suda nel febbraio 1941. Qualche mese dopo le due unità furono intensamente impiegate nella battaglia di Creta, la prima con la Forza A ad occidente dell’isola
in copertura contro un’eventuale sortita della flotta italiana, la seconda con la Forza B a
contrasto delle operazioni di sbarco dal mare a nord dell’isola, che nelle previsioni britanniche avrebbero costituito la principale forma d’invasione. Il mattino del 22 maggio
il Perth fu una delle unità britanniche maggiormente impegnate dalla torpediniera Sagittario in difesa del secondo convoglio per Maleme. (Coll. A. de Toro)
20
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Nessun addebito l’alto comando navale germanico mosse, invece, all’operato delle due torpediniere italiane, di cui rilevò il grande coraggio e il
senso di responsabilità dei comandanti. Va detto che il positivo apprezzamento cadeva quasi contestualmente al verificarsi degli eventi, quando,
cioè, l’entità delle perdite dei due convogli, specie del primo, appariva superiore a quella poi accertata con precisione. Si tratta – va aggiunto – di uno
dei rari casi in tutto il conflitto nel Mediterraneo in cui l’alto comando navale tedesco in presenza d’insuccessi o d’incompleti o mancati successi non
ne imputò la prima responsabilità alle armi italiane. Sul positivo giudizio
può avere influito anche il fatto che le due torpediniere agivano sotto il comando dell’Ammiraglio Sud-Est, vale a dire in quella organizzazione di comando navale in Egeo che essa aveva perseguito e raggiunto in Egeo al termine della campagna di Grecia (aprile-maggio 1941) e che in varia maniera
cercò di estendere, sia pure con scarsissimo successo, a tutta la condotta della guerra navale in Mediterraneo.
Le divergenti visioni strategiche fra l’Ammiraglio Sud-Est e la Skl dopo
l’operazione Merkur
Sono molte le considerazioni che si possono fare sul rapporto conclusivo
dell’Ammiraglio Sud-Est sulla parte avuta dalle forze navali al suo comando
durante l’operazione Merkur (appendice E). Il documento risale al 16 giugno 1941, quando l’operazione Merkur era da tempo conclusa. Da un punto di vista storico, due sono le considerazioni che sembrano imporsi rispetto
ad altre:
a) l’insufficienza e l’inadeguatezza di uomini e mezzi e la conseguente improvvisazione cui l’Ammiraglio Sud-Est dovette far ricorso per assolvere
ai compiti assegnati nelle poche settimane antecedenti l’avvio dell’operazione;
b) le sue conclusioni circa le prospettive operative nel settore dell’Egeo dopo la conquista dell’isola.
Circa il primo aspetto Schuster fu presto consapevole della gravità del
problema. Ma nonostante le tante e notevoli difficoltà tecniche e organizzative nonché le incertezze di ogni genere che dovette affrontare, non se la
sentì, di fronte all’acuta crisi in cui versavano le forze tedesche discese a
Creta nei primissimi giorni dell’invasione dall’aria, di sottrarsi alle sollecitazioni del Comando della 4a Flotta aerea, senza, perciò, tener conto delle
ammonizioni della Skl.
21
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
Prime fra queste difficoltà figuravano la lentezza e la disomogeneità del
naviglio, la carenza di personale preparato per la navigazione e l’inadeguatezza delle attrezzature marinaresche e del servizio comunicazioni in entrambi i convogli di motovelieri; fattori questi che concorsero non poco al
fallimento di entrambe le missioni. Tuttavia, va osservato che, a guerra conclusa, è raro leggere espressioni di compatimento, di ironia o di sarcasmo
sulla sproporzione fra mezzi e fini di una tale operazione, come di solito
viene riservato all’impreparazione e improvvisazione italiane, nella fattispecie riguardanti lo sbarco il 28 maggio a Sitia, nell’estremità orientale di Creta, altrettanto rischioso per le minacce in mare, ma infine riuscito grazie anche a un po’ di fortuna.
Quanto al secondo aspetto, va detto per precisione che la Skl dichiarò
appieno il proprio disappunto sulla visione espressa da Schuster circa i possibili sviluppi operativi nel settore dell’Egeo. Questa era stata manifestata
già precedentemente alla data del documento qui pubblicato in traduzione
e, cioè, il 23 maggio, quando la battaglia per Creta era al culmine e l’esito
incerto. In questo apprezzamento l’Ammiraglio Sud-Est sostenne, simil-
I cacciatorpediniere britannici Isis, in primo piano, e Janus, sullo sfondo, qui fotografati
nella prima metà del giugno 1941 nelle acque siriane durante l’invasione anglo-gollista
di quella colonia francese. Poche settimane prima entrambi erano stati impegnati nelle
acque di Creta, dove, come temuto dalla Skl, la Mediterranean Fleet non badò a perdite
pur di assicurarsi il massimo controllo delle stesse. (Coll. R. Pellegrino)
22
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
mente a quanto poi fatto a campagna conclusa, che i principali compiti, da
perseguirsi in concorso con l’alleato italiano, consistessero nella costituzione
e difesa delle linee di rifornimento e di traffico in Egeo e fra il Mar Nero e i
Dardanelli nonché nella difesa del traffico lungo le coste greche dalle insidie
portate dall’aviazione, dai sommergibili e dalle azioni di sabotaggio britanniche. E a tal scopo egli auspicava l’adozione di una serie di misure così riassumibili:
- mantenimento nel settore dell’attuale consistenza delle forze navali italiane;
- costituzione di reparti di naviglio ausiliario tedesco (Sicherungsflottille,
“flottiglie di sicurezza”);
- dislocazione di reparti aerei per la ricognizione e la vigilanza delle linee di
traffico;
- costituzione di difese costiere con batterie e sbarramenti di mine, incentrate sul Pireo, su Suda, su Lemno e su Salonicco;
- rapida installazione di un servizio di comunicazioni lungo le coste per la
loro sorveglianza nonché per quella del traffico marittimo;
- disponibilità di un adeguato tonnellaggio di naviglio mercantile.(4)
La Skl, appena ricevuto il documento, criticò con severità le vedute di
Schuster con argomenti che si riportano testualmente, in quanto riassumono bene il pensiero riguardo alla funzione strategica che essa assegnava alla
conquista di Creta.
La Skl deplora che l’Ammiraglio Sud-Est nel suo apprezzamento della situazione non veda proprio altro che compiti difensivi, i quali, per di più,
rientrano in gran parte in quelli del Comando Marina [tedesca, n.d.t.]
Grecia, e che non riconosca i grandi compiti offensivi che si prefigurano nel
verso di minacciare e di arrecare costantemente danno al nemico nel Mediterraneo orientale.
L’occupazione di Creta è di decisiva importanza per la condotta della guerra nel Mediterraneo orientale, offrendo la possibilità di esercitare dal settore
dell’Egeo una fortissima influenza sugli eventi in quello scacchiere. Il compito principale risiede, dunque, nella riunione e nell’impiego di tutte le for(4) Kriegstagebuch der Seekriegsleitung/Operationsabteilung 1939-1945, parte A,
(KTB 1.Skl, A), Herford-Bonn-Berlin, Mittler&Sohn, 1988 ss., vol. 21: Mai 1941,
23.05.1941, p. 354 sg. Le conclusioni della relazione di Schuster contestata dalla Skl
sono molto simili a quelle del documento di pari data di Schuster qui pubblicato all’appendice D.
23
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
ze disponibili per sfruttare nella massima misura possibile la nuova situazione strategica che ne è derivata. Il predominio del Mediterraneo orientale,
l’eliminazione di qualsivoglia minaccia all’Egeo e al Nord Africa da parte
delle forze navali britanniche, fino all’espulsione degli inglesi dal Mediterraneo sono gli obiettivi strategici da perseguire.
Questi obiettivi possono essere raggiunti solo se si indirizzano e si impiegano
all’unisono le nostre forze, quelle della Luftwaffe e dell’alleato italiano. Pertanto, lo sforzo dell’Ammiraglio Sud-Est deve essere quello di influire sulla
condotta della guerra marittima entro questa logica e di impiegare le forze
messe a sua disposizione – invero, purtroppo, deboli – in questa direzione.
I compiti difensivi rappresentati nell’apprezzamento della situazione dell’Ammiraglio Sud-Est, a giudizio della Skl, trovano contestualmente la migliore soluzione svolgendo il compito principale che è stato indicato.(5)
Il documento pubblicato all’appendice E dimostra come, anche dopo il
richiamo della Tirpitz Ufer, l’Ammiraglio Sud-Est non abbia cambiato opinione. A ben vedere, la visione da lui espressa sulla guerra in Egeo, durante e
subito dopo la conclusione dell’operazione Merkur, si collocava nel solco
delle finalità che Hitler vi aveva assegnato e, cioè, di baluardo e messa in sicurezza da Sud della regione balcanica in vista dell’imminente campagna
contro l’Unione Sovietica. Al contrario, per l’alto comando navale germanico l’occupazione della grande isola costituiva l’occasione per l’estremo tentativo di far valere la propria strategia mediterranea in alternativa alla guerra ad
Est e, se questo – come ben sapeva – non era possibile, di sfruttare al massimo il successo ottenuto con l’occupazione di Creta per colpire e tenere in
scacco i britannici nel Mediterraneo orientale, in attesa che vi si riprendesse
un’offensiva in grande stile dopo la conclusione della guerra a Oriente.(6)
La mancata partecipazione della Squadra Navale all’invasione di Creta
Quando, il 1° maggio 1941, il capo dello stato maggiore di collegamento
della Marina germanica presso lo stato maggiore della Regia Marina (Verbindungsstab beim Admiralstab der koeniglichen italienischen Marine),
(5) Naturalmente la Skl trasmise il suo punto di vista riportato sul proprio diario
anche all’Ammiraglio Sud-Est. Ibid., p. 355 sg.
(6) L’argomento è stato affrontato dall’autore nel saggio “Supermarina …”, cit.
24
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
c.amm. Eberhard Weichold, comunicò a questo l’imminente invasione di
Creta, nel sottoporgli l’argomento della partecipazione della Marina italiana
all’operazione dichiarò che l’entità delle forze navali in Egeo appariva, al
momento, sufficiente, posto che la Luftwaffe avrebbe garantito dall’aria il
dominio di quelle acque.(7) Le forze navali in Egeo – serve ancora ricordare
– erano quelle che rientravano nei recenti accordi fra le Marine dell’Asse dell’aprile 1941 per quel settore, e che dipendevano dall’Ammiraglio Sud-Est.
In effetti, sin dalla fase preparatoria dell’operazione Merkur la Skl non
fece affidamento su un diretto concorso della flotta italiana a copertura degli sbarchi dal mare, pur essendo certa dell’attività d’interdizione della Mediterranean Fleet. Su questa rinuncia pesò non poco la recente esperienza
dell’operazione Gaudo e del tragico epilogo di Capo Matapan alla fine del
marzo 1941, di cui la Skl sentì di portare la responsabilità morale, avendo
fortemente insistito per una sortita offensiva della flotta italiana nel Mediterraneo orientale contro il traffico nemico fra l’Egitto e la Grecia.(8) A metà
maggio 1941 la Skl chiese a Supermarina attraverso Weichold solo informazioni su come la Marina italiana si sarebbe regolata in una tale circostanza.
La risposta del Lungotevere delle Navi si conosce solo attraverso quanto
riferito da Weichold alla Tirpitz Ufer, non essendo stata rintracciata la documentazione di prima mano; ma non v’è ragione di dubitare sui contenuti, anche per quanto si dirà appena oltre. La presa di posizione del Lungotevere delle Navi (sede dello stato maggiore della Regia Marina e di Supermarina a Roma) fu del seguente tenore:
1. oltre alle forze navali già poste al comando dell’Ammiraglio Sud-Est, venivano messe a disposizione di esso tutte le forze pronte dell’Egeo (presumibilmente due cacciatorpediniere, tre-quattro torpediniere, alcuni
(7) Comunicazione del capo dello stato maggiore di collegamento della Marina
germanica presso lo stato maggiore della Regia Marina (Verbindungsstab beim Admiralstab der koeniglichen italienischen Marine), c.amm. Eberhard Weichold,
01.05.1941, AUSMM, fondo Supermarina. Scontri …, cit., b. 32, cit., f. R. Torp. “Sagittario” …, cit.
(8) Sugli apprezzamenti e sul senso di colpa della Skl per quanto accaduto a Capo
Matapan cfr. A. de Toro, “Il convegno di Merano nelle relazioni navali italo-germaniche, RID-Rivista Italiana Difesa, maggio 1992, p. 88-97, qui p. 97. Sul medesimo argomento v. pure W. Baum, E. Weichold, Der Krieg der Achsenmaechten im Mittelmeerraum. Die Strategie der Diktatoren, Goettingen-Zuehrich-Frankfurt, Musterschmidt,
1973, p. 154 sg. Agli effetti psicologici prodotti dai fatti di Matapan gli autori aggiungono la scarsa propensione al rischio della Marina italiana.
25
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
M.A.S., tre-quattro sommergibili);
2. non sarebbe stato possibile l’impiego delle forze navali italiane fuori delle acque metropolitane, poiché escluso il naviglio silurante indispensabile per le correnti necessità di scorta al traffico con la Libia, altro al momento non era disponibile, e la sospensione di questo traffico non era
per il momento sostenibile, avuto riguardo alla situazione in Nord Africa;
3. Supermarina non aveva alcuna conoscenza dei piani operativi dell’Ammiraglio Sud-Est;
4. a giudizio di Supermarina, il nemico sarebbe venuto tempestivamente a
conoscenza dell’eventuale partenza delle forze navali italiane, con la conseguente immediata uscita in mare della Mediterranean Fleet, e reputava
che la cosa non fosse nell’interesse di una rapida e risolutiva esecuzione
dell’operazione Merkur.(9)
Ma in quei giorni non fu solo la Tirpitz Ufer a sondare le intenzioni dei
vertici della Regia Marina. Lo fece anche lo stato maggiore generale italiano
(Stamage) in una direttiva del 14 maggio in cui fissava i compiti di massima
delle forze navali poste alle dirette dipendenze dell’Ammiraglio Sud-Est e
autorizzava l’intervento della flotta, “secondo le possibilità del momento”, nel
caso in cui la Mediterranean Fleet cooperasse alla difesa di Creta.(10) Si può
leggere la risposta del 17 maggio del capo di stato maggiore della Regia Marina, amm.sq. Arturo Riccardi all’appendice F. Riccardi, concludendo di
non poter intervenire con la Squadra navale; concorda, ma con argomentazioni meglio sviluppate, con la risposta già data a Weichold due giorni prima, e aggiunge di non poter assumere il rischio d’impegnarsi a fondo contro la flotta nemica per difendere i convogli ed evitarne la distruzione, poiché dopo una simile azione ne sarebbe uscita pregiudicata la futura condotta della guerra marittima e la possibilità di assicurare a sufficienza le comunicazioni con la Libia e con lo stesso Egeo. Non sarebbe stato, dunque, indispensabile che Supermarina conoscesse i piani dell’Ammiraglio Sud-Est
per comprendere che il nocciolo del problema risiedeva proprio nel proba-
(9) KTB 1.Skl, A, vol. 21, 15.05.1941, p. 216. Il piano d’operazioni dell’Ammiraglio Sud-Est fu noto al Lungotevere delle Navi (sede di Supermarina) al più tardi il 17
maggio 1941, v. nota 2.
(10) Il sottocapo di stato maggiore generale, gen. Alfredo Guzzoni, a Supermarina,
“Operazione “Mercurio” (Candia)”, 14.05.1941, AUSMM, fondo Supermarina. Scontri…, cit., b. 32, cit., f. R. Torp. “Sagittario” …, cit.
26
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
La nave da battaglia Duilio in navigazione verso la metà del 1941. Supermarina non intese impiegare, né direttamente, né indirettamente, la Squadra navale a sostegno dell’operazione Merkur, nonostante il quasi assoluto dominio dell’aria da parte della Luftwaffe e
alcune sollecitazioni da parte dei comandi navali tedeschi e del Comando supremo. La rinuncia lasciò qualche malumore all’interno della stessa Marina italiana. (Coll. F. Bargoni)
bile scontro con la Mediterranean Fleet per la difesa dei convogli nelle acque a nord di Creta.
Il 19 maggio, vigilia dell’avvio dell’operazione Merkur, resosi conto che
non vi sarebbe stato alcun intervento diretto della flotta italiana nelle acque
di Creta, e preoccupato della minaccia rappresentata dalle forze navali britanniche, l’Ammiraglio Sud-Est chiese, sempre attraverso Weichold, un’azione diversiva della stessa, in modo da vincolare a ovest di Creta le forze
britanniche che erano state avvistate in mare, e allontanarle, così, dalle acque cretesi. Secondo quanto riferito da Weichold alla Skl, dal Lungotevere
delle Navi non pervenne risposta su possibili operazioni della Squadra navale concomitanti all’invasione di Creta.(11)
La Squadra navale non si mosse da Taranto, della qual cosa i tedeschi
non si sorpresero più di tanto. Ma va detto che la minaccia in potenza da
(11) KTB 1.Skl, A, vol. 21, 19.05.1941, p. 278.
27
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
essa rappresentata indusse le forze pesanti della Mediterranean Fleet a intraprendere crociere di vigilanza e copertura a occidente di Creta, esponendole
a pesanti attacchi della Luftwaffe con gravi perdite in termini di naviglio affondato e danneggiato. Ciò nonostante, negli ambienti della Marina italiana il mancato intervento lasciò qualche amarezza, anche perché faceva di
poco seguito al mancato contrasto all’operazione britannica Tiger, con l’attraversamento da Gibilterra ad Alessandria di un convoglio che le sole aeronautiche dell’Asse e forze navali insidiose non erano riuscite a contrastare
con sufficiente efficacia.
Nel dopoguerra l’ammiraglio Romeo Bernotti riconobbe l’effetto che la
flotta in potenza italiana ebbe sull’andamento delle operazioni, ma aggiunse
che l’atteggiamento di attesa aveva fatto perdere a questa “l’occasione unica
per affrontare la battaglia col vantaggio della scelta del momento e col concorso
indiretto (però di sicura efficacia) di una poderosa armata aerea” e che “la situazione in cui la flotta italiana avrebbe potuto impegnarsi sarebbe stata del
tutto diversa da quella dello sfortunato scontro di Matapan, essendo il nemico
obbligato ad agire nella zona in cui l’Asse aveva il dominio aereo assoluto.”
Inoltre, sotto il profilo strategico, per Bernotti “a queste circostanze vantaggiose si aggiungeva il fatto che l’andamento generale della guerra imponeva di
affrontare il nemico. Infatti la battaglia di Creta” – prosegue nel suo commento – “offriva prospettive ben più importanti del possesso territoriale dell’isola: il grosso della flotta italiana, se impegnato in correlazione con l’arma aerea
germanica avrebbe avuto la possibilità di infliggere alla flotta nemica un colpo
decisivo, tanto da decidere le sorti dell’assedio di Tobruk, delle comunicazioni
marittime con il Mar Nero [problema questo, comunque, subito risolto,
n.d.a.] e influire sul problema di Malta. Un successo sul mare avrebbe dimostrato, in conformità di quanto presumeva il grande ammiraglio Raeder, la necessità di continuare l’offensiva in Mediterraneo”.(12) Su quest’ultimo aspetto
si può rilevare che non dipendeva da Raeder la prosecuzione dell’offensiva
nel Mediterraneo orientale e che difficilmente Hitler si sarebbe fatto smuovere dai suoi convincimenti politici e strategici da un successo di più ampia
portata nelle acque di Creta.
Anche l’ammiraglio Angelo Iachino, all’epoca comandante in capo della
Squadra Navale, non nascose a guerra conclusa un certo rammarico per l’assenza di questa nella battaglia di Creta. E, se non ravvisava un intervento
(12) R. Bernotti, Storia della guerra nel Mediteraneo (1940-1943), Roma, Vito
Bianco, p. 175 sg.
28
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
immediato delle stesse, si domandò in uno dei suoi libri di memorie “se negli ultimi giorni dell’evacuazione di Creta non sarebbe stato conveniente far intervenire il grosso della nostra Squadra, che ormai era diventato preponderante
di forze, e che poco aveva da temere dagli aerei nemici, dato il dominio del cielo
in mano tedesca”, e proseguì criticando l’atteggiamento assunto da Supermarina, che “non volle invece riprendere in esame l’apprezzamento della situazione che aveva fatto dieci giorni prima [si tratta sempre della lettera di Riccardi
a Stamage del 17 maggio, di cui all’allegato F, n.d.a.]”, lasciando le forze navali inattive a Taranto. “Il nostro morale” – concluse – “non fu certamente avvantaggiato, specialmente quando ci trovavamo a contatto con i colleghi della
Marina germanica, giustamente fieri dei successi della Luftwaffe a Creta”.(13)
I falliti sbarchi tedeschi a Creta e le azioni delle torpediniere italiane.
Lo sbarco italiano a Sitia
Le missioni di scorta delle torpediniere Lupo e Sagittario dei primi due convogli di motovelieri e le azioni a fuoco contro le preponderanti forze navali
britanniche sono estremamente note, e la documentazione tedesca non apporta significativi elementi di differenziazione rispetto a quella italiana sul
piano fattuale. Su quello, invece, della loro importanza nel contesto generale dell’operazione Merkur sì.
La grandiosità dello sbarco aereo, il primo nella storia in grande stile,
l’aspro confronto fra il potere aereo (la Luftwaffe e in misura molto minore
la Regia Aeronautica) e il potere marittimo (la Mediterranean Fleet), conclusosi con la vittoria della prima, e il fatto che le operazioni a terra siano
state, infine, decise dalle truppe tedesche aviotrasportate senza, in pratica,
alcun altro apporto, può portare legittimamente a concludere sulla marginalità delle operazioni di sbarco tentate dal mare. La documentazione che
qui si propone, ancorché non cospicua, dimostra invece che in sede di pianificazione e di sua attuazione da parte tedesca si diede molta importanza a
questo tipo di operazioni, che avrebbero dovuto integrare i lanci di paracadutisti e gli sbarchi aerei e consentire alle forze tedesche di combattere anche con armi e mezzi pesanti. Diversamente non si spiegherebbe l’insistenza
del Comando della 4a Flotta aerea di tentare le prime due missioni pro(13) A. Iachino, Operazione Mezzo Giugno. Episodi dell’ultima guerra sul mare, Milano, Mondadori, 1955, p. 165 sg.
29
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
grammate, sebbene non vi fossero le premesse di eseguirle con un tasso di
rischio accettabile. Non vi è dubbio, infatti, che se le sorti della battaglia di
Creta rimasero per lungo tempo in bilico, ciò fu dovuto in buona misura alla mancanza degli attesi rinforzi dal mare e a una certa rassegnazione dei comandi britannici, che non seppero apprezzare fino in fondo lo stato di crisi
delle forze tedesche discese a terra protrattosi per più giorni.
Di entrambe le missioni l’Ammiraglio Sud-Est fece una relazione riassuntiva che qui si pubblica (appendice D). Porta la data del 23 maggio
1941 ed è, quindi, di pochissimo posteriore agli eventi di cui tratta, ed è addirittura coeva ai rapporti di missione dei capitani di fregata Herbert Devantier, imbarcato quale capo convoglio e comandante delle operazioni di
sbarco sul Lupo, rimanendo il comando militare e marinaresco in capo al
comandante di quest’ultima, il cap. freg. Francesco Mimbelli, e di Hans
von Lipinski, imbarcato con identiche funzioni sul Sagittario, al comando
da cap. freg. Giuseppe Cigala Fulgosi. La si è preferita a quelle dei due uffi-
La torpediniera Lupo, al comando del capitano di fregata Francesco Mimbelli, il 4 giugno 1941, di rientro a Taranto dopo la valorosa azione notturna che nella notte sul 22
maggio la vide da sola impegnata contro la Forza D in difesa del primo convoglio per
Maleme. L’azione riuscì a evitare la completa distruzione del convoglio, ma non il fallimento della missione. Visibili i segni di alcuni dei colpi ricevuti – in tutto 18 – fortunatamente con scarse conseguenze per la nave e per il suo personale. (Foto: A. Fraccaroli)
30
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Una bella immagine dell’incrociatore leggero britannico Ajax, qui alla fine di aprile 1941
in navigazione fra il Pireo e Suda. Fu una delle unità della Forza D che attaccò il convoglio difeso dal Lupo. (Coll. A. de Toro)
ciali tedeschi imbarcati sulle torpediniere perché più organica e sistematica
sotto il profilo narrativo, grazie anche al più alto punto di osservazione che
poteva avere l’Ammiraglio Sud-Est, il quale nella sua esposizione ha tenuto
anche conto delle relazioni verbali dei due ufficiali tedeschi imbarcati. Oltretutto, sotto il profilo della ricostruzione degli eventi questi ultimi non
aggiungono molto alla documentazione di fonte italiana sulle medesime
missioni.(14)
(14) Cap. freg. Herbert Devantier, “Berichtueber West-(Maleme) Staffel des Unternehmens ‘Merkur’ [Rapporto di missione del convoglio di ponente (Maleme) dell’operazione ‘Merkur’]”, 23.05.1941, Bundesarchiv-Militaerarchiv, RM 35, III/121: Merkur; Hans Lipinski, “Bericht ueber die Taetigkeitder Gruppe Heraklion in der Zeit vom
19.22.5.1941”, ibid. Quanto alle azioni delle torpediniere si veda da parte italiana: il
comandante del Lupo, cap. freg. Francesco Mimbelli, “Rapporto di missione della R^
Torp. ‘Lupo’”, AUSMM, fondo Supermarina. Scontri …, cit., b. 32, cit., f. R. Torp.
“Lupo”. Scontro al largo di Capo Spada (Creta) – Notte sul 22 maggio 1941-XIX; il
comandante del Sagittario, cap. freg. Giuseppe Cigala Fulgosi, “Rapporto di navigazio-
31
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
La torpediniera Sagittario, qui in Egeo nel 1941. Il mattino del 22 maggio, al comando
del capitano di fregata Giuseppe Cigala Fulgosi, fu protagonista dell’efficace difesa del
secondo convoglio per Maleme, integralmente salvato dall’attacco della Forza C anche
grazie all’incisivo intervento di reparti aerei della Luftwaffe, senza, però, che la missione
potesse essere portata a compimento. (Foto: A. Fraccaroli)
I rapporti di Devantier e von Lipinski, comunque, restano una fonte tedesca di prima mano a testimonianza:
- dell’improvvisazione, imputata alla carenza o inadeguatezza di mezzi,
personale e dotazioni nell’organizzazione dei due convogli;
- dell’osservazione, purtroppo solo illusoria, del siluramento di un incrociatore nemico da parte di entrambe le torpediniere italiane nei due distinti fatti d’arme che le videro protagoniste contro le più che prevalenti
forze nemiche;
- dell’ardimento e dell’efficacia dell’azione nel salvataggio – parziale nel caso del Lupo, quasi totale nel caso del Sagittario, ancorché soccorso dagli
attacchi dei reparti della Luftwaffe alle unità britanniche – dei due convogli di motovelieri.
ne della R^ Torp. ‘Sagittario’ relativo alla missione svolta nei giorni 20-21-22 maggio
1941.XIX”, AUSMM, fondo Supermarina. Scontri …, cit., b. 32, cit., f. R. Torp. “Sagittario” …, cit.
32
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Su quest’ultimo punto, così si espresse testualmente nel suo rapporto
Devantier, imbarcato sul Lupo:
La collaborazione sulle due torpediniere italiane con i comandanti, gli ufficiali e gli equipaggi è stata ottima.
Il supporto fu dato sotto ogni riguardo con spirito cameratesco.
Il capitano di fregata Mimbelli con il suo pronto e risoluto attacco e il siluro messo a segno ha agito in modo egregio.
Per questo motivo una consistente parte delle forze nemiche fu trattenuta
dal condurre altri attacchi al convoglio per effetto dell’azione di copertura
ovvero della caccia al “Lupo”. Di conseguenza ho potuto ricondurre a Milo
la maggior parte del naviglio.
Propongo rispettosamente il conferimento della Croce di Ferro di I classe al
capitano di fregata Mimbelli e ai suoi ufficiali – quanto meno all’ufficiale
alle armi subacquee, all’ufficiale di rotta, al Capo servizio GN – il conferimento della Croce di Ferro di II classe.
Più succintamente riferì nel proprio rapporto Lipinski, testimone dell’azione dal Sagittario:
Il Comandante della torpediniera “Sagittario”, c.c. [rectius c.f.] Giuseppe
Cigala Fulgosi, con il suo comportamento ha impedito, a mio giudizio, un
attacco degli inglesi, che poco prima avevano incendiato l’ “S 109” del
gruppo di Maleme e che, addirittura, avevano aperto il fuoco con mitragliere sui battelli pneumatici, e successivamente ha salvato la vita a molti
soldati tedeschi. Lo propongo per la concessione di un adeguato riconoscimento.
Alla fine, però, il grande ammiraglio Erich Raeder, comandante in capo
della Kriegsmarine, concesse loro [formalmente l’atto di concessione era del
Fuehrer] solo la Croce di Ferro di II classe, mentre da parte italiana entrambi i comandanti furono decorati con la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Infine è altrettanto utile rilevare che né in questi, né in altri successivi
documenti o pubblicazioni di parte tedesca, che si siano occupati delle due
azioni, è dato scorgere un differente apprezzamento sulla condotta di Mimbelli e su quella di Cigala Fulgosi. Pare, dunque, essere questa una disputa
tutta italiana – in vero, più parlata che scritta – basata sul fatto che il primo
avrebbe perso dieci unità del proprio convoglio, mentre il secondo nessuna,
e che il primo si sarebbe prioritariamente preoccupato di attaccare le navi
nemiche, mentre il secondo si sarebbe prima occupato di occultare il convo33
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
glio mediante la distensione di una cortina di fumo.(15) Dalla relazione riassuntiva dell’Ammiraglio Sud-Est (appendice D) si apprende che von Lipinski avesse particolarmente apprezzato la manovra eseguita da Cigala Fulgosi,
cosa di cui, però, non si ha riscontro nel rapporto scritto di von Lipinski,
ma resta nell’insieme la constatazione che per gli osservatori e i comandi tedeschi, solitamente piuttosto critici verso le Armi dell’alleato italiano, l’opera svolta dalle due torpediniere non avrebbe potuto essere più fruttuosa in
entrambe le circostanze.
Il fallimento dei primi e più importanti tentativi di sbarco dal mare
portò alla sospensione delle altre analoghe missioni già programmate, che,
fra l’altro, avrebbero dovuto portare sull’isola ben 83 carri armati. Tuttavia,
sotto la pressione degli eventi a terra, dove i reparti discesi dall’aria combattevano senza armi e mezzi pesanti, Schuster organizzò il 25 maggio il trasporto per mare di almeno due carri armati leggeri, tipo Panzer II, imbarcati su una bettolina di legno trainata da un rimorchiatore, dal Pireo a Castelli, nell’omonimo golfo, quasi all’estremità occidentale di Creta. La piccola e
isolata missione, questa volta tutta tedesca e con solo una modesta copertura aerea, riuscì, e il 27 maggio il minuscolo convoglio prese terra indisturbato nella prescelta località. Un’analoga missione fu reiterata fra il 28 e il 29
maggio, sempre con destinazione Castelli e con pari successo. In quest’ultimo caso, però, i carri sbarcati non fecero in tempo a intervenire nei combattimenti, essendo, ormai, la lotta a terra decisa a favore delle armi tedesche.(16)
Fra queste due missioni e, quindi, in un frangente considerato ancora
critico agli occhi del comando superiore tedesco, si colloca temporalmente
lo sbarco italiano a Sitia, all’estremità nord-orientale dell’isola.
Il 26 maggio l’OKW, su sollecitazione dello stesso Goering, il quale alla
vigilia dell’operazione Merkur aveva rifiutato l’aiuto italiano all’invasione di
Creta offerto da Mussolini, formulò la “pressante” richiesta dell’invio di un
(15) Finora solo Alberto Santoni, in un recente scritto, ha messo nella giusta luce
la scarsa utilità di tali raffronti; valutazione su cui si concorda, tenuto anche conto della
diversità di situazioni tattiche e di luce dei due fatti d’arme. A. Santoni, “Egeo, maggio
1941”, Storia Militare, novembre 2011, 53-64, qui p. 57.
(16) Su queste due missioni v. R. Kugler, Das Landungswesen in Deutschland seit
1900, Berlin, Oberbaum, 1989, p. 140 ss. nonché, anche per le splendide e rare immagini della prima delle due missioni, P. Schenk, Kampfum die Aegaeis, Hamburg-BerlinBonn, Mittler&Sohn, 2000, p. 25 e 26.
34
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Il cacciatorpediniere Francesco Crispi in Egeo nel 1941. Fu sede del capitano di vascello
Aldo Cocchia, Comandante in mare dell’operazione di sbarco italiana a Sitia il 28 maggio 1941. L’operazione era stata richiesta due giorni prima dall’OKW al Comando supremo per le perduranti difficoltà nella battaglia di Creta. (Foto: A. Fraccaroli)
contingente di truppe italiane nel settore orientale dell’isola, allo scopo di
alleggerire la pressione sulle forze tedesche nella parte opposta. Il fatto era
che, se il giorno 23 maggio i tedeschi erano riusciti a occupare tutto il settore di Maleme, stavano ancora incontrando notevoli difficoltà e perdite
nell’avanzata verso Est e, in particolare attorno alla cittadina di Galata; inoltre, la pista di aviazione di Maleme continuava a essere battuta dal nemico,
questa volta da reparti della Royal Air Force insediatisi a Iraklion. Nello sviluppo dei combattimenti i tedeschi riuscirono a sfondare le linee britanniche e a occupare il 26 maggio il punto chiave della Canea. Nonostante
questo successo, al Comando della 4a Flotta aerea era sfuggito che per i comandi britannici non vi erano più le condizioni per continuare utilmente la
lotta per la difesa di Creta: il 26 maggio il comandante in capo delle Forze
britanniche per la difesa di Creta (Creforce), gen. Bernard Cyril Freyberg,
aveva manifestato ai propri superiori l’impossibilità di proseguire la lotta senza cospicui rinforzi, e il 27 maggio il comandante in capo delle Forze britanniche nel Medio Oriente, gen. Archibald Wavel, e lo stesso Churchill assentirono e lo autorizzarono a procedere allo sgombero dell’isola
35
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
Un motopeschereccio e un motoveliero a San Nicola (Creta) pochi giorni dopo lo sbarco
italiano a Sitia. Se l’operazione non fu determinante per le sorti della battaglia, permise
all’Italia di stabilirsi permanentemente nella parte orientale dell’isola, cosa non prevista
nei piani originali tedeschi. (Coll. A. de Toro)
dal mare.(17)
In conseguenza all’esplicita richiesta dell’OKW, accettata di buon grado
da Mussolini, nonostante il diniego tedesco di alcuni giorni prima, il 27
maggio iniziò da Rodi la missione di sbarco via mare, interamente condotta
da armi italiane di un contingente di oltre 2600 uomini, che prese terra in
prossimità di Sitia il 28 maggio. In altre parole, se lo sbarco del contingente
italiano e la sua successiva e quasi indisturbata avanzata verso ovest e sudovest si realizzò quando le sorti della battaglia erano ormai decise e non in(17) Cfr. D. Vogel, “Das eingreifen Deutschlands auf dem Balkan”, in G. Schreiber, B. Stegemann, D. Vogel, Der Mittelmeerraum und Suedosteuropa. Von der “non belligeranza” Italiens bis zum Kriegseintritt der Vereinigten Staaten (serie Das Deutsche
Reich und der Zweite Weltkrieg, vol. 3), p. 506.
36
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
La nave da battaglia Barham e, in secondo piano, il cacciatorpediniere Havock a Suda
nell’inverno 1940-1941. La Barham fu impegnata in crociere di vigilanza e di copertura
che determinarono altre perdite nella Mediterranean Fleet, anche durante l’evacuazione
britannica di Creta dal 27 maggio al 1° giugno. (Coll. R. Pellegrino)
fluì sulla sua vittoriosa conclusione, la richiesta di soccorso tedesca era avvenuta prima della decisione britannica di evacuare l’isola e, soprattutto,
quando il Comando della 4a Flotta aerea non aveva percepito la crisi delle
forze britanniche. Non trovano, quindi, fondamento le voci diffusesi sin
d’allora e protrattesi nel dopoguerra di un attacco italiano condotto solo a
cose fatte, quando, cioè, la vittoria tedesca appariva sicura.(18)
Serve anche rammentare che il tasso di rischio dell’operazione di Sitia
non fu minore di quello occorso alle prime due missioni del 21 e 22 mag-
(18) Sull’insorgere di questi commenti e sulla loro confutazione da parte dell’addetto militare tedesco a Roma, gen. Enno von Rintelen, v. E. Rintelen, Mussolini l’alleato. Ricordi dell’addetto militare tedesco a Roma (1936-1943), Roma, Corso, 1952, p.
132. Quanto al loro perdurare dopo la guerra si veda, a titolo di esempio, K. Gundelach, “Der Kampf um Kreta 1941”, in AA.VV. Entscheidungsschlachten des zweiten Weltkrieges, Frankfurt am Main, Bernard & Graefe, 1960, p. 129 sg.
37
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
gio, avendo quella ugualmente corso il rischio di venire intercettata e distrutta da forze navali britanniche ben prevalenti; in questo ebbe, dunque,
più fortuna. Anche il tasso d’improvvisazione fu analogo e, anzi, fu un po’
inferiore, se si considera che nei giorni precedenti (20-25 maggio) per ogni
evenienza erano state compiute alcune esercitazioni di sbarco a Rodi e che il
naviglio da trasporto impiegato, parte del quale sommariamente attrezzato
allo specifico scopo,si rivelò più omogeneo e un po’ più veloce, come ben
emerge da un raffronto dei rapporti di missione dei comandi italiani in
Egeo(19) con la documentazione di fonte tedesca qui pubblicata. In questa
circostanza almeno – ma non poteva essere differentemente data la genesi
dell’operazione Merkur e la sottovalutazione della reazione della Royal Navy
– l’improvvisazione italiana appare inferiore a quella tedesca.(*)
(Traduzioni di Augusto de Toro)
(19) Giova ricordare che già prima della richiesta dell’Oberkommando der Wehrmacht al Comando supremo del 26 maggio erano intercorsi contatti per un’operazione
di sbarco nell’estremità orientale di Creta fra il Comando della 4a Flotta aerea e il Comando Gruppo navale italiano Egeo settentrionale, v. de Toro, “Il ‘promemoria di Creta’ …”, cit., p. 21. Sulla preparazione e lo svolgimento dell’operazione di sbarco a Sitia
v. Comando superiore Forze Armate delle Isole italiane dell’Egeo a Supermarina, “Spedizione sbarco costa Est CRETA”, 31.05.1941, AUSMM, Supermarina. Scontri …, cit.,
b. 32, cit., f. R. Torp. “Sagittario” …, cit.; Comando Zona militare marittima dell’Egeo
al Comando superiore Forze Armate Isole italiane dell’Egeo, “Spedizione di Creta”,
27.06.1941, ibid.; in questo rapporto il c.amm. Luigi Biancheri, comandante della Zona, tenne a evidenziare la riuscita dello sbarco a Sitia rispetto al fallimento delle due
precedenti missioni tedesche, nonostante le perdite [solo presunte, n.d.a.] inflitte al nemico dal naviglio insidioso, di superficie e subacquee italiane; Comando Marina “Creta” al Comando Zona militare marittima dell’Egeo, “Rapporto di missione”,
04.06.1941, ibid. Il Comando Marina “Creta” fu istituito lo stesso 28 maggio 1941 e
transitoriamente affidato al cap. vasc. Aldo Cocchia, che ebbe il comando in mare dell’operazione.
(*) L’autore ringrazia il dott. Peter Schenk e il Civico Museo del Mare di Trieste per
il contributo prestato ai fini della realizzazione del presente lavoro.
38
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Appendici
App. A. Condotta della guerra in Mediterraneo. 20 maggio 1941.
App. B. Situazione del nemico. 22 maggio 1941.
App. C. Conferenza presso il Capo della Seekriegsleitung. 23 maggio 1941.
App. D. Breve rapporto sulle operazioni dei convogli di motovelieri Maleme-Iraklion. 25 maggio 1941.
App. E. Relazione sulla preparazione e l’esecuzione dell’operazione “Merkur”. 16 giugno 1941.
App. F. Supermarina, operazione Mercurio.
39
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
App. A
20 maggio 1941
– omissis –
Condotta della guerra in Mediterraneo
===========================
…
Settore dell’Ammiraglio Sud-Est/Egeo
Il compito prioritario dell’Ammiraglio Sud Est consiste per il momento
nel sostenere la 4a Flotta aerea nell’esecuzione dell’occupazione di Creta
attraverso il reperimento di naviglio mercantile, l’apprestamento e l’esecuzione di trasporti e i rifornimenti.
-------------------------------Operazione “Merkur”: Inizio prime ore del 20 maggio. Secondo le informazioni in possesso della Sklin serata, il primo lancio di paracadutisti
e del reggimento d’assalto (7a Divisione aerea) è riuscito secondo i piani.
Isola di Cerigotto occupata alle 05.00 dalla 5a Divisione corazzata. Lanci di paracadutisti e aviosbarchi su Creta hanno fatto seguito all’eliminazione delle difese antiaeree nei punti di sbarco per effetto di violenti attacchi di Stuka a Canea/Maleme, Retimo e Iraklion. Contemporanee
incursioni su obiettivi navali nella baia di Suda (3 piroscafi incendiati).
In serata aeroporto e postazioni a Maleme in mano tedesca. L’aeroporto
si trova ancora sotto il tiro dell’artiglieria nemica; a Retimo l’aeroporto
sembra occupato; dal gruppo di Iraklion nessuna comunicazione. Sorpresa tattica del nemico apparentemente riuscita.
Gruppi d’incrociatori e navi da battaglia attaccati da formazioni di bombardieri e aerosiluranti tedeschi e italiani. Gli italiani comunicano il siluramento di un incrociatore di 10.000 t nel canale di Caso. Incrociatore
sbandato.
L’Ammiraglio Sud-Est riunisce al Pireo piroscafi per rifornire Creta. Finora dei 12 piroscafi provenienti dall’Italia solo 5 sopraggiunti. Altri 3
in viaggio da Taranto (vedi telescritto 1315).
A giudizio della Skl per ora non v’è da fare alcun conto sull’esecuzione
40
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
di trasporti via mare per Creta. Per prima cosa gli inglesi tenteranno tutto con incrociatori e cacciatorpediniere per impedire ogni trasporto via
mare per Creta. Pertanto, al momento, trasporti e rifornimenti in sicurezza sono possibili solo per via aerea.
L’Ammiraglio Sud-Est considera particolarmente importante la permanente occupazione dell’isola di Milo, quale tappa sulla via per Creta, e
ne chiede la protezione e l’installazione di artiglierie. Chiede anche che
Milo sia difesa da truppe tedesche. La richiesta viene esaminata dall’OKW.
Sulla situazione a Creta vedi anche la comunicazione dello Stato Maggiore della Luftwaffe e i telescritti 14.15, 17.30 e 22.00.
Kriegstagebuch der Seekriegsleitung/Operationsabteilung 1939-1945, parte
A (KTB 1.Skl, A), Herford-Bonn-Berlin, Mittler & Sohn, 1988 ss., vol.
21: Mai 1941, 20.05.1941, p. 296 sg.
41
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
App. B
22 maggio 1941
– omissis –
Situazione del nemico
Nel Mediterraneo orientale il grosso delle forze navali nemiche si trova
in mare nel settore di Creta. Il nemico è, indubbiamente, intenzionato a
impedire con tutti i mezzi, mettendo anche in conto pesanti perdite ad
opera della Luftwaffe, un cospicuo afflusso a Creta di rifornimenti tedeschi di personale e materiali via mare a rinforzo delle nostre posizioni
sull’isola.
La formazione di incrociatori e cacciatorpediniere, che alle 23.00 del 21
maggio ha in gran parte distrutto nei pressi di Capo Spada il 1° convoglio di motovelieri, si è mantenuta fin verso mezzogiorno del 22 maggio
nelle acque a Nord di Creta e si è allontanata poi verso Sud-Ovest. Secondo informazioni della Luftwaffe un incrociatore è stato affondato,
uno di sicuro danneggiato e un altro probabilmente.
Alle 08.40 la torpediniera italiana “Sagittario” a 12 miglia dall’isola di
Policandro (a Sud-Est di Milo) segnala 3 incrociatori con rotta 180° e
ne affonda uno (fumaioli inclinati, grandi sovrastrutture prodiere) con
due siluri.
Alle 13.20 si trova a Sud dell’isola di Citeria un imprecisato numero di
incrociatori pesanti e cacciatorpediniere.
La 4a Flotta aerea, sulla scorta di segnalazioni della ricognizione, stima
che le unità pesanti inglesi presenti in mare consistano in 4 navi da battaglia, 11 incrociatori, 18 cacciatorpediniere e una cisterna.
La torpediniera italiana “Lupo” durante l’attacco inglese della sera del
21 maggio a un convoglio di motovelieri ha, a sua volta, risolutamente
attaccato gli incrociatori inglesi e, secondo quanto riferito dal capitano
di fregata Devantier imbarcato sul “Lupo”, ha messo a segno due siluri
su un incrociatore della classe “Leander”. Incrociatore fortemente sbandato e in fiamme. In base a quanto testimoniato da componenti della
Compagnia di propaganda tedesca, ugualmente a bordo, sono seguite
delle esplosioni. La “Lupo” ha potuto disimpegnarsi dal nemico dopo
un’ora e mezza.
42
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Di 24 motovelieri del 1° convoglio si è potuto finora metterne in salvo
solo 9. Di 2.300 uomini, che si trovavano sul convoglio, 300, secondo
le segnalazioni sin qui giunte dai motovelieri stessi, sono sbarcati nel Peloponneso. Numerosi naufraghi sono stati recuperati dai motovelieri e
dalle torpediniere italiane. Complessivamente, secondo fonti dell’Esercito [tedesco, n.d.t.] 770 uomini sono stati tratti in salvo.
Negli sviluppi della situazione le torpediniere italiane “Lupo” e “Sella”
[quest’ultimo cacciatorpediniere, n.d.t.] sono state attaccate e danneggiate da nostri aerei. Sul “Sella” 4 morti e 23 feriti; metà delle perdite sono tedeschi del battaglione di Cacciatori delle Alpi imbarcati su questa
unità.
Le 5 torpediniere italiane, che dovevano trasportare a Creta un battaglione di Cacciatori, sono state richiamate per l’incertezza sulle forze nemiche.
In conclusione, la situazione al 22 maggio si presenta come segue.
L’operazione “Merkur” poteva proseguire secondo i piani fintanto che si
trattava di una questione di aviosbarchi. Il primo tentativo di trasporto
di uomini e rifornimenti la sera del 21 maggio con motovelieri da Milo
è fallito. Questa mattina gli inglesi sono nuovamente penetrati con notevoli forze di incrociatori e cacciatorpediniere per distruggere i trasporti
marittimi tedeschi. Il 2° convoglio è dovuto essere richiamato e i programmati trasporti con i cacciatorpediniere italiani differiti. Il nemico si
mantiene con forze pesanti a Ovest e Sud-Ovest di Creta, allo scopo di
compiere incursioni nelle acque a Nord dell’isola a interdizione del traffico tedesco. Quanto all’importanza attribuita a Creta dal nemico, questo impiega a fondo le proprie forze navali e accetta le più gravi perdite.
In tal senso, la sera del 22 maggio, l’Ammiraglio Sud-Est ha comunicato
che la supremazia navale inglese perdura anche durante molte delle ore
diurne, nonostante il più intenso impiego della Luftwaffe, fintanto che
la flotta inglese accetta di sostenere le perdite che ne derivano. Evidentemente, almeno per il momento, l’incondizionato impiego della flotta inglese dipende dal mantenimento di Creta. Tale attività andrà a diminuire quando Creta sarà completamente in mano tedesca e, pertanto, di essa non vi sarà più ragione. Sino ad allora anche l’utilizzo di torpediniere
con a bordo soldati i quali, comunque, non possono portare con sé
equipaggiamenti pesanti, è inopportuno, poiché gli inglesi in ogni momento possono penetrare in Egeo e contrastare lo sbarco. D’altra parte,
le torpediniere sono urgentemente necessarie per la difesa del traffico,
ora sicuramente intensificato, a supporto dell’operazione “Merkur” e al43
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
tri compiti ancora, così che anche qui vi sono limitazioni a un loro impiego incondizionato. La collaborazione con la 4a Flotta aerea è considerata dall’Ammiraglio Sud-Est buona sotto ogni aspetto. Va, però, osservato che i reparti aerei non sono addestrati per la guerra marittima nella
misura che la situazione richiede a causa della nostra nettissima inferiorità navale. Difficoltà nelle comunicazioni, incerti avvistamenti e alcuni
errati riconoscimenti – vedi gli attacchi degli Stuka alle navi italiane –
rendono difficile il comando, il quale è già reso molto difficoltoso sotto
l’aspetto delle comunicazioni dalla mutevole composizione dei reparti
sottoposti. Per questo l’Ammiraglio Sud-Est ha chiesto alla Luftwaffe attraverso la [4.] Luftflotte reparti addestrati alla guerra marittima, come,
ad esempio, [quelli composti da] Dornier Do 18 e Heinkel He 115. Le
torpediniere italiane hanno finora dimostrato grande coraggio e senso di
responsabilità.
Dallo sviluppo della situazione la Skl vede confermato il proprio punto
di vista illustrato prima dell’operazione “Merkur”. Essa scorge un radicale errore nel tentativo di dar corso ai primi trasporti via mare già la sera
del secondo giorno dell’operazione, quando la ricognizione aerea aveva
ancora accertato la presenza di forze navali pesanti e leggere nelle acque
di Creta (anche se – come pare – non in prossimità delle zone interessate), tanto più che i trasporti non dovevano essere eseguiti da veloci torpediniere, bensì da lenti motovelieri. Le perdite ora intervenute, a giudizio della Skl, potevano essere evitate. Prima dell’operazione la Skl ha
espresso ai comandi interessati la sua opinione sui trasporti via mare, nel
senso che questi potevano essere presi in considerazione quando fosse
stata completata l’occupazione dell’isola nei suoi punti salienti e fino a
che le forze navali nemiche fossero state espulse dalla nostra Aviazione e
in modo che la supremazia in mare venisse transitoriamente esercitata
dalla Luftwaffe.
KTB 1.Skl, A, vol. 21, 22.05.1941, p. 329-333.
44
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
App. C
23 maggio 1941
Conferenza presso il Capo della Seekriegsleitung
1) Discussione sull’invasione di Creta e sugli avvenimenti che nella notte fra il 21 e il 22 portarono alla distruzione del 1° convoglio leggero
Milo-Maleme.
Nell’apprezzamento della situazione, che prima dell’operazione Merkur
fu trasmessa dalla Skl all’OKW e al Ob.d.L, la Skl richiamò l’attenzione
sulla dipendenza delle possibilità di trasporto via mare dal conseguimento del dominio marittimo, anche se transitorio, da parte della Luftwaffe
e rimarcò l’insufficienza della scorta delle navi di superficie italiane dei
trasporti marittimi di fronte a un deciso attacco britannico. Un’estesa ricognizione anche sulle rotte di avvicinamento a Creta è necessaria in relazione alla durata della complessiva esecuzione dei trasporti. Continuando di questo passo, i successi sin qui ottenuti dalla Luftwaffe contro le forze navali nemiche promettono di conseguire il dominio, dapprima temporaneamente limitato, del mare a Nord di Creta e, quindi, la
possibilità di eseguire trasporti marittimi anche con naviglio lento.
Il Capo della Sklribadisce che fino al raggiungimento di questo obiettivo attraverso l’attività della nostra Aviazione i trasporti devono essere
circoscritti alla via aerea e, in caso di necessità, a missioni veloci con unità navali leggere italiane, il cui presupposto è, comunque, dato dalle
possibilità di scarico.
La responsabilità della decisione dei trasporti via mare va mantenuta in
capo all’Ammiraglio Sud-Est dopo aver sentito i comandi della Luftwaffe (4a Flotta aerea).
In una nota all’OKW/W.F.St e all’Ob.d.L. la Skl ha espresso nuovamente il proprio punto di vista.
KTB 1.Skl, A, vol. 21, 23.05.1941, p. 338 sg.
45
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
App. D
Ammiraglio Sud-Est
25.05.1941
Prot. 830/41 gKdos
Segreto [stampigliato]
Alla Seekriegsleitung
p.c. Allo Stato Maggiore di collegamento Roma
Breve rapporto sulle operazioni dei convogli di motovelieri
Maleme - Iraklion
1. Gruppo Maleme. In tutto 25 motovelieri di cui 4 (in realtà 5, n.d.t.)
della Marina italiana attrezzati per il dragaggio messi a disposizione dall’Ammiraglio di Patrasso [Comando Militare Marittimo in Grecia occidentale, Marimorea, Patrasso, n.d.a.]. A bordo circa 2.250 uomini fra Cacciatori delle Alpi, difesa antiaerei, servizio comunicazioni e varie altre unità con materiale leggero e medio. Su ogni motoveliero circa 3-4 uomini della Kriegsmarine per la manovra dell’unità
e il controllo dei motori. I comandanti greci sono in genere rimasti
a bordo. Su ogni unità abbondanti dotazioni di cinture di salvataggio e battelli pneumatici; dotazioni marinaresche del tutto improvvisate. Naviglio non provato e parecchie unità all’ultimo momento
sono venute a mancare. Comando tedesco c.f.Devantier imbarcato
sulla t.p. “Lupo” e s.t.v. Oesterlin Comandante del Gruppo di dragaggio.
2. Gruppo motovelieri Iraklion. In origine circa 28 motovelieri con a
bordo circa 4.000 uomini ripartiti in modo analogo al gruppo di Maleme. Personale, equipaggiamento e condizioni delle unità analoghi al
gruppo di Maleme. Comando tedesco c.f. von Lipinski, imbarcato
sulla t.p. “Sagittario”
3. Comunicazioni. Solamente dalla stazione radiotelegrafica italiana dell’Ammiraglio Sud-Est alle torpediniere di scorta. Non è stata possibile
l’installazione di apparati radiotelegrafici sui motovelieri.
4. L’arrivo del gruppo di Maleme era previsto per il pomeriggio del gior46
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
no X+1, dopo che si era dovuto rinunciare al piano originale di approdare alle 16 del giorno X a causa della poco chiara situazione a terra. Già il primo trasferimento notturno da Atene a Milo aveva dato
come velocità del convoglio 2 nodi solamente. Con una tale velocità
non si poteva confidare con certezza che l’approdo a Maleme potesse
avvenire ancora nelle ore diurne. Si era messa in conto la possibilità
che gli inglesi avrebbero potuto attaccare i motovelieri dopo il tramonto, mentre erano ancora in navigazione o erano in procinto di
approdare. Malgrado queste circostanze e in relazione alla situazione
generale, l’impresa ha dovuto essere rischiata.
Conformemente agli ordini, il convoglio fu fatto partire da Milo in
maniera che potesse raggiungere alle ore 08.00 un punto a 40 km
[sic] a Sud-Ovest di Milo sulla rotta per Maleme. In tale punto doveva attendere il risultato dell’esplorazione aerea, qualora non fosse ancora noto in quel momento. Poiché detto riscontro non era ancora
pervenuto, alle 08.00 fu fatto fermare e poi, in seguito alla comunicazione che navi nemiche erano state avvistate a Nord di Creta, il convoglio ebbe ordine d’invertire la rotta per allontanarsi dal nemico.
Circa un’ora e mezza più tardi giunse la comunicazione che tutta la
zona a Nord di Creta era ormai libera da unità nemiche. Era dunque
evidente che il convoglio, ricevuto l’ordine di dirigere per Maleme
avrebbe raggiunto la sua meta, nel caso più favorevole, poco prima
del tramonto.
Al Comando generale delle operazioni [4a Flotta aerea, n.d.t.] si contava, ad ogni modo, sul fatto che in base alle previsioni del tempo
venti da Nord e Nord-Ovest avrebbero aumentato la velocità del convoglio fino a 5-6 nodi. Come si è potuto constatare in seguito, la cifratura italiana è così complicata che già per tale inconveniente si è
verificato un notevole ritardo nell’emanazione degli ordini. Inoltre,
poiché, in realtà, il vento soffiava abbastanza forte da Sud-Ovest, non
solo la velocità del convoglio risultò inferiore al previsto, ma anche il
tratto percorso dopo l’inversione di rotta fu alquanto maggiore; infine, non potendosi radiotelegrafare e poiché le comunicazioni dagli
aerei relative al convoglio giungevano scarse e con notevoli ritardi, il
percorso compiuto dalle unità poteva essere apprezzato solo con la stima.
Per quanto riguarda i segnali di posizione dati dagli aerei occorre anche tenere presente che essi contenevano sempre notevoli incertezze,
dato che i reparti aerei impiegati non erano sufficientemente adde47
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
strati per questi compiti. Le preoccupazioni relative a eventuali pericoli notturni del trasporto via mare hanno dovuto essere messe in secondo piano di fronte alle notizie più recenti che giungevano da Creta, secondo le quali la situazione era tale che ogni possibilità di portare aiuto doveva essere sfruttata.
Il “Lupo” ebbe l’ordine di dirigere su Maleme con la massima velocità
consentita, portando con sé le unità più veloci, senza preoccuparsi di
quelle meno veloci. Durante il tardo pomeriggio e in base ai segnali
di posizione allora giunti si poteva supporre che i primi sbarchi avrebbero potuto avvenire ancora intorno al tramonto. Con l’inizio dell’oscurità non vi erano più unità nemiche in queste acque dell’Egeo, né
avrebbero potuto, in base agli ultimi avvistamenti, trovarsi a Maleme
prima delle 22.00. Ad ogni modo, secondo i calcoli del Comando generale delle operazioni, supposto che il vento soffiasse da Nord o da
Nord-Ovest, si pensava ancora che il convoglio avrebbe doppiato capo Spada prima delle 22.00 e che sotto la protezione delle coste
avrebbe potuto raggiungere inosservato a Maleme.
Alle 22.34 giunse un segnale del “Lupo” che diceva semplicemente
“Lupo 22.34”. Si ritiene che il “Lupo” volesse con tale segnale significare la felice riuscita dello sbarco e l’inizio del suo ritorno. Un’ora più
tardi giunse dal “Lupo” il segnale che, insieme a 16 motovelieri, si
trovava in contatto con 3 incrociatori e 4 cacciatorpediniere, che aveva colpito un incrociatore con un siluro e, dopo un’ora e mezza d’inseguimento, era riuscito a disimpegnarsi. Dopo tale segnale era da ritenere che la massima parte dei motovelieri del gruppo Maleme, 16
unità, era andata perduta. Si nutriva tuttavia la speranza che con il riuscito attacco del Comandante del cacciatorpediniere [sic] “Lupo”,
l’avversario si trovasse almeno in parte nell’opera di soccorso dell’incrociatore danneggiato e nella caccia alla torpediniera e che, forse
preoccupato di eventuali ulteriori attacchi, non avrebbe insistito a
continuare energicamente l’attacco ai motovelieri. Questa speranza ha
trovato in seguito piena conferma.
Era, inoltre, da attendersi che gli inglesi, in base alle probabili dichiarazioni dei superstiti e per la constatazione fatta della nostra intenzione di effettuare dei trasporti via mare, si fossero preparati all’incontro
di altri convogli durante la notte. Pertanto fu dato per radio l’ordine
di rientrare a Milo al gruppo Iraklion che, in base alla situazione determinatasi a terra, doveva dirigere a Maleme e non più a Iraklion e
che durante la notte si trovava già in rotta a Sud di Milo.
48
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
Poiché apparentemente il traffico radiotelegrafico italiano non è così
rapido come sulle nostre unità, questo segnale, lanciato due volte,
non è stato ricevuto come fu più tardi dimostrato, di modo che il
gruppo di Iraklion durante la notte ha continuato la navigazione verso Maleme. Lo Stato Maggiore dell’Ammiraglio Sud-Est aveva già
cercato di togliere durante la notte dalla rada di Milo i dragamine che
attendevano a loro volta di essere impiegati, perché non era da escludere che in base alla situazione notturna, gli inglesi si sarebbero spinti
fin lì. Fu, pertanto, ordinato anche al gruppo di Iraklion di non rientrare a Milo, bensì di dirigere a Nord o Nord-Ovest dell’isola e di rientrare solamente a giorno fatto. Tale ordine, però, come già detto,
non è stato ricevuto.
5. Il giorno 22, le prime comunicazioni del mattino già dimostravano
che, contrariamente alle precedenti abitudini, gli inglesi all’alba non
avevano abbandonato la zona a Nord di Creta in direzione di Levante
e Ponente, ma la perlustravano, invece, con notevoli forze. Alle prime
ore del mattino gruppi leggeri nemici di incrociatori e cacciatorpediniere si spingevano senz’altro fino alla zona di Milo. Da varie stazioni
giungeva la comunicazione di avvistamenti di unità in fiamme, di
naufraghi e di zattere di salvataggio. Si pensò in un primo tempo che
si trattasse di ritardatari del gruppo diMaleme che erano stati attaccati
dal nemico durante la notte o al primo mattino. Solamente più tardi
il Comando poté constatare che anche il secondo gruppo (di Iraklion)
condotto dal “Sagittario”, correva grande pericolo, poiché si trovava
apparentemente ancora molto a Sud di Milo. In seguito ai segnali di
avvistamento per ordine del Comando della 4a Flotta aerea, tutte le
forze disponibili dell’’VIII Corpo aereo [tedesco, n.d.t.], furono impiegate contro i gruppi inglesi per salvare i motovelieri la cui distruzione appariva inevitabile. Per effetto di questi attacchi, entro le ore
12.00, i gruppi di unità inglesi furono cacciati con gravi perdite dalla
zona a Nord di Creta. L’impiego della flotta inglese soggetto a perdite
tanto gravi può spiegarsi solamente col fatto che esso abbia avuto ordine d’impegnarsi a fondo e che pertanto abbia voluto intercettare i
trasporti malgrado la supremazia della flotta aerea tedesca. Sembra
non da escludere che anche quel giorno gli inglesi avessero la convinzione che l’occupazione dell’isola di Creta dovesse avvenire soprattutto con truppe trasportate per mare, anche perché non avevano ancora
un’idea ben chiara sulla forza delle truppe paracadutiste. Ciò ammesso si spiega anche l’utilità operativa di tenere durante il giorno il gros49
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
so delle forze navali nella zona a Ponente di Creta in posizione di attesa e dell’impiego di sommergibili contro il traffico fra l’Italia e Patrasso.
Nel corso del pomeriggio e della sera la situazione si era chiarita tanto
da poter constatare che, con l’impiego dell’Arma aerea e delle torpediniere italiane, tutto il gruppo di Iraklion è riuscito a uscire incolume
da questo illimitato campo di battaglia e che le perdite erano state
subite durante il mattino fra le unità del gruppo di Maleme che erano
scampate all’attacco nei pressi di capo Spada ed erano ormai in rotta
verso Nord. A queste devono aggiungersi i ritardatari del gruppo di
Maleme, i quali per mancanza di collegamento radiotelegrafico hanno
probabilmente continuato tranquillamente la loro navigazione verso
Maleme. Uno di questi ritardatari è stato affondato presso capo Spada
dagli inglesi solamente nella notte sul 23. Le perdite del gruppo Maleme, stimate in principio per assai rilevanti, sono poi di molto diminuite sia per il salvataggio di molti motovelieri operato con l’impiego
esemplare e particolarmente degno di menzione del servizio di salvataggio marittimo e con l’impiego altrettanto lodevole delle torpediniere [in realtà del solo Sagittario, essendo stato il Lupo subito richiamato al Pireo, n.d.t.] e dei M.A.S. italiani effettuato, in parte, nel
giorno del combattimento e, in parte, oggi. Non si conoscono ancora
cifre esatte [10 motovelieri affondati e 297 caduti del gruppo di Maleme; nessun motoveliero affondato e nessun caduto del gruppo di
Iraklion, n.d.t.]; tutto il gruppo di Iraklion con i resti del gruppo Maleme è attualmente ancora in rotta per il Pireo e molti superstiti si
trovano ancora in altri siti, per esempio al Peloponneso, sulle isole e
probabilmente anche a Creta. Con ogni riserva il numero dei tratti in
salvo, compresi molti feriti, può essere apprezzato in 1.400, ma un ulteriore incremento pare ancora possibile.
6. Tengo ancora a evidenziare quanto segue e che risulta dai rapporti
verbali fattimi dai comandanti italiani e anche dagli ufficiali tedeschi
imbarcati sulle unità italiane.
a) Durante il combattimento notturno presso capo Spada il Comandante del cacciatorpediniere [sic] “Lupo” si è trovato improvvisamente
con il suo gruppo più veloce di 16 motovelieri davanti a un nemico
che lo circondava a semicerchio. La zona del combattimento fu per
qualche minuto talmente illuminata dai bengala inglesi che il gruppo
dei motovelieri era chiaramente riconoscibile. Il Comandante decise
subito di attaccare l’incrociatore che gli era più vicino e con un attac50
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
co deciso e aggressivo lanciò a distanza di poche centinaia di metri
due siluri sull’incrociatore inglese che, come risulta dalle dichiarazioni
concordanti degli ufficiali italiani e tedeschi, si è immediatamente fermato con forte sbandamento e si sono osservati una fiamma azzurra
e, successivamente, un incendio. Il Comandante del “Lupo” crede di
aver colpito con uno dei suoi siluri, mentre l’ufficiale tedesco reputa
probabile che ambedue i siluri abbiano colpito data la breve distanza.
Durante il successivo combattimento che si è protratto per un’ora e
mezza il “Lupo” è riuscito a disimpegnarsi, ricevendo 18 colpi di vario calibro per fortuna senza gravi danni. Con due morti e numerosi
feriti gravi la torpediniera ha potuto la mattina seguente rientrare al
Pireo.
Insieme agli ufficiali tedeschi che hanno partecipato all’azione sono
del parere che il Comandante del cacciatorpediniere [sic] “Lupo”, che
si era già distinto nell’occupazione delle isole nonché per il suo elevato spirito aggressivo, abbia quella sera con la sua manovra salvato gran
parte dei motovelieri. Anche secondo le notizie del nemico gli inglesi
hanno impegnato relativamente pochi motovelieri durante questo
combattimento. Il fatto che i motovelieri sfuggiti al combattimento
siano, purtroppo, stati distrutti al mattino e nel corso della mattinata
seguente dalle forze leggere rimaste nella zona nel corso della mattinata, non cambia per niente lo stato delle cose.
b) la torpediniera italiana “Sagittario”, che fino alle prime ore del
mattino era all’oscuro della situazione del nemico, non avendo ricevuto i messaggi radiotelegrafici, fu solamente avvertita alle 08.00 della minaccia da un nuovo messaggio dell’Ammiraglio Sud-Est e solo
allora invertì la rotta. Secondo quanto ora risulta, essa si trovò poco dopo in vista e in contatto con forze inglesi e assisteva anche agli
attacchi che erano in parte in corso contro le forze inglesi durante
il suo combattimento. L’ufficiale presente a bordo, capitano di fregata von Lipinski, mi ha segnalato il comportamento deciso e intelligente di questo comandante. Egli ha prima di tutto sottratto alla visibilità del nemico tutto il gruppo dei suoi motovelieri con la distesa
di una densa cortina di nebbia, di modo che le unità inglesi che erano
già contestualmente occupate nella difesa contro gli attacchi aerei
in corso, non hanno potuto attaccare incisivamente questo gruppo.
Il “Sagittario” stesso provò quindi ad attrarre il nemico verso Ponente,
lontano dal convoglio, e vi riuscì. Durante questa corsa egli fu per
ben 35 minuti centrato da salve ben aggiustate che cadevano fino
51
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
a 100 m a dritta e a sinistra. Durante il combattimento, a una distanza di circa 7.000 m, lanciò i suoi siluri contro un incrociatore della
classe “Leander”, osservando poco dopo un’esplosione a bordo. Poiché erano in corso contemporaneamente intensi attacchi aerei su questo incrociatore inglese, non può stabilirsi con sicurezza se il suo affondamento non sia dovuto all’effetto concomitante dell’arma aerea e
del siluro. Secondo il mio parere, l’alta colonna dell’esplosione e il rapido affondamento debbono piuttosto attribuirsi all’effetto di un siluro.
Ad ogni modo, il comandante eseguì il suo compito con spirito aggressivo. Dopo aver accompagnato il convoglio dei motovelieri a Milo, la torpediniera usciva nuovamente e, dirigendo su varie posizioni
segnalate dal servizio di salvataggio marittimo, salvava alcuni naufraghi e li conduceva al Pireo.
c) Dai rapporti finora pervenuti risulta che il comportamento dei piccoli equipaggi dei motovelieri e delle truppe imbarcate fu fino alla fine virile e da veri soldati. Queste piccole imbarcazioni usarono le loro
armi leggere nella lotta contro le unità leggere inglesi e quelle, specialmente, che si erano trovate isolate e tagliate fuori agirono risolutamente. Si deve a questo fatto se alcuni dei motovelieri e i loro equipaggi si sono salvati.
d) In molti casi gli inglesi investirono semplicemente i motovelieri; in
alcuni casi risulta che li abbiano affondati a cannonate e che abbiano
sparato anche sui soldati che si trovavano nelle zattere di salvataggio.
Per quanto si può finora rilevare, sembra che gli inglesi non si siano
affatto preoccupati del salvataggio del personale. Durante tutta la
giornata di oggi è continuata da parte nostra l’opera di salvataggio e,
secondo le informazioni sin qui pervenute, gli inglesi non hanno tenuto affatto a fare dei prigionieri.
e) Purtroppo, in questa situazione non sempre chiara dei combattimenti e per la confusione delle proprie unità con quelle nemiche si
è dovuto lamentare qualche erroneo attacco di Stuka contro unità italiane. Il cacciatorpediniere Sella ha riportato danni in vari punti della
murata per una bomba di Stuka caduta nelle vicinanze e necessita di
riparazioni. Inoltre, il mitragliamento di un aereo ha causato a bordo
6 morti e 23 feriti gravi, dei quali 1/3 fra i Cacciatori delle Alpi imbarcati. Questo aereo, che ha commesso l’errore nella rovente atmosfera del concitato combattimento non è rientrato alla base.
f ) Le operazioni di salvataggio proseguirono anche nella giornata del
52
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
23 da parte del servizio di sicurezza e di 3 M.A.S. Gli aerei del soccorso marittimo hanno salvato numerosi soldati nelle immediate vicinanze della costa cretese e con notevoli difficoltà a causa delle non facili condizioni del mare.
Anche il cacciatorpediniere [sic] italiano “Lira” ha potuto salvare 18
superstiti dal relitto di un motoveliero, dopo che la sera precedente il
servizio di salvataggio marittimo aveva prelevato dallo stesso numerosi superstiti con aerei sovraccarichi. Questa opera di salvataggio merita particolare riconoscimento perché il cacciatorpediniere [sic] italiano
ha dovuto avvicinarsi fin sotto la costa di Creta ancora occupata dal
nemico. Con opportuni provvedimenti presi dalla Luftwaffe il cacciatorpediniere [sic] fu subito messo al sicuro da eventuali sorprese; esso
poteva trovarsi, tuttavia, in condizioni difficili, qualora gli inglesi
avessero eseguito nuovamente, sia pure a prezzo di gravi perdite, come nel giorno prima, un’incursione diurna in Egeo e questa volta con
cattiva visibilità. Da una tale impresa il nemico ha dovuto desistere
perché in quel giorno la Luftwaffe, fin dal primo mattino, aveva ripulito la zona dai cacciatori nemici.
7. Dagli avvenimenti degli ultimi giorni debbo concludere, d’accordo
con la 4a Flotta aerea, che il trasporto a mezzo di lenti gruppi di motovelieri non è possibile, fintanto che il nemico è deciso a intercettarli
sulle rotte per lui pericolose anche con il massimo impegno. Il motivo
più forte per un tale impegno verrà meno solamente quando Creta
sarà nelle nostre mani, sebbene si debba naturalmente contare anche
allora su un continuo impiego da parte del nemico di tutti i mezzi navali e aerei adatti per agire contro il nostro traffico di rifornimenti. La
condizione per proteggere il nostro traffico, il quale per un certo tempo necessiterà sempre di una notevole scorta navale e aerea, è quella
di approntare a Creta difese portuali. A tale scopo occorre bonificare
gli accessi da mine e da altre ostruzioni e posare qualche sbarramento.
Si può per ora prevedere che queste operazioni richiederanno diversi
giorni. Fino ad allora tutti gli sbarchi debbono avvenire sulla costa
aperta ed è pertanto impossibile effettuarli dai piroscafi. Intanto, comunque, si sta costituendo un gruppo di imbarcazioni veloci, selezionate fra i due gruppi di motovelieri che stanno rientrando; saranno
ben armati di personale e materiale e saranno impiegati isolatamente
durante il giorno per missioni di trasporto e avranno così, in un certo
qual modo, la funzione di rompere il blocco. Con questi mezzi dovrà
essere trasportato il materiale più importante senza personale. Poiché
53
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
anche la flotta inglese non potrà essere impiegata per lungo tempo
nella stessa maniera e con conseguenti forti perdite e dovrà, del resto,
prendersi qualche pausa per rifornirsi e per i danni riportati, si prevede di poter avviare il necessario trasporto di materiali. L’approntamento sollecito dei porti con batterie e altre opere difensive, come
pure il rifornimento del materiale pesante per le truppe di occupazione a Creta, sarà possibile in proporzioni maggiori solamente quando si potrà disporre dei porti e quando i piroscafi potranno compiere
rapide missioni di rifornimento diurne con opportuna scorta. Occorre, tuttavia, precisare che, anche impiegando tutti i mezzi possibili
e lavorando intensamente, la sistemazione di batterie in efficienza,
che già in condizioni normali richiede parecchie settimane, quaggiù,
lavorando intensamente, necessiterà di un tempo notevolmente superiore. Tuttavia, sarà possibile assicurare una difesa adeguata già prima
con mezzi ridotti, così come è prevedibile che gli inglesi non si decideranno a una controffensiva in grande stile (ad esempio, uno sbarco)
una volta che l’isola sia completamente in mano tedesca. Si è potuto ora constatare che Milo con la sua piccola rada sia una base passeggera di notevole importanza. Con la collaborazione della 4a Flotta aerea essa sarà provvisoriamente armata e attrezzata a punto di appoggio. Si provvederà, inoltre, ad approntare a Cerigo e Cerigotto un piccolo porto di rifugio. L’installazione di batterie pesanti su queste isole
rocciose, sprovviste di qualsiasi approdo, non è possibile in breve
tempo nelle attuali condizioni, né sarebbe di sicura riuscita perché
l’insufficiente gittata dei pezzi non consentirebbe di dominare completamente il transito di forze navali leggere particolarmente insidiose
(esempio ne è lo stretto di Dover di uguale larghezza con le coste
francesi assai ben guarnite). Per la protezione del traffico che ora si
svolge assai intensamente anche con il Mar Nero è necessario mantenere in efficienza una forte aliquota di forze navali, non sufficienti per
tutti i compiti assegnati, e una considerevole aliquota di reparti della
Luftwaffe.
Oltre ai suddetti compiti si dovrà probabilmente iniziare quanto prima l’importante traffico di forniture di combustibili dal Mar Nero all’Italia, che richiederà, a sua volta, il continuo impiego di forze di
scorta. Infine, il sollecito approntamento delle basi di appoggio e relative sistemazioni (in primo luogo il Pireo, Creta, Salonicco Lemnos) è
condizione necessaria per una prolungata condotta della guerra. Questo compito viene svolto con tutti i mezzi a disposizione, ma per ora
54
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
può essere portato avanti solo con quanto disponibile, finché l’operazione “Merkur” terrà impegnati gli ultimi mezzi e il personale della
Marina [tedesca, n.d.t.] presenti in questa zona.
Schuster
Bundesarchiv-Militaerarchiv (BA-MA), RM 7/941: Merkur. Di questo
documento esiste una valida traduzione in lingua italiana, ma non il testo tedesco, che l’autore ha utilizzato come traccia per la presente traduzione. AUSMM, fondo Supermarina. Scontri navali e operazioni di guerra, b. 32: Operazione “Mercurio”. Occupazione di Creta, f. R. Torp.
“Sagittario” – Scontro al largo di Milos – 22 maggio 1941 XIX.
55
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
App. E
16 giugno 1941
Relazione sulla preparazione e l’esecuzione dell’operazione “Merkur”
A. Preparazione
1°) Innanzi tutto la preparazione dell’operazione “Merkur” pose la
Kriegsmarine di fronte a due problemi:
a) La sicurezza degli approvvigionamenti di armi (in primo luogo bombe), combustibile, benzina avio, nafta per le navi da guerra, carbone
per le navi mercantili, apparecchiature per gli aerei e vettovagliamenti
necessari allo svolgimento delle operazioni. La gran parte di questi
materiali doveva essere trasportato e scortato dal Mar Nero a Salonicco e al Pireo attraverso i Dardanelli. L’approntamento dei piroscafi,
fra i quali rumeni, bulgari e italiani, provocava notevoli difficoltà che
venivano accresciute dall’insicurezza e dalla carenza dei mezzi di trasporto terrestri. Lo stato dei trasporti, per questo costantemente mutevole, imponeva continue modifiche e causava ritardi che, di riflesso,
influivano sul già scarso tempo a disposizione per i preparativi della
“Merkur”. Ciò nonostante, si riuscì a portare in tempo e in sicurezza
il materiale necessario all’impiego nei porti di destinazione, in modo
da porre le basi per l’avvio dell’operazione. Con l’intenso impiego
delle torpediniere italiane e della Luftwaffe fu possibile assicurare la
scorta ai piroscafi nonostante la presenza più volte accertata di sommergibili nemici, senza subire perdite dirette ad opera del nemico. Solo il piroscafo tedesco “Larissa” finì su uno sbarramento di mine posato di recente e non ancora individuato, affondando, e andò perduto
un dragamine ausiliario tedesco durante l’attività di dragaggio.
b) La preparazione dei “trasporti per la Merkur”
Pertanto, subito dopo lo sbarco dei materiali la ridotta disponibilità
di naviglio rese necessario destinare i piroscafi all’operazione “Merkur”. A rinforzo di questi furono subito messi a disposizione 12 piroscafi sottratti dal traffico con l’Africa. La riunione delle forze navali
poste a disposizione dall’Italia all’Ammiraglio Sud-Est e dei primi piroscafi dipendeva dal libero uso del canale di Corinto, che dopo
un’altalenante variazione del termine fu ottenuto il 16 maggio per il
naviglio sottile. Nell’incertezza di un tempestivo approntamento dei
56
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
piroscafi si cercò, innanzi tutto, di utilizzare per l’operazione “Merkur” il piccolo naviglio a uso costiero in qualche modo requisibile e
in efficienza e di inviare a Creta il primo convoglio, non appena si
fossero trovati in nostre mani i primi punti di sbarco prestabiliti. L’utilizzo di questi piccoli mezzi apparve all’Ammiraglio Sud-Est particolarmente favorevole, anche perché avrebbe frazionato il rischio su un
grande numero di piccole navi. In principio si pensò a questi motovelieri solo per il rifornimento di materiali, mentre il trasporto di truppe avrebbe dovuto avvenire per via aerea. Solo nel caso in cui non fosse stato possibile eseguire lo sbarco dall’aria, programmato per il secondo giorno, sarebbero stati approntati 4 piroscafi scarichi per l’ormai indispensabile e urgente trasporto via mare. Nei pochi giorni di
preparazione emerse, però, di continuo la necessità da parte del Comando Marina Grecia, dell’XI Corpo aereo e del Comando trasporto
marittimo [tutti comandi tedeschi, n.d.t.] di provvedere al trasporto
di sempre maggiori quantità di truppe con motovelieri. L’Ammiraglio
Sud-Est, così come la 4a Flotta aerea da lui interrogata avevano ben
chiaro l’altissimo grado d’improvvisazione di questi preparativi.
I mezzi furono riuniti e approntati in fretta, senza poter nemmeno
verificare l’affidabilità degli apparati motori. Gli equipaggi greci in
gran parte si dileguarono e dovettero essere integrati o rimpiazzati da
personale della Kriegsmarine. Con molta difficoltà questo personale
fu fatto affluire dalla Germania, dalla Romania, dalla Bulgaria e da località greche in buona misura per via aerea, poiché il trasporto del
personale tanto atteso non poteva giungere tempestivamente attraverso la lunga modalità ferroviaria. Su alcune unità ci si dovette accontentare di personale marittimo che in normali condizioni non sarebbe
stato all’altezza delle esigenze di navigazione e marinaresche per difetto di preparazione. Le dotazioni marinaresche, come bussole efficienti
e carte nautiche, erano insufficienti e, in parte, mancavano del tutto.
Fino all’ultimo non fu certo se, per via aerea, potesse giungere in tempo il numero necessario di giubbotti di salvataggio. Assai gradito fu
l’apporto di 6 motovelieri della Marina italiana ben attrezzati, che il
Comando Marina [italiana, n.d.t.] di Patrasso mise a disposizione di
propria iniziativa. Essi furono contestualmente approntati per formare un gruppo di dragamine ausiliari per il dragaggio nella fase di sbarco. L’installazione di apparecchi radio e di segnalazione non fu possibile per i tempi imposti dallo stato di urgenza. Anche le piccole navi
soccorso greche appena reperite e in corso di rapido approntamento
57
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
non poterono essere rese operative in tempo.
A ciascuno dei due gruppi di motovelieri destinati a Maleme e Iraklion fu assegnata una torpediniera italiana, i cui comandanti avevano
il comando militare e marittimo. A bordo di ciascuna si trovava il comandante tedesco del convoglio. Alle torpediniere italiane era assegnato il compito di tenere riunita la formazione, di guidarla durante
la navigazione, di proteggerla da sommergibili e da fungere da stazione radiotelegrafica per l’intera formazione. Per la difforme composizione dei singoli gruppi e per l’incerta, e, presumibilmente, diversa
velocità fu, inoltre, ordinato di non attendere i ritardatari e di lasciarli
a sé stessi.
Che in pochi giorni, quasi senza alcun ausilio dei comandi delle tre
Armi della Wehrmacht di ciò incaricate, si fosse riusciti a costituire
nella misura raggiunta i gruppi di motovelieri, va considerato un risultato di tutto rilievo. E per apprezzare correttamente il lavoro svolto
vanno messi in conto non solo i precari collegamenti nei territori occupati e le grandi distanze fra i singoli comandi, ma anche il mancato
ripristino nelle zone da poco occupate di officine, cantieri, impianti
portuali e di altri mancanti mezzi ausiliari (rimorchiatori, bettoline,
gru).
2°) In questa situazione, il giorno X, i preparativi erano ultimati, al punto che tanto gli approvvigionamenti quanto gli apprestamenti per la
navigazione dei mezzi di trasporto della “Merkur” erano stati portati
a termine nella piena consapevolezza delle debolezze esistenti. Ciò
nonostante, la situazione generale era tale che una qualsivoglia perdita, ad esempio di una bettolina di nafta avrebbe comportato gravi
conseguenze, poiché nella maggior parte dei casi non sarebbe stato
possibile alcun sollecito rimpiazzo. La fortuna del soldato, come accade spesso in questa guerra marittima, doveva supplire alla mancanza di mezzi.
B) Esecuzione dell’operazione “Merkur”
3°) In via generale i movimenti dei convogli furono concepiti in maniera che, una volta messi in movimento dai porti di riunione di Atene
e Lavrion e dalla tappa intermedia del porto di Milo, i due gruppi di
“Maleme” e “Iraklion”, potessero sbarcare a Maleme nel pomeriggio
del giorno X+1 e a Iraklion nel pomeriggio del giorno X+2. Contemporaneamente furono fatti affluire a Milo due gruppi di dragamine italiani per liberare rapidamente da mine le rotte di accesso alla
58
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
baia di Suda e al porto di Iraklion, una volta occupati, affinché i piroscafi approntati dal giorno X+2 potessero salpare in convoglio dal
Pireo scortati da altre torpediniere italiane. Il cronoprogramma di
tutti i movimenti fu predisposto in modo tale che al crepuscolo mattinale i singoli gruppi si trovassero ancora così lontani dai porti di
destinazione, da poter entro il mattino, cioè, vero le 09.00 essere fermati, deviati o fatti rientrare. La limitata velocità dei natanti, tuttavia, obbligò di spostare il punto di attesa del mattino molto vicino
alla costa cretese, poiché altrimenti il porto di destinazione sarebbe
stato a stento raggiungibile il giorno stesso. Si contava anche che
massicci attacchi della Luftwaffe riuscissero a tenere a distanza le forze attaccanti inglesi.
Lo sbarco del gruppo di Maleme era originariamente previsto per il
pomeriggio del giorno X, alle 16.00; però, per desiderio dell’XI Corpo aereo [tedesco, n.d.t.] fu differito al giorno X+1 per poter garantire in piena sicurezza il controllo del punto di sbarco. L’effettivo sviluppo delle cose ha avvalorato in seguito questo apprezzamento.
4°) I movimenti dei due gruppi di motovelieri, ciascuno al comando di
una torpediniera italiana, e dei due gruppi di dragamine, parimenti
guidati da torpediniere italiane, si svolsero fino a Milo secondo i piani. Qui, però, ci si accorse che a causa del cattivo tempo la velocità
delle formazioni si era in parte ridotta a 2 o a 3 nodi e già allora alcuni natanti erano rimasti indietro, riuscendo, però, durante la sosta
a Milo (notte dal giorno X al giorno X+1) a riunirsi nuovamente, taluni con l’aiuto di rimorchiatori inviati all’uopo, altri a rimorchio
delle torpediniere italiane.
5°) Quando la sera del giorno X divenne chiaro che l’operazione di aviosbarco a Creta non poteva essere condotta a termine con l’auspicata
rapidità e che, soprattutto, la situazione a Iraklion e a Retimon rendeva desiderabile impiegare prioritariamente tutte le restanti forze a
Ovest presso Maleme, per procedere da lì alla conquista dell’isola,
anche il gruppo di Iraklion fu indirizzato a Maleme.
6°) Secondo previsione, il giorno X+1 nella navigazione da Milo a Maleme il gruppo di Maleme si unì con la torpediniera “Lupo”, che aveva
rilevato nel comando la torpediniera “Sirio” per un’avaria di quest’ultima. Quando verso le 09.00, la situazione in mare non aveva
molto chiarito se la navigazione potesse proseguire, come programmato, fu ordinato al gruppo di fermarsi e, subito dopo, d’invertire la
rotta, quando il comando operativo [il Comando della 4a Flotta ae59
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
rea tedesca, n.d.t.] e l’Ammiraglio Sud-Est si formarono l’opinione
che fosse da escludere proseguire la navigazione nel giorno stesso a
causa della presenza di forze inglesi nella zona di mare a Nord di
Creta. Circa un’ora e mezza dopo la ricognizione aerea poté comunicare che il settore a Nord di Creta era senz’altro libero dal nemico.
Di conseguenza, poté essere presa la decisione di porre di nuovo il
gruppo in marcia verso Maleme. Determinante per l’ordine che ne
derivò furono i seguenti punti.
a) Sulla base delle segnalazioni meteorologiche si fece conto su vento da
Nord e da Nord-Ovest, dunque su vento nei quartieri poppieri, per
cui la formazione poteva raggiungere una velocità di 5 o 6 nodi e, una
volta riunita, giungere a Maleme sì in ritardo, ma sempre prima del
sopravvenire dell’oscurità. In conseguenza delle previsioni sulla direzione del vento il comando operativo calcolò di aver percorso solo un
breve tragitto [a ritroso, n.d.t.] verso Nord. Come, invece, emerse
successivamente, vi fu vento forte da Sud-Ovest che causò l’effetto
contrario.
b) Il comando operativo si rese conto che una nuova inversione di rotta
avrebbe aumentato sensibilmente il rischio dei convogli per Maleme
per i molti fattori d’incertezza, quali la velocità non calcolabile, l’indeterminatezza della posizione, il distacco dei ritardatari. Pertanto,
l’Ammiraglio Sud-Est pose al comando operativo espressamente il
quesito se, alla luce della non favorevole situazione che si andava profilando nella giornata, dovesse essere assunto un rischio ormai molto
cresciuto o se era accettabile differire di 24 ore la prosecuzione della
navigazione. In ogni caso, si sarebbe dovuto mettere in conto che per
la mancanza di collegamenti una parte dei motovelieri, che presumibilmente sarebbe rimasta arretrata, non avrebbe ricevuto gli ordini di
ritornare indietro e dei continui mutamenti di rotta. Il comando operativo si pronunciò per l’assunzione del rischio. Di conseguenza, il
cacciatorpediniere [sic] “Lupo” ricevette l’ordine di dirigere con la sua
formazione verso Maleme senza alcun riguardo per chi fosse rimasto
indietro.
7°) Fino a sera il comando operativo si attendeva che il gruppo Maleme
potesse raggiungere Capo Spada attorno alle 21.00 e con ciò la protettiva vicinanza della terra, quando dal cacciatorpediniere [sic] “Lupo” giunse un messaggio radio che alle 21.00 si sarebbe trovato a capo Spada. Le forze navali inglesi, infine, avvistate dalla ricognizione
aerea serale secondo calcoli prudenziali potevano trovarsi in prossi60
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
mità del capo attorno alle 22.00, di modo che con un po’ di fortuna
l’operazione avrebbe potuto riuscire finanche ai ritardatari. Poco prima delle 23.00 giunse un radiotelegramma del “Lupo”: “Lupo
22.34”, che per il momento fu interpretato come segnale del riuscito
sbarco. Circa un’ora dopo risultò da un lungo radiomessaggio del
“Lupo” che il gruppo di Maleme con circa 16 piccole unità era stato
intercettato da incrociatori e cacciatorpediniere britannici ed esposto
a distruzione. Lo stesso “Lupo” aveva ottenuto uno o due centri con
il siluro su un incrociatore e dopo un’ora e mezza d’inseguimento,
nel corso del quale aveva incassato 18 colpi, poté rompere il contatto
con il nemico. Sulla base di questa comunicazione si doveva mettere
in conto la perdita del gruppo di Maleme e probabilmente anche dei
ritardatari che ancora seguivano e non poterono essere informati della mutata situazione. Poiché v’era anche da supporre che gli inglesi
per la presenza del gruppo di Maleme e forse anche per le dichiarazioni dei prigionieri si dirigessero verso altri natanti e già nel corso
della stessa notte potessero condurre una sortita verso Nord per intercettare altro traffico, il 2° gruppo di Iraklion, già in marcia verso
Maleme, ricevette l’ordine via radio di dirigere verso le isole a NordEst e sul far del giorno portarsi a Milo. L’immediato ripiegamento
verso Milo non apparve opportuno, essendo prossimo il pericolo che
gli inglesi nella sortita verso Nord potessero penetrare anche nella
sguarnita baia di quell’isola. A causa del traffico radiotelegrafico, già
intensissimo secondo i parametri della Kriegsmarine, l’ordine di rientrare, trasmesso per radio al “Sagittario”, unità capoconvoglio,
non ebbe effetto. Come emerse successivamente, il radiotelegramma
non fu ricevuto dal “Sagittario”, così che questo con il suo gruppo
continuò durante la notte ad avanzare e solo al mattino poté invertire la rotta dopo un rinnovato messaggio dell’Ammiraglio Sud-Est.
8°) Il mattino del 22 maggio (giorno X+2) presentava il sorprendente
quadro di un nemico che, nonostante l’intensissima attività aerea tedesca, non avendo sostenuto gravi perdite, svolgeva ancora nelle ore
mattinali opera di rastrellamento dei velieri segnalati o avvistati nelle
acque fra Milo e Creta. Molti dei mezzi di trasporto segnalati in
fiamme o affondati e l’assoluta incertezza sulle posizioni dei due
gruppi di motovelieri, dei quali neppure la ricognizione aerea aveva
fornito un chiaro quadro per la dispersione e la frammentarietà delle
formazioni, fecero crescere nel corso della mattinata il timore che
entrambi i gruppi di motovelieri fossero stati in gran parte vittime
61
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
dell’incursione nemica. Un certo conforto era offerto solo dal pensiero che il nemico avesse pagato questa sua azione con pesantissime
perdite provocati dai colpi degli attacchi aerei e anche del “Lupo” e
del “Sagittario”. Verso mezzogiorno il nemico abbandonò le acque a
Nord di Creta sotto continui attacchi dell’VIII Corpo aereo, che nel
corso dell’intera giornata non lo mollò e gli causò altre dure perdite.
Il quadro si chiarì poi nel corso del pomeriggio, quando poté essere
rilevato in salvo il secondo gruppo di motovelieri al comando della
torpediniera “Sagittario”, benché esso si fosse trovato al centro di un
confuso scontro. La sua immediata salvezza è in gran parte certo da
ascriversi al comportamento della torpediniera “Sagittario”, la quale
coprì con una cortina di nebbia l’intero convoglio di motovelieri,
sottraendolo alla vista del nemico, e attaccò con il siluro il gruppo di
incrociatori e cacciatorpediniere, mettendo con buona probabilità
un colpo a segno. Per i contemporanei attacchi condotti dagli Stuka
il nemico non provò più a occuparsi di questo gruppo di motovelieri. Del pari, nel corso della stessa giornata risultò che, grazie in primo luogo all’azione del cacciatorpediniere italiano “Lupo”, la maggior parte dei motovelieri del gruppo di Maleme non era stata distrutta durante la notte, ma solo il mattino successivo, mentre in
gran parte cercavano isolatamente di allontanarsi verso Nord.
Dal comportamento del nemico si può concludere che in questo
giorno avesse ancora l’intenzione di tenere Creta, impegnando al
massimo le proprie forze navali senza badare a perdite. La situazione
a terra, in questo stesso giorno ad esso ancora favorevole, lo ha probabilmente rafforzato in tale determinazione. Si deve tener conto
che anche in futuro il nemico procederà con tutti i mezzi a sua disposizione contro il traffico e, soprattutto, terrà sotto costante osservazione i punti di sbarco a lui già noti. Per questo motivo appare, in
primo luogo, errato proseguire nell’impiego di gruppi di motovelieri
in formazione e devono essere cercate altre vie per portare a Creta i
materiali più importanti. I due gruppi di motovelieri furono ricondotti al Pireo, contemporaneamente ai dragamine italiani, per i quali
a causa della situazione determinatasi non era dato intravedere alcun
impiego a Creta e che per la mancanza di combustibile non potevano rimanere a Milo. Il richiamo dei piccoli natanti fu anche necessario per rigenerare le truppe imbarcate per la faticosa navigazione e il
corso degli avvenimenti. Da tutti i rapporti a disposizione si può accertare che, così come le torpediniere, le quali oltre all’impiego belli62
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
co hanno preso parte molto efficacemente al salvataggio dei naufraghi, anche gli equipaggi dei motovelieri con i loro piccoli distaccamenti di marinai e le truppe imbarcate si sono distinti al massimo. Il
risoluto e accorto comportamento di singoli ufficiali e soldati potrà
essere apprezzato non appena saranno disponibili i rapporti conclusivi.
9°) Sin dal corso dei movimenti di entrambi i gruppi di motovelieri fu
presa la decisione di portare a Creta in specifiche missioni i materiali
più importanti, in primo luogo carri armati. A tal fine dovevano essere ricercati e impiegati i mezzi più idonei a tale attività di traffico.
Per il più urgente trasporto di due carri fu destinato il tenente di vascello Oesterlin, il quale già nel corso degli eventi navali in Egeo aveva dato straordinaria prova ed era rientrato sano e salvo con il suo
natante ad Atene [sic]. Subito dopo il rientro ricevette l’ordine di
imbarcare i due carri su una maona trainata da un rimorchiatore e di
sbarcarli a Castelli. Analoghi trasporti furono approntati per approvvigionamenti e munizioni, al pari della costruzione di un pontile a
Castelli per il trasporto di materiali con il piccolo piroscafo tedesco
“Cordelia”. I rifornimenti così avviati sono stati realizzati senza perdite e proseguono. A tal riguardo, deve essere messo in chiaro che,
senza dubbio alcuno, a seguito del favorevole andamento degli sbarchi gli inglesi hanno preso, al più tardi il 28 giugno, la decisione di
abbandonare Creta e che, quindi, difficilmente avrebbero intrapreso
un’iniziativa come quella del giorno 22. Grazie alla stretta collaborazione con la 4a Flotta aerea e per la precisa pianificazione ogni singola unità di trasporto si è trovata sotto la necessaria scorta e copertura
aerea.
La base dell’isola di Milo fu debolmente rinforzata con due cannoni
da 37 mm dal momento che non fu data altra possibilità di portarvi
armi più pesanti. Del pari furono portati a Cerigo cannoni da 88
mm che sono in postazione.
10°) Dopo l’occupazione della Canea e della baia di Suda vi furono avviati le motosiluranti [rectius M.A.S.] e i dragamine italiani a protezione del primo convoglio di piroscafi la cui partenza dal Pireo è
prevista per il 31 maggio.
C) L’Ammiraglio Sud-Est formula infine il seguente apprezzamento della situazione
1°) Dopo che gli inglesi hanno deciso di evacuare Creta, difficilmente
63
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
tenteranno di stabilirvisi di nuovo. Se avessero avuto le forze necessarie le avrebbero senza dubbio portate a Creta già nei giorni critici.
Tentativi di sbarco in grande stile appaiono, inoltre, senza prospettiva, stante l’attuale entità delle forze presenti a Creta. Peraltro, gli inglesi, i quali sono ben consapevoli della necessità dei rifornimenti oltremare, si adopereranno per turbare costantemente il traffico con
Creta e nel resto dell’Egeo: in primo luogo, cercheranno d’insidiarlo
con sommergibili e mine nelle acque attorno a Creta, ma durante la
notte anche mediante incursioni di cacciatorpediniere. Inoltre, si deve tener conto che condurranno attacchi aerei sugli aeroporti, come
pure sui porti. Il pericolo costituito da questi tentativi di disturbo
inglesi non può essere sottovalutato per l’esiguità di mezzi disponibili in Egeo. Al nemico non può sfuggire il ritiro di consistenti reparti
aerei e già questo lo incoraggerebbe a contrattaccare. Noi dobbiamo
concludere che i rifornimenti si trovano sotto sicura minaccia e che
sopraverranno anche perdite. Queste, prescindendo da quelle di materiali e uomini, sono particolarmente gravose sotto il profilo della
scarsità di naviglio mercantile disponibile. Se anche fino a oggi siamo riusciti a difendere il traffico dagli attacchi diretti del nemico,
sono 6 i piroscafi sinora andati persi per la sua attività indiretta e per
la gran mole di improvvisazione. Poiché si tratta non di occupare
territori, ma anche di mantenerne il possesso, il costante approntamento delle forze aeree e navali necessarie alla sicurezza dei collegamenti marittimi deve costituire il presupposto per la successiva condotta della guerra, poiché anche dopo l’occupazione del continente e
delle isole il settore dell’Egeo resterà teatro di guerra marittima. Finché gli inglesi resteranno nel Mediterraneo orientale e a Malta, non
si potrà mai parlare di linee di comunicazione sicure.
2°) L’Ammiraglio Sud-Est sottolinea come solo attraverso una strettissima e costante collaborazione con la 4a Flotta aerea e reparti dipendenti e con il Comando della 12a Armata [tedesca, n.d.t.] potranno
essere superate le difficoltà sopra descritte. Lo stretto collegamento
di tutti i comandi e la reciproca e comprensiva collaborazione furono i presupposti dei successi conseguiti e del rapido appianamento
degli insuccessi.
Per futuri, analoghi compiti deve essere rimarcata l’incondizionata necessità di una più lunga preparazione. I compiti assegnati alla Wehrmacht in altri settori operativi e le grandi difficoltà di trasporto hanno impedito che dalla Patria potesse essere inviato un sollecito soste64
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
gno in uomini e materiali nella misura che sarebbe stata necessaria in
funzione dei compiti assegnati. Senza dubbio i 4Siebel-Faehre, da
tempo richiesti dall’Ammiraglio Sud-Est, come pure dal Comando
della 12a Armata e della 4a Flotta aerea, avrebbero agevolato l’intero
problema dei rifornimenti e il rapido afflusso di materiale a Creta
senza il verificarsi delle attuali perdite. Le comunicazioni spesso precarie nei paesi di transito da poco occupati, la carenza di ufficiali ed
equipaggi della Kriegsmarine, la mancanza di mezzi ausiliari a terra,
come rimorchiatori, armi, mezzi di trasporto sono svantaggi che potrebbero essere meglio superati con una preparazione più lunga di
quanto sia stato ora possibile. Da parte della Kriegsmarine, inoltre, si
deve porre particolare importanza al fatto che per tutti i compiti inerenti alle operazioni navali devono essere disponibili reparti [aerei]
specificatamente addestrati, poiché altrimenti non può essere ottenuto alcun risultato corrispondente al nostro impegno di fronte alla più
forte flotta inglese, e si ripeteranno le deplorevoli perdite e menomazioni per la nostra Aviazione [la Luftwaffe, n.d.t.]. Non si tratta tanto
di reparti da bombardamenti, quanto di ricognizione, che possono
primariamente proteggere e assicurare le importanti linee di comunicazione. Essi sono il presupposto per la necessaria rapida guida delle
nostre navi di fronte alla minaccia nemica.
AUSMM, fondo Marina germanica in Italia, titolo II, coll. A, f. 2/B
[vecchia collocazione]
65
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
App. F
66
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
67
A. de Toro - La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
68
Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013
AUSMM, fondo Supermarina. Scontri…, cit., b. 32, cit., f. R. Torp. “Sagittario”…, cit.
69