RISOLUZIONE N. 183/E Roma,24 settembre 2003 OGGETTO

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RISOLUZIONE N. 183/E Roma,24 settembre 2003 OGGETTO
RISOLUZIONE N. 183/E
Roma,24 settembre 2003
Direzione Centrale
Normativa e Contenzioso
OGGETTO: Istanza di Interpello. Art. 11, legge 27-7-2000, n. 212. YH Italia.
IRPEG e IVA. Art. 12 Convenzione Italia-Francia e art. 17 del DPR n.
633/72. Corresponsione canoni a società francese.
Con istanza di interpello di cui all’oggetto, concernente l’esatta applicazione
dell’art. 12 della Convenzione Italia-Francia e dell’art. 17, terzo comma, del D.P.R.
26 ottobre 1972, n. 633 è stato esposto il seguente
QUESITO
concernente le due seguenti tipologie di “redevances”, che la società
istante corrisponde alla casa madre francese sulla base di specifici accordi
contrattuali:
a) per l'uso del marchio (testata) di una rivista pubblicata in Francia di proprietà
della stessa casa madre;
b) per consulenza manageriale ed assistenza amministrava.
Con riguardo alla "redevances" di cui alla lett. a), l'istante, dopo aver
precisato che sulla base degli accordi contrattuali stipulati con la casa madre si è
impegnata ad evidenziare nelle riviste nazionali il marchio di proprietà della
predetta società controllante nei limiti ed alle condizioni risultanti dalla
concessione della licenza, chiede di conoscere la corretta applicazione delle
norme fiscali, relativamente alle ritenute alla fonte da operare sulle predette
somme, in quanto dalle disposizioni convenzionali non emergerebbe con chiarezza
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se tali somme siano da considerarsi riferibili all'uso di diritti d'autore o all'utilizzo
di un marchio.
Viene, inoltre, chiesto di conoscere quali siano le modalità dichiarative e
di certificazione, sia nel caso in cui la società istante sia obbligata ad operare la
ritenuta, sia che nel caso in cui tale obbligo non sussista.
Con riguardo alle "redevances" di cui alla lett. b), l'istante chiede di
conoscere se tali corrispettivi possano essere ricompresi nel campo di
applicazione dell'art. 7, par. 3, della convenzione contro le doppie imposizioni
stipulata tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Francese.
Da ultimo, vengono chiesti chiarimenti in ordine alla disciplina ai fini IVA
applicabile alle predette “redevances”.
SOLUZIONE PROPOSTA DAL CONTRIBUENTE
In ordine alle "redevances" per l'uso del marchio di proprietà della casa
madre francese, l'istante ritiene che, trattandosi di "canoni" per la tutela dell'opera
letteraria (intesa come "idea" o "impostazione" della rivista riconoscibile attraverso
il marchio della società francese), ai sensi dell'art. 12, comma 3, della
Convenzione tra Italia e Francia contro le doppie imposizioni, non dovrebbe essere
operata alcuna ritenuta alla fonte, in quanto il diritto protetto costituirebbe un
diritto d'autore.
Con riguardo alle "redevances" relative alla consulenza manageriale ed
assistenza amministrativa, che le vengono addebitate dalla casa madre francese,
l'istante ritiene che, trattandosi di corrispettivi per consulenza manageriale, le
stesse vadano ricomprese nell'ambito di applicazione del par. 3 dell'art. 7 della
Convenzione italo-francese contro le doppie imposizioni. La società interpellante
ritiene, pertanto, di poter registrare le fatture di addebito delle predette consulenze
tra i costi per servizi e di poter effettuare i relativi pagamenti mediante rimessa
ordinaria senza applicazione di alcuna ritenuta alla fonte.
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Per entrambe le fattispecie, inoltre, l'istante ritiene di poter emettere ai
fini IVA autofattura ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.
633, con aliquota al 20%.
RISPOSTA DELL’AMMINISTRAZIONE
Al fine di rispondere al quesito sub a) occorre un esame del contenuto
dell’accordo contrattuale intercorrente tra le parti. In particolare, l’art. 1, rubricato
“Concessione di licenza”, prevede tre distinte tipologie di diritti:
1. una licenza esclusiva in base alla quale la società italiana è autorizzata a
pubblicare una edizione nazionale della corrispondente rivista francese e
a vendere della pubblicità nell’ambito di tale rivista;
2. una licenza di utilizzo del marchio da utilizzarsi quale titolo
dell’edizione nazionale;
3. il diritto di riprodurre e tradurre in lingua italiana nell’edizione nazionale
le illustrazioni, fotografie, editoriali della corrispondente rivista
francese.
A parere della scrivente, i punti sub 1) e 2) rientrano più propriamente nel
concetto di
“concessione di marchio”, mentre può essere qualificata quale
“concessione di diritto di autore”, la previsione di cui al successivo punto n. 3).
Ciò che appare decisivo al riguardo non è tanto la circostanza, del tutto
formale, che la testata concessa in uso, relativa al nome della rivista pubblicata, sia
iscritta in Francia presso l’Institut National de Proprieté Industrielle, quanto
invece, aspetti di carattere sostanziale.
Infatti, le pubblicazioni, quali riviste e giornali, sono tutelate dalla legge del
22 aprile 1941 n. 633 relativa alla protezione del diritto di autore. In particolare, il
campo applicativo della legge in questione riguarda tutte le opere dell’ingegno “a
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carattere creativo” (art. 1, primo comma legge n. 633 del 1941). In quest’ambito
rientrano anche le cosiddette “opere collettive”, tra cui riviste e giornali (vedi artt.
3 e 38 della legge citata). Pertanto, il diritto a tradurre e pubblicare un’opera a
carattere creativo, come previsto nel punto sub 3), ben può qualificarsi quale
“concessione di diritto di autore”.
Al contrario, nessun aspetto di carattere creativo è rinvenibile nei diritti
descritti ai punti sub 1) e 2), nei quali si rinviene piuttosto la facoltà a sfruttare a
fini commerciali un nome, “………”, che contraddistingue un prodotto editoriale,
cioè l’edizione francese della rivista di cui trattasi.
Tenuto conto, quindi, che il contenuto prevalente dell’accordo contrattuale è
da ricondursi al concetto di concessione di marchio a fronte di un corrispettivo
unitario (vedi art. 3 del contratto), il conseguente trattamento fiscale non può che
essere quello di cui al par. 1 dell’art. 12 della Convenzione Italia-Francia contro le
doppie imposizioni sul reddito, in cui si prevede la tassazione concorrente dello
Stato della fonte e dello Stato di residenza del beneficiario, tramite l’applicazione
di una ritenuta del 5% sull’importo lordo dei canoni.
Ad una diversa soluzione potrebbe pervenirsi, ove fosse contrattualmente
prevista una ripartizione del corrispettivo a fronte della concessione del diritto sub.
1) e 2) da un lato e della concessione dei diritti sub 3) dall’altro. In tal caso, la
seconda parte di corrispettivo ricadrebbe nell’ambito dell’art. 12, par. 3, della
Convenzione, in cui si prevede la tassazione esclusiva nel Paese di residenza del
beneficiario, mentre la prima andrebbe comunque assoggettata a tassazione
concorrente con l’applicazione della predetta ritenuta del 5%.
E’ appena il caso di precisare che l’applicazione della ritenuta
convenzionale, secondo una costante interpretazione (cfr. ris. n. 68 del 2000),
costituisce una facoltà e non un obbligo del sostituto, che il medesimo esercita
sotto propria responsabilità e dietro presentazione di una documentazione
attestante l’esistenza dei requisiti richiesti dalla Convenzione (certificazione di
residenza rilasciata dalla competente autorità fiscale francese e dichiarazione di
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essere l’effettivo beneficiario delle somme e di non avere stabili organizzazioni in
Italia).
In caso contrario dovrà essere applicata la ritenuta del 30% prevista dall’art.
25, ultimo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 (la norma citata fa riferimento
all’art. 19, n. 9 dell’abrogato D.P.R. n. 597 del 1973, corrispondente ora alla
disposizione dell’art. 20, comma 2, lett. c) del Tuir) e alla società francese spetterà
il rimborso della differenza intercorrente tra ritenuta interna e ritenuta
convenzionale.
Quanto al quesito sub b), si concorda con la tesi del contribuente, secondo
cui le somme in questione vanno inquadrate nell’ambito dell’art. 7, terzo paragrafo,
della Convenzione Italia-Francia e sono deducibili dal reddito della società istante
in quanto tali somme, secondo la descrizione offerta dalla società istante,
costituiscono la remunerazione di un servizio di consulenza svolto dalla
controllante a favore della controllata.
Infatti, non si tratta del trasferimento di un know-how, generalmente
caratterizzato dal carattere di segretezza, alla società istante, che lo utilizzerà per
proprio conto, quanto piuttosto della soluzione di particolari problemi, tramite
conoscenze specialistiche possedute dalla società che fornisce il servizio di
consulenza.
Infine, per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto, entrambe le
fattispecie sub a) e b) ricadono nella previsione di cui all’art. 7, quarto comma, lett.
d) del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.
Infatti, sub a) si ritrova una prestazione di servizio consistente nella
concessione di un diritto “relativo ad un marchio” o comunque di un diritto
similare (vedi anche art. 3, secondo comma, n. 2 del D.P.R. n. 633 del 1972,
richiamato dall’art. 7, lett. d) citato), mentre sub b), come già evidenziato, si ha la
prestazione di un servi zio di consulenza. Entrambe le prestazioni, in quanto rese da
un soggetto non residente ad un soggetto passivo residente nel territorio dello
Stato, saranno imponibili al tributo in Italia e per medesime prestazioni è prevista
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l’autofatturazione da parte del committente nazionale ai sensi dell’art. 17, terzo
comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.