Quaderni 12 - IPASVI, Federazione Nazionale Collegi Infermieri

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Quaderni 12 - IPASVI, Federazione Nazionale Collegi Infermieri
12
gennaio 2005
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
La normativa
di interesse infermieristico
approvata nel 2004
SOMMARIO
Premessa
La normativa di interesse infermieristico approvata nel 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
La questione infermieristica:
proroga delle “prestazioni aggiuntive”
.....................4
Decreto legge 402/2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Educazione Continua in Medicina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
Le norme per la formazione continua nel 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
La definizione dei requisiti per le Società scientifiche e le Associazioni impegnate nell’Ecm . . 10
Decreto ministeriale del 31 maggio 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
La formazione on-line . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
Direttiva del 6 agosto 2004 del ministro per l’Innovazione e le Tecnologie
e del ministro della Funzione Pubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2
SOMMARIO
La Laurea specialistica in Scienze infermieristiche . . . . . . . . 18
Decreto ministeriale del 9 luglio 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Decreto ministeriale del 1° ottobre 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
Politica e salute
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Uso dei defibrillatori in ospedale e sul territorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Legge 69 del 15 marzo 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Legge 120 del 3 aprile 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Il trattamento del dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Circolare ministeriale n. 800 del 4 novembre 2003 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
La normativa antifumo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
La sanità pubblica nella Costituzione europea
. . . . . . . . . . . 29
Il testo della Costituzione europea dedicato alla sanità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
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autorizzazione dell’editore.
I QUADERNI
Premessa
La normativa di interesse infermieristico
approvata nel 2004
di Annalisa Silvestro*
I
n questo numero de I Quaderni sono raccolti 9 provvedimenti approvati nel corso del 2004, che riguardano particolarmente la professione infermieristica. Come nelle due edizioni precedenti (I Quaderni gennaio 2003 e 2004), anche questo
primo numero del 2005 vuole essere un’agile guida, anche se non esaustiva, dell’evoluzione legislativa dell’anno appena trascorso. I temi selezionati sono quelli ritenuti più vicini alle situazioni che gli infermieri affrontano quotidianamente durante lo svolgimento della loro professione:
quindi prestazioni aggiuntive, Educazione
continua in medicina, laurea specialistica
e attività professionale pratica. Essere informati permette, infatti, di difendere il
proprio operare, perché significa conoscere
gli ambiti, i limiti, i diritti e i doveri in base ai quali mettere in atto le proprie competenze.
Per una migliore comprensione degli argomenti, sono stati aggiunti ai testi legislativi delle brevi premesse, a volte necessarie per collocare le leggi in un quadro normativo più ampio, altre volte utili per approfondire le diverse questioni
in relazione alle realtà politiche e sociali del Paese.
La sanità, infatti, investe la vita di tutti i
cittadini: essa, tuttavia, non è statica ma
evolve velocemente grazie alla ricerca e alle scoperte scientifiche. Questo impone
nuove risposte alla domanda di salute del-
* Presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi
la popolazione e nuove strategie politiche
per la gestione delle risorse umane e materiali del sistema sanitario. La riforma federalista, ad esempio, ha affidato alle Regioni l’organizzazione dei servizi per la salute in base alle esigenze che caratterizzano un particolare territorio. D’altra parte,
a livello centrale, lo Stato e il ministero
della Salute si sono fatti promotori dello
sviluppo di stili di vita salutari e della responsabilizzazione dei cittadini in materia di sanità e di salute: non solo con la recente norma contro il fumo o con le campagne, ad esempio, contro l’obesità e l’alcol, ma anche invitando i cittadini al ricorso appropriato ai farmaci e alle prestazioni sanitarie.
In questo contesto, fondamentale è il ruolo della comunicazione ai cittadini, che deve vedere protagonisti gli stessi operatori
sanitari, tra cui gli infermieri. La professione infermieristica non è, infatti, autoreferenziale ma si basa in particolare sul
rapporto costruito giorno per giorno con
i cittadini. Un rapporto che si sviluppa se
cresce la consapevolezza di essere assistiti
da personale qualificato e preparato. Essere informati, allora, significa anche farsi garanti della salute della popolazione e dei
suoi percorsi assistenziali, conquistando e
ripagando quella fiducia che ogni cittadino ha bisogno di provare nei confronti di
colui al quale, in quel momento, affida la
sua vita.
3
4
I QUADERNI
La questione infermieristica:
proroga delle ”prestazioni aggiuntive”
L
a legge 47/2004 rappresenta la conversione, con modificazioni, del decreto legge 355 del 24 dicembre 2003 che, a
sua volta, prorogava i termini previsti dalla disposizione legislativa n. 402 del 12 novembre 2001.
Per garantire la continuità assistenziale e
fronteggiare l’emergenza infermieristica,
già il decreto legge 355/03, all’articolo 16,
aveva prorogato le prestazioni aggiuntive
programmabili da parte degli infermieri e
dei tecnici sanitari di radiologia medica,
previste appunto nella legge 402/01, “al 31
dicembre 2004, in armonia con le disposizioni recate in materia di assunzioni dai
provvedimenti di finanza pubblica”.
Secondo la norma del 2001, infatti, “in caso di accertata impossibilità a coprire posti di infermiere e di tecnico sanitario di
radiologia medica mediante il ricorso a procedure concorsuali”, alle Aziende unità sanitarie locali e alle Aziende ospedaliere
“previa autorizzazione della Regione e nei
limiti delle risorse finanziarie connesse alle corrispondenti vacanze di organico”, era
concessa la facoltà, entro il 31 dicembre
2003, di “riammettere in servizio infermieri
e tecnici sanitari di radiologia medica che
abbiano volontariamente risolto il rapporto di lavoro” o “di stipulare contratti di lavoro, a tempo determinato (omissis) per la
durata massima di un anno, rinnovabile”.
Il decreto 402 stabiliva quindi che le Aziende unità sanitarie locali, le Aziende ospedaliere, le Residenze sanitarie per anziani
e gli Istituti di riabilitazione, previa auto-
rizzazione della Regione, potessero “remunerare agli infermieri dipendenti prestazioni orarie aggiuntive rese al di fuori dell'impegno di servizio, rispetto a quelle proprie del rapporto di dipendenza; tali prestazioni sono assimilabili, ai soli fini fiscali e contributivi, alla libera professione ancorché resa all'Amministrazione di appartenenza”. Il disposto è stato recepito inoltre dalla legge 1 del gennaio 2002.
Molto diffuso è stato in questi anni il ricorso alle “prestazioni aggiuntive”, che hanno rappresentato in molte realtà una vera
e propria àncora di salvataggio per evitare
il collasso dell’intero sistema: un’àncora di
salvataggio per le Aziende e per gli utenti,
ma non una efficace soluzione alla strutturale carenza di organici e al sovraccarico di lavoro del personale infermieristico.
Quindi, pur non condividendo la logica
sottesa a provvedimenti-tampone come questi, la Federazione ha ritenuto di dover accettare un’ennesima proroga del decreto
anche per l’anno in corso.
In realtà l’obiettivo di fondo resta quello di
trasformare le prestazioni aggiuntive degli
infermieri in libera professione infermieristica intramoenia.
Risultati scarsissimi ha invece ottenuto l’altro istituto previsto dai provvedimenti qui
richiamati, consistente nella possibilità di
reintegrare in servizio i “pensionati”. In genere chi desidera continuare l’attività dopo il pensionamento sceglie infatti di aprire una partita Iva e di dedicarsi alla libera
professione.
PRESTAZIONI AGGIUNTIVE
Repertorio
Decreto legge 402/2001*
Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario
Articolo 1
Prestazioni aggiuntive programmabili da parte degli infermieri dipendenti ed emergenza infermieristica
1. In caso di accertata impossibilità a coprire posti di infermiere e di tecnico sanitario
di radiologia medica mediante il ricorso a procedure concorsuali, le Aziende unità
sanitarie locali, le Aziende ospedaliere, le residenze sanitarie assistenziali e le case di
riposo, previa autorizzazione della Regione e nei limiti delle risorse finanziarie connesse alle corrispondenti vacanze di organico ricomprese nella programmazione
triennale di cui all'articolo 39, commi 19 e 20-bis, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, e successive modificazioni, hanno facoltà, non oltre il 31 dicembre 2003:
a)di riammettere in servizio infermieri e tecnici sanitari di radiologia medica che abbiano volontariamente risolto il rapporto di lavoro da non oltre cinque anni nel rispetto della procedura di cui all'articolo 24 del Ccnl integrativo del 20 settembre 2001;
b)di stipulare contratti di lavoro, a tempo determinato, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 31 del Ccnl integrativo del 20 settembre 2001, per la durata massima di un anno, rinnovabile, con le modalità ed i criteri indicati dai commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dello stesso articolo.
1 La facoltà di cui al comma 1 è riconosciuta, non oltre il 31 dicembre 2003, anche
bis agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico nei limiti delle risorse finanziarie connesse alle corrispondenti vacanze di organico ricomprese nella programmazione triennale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. Fermo restando il vincolo finanziario di cui al comma 1 e comunque non oltre il 31
dicembre 2003, le Aziende unità sanitarie locali, le Aziende ospedaliere, le residenze sanitarie per anziani e gli Istituti di riabilitazione, gli istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico e le case di riposo, previa autorizzazione della Regione, possono remunerare agli infermieri dipendenti in forza di un contratto con l’azienda prestazioni orarie aggiuntive rese al di fuori dell’impegno di servizio, rispetto a quelle
proprie del rapporto di dipendenza; tali prestazioni sono rese in regime libero professionale e sono assimilate, ancorché rese all’amministrazione di appartenenza, al
lavoro subordinato, ai soli fini fiscali e contributivi ivi compresi i premi e i contributi versati all'Inail.
3. Sono ammessi a svolgere prestazioni aggiuntive gli infermieri e i tecnici sanitari di
radiologia medica dipendenti dalla stessa amministrazione, in possesso dei seguenti requisiti:
a)essere in servizio con rapporto di lavoro a tempo pieno da almeno sei mesi;
b)essere esenti da limitazioni anche parziali o prescrizioni alle mansioni come certificate dal medico competente;
c)non beneficiare, nel mese in cui è richiesta la prestazione aggiuntiva, di istituti
normativi o contrattuali che comportino la riduzione, a qualsiasi titolo, dell’orario
di servizio, comprese le assenze per malattia.
* A questo testo si riferisce il Dl 266/04 che proroga i termini del provvedimento fino al 31 dicembre 2005.
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
4. L’amministrazione interessata utilizza in via prioritaria le prestazioni aggiuntive per
garantire gli standard assistenziali nei reparti di degenza e l’attività delle sale operatorie.
5. La tariffa di tali prestazioni aggiuntive a favore dell’amministrazione di appartenenza e i tetti massimi individuali della stessa sono determinati, previa consultazione delle organizzazioni sindacali in sede decentrata, in misura compatibile con il vincolo
finanziario di cui al comma 1.
6. Le disposizioni di cui ai commi 1, lettera b), 2 e 5 si applicano, ai sensi dell’articolo
2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sino all’entrata in vigore
di una specifica disciplina contrattuale e, comunque, non oltre la data del 31 dicembre 2003.
7. Il ministro della Salute, sentito il ministro dell’Istruzione, dell'Università e della
Ricerca, individua, con proprio decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d’intesa con la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le
figure di operatori professionali dell’area sanitaria, fatte salve le competenze già
attribuite alle professioni sanitarie disciplinate dalle leggi 26 febbraio 1999, n. 42,
e 10 agosto 2000, n. 251, nonché, di concerto con il ministro del Lavoro e delle
Politiche sociali, le figure professionali operanti nell’area socio-sanitaria ad alta
integrazione sanitaria che possono essere formate attraverso corsi organizzati a cura delle Regioni senza nuovi o maggiori oneri per la finanza statale. Con lo stesso
decreto sono stabiliti standard minimi di insegnamento teorico e di addestramento
pratico, nonché i principi per la composizione della commissione esaminatrice e
per l’espletamento dell'esame finale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
8. Fino a quando non si procederà ai sensi del comma 7, per l’operatore socio-sanitario restano confermate le disposizioni di cui all’accordo intervenuto il 22 febbraio
2001 in sede di Conferenza Stato-Regioni tra il ministro della Salute, il ministro del
Lavoro e delle Politiche sociali e le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano. Con la stessa procedura è disciplinata, per l’operatore socio-sanitario la formazione complementare in assistenza sanitaria che consente a detto operatore di
collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica e di svolgere alcune attività assistenziali in base all’organizzazione dell'unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
9. Il conseguimento del master di primo livello di tipo specialistico in Scienze infermieristiche e delle professioni sanitarie, organizzato dalle università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del decreto del ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, costituisce titolo valutabile ai fini della
carriera.
10.I diplomi, conseguiti in base alla normativa precedente, dagli appartenenti alle professioni sanitarie di cui alle leggi 26 febbraio 1999, n. 42, e 10 agosto 2000, n. 251,
e i diplomi di assistente sociale sono validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master ed agli altri corsi di formazione post-base di cui al decreto del
ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999,
n.509, attivati dalle università. All’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n.
264, alla lettera a), dopo la parola: “architettura” sono inserite le seguenti: “ai corsi
di laurea specialistica delle professioni sanitarie”.
PRESTAZIONI AGGIUNTIVE
10 Le Aziende unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le altre istituzioni e enti che
bis svolgono attività sanitarie e socio-sanitarie possono assumere personale sanitario diplomato o laureato non medico residente in altri Paesi dell’Unione europea, fermo
restando il vincolo finanziario di cui al comma 1.
10.Il ministro della Salute può autorizzare le regioni a compiere gli atti istruttori di veter rifica per il rilascio del decreto ministeriale di riconoscimento dei titoli abilitanti per
l'esercizio in Italia della specifica professione.
11. In ogni caso restano fermi i vincoli finanziari previsti dall'Accordo tra Governo, Regioni e province autonome dell'8 agosto 2001.
Articolo 1-bis
Modifica al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
1. All’articolo 2, comma 1, lettera d), numero 1), del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, dopo le parole: “o in clinica del lavoro”, sono inserite le seguenti: “o in
igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni”.
Articolo 1-ter
Disposizioni particolari per le province autonome di Trento e di Bolzano
1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili alle Province Autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Articolo 2
Entrata in vigore (omissis).
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I QUADERNI
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Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
Educazione Continua
in Medicina
I
l programma di Educazione Continua in
Medicina (Ecm), istituzionalizzato in Italia dal Dlgs 502/92 ma entrato a regime
nel 2002, comprende l’insieme organizzato e controllato di tutte le attività formative finalizzate a mantenere aggiornata la
professionalità degli operatori in sanità.
Destinato in prima battuta solo ai medici,
il sistema oggi è stato esteso a tutte le professioni sanitarie, dagli infermieri ai tecnici sanitari, fisioterapisti etc.
Questo coinvolgimento costituisce il riconoscimento dell’importanza del ruolo delle professioni sanitarie nell’ambito del processo di assistenza e delle conseguenti responsabilità che ne derivano anche in termini di aggiornamento professionale.
Un ruolo importante nel nuovo sistema è
stato attribuito agli organismi di rappresentanza professionale e, quindi, anche ai
Collegi Ipasvi, chiamati in particolare dal
ministero della Salute a gestire la sperimentazione del nuovo sistema di certificazione dei crediti acquisiti dai singoli professionisti con l’Ecm.
Si tratta di un progresso importante per
l’autonomia della professione, di una nuova vittoria per gli infermieri, ma anche di
un importante impegno da assolvere per
sciogliere alcuni nodi di un sistema in fase di avvio e che, proprio per questo, presenta ancora delle difficoltà operative.
A differenza di altre professioni che hanno accolto l’Ecm tra mille polemiche, ancora non del tutto sedate, gli infermieri
hanno percepito questa novità in modo abbastanza positivo in ogni parte del Paese,
come emerge da un’indagine promossa dal-
la Federazione nel 2003 (cfr. L’Infermiere n.
8-9/2003).
Gli infermieri considerano infatti l’Ecm
un’opportunità di crescita professionale e
una risposta all’esigenza di garantire un alto livello delle prestazioni, pur mettendone in evidenza alcuni aspetti critici: l’incongruità di un sistema “obbligatorio” i cui
costi ricadono spesso sugli operatori, la
disomogeneità territoriale dell’offerta formativa, la difficoltà di coniugare la frequenza ai corsi con l’attività lavorativa nei
casi in cui le strutture datoriali non prevedano congedi e permessi finalizzati alla formazione continua.
Dalle risposte dei circa 15mila intervistati
emergono così la richiesta di destinare risorse specifiche al programma Ecm e di attivare i Piani formativi aziendali in tutte le
strutture di cura, secondo il principio per
cui le stesse Aziende sanitarie e ospedaliere dovrebbero farsi carico dell’aggiornamento obbligatorio dei propri dipendenti.
Questa ipotesi, promossa e sostenuta dall’Ipasvi, ha già preso piede in alcune realtà con notevoli vantaggi. A cominciare dalla congruità dei corsi con le specifiche esigenze di ogni Azienda, con il profilo delle
professionalità coinvolte e con la capacità
di cogliere adeguatamente la domanda formativa che queste esprimono. Ma i Piani
formativi aziendali costituiscono anche una
razionalizzazione sul piano organizzativo
perché consentono di valorizzare strutture e risorse umane già presenti in Azienda,
di evitare trasferimenti del personale e di
gestire il problema “tempo”, con corsi svolti “a turno” in orario di lavoro.
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA
Le norme per la formazione continua nel 2004
Il documento del ministro della Salute, le
Regioni e le Province Autonome di Trento
e di Bolzano, redatto nella seduta del 20
maggio 2004 della Conferenza Stato-Regioni, si riferisce al programma di formazione continua, prolungando al 2004 i termini di scadenza della raccolta dei crediti
formativi 2003-2004 a causa della carenza di eventi Ecm a cui poter accedere.
Si tratta di una sorta di verifica del sistema di aggiornamento che, se da una parte
conferma quanto dettato dalle norme precedenti, dall’altra si fa carico di adeguare
alcune condizioni dell’Ecm alle reali condizioni del sistema formativo. Viene confermato dunque, che per l’anno 2004 le attività formative residenziali, comprese quelle aziendali, “continueranno ad essere accreditate e valutate con le modalità e le procedure attualmente in vigore” ma, “in considerazione della carente offerta formativa
registratasi per alcune categorie professionali”, si stabilisce che sia “consentito di
soddisfare il debito formativo previsto per
gli anni 2002-2003, ove possibile, anche
nel corrente anno 2004”.
Ricordando che i crediti maturati dai singoli professionisti nell’ambito delle iniziative di formazione continua accreditate dalle Regioni sono riconosciuti su tutto il territorio nazionale, il documento sancisce
che, le Regioni che abbiano deciso di procedere ad una propria attività di accreditamento, “comunicheranno alla Commissione nazionale l’avvio dell’attività secondo i criteri individuati dalla stessa e definiti dalla Conferenza Stato-Regioni e garantendo la pubblicizzazione anche a li-
vello nazionale degli eventi formativi accreditati regionalmente”.
Si sottolinea, tra l’altro, che gli obiettivi formativi di interesse nazionale “dovranno tenere conto della necessità dello sviluppo delle competenze professionali, ma anche della necessità di sviluppare una serie di capacità quali quella di collaborazione e integrazione, di trasferimento delle proprie conoscenze, di comunicazione al fine del miglioramento del Servizio”. Le tematiche dovranno, quindi, essere riconducibili alle attività
collegate ai Livelli essenziali di assistenza, agli
obiettivi del Piano sanitario nazionale 20032005 e ai piani sanitari regionali.
Per garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza alla assistenza prestata, il documento prevede che gli operatori
sanitari dipendenti o convenzionati direttamente o indirettamente con il Servizio sanitario nazionale siano tenuti a “soddisfare il proprio debito annuale attraverso attività che abbiano come obiettivi formativi
quelli di specifico interesse per la Regione
nella quale operano, in misura determinata dalla stessa Regione non superiore al
50%”. Sulla base di criteri stabiliti dalla stessa Conferenza, “alcune delle attività, ad
esempio formazione autogestita, pubblicazioni scientifiche etc, possono essere prese in considerazione per soddisfare il debito formativo, nel limite massimo del 10%
dei crediti annualmente prescritti”.
Un richiamo, infine, alla sperimentazione
di modalità efficaci di formazione che includano la formazione a distanza, la formazione sul campo e le diverse possibilità
di formazione mista.
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
La definizione dei requisiti per le Società scientifiche
e le Associazioni impegnate nell’Ecm
Con questo decreto, il ministro della Salute Girolamo Sirchia ha definito i requisiti
per l’accreditamento delle Società scientifiche. Grazie all’intervento della Federazione Ipasvi il decreto è stato esteso anche
alle Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, nella prospettiva
che esse attivino i percorsi necessari per
la loro trasformazione in Società scientifiche. Le Associazioni infermieristiche, dunque, sono chiamate a misurarsi con questo
impegnativo obiettivo.
Tra i requisiti per l’accreditamento figurano
la rilevanza nazionale (presenza in almeno
12 Regioni anche in associazione con società
della stessa area, professione, specialità o disciplina) e la rappresentatività di almeno il
30% dei professionisti attivi nella disciplina,
area, settore di esercizio professionale.
Secondo il responsabile del dipartimento
Qualità nella Direzione generale delle risorse umane della salute e vicepresidente
della Commissione nazionale Ecm, Raffaele D’Ari, a queste condizioni le Società
scientifiche in regola dovrebbero essere
solo una sessantina: “Una per specialità. Le
sub-specialità saranno costrette ad associarsi alla disciplina madre”.
Il decreto in questione, inoltre, ha suscitato alcune critiche per la funzione affidata
alla Fism (Federazione Italiana delle Società Mediche) di vigilare sulle Società che
operano nel campo della formazione del
personale sanitario. Compito per il quale lo
Stato versa alla Federazione 1,5 milioni di
euro l’anno. Si tratta, per molti, di un conflitto di interesse, dal momento che la Fism
è un’istituzione privata nata vent’anni fa per
iniziativa dello stesso ministro, che per lungo tempo ne è stato presidente.
Secondo gli oppositori, il provvedimento
opera un’ingiusta equiparazione tra un organo ausiliario della Pubblica Amministrazione, quale la Federazione degli Ordini medici chirurghi e odontoiatri, e la Fism
e impone alle Società che aspirino al riconoscimento di prevedere nel proprio Statuto la collaborazione con Fism nell’elaborazione di linee guida.
Secondo Sirchia, tuttavia, il problema della verifica della rispondenza ai requisiti richiesti si pone nel momento stesso in cui
questi vengono definiti per consentire alle Società e alle Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di “poter
svolgere le attività di collaborazione con le
Istituzioni sanitarie e le attività di aggiornamento professionale dei propri associati, con l’obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza alle
prestazioni sanitarie erogate”.
In definitiva, per assolvere alle necessarie
verifiche il ministero, nell’impossibilità di
attivare in tempi rapidi un apposito e corposo Ufficio, ha deciso di delegare a “un
‘service’ esterno l’istruttoria delle domande di riconoscimento delle varie Società
prima di procedere al riconoscimento stesso, che resta prerogativa esclusiva del Ministero della Salute”. E la Fism, ha concluso il ministro, è stata ritenuta “la più qualificata entità non profit in grado di valutare l’esistenza o meno dei requisiti richiesti”.
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA
Repertorio
Decreto ministeriale del 31 maggio 2004
Requisiti che devono possedere le Società scientifiche
e le Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie
Il ministro della Salute, Girolamo Sirchia (omissis) decreta:
Articolo 1
1. Per poter svolgere le attività di collaborazione con le istituzioni sanitarie e le attività di aggiornamento professionale di cui in premessa, le Società scientifiche dei medici chirurghi, dei veterinari, degli odontoiatri, dei farmacisti e le Associazioni tecnico-scientifiche dei professionisti sanitari delle professioni infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione devono essere riconosciute con decreto
del ministero della Salute.
(omissis)
3. Per il riconoscimento ai sensi del presente decreto, le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche dei professionisti sanitari di cui ai comma 1 e 2 devono possedere i seguenti requisiti: a. rilevanza di carattere nazionale, con organizzazione presente
in almeno 12 Regioni, anche mediante associazione con altra Società o associazione della stessa professione, specialità o disciplina; b. rappresentatività di almeno il 30% dei professionisti attivi nella specializzazione o disciplina o specifica area o settore di esercizio
professionale; c. atto costitutivo e statuto redatti per atto pubblico contenenti:
• denominazione dell’ente, indicazioni del patrimonio e della sede;
• previsione dell’ammissione, senza limitazioni, di tutti i soggetti che operano nelle
varie strutture e settori di attività del Servizio sanitario nazionale (aziende ospedaliere, aziende Usl, aziende universitarie, Irccs, ospedali classificati, case di cura
private accreditate, etc.) o in regime libero professionale (non discriminazione in
relazione al luogo di lavoro);
• previsione dell’ammissione, senza limitazioni, di tutti i soggetti, in possesso dei requisiti previsti dallo statuto, appartenenti alla categoria professionale o al settore
specialistico o disciplina dei servizi del Ssn, che la Società o l’associazione rappresenta, ovvero con attività lavorativa nel settore o nell’area interprofessionale che
la Società o l’associazione rappresenta (non discriminazione personale);
• previsione, tra le finalità istituzionali, anche di attività di aggiornamento professionale e di formazione permanente nei confronti degli associati con programmi
annuali di attività formativa Ecm o previsione, tra le finalità istituzionali, anche
della collaborazione con il ministero della Salute, le Regioni, le aziende sanitarie e
gli altri organismi e istituzioni sanitarie pubbliche;
• previsione, tra le finalità istituzionali, anche dell’elaborazione di linee guida in collaborazione con l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr) e la Fism; promozione di trials di studio e di ricerche scientifiche finalizzate e rapporti di collaborazione con altre società e organismi scientifici;
• previsione di assenza di finalità di lucro;
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
• previsione di non esercizio di attività imprenditoriali o partecipazione ad esse, salvo quelle necessarie per le attività di formazione continua;
• previsione dell’espressa esclusione di finalità sindacali;
• previsione di finanziare le attività sociali solo attraverso i contributi degli associati e/o di enti pubblici nonché di soggetti privati, con esclusione di finanziamenti
che configurino conflitto di interesse con il Ssn, anche se forniti attraverso soggetti collegati;
• previsione di finanziare le attività Ecm attraverso l’autofinanziamento e i contributi degli associati e/o enti pubblici e privati, ivi compresi contributi delle industrie farmaceutiche e di dispositivi medici, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti dalla Commissione nazionale per la formazione continua; o previsione di sistemi di verifica del tipo e della qualità delle attività svolte;
• indicazione del procedimento per la elezione democratica degli organi con votazione a scrutinio segreto e con durata limitata nel tempo;
• espressa esclusione di retribuzione delle cariche sociali;
• approvazione da parte dell’assemblea degli iscritti o degli organismi statutari democraticamente eletti dei bilanci preventivi e dei consuntivi;
• regolamentazione delle convocazioni dell’assemblea e degli altri organismi associativi nonché delle modalità con cui l’assemblea stessa e gli altro organismi deliberano;
• norme relative all’estinzione della Società ed alla eventuale devoluzione del patrimonio.
Articolo 2
(omissis)
3. Le Associazioni tecnico-scientifiche dei professionisti sanitari delle professioni infermieristiche, tecniche della riabilitazione e della prevenzione debbono, di norma,
fare riferimento, a specifiche aree di esercizio professionale rilevanti per numero di
addetti o per l’attività svolta.
4. Salvo che per le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche intercategoriali e/o interdisciplinari, a ciascuna Società o Associazione possono essere ammessi esclusivamente gli appartenenti alla specifica categoria professionale ovvero i
professionisti che esercitano, anche se non in via esclusiva, la specifica attività che
la Società o l’associazione rappresenta.
5. La denominazione della Società scientifica e dell’Associazione tecnico-scientifica deve riportare la specializzazione o la disciplina o il settore di attività specifico. In caso di associazione con altra Società scientifica o associazione tecnico-scientifica la
denominazione deve riportare anche la Società o l’associazione associata.
Articolo 3
1. Le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche non possono avere come fine istituzionale la tutela sindacale degli associati o, comunque, svolgere, né direttamente né indirettamente, attività sindacale.
Articolo 4
(omissis)
Articolo 5
1. Le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche per poter essere accre-
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA
ditate come provider ai fini del programma Ecm devono essere preventivamente riconosciute ai sensi del presente decreto e devono essere in possesso dei requisiti per
l’accreditamento che saranno stabiliti dall’intesa fra il ministero della Salute e le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’art. 8, comma 6 della
legge 5 giugno 2003, n. 131.
2. Le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche per poter svolgere attività di collaborazione con il ministero della Salute e gli organismi e istituzioni sanitarie devono essere preventivamente riconosciute ai sensi del presente decreto.
Articolo 6
1. Per essere riconosciute ai sensi del presente decreto, le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche devono produrre istanza al ministero della Salute Dipartimento della qualità - Direzione generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie, con allegata idonea documentazione sul possesso dei requisiti di cui
all’art. 1. Le domande delle Società medico-scientifiche sono trasmesse tramite la
Fism, che provvede all’istruttoria preventiva.
2. All’accertamento della rappresentatività dei professionisti attivi nella specializzazione o disciplina o specifica area di esercizio professionale provvede l’ordine o collegio professionale, d’intesa con il ministero della Salute, e, per le categorie prive di
ordine o collegio, il ministero della Salute.
3. Il ministero provvede sulla domanda, previa acquisizione del parere di una commissione costituita con decreto del ministro della Salute con la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, degli ordini e collegi professionali e delle Associazioni professionali delle professioni tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché
della Fism.
4. Il riconoscimento viene annotato in un apposito registro tenuto presso la Direzione
generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie, che esercita la vigilanza e
la periodica verifica dei requisiti.
(omissis)
La formazione on-line
Le potenzialità della Formazione a distanza (Fad) sono, in Italia, ancora da scoprire
ma ribadite anche nel corso del Forum Sanità Futura a Cernobbio, nell’aprile 2004,
dal ministro della Salute Girolamo Sirchia
e dal ministro dell’Innovazione e delle Tecnologie Lucio Stanca. Si tratta della possibilità di allestire un programma di largo accesso attraverso videoconferenze e supporti
informatici, per l’ampliamento dell’offerta
formativa a un numero più elevato di pro-
fessionisti e con un risparmio economico
considerevole rispetto agli eventi Ecm residenziali. La seguente Direttiva specifica
obiettivi, ruoli, gestione, coordinamento e
principi guida per lo sviluppo e la qualità
dei progetti e-learning.
L’autorealizzazione di corsi Fad consente, inoltre, che siano vicini alle esigenze
formative locali e siano sensibili agli
obiettivi dei Piani sanitari (locali e regionali) individuati in base a studi spe-
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
cifici per questo settore. Ogni evento formativo, infatti, deve avere origine da un’attenta analisi dei bisogni del territorio di
riferimento e, affinché possa ritenersi davvero utile, sarà necessario garantire la
continuità dell’evento e la verifica dei risultati ottenuti. All’interno dell’organizzazione, dunque, si dovrà strutturale un
sistema di monitoraggio e follow up di
quanto appreso che permetta lo sviluppo nel tempo di una comunità virtuale di
apprendimento (learning group) con reale
attuazione sul campo delle competenze
acquisite e un dialogo continuato tra docenti ed allievi.
Un prodotto Fad, inoltre, consente una
formazione asincrona, in grado, dunque,
di essere raggiungibile in ogni momento
in cui si presenti l’esigenza relativa a quell’argomento di formazione. L’implemento
di eventi Fad, d’altra parte, concorre al
raggiungimento di standard di prodotti/servizi condiviso e distribuito a lungo
raggio.
Repertorio
Direttiva del 6 agosto 2004 del ministro per l’Innovazione
e le Tecnologie e del ministro della Funzione Pubblica
Progetti formativi in modalità e-learning nelle Pubbliche Amministrazioni
(omissis)
(...) la presente direttiva intende promuovere una corretta utilizzazione delle nuove metodologie e tecnologie nel campo della formazione a distanza, fornendo indicazioni metodologiche di carattere generale e rinviando, per il resto, alle allegate Linee guida per i
progetti formativi in modalità e-learning nelle pubbliche amministrazioni, elaborate dal Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, che formano parte integrante della presente direttiva.
Il sopra richiamato ripensamento delle procedure tecniche attinenti alla formazione,
conseguente alle nuove tecnologie comporta, in primo luogo, la necessità di tener presente che il processo di e-learning non consiste nella sola distribuzione e diffusione in
rete di materiale: esso, per contro, esige che vengano messi a disposizione e forniti servizi didattici on-line. La progettazione delle attività formative deve quindi prestare attenzione anche agli aspetti relativi alla gestione ed al coordinamento del programma di
formazione nel suo complesso, oltre che alle metodologie proprie della formazione a distanza, in modo che l’iniziativa venga realizzata nella maniera più soddisfacente in termini di efficienza e di efficacia.
Il programma di formazione nel suo complesso deve infatti essere esplicitato, come indicato dalla legge n. 3 del 2003, in un piano annuale di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle a tale scopo disponibili, prevedendo l’impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunita-
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA
rie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari.
I progetti formativi in modalità e-learning pongono, di fatto, una serie di problematiche, alcune delle quali sono strettamente legate alla vera e propria formazione, mentre
altre riguardano i profili organizzativi e tecnici connessi alla realizzazione di un progetto di automazione, che non può essere affidato alla sola competenza dell’ufficio preposto alla formazione, ma deve prevedere il coinvolgimento della dirigenza ai più alti livelli,
dei responsabili delle risorse umane e dei sistemi informativi, nonché degli uffici comunque e a vario titolo interessati.
3. La gestione ed il coordinamento
Il processo di e-learning si inserisce nel più ampio quadro del complesso degli interventi formativi e, pertanto si avvale di quelle “strutture [...] che assicurino la pianificazione e la programmazione delle attività formative” richiamate dal punto 3 della direttiva del 2001, anche al fine di curare le varie fasi del processo formativo descritte al punto 5 della medesima direttiva.
Pertanto, anche con specifico riferimento al processo formativo in modalità e-learning
ed alle sue fasi, l’amministrazione si avvale di dette strutture o, comunque, di una figura di riferimento dotata della necessaria capacità professionale - presente nella propria
organizzazione interna e non necessariamente coincidente con il responsabile della progettazione - che coordini le attività didattiche, garantisca adeguati livelli di Servizio, dialoghi con le parti: “la domanda”, rappresentata dai discenti, “l’offerta”, costituita, ad esempio, dal tutor e dal team tecnico.
In caso di affidamento all’esterno, la ditta appaltatrice dovrà fornire un proprio responsabile di progetto che sarà l’interlocutore del coordinatore interno. Quest’ultimo, poi,
tenuto conto del compito che è chiamato a svolgere, deve necessariamente essere munito di competenza e autorevolezza tali da poter coinvolgere la dirigenza e i discenti in
un progetto innovativo che presenti importanti implicazioni organizzative e, nel contempo, controllare l’operato e l’apporto del personale messo a disposizione dalla ditta o
dalle ditte esterne all’organizzazione dell’amministrazione committente.
4. L’impatto organizzativo
I progetti formativi in modalità e-learning hanno - come accennato - un impatto rilevante sull’organizzazione del lavoro. Sin dalla fase della progettazione è pertanto auspicabile il coinvolgimento attivo degli uffici interessati, con particolare riguardo a quelli
preposti alla formazione, e agli uffici dei responsabili dei sistemi informativi. L’aggiornamento del personale degli uffici addetti alla formazione e la collaborazione con l’ufficio preposto alla gestione dei sistemi informativi sono, inoltre, presupposti indispensabili per il successo del progetto formativo.
Tenuto conto, poi, della circostanza che la modalità di formazione e-learning permette
di erogare la prestazione senza che il dipendente debba allontanarsi dal proprio luogo
di lavoro e senza che vengano posti vincoli temporali, per tutta la durata della formazione si rende necessaria anche una ridistribuzione dei carichi di lavoro e la predisposizione di apposite postazioni di lavoro o di piccoli laboratori locali destinati all’utilizzo del materiale didattico ed allo svolgimento di eventuali attività di supporto; dovrà,
inoltre, essere previsto un congruo numero di ore settimanali da dedicare alle attività
didattiche programmate.
Va altresì considerato che, in molti casi, il dipendente avrà anche bisogno di acquisire
la necessaria familiarità con uno strumento nuovo, o che comunque non usa abitual-
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
mente, quindi il percorso formativo dovrà iniziare con l’alfabetizzazione informatica: per
tutta la sua durata dovranno essere assicurati un adeguato supporto tecnico ed una sistemazione logistica che consentano di utilizzare a pieno le potenzialità della modalità
e-learning, oltre che un congruo numero di ore settimanali da dedicare alle anzidette
attività didattiche.
5. I ruoli
Le amministrazioni devono porre particolare attenzione nella scelta delle figure che intervengono in un processo di e-learning, sia che esse vengano individuate nell’ambito
della singola amministrazione, sia che le stesse vengano reperite presso i possibili fornitori del percorso formativo, che rappresentano l’offerta.
Sul versante della domanda, è importante la creazione di una figura interna a una o più
amministrazioni (oppure la riqualificazione di una figura già presente nell’area delle risorse umane), che abbia specifica esperienza in materia e adeguata conoscenza delle
persone e delle problematiche inerenti il contesto e sia in grado di coordinare gli interventi da effettuare, di dialogare con le parti (che rappresentano, rispettivamente, la
domanda e l’offerta), nonché di promuovere un’effettiva innovazione nei processi formativi.
Il versante dell’offerta presenta, nell’ambito delle funzioni fondamentali del processo di
e-learning (progettazione, realizzazione, erogazione) una serie di fasi complesse, e conseguenti relativi ruoli eventualmente anche sovrapposti, quali: il coordinatore del progetto complessivo (project manager), il progettista didattico (instructional designer),
l’esperto dei contenuti, il gruppo (team) di sviluppo, il docente (mentor), il tutor di processo/animatore ed il gruppo (team) tecnico.
(omissis)
6. Principi guida per la qualità dei progetti di e-learning
La formazione, in tutte le sue modalità, costituisce un processo articolato in più fasi che
richiede il supporto ed il monitoraggio delle amministrazioni committenti per tutta la
sua durata.
(omissis)
In particolare, l’amministrazione deve:
a) effettuare una preliminare ricognizione dei profili dei destinatari, delle loro esigenze, del loro fabbisogno formativo;
b) valutare il relativo impatto organizzativo nel proprio ambito;
c) individuare, sempre nel proprio ambito, il soggetto che deve promuovere il progetto
e successivamente coordinarlo e gestirlo;
d) effettuare una ricognizione del livello di alfabetizzazione informatica dei destinatari della formazione;
e) procedere ad una preliminare ricognizione delle strutture/infrastrutture tecnologiche (server, rete, postazione individuale) disponibili in funzione degli interventi di
formazione auspicati e una pianificazione delle spese necessarie per la dotazione;
f) individuare i profili delle figure professionali via via coinvolte nei vari stadi del progetto;
g) adottare la metodologia didattica del processo di e-learning il più possibile idonea a realizzare l’interattività, la multimedialità e la collaborazione tra i diversi soggetti interessati, tenendo conto del ruolo attivo dell’utente e dell’importanza della classe virtuale;
h) potenziare le strutture tecnologiche (server, rete e postazioni di lavoro), in modo da
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA
garantire un’adeguata erogazione e fruizione dei contenuti multimediali;
i) creare e gestire il materiale che viene prodotto, strutturandolo in «unità autoconsistenti», eventualmente anche riutilizzabili in varie combinazioni da inserire nella piattaforma (learning object);
j) assicurare la piattaforma tecnologica costituita da componenti software interoperabili, in grado di registrare il percorso delle attività del discente e di permettere anche l’interazione tra discenti (comunità virtuale);
k) provvedere al continuo monitoraggio del progetto e del processo di e-learning, nonché alla valutazione del livello professionale dei partecipanti.
Nell’insieme delle attività che caratterizzano questo tipo di formazione, l’interoperabilità delle singole componenti e la “portabilità” dei materiali didattici sono requisiti essenziali a tutela e garanzia degli investimenti a tal fine effettuati, dal momento che rendono possibile la cooperazione tra amministrazioni ed assicurano l’indipendenza dal fornitore. Proprio in previsione di ciò sono stati costituiti gli enti di standardizzazione, con
il compito di fornire indicazioni di dettaglio sugli standard che i fornitori di soluzioni
tecnologiche, servizi e contenuti dovrebbero adottare per la propria offerta.
A questo proposito non bisogna dimenticare che le attività di e-learning sono rivolte a
destinatari eterogenei per quanto concerne il ruolo rivestito, le specifiche competenze
possedute e il grado di familiarità acquisito con l’impiego degli strumenti disponibili in
rete. Pertanto può rendersi necessaria una corretta integrazione tra formazione a distanza e formazione in aula, ovvero anche la realizzazione di un progetto di formazione
misto, per il quale è comunque essenziale la presenza effettiva (in aula), soprattutto quando il percorso formativo è rivolto ad un’utenza che ha scarsa dimestichezza con le pratiche della formazione on-line.
Si sottolinea, infine, che il monitoraggio e la valutazione costituiscono le leve per assicurare il livello della formazione e il raggiungimento dei risultati attesi, relativamente ai
contenuti, al grado di corrispondenza del progetto e delle azioni intraprese alle concrete
esigenze di formazione del personale, nonché agli aspetti qualitativi sotto i profili operativo e gestionale.
(omissis)
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
La Laurea specialistica
in Scienze infermieristiche
C
on l’Anno Accademico 2004-2005 in
molte Università partono i corsi di Laurea specialistica in Scienze infermieristiche. Un obiettivo che la professione perseguiva da anni e per il quale la Federazione e i Collegi Ipasvi hanno speso molte
energie, così da offrire a tutti gli infermieri l’opportunità di sviluppare percorsi informativi articolati, diversificati e riconosciuti, in relazione alle funzioni esercitate.
In un sistema sanitario moderno, che sia
in grado di soddisfare i bisogni della popolazione con prestazioni di qualità, sono
infatti necessarie competenze che solo un
alto livello di formazione culturale e professionale può assicurare.
In Italia, la riforma degli ordinamenti didattici universitari parte nel 1990 con la
legge 341. Il Dlgs 502/92, poi 517/93, aggiornato con il Dlgs 229/99, sancisce l’ingresso della formazione infermieristica nell’università. È da qui che inizia il percorso
che ha raggiunto la meta della Laurea specialistica. Giusto ricordare, comunque, che
tale laurea non è un obbligo, ma un’opportunità offerta a coloro che sono interessati ad acquisire un alto livello culturale e professionale, necessario per esercitare funzioni di orientamento e di governo
delle attività clinico-assistenziali, formative e di ricerca.
Gli ambiti operativi che rientrano nelle fun-
zioni dell’infermiere specialista vengono definite nel decreto del Murst del 2 aprile 2001,
nel quale si elencano le seguenti competenze:
• rilevare e valutare criticamente l’evoluzione dei bisogni dell’assistenza infermieristica;
• progettare e intervenire operativamente
n ordine a problemi assistenziali e organizzativi complessi;
• programmare, gestire e valutare i servizi
assistenziali nell’ottica del miglioramento della qualità (pianificazione, organizzazione, direzione e controllo);
• supervisionare l’assistenza pertinente alla specifica figura professionale e svolgere azioni di consulenza professionale;
• applicare e valutare l’impatto di differenti modelli teorici nell’operatività dell’assistenza;
• progettare, realizzare e valutare interventi formativi;
• sviluppare la capacità di insegnamento
nell’ambito delle attività tutoriali e di coordinamento del tirocinio nella formazione di base, complementare e permanente;
• utilizzare i metodi e gli strumenti della ricerca nelle aree clinico-assistenziali, nell’organizzazione e nella formazione;
• analizzare criticamente gli aspetti etici
correlati all’assistenza e a problemi multiprofessionali e multiculturali.
LAUREA SPECIALISTICA
Repertorio
Decreto ministeriale del 9 luglio 2004
Modalità e contenuti prova di ammissione ai corsi di laurea specialistica
delle professioni sanitarie per l’Anno Accademico 2004/05
Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca decreta:
Articolo 1
1. Per l’anno accademico 2004/2005 l’ammissione ai corsi di laurea specialistica delle
professioni sanitarie di cui al Dm 2 aprile 2001, per i quali si dispone che non sia consentita una abbreviazione di corso, avviene previo superamento di apposita prova predisposta da ciascuna università sulla base delle disposizioni di cui al presente decreto.
2. L’ammissione ai corsi di laurea specialistica delle professioni sanitarie di cui al presente
decreto, è consentita direttamente, in deroga al superamento della apposita prova, a
coloro i quali è stato conferito l’incarico ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7 della
legge 10 agosto 2000, n. 251, da almeno due anni alla data del presente decreto.
3. La prova di ammissione per l’accesso ai corsi di laurea di cui al comma 1 articolati
in uno per ogni classe di laurea specialistica, consiste nella soluzione di ottanta quesiti a risposta multipla, di cui una sola risposta esatta tra le cinque indicate su argomenti di:
• teoria/pratica pertinente alle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse;
• logica e cultura generale;
• regolamentazione dell'esercizio delle professioni sanitarie ricomprese nella classe
di laurea specialistica di interesse e legislazione sanitaria;
• cultura scientifico-matematica, statistica e informatica;
• scienze umane e sociali.
4. La prova si svolge presso le sedi universitarie il giorno 6 ottobre 2004. Per lo svolgimento della prova è assegnato un tempo di due ore.
5. Sulla base dei programmi di cui all’allegato, che costituisce parte integrante del presente decreto, vengono predisposti trentadue quesiti per l’argomento di teoria/pratica pertinente all’esercizio delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse; diciotto quesiti per l’argomento di logica e cultura generale e dieci quesiti per ciascuno dei restanti argomenti.
Articolo 2
1. Per la valutazione del candidato ciascuna commissione giudicatrice, nominata dai
competenti organi accademici, ha a disposizione cento punti dei quali ottanta riservati alla prova scritta e venti ai titoli.
2. Per la valutazione della prova si tiene conto dei seguenti criteri:
a)1 punto per ogni risposta esatta;
- 0,2 punti per ogni risposta sbagliata;
0 punti per ogni risposta non data.
3. In caso di parità di voti prevale, in ordine decrescente, il punteggio ottenuto dal candidato nella soluzione rispettivamente dei quesiti relativi ai seguenti argomenti:
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
teoria/pratica pertinente all’esercizio delle professioni sanitarie ricomprese nella
classe di laurea specialistica di interesse; logica e cultura generale; regolamentazione dell'esercizio professionale specifico e legislazione sanitaria; cultura scientificomatematica, statistica e informatica; scienze umane e sociali.
4. La valutazione dei titoli accademici e professionali, per la classe di laurea specialistica delle scienze infermieristiche e ostetriche avverrà sommando il punteggio di:
I.
uno dei sotto elencati titoli, a scelta del candidato, presentato per l’accesso al corso:
• diploma di laurea triennale abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse: punti 7
• diploma universitario, abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse: punti 6
• titoli abilitanti all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse, di cui alla legge 42/1999: punti 5
II.
• diploma di Scuola diretta a fini speciali in assistenza infermieristica (Dai) di cui al
Dpr 162/82: punti 3
• altri titoli accademici, professionali o formativi: punti 0,50 per ciascun titolo fino
ad un massimo di punti 2
III.
• attività professionali nella funzione apicale di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse, idoneamente documentate e certificate: punti 1 per ciascun anno o frazione superiore a sei mesi fino ad
un massimo di punti 4
IV.
• attività professionali nell’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese
nella classe di laurea specialistica di interesse, idoneamente documentate e certificate: punti 0,50 per ciascun anno o frazione superiore a sei mesi fino ad un massimo di punti 4
5. La valutazione dei titoli accademici e professionali per le classi di laurea specialistica delle scienze delle professioni sanitarie della riabilitazione, per le classi di laurea
specialistica delle scienze delle professioni sanitarie tecniche e per le classi di laurea specialistica delle scienze delle professioni sanitarie della prevenzione, avverrà
sommando il punteggio di:
I.
• uno dei sotto elencati titoli, a scelta del candidato, presentato per l’accesso al corso:
• diploma di laurea triennale abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse: punti 7
• diploma universitario, abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse: punti 6
• titoli abilitanti all’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse di cui alla legge 42/99: punti 5
II.
• altri titoli accademici, professionali o formativi: punti 0,50 per ciascun titolo fino
ad un massimo di punti 5
III.
• attività professionali nella funzione apicale di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica di interesse idoneamente documen-
LAUREA SPECIALISTICA
tate e certificate: punti 1 per ciascun anno o frazione superiore a sei mesi fino ad
un massimo di punti 4
IV.
• attività professionali nell’esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese
nella classe di laurea specialistica di interesse, idoneamente documentate e certificate: punti 0,50 per ciascun anno o frazione superiore a sei mesi fino ad un massimo di punti 4
Articolo 3
1. I bandi di concorso prevedono disposizioni atte a garantire la trasparenza di tutte le
fasi del procedimento e indicano i criteri e le procedure per la nomina delle commissioni preposte agli esami di ammissione e dei responsabili del procedimento ai
sensi della legge 241/90.
2. I bandi di concorso definiscono inoltre le modalità relative agli adempimenti per il riconoscimento dell’identità dei partecipanti, gli obblighi degli stessi nel corso dello svolgimento della prova, nonché le modalità in ordine all’esercizio della vigilanza sui candidati, tenuto conto di quanto previsto dagli articoli 5, 6 e 8 del Dpr 3 maggio 1957, n.
686, ove non diversamente disposto dagli atenei.
Repertorio
Decreto ministeriale del 1° ottobre 2004
Modifica delle modalità di ammissione ai corsi di laurea specialistica
delle professioni sanitarie per l’Anno Accademico 2004/05
Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca decreta:
Articolo1
Al comma 2 dell’articolo 1 del Dm 9 luglio 2004 è aggiunto il seguente periodo:
L’ammissione è consentita direttamente, in deroga al superamento della apposita prova,
anche a coloro che risultano in possesso del titolo rilasciato dalle Scuole Dirette a Fini
Speciali per Dirigenti dell’Assistenza Infermieristica ai sensi del Dpr 162/1982 i quali
siano titolari, con atto formale e datato da almeno due anni alla data del presente decreto, dell’incarico di direttore o di coordinatore dei corsi di laurea in Infermieristica o
di direttore dei servizi infermieristici, e a coloro che siano titolari, con atto formale e
datato, da almeno due anni alla data del presente decreto, dell’incarico di direttore o di
coordinatore di uno dei corsi di laurea ricompresi nella laurea specialistica di interesse o di direttore dei servizi di riabilitazione, dell'area tecnica e della prevenzione.
Articolo 2
Le Università integreranno i bandi già emanati con le opportune disposizioni per l’ammissione degli eventuali interessati previsti dal presente decreto.
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
Politica e salute
L
a prevenzione e la sviluppo di stili di vita salutari sono stati al primo posto nell’agenda di Sirchia fin dai primi giorni del
suo insediamento al ministero della Salute:
dalle mini-porzioni ai ristoranti, ai consigli
contro il caldo estivo; dall’invito a praticare attività fisica alla legge anti-fumo. Oltre,
ovviamente, alle numerose campagne per
la prevenzione e la diagnosi precoce.
La promozione della cultura della prevenzione e i controlli periodici per formulare
diagnosi precoci sono, secondo il ministro,
“un impegno di civiltà”, e “gli strumenti migliori a nostra disposizione”, perché offrono “la possibilità di ricorso a cure tempestive ed appropriate”.
Secondo Sirchia, in Italia si registrano buoni i risultati per la diagnosi e la cura ad
esempio dei tumori, ma un’ulteriore, importante carta va giocata sul campo della
prevenzione. I tumori al seno, ad esempio,
colpiscono ogni anno in Italia oltre trentamila donne e “almeno l’80% di queste –
ha affermato il ministro – potrebbe guarire se la malattia fosse diagnosticata precocemente, quando la neoplasia è ancora
in fase iniziale. Ma il ricorso agli screening
diagnostici è ancora carente in molte zone del Paese”.
L’impegno, ha aggiunto Sirchia, deve riguardare, oltre ai tumori, le malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Ita-
lia, ma anche le patologie psichiatriche,
disturbi alimentari e tutti gli altri comportamenti a rischio che ogni giorno minano la salute degli italiani, soprattutto i
giovani.
In generale, secondo i dati del ministero
della Salute solo il 50% di quanti dovrebbero sottoporsi a screening arriva alle strutture. Per questo il ministro ha annunciato, entro tre anni, la creazione, insieme alle Regioni, di un sistema che prevede che siano le strutture stesse a chiamare i pazienti per i controlli. “Accelerare sulla prevenzione è una delle priorità
dell’accordo siglato con gli assessori regionali alla Sanità”.
Per Sirchia c’è un ulteriore allarme: se non
si attiveranno programmi di prevenzione
per le tipologie croniche, “i servizi sanitari nazionali salteranno tutti inesorabilmente.
I servizi sanitari – ha spiegato – sono stati creati, organizzati e mantenuti per far
fronte alle patologie acute, mentre oggi sono quelle croniche a prevalere” e il Servizio sanitario nazionale “deve adeguarsi ai
bisogni di oggi”.
Lo stesso invito è rivolto ai professionisti
sanitari che, secondo Sirchia, dovranno
sempre più formarsi ai nuovi bisogni della
popolazione e puntare sul dialogo con i cittadini per insegnare loro a condurre un salutare stile di vita.
POLITICA E SALUTE
Uso dei defibrillatori in ospedale e sul territorio
La principale causa di morte nella popolazione al di sotto dei 75 anni è rappresentata
dalle malattie cardiovascolari e, secondo le
stime, ogni anno, in Italia, la morte cardiaca
improvvisa colpisce oltre 60.000 persone.
Nel 91,7% dei casi la morte avviene in sede
extra-ospedaliera (70% in casa e 30% in luoghi pubblici), ma sono numerosi anche i casi di decesso che avvengono in corsia perché, secondo alcune analisi, se l’arresto cardiaco non avviene in un reparto di terapia
intensiva, le probabilità di sopravvivenza sono simili a quelle in sede extra ospedaliera.
In tali circostanze, l’unica possibilità di salvezza è rappresentata dalla defibrillazione
precoce. In questo senso, la legge 69/04,
che consente l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico esterno in sede intra ed ex-
tra-ospedaliera anche a personale non medico (infermieri e non), dopo adeguata formazione, ha permesso di salvare molte vite.
La formazione di questo personale è affidata ai corsi Blsd (Basic Life Support Defibrillation), che sono svolti da istruttori
qualificati che fanno generalmente capo
alle Centrali Operative 118 e sono composti di una breve parte teorica seguita da
una più corposa parte pratica di addestramento su manichino.
L’alta tecnologia, che ha reso queste strumentazioni facilmente applicabili, ha permesso una maggiore diffusione di defibrillatori esterni su tutto il territorio nazionale, ma l’obiettivo è che ne siano forniti ogni
centro commerciale, ogni palestra, ogni
spiaggia etc.
Repertorio
Legge 69 del 15 marzo 2004
Modifica all’articolo 1 della legge 3 aprile 2001, n.120,
in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici
Articolo 1
1. Il comma 1 dell’articolo 1 della legge 3 aprile 2001, n. 120, è sostituito dal seguente:
“1. È consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico in sede intra ed extraospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare”.
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
Repertorio
Legge 120 del 3 aprile 2001
Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero
Articolo 1
1. È consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico in sede extraospedaliera anche
al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.
2. Le Regioni e le province autonome disciplinano il rilascio da parte delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere dell’autorizzazione all'utilizzo extraospedaliero dei
defibrillatori da parte del personale di cui al comma 1, nell’ambito del sistema di emergenza 118 competente per territorio o, laddove non ancora attivato, sotto la responsabilità dell’azienda unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera di competenza, sulla base
dei criteri indicati dalle linee guida adottate dal ministro della Sanità, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il trattamento del dolore
Un po’ la carente conoscenza tra la popolazione, un po’ la mancata formazione dei
medici, un po’ la rigidità delle leggi. Questi ed altri ancora sono stati i fattori che
hanno fatto per anni dell’Italia il fanalino
di coda nella terapia del dolore. Una situazione che, anche secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, costituisce una
negazione del diritto degli individui di alleviare la propria sofferenza.
Seppur datata novembre 2003, la seguente circolare indica finalmente un deciso
cambio di tendenza nel nostro Paese.
Da qualche tempo, infatti, in Italia, si sta facendo strada una concezione nuova contro
la sofferenza, che ha già portato i primi risultati: oggi, 7 strutture su 10 sono dotate di
un servizio dedicato alla terapia del dolore
da cancro (contro i 2 su 10 del 2001). Si registra una crescita anche del tasso di prescrizione di analgesici oppiacei. Grazie alla
modifica della normativa e alla semplificazione delle procedure, la prescrizione dei farmaci per la terapia del dolore è aumentata
tanto (oltre il +219% dal 2001 al 2003) da
allineare l’Italia alle medie europee.
Tuttavia, il mercato dei farmaci oppiacei
non copre ancora una parte rilevante della spesa farmaceutica nazionale: il consumo di tali farmaci in Italia è infatti pari allo 0,30% sul totale della spesa farmaceutica (collocandoci al penultimo posto) contro il 2,17% dell’Irlanda, il 2,05% dell’Inghilterra, l’1,89% della Germania, l’1,52%
della Francia e l’1,63% dell’Austria. Vicini
alla media italiana, invece, Portogallo
(0,28%), Grecia (0,51%), Belgio (0,69%),
Spagna (0,73%) e Finlandia (0,74%).
In Italia, comunque, sono aumentati negli
ultimi anni anche i servizi di assistenza psicologica per i pazienti oncologici (+111,4%).
Per quanto riguarda l’assistenza domicilia-
POLITICA E SALUTE
re, il numero di strutture che erogano tale
servizio per i malati oncologici è passato
dal 18% del 2001 all’84% del 2003. Il numero di casi trattati a domicilio, inoltre, è
aumentato del 20% (da 270.852 a 324.806).
Sono inoltre attive sul territorio nazionale
46 strutture residenziali per le cure pallia-
tive (hospice), localizzate tuttavia esclusivamente nelle Regioni del Centro-nord.
Delle 134 strutture finanziate con fondi statali, relativi alla prima fase del programma
nazionale per la realizzazione di strutture
dedicate alle cure palliative, ad oggi ne risultano attivate 22.
Repertorio
Circolare ministeriale n. 800 del 4 novembre 2003
Ufficio centrale stupefacenti del ministero della Salute
I farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore
(omissis)
Cambiamenti introdotti con il Dm 4 aprile 2003
• Nuovo ricettario in triplice copia autocopiante stampato anche nelle versioni italianofrancese ed italiano-tedesco atto alla prescrizione dei farmaci analgesici oppiacei compresi nell’allegato III-bis della legge 8 febbraio 2001, n.12 impiegati nella terapia del
dolore in corso di patologia neoplastica o degenerativa;
• prescrizione senza obbligo di dover utilizzare le “tutte lettere” per scrivere la dose, il
modo e il tempo di somministrazione e la quantità di confezioni. Per descrivere il dosaggio del medicinale prescritto, la posologia ed il numero di confezioni si possono
utilizzare caratteri numerici e le normali contrazioni;
• eliminazione dell’obbligo di indicare l’indirizzo di residenza del paziente;
• eliminazione dell’obbligo, da parte del prescrittore, di conservare per sei mesi la copia
della ricetta a sé destinata;
• prescrizione di medicinali contenenti buprenorfina in tutte le forme farmaceutiche.
I 10 farmaci compresi nell’allegato III-bis della legge 8 febbraio 2001, n.12 sono:
• Buprenorfina
• Codeina
• Diidrocodeina
• Fentanyl
• Idrocodone
• Metadone
• Morfina
• Ossicodone
• Ossimorfone
• Idromorfone
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
Approvvigionamento dei ricettari autocopianti
I ricettari autocopianti sono conservati presso le Aziende Unità Sanitarie Locali e successivamente distribuiti dalle stesse ai medici e ai veterinari secondo le esigenze di ciascuno.
Tutti i laureati in medicina e chirurgia e in medicina veterinaria, abilitati alla professione, devono ritirare il ricettario autocopiante presso la Ausl a cui fanno riferimento. Il ricettario autocopiante è sempre personale del medico o del veterinario, è utilizzato anche per prescrizioni che originano in strutture sanitarie convenzionate con il Ssn ed è
valido su tutto il territorio nazionale.
(omissis)
Responsabilità del medico
Il nuovo corpo normativo è proteso a fornire la necessaria assistenza sanitaria indispensabile nel trattamento delle gravissime patologie accompagnate da dolore severo,
assistenza che costituisce spesso l’ultimo rimedio a tutela della dignità umana.
Tra i principi fondamentali della Costituzione, infatti, c’è la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. È compito del Ssn rispondere alle
esigenze ed al bisogno di salute della popolazione attuando le misure più adeguate (legge 833/78, art.1).
La ratio della legge 8 febbraio 2001, n.12 è quella di agevolare la prescrizione e favorire l’uso dei farmaci oppiacei per alleviare le sofferenze di quei pazienti affetti da gravi
forme di dolore severo.
A tal fine diventa indispensabile che il medico sia in possesso del ricettario in triplice
copia autocopiante, strumento indispensabile alla corretta applicazione della norma legislativa in quanto obbligatorio per la prescrizione dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore.
Obblighi del farmacista
(omissis)
Assistenza ospedaliera ed Assistenza domiciliare integrata
Le più recenti norme legislative rivolgono particolare attenzione ai pazienti in dimissione dal ricovero ospedaliero, che possono ricevere la quantità di medicinale necessaria per continuare la terapia, e ai nuovi sistemi di assistenza domiciliare integrata.
In particolare la legge 16 novembre 2001, n.405, art. 8 (Particolari modalità di erogazione di medicinali agli assistiti), detta che le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, anche con provvedimenti amministrativi, hanno facoltà di assicurare l’erogazione diretta da parte delle aziende sanitarie dei medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale e di disporre, al
fine di garantire la continuità assistenziale, che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero
ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale.
Nello specifico, i farmaci compresi nell’allegato III-bis possono essere trasportati e consegnati al domicilio del paziente da:
• personale sanitario che opera nei distretti sanitari di base o nei servizi territoriali o negli ospedali pubblici o accreditati;
• infermieri professionali che effettuano servizi di assistenza domiciliare nell’ambito dei
POLITICA E SALUTE
distretti sanitari di base o nei servizi territoriali delle Asl;
• familiari del paziente, opportunamente identificati dal medico o dal farmacista ospedaliero.
Coloro i quali trasportano i medicinali, nella quantità da consegnare, devono avere una certificazione medica che ne prescrive la posologia e l’utilizzazione al domicilio del paziente.
La certificazione deve essere prodotta su carta intestata. Non si deve utilizzare la ricetta
autocopiante in quanto i medicinali descritti nella certificazione non saranno dispensati
dalla farmacia aperta al pubblico.
L’assistenza domiciliare integrata (Adi) è la formula assistenziale che, attraverso l’intervento di più figure professionali sanitarie e sociali, realizza a domicilio del paziente un
progetto assistenziale unitario, limitato o continuativo nel tempo.
L’obiettivo è il miglioramento della qualità della vita del paziente e l’umanizzazione del trattamento, in un contesto familiare certamente più idoneo, in particolare per il paziente anziano.
L’Adi si inserisce nella rete dei servizi territoriali delle Asl, da cui dipendono gli operatori sanitari che offrono le loro prestazioni.
Gli analgesici oppiacei prescritti dal medico di famiglia, di sua iniziativa o in accordo
con gli specialisti coinvolti nelle cure al malato, al paziente in Adi, devono essere forniti dalla farmacia ospedaliera della Asl.
Al fine di fornire una corretta interpretazione della nuova norma, la Direzione Generale della Valutazione dei medicinali e della farmacovigilanza in collaborazione con la
“Commissione in materia di terapia del dolore” ha predisposto il documento “Come utilizzare i farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore” destinato agli operatori sanitari, disponibile nel sito del ministero della Salute, www.ministerosalute.it, pubblicato sul Bollettino d’informazione dei farmaci (BIF n. 3-4 di maggio-agosto 2003) e già
inviato alle amministrazioni periferiche ed alle organizzazioni di categoria.
(omissis)
La normativa antifumo
Si era partiti dal divieto totale sui treni e
oggi fumare è proibito in tutti i locali pubblici, dai bar ai ristoranti, dagli uffici ai circoli privati. Lo stabilisce la legge 3 del 16
gennaio 2003, entrata in vigore all’alba dello scorso 10 gennaio, 2004.
Secondo i dati più recenti, sarebbero da
10 a 15 milioni gli italiani dediti al vizio del
fumo, anche se rispetto ad alcuni decenni
fa, il fenomeno è complessivamente in diminuzione. Allarmante soprattutto la situazione tra i minorenni, che in alcune in-
dagini condotte nelle scuole secondarie
superiori indica che a fumare è circa il 35%
degli studenti.
Un accordo della Conferenza Stato-Regione, redatto nella seduta del 16 dicembre
2004, ricorda che la promozione di stili di
vita salutari e la prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituiscono obiettivi prioritari delle politiche sanitarie anche del nostro Paese e pertanto
lo Stato, le Regioni e le Province autono-
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
me concordano che: “È indispensabile perseguire l’obiettivo di rendere gli ambienti
lavorativi più salubri e che – oltre all’acquisizione da parte dei lavoratori di una
maggiore consapevolezza dei danni derivanti dall’esposizione al fumo passivo – è
necessario garantire il rispetto delle norme di divieto, sanzionando le eventuali infrazioni”.
A tale scopo, lo Stato e le Regioni provvedono, per gli ambiti di rispettiva competenza, anche ad effettuare un monitoraggio degli interventi attuati ed acquisire i
dati, in merito all’osservanza delle norme
e al numero delle infrazioni contestate. Dati che, poi, “vengono trasmessi al ministero della Salute, che ne cura la diffusione ai
cittadini”.
L’Accordo pone l’accento anche sulla necessità di un’ampia informazione tra i cittadini dei danni causati dal fumo.
La nuova norma impone che solo gli esercizi che avranno la possibilità di suddividere la superficie in due locali separati potranno destinare una sala ai fumatori. Nel
caso contrario, il divieto sarà, appunto, totale. I locali dedicati ai fumatori dovranno
inoltre rispettare diverse caratteristiche:
essere obbligatoriamente chiusi da pareti
a tutta altezza e da una porta con chiusura automatica; essere dotati di un impianto di ventilazione e ricambio d’aria che rispetti i requisiti determinati dal Dpcm del
23 dicembre 2003. La superficie da destinarsi ai fumatori dovrà essere inferiore al
50% della superficie totale del locale e non
dovrà costituire passaggio obbligato per i
non fumatori. Esternamente dovranno essere apposti appositi cartelli che rechino
la scritta luminosa “area per fumatori”. Nel
caso in cui l’impianto di ventilazione sia
guasto, anche nella sala per fumatori vigerà il divieto di fumo. A tal proposito saranno presenti nella stanza cartelli che lo indichino.
Sul luogo di lavoro, il datore di lavoro non
avrà alcun obbligo di creare o destinare un
locale ai fumatori, ma se lo fa, dovrà rispettare gli stessi requisiti previsti per le
sale fumatori negli esercizi pubblici.
Queste le sanzioni previste per i trasgressori: i clienti di bar, ristoranti, pub e circoli
privati saranno dapprima invitati a spegnere la sigaretta e, in caso di rifiuto, saranno
multati per una somma tra i 27,5 e i 275 euro. Ancora peggio andrà ai titolari di locali
pubblici che non denunceranno i clienti
che, nonostante l’invito, continueranno a
fumare: una multa tra i 220 e i 2.200 euro.
La legge antifumo è, secondo Sirchia, “un’azione di Governo per la tutela della salute
dei non fumatori e di chi ha problemi di salute, come gli asmatici e i cardiopatici. Non
si può proibire di fumare a chi vuol fumare, ma possiamo proteggere chi non fuma”.
E a pochi giorni dall’entrata in vigore la
legge contro il fumo, il ministro ha annunciato di essere pronto per altre battaglie: quella contro l’alcol, indirizzata soprattutto ai giovani e che coinvolgerà anche le scuole, e quelle contro l’obesità e
l’eccessivo consumo di farmaci.
I QUADERNI
La sanità pubblica
nella Costituzione europea
I
l 29 ottobre 2004, a Roma, i rappresentanti dei 25 Stati membri hanno siglato
il Trattato che detterà diritti e doveri per
tutti cittadini dell’Unione europea.
Un evento che segna una tappa importante dalla nascita dell’Unione nel 1992,
composta inizialmente da soli 15 Paesi
membri.
Un documento di 325 pagine e 450 articoli, in cui si stabilisce che, in pratica, la
sanità resta materia dei singoli Stati. “L’azione dell’Unione – si legge – rispetta le
responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per
l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza
medica e l’assegnazione delle risorse loro
destinate”.
L’Unione, comunque, “incoraggia la cooperazione tra gli Stati per migliorare la
complementarità dei loro servizi sanitari
nelle regioni di frontiera”.
La legge europea stabilisce, inoltre, “misure che fissino parametri elevati di qualità
e sicurezza”, sia in campo medico, che ve-
terinario e fitosanitario. Alto, ovviamente,
lo stato di allerta per la “sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per
la salute a carattere transfrontaliero”.
Tuttavia alla nuova Costituzione europea
sembra mancare un’identità europea: non
un governo eletto dal popolo, non una difesa comune, una comune politica sociale
(pensione, fisco, sanità, servizi sociali ecc),
non un passaporto che sostituisca quelli
nazionali. Non, insomma, una “vera” nazionalità europea. Tutto sembra, ancora una
volta, legato alla gestione dell’economia e
del business, l’unica cosa che resta veramente unitaria, in definitiva, è la moneta.
E che la sanità rimanga prerogativa dei singoli Stati ne è, in parte, la conferma.
Una materia, quella sanitaria, per la quale
si organizzano convegni nazionali e internazionali, nei quali si afferma che l’interesse e le problematiche sono comuni a
tutti i Paesi occidentali. Alla fine, però, ci
sembra che questo grande evento che è la
Costituzione europea non faccia che ribadire quello già c’era a livello europeo, e cioè
generici richiami alla salute pubblica, veterinaria e alimentare.
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I QUADERNI
Supplemento de L’Infermiere n. 1/05
Repertorio
Il testo della Costituzione Europea dedicato alla Sanità
Articolo III-278
1. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e azioni dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.
L’azione dell’Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento
della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni umane e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende inoltre:
a) la lotta contro i grandi flagelli – favorendo la ricerca su cause, propagazione e prevenzione – l'informazione e l’educazione in materia sanitaria;
b) la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.
L’Unione completa l’azione degli Stati membri, comprese l’informazione e la prevenzione, volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti.
2. L’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di cui al presente articolo e, se necessario, ne appoggia l’azione. Essa incoraggia in particolare la cooperazione tra gli Stati membri per migliorare la complementarità dei loro servizi sanitari nelle regioni di frontiera.
Gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche e i rispettivi programmi nei settori di cui al paragrafo 1. La Commissione
può prendere, in stretto contatto con gli Stati membri, ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento, in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all’organizzazione di scambi di migliori pratiche e alla preparazione
di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici.
Il Parlamento europeo è pienamente informato.
3. L’Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti in materia di sanità pubblica.
4. In deroga all’articolo I-12, paragrafo 5 e all’articolo I-17, lettera a) e in conformità
dell'articolo I-14, paragrafo 2, lettera k), la legge o legge quadro europea contribuisce alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo, stabilendo le seguenti misure per affrontare i problemi comuni di sicurezza:
a) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza degli organi e sostanze di
origine umana, del sangue e degli emoderivati; tali misure non ostano a che gli Stati membri mantengano o introducano misure protettive più rigorose;
b) misure nei settori veterinario e fitosanitario il cui obiettivo diretto sia la protezione
della sanità pubblica;
c) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza dei medicinali e dei dispositivi di impiego medico;
d) misure concernenti la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la
salute a carattere transfrontaliero.
La legge o legge quadro europea è adottata previa consultazione del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale.
5. La legge o legge quadro europea può anche stabilire misure di incentivazione per
proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi fla-
COSTITUZIONE EUROPEA
gelli che si propagano oltre frontiera, e misure il cui obiettivo diretto sia la protezione della sanità pubblica in relazione al tabacco e all'abuso di alcol, ad esclusione
di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati
membri. Essa è adottata previa consultazione del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale.
6. Ai fini del presente articolo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può altresì adottare raccomandazioni.
7. L'azione dell’Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione
della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e
assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e l’assegnazione delle risorse loro destinate. Le
misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudicano le disposizioni nazionali sulla donazione e l'impiego medico di organi e sangue.
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2005