Le maestà italiane, XII e XIII secolo

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Le maestà italiane, XII e XIII secolo
1 I M A I M A I T A L I A N E : X I I E X I I I SECOLO
162 - Fine X I I secolo, Madonna col Bambino,
S. Maria in Camuccia, T o d i .
163 - Frate Martino, 1199, firmata. Madonna col Bambino.
Berlino, Staatliche Museen.
La ricognizione della Vergine col bambino i n Europa,
d a l l ' A l t o Medioevo agli esordi del X V secolo, si conclude
con una rapida inchiesta sulla produzione riferibile ai d i versi centri della penisola italiana. Si è già accennato alla
difficoltà, soprattutto per i p r i m i decenni dopo l'anno
mille, di ritagliare espressioni regionali tipiche e sicura-
mente circoscrivibili al singolo insediamento; i l ragionamento è particolarmente adeguato per quest'ultima sezione del percorso, i n cui oltretutto la relativa scarsità d i
documenti attribuibili alle epoche più lontane è da ritenersi più causata dalla perdita degli arredi sacri antichi,
dovute alle spoliazioni o agli incendi ma soprattutto alla
148
164 - Madonna col Bambino, S. Maria
Infraportas, Foligno.
165 - Madonna col Bambino,
Museo di Spello.
vitalità del rinnovamento che l'immaginario sacro conosce nel corso dei secoli, che non all'assenza di una produzione a tutto tondo.
La successione e i l commento delle immagini corre su
un duplice binario: lo sviluppo cronologico è a volte d i satteso dalla necessità di accorpare un gruppo di documenti stilisticamente dipendenti che si è ritenuto importante mantenere aggregati. A questo nodo occorre aggiungere la necessità di dover testimoniare la produzione
di una medesima area geografica o d i centri di produzione
assimilabili. I rimandi a soggetti già trattati o successivamente affrontati, l'interruzione anche dello sviluppo
«verticale» del tema per una espansione orizzontale, nella
contemporaneità, costituiscono g l i inevitabili scotti da
166 - Madonna col Bambino,
Museo di Gubbio.
pagare alla complessità e all'incertezza che i l soggetto conosce, a dispetto delle indagini anche sistematiche a cui è
stato sottoposto, come quelle di Enzo Carli e di Geza De
Francovich che costituiscono gli inevitabili punti di riferimento per un approccio sistematico.
Le più antiche testimonianze di scultura lignea nel territorio italiano sono state indicate dalla letteratura critica
non i n realizzazioni a t u t t o tondo quanto nelle imposte
incise e istoriate della Basilica di S. Sabina i n Roma, documentabili circa al V secolo, in quelle forse anteriori di S.
A m b r o g i o a M i l a n o e nelle porte di S. Maria in Cellis a
Subiaco, datate «anno d o m i n i millesimo centesimo trigesimo segundo ind...X...». Anche se estranee tematicamente al nostro problema, testimoniano l'uso architetto149
167 - Madonna col Bambino,
Sant'Antimo, Montala no.
168 - Madonna col Bambino,
Bugnara, L'Aquila.
nico del nostro materiale e una volontà «illustrativa» che
il sentimento religioso esprime e che diventa il motore
principale per la produzione a t u t t o tondo.
I fulcri di questa produzione possono essere identificati nella regione del Lazio, dell'Abruzzo e con minore ampiezza i n Toscana, presentando un repertorio iconografico estremamente limitato: un d i r i t t o prioritario va dato
alla rappresentazione del Cristo in Maestà e successivamente del crocifìsso ed in minore entità alle Maestà e alle
Deposizioni.
II tema della Madre D i v i n a che, seduta sul trono, accoglie sulle ginocchia i l figlio/Dio, si sviluppa nella seconda
metà del X I I secolo e le Maestà attribuite a questo periodo sono rare, come nota De Francovich, «generosamente
150
169 - Madonna col Bambino,
Poggi opri mocaso.
influenzate dalla corrente artistica germano-tirolese, terra
di fusione di varie culture, ma al tempo stesso concepite
attraverso uno spirito individuale che personalizzerà la
produzione stessa».
La produzione lignea italiana fu fatta oggetto, fra La f i ne dell'Ottocento e i p r i m i decenni del successivo, di una
serie di interventi critici a opera di G i n o Fogolari, De N i cola, A d o l f o V e n t u r i e W i l h e m Bode; proprio quest'ultimo, allora direttore dei Musei di Berlino, pubblicò nel
1886 una Maestà di estrema importanza per delineare un
p r i m o itinerario nella scultura lignea medioevale della penisola.
Questa Maestà originariamente a Borgo S. Sepolcro
( N . 163), e oggi conservata allo Staatliche Museen di
Berlino, conserva, firma, data e una iscrizione di cui riportiamo uno stralcio:
«1199 - F A C T U M EST A U T E M H O C OPUS M I R A B I LE - D O M I N I P E T R I A B A T I S T E M P O R E - PRESBITERI M A R T I N I LABORE - D E V O T O M I N I S T R A T O
A M O R E " (quest'opera mirabile è stata fatta al tempo
dell'abate Pietro per opera del frate M a r t i n o guidato da
devoto amore).
L'esplicitezza della firma e della data, in un panorama
in cui l'anonimato e la difficoltà di attribuzione spesso derivati dalle condizioni precarie o assolutamente difformi
rispetto all'originale nella policromia come nella stessa fisionomia plastica, hanno da allora reso la statua un punto
termo per la ricostruzione d i una storia della Maestà italiana.
Assisa su di un trono che è sua parte integrante, denuncia una marcata influenza bizantina nel panneggio
verticale finemente lavorato, nel volto della Madonna dai
severi tratti leggermente allungati e nella scelta iconografica denominata «Nicopoia».
La Vergine accoglie fra le braccia i l Bambino i n atto
benedicente seduto sulle sue ginocchia sviluppando il tema bizantino bidimensionale delle icone fino a giungere
ad una propria tridimensionalità plastica, comunque caratterizzata da una accentuata frontalità dello sguardo e
delle pose dei soggetti. La forte verticalità dei corpi e lo
scarso rilievo accordato all'anatomia della Vergine stante
151
172 - Madonna od Bambino.
X111 secolo, Arezzo, Duomo.
173 - XI11 secolo, Madonna coi Bambino.
Cercina, Chiesa di S. Andrea.
Ti
e del figlio, eventualmente segnalata dalla complessità e
dalla varietà delle pieghe delle vesti, che disegnano e percorrono finterò sviluppo dei corpi, spingono l'attenzione dell'osservatore al centro nevralgico costituito dai due
v o l t i , regalmente composti in una serena e astratta atmosfera.
E. Carli cita come fonte diretta di ispirazione una scultura ( N . 162) che in una prima analisi, fu letta da De Francovich come tarda copia quattrocentesca, ma che dopo
un accurato restauro che fra l'altro procurò l'asportazione
delle teste della Madonna e del figlio, opere queste di uno
scultore del X V secolo, si rivelò una bellissima scultura
nella quale F. Santi individuò delle influenze francesi, ammettendo però di non conoscere «statua lignea francese
152
che possa direttamente collegarsi a questa».
La scultura in questione mantiene un'identica impostazione iconografica anche nei dettagli ed è conservata in
Santa Maria i n Camuccia ed è attribuibile alla seconda
metà del dodicesimo secolo.
Bisognerebbe comunque stabilire in quali tempi si sviluppò e quale fu la continuità del gusto romanico nelle
piccole officine site nei luoghi più remoti per avere
un'esatta idea della datazione delle Maestà orbitanti nel
X I I secolo.
U n a reminiscenza della statuaria classica, la varietà deg l i influssi d i Bisanzio, che contemporaneamente al nostro frangente conosce un suo importante «rinascimento»
dei canoni stilistici e dei temi iconografici, l'elaborazione
175
174 - Madonna col Bambino. S. Maria a Monte, Pisa.
175 - X I I I secolo, Madonna col Bambino, Chiesa S. Maria Assunta
c/o Massa Cozzile, Pistoia.
176 - metà X I I I secolo. Madonna col Bambino,
Chiesa del Crocifìsso, Brindisi.
infine della nuova sensibilità «europea» del Romanico costituiscono i nodi critici non sempre districabili di una ricerca sugli esordi della statuaria lignea italiana. La stessa
possibilità di indicare una mappa di scuole regionali se
non locali, spesso sfiorando una produzione «popolare-',
entra i n conflitto, come già più volte indicato, con l'internazionalità degli scambi, i m u t u i influssi che rimbalzano
da un paese all'altro lungo le strade dei pellegrini e di
u n potere ecclesiastico in stretto intreccio con quello
politico.
La Maestà di frate M a r t i n o n o n costituisce comunque
u n unicum; a essa è infatti possibile riferire una seconda
statua, di medesimo soggetto, conservata presso la Chiesa
di Santa Maria Infraportas a Foligno ( N . 164).
Essa denuncia similitudini, nella presenza del suhpcdaneum sostenuto da due leoncini, nell'impostazione tipologica, e nel gioco di pieghe della veste; benché il gruppo di
Foligno risulti notevolmente mutilato e restaurato, in
gran parte ridipinto con i volti ripresi in tempi successivi
dallo scalpello e con le braccia dell'infante applicate posteriormente.
153
177 - X I I I sedo, Madonna col Bambino, di Acuto,
Palazzo Venezia, Roma.
178 - X I I I secolo. Madonna coi Bambino. S. Maria in Vulturella.
La coesione delle tre statue sembra risultare a t u t t i g l i
effetti stringente. L'affinità tipologica e stilistica non vuole porsi necessariamente come meccanica attribuzione dei
documenti alla medesima mano, né la successione vuole
indicare una dipendenza della seconda e della terza statua
dalla prima; si è v o l u t o solamente, facendo riferimento alla letteratura critica che si è più volte soffermata sul problema, riunire un g r u p p o omogeneo, nato indubbiamente nella medesima temperie.
bile secondo D e Francovich verso i l 1180-1190, «che è da
considerare come i l p r o t o t i p o di una serie di immagini caratterizzate da una rude plasticità forse di origine nordica»
(Carli I960), nelle quali l'elemento bizantino è pressoché
assente o irrilevante.
Questo nucleo di Maestà si differenzia tipologicamente dalle madonne umbre della fine del X I I secolo e dei
p r i m i del X I I I dove alcune di queste sono, se non coetanee, di poco posteriori alle precedenti.
Tra queste la più nota è quella di Spello ( N . 165) data154
L'anatomia si presenta fortemente stilizzata, il perimetro della figura è imponente, i l gesto benedicente della
Vergine e quello del Bambino che sembra alludere al martirio denunciano un interesse sommario per la fedeltà realistica. Anche il modo semplificato con cui è trattata la
veste distanzia i l documento dagli esiti precedenti.
A t t r i b u i b i l i allo stesso nucleo, visto da Previtali come
produzione centro italiana (Marche, Umbria, Abruzzo,
Lazio) e da Carli come umbra della prima metà del X I I I
secolo, sono le maestà del Museo Nazionale di Firenze
( N . 181), le due di c ollezione privata romana ( N . 170 e N .
171), quella di sant'Antimo presso Montalcino ( N . 167),
quella di Poggioprimocaso ( N . 169) e infine quella di Bugnara ( L ' A q u i l a ) ( N . 168).
N o n si tratta a ben vedere di un g r u p p o perfettamente
omogeneo, sia per caratteristiche iconografiche sia per
qualità di realizzazione, ma è proprio nella presenza contrastante di spinte innovative, legate soprattutto alla volontà di «disegno» plastico dell'anatomia e di continuità
della tradizione, più rigida e statica nella definizione dei
v o l u m i , che si viene progressivamente delineando una
originalità della produzione lignea dell'Italia centrale. I n dipendentemente dalle diversità riscontrabili i nostri
gruppi lignei dovevano avere, come nella Madonna conservata presso i l Bayerisches National Museum ( N . 183),
uno schienale se non addirittura un loro tabernacolo dove venivano collocati, caratteristica che come analizzeremo più avanti, determinerà la produzione umbra-marchigiana del X I I I secolo.
Stringente riferimento con il p r o t o t i p o di Spello è la
Maestà conservata al Museo di G u b b i o ( N . 166) di produzione avanzata in rapporto alle altre del g r u p p o che si presenta oggi mutila della figura del Figlio e che testimonia la
continuità nel tempo di prototipi stilistici consolidati.
Maggiore senso della plasticità, con una movenza delle membra dei protagonisti che modifica progressivamente la iniziale fissità del g r u p p o è la caratteristica di un
altro nucleo di Vergini lignee ( N n . 167-168-169). La prima, più rigida ma dotata di forte plasticità, è la Maestà d i
Sant'Antimo presso Montalcino ( N . 167) resa nota da
Carli nel 1949 e poi accuratamente studiata da Alessandro
Bagnoli nel 1987 i n occasione della Mostra di Sculture l i gnee senesi.
A d essa, sempre Bagnoli associava quella di Poggioprimocaso ( N . 169), e quella di Santa Maria della Neve
presso Bugnara ( N . 168), sottolineando che «le somiglianze sono cosi strette, sia per la tecnica esecutiva sia
per le soluzioni stilistiche, da far pensare che esse costituiscano parte dell'attività di uno scultore 0 almeno il prodotto di una bottega nel g i r o d i pochi anni, i n t o r n o al
1262: data inscritta sulla Madonna di Bugnara».
Queste Maestà documentano una produzione artigianale umbra indipendente dal p r o t o t i p o di frate M a r t i n o i l
quale influenzerà, anche se in forma superficiale, la produzione che segue i l suddetto nucleo. L ' U m b r i a non fu
l'unico centro di produzione i n Italia, anche nella Toscana e nel Lazio la lavorazione del legno fu particolarmente
interessante.
Per quanto riguarda la Toscana i l tema della Vergine
con il Bambino ebbe una diversa evoluzione iconografica,
facilmente riscontrabile, i n relazione all'umbra attraverso
la rotazione del Bambino Gesù verso sinistra, seduto non
più nell'anfratto fra le gambe della Madonna ma sul g i nocchio sinistro di Lei. M a sul problema si veda De Francovich 1942.
La stazionarietà e l'assialità delle due figure cedono il
passo a un sia pur limitato accenno al movimento. Questo può portare, anche dal punto di vista tecnico della lavorazione, a una indipendenza della posa dei due soggett i , prima eventualmente limitata ai gesti degli arti superiori impegnati nell'atto di benedizione e di ostensione.
Anche le due Madonne di collezione private a Roma,
rese note da D e Francovich, la prima ( N . 170) nel 1943 e
la seconda ( N . 171) dal v o l t o p u r t r o p p o manomesso presentata alla mostra di sculture lignee medievali a cura del
Centro Studi Piero della Francesca nel 1956 e nell'anno
successivo al Museo Poldi Pezzoli di M i l a n o sono indiscutibilmente attribuibili alla produzione umbra con a capo il p r o t o t i p o di Spello.
Tra le più note, quella conservata nella Pieve di S. A n drea a Cercina presso Firenze ( N . 173), databile per Carli
verso i l 1240, detta la Madonna miracolosa, e quella del
D u o m o di Arezzo ( N . 172) coeva, i n cui è possibile ritrovare una influenza bizantina sul tipo di quella d i frate
Martino.
D i maggiore qualità e finezza di esecuzione sono invece la Madonna con il Bambino della Pieve di Santa Maria
a M o n t e datata 1255 ( N . 174) e quella di Massa Cozzile
( N . 175) denuncianti «nuovi schemi compositivi che
dall'Ile de France, probabilmente attraverso versioni in
avorio si diffusero rapidamente dall'Europa fino all'Italia
meridionale» (Carli I960).
Che ci si trovi di fronte a uno strappo rispetto alla produzione precedentemente indicata è evidente una volta si
consideri i l mutato rapporto proporzionale tra i due personaggi; ma anche dal p u n t o di vista plastico si possono
avvertire nuove istanze. Se la volumetria della Maestà n.
179 è espansa i n un rapporto solidale con i l trono, accentuando i l carattere monumentale della figura, si può leggere nei documenti successivi un progressivo affinamento delle membra e dei v o l t i , ritagliando una figura perimetrale triangolare.
Ambedue presenti all'esposizione giottesca del 1937 a
Firenze come testimonianze della scultura lignea duecentesca toscana, dove in quella di S. Maria a M o n t e ( N . 174)
De Francovich intravedeva nella sua struttura un gusto di
sapore ancora romanico, mentre i n quella di Massa Cozzile ( N . 175), che riporta una tarda datazione sulla base,
1335 (da riferirsi ad un probabile restauro o rifacimento di
policromia, ma non all'epoca della sua realizzazione) una
assimilazione da parte dell'intagliatore toscano delle nuove suggestioni penetrate dalla Francia.
Fu ipotizzata un'origine renana per la Maestà di Massa
Cozzile da C.L. Ragghianti, i l quale la avvicinava alla Madonna col Bambino conservata nella chiesa del Crocifìsso
di Brindisi ( N . 176).
Indipendenti iconograficamente dalle Maestà umbre e
toscane sono le Madonne laziali delle quali la più antica
e significativa è quella conservata nel Museo di Palazzo
Venezia a Roma ( N . 177) proveniente da Acuto presso
Fiuggi.
155
179 • 1250 circa, Madonna di Costantinopoli,
180 - Veduta frontale tav. 12.
Alatri, Collegi,in di S. Maria Maggiore.
D i struttura massiccia accoglie il figlio non più frontalmente come le primordiali Maestà umbre e neppure
sulla gamba sinistra come le toscane, ma seduto sul ginocchio destro in atto benedicente.
Questa Madonna ben conservata policromaticamente
è arricchita dalla applicazione di pietre dure che la rendono simile a un idolo barbarico, riflettente iconograficamente i l tema bizantino della «Odigitria».
I n essa sono ancora presenti caratteristiche bizantine
ma come giustamente nota E. Carli «..Ve i l tentativo d i
adottare gli stilemi decorativi di quella antichissima tradizione ad una visione intensamente plastica la cui origine
non può che essere lombarda...» tesi proposta da De Francovich confrontando la Maestà in questione con l'adorazione dei Magi dell'Antelami del Battistero di Parma. I n fluenzata quasi sicuramente da quella di A c u t o è la Maestà del Santuario di Santa Maria in Vulturella presso Tivoli
( N . 178), la quale denuncia una fattura decisamente più
grossolana e popolare, e una forte influenza bizantina sia
nel m o d o nel quale sono trattati i panneggi, sia nella rappresentazione del figlio che risulta ancora appiattito contro il corpo della Vergine.
156
La stilizzazione come disegno allusivo alla tridimensionalità e i l senso del volume, l'indipendenza delle parti,
sia pure orientate e leggibili da un unico p u n t o di vista sono le due contrapposte soluzioni stilistiche che occorre
tenere presente nell'analizzare questi documenti.
La Maestà d i A c u t o e quella di Santa Maria Vulturella
sono attribuibili ai p r i m i due decenni del X I I I secolo
mentre databile i n t o r n o al 1250 è la Madonna con i l Bambino del D u o m o di A l a t r i , detta la Madonna di Costantinopoli ( N . 179). D i più alta qualità conserva ancora gli
sportelli figurati (ornati da dodici scene a rilievo tratte dal
nuovo testamento) del tabernacolo che la racchiudeva; riportata all'originale splendore dopo un accurato restauro
che la spogliò da una settecentesca ridipintura. Essa conserva caratteristiche c o m u n i con le correnti stilistiche laziali fondendo i n sé soluzioni tipiche del gusto francese
derivate dai cantieri artistici di Chartres, preannunciando,
in contrapposizione alla romanica Maestà d'Acuto, la verticalizzazione tipica della stagione stilistica del Gotico.
Quasi certamente opera della stessa bottega sono le ante
rimarcanti iconograficamente soggetti d i gusto bizantino
attraverso un gusto romanico. Databile verso la prima
tav. 12 - Toscana-Lazio, X I I I secolo, Madonna col Bambino, coli. priv.
157
181 - Prima metà XIII secolo. Madonna ad Bambino
Firenze Bargello.
182 • Madonna col Bambino, Detroit, Museo.
183 - Fine XII secolo, Madonna col Bambino,
Baverischc National Museum, Monaco.
metà del X I I I secolo è una Maestà i n collezione privata, (tav. 12, N . 180) carica di una forte monumentalità, si
presenta a noi frontalmente con il Bambino Gesù spostato sulla sinistra in posizione quasi eretta, mancante del
braccio sinistro e benedicente con il destro.
La Maestà in questione sembra richiamare iconograficamente i l tema della più nota Maestà di Costantinopoli
ma svolta attraverso un linguaggio più popolare impre158
gnato di gusto romanico a differenza della seconda che è
ispirata da uno stile indubbiamente bizantino.
Le due lingue a cui abbiamo fatto più volte riferimento, quella della decorazione illusionistica d i origine bidimensionale ascrivibile alla tradizione bizantina, e quella
all'opposto che predilige la staticità e la monumentalità
della massa, ritagliando violentemente e con forza le anatomie dei soggetti. La Maestà di tav. 180 concepisce il
tutto tondo come gara con le dimensioni reali, fornendo
del tema regale della Vergine e del bambino una interpretazione fisicamente imponente. La Basi/issa orientale cede
il passo a una più concreta rappresentazione del potere divino.
La Maestà proveniente da una collezione lucchese fu
letta da Middeldorf e Longhi come tosco-laziale della prima metà del X I I I secolo, rimarcante negli incarnati il gusto delle sculture classiche e nella monumentale fattura
orientata verso uno stile nordico.
N e l X I I e nel X I I I secolo si andò sviluppando un particolare tipo di Maestà, non più concepita a tutto tondo
ma con la parte posteriore lasciata piatta ed applicata ad
un pannello verticale, la maggior parte delle volte cuspidato.
Esse, inizialmente prodotte i n U m b r i a , denunciano
una stretta dipendenza iconografica dal presunto prototipo d i frate M a r t i n o e nella maggior parte dei casi sono
giunte a noi mancanti del pannello verticale.
Lo sviluppo spaziale di queste Maestà risente evidentemente della collocazione obbligata all'interno del supporto ligneo contenitore accentuando la trontalità delle
pose, dei gestì e degli sguardi della Vergine e del f i g l i o
quest'ultimo, almeno nei primi esiti documentati stretta-
li
mente «contenuto» nel g r e m b o materno. A n c h e i n
questa sezione si possono alternare fatture raffinate e
preziose e realizzazioni più sbrigative e semplificate,
sottolineando ancora una v o l t a la varietà delle commesse e la fortuna della scultura lignea nel X I I e nel X I I I
secolo.
Una delle più antiche di questo g r u p p o conservata al
160
Bayerisches National Museum di Monaco databile verso
la fine del X I I secolo ( N . 183). è da ritenersi uno dei prototipi di un percorso iniziale della produzione umbra.
A questa è collegabile, benché priva dello schienale, la
Maestà dell'lnstitut o f A r t di D e t r o i t dove la Vergine
dall'abito finemente drappeggiato regge frontalmente i l
bambino benedicente; i n questa opera i volti spiccano
tav. 13 - Umbria, X111 s u o l o .
Madonna col Bambino, coli. priv.
mettendo in evidenza la delicatezza della fattura ( N . 182).
D i chiara affinità è quella custodita al Museo del Bargello ( N . 18l) che ancora conserva uno stile più arcaicizzante elaborato indipendentemente dall'esempio di frate
Martino, e che richiama la Vergine di Spello. Differente
nel modellato e nel gesto del bimbo mantiene i n comune
con quella di Detroit gli incarnati e la realizzazione del ve-
Io che copre i l capo della Madonna.
A queste Maestà è possibile affiancare una serie di Madonne da esse derivate, che si differenziano dai prototipi
nella esecuzione e nelle caratteristiche stilistiche, ed esse
sono: la Maestà d i coli, privata della fine del X I I secolo
( N . 185), quelle del Museo dell'Aquila ( N n . 186 e 187) e
quella d i collezione privata ( N . 188).
161
189 - X I I I secolo, Madonna col Bambino, Museo dell'Aquila, h. 118.
190 - Umbria, X I I I secolo, Madonna col Bambino,
coli, priv., Milano.
191 - [ fmbria, X I I I secolo
Madonna col Bambino, coli, priv., Milano.
162
Sempre umbre, dello stesso periodo, sono quelle di
collezione privata d i Firenze ( N . 1 8 7 ) e quella di una collezione privata milanese ( N . 1 8 4 ) dove è possibile riscontrare una differente realizzazione tipologica i n rapporto a
quelle sopra citate: la prima ( N . 1 8 7 ) varia nella lavorazione delle pieghe e nella posa del Bambino che, a mio avviso, è stato erroneamente disposto in piedi sulle ginocchia
della Vergine, la seconda ( N . 1 8 4 ) assume di contro
un'espressione più seria e abbraccia simmetricamente con
le mani i l figlio che si presenta a mani congiunte in atto di
preghiera e non in atto benedicente.
D i derivazione dalle Maestà prese i n considerazione fino ad ora, abbiamo uno svolgersi del tipo «di probabile
fattura popolare» e tutte dichiaratamente originarie da un
p r o t o t i p o comune.
In tutte il Bambino è spostato sulla gamba sinistra e
colto i n atto benedicente o con la mela oppure legato alla
mano della madre e i l gioco di pieghe risulta simile i n
ognuna, così come la corona che cinge i l loro capo è sovrapposta al velo.
D i particolare interesse è quella di collezione privata
italiana che conserva l'originale policromia ed è attribuibile alla seconda metà del X I I I secolo (tav. 13); a questa
sono avvicinabili la Maestà in collezione privata ( N . 193),
carica d i una forte espressività, quella sempre i n collezione privata ( N . 192), portata da un accurato restauro alla
sua «naturale fattura» probabilmente la più antica del
g r u p p o ed infine quelle, d i collezione privata, della fine
del X I I I secolo ( N n . 190-191).
I l g r u p p o ora ricordato presenta una stringente affinità sia dal p u n t o di vista dell'impianto delle figure, sia dal
p u n t o di vista stilistico: identica è infatti la posizione del
bambino, seduto sul ginocchio sinistro della Vergine i n
un andamento leggermente diagonale, analoga la fattura
«piatta» delle pieghe della veste della Madre che seguono
simmetricamente lo sviluppo delle gambe come identica
è la stessa foggia del vestito della Vergine.
D i notevole importanza è la Maestà conservata i n collezione privata (tav. 14, N . 194) che rimarca caratteristiche innegabili con la Madonna del Museo Nazionale di
Monaco ( N . 183); essa mantiene lo stesso ovale del viso
cinto da una corona al d i sopra del velo, le spalle leggermente cadenti ricoperte da un manto liscio quasi privo di
pieghe, denunciando una stretta affinità nei tratti tra la
Vergine e i l Bambino.
La Maestà esposta nel Palazzo della Ragione a Bergam o nel 1957 ( N . 195), p u r t r o p p o i n cattivo stato di conservazione, è avvicinabile alla precedente, soprattutto per
la somiglianza dei v o l t i e per i l m o d o con i l quale è stata
lavorata la corona «a netti colpi d'ascia che ne determinano i dentelli». I n ambedue è possibile ritrovare un identico sorriso anche se la seconda a differenza regge il Figlio
in posizione centrale dichiaratamente derivata da quella
di Monaco. Nella prima spicca l'intatta policromia originale.
I n chiusura di questa breve ricognizione delle Maestà
163
192 - Umbria, fine X I I secolo, Madonna col Bambino,
193 - Umbria, X I I I secolo, Madonna col Bambino.
coli, priv., Milano.
coli- P
r i v
- Milano.
165
194 - Veduta laterale tav. 14.
195 - Umbria, X I I I secolo, Madonna col Bambino,
coli, priv., Milano, h. 60.
centroitaiiane del X I I I secolo può essere posto i l gruppo
ligneo di tav. 15 cronologicamente da porsi nel cuore del
X I V secolo. D i plasticità non accentuata ma caratterizzata da una ricercata modellatura delle vesti della Vergine e
166
del Bambino, l'espressione dei volti e la solidità dell'impianto ne fanno orientare i l luogo di produzione all'area
tosco-marchigiana, non immune da echi della grande tradizione umbra.
tav. 15 - Toscana/Marche, X I V secolo,
Madonna col Bambino, coli. priv.
167