Messaggio Natale 2016 (4)

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Messaggio Natale 2016 (4)
C
arissima sorella/carissimo fratello, tieni
fisso nell’animo che l’orgoglio non sta solo
nell’autoesaltarsi, ma anche nello scoraggiarsi:
perché proprio il disfattismo avvilito oppure
arrabbiato costituisce la prova che avevamo
puntato solo su di noi, e quando è crollato il
bastione delle nostre sicurezze, ci sentiamo
persi.
E una forma corrosiva e camuffata di orgoglio è proprio quella di piangersi addosso e
poi dichiarare la resa, adducendo come motivo
“non ce la faccio, è più forte di me”. Più forte di te,
forse sì. Più forte di Dio, certamente no. Perciò,
consegnati al Suo Amore e fa' quello che ti dirà.
B
isogna cercare il Signore con perseveranza (seguendo la “stella”, come fecero i Magi) e arrivati a Lui, che vive nella Chiesa, occorre ascoltarLo, per farsi spiegare “a cosa servono” le avversità e perché Dio le permette. Poi frequentare
la Sua scuola, nella Comunità cristiana, per imparare a “portarle” bene, trasformandole in amore.
L’
incontro con Gesù, facendoci figli dello stesso
Padre, ci rende fratelli fra noi: è questa consapevolezza che ci consente di essere-famiglia,
nella condivisione delle risorse e nella partecipazione alle difficoltà. San Francesco di Sales
così scriveva: «Coloro che camminano sulla
pianura non hanno bisogno di darsi la mano;
ma coloro che vanno per sentieri erti si tengono l’un l’altro per procedere più sicuri»2.
Si fa Natale nella misura in cui si cresce nel
vivere “attivamente” la comunità, ecclesiale e sociale,
edificandola come casa e scuola di comunione.
I
n particolare, abbracciamo, con affetto commosso
e fattiva partecipazione, le popolazioni vicine, colpite
dal flagello del terremoto: è una devastazione, questa, che la nostra gente conosce bene.
Anche ai nostri fratelli immigrati vogliamo
stringere cordialmente la mano, nel segno di una
accoglienza animata da carità “intelligente” e,
per questo, lungimirante: siamo convinti, infatti,
che la vera saggezza, capace di costruire un futuro migliore, sta nel leggere, dentro le righe della
storia, i disegni di Dio sui singoli e sui popoli.
A
Maria, che si è interamente lasciata abitare
dallo Spirito Santo, affido i pensieri più alti
e i sentimenti più belli che lo Spirito ha seminato
dentro di voi: possa questo Natale portare a tutti
e a ciascuno la certezza che siamo preziosi agli
occhi di Dio e che, in Gesù, Verbo-fatto-carne, insieme al dono della Vita possiamo attingere ogni
altro bene!
Vi auguro un Natale speciale e vi benedico di cuore!
+ Giuseppe Petrocchi arcivescovo
S
. Francesco
p. 163.
di
Sales, Filotea, Ed. Cantagalli, Siena, 1980,
ARCIVESCOVO DI L’AQUILA
Messaggio per il Natale 2016
NATALE: LA GIOIA
DI FARSI ABITARE DA GESÙ
C
elebrare il Natale significa fare posto, nella mente e nel cuore, a Gesù che bussa alla
nostra porta. Spesso non disponiamo di uno
spazio già pronto: occorre, perciò, procurarGli
un ambiente che era occupato, sgombrandolo.
Bisogna farlo entrare dove Lui era assente e offrirGli ospitalità dove prima era escluso. Infatti, dobbiamo ammettere, con onestà, che spesso
siamo intasati da interessi sbagliati e da abitudini malate. E chi vive lontano dalla verità, non
si vuole bene, anche se corre dietro alle proprie
ambizioni.
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Arcidiocesi di L’Aquila © Copyright - Riproduzione riservata
Supplemento al numero 12/2016 di
www.diocesilaquila.it
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MONS. GIUSEPPE PETROCCHI
Arti Grafiche Aquilane
apita a molti, purtroppo, di “non avere
tempo” da dedicare alla preghiera quotidiana. Di fatto, questo succede perché si è indaffarati in altro. Eppure la giornata è composta
da 1440 minuti: davvero non riusciamo ad accantonarne almeno 15, da dedicare all’incontro
personale con il Signore? Come mai il ritmo
della nostra esistenza diventa così pressante
da non consentirci “pause” per “pensare” con
calma, lasciandoci visitare dalla Parola? La settimana conta 10.080 minuti: è proprio così difficile riservarne 60 per partecipare alla messa
domenicale?
Eppure, assicurarsi questi momenti di sosta
riflessiva e di colloquio con Dio, fa bene: non solo
all’anima, ma anche alla psiche e al corpo. Lo dico-
no i Maestri dello spirito, ma anche gli esperti
in scienze umane.
Non ci trattiamo bene, quando ci priviamo di
questo “ossigeno” evangelico. Per questo rimaniamo “senza fiato”, quando la vita ci chiede di
superare ostacoli imprevisti e di compiere sforzi
che non siamo allenati a fare.
Teniamo sempre a mente che dovremo rispondere a Dio di ogni attimo della storia che ci
è stata data e delle occasioni di santità che abbiamo ricevuto (cfr. Rm 14,12).
N
elle famiglie, le relazioni restano non raramente impantanate in atteggiamenti
superficiali e dispersivi: capita, così, che si comunica con i “lontani” e non si parla con i propri
congiunti. Come sarebbe bello se, almeno una
volta alla settimana, si vivesse il “Tg della famiglia”, in cui - spegnendo la televisione, i cellulari, i computer e gli altri apparati mediatici
- tutti i membri della comunità domestica possono raccontarsi e ascoltarsi, con un’attenzione
carica di amore.
P
er vivere un “Natale cristiano” bisogna spalancare il proprio cuore anche a Gesù “negli altri”, specie gli ultimi e i sofferenti. Altrimenti scadiamo in una fruizione solo esteriore della festa,
fatta di consumismo diffuso, condito con un po’
di buonismo passeggero.
Ricordiamoci - come ci esorta Papa Francesco - …che «siamo chiamati a fare dell’amore,
della compassione, della misericordia e della
solidarietà un vero programma di vita, uno stile
di comportamento nelle nostre relazioni gli uni
con gli altri»1.
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apa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace,
1° gennaio 2016, n. 5.
V
ivere, con altruismo, il dono del Natale,
comporta impegnarsi in atti di sincera generosità, specie verso chi è “in debito” con noi. La
novità evangelica, accesa nell’anima dal Signore,
ci spinge, nei rapporti interpersonali, a condonare i “debiti” e i corrispettivi “rimborsi”, che
ci erano dovuti. Questo accade quando siamo
pronti a dare un sorriso a qualcuno che eravamo
tentati di scansare o quando facciamo il primo
passo per ricucire un rapporto lacerato, anche
per colpa dell’altro. Ogni vittoria riportata sul
nostro egoismo e su atteggiamenti polemici costituisce uno spazio che spalanchiamo al Signore: il risultato è sempre la gioia che arde dentro
di noi e una coinvolgente pienezza, che sentiamo
sprigionare dal cuore.
li sappiamo gestire, tramutandoli in occasioni di
crescita e di maturazione. Così come non è vero
che ci bagniamo perché piove, ma perché non
abbiamo l’ombrello o siamo sprovvisti di un
riparo adeguato. Infatti, la pioggia, che può
rappresentare un fenomeno fastidioso, porta
pure tanti benefici e si rivela provvidenziale,
se uno è “attrezzato” per affrontarla.
Così mi scriveva una ragazza, che, seguendo Gesù, ha ritrovato il sentiero della Speranza: «ognuno di noi ha le sue “situazioni-graticola”: ma non si può continuare a vivere da
morti. Ero incatenata al peggio di me; ma ora
che ho preso coscienza di ciò che bolle sotto il
coperchio della mia pentola, chiedo la grazia
di lasciare il mio “prima” per entrare nel “nuovo” di Dio».
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a sottolineato che accogliere Gesù, in noi e negli altri, è una scelta “conveniente”, perché in
Lui troviamo la Luce che da soli non abbiamo e
riceviamo la forza che ci manca. Senza il Signore
rimaniamo in balia di noi stessi, e non riusciamo a diventare ciò che siamo chiamati ad essere,
poiché senza di Lui non possiamo far nulla (cfr.
Gv 15,5).
olo il Verbo-fatto-uomo può dare significato
alla nostra esistenza, donandoci la forza di
vincere il male e di compiere il bene, secondo la
volontà di Dio. La nostra scarsa “solarità” interiore così come le “perturbazioni” umorali e relazionali, che caratterizzano la “meteorologia”
dell’anima, derivano dalla carenza del fattorecarità e dalla incapacità di dare senso ai problemi che ci visitano.
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e Gesù viene sloggiato dalla nostra esistenza,
allora i problemi prendono il sopravvento,
avvolgendoci con la loro oscurità e con la carica
aggressiva che li attraversa. Non è vero che siamo
tristi e si litiga perché ci sono conflitti, ma perché non
n ogni Natale il Signore nasce nei “luoghi”
del dolore e accende sulla volta del nostro cielo
una “stella cometa”, destinata a condurci fino
a Lui: si tratta di qualcuno o qualcosa che ci
porta un messaggio di salvezza, dove Dio ha
messo la risposta che cerchiamo e la grazia di
cui abbiamo bisogno per superare ogni contrarietà.
a qui, deriva la certezza che sempre ci è
donata una possibilità di riscatto: anche se
fossimo precipitati nel baratro esistenziale
più profondo. Capita a tanti di incontrare il
Signore proprio là dove non avrebbero mai
pensato che trovarLo. Infatti, niente e nessuno può compromettere la nostra sorte: solo
noi possiamo rovinarci, con le nostre stesse
mani.
Il Natale ci insegna a gettare gli affanni in
Dio, che si prende cura di noi. Certo, dobbiamo
impegnarci a fondo e fare ciò che ci compete,
partendo però non da noi stessi ma da Dio, che
è Amore.