Recensione del libro "L`ultimo dei briganti"

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Recensione del libro "L`ultimo dei briganti"
Recensione del libro "L'ultimo dei briganti"
Scritto da Vincenza Fanizza
Venerdì 16 Maggio 2014 06:28
“L’ultimo dei briganti”
di Vincenza Fanizza
E’ la Maremma toscana il luogo scelto da Ermanno Detti, scrittore e giornalista, per ambientare
il suo libro, ancora fresco di stampa, “L’ultimo dei briganti”, pubblicato, con una presentazione
di Tullio De Mauro, dalla Casa Editrice Sonda.
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La vicenda narrata si svolge nel 1899, un anno molto particolare della storia d’Italia, proprio
quando il governo del generale Pelloux si impegnò nella feroce e sleale lotta al brigantaggio.
“L’ultimo dei briganti” è non soltanto un romanzo storico perché ci offre uno spaccato
interessante su un periodo importante della storia d’Italia, ma è anche un romanzo di
formazione, una storia di affetti familiari e di amicizia.
Al centro della vicenda Riccio, l’ultimo dei briganti, braccato dalle forze dell’ordine ma rispettato
e temuto dal popolo perché ha un proprio codice d’onore che segue senza cedimenti dandosi
alla macchia.
La storia è raccontata con gli occhi e le parole di Vanni, il figlio adolescente di Riccio.
Vanni, anche se ha soltanto 15 anni, è cresciuto in fretta ed ha imparato ad amare il padre,
quasi sempre lontano, grazie alla mediazione di Bella, sua madre, una donna forte e
coraggiosa, gran lavoratrice della terra, dal carattere ruvido ma al tempo stesso dolce, fedele
compagna di Riccio.
Ma ad accompagnare il cammino di Vanni ci sono anche altre due donne: la studentessa
Caterina e la cameriera Nora.
Ermanno Detti racconta e descrive la bellezza della Maremma, di questa terra selvaggia, di
butteri e di malaria, di anarchici e di briganti, con un mix di realismo e poesia ma soprattutto
con molto affetto perché la Maremma è la sua terra, dove è nato e cresciuto. “Non potevo dire
di amare quella terra- rivela Vanni nel libro- e allo stesso tempo non potevo farne a meno. La
sentivo ostile, per le sue paludi mefitiche, cosparse di canneti selvatici, per i suoi boschi folti
inesplorabili, per le stagioni così violente, perché era selvaggia sempre, anche dove gli uomini
avevano cercato di domarla. Ma la sentivo dentro di me, profondamente amica, per le sue
colline morbide e sinuose che si innalzavano sulla pianura, per i profumi delle erbe, come la
lupinella o la camomilla, per i butteri così ruvidi e così attenti ai cavalli e ai bovini da trattarli con
durezza quando erano ribelli e con tenerezza se deboli e bisognosi di cure”.
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E ancora: “Era una giornata dal cielo limpido. In lontananza, la luce abbagliante si rispecchiava
nel mare interrotto dal promontorio dell’Argentario, che si inoltrava a perdita d’occhio, quasi con
violenza, nel mare e nella bruma lattiginosa”.
Tra i tanti personaggi di questa storia un rilievo particolare assume la figura di Martina, il
merciaio anarchico che, insieme a pentole e utensili vari, offre ai suoi clienti anche giornali e
racconti popolari, dimostrando come l’accesso alla parola scritta sia, in ogni epoca, un
importante strumento di presa di coscienza e di emancipazione.
“L’ultimo dei briganti” è, dunque, un libro per ragazzi ma è, senza dubbio, una piacevole lettura
per tutti perché Detti, con il suo racconto, ci coinvolge, interessa, commuove, ma soprattutto ci
fa riflettere.
Ermanno Detti “L’ultimo dei briganti” ( Sonda, 2014)
pp. 144; 14, 00 euro
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