Welfare e politiche per l`immigrazione Il decennio

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Welfare e politiche per l`immigrazione Il decennio
CIRMiB – CENTRO DI INIZIATIVE E RICERCHE SULLE MIGRAZIONI – BRESCIA
LaRIS – LABORATORIO DI RICERCA E INTERVENTO SOCIALE
Tra casa e scuola:
l’accesso degli immigrati ai servizi fondamentali
Seminario
Brescia ‐ Lunedì 4 marzo 2013
Giuseppe Ponzini
Welfare e politiche per l’immigrazione
Il decennio della svolta
Istituto di Ricerche sulla Popolazione
e le Politiche Sociali - CNR
Dalle “porte aperte” alla “zero immigrazione”
• Negli anni ‘50 e ‘60, in diversi paesi europei, il fabbisogno di manodopera ha favorito politiche di “porte aperte” nei confronti dell’immigrazione.
• Dopo la crisi petrolifera del 1973 il persistente (alto) tasso di disoccupazione ha indotto i paesi europei ad introdurre progressivamente misure di contenimento dell’immigrazione. Dalla “zero immigrazione”
alla nuova apertura dei confini
• Le politiche restrittive (che peraltro mantenevano alcuni limitati canali di accesso per lavoratori stagionali o specializzati) sono state riviste alla fine del secolo scorso (cfr. UK, dal 1998; Germania dal 2000: Green Card per circa 20.000 high skilled workers).
• Riforme di portata limitata, ma che comunque sottolineavano l’inadeguatezza della legislazione precedente rispetto a importanti cambiamenti (trend economici internazionali, mutamenti strutturali del mercato del lavoro, andamento demografico) e che assumevano una valenza simbolica rilevante sul piano politico.
2000‐2010 Il decennio della svolta
• La popolazione straniera residente nell’insieme degli Stati membri dell’UE arriva al 6,5% del totale, e quella nata all’estero al 9,4%
• In Italia tale quota arriva al 7%
• Italia, Spagna e Irlanda “nuovi paesi di immigrazione”
La popolazione straniera nell’UE
Andamento 1998‐2008
Una doppia tendenza:
polarizzazione e frammentazione
• Il caso italiano al 31.12.2008
La polarizzazione nell’UE
• Alcuni esempi in Europa (2006)
• Romania (56% dalla Moldova)
• Repubblica Ceca (46% dall’Ukraina)
• Slovenia (43% dalla Bosnia)
• Grecia (42% dall’Albania)
• Ungheria (oltre 1/3 dalla Romania)
• Lettonia (oltre 1/3 dalla Russia)
• Portogallo (30% dall’Ukraina)
• Lituania (30% dalla Bielorussia)
• Germania (1/4 dalla Polonia)
Il “nuovo” mercato del lavoro in Italia
• 2.081.000 occupati stranieri al 2010
• Di cui:
– 1.259.000 nel Nord
– 559.000 nel Centro
– 264.000 nel Mezzogiorno
Parallelamente le unità di lavoro non regolari passano da 721.000 (2001) a 377.000 (2009)
Le politiche adottate nell’UE (2008‐2009)
• 24 dei 27 paesi dell’UE (salvo Danimarca, Slovacchia e Portogallo) hanno adottato politiche dell’immigrazione orientate a soddisfare le necessità del mercato del lavoro nazionale
• Le strategie che ispirano tali politiche sono tuttavia profondamente differenti, in relazione al ruolo regolativo assegnato, rispettivamente, al mercato e allo Stato
Le politiche adottate: tre stategie
• In 7 paesi (Svezia, Finlandia, Olanda, Repubblica Ceca, Bulgaria, Estonia, Grecia) il ruolo regolativo è assegnato al mercato (accessi indipendenti dal paese di provenienza e dal numero di permessi già rilasciati)
• In 3 paesi (UK, Spagna, Malta) il ruolo regolativo è assegnato al mercato (accessi indipendenti dal paese di provenienza e dal numero di permessi già rilasciati), con priorità per alcuni settori e/o profili professionali definiti dallo Stato
• In 6 paesi (Irlanda, Francia, Polonia, Lituania, Slovenia, Italia) il ruolo regolativo è assegnato allo Stato (ad esempio con il metodo delle quote), con priorità per alcuni settori e/o profili professionali
I dilemmi delle politiche ‐ 1
• Disponibilità di manodopera non qualificata, flessibile (anche stagionale) e a basso costo
Vs
• Competizione per il lavoro tra nativi e immigrati, deriva del lavoro nero e rischio della quasi‐istituzionalizzazione dell’immigrazione irregolare
I dilemmi delle politiche ‐ 2
• Disponibilità di personale qualificato (ICT, servizi finanziari e gestionali, servizi) flessibile e a tempo determinato
Vs
• Progressiva destrutturazione di posizioni lavorative e di percorsi professionali stabili (= riduzione delle opportunità occupazionali per la popolazione nazionale) I dilemmi delle politiche ‐ 3
• Possibilità di contrastare gli effetti sociali ed economici dell’invecchiamento della popolazione
Vs
• Percezione della perdita dell’identità nazionale
Discontinuità nel processo di sensemaking (Weick, 2001)
• Erosione dell’affidabilità (sul piano politico, economico e sociale) dei tradizionali approcci alla questione immigrazione
• Esigenza di ridisegnare le nostre mappe concettuali nei confronti dell’immigrazione
Tra casa e scuola:
l’accesso degli immigrati ai servizi fondamentali
• Il caso delle politiche abitative
Le condizioni abitative
• Al 2005 (elaborazione su dati Censis) l’84% degli immigrati regolari si trovava in condizioni abitative stabili (72% in affitto, 12% in casa di proprietà); il 16% invece in condizioni di precarietà (ospite presso altri, luogo di lavoro)
• Tra coloro che vivevano in affitto, circa il 20% si trovava in condizioni di sovraffollamento
• Sommando il 16% di chi si trovava in condizioni di precarietà e il 20% di chi si trovava in condizioni di sovraffollamento abbiamo un 36% di immigrati in condizioni di disagio abitativo.
Le diverse tendenze delle condizioni abitative
• Immigrati di più antico insediamento: strategie migratorie orientate alla stabilizzazione abitativa, con tendenza al miglioramento delle condizioni abitative
• Immigrati di recente insediamento: condizioni di persistente precarietà abitativa, talvolta con tendenza al peggioramento della condizione abitativa
I problemi delle politiche abitative per gli immigrati
• Differenze territoriali molto pronunciate (buone pratiche vs situazioni problematiche)
• Aumento delle possibilità di inserimento nel mercato del lavoro vs scarse possibilità di ottenere una situazione abitativa stabile e adeguata
• Discriminazioni a carico degli immigrati
• La casa come fattore di vulnerabilità sociale Grazie per l’attenzione
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