Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova

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Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova
l’inchiostro rosso
Mensile di critica sociale della Svizzera Italiana - Estate 2011 - Anno 10 N° 3 “Non basta che delle forze operaie e popolari siano presenti in un movimento perché sia un movimento rivoluzionario!” Palmiro Togliatti
Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova
All’interno di questo numero
Dall’edilizia alla ERG Petroli SA, i lavoratori si ribellano.
L’ex-portavoce del Genoa Social Forum a
Bellinzona per ricordare Carlo Giuliani.
Interista ad Adriano Venuti, coordinatore di “Prospettive socialiste”
DAL TERRITORIO
2 - l’inchiostro rosso
O lavorate gratis o vi licenziamo: sconcerto alla ERG Petroli SA di Stabio
I lavoratori chiamano il sindacato OCST a rappresentarli. Il Partito Comunista prende posizione.
Le condizioni di lavoro in Ticino imposta a dipendenti (che guastanno peggiorando, complice dagnano già la misera di 2’500
una crisi economica che – no- franchi lordi) con il ricatto del linostante tutte le rassicurazioni cenziamento. Lo Stato non può
fatte da economisti e politici stare a guardare nel nome della
borghesi – si fa sentire eccome. libertà del mercato: al contrario
E a pagarne le spese sono sem- deve intervenire con forza conpre e soltanto i salariati, i quali tro dei padroni schiavisti che fonon sono però certo i respon- mentano la guerra fra poveri coi
sabili di quanto successo. La re- frontalieri e che si inventano adsponsabilità andrebbe cercata in dirittura forme di lavoro a gratis!”.
coloro che hanno avuto in mano A scoprire il caso il sindacalista
le redini del sistema economico dell’Organizzazione Cristianooccidentale spingendolo oltre il Sociale Ticinese (OCST) Giorgio
massimo sopportabile con rice- Fonio che ha inviato la documentazione sulla vertenza Erg
tte di stampo neo-liberista.
A denunciarlo è il Partito Comu- Petroli SA all’ispettorato dal
nista, tramite una dichiarazione lavoro e che ai giornalisti di Tidel suo segretario Massimiliano cinonline ha dichiarato severo:
Ay, il quale ha ricordato le recenti “è il segnale che, nella considervicende di subappalto e di capo- azione di questi manager, il
ralato nel settore edile e ha ci- lavoratore si trova in fondo alla
tato l’esempio recentissimo della scala sociale”. Una situazione
ditta Erg Petroli SA “che ha au- quella dell’azienda di benzina
mentato l’orario settimanale di che a quanto pare non è isolata
lavoro di cinque ore senza alcun e riguarda sempre di più il setadeguamento salariale al rialzo. tore vendita. Pronta la minacUna misura (peraltro neppure cia dell’imprenditore: o anche
concordata con i sindacati) e i sindacati si piegano al lavoro
in più non retribuito, oppure gli
operai saranno tutti licenziati.
L’OCST, dopo aver ricevuto mandato dall’assemblea degli operai,
ha dichiarato di essere pronta
a bloccare le pompe alla ditta
petrolifera.
Tutto ciò accade a pochi giorni
dall’annuncio del presidente
dell’Unione svizzera degli imprenditori, secondo cui “temporanei adattamenti del salario
non devono essere un tabù”. Affermazione che non è piaciuta
a Fonio che, sempre su Ticinonline, così commenta: “in tempi
di vacche grasse gli imprenditori
non sono mai venuti a proporre
aumenti di salario, in proporzione all’aumento degli utili”. Gli fa
eco Massimiliano Ay: “facile dirlo
per un manager senza vergogna
che sa che il salario ribassato non
sarà certo il suo!”.
Il Partito Comunista, che ribadisce la centralità dei diritti del
lavoro nella sua azione politica
ritiene che il governo non possa esimersi dall’intervenire con
forza per garantire la stabilità sociale: “occorre, di fronte a questi
attacchi del padronato ai diritti
dei lavoratori, che non soltanto
questi ultimi e i loro sindacati
con l’appoggio politico dei partiti della sinistra inizino una legittima lotta sociale, ma che lo Stato in prima persona si impegni
a garantire la stabilità e l’equità
come forma di governo”. Inoltre
i comunisti ticinesi ricordano le
rivendicazioni che caratterizzano
il loro programma per la legislatura 2011-2015: “rivendichiamo
la riduzione a 35 ore dell’orario
di lavoro secondo il principio
‘lavorare meno per lavorare tutti’; un salario minimo mensile di
4’000 franchi lordi per un lavoro
a tempo pieno e il divieto di licenziare per motivi economici.
Misure certamente non rivoluzionarie, ma fattibili che permetterebbero di gestire la crisi economica senza farla pagare ai
lavoratori”.
La Mesolcina che non vuole perdere il treno...
Il Partito del Lavoro dei Grigioni si fa sentire per smuovere l’immobilismo della valle
In Val Mesolcina, purtroppo, non c’è mai fine al peggio. Lo dice il Partito del Lavoro dei Grigioni (PdL) che afferma: “è di pochi giorni fa la triste
notizia secondo cui l’ultimo residuo di quella che fu la ferrovia Bellinzona-Mesocco dovrà essere definitivamente smantellato, privando così la
nostra valle di un infrastruttura che, resistendo grazie al lodevole impegno della Società SEFT, rappresentava un piccolo fiore all’occhiello della
nostra comunità”.
Il comunicato del PdL continua severo: si tratterebbe – spiega – dell’ennesimo tassello di un progetto politico ben preciso deciso a Coira e a
Berna per impedire lo sviluppo della regione di valle: “siamo una periferia destinata a morire di vecchiaia, per cui la tattica è quella di staccare
la spina pian piano. Non si preoccupano nemmeno di farlo in silenzio, perché tanto la politica mesolcinese accetta tutto incondizionatamente,
dorme, tace e acconsente. La Regione Mesolcina naturalmente non apre bocca: e chi l’ha mai sentita? Evidentemente quando gli onorevoli non
fiutano la possibilità di mettere qualcosa in tasca non si muovono. Stesso discorso per i deputati mesolcinesi al Gran Consiglio Retico: quanti
ricordano come si chiamano? Che fanno? Insomma: come nel caso della Alice Allison di Grono, denunciato a più riprese dal PdL, dalla politica
nostrana si è potuto registrare soltanto un silenzio di tomba”! La ferrovia Bellinzona-Mesocco (BM) è “un’ottima struttura a vocazione turistica”. Ma
il santo vale davvero la candela, verrebbe da chiedersi? Per i comunisti mesolcinesi non ci sono dubbi: “gli estremi per puntare i piedi e chiedere
rispetto sono serviti su un piatto d’argento: la concessione per il traffico passeggeri scade nel 2013, mentre quella per le infrastrutture nel 2020.
Sarebbe la prima volta in Svizzera che il Consiglio Federale stralcia una concessione ferroviaria in Svizzera”. Insomma non ci si dà per vinti e il
processo di valorizzazione della comunità di valle anche attraverso la ferrovia non cessa.
Oltre a una questione inerente lo sviluppo economico della regione e l’estensione del trasporto pubblico il PdL va oltre e ammette che se ha
preso vita in Mesolcina la necessità di lanciare un nuovo partito è anche perché “questa prassi politica del «tacere ed acconsentire» e della partitocrazia monolitica e immobile deve finire”.
Non si tratta solo di parole: il PdL ha già depositato un’interpellanza al Municipio di Roveredo: è infatti quest’ultimo a giocare un ruolo centrale
nella vicenda. Il progetto di “ricucitura” del capoluogo mesolcinese che prevede la costruzione di una circonvallazione e lo smantellamento
della A13 che spacca a metà il paese sarà infatti la tomba della “BM”. Pare che nessuno nell’élite locale, però, se ne sia accorto e di conseguenza
abbia sentito il bisogno di informare la popolazione. Proprio per questo il PdL potrebbe valutare il lancio di un’iniziativa popolare “allo scopo di
rivalorizzare un pezzo della nostra storia. Perché noi di perdere il treno ne abbiamo abbastanza”.
Bellinzona problematica
l’inchiostro rosso - 3
L’alleanza con il Noce si avvia alla conclusione: “premesse disattese!”
«Il contatto con la popolazione
è mancato progressivamente,
le premesse politiche non sono
state mantenute, la coesione del
gruppo è svanita praticamente
già all’inizio della legislatura e
il consenso popolare temo si
sia lentamente sfilacciato». È
un’analisi severa quella che il
consigliere comunale di Bellinzona Massimiliano Ay fa del
movimento del Noce, sulla cui
lista è stato eletto nel 2008 come
rappresentante del Partito comunista. Il 28enne, che è anche
segretario politico del Pc cantonale, annuncia così che alle elezioni comunali di aprile 2012 non
sarà più in corsa sotto i colori
del gruppo fondato dal sindaco
Brenno Martignoni (gruppo il cui
destino, per altro, non è ancora
stato chiarito).
«La discussione all’interno della
sezione comunista sui primi tre
anni di legislatura ci induce a ragionare su altre soluzioni», spiega Max Ay quando lo incontriamo per capire le sue motivazioni.
«Continuerò nel Noce fino ad
aprile ma per il futuro stiamo
studiando nuove alleanze», aggiunge il comunista di Carasso.
Che pensa dunque a correre in
solitaria o a una coalizione di
sinistra: le trattative sono già partite con il Ps e presto si cercherà
il contatto anche con i Verdi.
Ma entriamo nel dettaglio. Ay
giudica «comunque positiva»
la sua presenza nel Noce e non
la rinnega, avendogli permesso
di fare un’esperienza istituzionale con grande indipendenza.
«Merito di Brenno», afferma il comunista. «Nel 2008 le premesse
erano ottime perché Martignoni
faceva da garante nella difesa
di un approccio da lui stesso
definito di centro-sinistra» (leggasi ad esempio lotta alla privatizzazione dell’Aecb). Ma «la
maggior parte delle premesse
sul modo di far politica e sui
contenuti stessi è stata purtroppo disattesa». In primis la difesa
a oltranza del servizio pubblico.
Due gli esempi principali: l’idea
di smantellare la clinica dentaria
comunale a cui ha aderito buona parte del gruppo in Cc; e
l’adesione di Martignoni, già sul
finire della campagna elettorale
2008, all’iniziativa leghista per gli
sgravi fiscali.
Ai comunisti non sono andati
giù nemmeno i voti contrari e
le astensioni del Noce ad alcune
domande di naturalizzazione
tecnicamente ineccepibili, e
anche sulla politica giovanile il
movimento «è stato deboluccio»
sia in Cc che nell’Esecutivo. Ay
cita anche il sostegno alla variante di Pr per l’Irb con cui il Noce
«si è prestato alle future speculazioni edilizie». «Tutte ambiguità
che i compagni del Pc faticano
ad accettare», commenta il segretario lamentando «l’assenza
di compattezza decisionale nel
gruppo del Noce».
Ma soprattutto la delusione
deriva dal fatto che, contrariamente alle promesse, «non è
stata favorita la partecipazione
dei cittadini». Lo dimostra il ‘gio-
vedì del Noce’, momento di aggregazione che a mente di Massimiliano Ay è stato organizzato
una sola volta. Poi il nulla. Anche
il sito Internet è scomparso. La
cesura va ricondotta al 2009 con
le dimissioni di Sidney Rotalinti,
autore del concetto comunicativo del movimento: «La sua
partenza è stata una grave perdita e purtroppo non è mai stata
analizzata», denuncia Ay. È storia
più recente il banchetto nuziale del sindaco a Palazzo Civico:
«Nonostante l’amicizia con Martignoni, ammetto che avrei agito
diversamente».
Infine, il futuro del Pc in città: «Il
programma, sia esso in solitaria o
in coalizione, sarà di opposizione
a questo Municipio e si concentrerà sui giovani, sul servizio
pubblico e sulla vivibilità di Bellinzona». La campagna elettorale,
all’ombra dei castelli, è lanciata.
Tratto da: “LaRegione Ticino”, 30
luglio 2011 (SIBER).
I comunisti si oppongono all’abbattimento della “Casetta” di Bellinzona
Nonostante le ripetute richieste dei giovani, il Municipio aprofitta dell’estate per abbattere il centro giovanile vicino al liceo!
Il consigliere comunale del Partito Comunista Massimiliano
Ay ha inoltrato un’opposizione
alla domanda di costruzione
(o meglio di distruzione) del
Dicastero Opere pubbliche ed
ambiente atta alla demolizione
di Casa ex-Zoni, la casetta che
sorge sul prato antistante il liceo della capitale in via Mirasole e che fino al 2004 fungeva
da centro giovanile. Senza offire
alcuna alternativa ai giovani e
dilapidando somme ingenti di
soldi pubblici per ristrutturarla
e ora per abbatterla, quella che
per i bellinzonesi più giovani è
semplicemente “la casetta” diventa un problema anche giuridico.
Il consigliere comunale comunista scrive infatti: “Nei termini
della pubblicazione all’albo comunale inoltro regolare opposizione alla domanda di costruzione menzionata in epigrafe
per i seguenti motivi:
• La domanda è priva di qualsiasi argomentazione e cita semplicemente un’ipotetica decisione di abbattimento presa
dal Municipio di Bellinzona.
• Un’eventuale decisione di abbattimento deve comunque
essere sottoposta al Consiglio
comunale sulla base dell’art.
13 lit. h LOC
• La casa ex-Zoni è stata ristrutturata negli ultimi anni
e ancora di recente, con il rifacimento completo del tetto,
scale ed uscite anti-incendio
con un investimento di oltre
fr. 100’000.- (come confermato
dal Municipio rispondendo a
una mia interpellanza): risulta quindi incomprensibile la
domanda odierna di demolizione con una spesa preventivata di fr. 30’000.-.
• Anche nell’ipotesi in cui – nonostante le pressanti e con-
tinue richieste dei giovani, in
particolare ma non solo del
sindacato studentesco del liceo cittadino e ancora prima
dell’associazione Giovani di
Bellinzona (con cui il Municipio
aveva firmato un contratto di
comodato proprio per la gestione di tale stabile) – non si
voglia più utilizzarla quale Centro giovanile, la stessa potrebbe rivelarsi utile per numerosi
altri scopi, quali Centro interassociativo per altri Gruppi ed
associazioni, Centro servizi per
il futuro Parco urbano previsto nella zona oppure, almeno
provvisoriamente, per l’area
sportiva che attende da tempo
gli spogliatoi.
Sperando che le mie considerazioni (nonché quelle
dei movimenti giovanili operanti a Bellinzona) vengano tenute in debita considerazione
e conseguentemente che la
domanda non venga concessa, o almeno sospesa in attesa
dei necessari chiarimenti al
proposito, porgo i miei distinti
saluti.”
Un analogo ricorso è stato
poi presentato al Consiglio di
Stato dai consiglieri comunali
Ay (Partito Comunista), Solari
(Noce), Barenco (Noce) e Buzzi
(Bellinzona Vivibile).
La municipale per le attività
giovanili Flavia Marone aveva
comunicato ad Ay che quella
dell’abbattimento era solo una
ipotesi tutta da vagliare solo
pochi giorni prima. Sperava
forse, complice le vacanze, di
far decorrere i termini di ricorso? Forse sì, ma la rappresentante “uregiatt” nell’esecutivo
cittadno, oltre a non conoscere
i giovani (ad esclusione forse di
bravi bimbetti da oratorio) non
conosce nemmeno i comunisti,
soprattutto se incazzati.
FRONTALIERATO
4 - l’inchiostro rosso
Ristorni dei frontalieri: quando la propaganda non è realtà
Il Consiglio di Stato ha coneglato la metà dei ristorni alla fonte versati ai comuni italiani di frontiera: una misura contro gli operai!
Aris Della Fontana, coordinatore della Gioventù Comunistaa
Cosa sono i ristorni fiscali?
I Comuni italiani in cui i frontalieri sono domiciliati ricevono un versamento annuale che corrisponde al 38,8% dell’ammontare totale
delle imposte pagate dai lavoratori frontalieri in Svizzera in base ad
un accordo ratificato tra Svizzera ed Italia nel 1974. Questo provvedimento, che si riferisce esclusivamente alle località italiane nel raggio
di 20 km dalla frontiera con il Cantone Ticino, trasferisce oltreconfine
all’incirca una quota di 50 milioni di franchi annui. Più del 60% di tale
imposizione rimane dunque in Ticino, andando a svolgere un ruolo
non certo marginale per quanto riguarda il sostentamento finanziario degli investimenti cantonali.
Una scelta sbagliata e poco lungimirante
Il Consiglio di Stato, congelando la metà dei ristorni alla fonte versati
ai comuni italiani di frontiera, ha preso una decisione che differisce
sostanzialmente da quanto decretato attraverso un accordo internazionale vincolante tra Italia e Svizzera, che, oltre a promuovere un
provvedimento che con la legalità ha poco a che fare, va a costituire
uno sconveniente precedente nell’ambito dei rapporti tra i due paesi.
Va inoltre ricordato che, per quanto riguarda questo tipo di accordi
internazionali, le singole autorità cantonali non hanno la facoltà di
promuoverne sostanziali modifiche, bensì devono sottostare alle decisioni della Confederazione, la quale é l’organo a cui competono
prioritariamente tali postulati. Da notare come in altri casi (come il
salario minimo) si presti molte attenzioni alle competenze…
I fondi congelati costituiscono una risorsa importante per coloro che
fino a poco tempo fa ne potevano beneficiare e, quindi, tale decisione potrà avere sostanziali ripercussioni per i Comuni delle province
di Como, di Varese e del Verbano Cusio Ossola, andando a mettere
seriamente in discussione l’integrità ed il mantenimento di servizi
essenziali, quali i trasporti pubblici e le politiche sociali.
Nel corso degli anni, l’accordo in questione, risalente al 1974, ha
subito un’unica modifica, datata 1985. Da questo momento fino ai
giorni nostri esso non ha più visto alcuna trasformazione. È dunque
evidente che un potenziale aggiornamento ed adattamento alle
mutate circostanze che concernono l’attualità di tale accordo è auspicabile. In tal senso un adeguamento che includa il principio della
reciprocità (l’introduzione di ristorni anche per i lavoratori ticinesi impiegati oltreconfine) sarebbe sottoscrivibile.
A chi appartengono e a cosa servono i ristorni?
Volendo analizzare il ruolo che i ristorni svolgono per le economie
dei comuni italiani di frontiera, non possiamo che rimarcare quanto essi siano oggettivamente legati ad esigenze (investimenti ed in
generale attività economiche) reali e certamente non immaginarie.
L’atto di bloccare il 50% di tali contributi presuppone la consapevolezza che queste entità appartengano e debbano essere gestite dal
Ticino. Si pone dunque un interrogativo più che mai chiaro: chi ha
diritto a beneficiarne?
La risposta, che sconfessa e ridimensiona la decisione del Consiglio
di Stato, sembra abbastanza evidente quando si constata che i ris-
torni hanno origine dall’imposizione sui salari dei lavoratori frontalieri e, dunque, essi hanno logicamente il diritto a vedere investiti tali
risorse economiche nel luogo e nel modo a loro più conveniente. In
base a questo fatto appare logico che i fondi in questione vadano a
finanziare i territori in cui i frontalieri spendono gran parte del proprio reddito e dove usufruiscono regolarmente dei servizi pubblici
locali. Evidentemente, per il nostro governo, l’opinione dei lavoratori
frontalieri è un “dettaglio” che non va preso in considerazione.
Peraltro è importante far notare come il Cantone Ticino incassi annualmente 75 milioni di franchi (circa il 15% del gettito totale delle
persone fisiche) dall’imposizione sui salari dei lavoratori frontalieri.
È lecito domandarsi, in base a tali cifre, se le nostra classe politica,
tanto preoccupata, per meri scopi elettoralistici, a bloccare fondi che
spettano legalmente alle economie dei comuni d’oltreconfine, faccia
davvero abbastanza per offrire a questi salariati itineranti le prestazioni ed i servizi del caso. L’Amministrazione Pubblica, le Istituzioni Scolastiche, i Servizi Sociosanitari, la Sicurezza Sociale sono ambiti in cui
il nostro Cantone offre particolari prestazioni ai lavoratori frontalieri?
Non sembra e, anzi, tali disponibilità vengono “appaltate” ai Comuni
in cui sono domiciliati questi lavoratori.
Una manovra elettorale che nasconde i veri problemi
Attraverso la retorica populista e patriottarda che è stata montata
attorno a tale questione (sostanzialmente: “i sa porta in Italia i nos
imposcti”) si sta distogliendo l’attenzione dell’opinione pubblica dai
reali problemi che concernono ed attanagliano la popolazione che
lavora nel nostro Cantone. È indubbio ed evidente il ruolo che tale
disputa svolge all’interno del progetto politico e propagandistico
che le forze borghesi stanno portando avanti. Il gioco è semplice.
Prendere un tema, i ristorni fiscali in questo caso, cavalcarlo ed ingrandirlo in modo iperbolico affinché buona parte dell’attenzione
mediatica e popolare si riversi su di esso, portando acqua al mulino
degli ideologi di tali manovre in funzione prettamente elettorale.
Del resto, attraverso queste vere e proprie invenzioni politiche, si
promuove una strategica divisione, in questo caso transnazionale,
dei salariati, unitamente alla diffusione ed all’intensificazione di
sentimenti xenofobi. Un panorama che certo va a genio a coloro
che quotidianamente, all’interno del mondo dal lavoro, complice
un’infausta liberalizzazione del mercato del lavoro, possono continuare a speculare al ribasso nella concorrenza fra lavoratore indigeno
e lavoratore frontaliere. Una concorrenza che inevitabilmente porta
periodicamente verso il basso il livello salariale nei diversi settori. Il
padronato costruisce sostanziosi profitti speculando sull’assunzione
di manodopera frontaliera, che si trova in una condizione di necessità tale da accettare un salario minore rispetto agli indigeni per lo
stesso lavoro.
La battaglia politica per l’introduzione di un salario minimo legale
s’inserisce appunto nei solchi di questo scenario, poiché tale provvedimento andrebbe ad arginare la riduzione generalizzata della
massa salariale e, nel contempo, potenzierebbe un potere d’acquisto
popolare che in questi tempi di crisi ha subito un forte e pericoloso
ridimensionamento.
l’inchiostro rosso - 5
crisi economica
CINEMA
Censurata la più bella del Nord
Inconscio italiano
L’Islanda affronta la crisi economica in modo particolare
Un documentario sul colonialismo che fa riflettere sul presente
Janosch Schnider
Aris Della Fontana
Dobbiamo viaggiare fino nei pressi del circolo polare artico per tro- Un documentario di Luca Guadagnino, presentato in anteprima monvarla: si sta distinguendo come la più bella del nord ma nessuno ne diale al Festival Internazionale di Locarno, incentrato sull’occupazione
parla. È l’Islanda, un paese che possiamo facilmente definire vulcani- Italiana in Etiopia, raccontata dalla voce di sei intellettuali e storici e
co, non fosse che per le gesta del vulcano Eyjafjallajökull, che ha reso dai filmati dell’epoca fascista.
questo paese di soli 320’000 abitanti celebre in tutto il mondo. E se
le ceneri eruttate dal suddetto vulcano islandese hanno impiegato Questa preziosa raccolta di testimonianze favorisce l’individuazione
poche ore ad oscurare i cieli di mezza Europa, bloccando il traffico di una storicamente corretta visione dell’Italia e del suo essere naziaereo su buona parte del continente, ancora più forte e capillare è one che, prendendo parte a determinate “missioni” a livello extranazistata la capacità da parte del sistema mediatico – come se ci trovas- onale, va ad influire in modo sostanziale sulle dinamiche di sviluppo
simo di fronte a una sorta di botta e risposta – nell’oscurare la tenacia delle terre e delle conseguenti nazioni soggette. Un’influenza che
e la risolutezza del popolo islandese.
non é evidentemente unilaterale ma, di pari passo, mostra, tra le sue
Ma di che stiamo parlando? Ebbene, pochi sanno quanto sta suc- caratteristiche fondanti, un’importante bilateralità. Possiamo percedendo nel paese del ghiaccio, ma per comprendere al meglio tanto individuare ed analizzare gli effetti, le impronte, dall’azione
quale sia l’eccezionalità dei fatti islandesi occorre fare un passo indi- coloniale osservando sia gli effetti del colonialismo sulle terre che
etro, fino al 2008, l’anno dello scoppio della crisi che stiamo ancora l’hanno subito, sia sulle terre che l’hanno realizzato.
pagando al giorno d’oggi. In tutta Europa – Svizzera compresa – le
conseguenze del crac finanziario e dello scoppio delle bolle specula- In tal senso questa sorta di film-saggio rappresenta nitidamente, in
tive hanno portato all’accumulo di una serie di debiti impressionanti diversi punti, attraverso contributi verbali e fotografici, lo sfruttada parte delle banche, che sono stati colmati dai vari stati accollando mento, perpetuato attraverso il controllo dei processi produttivi e la
tutto il peso della crisi su chi di fatto non ha concorso in alcun modo supramazia negli scambi commerciali, da parte del fascismo italiano
a causarla, vale a dire i salariati: in estrema sintesi ciò significa che nei confronti dei differenti territori colonizzati.
a seguito di queste manovre sono piovuti i piani di austerity, più o
meno espliciti, che hanno generato logicamente un circolo vizioso Ci troviamo di fronte ad un ritratto intellettuale e cinematografico
fatto di tagli allo stato sociale e ai servizi pubblici, e di precarizzazi- che in nessun caso può essere associato ad un veterostoricismo auone delle condizioni di lavoro.
toreferenziale ed astratto poiché i fenomeni che vengono scorporati
Di fronte ad una simile situazione sorgerebbe spontaneo gridare per essere analizzati attechiscono con impeto ancora oggigiorno.
all’ingiustizia e pretendere la severa messa in dubbio di un intero Essi sono la chiave di volta per la comprensione di un’attualità semsistema economico che sta portando la nostra società – causa i suoi pre più contraddittoria, falsata da una disinformazione strumentale
deficit non solamente congiunturali, bensì strutturali – al collasso e scentemente organizzata.
sociale, ma niente da fare: la reazione non giunge e le manovre di
austerità passano, paese per paese. Fino ad un giorno ben preciso, Una mistificazione mediatica che fondamentalmente non evidenzia
quando spunta l’eccezione, e l’esempio viene dal paese che non ti (cioé non dice) quanto dovrebbe essere reso universalmente noto,
aspetti. È il 6 marzo del 2010: ci pensa proprio l’Islanda a rompere il si- “pubblico” e che si lega a filo doppio con l’apparizione di fenomeni
lenzio. Il referendum popolare che chiede di non pagare i debiti delle (popolari e politici) di razzismo dilagante.
banche ottiene una vittoria schiacciante toccando vette del 93% di
consensi, quando intanto i politici elvetici hanno già varato a tempo L’ingenza dei flussi migratori, alla quale le autorità rispondono spesrecord un piano di salvataggio che tra Confederazione e Banca Na- so con la repressione e con la quale i partiti xenofobi costruiscono
zionale Svizzera va a sostenere UBS con quasi 70 miliardi di denaro la propria retorica politica ed elettorale, apre una ferita che i popoli
pubblico. Ma gli islandesi non si limitano a ciò: oltre alla dichiarazione europei non sono ancora riusciti a rimarginare ma, anzi, tendono ad
d’insolvenza del debito, scattano i mandati di cattura internazionali aggravare sempre più: la comprensione e la tollerenza nei confronti
per i banchieri che hanno concorso al crac finanziario ed economico, dell’immigrazione e, in fin dei conti, del diverso.
giungono le dimissioni dell’intero governo, vengono nazionalizzate
le principali banche commerciali e viene costituita un’assemblea po- Un’accoglienza che trova terreno fertile nella comprensione, da parte
polare incaricata di elaborare ex-novo la costituzione, la quale pub- dei popoli che storicamente, come ancora attualmente (attraverso il
blica le bozze online in maniera tale che attualmente qualsiasi cit- neocolonialismo delle multinazioni e del capitalismo mondializzato),
tadino possa concorrere con i propri spunti alla realizzazione della hanno perpetuato l’espansione coloniale. Una comprensione stretstessa, all’insegna del principio del crowdsourcing.
tamente funzionale alla concezione della normalità che é insita nei
Una vera e propria lezione di sovranità popolare, monetaria e di fenomeni migratori.
democrazia diretta insomma: un’alternativa alla tragedia greca dei
piani di austerity, voluti da un soggetto sempre più palesemente an- Attraverso questo contributo cinematografico si vuole dunque ricotisociale come l’Unione Europea, dal sapore quasi rivoluzionario.
struire un percorse nazionale, su un piano politico ed economico,
Pensiamo un po’ che potrebbe venirne fuori se i popoli di tutto attraverso cui discernere i fenomeni che concernono l’attualità con
l’Occidente prendessero spunto dall’esperienza di questa bella nor- correttezza per evitare spiacevoli incomprensioni.
dica. Sicuramente qualcosa di molto scomodo per chi, nonostante
un reiterarsi di fallimenti e collassi vari, continua a tenersi ben saldo
ai posti di controllo di un sistema economico che continua a vedere
nell’accumulo dei profitti una priorità e un dogma irrinunciabile.
Per cui non ditelo troppo in giro… Inconscio italiano
no global
6 - l’inchiostro rosso
L’eclisse della democrazia: a 10 anni dei fatti di Genova
Vittorio Agnoletto, già portavoce del Genoa Social Forum è stato ospite del Partito Comunista a Bellinzona!
Redazione
Incontro d’eccezione alla Casa
del Popolo di Bellinzona la sera
del 2 agosto 2011: su invito dei
comunisti ticinesi è infatti giunto dall’Italia Vittorio Agnoletto,
già parlamentare europeo e nel
2001 portavoce del Genoa Social Forum. Agnoletto era in Ticino per presentare il suo ultimo
libro “L’eclisse della democrazia”
(Feltrinelli 2011) a un pubblico
di poco meno di una quarantina
di persone, perlopiù giovanissimi. L’opera di Agnoletto, scritta
con la collaborazione del giornalista Lorenzo Guadagnucci, è
un saggio di oltre 260 pagine
che rivela le verità nascoste sul
G8 svoltosi a Genova dieci anni
fa con i suoi tragici epiloghi di
violenza contro i manifestanti
da parte delle forze dell’ordine.
Presente fra i relatori anche Davide Rossi, a quel tempo sindacalista per l’Unicobas, accreditato come giornalista al G8 e
autore del libro “Col cuore nei
giorni di Genova” (2007) che nel
suo intervento ha ricordato il
clima di quei momenti e la sua
testimonianza diretta delle repressioni.
capitalistica variegate che si
erano espressi prima di Genova,
a Seattle, a Göteborg, a Praga,
ecc. Un movimento composito
sia politicamente sia organizzativamente, che ha avuto il
pregio enorme di trattare temi
fondamentali con grande anticipo. Due fra tutti: la questione dell’ecosostenibilità e
l’ipotesi di una tassa sulle transazioni finanziarie speculative.
Aspetti, questi, che oggi sono
sulla bocca di tutti, in primis di
quei governanti che dieci anni
fa ridicolizzavano (o criminalizzavano) il movimento. Proprio
la crisi economica che stiamo
vivendo in Occidente da quasi
tre anni e che continua ad essere pagata dai lavoratori e dai
giovani in perenne stato di precarietà era stata ampiamente
prevista nei dibattiti dei social
forum che si tennero in quegli
anni nell’indifferenza dei media
e nei timori della classe politica
che non esitò – come fu il caso
di Genova – a terrorizzare la
popolazione utilizzando proiettili veri, gas CS vietati in guerra
dalla convenzione di Ginevra,
e in generale una repressione
da “macelleria messicana” come
era stata definita allora da alcuni giornalisti. Genova – ha
ricordato Ay, che all’epoca dei
fatti era da poco maggiorenne
e non poté partecipare alle
manifestazioni perché chiamato sotto le armi – “è stata non
solo il momento d’espressione
del movimento, ma è stata anche un luogo di repressione inaudita che non possiamo scordarci, anche solo per il rispetto
nei confronti della memoria di
un ragazzo, Carlo Giuliani, che
nel tentativo di disarmare un
carabiniere (peraltro di simpatie fasciste) venne brutalmente
ucciso”.
Fra il pubblico, molto attento e
partecipe, si sono riconosciuti
anche, provenienti dalla Mesolcina, il più giovane consigliere
comunale di Roveredo, Mattia Antognini, che ai tempi di
Genova aveva solo 9 anni, ma
anche Gianni Frizzo, leader operaio dello sciopero delle Officine ferroviarie di Bellinzona
del 2008, che a Genova era presente a manifestare, e Janosch
Schnider, coordinatore del sindacato studentesco SISA.
La serata è stata introdotta da
Massimiliano Ay, attuale segretario politico del Partito Comunista Ticinese (PC), che ha
contestualizzato i fatti di dieci
anni prima ai molti giovani presenti: il movimento no-global Vittorio Agnoletto, impressiondi allora veniva da esperienze ato dai tanti giovani presenti
di critica alla globalizzazione in sala, prima di prendere la
parola ha tenuto a ringraziare il
segretario del PC per il legame
d’amicizia che intercorre ormai
da diversi anni e per aver promosso questo primo evento di
presentazione della sua opera
oltre i confini italiani. L’ex-eurodeputato indipendente di Rifondazione Comunista ha saputo
mantenere per tutte le due ore
di conferenza l’attenzione sulle
sue parole, spiegando dettagliatamente i retroscena dei fatti
del luglio 2001, dall’omicidio
di Piazza Alimonda al massacro della scuola Diaz, come essi
si sono svolti e le difficoltà, le
minacce e le pressioni che egli
stesso ha dovuto subire in Italia,
da apparati degli stessi organismi statali, per riuscire a indagare
e a pubblicare questo libro. Agnoletto, che ha dovuto accettare
una parziale scorta a tutela della
sua incolumità fisica e di quella
della sua famiglia, ha raccontato
di intimidazioni e di incontri con
agenti dei servizi segreti per evitare che sulla verità di Genova
fosse fatta finalmente luce. Le
responsabilità di Genova, però,
non vanno solo ricercate nei
fascisti dell’allora vicepremier
Gianfranco Fini o dai poteri forti
in mano a Silvio Berlusconi, ha
spiegato l’ex-leader dei manifestanti no-global: esistono gravi
colpe del centro-sinistra di Massimo D’Alema a cui, nel gioco
della lottizzazione, facevano
riferimenti i vertici delle forze
dell’ordine che, dopo Genova,
sono assurdamente pure stati
promossi.
Nella discussione che è seguita alle relazioni, si sono affrontati i nodi non risolti di
quell’esperienza, anche con
ampie riflessioni di Gianni Frizzo
sulla solidarietà fra le persone
e le difficoltà per la sinistra a
trasmettere determinati messaggi. Un tema sollevato dai
partecipanti e dallo stesso Agnoletto è quello della “guerra fra
poveri” fra lavoratori autoctoni
e immigrati. Non sono poi mancante riflessioni geopolitiche
sull’emergere di paesi come la
Cina e le pericolosità degli Stati
Uniti che, essendo in una irreversibile fase calante – ha spiegato Davide Rossi – assumono
caratteri particolarmente guerrafondai e neocoloniali. Agnoletto ha poi spiegato le problematiche delle relazioni fra
nord e sud del mondo, dei flussi
migratori e la necessità di saper
operare sul proprio territorio
ma sempre coniugando ciò con
una visione più ampia, internazionalista, affinché i lavoratori del Nord non siano complici
dello sfruttamento dei lavoratori del Sud. Ay ha concluso la
serata con una nota marxista,
sottolineando alcuni elementi
teorici: la differenza fra paesi
del centro imperialista e della
periferia subalterna, per situare
il precedente ragionamento di
Agnoletto; nonché il rapporto
dialettico che deve esistere fra
un partito come quello comunista e un movimento molto
plurale come quello che si è
vissuto a Genova: “dobbiamo
trovare un equilibrio – ha spiegato – fra i liquidazionisti che
vorrebbero sciogliere il partito
nel movimento e il dogmatismo di chi pensa che il partito
sia un’avanguardia di purezza
che non si deve compromettere con un movimento popolare per forza di cose contraddittorio al suo interno”.
CONTRO L’IMPERIALISMO
l’inchiostro rosso - 7
I ribelli siriani si accordano con la Francia: petrolio gratis a Sarkozy
Il Partito Comunista Siriano e la Federazione Sindacale Mondiale si schierano con il governo di Assad per bloccare la controrivoluzione
Mentre in Egitto o in Tunisia si è assistito a una rivolta popolare delle
classi sociali diseredate, stanche di
un regime nel contempo oppressivo e responsabile della subalternità del proprio paese alle potenze
neo-coloniali, quelli che vediamo
in Siria (o che abbiamo visti in Libia)
sono movimenti di ben altra natura.
Composte perlopiù dal ceto medio
e medio-alto urbano arricchitosi
grazie alle magre libertà economiche che il sistema guidato dal
presidente Assad concedeva, tali
rivolte sono situazioni eterodirette
dall’esterno, nell’ottica di destabilizzare un governo che non si è piegato al volere delle multinazionali e
dei poteri forti euro-americani. Basti pensare al fatto che il cosiddetto
“Consiglio Nazionale di Transizione”
siriano – il quale, stando a certi media “liberi”, sarebbe una sorta di organizzazione patriottica composta
di partigiani in lotta per “democrazia”, i “diritti umani” e la “liberà” – ha
promesso a Nicolas Sarkozy con
tanta generosità (e senza certamente chiederlo al popolo) che
la Francia potrà usufruire del 35%
delle risorse petrolifere siriane, qualora decidesse di invadere militarmente il paese (alla faccia del patriottismo!), bombardando il popolo
che ritengono voler difendere e
ponendo fine al progetto politico
del partito “Baath” al potere. La lettura possibile a questo punto è una
sola: il neo-colonialismo europeo
ed americano ha deciso di iniziare
una nuova offensiva in Medio Oriente per conquistarsi nuovi mercati
e si sta alleando per questo con la
borghesia “compradora” siriana occidentalizzata nell’ottica di umiliare
la sovranità nazionale della Siria e
subordinarla alle leggi della globalizzazione capitalista.
Se la manovra sullo scacchiere
geopolitico appare ormai chiara,
non si può negare una maggiore
complessità nel leggere l’origine
dell’attuale situazione di instabilità.
Gli eventi siriani hanno insomma
cause interne ed esterne come ha
bene indicato il Partito Comunista
Siriano in un suo recente convegno. I comunisti, che – è bene ricordarlo – collaborano organicamente
al governo di Assad, hanno criticato quest’ultimo per il degrado delle
condizioni di vita delle fasce popolari dovute alle riforme di mercato
adottate e ai tagli ai sussidi statali
ai prodotti di prima necessità. Le
timide liberalizzazioni economiche
e la modernizzazione dell’industria
hanno infatti creato dei disagi, fra
cui un aumento della disoccupazione soprattuto fra i giovani, che
sono poi stati facilmente strumentalizzati dalle forze reazionarie. Va
detto che tali riforme sono state
in gran parte frutto dei dictat del
Fondo Monetario Internazionale
(FMI) e che il governo di Assad
ha risposto positivamente a buona parte delle rivendicazioni dei
lavoratori siriani che chiedevano
miglioramenti sociali. Lo stesso
presidente non ha esitato ad usare,
però, il pugno di ferro non appena
resosi conto che le rivolte stavano
mutando la loro composizione fino
a passare velocemente sotto la
guida delle forze anti-governative
di stampo filo-imperialista. Le ribellioni sono state infatti sostenute
apertamente dal governo di Israele
e alcune manifestazioni di protesta
hanno visto in piazza nientemeno
che l’ambasciatore di Francia e
quello degli Stati Uniti assieme ai
rivoltosi. Creare instabilità nel Paese
fino allo scoppio di una guerra civile permetterebbe alla NATO di
intervenire con una facile scusa,
consentendo l’instaurazione di un
regime favorevole all’Occidente.
In Siria, a partire dal 1966 sotto la
direzione del partito Baath e con la
partecipazione del Partito Comunista, è stata portata al potere una
rivoluzione nazional-democratica
che ha assicurato l’indipenenza
del Paese, una politica estera antiimperialista, nonché delle riforme
progressiste sia in ambito economico che sociale. Non mancarono – grazie al sostegno dell’allora
Unione Sovietica – anche progetti infrastrutturali, quale la diga
Thawra sul fiume Eufrate, che garantiva al paese l’autosufficienza
energetica e un sistema efficiente
di irrigazione agricola. La rivoluzione “baathista” favorì inoltre la democratizzazione
dell’istruzione
pubblica, prima appannaggio di
pochi figli dell’élite. La scelta, poi, di
subordinare l’economia agli interessi dello Stato fu determinante per
l’innalzamento del tenore di vita
dei lavoratori e dei contadini. Oltre
a ciò la Siria divenne un paese laico
e multi-religioso dalla politica es-
tera molto coraggiosa e totalmente
in contrasto con l’espansionismo
dei sionisti. Una rivoluzione nazional-democratica è però di per sé
fragile e transitoria: può portare, in
determinate condizioni, ad una vittoria di tipo socialista, oppure anche a una regressione verso il capitalismo, soprattutto se si aprono
brecce nell’apparato burocratico
dello Stato. In questa situazione instabile l’imperialismo ha deciso di
giocare la sua carta per abolire ogni
ipotesi realmente rivoluzionaria:
l’esito del conflitto è oggi ancora
incerto, su una cosa però possiamo
essere sicuri: l’eventuale sconfitta
dell’attuale governo significherebbe però tutt’altro che libertà, pace
e democrazia!
I comunisti siriani hanno conseguentemente riaffermato la loro
posizione e si sono schierati, nonostante le legittime critiche che
abbiamo visto sopra, con il governo di Assad. E ciò vale sia per il
Partito Comunista Siriano, sia per
il più “riformista” Partito Comunista
Siriano Unificato, entrambi membri
del Fronte Nazionale Progressista.
Assad, peraltro, continua a godere dell’appoggio indiscusso del
“Baath”, ossia il “suo” Partito Arabo
Socialista che, per diritto costituzionale, è considerato “partito guida”
della nazione. Al fianco del governo
e quindi contro la rivolta si è schierata anche la Federazione Generale
dei Sindacati (GFTU) che riunisce
tutti i sindacati siriani, guidata da
Shaaban Azzouz. La GFTU ha, come
prevedibile, ottenuto la solidarietà del segretario generale della
Federazione Sindacale Mondiale
(FSM) Geroge Mawrikos, il quale ha
diramato una nota con le seguenti
parole: “gli attacchi pianificati degli
imperialisti contro la Siria, contro la
classe operaia e contro il popolo
della Siria non sono un fenomeno
nuovo. La vera ragione sta nel sostegno dei governi USA e dei loro
alleati a Israele e all’occupazione
dell’esercito israeliano dei territori
arabi. Il loro obiettivo sono il petrolio e le risorse acquifere (…). Oggi
tutti capiscono che questi attacchi
organizzati contro la Siria mirano a
imporre a quest’ultima un cambiamento nella sua politica estera, per
renderla subalterna agli USA”. Intanto nel paese si iniziano a registrare
numerosi cortei lealisti con il gov-
erno, a dimostrazione dell’ampia
fiducia di cui il presidente può ancora contare.
La Turchia è uno degli stati confinanti più colpiti dalla crisi siriana, a
seguito degli ingenti flussi migratori di rifugiati. E proprio da qui che si
registrano le iniziative di solidarietà
internazionalista più interessanti.
L’Unione Giovani di Turchia (TGB),
una sorta di fronte unito anti-imperialista nonché una delle organizzazioni giovanili di massa più consistenti del Paese, si è infatti incontrata
nei giorni scorsi con l’Unione Nazionale degli Studenti Siriani legati
al pensiero “baatista”. Il seminario
tenutosi a Damasco ha affrontato
il tema dell’importanza dell’unità
nazionale contro l’imperialismo e il
separatismo etnico. La parte turca
ha presentato agli omologhi siriani la raccolta omnia delle opere di
Mustafa Kemal Atatürk, leader della
rivoluzione turca del 1923 e autore
del cosiddetto “Devlet Soysalizm”
(“Socialismo di Stato”), una variante
moderata rispetto al bolscevismo. Nei partiti della cosiddetta Sinistra
Europea (SE), manca ancora una
volta un’unità di vedute. Il presidente della SE, Pierre Laurent, a
capo del Partito Comunista Francese (PCF) parla dei dimostranti
come di “progressisti e democratici”
e definisce quello di Assad un regime del “terrore”. Posizioni che non
si discostano da quelle di un qualsiasi partito di destra felice di poter
presto esportare in Siria nuove multinazionali. La LINKE tedesca ha una
posizione un po’ più equilibrata, riconoscendo che la caduta di Assad
darebbe un vantaggio alle potenze
neo-colonialiste, ma nel contempo
chiede al governo siriano di cedere alle riforme volute dai manifestanti. La corrente comunista interna al taciturno Partito Svizzero
del Lavoro non ha mai rinunciato
al ruolo preponderante dell’antiimperialismo. Non è poi un mistero che il direttore de “L’inchiostro
rosso” in passato si era recato nel
paese mediorientale, abbia scritto
relazioni positive sulla situazione
del particolare “socialismo arabo”
attuato in Siria. Sulla stessa linea
anche il Partito dei Comunisti Italiani che non ha rinnegato la visita
cordiale fra il proprio segretario Oliviero Diliberto e Assad a Damasco
nel 2007.
8 - l’inchiostro rosso
Tutti morti i soldati USA che uccisero Bin Laden... ma che strano!
I misteri si infittiscono sulla politica sporca dell’amministrazione nordamericana nei confronti del “terrorismo”
di Julius Sequerra
Trentuno soldati statunitensi sono
rimasti uccisi quando l’elicottero,
un Boeing Chinook, su cui stavano
volando è precipitato in Afghanistan.
Dei trentuno deceduti, venti erano membri del SEAL Team 6.
Ero già stato precedentemente
informato (da un colonnello
in pensione dell’intelligence
dell’esercito) che si tratta delle stesse persone che si ritiene abbiano ucciso di recente Osama bin
Laden a Abbottabad. [NB: ilSeal
Team 6 è un gruppo ultra-scelto di
agenti “in nero” che è al di fuori del
protocollo militare, che partecipa
a operazioni che hanno il più alto
livello di segretezza e che spesso
oltrepassano i limiti delle leggi internazionali.]La storia ufficiale narra che i talebani hanno abbattuto
l’elicottero. Ho i miei dubbi (come
hanno molti altri che hanno più
senno di voi, davvero).
[Ricordatevi di Pat Tillman, la stella
del football che sciolse un contratto ricchissimo e andò volontario in
Afghanistan sulla scia dell’impeto
patriottico post-11 settembre? La
storia ufficiale è che Tillman stia
stato ucciso dal fuoco amico. Secondo le informazioni provenienti
da molti soldati statunitensi (alcuni li conosco personalmente), Pat
Tillman è stato assassinato dal suo
governo. Si dice che Tillman, il perfetto simbolo per il reclutamento
militare, si stava risvegliando dalle
bugie dell’11 settembre e aveva
iniziato a parlare un po’ troppo. Le
parole hanno risalito velocemente
la catena di comando. È stato ucciso da tre proiettili alla testa sparati da distanza ravvicinata. Davvero un fuoco amico.]
“Nessuno viene mai ingannato.
Ci si inganna da sé.” - Goethe
La “recente morte” di Osama ci fa
venire in mente le foto che erano presenti nella prime pagine
dei giornali durante l’invasione
dell’Iraq.
forze armate (e anche ad altri che
si affidano a fonti alternative per
Ricordate quell’immagine sim- le loro notizie) che Osama bin
bolo degli iracheni festosi che ai- Laden è morto per cause natuutavano ad abbattere la statua di rali nel 2001. Era appena ritorSaddam? Un mio conoscente dei nato in Pakistan da Dubai dopo
Marines mi disse di un amico che essere stato sottoposto a un tratera davvero sul posto, in quella tamento medico all’Ospedale
piazza. In realtà, non c’erano più Americano.
di cinquanta iracheni in quella
“folla festosa” e praticamente tutti Già nel marzo del 2000, Asia
erano stati pagati per partecipa- Week espresse preoccupazione
re a quel servizio fotografico.
per la salute di bin Laden, parlando di un serio problema di
[Avete per caso notato che salute che avrebbe potuto metc’erano solo alcune riprese tere la sua vita in pericolo a caufatte da un solo angolo di in- sa di “un’infezione renale che si è
quadratura? Il resto della piazza propagata al fegato e che richera totalmente vuoto, a parte il iede una speciale cura.”
personale militare USA e le apparecchiature.]
Dopo essere decollato da Quetta
in Pakistan, bin Laden giunse a
C’è stata un’altra foto classica, Dubai e fu trasferito all’Ospedale
quella di Saddam barbuto e in Americano. Fu accompagnato
disordine che sbucava da una dal medico personale e da un
tana con le mani pateticamente “fedele assistente” (probabilsospese nell’aria in un gesto di mente al-Zawahiri). Osama fu acsconfitta totale. Ve ne ricordate? cettato nel famoso dipartimento
di urologia guidato dal dottor
È anche quella una manipolazi- Terry Callaway, uno specialista di
one. Ho fatto personalmente la calcoli biliari e di infertilità.
conoscenza di un ex Marine che
conosce una delle persone che Bin Laden fu curato in una delha aiutato a mettere in scena le suite riservate ai VIP presenti
quel sordido affare.
nell’ospedale. Durante il suo
ricovero, ha ricevuto visite da
La verità è che Saddam fu alla fine molti membri della sua famiglia,
messo nell’angolo in casa di uno così come da importanti persondei suoi amici, e che lottò valo- alità dall’Arabia e dagli Emirati
rosamente fino all’ultimo proiet- Arabi. Nel corso della permanentile. Fu alla fine catturato, ancor za all’ospedale, l’agente di zona
più scapigliato (e già non dove- della CIA, ben noto a Dubai,
va essere un figurino dall’inizio), fu visto prendere l’ascensore
costretto con la forza a infilarsi in dell’ospedale per il piano di bin
quel buco e ricoperto di sporco Laden.
per assicurarsi un’immagine degna di Hollywood. Il solo sco- Pochi giorni dopo, un uomo delpo di quella foto era quello di la CIA si vantò con pochi amici
demoralizzare la popolazione di aver visitato bin Laden. Fonti
irachena mostrando il loro leader affidabili riportano che il 15 lugrannicchiato in atteggiamento lio, il giorno successivo al ritorno
di sconfitta.
di bin Laden da Quetta, l’agente
CIA fu richiamato al quartier
La VERA morte di Osama bin generale.
Laden
[NB: i contatti tra la CIA e bin LadÈ ben noto grazie a insider della en sono iniziati nel 1979 quando,
in rappresentanza degli affari
della famiglia, iniziò a reclutare volontari per la resistenza
afghana contro l’esercito sovietico.]
L’ULTIMA “morte” di bin Laden
Quello che è stato riferito al
mondo intero sulla recente
“Morte di Osama bin Laden” è
meschino e risibilmente assurdo (specialmente sul fatto che
non siano state eseguite perizie
medico-legali, e che il corpo sia
stato velocemente scaricato in
mare. L’ultima foto truccata è
l’argomento decisivo).
La verità è che bin Laden è
morto da un bel po’ di tempo.
Il rebus di Abbottabad era una
complessa psyop per fornire
un po’ di serenità al pubblico
statunitense per poter scatenare la propaganda dei media, rimanendo sempre, senza
contraddittorio,
all’interno
della più grande, terribile e più
costosa truffa di tutti i tempi:
l’11 settembre e la “Guerra al
Terrore”.
E ora ogni singolo membro del
SEAL Team 6 che ha partecipato all’operazione psicologica
“dell’assassinio” è morto.
Per puro caso, mi venne da
ridere quando lessi un titolo
particolarmente
divertente
sull’ultima morte di Osama,
nella rivista US Business Insider:
“Ecco a voi il ‘Seal Team 6‘, i prepotenti che hanno ucciso Osama Bin Laden”.
Bene, adesso tutti questi poveri
“prepotenti” sono morti.
E i morti non parlano.
MOVIMENTO OPERAIO
l’inchiostro rosso - 9
Edilizia ticinese: la lotta è lanciata, ora ci vuole continuità
1’800, fra operai e cittadini solidali, sono scesi in piazza per protestare contro le condizioni di lavoro nell’edilizia
Il sindacato Unia ce l’ha fatta,
1’800 persone in piazza, di cui
mille erano operai in sciopero.
Lunedì 4 luglio c’è stata la giornata di protesta indetta dal sindacato Unia per denunciare
il degrado delle condizioni di
lavoro sui cantieri. Il successo ha
sorpreso anche i dirigenti sindacali che aspettavano un migliaio
di manifestati. Già più volte denunciato anche dal nostro sito, il
degrado sui cantieri è palpabile,
trovare un lavoratore che sostiene il contrario è come trovare
un ago in un pagliaio. Il successo
della protesta è quindi in un certo senso comprensibile.
Unia ha cercato di coinvolgere
anche la popolazione e la società civile. Se il coinvolgimento
di circa 500 cittadini solidali è da
considerarsi notevole, la sinistra
non ha dato grande importanza
alla manifestazione. Il PS e i Verdi
sono stati i grandi assenti, fatta
eccezione dei funzionari sindacali, non si è visto nessun loro
rappresentate. Solo il Partito Comunista si è espresso in sostegno
alla lotta per mezzo di un comunicato stampa, partecipando sia
alla manifestazione e ad alcuni
picchetti di sciopero.
La manifestazione è stata una
dimostrazione di come tra gli
operai “l’incazzatura” sta salendo.
Il degrado delle condizioni di
lavoro è qualcosa che non va
spiegato a chi lavora in cantiere,
chi lo vive sulla propria pelle non
ha bisogno di sapere che fa un
lavoro duro. Quello che ora attendono gli operai sono delle
risposte politiche chiare e risolutive, ma dal canto suo Unia sembra non aver ancora trovato delle
soluzioni di fondo.
Da un lato, chiedere vagamente
un rafforzamento della Commissione Paritetica e una maggior
collaborazione con il Ministero
Pubblico, significa cercare delle
soluzioni legate alla sanzione e
non alla prevenzione. Ossia restare nel paradigma secondo cui
è possibile avere degli imprenditori onesti con i quali è possibile
trovare un equilibrio tra interesse
padronale e interesse dei lavoratori.
A livello parlamentare il sindacato ignora completamente
l’iniziativa di Matteo Pronzini
della lista MpS-PC, che chiede
l’abolizione pura e semplice del
sub-appalto. Una necessità per
frenare il dumping salariale fortissimo, che è subentrato nel
settore edile con la “libera” circolazione delle persone. Concretamente si tratta di impedire agli
impresari di sub-appaltare lavori
ad organizzazioni criminali, che
scambiano operai come merce,
dando loro salari che si aggirano
ad un terzo del salari minimi previsti dai contratti collettivi.
La questione più importante
rimane però la lotta contrattuale
che inevitabilmente si pone sullo
sfondo della mobilitazione. Infat-
ti non sono di certo le soluzioni
proposte da Unia che hanno incentivato la partecipazione allo
sciopero, ma piuttosto il clima
di tensione che si respira in una
fase di rinnovo contrattuale.
Come già annunciato qualche
mese fa, le trattative sul rinnovo
del contratto dei muratori sono
arenate su delle richieste padronali durissime, che andrebbero a
far esplodere gli abusi e lo sfruttamento. Si parla di lavoro a cottimo, di lavoro il sabato e stando
a certe indiscrezioni c’è chi vorrebbe mettere in discussione il
pensionamento anticipato a 60
anni.
Le richieste sindacali rimango
moderate, protezione contro il
licenziamento per i lavoratori anziani, aumento delle indennità
in caso di malattia e regolamentazioni più chiare per evitare il
lavoro sotto la pioggia. Se il sindacato avesse il coraggio di mettere sul tavolo delle rivendicazioni forti, come potrebbero essere
le 8 ore lavorative durante tutto
l’anno, un aumento salariale importante o il divieto di assunzione di manodopera interinale,
probabilmente anche la voglia
di lottare aumenterebbe ulteriormente, così come la fiducia
nell’organizzazione sindacale.
Dal canto suo il sindacato della
curia (OCST) si è schierato apertamente con il padronato, invitando i lavoratori a boicottare
lo sciopero. Secondo loro una
manifestazione a trattative aperte
avrebbe innervosito i padroni, rendendo più difficile la conclusione
di un accordo sul contratto collettivo. Al contrario l’aver dimostrato
che gli edili ticinesi sanno andare
in piazza, permetterà di minacciare
seriamente gli impresari durante i
negoziati. Ora non si deve mollare
l’osso, la lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli
edili è solo agli inizi. Il prossimo appuntamento sarà una manifestazione nazionale indetta per il 24
settembre a Berna.
IMPRESSUM
“l’Inchiostro rosso” - pubblicazione
di critica sociale edita dal Partito
Comunista (PC), sezione del Canton
Ticino del Partito Svizzero del Lavoro
(PSdL).
Abbonamento annuo: Fr. 25.-Sostenitore: Fr. 50.-Estero: EUR 20.-CCP 69-4018-1
Amministrazione:
Via Gemmo 5b
6924 Sorengo
Tel.: 0919672572
[email protected]
Editore responsabile:
Partito Comunista
[email protected]
Direttore:
Davide Rossi (Tel.: 0774473522)
[email protected]
Il secondo film sulle Officine riceve il Premio Boccalino 2011 a Locarno
I film e i documentari di impegno sociale e civile hanno contraddistinto la 64.a edizione del festival di Locarno, costituendo una vera e propria
sezione trasversale che ha portato in ognuna il seme vivo di popoli, migranti e lavoratori che si ribellano ad un mondo ingiusto, dominato da
logiche, politiche e comportamenti antiumani. Una nuova dimensione civile e politica è all’ordine del giorno, in Egitto come in Svizzera, in
Inghilterra come in Sudamerica. Questo premio vuole riconoscerlo e rimanere nel solco della solidarietà, dell’amicizia, del confronto su basi di
partecipazione attiva e in prima persona, di donne e uomini che riscoprono la loro dimensione di cittadini, di lavoratori. La giuria del Boccalino,
prima ancora di riconoscere a Danilo Catti e alla sua opera dedicata ai lavoratori ticinesi delle officine ferroviarie, il meritato premio, vuole
ricordare alcune delle opere che hanno espresso questi temi e questi sentimenti. Tahrir di Stefano Savona, che restituisce per intero la magia
di una piazza che si fa popolo e che cambia la storia di quella nazione, l’Egitto. L’Evoluzione della violenza di Fritz Ofner, che documenta
con precisione la svolta violenta voluta dalle multinazionali della frutta al Guatemala, imponendo dal 1954 violenze, stupri e sparizioni a solo
interesse di profitti privati e in spregio alle ragioni della vita dei guatemaltechi. Volo speciale di Fernand Melgar, che per immagini, voci ed
emozioni ammonisce la violenza dell’Occidente che tratta i migranti senza la dignità e il rispetto che meritono. I canti di Mandrin di Rabah
Ameur Zaimeche, che ci ricorda le origini della battaglia per l’uguaglianza, la giustizia sociale e la solidarietà, le quali affondano nel pensiero
giacobino e illuminista del ‘700. Il premio a 1, 2, 100 officine di Danilo Catti si inscrive quindi nel solco di un impegno sociale che solleva il
manto avvolgente dell’impersonale e restituisce, fuori dalle metafore e dai vincoli stringenti di un amorfo consumismo, le ragioni vive, fatte
di carne e di sangue, dei lavoratori, in questo caso ticinesi, a dimostrazione che le contraddizioni interne al pensiero unico che si trasforma
in sistema economico unico mondiale, sono sempre più evidenti e incalzanti.
Davide Rossi
PROVE DI DIALOGO a sinistra?
10 - l’inchiostro rosso
A colloquio con Adriano Venuti, coordinatore di “Prospettive socialiste”
Prospettive Socialiste critica la gestione della Direzione PS per le prossime elezioni federali ma auspica che non vi sia un ticket al Consiglio agli Stati.
potrebbe presentare un proprio candidato al Consiglio
degli Stati, e soprattutto che
questo dovrebbe essere sostenuto anche dal PS, naturalmente all’interno di un ticket
con il candidato socialdemocratico: se così non dovesse
essere, potrebbe anche non
esserci la congiunzione delle
liste al Consiglio Nazionale.
Prospettive Socialiste come
vede questa possibilità? C’è
forse il timore che il PS possa
La sinistra in Canton Ticino è preferire un reciproco sosuscita piuttosto malamente tegno con il PLRT nonostante
dalle elezioni cantonali del il candidato al Senato non
mese di aprile: il PS cade al sia più Dick Marty ma Fabio
minimo storico, l’alleanza PC- Abate?
MpS riporta la sinistra radicale in Parlamento ma non ri- Il nuovo candidato del PLRT, a
esce a imporsi maggiormente differenza di Marty, non è certacome forse qualcuno si aspet- mente un politico di chiara fede
tava (va comunque detto che radicale che potrebbe eventualquella con il PC è l’unica lista mente soddisfare l’elettorato soche tra le “piccole” è riuscita a cialista. In questa occasione, più
fare un deputato), I Verdi sono che mai, il PS ha il dovere di preinvece gli unici che riescono sentare una candidata o un cana crescere. Questo malan- didato capace di raccogliere ampi
dazzo è forse riconducibile al consensi anche tra la Sinistra radifatto che il PS si sta in qual- cale e i Verdi. I candidati presenche modo snaturando con un tati dagli altri partiti coprono già
ormai chiaro spostamento al ampiamente la Destra e il Centro
centro (si veda ad esempio la dell’arco politico, è quindi necescreazione di Incontro Demo- sario che il PS svolga con serietà
il ruolo di elemento aggregante
cratico)?
dell’area rosso-verde senza avere
Il Partito Socialista non è stato paura di allontanarsi dal Centro.
capace di darsi e di perseguire un Francamente una candidatura coobiettivo di radicamento nella so- munista agli Stati con la “pretesa”
cietà e quindi di crescita elettorale. che sia sostenuta al primo turno
La campagna elettorale e i risultati dal PS faccio un po’ fatica a capirla.
raggiunti hanno evidenziato un Sì, darebbe maggiore visibiltà, ma
partito snaturato dai personalismi, la Sinistra dovrebbe rifuggire la sodove ognuno ha lavorato non per cietà dell’”appaio, dunque sono”...
il risultato complessivo, ma per il Credo che oggi tutti coloro che si
riconoscono nell’area progressista
proprio risultato personale.
La corsa al centro c’è stata, o per- dovrebbero rendersi conto che
lomeno è mancato il coraggio di non è il momento dei giochetti insmarcarsi chiaramente da una dividuali, ma che bisogna lavorare
politica moderata. Qualcuno ha in maniera unita e costruttiva per
creduto che bisognasse occupare fermare la deriva a destra che ha
il vuoto al Centro senza accorgersi colpito il nostro Cantone.
che in questo modo non è possibile contrastare l’aggressività delle Una della altre possibilità è che
al Senato venga presentato
Destre razziste e liberiste.
un candidato d’area che metAlle prossime elezioni fed- ta d’accordo verdi, socialisti
erali il PC ha fatto capire che e comunisti: il PC ha lasciato
Adriano Venuti è presidente della sezione PS di Massagno, oltre
che coordinatore di Prospettive
Socialiste, gruppo interno che
riunisce la sinistra del partito: da
Anna Biscossa a Franco Cavalli,
passando per Werner e Marina
Carobbio. Venuti risponde alle
nostre domande sui rapporti tra
Prospettive Socialiste e il resto
della sinistra ticinese, sulle elezioni nazionali e più in generale
sul futuro della sinistra.
intendere che questo potrebbe essere soltanto Franco Cavalli, il quale è però piuttosto
osteggiato dall’ex presidente
Manuele Bertoli, il quale lo
ritiene un estremista, come ha
pubblicamente espresso di recente. Ci sono delle possibilità
che il Congresso elettorale del
PS del 4 settembre propenda
per Cavalli come candidato
d’area? Chi altro potrebbe
avere la caratura per ambire
ad una simile poltrona?
Bellinzona Ivan Cozzaglio, e il
posto in Consiglio Nazionale
di Marina Carobbio, la quale
essendo però anche vicepresidente del PSS non può sempre esprimersi in maniera del
tutto libera, per cui nelle geometrie interne del PS Ticino
non possiamo dire che spinga fortemente a sinistra. Nel
prossimo futuro cosa cercherete di fare per radicarvi maggiormente all’interno del Partito? Per quel che riguarda
invece i rapporti esterni, penCome ho detto nella risposta sate di poter maggiormente
precedente, è fondamentale in- incrementare le sinergie con
dividuare una candidatura forte il resto della sinistra in ottica
che possa mettere d’accordo PS, di avere una sinistra in Ticino
PC, MPS e Verdi. Bertoli, che ora è che funga realmente da alterConsigliere di Stato e non più pres- nativa al populismo leghista?
idente del partito, ha sbagliato
ad esprimere apprezzamenti su Il gruppo di Prospettive SocialiCavalli. Franco è stato il socialista ste dovrebbe valutare con serietà
che fino ad oggi ha raggiunto il quale è il ruolo che vorrà continumiglior risultato elettorale nella are a giocare all’interno del PS. In
corsa agli Stati. Se la candidatura questo momento però è necessaCavalli presenta dei problemi, o rio ricostruire il PS e ognuno di noi
meglio delle incognite, non è certo deve partecipare a questo lavoro.
per via delle sue posizioni politiche. È evidente che la linea condotta
Eventualmente
bisognerebbe dalla presidenza Bertoli negli ultichiedersi se l’elettorato progres- mi anni ha portato ad un risultato
sista non preferirebbe un segnale deprimente. La reazione da parte
di rinnovamento e che quindi bi- del Partito è stata debole, è mansognerebbe individuare un volto cato un chiaro segnale di svolta.
politicamente nuovo ma capace Si sta affrontando la sconfitta nel
di essere riconoscito come valido modo più classico che la Sinistra
e meritevole di un’ampia fiducia. sa seguire: con dei gruppi di lavoro.
Non so chi verrà proposto al Con- Il risultato di questi gruppi è solitagresso di settembre, fino ad ora la mente qualcosa che produce sorquestione delle liste per le elezioni risi e una scossa di fiducia effimera,
federali non è stata gestita molto solitamente in concreto non probene dalla direzione del Partito. ducono molto. La rincorsa al CenSecondo me abbiamo avuto trop- tro non ha prodotto i risultati che
pa fretta nel preparare la lista per i suoi promotori si aspettavano. Il
il Nazionale, sarebbe stato meglio gruppo di Prospettive Socialiste
rimandare tutto a settembre e fare continuerà a battersi non per delle
un ragionamento più globale che poltrone, ma per un Partito Socialcomprendesse la lista agli Stati e ista forte, schierato dalla parte dei
quella al Nazionale e nel frattem- più deboli e non solo dalla parte
po continuare a ragionare su tutte dei “moderatamente deboli”. Bile strategie possibili.
sogna costruire un PS non dogmatico ma capace di riconoscere
Oggi all’interno del PS sem- i problemi dei/delle ticinesi; solo in
bra non esserci molto spazio questo modo il PS potrà essere riper Prospettive Socialiste: di conosciuto come valido interlocufatto i posti importanti sono tore anche dalle forze più radicali
un deputato in Gran Consiglio, della Sinistra ticinese.
il biaschese delle Officine di
L’EMERGERE DELLA CINA
l’inchiostro rosso - 11
I comunisti cinesi: una delle forze politiche più abili della storia!
Associazione “Giù le mani dalla Cina”
Secondo il prof. Swaran Singh,
docente di studi internazionali
all’università di Nuova Delhi, il
partito comunista cinese (PCC)
“rappresenta uno dei pochi partiti comunisti nel mondo che sono
riusciti a sopravvivere a parecchie sfide interne ed internazionali… E, con l’ascesa della Cina,
il partito comunista cinese è stato ormai riconosciuto come una
delle più capaci forze politiche
nella storia umana”. Questa abile
e capace forza politica, oltre che
il più grande patito comunista
del mondo, ha compiuto il 1°
luglio il suo 90° anno di vita.
Infatti il 1° luglio del 1921 si
aprì a Shanghai il congresso
fondativo del PCC in presenza
di dodici delegati (tra cui Mao
Zedong), in rappresentanza di
soli 57 iscritti riuniti in alcuni
circoli marxisti sparsi nel gigantesco paese asiatico. Dopo
novant’anni il bilancio complessivo del PCC risulta largamente
positivo, seppur segnato a volte
da gravi errori di direzione (il
“Grande Balzo in avanti”, la disastrosa “Rivoluzione Culturale”, ecc)
e da limiti/contraddizioni attuali
non ancora superate. Sotto il
lato positivo, risulta chiara innanzitutto la linea di continuità
espressa dal PCC sia in campo
organizzativo che dell’identità
politica, a partire dall’orgogliosa
difesa e rivendicazione della sua
denominazione comunista, durante tutti questi lunghi nove
decenni: dei numerosi partiti comunisti sorti e sviluppatisi dopo
l’Ottobre Rosso e nel 1917/21,
ben pochi (a partire purtroppo
da quello russo-sovietico, fondato da Lenin) sono stati capaci
di tessere un “filo rosso” di ininterrotta tenuta ed autoriproduzione politico-organizzativa
nel corso di quest’ultimo secolo,
senza soluzione di continuità
e/o abiure, come sono riusciti
ad effettuare invece i comunisti
cinesi. In seconda battuta il PCC
è riuscito ad esprimere una pluridecennale ed ininterrotta linea
di continuità anche rispetto
all’orgogliosa adesione di prin-
cipi al marxismo rivoluzionario
e al leninismo. Mentre buona
parte dei PC europei ha abbandonato ogni riferimento al
marxismo-leninismo, spesso
considerato nel migliore dei
casi come una “roba del passato”, la direzione del PCC invece
sottolinea continuamente e
pubblicamente l’importanza
dello studio (creativo, non
meccanico) del marxismo
per la progettualità/praxis
dei comunisti del gigantesco
paese asiatico. Ad esempio
un leader autorevole del (PCC)
come Xi Jinping ha ribadito il
13 maggio del 2011 la necessità per “i dirigenti ed i quadri
del partito di dare grande
importanza allo studio delle
teorie marxiste e di applicarle
creativamente nell’analizzare
e risolvere i problemi pratici
del paese”; sempre secondo
Jinping, “i quadri politici non
possono agire senza la guida
della filosofia marxista e degli
strumenti del materialismo dialettico e storico nell’effettuare
giudizi adeguati sulle diverse
situazioni, nel mantenere la
mente fredda nelle situazioni
più complesse…”. Materialismo dialettico, materialismo
storico, filosofia marxista: ma
come sono (per fortuna…)
“vetero” ed antiquati, questi comunisti cinesi… Terzo elemento positivo: il PCC è riuscito a
portare al successo una gigantesca ed epocale rivoluzione
nella più popolosa nazione del
pianeta, attraverso un’eroica
lotta durata anni, sia contro
l’imperialismo (occidentale e
giapponese) sia contro la borghesia monopolistica e i grandi proprietari fondiari autuctoni. Si tratta di una tradizione
rivoluzionaria fortemente sentita, difesa ed alimentata dal
PCC attuale. Prova ne è anche
il gigantesco fenomeno del
“turismo rosso”, delle visite di
massa di lavoratori e giovani
cinesi nei luoghi storici della
rivoluzione: ad esempio Yenan
è stata visitata nel solo 2010 da
ben… 14 milioni di cinesi, mentre la cittadina di Xibaipo, dove la
direzione del PCC si riunì per dieci mesi a partire dal maggio del
1948, poco prima della vittoria
dei contadini poveri/operai del
gigantesco paese asiatico, vedrà
l’arrivo nel 2011 di “soli” quattro
milioni di “turisti rossi”, contro i
640.000 del 2006. Quarto aspetto positivo, la capacità del PCC di
mantenere l’egemonia politica
sul paese per 62 anni soprattutto
attraverso tutta una serie di eccezionali risultati positivi ottenuti in campo socioeconomico
e politico-sociale. Due soli dati,
tra i tanti utilizzabili. A partire dal
1977 il potere d’acquisto reale
degli operai cinesi è aumentato
di almeno sei volte anche stando
alle analisi di studiosi anticomunisti (F. Zakaria), mentre Gillian
Mellsop (UNICEF) ha dichiarato
nel maggio del 2011 che “il tasso
di mortalità dei bambini in Cina
è calato del 67% negli ultimi due
decenni ed è stata realizzata una
completa educazione di base in
tutto il paese”, campagne incluse.
Anche se rimangono ancora da
risolvere notevoli problemi socioeconomici, a partire dai 9 milioni di minorenni che nel 2010
vivevano ancora in povertà nelle
zone rurali, i passi in avanti rispetto alla situazione esistente nel
1948 (o anche nel 1976…) sono
stati ciclopici. Ulteriore elemento
favorevole, il PCC è passato dai
57 iscritti del luglio 1921 fino agli
80 milioni di aderenti esistenti
all’inizio del 2011. Una crescita di
più di un milione di volte sviluppatasi nel giro di nove decenni,
che risulta ancora più sbalorditiva considerati i rigidissimi criteri
di ammissioni al PCC: nel 2009,
infatti, sui circa 20 milioni di persone che si erano impegnate
ad aderire al partito ne vennero
accettate solo un decimo del
totale, alias “soli” due milioni di
nuovi militanti. Ultimo aspetto
positivo, la notevole capacità di
autocritica sviluppata dal PCC
nel corso degli ultimi decenni a
tutti i livelli dell’organizzazione.
Giustamente il prof. Losurdo, nel
suo resoconto di una visita effettuata in Cina nel luglio 2010,
aveva sottolineato che: “la prima
cosa che colpisce nel corso del
colloquio con gli esponenti del
PCC e con i dirigenti delle fabbriche, delle scuole e dei quartieri visitati è l’accento autocritico,
anzi la passione autocritica di cui
danno prova i nostri interlocutori. Su questo punto, netta è la
rottura con la tradizione del socialismo reale. I comunisti cinesi
non si stancano di sottolineare
che lungo è il cammino da percorrere e numerosi e giganteschi
sono i problemi da risolvere e
le sfide da affrontare, e che comunque il loro paese è ancora
parte integrante del Terzo Mondo. Per la verità, nel corso del
nostro viaggio il Terzo Mondo
non l’abbiamo mai incontrato…”.
Tutto bene quindi all’interno del
PCC? No, ed anzi sono propri
i nuovi dirigenti del partito ed
i mass-media a denunciare la
corruzione di una parte non irrilevante dei quadri comunisti, i
fenomeni abbastanza diffusi di
burocratismo e di distacco dalle
esigenze popolari emersi in una
sezione di funzionari di medioalto livello, il cattivo uso delle
risorse pubbliche che a volte
contraddistingue la vita politicosociale cinese, ecc. Sono reali,
concreti, seri elementi negativi
che vengono tuttavia ammessi,
denunciati ed auto criticati con
notevole rigore dal PCC, e soprattutto devono essere inquadrati in un contesto globale (“il
vero è l’intero”, sottolineava già
Hegel) che vede da più di tre decenni una continua e rapidissima
ascesa economico-sociale della
Cina Popolare: persino l’istituto
americano Conference Board ha
previsto che il PNL cinese supererà quello statunitense entro fine
2012, utilizzando il criterio della
parità del potere d’acquisto. Non
male, per un partito che ancora
oggi ritiene che“il marxismo è la
più avanzata e scientifica concezione del mondo nella storia
umana, e che esso è l’ideologia
guida del PC Cinese”.
12 - l’inchiostro rosso
Esplode di nuovo nelle strade di Santiago del Cile il malcontento sociale, con decine di migliaia di studenti liceali ed
universitari (100mila secondo gli organizzatori, 60mila per le autorità) che accompagnati da insegnanti, genitori e varie altre categorie di lavoratori, nel giorno dello sciopero nazionale, tornano a mettere sotto pressione il governo del
presidente Sebastian Pinera, finito al livello più basso di consensi dall’inizio del suo mandato, nonostante un recente
sostanzioso rimpasto dell’esecutivo. La nuova sfida degli studenti, nella nona mobilitazione in tre mesi, ha dato luogo
ad alcuni sporadici scontri. Intanto già stamani i manifestanti avevano allestito delle barricate a vari incroci della capitale, rimosse dalle forze dell’ordine, intervenute con l’utilizzo di getti d’acqua e gas lacrimogeni. Scontri e momenti di
tensione si sono registrati anche quando alcuni giovani si sono staccati dal corteo ed hanno cercato di raggiungere il
palazzo presidenziale, allestendo alcune barricate con del materiale edile. Intanto oggi 38 studenti hanno raggiunto
la loro terza settimana di sciopero della fame, mentre manifestazioni di protesta si sono registrate anche in altre città
cilene. Il braccio di ferro tra studenti e governo era arrivato al suo culmine giovedì scorso, quando scontri e atti di vandalismo si erano ripetuti nel corso di tutta la giornata. Oltre 800 persone erano state fermate e una quarantina di queste
denunciate. Mercoledì 10 agosto si è svolta una ‘cacerolazos’, una forma di protesta che i cileni idearono durante la dittatura fascista di Pinochet, che consiste nel fare rumore usando pentole e altri utensili da cucina. Gli studenti hanno
iniziato questa mobilitazione a metà di maggio per chiedere che sia il Governo ad amministrare l’educazione primaria
e secondaria, che si proibisca alle istituzioni private di arricchirsi con l’istruzione e che venga garantito costituzionalmente il diritto ad un’educazione pubblica, gratuita di qualità. Il governo di Pinera ha risposto con il coprifuoco, misura
che dopo la fine della dittatura non era più stata attuata. Per questa ragione il Sindacato Indipendente degli Studenti
e Apprendisti (SISA), la Comunità Ticino-Cile, la Gioventù Comunista Ticinese e il teatro Il Paravento di Locarno hanno
indetto una serata in solidarietà con i giovani cileni durante l’ultimo giorno del Festival del film e nei giorni precedenti
Davide Rossi e Ugo Brusaporco della giuria del premio Il Boccalino hanno diffuso un volantino.
FAI CONOSCERE E DIFFONDI L’INCHOSTRO ROSSO, MENSILE DI CRITICA SOCIALE DELLA SVIZZERA
ITALIANA EDITO DAL PARTITO COMUNISTA
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