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CAPITOLO SETTIMO
LE INTERPRETAZIONI DI
APOLLONIO IN OCCIDENTE
Se i bizantini furono perlopiù saggi e tolleranti nei confronti di Apollonio, in fondo frutto della stessa temperie
spirituale da cui nacquero i Vangeli, non altrettanto si
può dire per gran parte degli occidentali e dei “moderni”, ben più abbarbicati all’idea dello stregone antitetico
al Cristo, del nemico della Chiesa.
La leggenda di Apollonio, comunque, rivive nel Rinascimento, aiutata anche dal nuovo boom della magia. Nel
Quattrocento Apollonio viene citato da Pico della Mirandola in una lettera a Ermolao Barbaro1 contenente una eloquente difesa dello stile “barbarico”. «...Quando vai dai
flautisti e dai citaredi», scrive Pico, «stai pure tutto orecchi, ma quando vai dai filosofi ritirati dai sensi, ritorna in
te, nei penetrali dell’anima, nei recessi della mente. Abbi le
orecchie del Tianeo (Tyanei aures) con cui, liberandosi del
corpo, egli sentiva non il Marsia terreno ma l’Apollo celeste, che sulla cetra divina modulava con ineffabili armonie
gli inni dell’universo».2 Tuttavia Pico, pur nel mirino dell’Inquisizione per i suoi interessi magici, non ha certo in
simpatia Apollonio. Nel decimo capitolo del suo trattato
De rerum praenotione ne attacca le pratiche magiche, accusandolo di aver usato arti demoniache e l’aiuto di poteri
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impuri per imitare i miracoli di Cristo, mentre ammira il lavoro di Eusebio (da poco tradotto in latino dal domenicano Zenobio Acciolo, che lo dedica ai giovani, affinché non
si facciano influenzare dagli incantesimi).
L’opera di Filostrato, comunque, fu riscoperta davvero solo nel secolo successivo. L’editio princeps della Vita
di Apollonio (con il testo greco, il relativo scritto di Eusebio nella versione latina di Acciolo, come una sorta di
antidoto al «veleno pagano» di Filostrato, e la traduzione in latino del fiorentino Alemanno Rinuccino) è infatti
l’Aldina del 1501-04, preceduta da lunghi dibattiti e discussioni sull’opportunità di dare alla luce un’opera già
criticata dai Padri della Chiesa; una traduzione latina di
Filippo Beroaldo viene inoltre pubblicata a Bologna nello stesso 1501. È solo l’inizio di un rapido fiorire di edizioni in vari Paesi.
Erasmo da Rotterdam (1466-1536), che raccoglie per
diversi decenni proverbi e detti provenienti dalla cultura
classica (soprattutto greca) per inserirli nei suoi celebri
Adagia, dimostra di conoscere bene sia le Lettere di Apollonio (per esempio la numero 7 è citata a proposito dell’adagio 331: «Spiegare tutte le vele») che la Vita di Filostrato (per esempio il libro II è citato a proposito dell’adagio numero 1043: «Possa non imbatterti in uno dalle
natiche nere»; il libro IV nell’adagio numero 1045: «Canzone d’Amazzoni» e nel numero 1046: «I giardini di Tantalo»; mentre nel 1539: «La risata “squassante”» si fa
sfuggire un passo (IV, 20) più adatto rispetto alla citazione che leggiamo dalle Vite dei sofisti di Filostrato).3
Nel frattempo la figura di Apollonio si ritaglia il suo
spazio nelle opere storiche sulla Chiesa primitiva e sull’Impero romano. Ovviamente, in questo modo, spesso
finisce tirato di qua e di là, a seconda dell’ideologia degli
autori, che lo usano come un’arma per i loro scopi. Per i
cristiani è un demonio; per gli anticristiani un ottimo pupazzo da imbottire con le loro idee.
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Michel de Montaigne, nei suoi Saggi, nomina Apollonio tre volte. In II, 12, a proposito del linguaggio delle
bestie, scrive: «Tuttavia alcuni si sono vantati di comprenderle, come Apollonio di Tiana, Melampo, Tiresia,
Talete e altri». In II, 17, cita dall’Epistola 83, secondo cui
è «proprio dei servi mentire e dei liberi dire la verità». In
III, 10, infine, accomuna Apollonio e il Profeta dell’Islam, sostenendo: «Non mi stupisco più di quelli che furono messi nel sacco dagli stratagemmi di Apollonio e di
Maometto».4
Il parallelo Apollonio-Cristo riappare nel dialogo
Heptaplomeres (1593 circa) di Jean Bodin. Inoltre, ampio
spazio è dato ad Apollonio dall’opera contro le pratiche
magiche, Pogrom czarnoksieskie bledy, pubblicata a Cracovia nel 1595, del polacco Stanislaw Poklatecki, per il
quale le idee e le azioni del Tianeo sono «cose proibite»,
magia diabolica che porta alla «dannazione eterna», e anzi testimonianza dell’esistenza del diavolo nel mondo.
Una simile interpretazione si trova anche nella Storia della Chiesa di Cesare Baronio (1538-1607), per la quale
Apollonio, alla fine giustamente ucciso dai diavoli, ha
aiutanti diabolici proprio nel periodo storico della prima
diffusione dei Vangeli, mentre Filostrato è un propagatore di spudorate menzogne, con il risultato che molti finirono con l’adorare Apollonio dopo la sua morte e con
il chiedergli aiuto. Ma il crimine peggiore di Apollonio,
secondo Baronio, è l’aver denunciato San Giovanni
Evangelista a Efeso, causandone così l’esilio a Patmos...
Fesserie riecheggiate dalla Histoire Ecclesiastique (1691)
di Claude Fleury e dalla Histoire de l’Eglise del vescovo
di Vence Antoine Godeau (1605-1672) – che addirittura,
interpretando liberamente l’Apocalisse di Giovanni (9,
11) sull’angelo dell’abisso il cui nome in greco è Apollion, considera Apollonio, bugiardo e mago, il Distruttore per eccellenza e quindi il più grande nemico della
Chiesa in tutta la storia – nonché da alcuni storici del107
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l’Impero di Roma. Per esempio, l’Histoire des Empereurs
et des autre Princes (1691) di Louis-Sébastien Le Nain de
Tillemont, in cui i demoni, con l’aiuto di Apollonio, tentano di fare concorrenza agli apostoli del Cristo. Inoltre
il nome di Apollonio, in qualità di capo degli spiriti malvagi, appare in opere sulla magia e sulla demonologia,
come il De miraculis di Filaleutero Elvetico (1734), e in
opere teologiche. Sulla falsariga dell’apologetica latina, il
vescovo Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704) definisce
Apollonio un mago alleato con il diavolo e vede in lui la
terza bestia dell’Apocalisse,5 mentre il suo collega PierreDaniel Huet (1630-1721), erudito precettore (insieme
proprio a Bossuet) del Delfino di Francia, nella sua Demonstratio Evangelica (vol. I, pp. 672-78), condanna tutti gli autori che erano stati troppo teneri con il Tianeo,
soprattutto Sidonio Apollinare, caduto «nella trappola
delle menzogne» del «farabutto» di Tiana. Per Huet, scopo (alla fine vano) di Filostrato era quello di copiare il
Vangelo, facendo così combaciare le vite di Apollonio e
Cristo. Ma il grande attacco contro Apollonio taumaturgo fraudolento viene sferrato dal tedesco Johann Balthasar Luderwald nella sua opera Antiierocle o Gesù Cristo
rappresentato nella sua grande diversità (1793), in cui paragona costantemente il mago Apollonio e Cristo, la fantasiosa Vita di Filostrato e il Vangelo, i discepoli del Tianeo e gli apostoli, per concludere ovviamente che il Vangelo è la sola fonte di fede.
Dall’altro lato, di Filostrato si serve, nella sua polemica contro la Chiesa, Lord Herbert of Cherbury (15821648). Nel XVII secolo Gabriel Naudé scrive un’Apologia per tutti i grandi uomini che furono erroneamente accusati di magia (pubblicata per la prima volta in Francia
nel 1625) in cui difende, tra gli altri, Pitagora e Socrate.
Apollonio vi è presentato come una guida religiosa modellatasi sull’esempio del Cristo, e la Vita come un’imitazione dei Vangeli.
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Nel 1680 l’erudito inglese Charles Blount (1654-1693)
pubblica a Londra la traduzione dei primi due libri di Filostrato, accompagnata da un’introduzione contro la
Chiesa e da dotte note che paragonavano Apollonio e
Gesù, personaggi di uguale importanza, nel solco della
controversia deistica. Blount è costretto dalle polemiche
a interrompere il suo lavoro, poi condannato dalla Chiesa nel 1693 (lo stesso anno del suicidio dell’autore), ma
l’ipotesi che Filostrato volesse comporre uno scritto in
contrapposizione ai Vangeli inizia a incontrare una certa
fortuna. Apollonio torna a rappresentare una sorta di
Messia alternativo, l’alfiere dell’ideale greco opposto a
quello ebraico. Sulle sue orme, del resto, si muove nel
1756 persino Voltaire, prodigo di lodi per Apollonio nel
Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni.6 Nel 1774 il filologo illuminista francese Jean de Castillon pubblica a
Berlino (e poi nel 1779 ad Amsterdam) la Vita di Apollonio riutilizzando i primi due libri dell’edizione di Blount
e con un’introduzione di Federico II di Prussia indirizzata a Clemente XIV, in cui, ovviamente con sarcasmo, il
sovrano ricorda al Papa le idee di Tillemont sul ruolo di
Apollonio, lo incoraggia a dare battaglia contro questo
ambasciatore dell’inferno e gli consiglia di rafforzare il
potere della Chiesa contro le superstizioni dilaganti. Il
successo dell’edizione di Castillon incoraggia presto la
creazione di apologie pro Apollonio. Per esempio, in Germania quella di Emilio Licinio Cotta (Gewissheit der
Beweise des Apollonismus, del 1787), soprannominato lo
«Ierocle tedesco» per il suo sostegno ad Apollonio contro le false accuse.
Se soltanto nel 1809 la Vita di Apollonio viene tradotta
interamente in inglese dall’ecclesiastico Edward Berwick,
e solo per controbattere alle tesi del celebre storico Edward
Gibbon, il quale in una piccola nota del primo volume
della sua monumentale opera, aveva avuto il coraggio, almeno secondo Berwick ma non nella realtà dei fatti, di
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paragonare l’impostore Apollonio a Cristo, nello stesso
anno in Francia esce la versione (postuma) in due volumi,
poco letterale ma piacevole, dello storico Pierre Jean-Baptiste Legrand d’Aussy, lodatore del razionalismo e ben
contento di poter esprimere libere opinioni su Apollonio
senza dover temere «la censura della Chiesa e la prigione
della Bastiglia». Per lui il Tianeo è un saggio dai rigorosi
principi etici, conoscitore dei segreti della natura e versato anche nelle questioni politiche.
Ormai, nel XIX secolo, gli scritti su Apollonio e il paragone con Cristo diventano di moda, un tema perfetto
per esercitazioni letterarie (si ci era cimentato persino il
giovane Napoleone).7 Ma soprattutto vedono la luce le
prime opere davvero scientifiche (il cui precursore fu comunque nel 1709 J. C. Herzog con l’opera Philosophiam
practicam Apolonii Tyanaei in Sciagraphia). Per esempio
quella di Wieland su Filostrato e le memorie di Damis.8
Nel 1832 F. C. Baur esamina le tradizioni neotestamentaria e filostratea in un importante scritto.9 Nella seconda metà dell’Ottocento l’interpretazione sensazionalistica riprende corpo: Apollonio viene definito il Cristo
e il Salvatore pagano. Basta sfogliare, per accorgersene,
le pagine di L. Noack, A. Réville e C. H. Pettersch.10 Dal
lato opposto, E. Müller in un suo saggio11 si chiede se
Apollonio era un sapiente o un mentitore o un visionario
e un fanatico. Charles-Émile Freppel (1827-1891), ne Les
apologistes chrétiens aux II siècle, ritiene che «nella lotta
suprema della verità contro l’errore, Satana raccoglieva
tutta la sua potenza per tentare un ultimo sforzo [...] opponeva alle opere di Dio il prestigio dei suoi [...] parodiava il piano divino e faceva di Apollonio la scimmia di
Gesù Cristo». Ernest Renan (1823-1892) lo liquida come
un «misérable imposteur».
Nel Novecento i progressi della filologia e dell’analisi
storica mettono fuorigioco le interpretazioni più estremiste e temerarie, per esempio riducendo di parecchio, ad
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alcuni banali topoi sulla fede nel prodigioso, le influenze
su Filostrato della letteratura neotestamentaria.12 L’epoca
di speculazioni non accademiche, a parte il filone occultistico-esoterico che esaminiamo a parte, su Apollonio, in
linea di massima, finisce qui.
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