Applicabilità degli studi di settore all`impresa sociale

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Applicabilità degli studi di settore all`impresa sociale
TRIBUTI
ACCERTAMENTO
adempimenti e scadenze
Applicabilità degli studi di settore
all’impresa sociale
di Sara Agostini – Segretario generale Unione nazionale cooperative italiane
in breve
i requisiti cardine per
poter definire un’impreArgomento – L’Agenzia delle entrate ha fornito un importante chiarimento circa
sa sociale.4
l’applicabilità degli studi di settore alle imprese sociali previste dal D.Lgs. 155/2006,
collegando, altresì, la fattispecie a quanto già stabilito per le società cooperative.
In particolare, i presupposti su cui si basa questo nuovo soggetto giuQUADRO NORMATIVO
ridico dipendono dalla
in neretto sono evidenziati i provvedimenti on-line
www.informatore.ilsole24ore.com
natura privata dell’im• Agenzia delle entrate, nota n. 40768, 24.3.2009 • Agenzia delle entrate, ris. n. 330/E, 14.11.2007 presa, dall’esercizio in
• Ministero delle finanze, circ. n. 110, 21.5.1999.
via stabile e principale
di un’attività economiIl fenomeno delle imprese sociali – L’Agenzia per le or- ca di produzione o di scambio di beni o servizi di
ganizzazioni non lucrative di utilità sociale ha richiesto utilità sociale, dall’assenza di scopo di lucro e dall’aun parere all’Agenzia delle entrate circa l’applicabilità dozione di uno dei modelli organizzativi previsti dai
libri I e V del Codice civile, oltre al rispetto dei reo meno degli studi di settore alle imprese sociali.1
L’impresa sociale è un nuova fattispecie giuridica la quisiti di forma, organizzazione e struttura propriecui disciplina, prevista dal D.Lgs. 155, 24 marzo taria previsti dal D.Lgs. 155/20065 (schema 1).
2006,2 delinea un soggetto giuridico capace di co- Se, dunque, l’impresa sociale è caratterizzata dalle finiugare lo sviluppo di attività economiche commer- nalità di interesse generale delle attività esercitate,
ciali con interventi di utilità sociale, attraverso, quin- altrettanto importanti sono i settori in cui possono
di, un percorso imprenditoriale volto a un’operati- operare tali soggetti, indicati in modo specifico dal
vità di profitto, seppur orientata verso il sostenimen- legislatore.
I beni e i servizi di utilità sociale, infatti, devono esto di finalità sociali.3
La normativa definisce, infatti, le imprese sociali sere prodotti o scambiati nell’ambito di settori quaquelle «organizzazioni provate senza scopo di lucro li l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria o socio-sache esercitano in via stabile e principale un’attività nitaria, l’educazione, l’istruzione e la formazione, la
economica di produzione o di scambio di beni o di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, il turismo soservizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità ciale e la valorizzazione del patrimonio culturale
(schema 2).
di interesse generale».
L’adozione di un determinato modello organizzativo e Non tutte le imprese sociali per essere definite tali
le finalità e il tipo di attività esercitata rappresentano devono, però, svolgere attività nei campi poc’anzi in-
@
1
Il presidente dell’Agenzia delle ONLUS, prof. Stefano Zamagni, ha commentato così l’orientamento dell’Agenzia delle entrate: “Per l’impresa sociale è una grande vittoria”. Così “Studi di settore senza presa sulle imprese del sociale”, Il Sole 24
ORE del 1° aprile 2009, pag. 29.
2G.U. 97/06.
3B. Sorrentino, “Impresa sociale: dopo un anno, ancora ai nastri di partenza”, Terzo Settore 7/07, Il Sole 24 ORE, pagg. 38 e segg.
4Sull’argomento P. Gremigni, “La nuova disciplina dell’impresa sociale”, Informatore de Il Sole 24 ORE 20/06, pagg. 31 e segg.
5
R. Mosconi, “Entra definitivamente in vigore la nuova fattispecie dell’impresa sociale”, Guida Normativa 20/06, Il Sole 24
ORE, pagg. 49 e segg. Il D.Lgs. 155/2006 introdurrebbe, secondo l’autore, una disciplina che integra le norme dell’ordinamento civile già esistenti in materia di associazioni, fondazioni, Enti ecclesiastici, cooperative, nonché di società in genere, che provvedono (definendo in tal modo la nozione di utilità sociale) a qualificarsi come particolari imprese.
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ACCERTAMENTO
adempimenti e scadenze
Schema 1
Esercizio in via stabile
e principale di un’attività
economica di produzione
o di scambio di beni o servizi
di utilità sociale
Natura privata dell’impresa
IMPRESA SOCIALE
Assenza scopo di lucro
dicati: possono, infatti, acquisire la qualifica di imprese sociali le organizzazioni che esercitano attività
d’impresa, al fine dell’inserimento lavorativo di lavoratori svantaggiati o disabili,6 i quali, però, devono essere almeno il 30% dei lavoratori impiegati a
qualunque titolo.
Nell’impresa sociale, poi, è prevista la presenza di
volontari che non possono superare il cinquanta per
cento dei lavoratori impiegati a qualsiasi titolo nell’impresa sociale.
L’attività di produzione o scambio di beni prevista
negli specifici settori di utilità sociale dall’art. 2 del
D.Lgs. 155/2006 e necessaria per l’acquisizione della qualifica di impresa sociale non deve essere esclusiva; è sufficiente, infatti, che l’attività economica sia
esercitata in via stabile e principale.
Ulteriore e fondamentale requisito caratterizzante
l’impresa sociale è l’assenza dello scopo di lucro che
si estrinseca, tra l’altro, attraverso l’art. 3 del D.Lgs.
155/2006 con l’obbligo di destinazione di tutti gli
utili e avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o a incremento del patrimonio.
L’applicazione degli studi di settore – Se, da un lato,
l’Agenzia delle entrate ha descritto a grandi linee le
caratteristiche principali dell’impresa sociale, dall’al-
Modello organizzativo scelto
tra quelli previsti
dai libri I e V del Codice civile
tro, ripercorre gli aspetti salienti degli studi di settore e il contenuto degli provvedimenti emessi in
materia per verificarne l’applicabilità proprio alla fattispecie dell’impresa sociale.
Gli studi di settore sono il risultato di un processo
di analisi economica e di valutazione delle piccole e
medie imprese o degli esercenti attività di lavoro autonomo, considerati nell’ambiente in cui operano.
Tali studi hanno quale finalità quella di rilevare la
capacità produttiva, il grado di efficienza e, quindi, la capacità di realizzare ricavi o compensi tenuto conto di:
– prodotti;
– processi produttivi;
– risorse disponibili;
– vincoli operativi;
– mercati;
– territorio di riferimento.
Essi hanno l’obiettivo di determinare un compenso
“potenziale” in condizioni di normalità, attraverso
un processo logico-matematico, che, nel dividere i
contribuenti in gruppi omogenei sulla base dell’attività esercitata, è in grado di cogliere le relazioni all’interno delle singole attività economiche tra le variabili contabili e quelle strutturali.7
6Per “lavoratori svantaggiati e/o disabili” si intendono rispettivamente i soggetti di cui all’art. 2, par. 1, lett. f), punti i),
ix) e x) e lett. g) del reg. (CE) n. 2204/2002 della Commissione, 5 dicembre 2002.
7Interessante il contenuto della pronuncia della Cass., sez. V, sent. n. 14252 del 19 giugno 2007 (in Codice dell’accertamento e dei controlli – Guida a Controlli fiscali, Sistema Frizzera, 4/09), secondo la quale «in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riferimento all’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, (…) i valori percentuali medi
del settore rappresentano non tanto un “fatto noto” storicamente verificato, sul quale è possibile fondare una presunzione di
reddito ex art. 2727 c.c., ma, piuttosto, il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, che
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adempimenti e scadenze
Schema 2
ATTIVITÀ IMPRESA SOCIALE
Finalità di interesse generale
Settori di intervento:
– assistenza sociale;
– assistenza sanitaria;
– educazione, istruzione e formazione;
– tutela dell’ambiente e dell’ecosistema;
– valorizzazione patrimonio culturale;
– turismo sociale
Gli studi, poi, prevedono un meccanismo di controllo basato su indicatori di coerenza, tali da individuare comportamenti anomali che devono essere valutati in sede di verifica.
In relazione alla potestà di accertamento degli uffici esistono delle limitazioni all’utilizzo degli studi
di settore, che si estrinsecano in:
1. cause di esclusione: la legge 146/1998 concernente le modalità di applicazione degli studi di settore in sede di accertamento ha stabilito a garanzia
del contribuente alcune cause che ne escludono l’applicazione;8
2. cause di inapplicabilità: le condizioni di inapplicabilità sono previste dai decreti di approvazione degli studi di settore.
Le cause di inapplicabilità degli studi di settore per le
attività mutualistiche – L’Agenzia delle entrate si è
già pronunciata rispetto a una categoria di imprese, quella cooperativa, che indipendentemente dall’attività esercitata, per la funzione economica non
lucrativa svolta, viene considerata in modo differente.
La circ. n. 110/E del 21 maggio 1999 stabilisce, infatti, che gli studi di settore non si applicano:
– nei confronti di società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate;
Produzione beni e servizi
friubili dalla collettivita
– nei confronti delle società cooperative costituite da
utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi.
Le suddette cause di inapplicabilità, afferma l’Agenzia delle entrate, fanno riferimento alle cooperative
di imprese e quelle di utenti che non operano per
conto terzi e che non seguono le ordinarie regole di
mercato. Tali cause di inapplicabilità operano in presenza di attività svolte esclusivamente a favore dei
soci o associati e degli utenti; in caso di attività svolte in via non esclusiva, in sede di contraddittorio con
il contribuente, qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 14 del D.P.R. 601/1973, gli uffici terranno conto, comunque, che tali cooperative operano in situazioni di mercato che possono incidere in maniera anche rilevante sui ricavi conseguiti.
L’Agenzia è, poi, di nuovo intervenuta sull’argomento con la ris. n. 330/E del 14 novembre 20079 nella
quale viene ribadito l’orientamento anche nei confronti delle cooperative a mutualità prevalente, stabilendo che gli uffici dovranno:
– verificare la sussistenza dei requisiti di mutualità;
– tener conto delle particolari situazioni di mercato
influenzate dal perseguimento dei fini mutualistici che possono incidere in maniera anche rilevante sui ricavi conseguiti.
fissa soltanto una regola di esperienza. Pertanto, tali valori in nessun caso possono giustificare presunzioni qualificabili come “gravi e precise”, indicando (…) solo in via ipotetica la redditività dell’attività dell’impresa».
8
Il contribuente non è tenuto alla compilazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.
9Cfr. S. Agostini e S. Chirico, “Società cooperative e inapplicabilità degli studi di settore”, Cooperative e Consorzi 1/08, pagg.
11 e segg.
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adempimenti e scadenze
Il requisito della mutualità prevalente e la sua intensità rappresenterebbero, dunque, il parametro a
cui gli Uffici territoriali dovrebbero fare riferimento per valutare caso per caso, in sede di contraddittorio, l’incidenza di particolari situazioni locali, della tipologia di attività svolta e, soprattutto, più in
generale, dello scopo mutualistico perseguito dalla
cooperativa.10
Le conclusioni dell’Agenzia delle entrate – L’impresa
sociale, date le finalità perseguite attraverso di essa
dal legislatore, secondo l’Agenzia, sarebbe una fattispecie riconducibile a quella delle cooperative a mutualità prevalente, in cui lo strumento degli studi di
settore può essere applicato con opportune e necessarie cautele.
La mancanza di scopo di lucro e l’impiego di lavoratori disabili o svantaggiati potrebbe non essere in
linea con il modello redatto sulla base di rapporti
economici tra fattori produttivi, tenuto conto che
scopo dell’impresa sociale non è il profitto.
L’Agenzia ricorda anche che le cause di esclusione o
di inapplicabilità degli studi di settore sono previste dalla legge o dai decreti ministeriali; dal momento che non esiste alcuna normativa che esenti le imprese sociali dagli studi, l’Agenzia potrà solo fornire indicazioni per la redazione della circolare relativa agli studi di settore approvati per il periodo d’imposta 2008.
Appare sempre più evidente come gli studi di settore, nati dall’analisi delle performance delle società
lucrative, non siano in grado, al momento attuale,
di registrare le peculiarità delle imprese cooperative e, in ultimo, anche delle imprese sociali; essi, infatti, non tengono conto del diverso fine istituzionale rispetto alle società profit; ciò ha costretto, solo nell’ultimo anno, l’Agenzia delle entrate a intervenire con tre pronunciamenti, finalizzati ad adattare lo strumento degli studi a una realtà specifica,
le cui caratteristiche dovrebbero essere analizzate
più a fondo.
10
Si evidenzia come, sempre nell’ambito degli studi di settore applicati alla realtà cooperativa, l’Agenzia delle entrate si sia
pronunciata di recente con la nota n. 93637 del 4 agosto 2008, riconoscendo che, se è vero che gli studi di settore rappresentano uno strumento di ausilio per l’idoneo accertamento dei ricavi potenziali derivanti dalla gestione caratteristica delle
imprese, tuttavia, per le cooperative che utilizzano l’istituto del ristorno, si potrebbe configurare una “ingiustificata disparità di trattamento”.
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