C come speciale Abruzzesi

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C come speciale Abruzzesi
ANNO 3 - NUMERO 14 - Agosto/Settembre 2010
14 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE
4
14
C come speciale Abruzzesi
Pastori, agricoltori e pescatori
C COME DI FELICE E LATTANZI
A Civitella del Tronto una creatività… borbonica
C COME BENESSERE E NUTRIZIONE
La salute comincia dalla tavola
>> Editore
Modiv s.n.c.
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>> Ufficio fotografico
Modiv. Hanno collaborato: Mario Sabatini, Maurizio Di
Battista, Nadia Miriello, Sebastian Nino Salvatore.
>> Direttore responsabile
Cristina Mosca (non fumatrice)
>> Stampa
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Maurizio Di Battista
(ex atleta) per Teramo e provincia
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Tiziana Lalla
Per questo numero hanno corso, sudato, giocato, viaggiato, scritto, corretto, descritto, raccontato, vissuto insieme a noi Monica Andreucci, Roberto Ardizzi, Maurizio
Di Battista, Maura Di Marco, Jenny Pacini, Anita Righetti, Giovanni Rosato, Ludovica Persichitti, Stefano Sebastiani e i cuochi Francesca Bozzelli, Gianluca Carrozzi,
Domenico Iobbi e Sergio Savaglia.
(non fumatrice) per Chieti e provincia
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>> Editore: Modiv s.n.c.
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magazine 3
C come RUBRICHE
04 >> C come Sommario
05 >> C come Editoriale
10 >> C come Fotoeventi
13 >> C come Informazione
18 >> C come Food Design
48 >> C come Estero
62 >> C come Ricette
64 >> C come News
66 >> C come Controeditoriale
C come SPECIALE ABRUZZESI
26 >> C come Pastori
32 >> C come Agricoltori
36 >> C come Pescatori
C come ABRUZZO
6 >> C come Vino
20 >> C come Di Felice e Lattanzi
24 >> C come Turisti
44 >> C come Tradizione
52 >> C come Legumi
54 >> C come Benessere
56 >> C come Nutrizione
C come REPORTAGE
14 >> C come Slow Food
40 >> C come Agroalimentare
60 >> C come Libro
magazine 4
Foto copertina: Mario Sabatini
Cosa c’è nel numero quattordici
C COME SOMMARIO
C COME EDITORIALE
C COME SIAMO NOI
Cristina Mosca
Direttore responsabile di C come magazine
Desidera: un po’ di meritocrazia
Vuole: fare ciò in cui crede
Ottiene: dei collaboratori adorabili
«L’Abruzzo non è soltanto pecore», lo sentiamo dire un sacco di volte; forse sempre troppo poche rispetto a quelle in
cui constatiamo che è a loro che l’immaginario collettivo,
fuori dai nostri felici confini, ancora ci collega.
E se invece fosse proprio così? Visto che l’eco di quel «perché non son io coi miei pastori?» dannunziano sarà ascoltato
molto più a lungo di qualsiasi ostentazione di progresso e
tecnologia, varrà allora la pena guardarci da un altro punto
di vista: non siamo forse veramente questo? Pastorizia, agricoltura e pesca non sono forse quanto di più valido, genuino
e verace ci appartiene? Non dimostriamo forse ogni giorno
l’aperta diffidenza e la rispettosa ospitalità che i nostri avi
mettevano a seccare sulle pietre dei rifugi? Non costruiamo
i nostri discorsi con pillole di saggezza contadina, che in italiano perdono il loro intrinseco sortilegio?
Con la stessa arguzia con cui le mamme conservano i vestiti
perché sanno che ciclicamente tornano in voga, allora non
è forse tempo di ricacciare dai nostri armadi queste pratiche
che dal semplice “fuori moda” sono diventate ormai “d’epoca”? Siamo noi quei pastori, quegli agricoltori e quei pescatori che avanzano a fatica attraverso il tempo, i finanziamenti
e le innovazioni: riconoscerlo, una buona volta, può aiutarci
a far pace col passato, per costruire un presente più solido.
E il futuro? Non potrà che essere più pulito.
Per questo vi regaliamo uno Speciale Abruzzesi, che ci
emoziona anche un po’. I nostri collaboratori hanno valicato montagne e annusato la terra per poterci raccontare un
piccolo, fedele scorcio del nostro sconosciuto mondo. Per
essere sicuri di saperlo proteggere.
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C COME VINO
CANTINE D’ESTATE
Minitour tra le cantine abruzzesi
“Cantine d’estate”, è un’iniziativa di promozione eno-turistica organizzata dall’assessorato all’Agricoltura, tramite
l’Arssa, e dal Movimento turismo del vino Abruzzo, con la
collaborazione di Aptr, Enoteca regionale Arpa e Sangritana. Questo evento si propone di ripercorrere il successo di
Cantine Aperte, l’ormai consolidata rassegna in programma
nell’ultimo fine settimana di maggio. La manifestazione, che
è partita giovedì 29 e venerdì 30 luglio e durerà fino a primi
di settembre, è stata presentata, a Pescara, nella sede della Regione, nel corso di una conferenza stampa alla quale
hanno preso parte l’assessore all’Agricoltura, Mauro Febbo,
l’assessore al Turismo, Mauro Di Dalmazio, il presidente del
Movimento turismo del vino, Nicola D’Auria, ed il direttore
generale dell’Arpa, Michele Valentini. « L’iniziativa si rivolge
principalmente ai turisti ma non solo - ha spiegato l’assessore Febbo - visto che, attraverso questa formula, chiunque
potrà conoscere più da vicino i vini abruzzesi, direttamente
nei luoghi di produzione ».
Il programma prevede una serie di mini tour nella trentadue
cantine che hanno aderito all’iniziativa e la partenza dei pullman, messi a disposizione per l’evento, avrà luogo da alcune delle principali località turistiche della zona costiera.
Per maggiori informazioni sugli itinerari è possibile consultare il sito www.movimentoturismovino.it nella sezione Abruzzo, l’info-line della Sangritana (allo 0872-708266) e gli uffici
di informazione turistica (IAT)
C COME FOTOEVENTI
di Daniele Di Vittorio - Foto: Modiv
Diwine Jazz a Chiusa Grande
Serata in grande stile per la cantina Chiusa
Grande di Nocciano, per presentare un progetto
in grande stile. Diwine Jazz mette insieme un
ideatore di vini, Franco D’Eusanio; sei musicisti
jazz, quelli che compongono il Tony Pancella
Rythm’n sing sextet; nove brani inediti,
ispirati da altrettanti vini della Cantina; una
voce narrante, quella di Gio Gio Rapattoni, tra
l’altro doppiatrice di Renée Zellweger; e testi
di Simone D’Alessandro. È partito il 30 luglio
da Nocciano un tour internazionale che farà
tappa a Roma, Milano, New York, Londra e
Tokyo.
Mojitoro, prova superata
Grande successo per il Mojito corretto con la Centerba
Toro, presentato a Bordopiscina il 24 luglio: tanti
ospiti, amici e giornalisti per una serata molto allegra.
Abbiamo anche carpito il segreto del Mjitoro: con 4
o 5 pezzetti di lime, zucchero di canna, foglioline di
menta fresca, ghiaccio tritato, rum bianco e qualche
goccia di Centerba Toro il gioco è fatto!!
La cantina Tollo festeggia le sue nozze d’oro
Si è svolto venerdì 30 luglio il cinquantesimo anniversario di Cantina
Tollo, che nonostante il maltempo ha visto la presenza di centinaia di
soci per inaugurare il vigneto a loro dedicato e riflettere sul futuro
grazie al convegno “Vino, passione e ricerca: valori di valore”. Per
l’occasione i 21 soci fondatori della cantina sono stati premiati con
una medaglia onoraria consegnata dagli stessi relatori del convegno,
tra i rappresentanti delle istituzioni e della Cantina.
Cacio in festa alla terza edizione
Anche quest’anno il 20 giugno è stato dedicato alla degustazione
tipica nei caseifici d’Abruzzo che per l’occasione sono rimasti aperti
tutta la giornata. Dai pascoli al formaggio passando per la pecora con
Cacio in festa si è viaggiato alla scoperta della propria terra e delle
tante storie avvincenti delle persone che quotidianamente si impegna
con il proprio lavoro artigianale per dare vita ai migliori prodotti caseari.
Foto: www.cacionifesta.it
Dall’Etna al Gran Sasso
Si conferma il successo della manifestazione enogastronomica
“Dall’Etna al Gran Sasso”, che consolida il gemellaggio fra
Città Sant’Angelo e Nicolosi, in Sicilia. Anche quest’anno le
protagoniste sono state la buona cucina abruzzese e siciliana,
tra arrosticini, arancini e cannoli ripieni di ricotta. Molte le
esibizioni di numerosi gruppi musicali e cori che hanno dato
vita a momenti molto intensi nel centro storico.
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C COME INFORMAZIONE
di Roberto Ardizzi, consulente SGQ
TORNIAMO A PARLARE DI AGRITURISMO
Arrivano fondi regionali
Sempre maggiore attenzione viene dedicata al mondo
dell’agriturismo, una forma di ristorazione “composita” che
ormai è entrata nel modus vivendi dell’utente che ricerca il
“buon mangiare immerso nella natura”.
È di recente pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della
Regione Abruzzo (BURA) il piano di azione collegato al
Piano di Sviluppo Rurale inerente gli “investimenti per
attività agrituristica”. La notizia conferma il sempre maggior
interesse che riveste il mondo della ristorazione agrituristica:
sono stanziati quasi 20 milioni di euro, con una piattaforma
complessiva che ammonta a oltre 36 milioni di euro.
Secondo l’ultimo censimento di Agriturist, presentato
dal presidente Giancarla Galli il mese scorso, in Abruzzo
questa realtà conta numeri di tutto rispetto: 560 agriturismo
(80 in provincia di L’Aquila, 93 in quella di Pescara, 130 in
quella di Chieti e 185 in quella di Teramo), dei quali ben
482 rintracciabili e raggiungibili con il navigatore satellitare
grazie alla guida elettronica delle associazioni agrituristiche
Terranostra, Turismo Verde e Agriturist, scaricabile dal sito
www.agrituristabruzzo.it, e realizzata in collaborazione con
l’assessorato regionale all’agricoltura e Arssa. Per migliorare
l’offerta, inoltre, l’associazione Terra Nostra ha tracciato le
linee guida per il Sistema “Agriturismo di qualità” (www.
agriturismidiqualitaabruzzo.com): un marchio che oggi
contraddistingue circa 25 agriturismo in Abruzzo, i cui
ristoratori sono formati e aggiornati, e che nei prossimi due
anni vuole contare cento agriturismo certificati.
Anche per queste forme di ristorazione sono stati identificati a
livello nazionale degli standard del servizio che garantiscano
il cliente nella scelta finale, identificando criteri di “qualità”
strettamente legati alle cogenze normative.
Come già descritto nel numero 11 di C come magazine (il
pdf è sfogliabile dal sito della rivista!), gli standard essenziali
riguardano il parcheggio, l’accoglienza, la ristorazione, le
camere, e i servizi aggiuntivi. Dei criteri di qualità, come si
vede, piuttosto capillari che puntano sempre a migliorare
l’offerta.
Purtroppo non tutte le strutture sul territorio sono organizzate
per offrire una tipologia così ampia di servizi, ma bisogna
sempre ricordare che alcuni punti sono definiti dalla
legislazione in vigore: ad esempio non sarebbe accettabile
un’offerta enogastronomica che non preveda almeno una
ricetta preparata con i prodotti dell’orto, così come sarebbe
da segnalare l’assenza di un corner di vendita di prodotti
tipici o la mancata “partecipazione” degli ospiti alla vita
rurale, ad esempioo per la raccolta dell’uva.
magazine 13
Gli chef della serata di gala: Jean Pierre Soria di “CIbo Matto”, Nicolino di Rienzo dell’”Hostaria del Pavone”, Filippo Palazzuolo de “L’angolo di Giada” e Italo Ferri di “Trattoria Ferri
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C COME SLOW FOOD
Comunicazione istituzionale
TUTTI PAZZI PER BRODETTO&CONTORNI
Decisiva l’apertura di Vasto agli appassionati
Si è rivelata azzeccata la formula di “Brodetto & contorni”, la
versione 2010 riveduta e corretta del classico mese del brodetto che ha coinvolto Vasto dal 18 giugno al 18 luglio scorsi. Il programma articolato di “Brodetto&contorni – Sapori e
saperi della tradizione vastese” è stato soprattutto all’inizio
un po’ scombussolato dal maltempo ma non per questo ha
subito troppi danni: tutto esaurito per molti appuntamenti del
calendario, e gran parte dei visitatori provenienti, oltre che
da diverse parti dell’Abruzzo e del Molise, da altre regioni.
Una vera e propria attrazione per turisti “golosi” arrivati da
tutta Italia per gustare il brodetto e le tante specialità vastesi.
«Un risultato importante – spiega Raffaele Cavallo, presidente di Slow Food Abruzzo – che dimostra come il territorio
possa promuovere e quindi favorire il turismo enogastronomico attraverso l’eccellenza dei suoi prodotti. È inoltre
una grande soddisfazione aver ottenuto già dalla prima
edizione questa grande affluenza di pubblico: un premio al
lavoro svolto e allo stesso tempo uno stimolo a migliorare
e a far crescere Brodetto&Contorni per il prossimo anno.
Siamo davvero felici dell’entusiasmo suscitato dalla sezione
Teatro della Cucina, segno dell’attenzione e della voglia di
conoscere da parte del pubblico i prodotti e le preparazioni
della nostra cucina, così come per i confronti tra le diverse
esperienze di brodetto e, non ultimo, le feste slow in Riserva, bell’esempio di utilizzo consapevole di uno straordinario contesto naturalistico come la Riserva di Punta Aderci».
Tra la via Adriatica e piazza del Popolo, il cortile del Palazzo
D’Avalos, la zona del pontile, l’arena delle Grazie e il centro
storico di Vasto si sono mobilitati chef e pasticceri vastesi in
dimostrazioni e degustazioni coinvolgenti: Italo Ferri dell’omonima Trattoria, Nicola Di Renzo dell’Hostaria Il Pavone,
Jean Pierre Soria di Cibo Matto, Filippo Palazzuolo de L’Angolo di Giada, Emanuele Forcone di Pannamore e Loredana
de La Dolce Vita. Da segnalare le piacevoli “incursioni” esterne delle lezioni di Nicola Fossaceca, del ristorante “Al Metrò”
di San Salvo, o degli assistenti di Mauro Uliassi, dell’omonimo
ristorante a Senigallia (An), in collegamento telefonico con lo
chef che non è potuto intervenire per un’indisposizione fisica.
La formula 2010 del mese del brodetto ha “aperto” la città
di Vasto agli appassionati, variegando l’offerta e diffondendo
la cultura enogastronomica in aggiunta alla già consolidata abitudine di proporre nei 28 locali del circuito dei risto-
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ratori aderenti tre menu degustazione pesce a prezzo fisso.
Quest’anno si sono aggiunti alcuni bar del centro storico
selezionati dallo Slow Food Vastese, che hanno proposto un ”aperitivo istoniense” fino a tarda notte, e ci sono
state iniziative come cene itineranti all’insegna della paranza o confronti tra il brodetto vastese e quello sambenedettese o il caciucco livornese, quest’ultimo contraddistinto dalla base di polpo che gli dà più consistenza.
Altre iniziative collaterali sono state il mercato equo e solidale, una mostra di fumetti, serate sui trabocchi, mostre
mercato dell’antiquariato, proiezioni di film come “Terra
madre” di Ermanno Olmi, spettacoli teatrali come “Arturo lo chef” di Stefano Angelucci Marino, e presentazioni di libri come “Le rotte della musica” di Fabio Ciminiera.
Di grande successo le due serate di festa slow “Dalla Paranza alla Taranta”, con i gruppi “Terre del Sud” e
Salento Project a Punta Aderci, e molto interessante il
convegno “I mezzi tempi e la strada degli Orti” sul pomodoro mezzo tempo, un biotipo unico nel suo genere
da sempre coltivato dai contadini di Vasto e condimento del classico brodetto ma in progressiva scomparsa.
Per l’occasione gli agronomi dell’Arssa Rocco Marinucci e Roberto Di Muzio e lo storico Luigi Murolo hanno presentato il programma di reintroduzione di
questa particolare varietà, e anche il progetto di valorizzazione della strada degli orti, la piccola via che dal Palazzo D’Avalos scende verso il mare, da sempre contraddistinta per la presenza di piccole coltivazioni agricole.
Tutto questo non fa che accrescere l’attesa per l’edizione 2011, che in virtù dell’esperienza maturata quest’anno e di un meritato passaparola non potrà che essere in discesa e gremita di appassionati.
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C COME FOOD DESIGN
di Ludovica Persichitti - [email protected]
CHE PIZZA!
Le novità dal taglio alla distribuzione
Signore e signori ecco a voi la pizza, unica nel suo genere,
versatile e declinabile in innumerevoli soluzioni: può fare da
piatto unico o essere presentata in porzioni per la merenda,
per l’aperitivo e tra gli antipasti, apprezzata anche nella
versione dolce (con ricotta, canditi e cannella, ad esempio).
Design esemplare: il cerchio, la forma che tra l’altro meglio si
presta ad essere ridotta in sottomultipli, gli spicchi.
Se proprio si vuole essere equi nelle porzioni si può ricorrere
all’Equalizer multi-blade rocker pizza cutter: il nome non è di
così facile impressione, come invece lo è l’utile strumento
composto da un tagliere in legno circolare sul quale posare
la pizza e da una forma d’acciaio a raggiera che, premuta al
di sopra, con un colpo solo suddivide il piatto in otto spicchi
democraticamente identici.
Se poi non si vogliono sporcare piatti per gustarsela a
casa, magari tra amici, giunge in soccorso Green Box,
l’innovativo packaging in materiale riciclato al 100% della
Eco Incorporated: il coperchio è infatti trasformabile in
quattro piattini. Eventualmente avanzasse della pizza, la
base del packaging è riutilizzabile perché si richiude come
una scatola. Perfetta funzionalità e risparmio energetico,
mantenendo la forma originaria del cartone per il trasporto
della pizza.
La ricerca d’innovazione, unita al marketing e allo studio
sul consumatore, hanno portato addirittura a proporre sul
mercato un distributore automatico di pizza.
Il più innovativo, Let’s pizza, addirittura impasta acqua e
farina, condisce e infine cuoce tutto in due minuti e mezzo.
Commercializzato da un imprenditore trentino, il macchinario
è un interessante prodotto di tecnologia alimentare ed anche
di funzionalità e design, viste le dimensioni tutto sommato
contenute in cui coesistono impastatrice-frigorifero-fornodistributore.
Nell’ottica di ricerca e ideazione di spazi adibiti al consumo
della pizza, dall’arredo alle luci, è stato presentato lo scorso
maggio a Parma, al Cibus 2010, il nuovo “Premio Le 5
Stagioni – Concorso di design per progettare il futuro dei
locali pizzeria. Nuove aperture, spazi e concept innovativi”.
Promosso dalla linea di farine specializzate “Le 5 Stagioni”
di Agugiaro & Figna Molini SpA in collaborazione con POLI.
design – Consorzio del Politecnico di Milano, il concorso
mira a valorizzare l’innovazione nella progettazione dei locali
pizzeria e a stimolare all’evoluzione e alla crescita. Prevede
due sezioni: “Opening” , per locali realizzati, e “Concept”
per presentare tutte le proposte concettuali. La conclusione
è prevista per il 15 settembre 2011, e il montepremi
complessivo è di € 13.500. Tutte le informazioni sono su
www.premiole5stagioni.it
magazine 19
magazine 20
C COME DI FELICE E LATTANZI
di Cristina Mosca – Foto: Mario Sabatini - archivio Zunica
NON SEMPRE BORBONICO VUOL DIRE ANTICO…
A Civitella del Tronto un lavoro di squadra
Ai più i nomi di Luca Di Felice e Sabatino Lattanzi non dicono
molto. La loro creatività e la loro passione si sviluppano infatti
dietro un caposquadra che risponde al nome di Daniele
Zunica, proprietario di quarta generazione del Ristorante
Zunica 1880, nel borgo di Civitella del Tronto (Teramo) e
primo, dei suoi predecessori, a fare più marketing e meno
cucina. A quella ci pensano queste sue due giovanissime e
robustissime “spalle”, Luca e Sabatino, 28 anni il primo e 22
il secondo, due cervelli civitellesi di cui Zunica è riuscito a
frenare la fuga.
Luca ha fatto esperienza fuori regione sin da giovanissimo. A
16 anni lavorava stagionalmente a San Martino di Castrozza,
in Trentino Alto Adige, e a 21 era a Cortina D’Ampezzo: luoghi
preziosi per imparare a trattare la cacciagione. I segreti del
pesce glieli ha invece insegnati Vincenzo Beluscio, cuoco
giuliese che Luca ha affiancato in tre stagioni di seguito. «La
prima volta che sono entrato in una cucina professionale –
racconta Luca – temevano che non riuscissi a sollevare le
pentole: a 16 anni pesavo 50 Kg per 1 metro e 40 di statura».
L’attitudine per la cucina, che cova sin da piccolo («A dieci
anni ho esultato per aver creato una ricetta mia… poi mia
madre mi ha detto che avevo “inventato” la boscaiola»), lo
ha portato a lavorare al ristorante di Zunica nel novembre
2006, che prima ancora ha frequentato da cliente. Non a
caso, in tempi non sospetti, ci ha festeggiato il suo 18esimo
compleanno.
Al suo fianco opera Sabatino, 23 anni il prossimo gennaio,
letteralmente cresciuto tra le mura del ristorante: dopo tante
stagioni, è fisso in cucina da due anni e mezzo. Ha una
predilezione speciale per i risotti, gli piace “giocare” di più
con le verdure favorendo naturalmente quelle di stagione:
«Mi piace fare il risotto perché mi piace mangiarlo – spiega,
limpidamente – Da piccolo mi divertivo in cucina mentre
preparavo il pranzo per mia madre che tornava tardi dal
lavoro». Per questo la scelta per la sua formazione è caduta
sull’Istituto alberghiero di Teramo “Di Poppa”.
Compagno di squadra e mentore insieme, Daniele Zunica
racconta orgoglioso di come abbia trasformato questo
luogo borbonico in un laboratorio di ricerca, preservandone
l’attitudine tradizionalista: «Non desideriamo stupire, la
nostra è creatività con… i piedi per terra: non facciamo altro
che usare i prodotti del territorio, dal mare alla montagna,
che è tutto quello che dalla piazza del borgo si vede in un
solo colpo d’occhio».
Profondamente legato alla storia della sua famiglia, presente
a Civitella dal 1600, Daniele ricorda come il suo bisnonno
Antonio scelse di trasformare il palazzo in locanda nel 1880
e di come suo nonno Giuseppe e suo padre Elvezio abbiano
provveduto a mandarla avanti con generosità e tenacia.
Per il resto dell’estate e fino a tutto il 2011 Civitella del Tronto
è attiva nel festeggiare il 150esimo anniversario dell’Unità
d’Italia: fu infatti l’ultimo baluardo borbone a cadere, il 20
marzo 1861.Il fitto programma di iniziative ambientate nella
Fortezza è su www.comune.civitelladeltronto.te.it.
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Riso mantovano,
nero di seppia e zafferano
Ingredienti per 4 persone:
Riso vialone nano Riseria Zacchè; zafferano dell’Aquila in pistilli; seppie; sampi: gamberetti; cipolla fresca bio “Melampo”; burro; midollo di manzo;
parmigiano
Preparazione:
Prepariamo due tipi di brodo: un brodo di pesce utilizzando gusci e teste di scampi e gamberetti ed un brodo di manzo.
In due pentole diverse poniamo una noce di burro e della cipolla tagliata finemente, che faremo imbiondire prima di aggiungervi il
riso mantovano per la tostatura. Una volta tostato il riso sfumiamo con del Trebbiano d’Abruzzo dealcolizzato e procediamo da un
lato con l’aggiunta del brodo di pesce e dall’altro con il brodo di manzo. Nel frattempo in un pentolino di brodo di manzo tiepido
aggiungiamo alcuni pistilli di zafferano dell’Aquila. Continuiamo nella cottura dei due risotti aggiungendo per il “nero” l’inchiostro,
poco dopo le seppie e, a metà cottura, gli scampi ed i gamberetti; per il “giallo” il brodo con lo zafferano. Completiamo la cottura
dei due risotti mantecando il “nero” con una noce di burro ed il “giallo” con parmigiano e midollo di manzo.
Disponiamo con l’aiuto di stampini cilindrici di diverse dimensioni il risotto “nero” al centro del piatto e quello allo zafferano intorno. Guarniamo i risotti con uno scampo bollito sul nero ed i pistilli di zafferano sul giallo.
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Timballo di Ferdinando II
Ingredienti:
Zite di Gragnano sbollentate per qualche minuto; spinaci lessati; ragù di tre carni; mozzarella di Campofelice tagliata a dadini; parmigiano grattugiato; uova
bio “Melampo” battute; sfoglia tirata a mano sbollentata per qualche minuto; scrippelle; carne macinata mista (polpettine di 4 mm).
Preparazione:
In una bastardella imburrata di circa 15 cm di altezza e 35 di diametro stendiamo un foglio di carta forno ed adagiamo come
primo strato le scrippelle che faranno da base per il nostro ripieno. Copriamo il primo strato con il nostro ragù ed aggiungiamo gli
spinaci, la mozzarella ed il parmigiano. Il secondo strato è composto da una serie di zite sbollentate, l’uovo battuto per legare, le
polpettine, il ragù, gli spinaci, la mozzarella ed il parmigiano. A questo punto copriamo con la sfoglia tirata a mano e sbollentata
ed aggiungiamo nuovamente l’uovo battuto per legare, le polpettine, il ragù, gli spinaci, la mozzarella ed il parmigiano come per
il precedente strato. Continuiamo con altri strati alternati di zite e sfoglia fino ad arrivare a 2 cm dal bordo della bastardella e poi
chiudiamo con uovo battuto e scrippelle. Cuocere in forno a 150° per circa 3 ore. Lasciar riposare per 1 ora affinché rapprenda e
servire a fette di circa 3 cm. NB. La complessità della ricetta storica ed il tipo di preparazione comportano la realizzazione di un
timballo per circa 25 persone.
magazine 23
magazine 24
C COME TURISTI
di Maura Di Marco - Foto: www.fotolia.it
L’ESTATE DEL “MORDI E FUGGI”
Quando svilupperemo un turismo alternativo?
Ad un anno esatto dal terremoto, durante una conferenza
stampa, Federalberghi dichiara che gli Enti e le Istituzioni
abruzzesi stanno lavorando bene affinché l’immagine della
regione, in Italia ed all’estero, non venga colpita dal tragico
evento del 2009 perché, come si tiene a ricordare, solo 49
Comuni hanno subito dei danni. Il turismo in Abruzzo funziona
e continuerà a funzionare, visto che «non ci sono solo mare,
montagna e collina ma anche enogastronomia, arte e cultura».
Ma viaggiando su internet, tra le righe della carta stampata o
sull’onda dei telegiornali, ci si accorge che non è esattamente
così. Il panorama di fondo è nitido: il 46% degli italiani,
quest’anno, rinuncia alle ferie fuori casa, ma quelli che partono
hanno una capacità di spesa superiore al 3% rispetto all’anno
scorso. Buono per ristoratori, commercianti ed albergatori,
buono per molti ma non per tutti perché in Abruzzo, un’altra
volta, non è esattamente così. Come rivela un’indagine della
FAB – CNA sulla stagione balneare 2010, calano le presenze
straniere e quelle degli italiani mentre sale la vacanza “mordi e
fuggi”. Via dalle spiagge entro due giorni (i bagnanti del sabato
e della domenica sarebbero infatti in crescita esponenziale
rispetto al 2009: circa il 36% in più) senza neanche una sosta
al ristorante o al bar dello stabilimento: troppo caro, meglio
un pasto veloce sotto l’ombrellone e poi via in macchina, che
si riconferma il mezzo principale di accesso agli stabilimenti
ed alle località di mare. L’aereo è invece il mezzo più diffuso
per chi arriva in Abruzzo da altri Paesi. Quelli che decidono
di prolungare la sosta, invece, mettono su casa privilegiando
l’affitto di appartamenti ai soggiorni in albergo ritenuti troppo
cari (il soggiorno nelle case è aumentato del 70%).
L’Aptr, ancora sotto commissariamento (nota bene), diffonde
oggi dei dati depurati dalle presenze degli Aquilani ancora
senza casa: le presenze alberghiere sono scese, rispetto
all’anno scorso, del 15%. Da L’Aquila arriva, invece, una
fotografia della Banca d’Italia: subito dopo il terremoto erano
67000 gli Aquilani senza casa e, di questi, il 52% era ospite
presso strutture alberghiere, agriturismi ed abitazioni private; al
13 luglio 2010 gli sfollati sono ancora 48327 e, di questi, ancora
3282 vivono in albergo (circa il 7%). Viene naturale pensare
che “le care tariffe alberghiere” non siano solo un effetto della
crisi ma che i ritardi nei rimborsi da parte della Regione ci
abbiano messo lo zampino. Che i 150 milioni promessi dal
Governo al Presidente della Regione possano portare una
ventata di freschezza in quest’estate che sembrava tra le più
afose del secolo ce lo auguriamo tutti, ma nel frattempo ci
chiediamo: se la montagna abruzzese vive la crisi di parchi
nazionali a rischio chiusura, il mare è morso dalla moda del
“fuggi fuggi”, se l’enogastronomia è il privilegio di pochi e la
collina la casa di troppi, arriverà la cultura a risollevare le sorti
del popolo abruzzese?
Sinceramente, abbiamo i nostri dubbi: Santo Stefano di
Sessanio, ancora orfano della sua torre, resta il miraggio per
chi ha creduto in un turismo alternativo sul quale il settore
pubblico investe ancora troppo poco. Pescara e le altre città,
travolte come sono dagli eventi (culturali), non ci pensano
proprio ad accordarsi sulle date degli spettacoli affinché ci sia
un’offerta lunga un’estate, capace di soddisfare una domanda
di lungo periodo.
Cosa fare allora? Meglio mettere la testa sotto la sabbia
e rimandarci a settembre? Intanto, buone vacanze a tutti,
ovviamente in Abruzzo.
magazine 25
Speciale Abruzzesi
Veduta su Scanno
magazine 26
Speciale Abruzzesi
C COME PASTORI
testo e foto di Marizio Di Battista
SULLE ORME DELLE GREGGI
Per 30 Km sul tracciato della transumanza
In Abruzzo, lo sappiamo bene, un tempo camminare in
montagna non era una mera attività ricreativa, bensì una
necessità. Per lavorare e per vivere bisognava camminare, e
non poco. Si pensi solo alla transumanza: centinaia di greggi
e pastori affrontavano percorsi di giorni lungo i tratturi, per
raggiungere pascoli migliori. Si coprivano lunghe distanze
a piedi, su altipiani e vallate di montagna, che venivano
coraggiosamente percorse anche nei periodi invernali. Le
vie di transumanza costituivano per l’Abruzzo l’asse portante
di una più vasta rete di rapporti economico-sociali, mentre
oggi quegli stessi sentieri si sono trasformati in un terreno di
gioco per gli escursionisti.
L’allevatore Nunzio Marcelli, temerario sostenitore e
praticante della pastorizia, cerca da tempo di collocare
nella giusta memoria storica l’antica cultura della pastorizia,
proiettandola in un contesto turistico innovativo, una nuova
frontiera del turismo colto. Nonostante lo sguardo severo
ma gentile, il nostro pastore sembra ottimista, e non a torto.
I primi turisti stranieri iniziano a frequentare questi posti, e
all’iniziativa “transumante” sono stati dedicati articoli sui più
autorevoli settimanali del mondo. Sulle tracce del passato, le
antiche vie di comunicazione dei pastori sono diventate dei
pratici percorsi che si inoltrano tra antichi borghi e paesaggi
montani, fuori dalle tradizionali rotte turistiche.
Premessa d’obbligo per introdurre il resoconto di
un’esperienza “transumante” al seguito di pecore, cani e
ovviamente pastori, svoltasi nel cuore del parco nazionale
in un caldo fine settimana di giugno. Promotore un pastore
d’eccezione, Nunzio Marcelli, animato da un entusiasmo
disarmante e dalla volontà di portare avanti la pratica
tradizionale della pastorizia nonostante le difficoltà di tipo
economico e culturale. Esperienza vissuta dal sottoscritto
per C come magazine, da “curiosi” e da addetti ai lavori di
varia provenienza. Ci sono anche giornalisti intervenuti per
testimoniare sulle pagine dei propri giornali l’esperienza della
transumanza: giornalisti americani ed inglesi. Una coppia di
ragazzi di Manchester, una famiglia di New York, un curioso
del Sud Africa ed un paio di comitive della Campania e di
Milano. Di abruzzese solo io ed una ragazza: aspetto, questo,
che la dice lunga sulla miopia di alcuni nostri corregionali
che esaltano paesaggi esotici e mal conoscono il proprio
territorio.
Si parte sabato mattina 26 giugno con le pecore guidate
dai pastori, due ragazzi rumeni che in patria svolgevano la
stessa attività… Di ragazzi abruzzesi che portino le pecore al
pascolo non se ne trovano più da tempo. Al nostro seguito,
i fedeli mastini abruzzesi e l’allegra e variopinta brigata di
turisti “alternativi”. Punto di partenza della “transumanza”
è l’agriturismo “La Porta dei Parchi” di Nunzio Marcelli, ad
Anversa degli Abruzzi (Aq).
magazine 27
Speciale Abruzzesi
Nunzio Marcelli con pastore
Tra le montagne ad Anversa degli Abruzzi
Sentiero percorso dal borgo di Castrovalva
Mastino abruzzese di guardia al gregge
Panorama sul lago di Scanno
magazine 28
Riposo nel borgo di Frattura Vecchia
Percorrendo un sentiero sconnesso di una riserva naturale
raggiungiamo dopo un’ora e mezza di cammino il paese
di Castrovalva, stupendo borgo affacciato sulle gole del
Sagittario. È un posto dal cuore antico caratterizzato però
dalla vitalità dei suoi pochi abitanti che ci ospitano con
un gradevole rinfresco. Procediamo oltre, lungo il sentiero
che ci condurrà nel primo pomeriggio verso la prima meta
della transumanza: un percorso snodato nel cuore delle
montagne che sovrastano l’abitato di Anversa. Il paesaggio
si fa più arido, brullo, aperto su altre montagne. Una
profonda discesa ed una più ardua salita ed ecco il lago:
è Scanno, e quello oltre è il monte Carapale, nell’alta valle
del Sagittario. La nostra meta ora è il vecchio insediamento
urbano di Frattura Vecchia, che sorge su una favorevole
postazione panoramica sul lago. È un caratteristico borgo
quasi disabitato che nel 1915 il terremoto della Marsica rase
al suolo, è il nostro pit stop della giornata, dove Nunzio ci
attende con un invitante pranzo servito sotto una vecchia
pergola di una delle case del borgo dove ci adagiamo
al riparo dalla caligine estiva man mano che il resto della
comitiva arriva alla spicciolata. Per rimanere in tema,
Nunzio ci delizia con piatti tipici della transumanza, dove
è il formaggio a farne da protagonista: ricotta affumicata al
ginepro, pecorino ed uno strano pasticcio di pasta passa
tra i partecipanti; il tutto accompagnato dall’immancabile
Montepulciano. C’è chi coglie l’occasione, dopo il pranzo
rigenerativo, per fotografare il borgo di Frattura vecchia. La
sua particolarità sta nell’omogeneo insieme delle case in
pietra di montagna, tutte della medesima altezza, che stanno
strette l’una all’altra.
Poco oltre, tornati sul sentiero, ecco apparire il nuovo
insediamento urbano di Frattura, caratterizzato da una
struttura a terrazze e da molteplici scale che la collegano tra
un livello e l’altro. Un paese da scoprire anche dall’alto per
ammirare i suoi tetti e il panorama della vallata circostante,
accarezzati dall’aria sempre frizzante. Un bel giorno, qualche
decennio fa, anche il famoso incisore olandese Escher, di
passaggio in terra d’Abruzzo rimase colpito dalla particolare
struttura del paese, tanto da raffigurarlo in uno dei suoi
studi dello spazio e dell’infinito. Stremati, ci sistemiamo
per la notte nella struttura locale del Corpo Forestale dello
Stato, ubicato nel centro del paese: un giaciglio fatto di una
scomoda brandina, dettaglio trascurabile grazie all’ospitalità
dei paesani, che con il tradizionale “saluto” al gregge
ci permettono di assaggiare la tradizionale pecora “alla
callara”. Anche il borgo di Frattura è una zona franca per il
percorso transumante, infatti da esso parte una mulattiera
che il giorno seguente abbiamo percorso per giungere alla
destinazione finale, e dalla sua locazione panoramica si
intuisce come abbia avuto in passato il suo ruolo di tappa di
magazine 3
Dai semi migliori
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Speciale Abruzzesi
Fontana nel Borgo di Frattura Vecchia
ristoro e di controllo del territorio. Un paese retto dall’unione
e dalla solidarietà dei suoi abitanti e dai suoi luoghi, che
raccontano una storia legata alla pastorizia.
Il percorso del giorno seguente è costituito da una lunga e
articolata traversata in quota, con panorami mozzafiato e
di notevole impegno fisico. Sono circa le otto di un fresco
mattino quando prendiamo il cammino al seguito del gregge
e dei pastori e con l’aiuto di una leggera brezza riusciamo a
percepire i mille profumi provenienti dal bosco che ci sovrasta.
Mentre proseguiamo, ammiro l’impegno dei pastori rumeni
che, nonostante una notte trascorsa all’aperto nel custodire
il riposo del gregge, sono determinati più che mai a condurci
verso la meta. Il sentiero si allontana quasi subito dall’ultimo
avamposto di civiltà divenendo ripido e accidentato, di colpo
sembra essere proiettati in un paesaggio senza tempo.
Arrestiamo così la marcia, come se Nunzio volesse farci
percepire la consistenza diversa di cui è fatto l’ambiente
circostante. Osserviamo il gioco di luce radente che mette in
risalto i crinali delle montagne circostanti. Avanti, il sentiero
diviene nuovamente irto ed in lontananza sembra svanire
tra la folta macchia senza possibilità di proseguimento.
Giunti fuori dalla macchia boschiva restiamo incantati
dall’eccellente panorama nel cuore del versante meridionale
dell’Abruzzo. In lontananza si intravede l’incontaminata valle
delle Cinque Miglia, un posto desolato ma che nello stesso
tempo sprigiona un magnetismo tutto particolare: deve aver
costituito da sempre un punto strategico per la pastorizia
transumante verso la regione Puglia. Nel frattempo,
mentre continuiamo a scattare foto del suggestivo luogo, i
pastori scrutano in lontananza alla ricerca di qualcosa che
ignoriamo. Proseguiamo e in lontananza scorgiamo un altro
gregge di pecore, le stesse che i pastori aspettavano per
effettuare il ricongiungimento degli ovini e raggiungere così
la meta di Chiarano, un altopiano a 1600 metri dove le pecore
raggiungono i pascoli estivi e dove c’è lo stazzo dei pastori.
Dopo circa trenta chilometri coperti in due giorni di marcia
al seguito dei lanosi mammiferi sembriamo giunti al termine
di un percorso millenario, un percorso che in passato
si spingeva fino al tavoliere delle Puglie, carico di storie
ancestrali, un viaggio che coinvolge tutti i sensi, attraverso
territori che si offrono con i profumi dei pascoli e dei boschi,
con i sapori dei prodotti pastorali, tra i ritmi della natura.
Dopo l’immancabile ristoro pastorale offertoci da Nunzio,
tra cui l’inedita, almeno per il sottoscritto, carne di pecora
essiccata e dell’ottimo pancotto (pane raffermo cotto in
acqua e sale, accompagnato da cicoria di campo), giunge
il momento del ritorno ad Anversa degli Abruzzi, questa
volta però “motorizzata”. Dopo due giorni completamente
assorbito dallo stile di vita pastorale, nel pieno della natura tra
vari dislivelli paesaggistici, riprendiamo malinconicamente il
ritorno verso la realtà che ci appartiene, ma che sento già
così estranea. Nunzio Marcelli, gli abitanti di Frattura, i
pastori e i simpatici “turisti” che hanno scoperto un Abruzzo
sconosciuto rimangono nel cuore, e prepotentemente si
fa spazio l’idea di sentirsi più vicini ad un certo stile di vita
arcaico che a tutte le congetture moderne. La transumanza
ha il valore delle esperienze umane dei nostri antenati ed è in
essi che proietto il mio sentire abruzzese.
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Speciale Abruzzesi
magazine 32
Speciale Abruzzesi
C COME AGRICOLTORI
di Giovanni Rosato– Foto: www.sxc.hu
LAVORARE LA TERRA È UN
RUOLO SOCIALE
La nuova politica comunitaria
mantenendo un’alta qualità di produzione e di sicurezza
Il 19 luglio a Bruxelles presso la sede della Commissione
alimentare, ma anche di tutelare l’ambiente e il territorio
europea si è tenuta una conferenza promossa dal commissario
salvaguardando la biodiversità, senza perdere d’occhio
europeo all’agricoltura Dacian Ciolos per trovare una sintesi
l’importanza dell’occupazione in agricoltura e in tutta la
delle 6.000 proposte inviate dalle parti civili e produttive
filiera.
europee su come riformare
Si conferma quindi il ruolo
la P.A.C. (Politica Agricola
DISTRETTO RURALE, CIAK 1!
sociale dell’agricoltura in
Comunitaria) dopo il 2013.
quanto fornitrice non solo di
Il commissario ha ricordato
È stato ufficialmente consegnato alla Provincia di Pescara il
progetto del Distretto rurale “Terre vestine. Dalle Saline al Gran
alimenti, ma anche di servizi
che i cittadini europei sono
Sasso”, composto dai Comuni di Elice, Penne, Città Sant’Anche vanno a beneficio
coscienti della necessità
gelo, Villa Celiera, Farindola, Montebello di Bertona, Civitella
di tutta la collettività. In
di una politica agricola
Casanova, Collecorvino, Loreto Aprutino, Picciano, Arsita, Bidefinitiva si è concordi nel
comune forte, al servizio
senti, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti e Montefino.
sostenere che i produttori
della società.
La palla ora passa al presidente Guerino Testa, che secondo
vanno compensati proprio
Numerosi i temi di riflessione
prassi dovrà sottoporlo alla Regione che a sua volta dovrebbe
per questi beni pubblici che
che sono emersi dal dibattito
promuoverlo. L’assessorato all’agricoltura rimarrà rigido sulla
con il loro lavoro mettono a
che ha delineato le future
volontà già espressa, di costituire i distretti in base ai confini
disposizione della società,
sfide del settore, come
provinciali? Pare che, a supporto di questa volontà, molti fondi
nel rispetto di rigide norme
la necessità di garantire
a disposizione ragionino per divisione provinciale e non per
sanitarie,
ambientali
e
l’approvvigionamento
territorio. D’altro canto è stato ribadito in sede di presentazione alla stampa che il Distretto individuato dal Comitato promodi tutela del benessere
alimentare
a
prezzi
tore non può distinguere confini amministrativi, perché (segue)
animale.
corretti per i consumatori
magazine 33
Speciale Abruzzesi
Il sostegno pubblico è
Brevemente vorrei ricordare
i dieci comuni pescaresi e i cinque teramani sono da sempre
destinato agli agricoltori
l’evoluzione della P.A.C.
abituati ad interagire senza guardare la targa automobilistica.
professionali ed alle aziende
che detta l’agenda di
Il Distretto “Terre vestine” rispetta tutti gli elementi descrittivi
che operano nel mercato
tutte le misure presenti
necessari: la legge 228/01 e la L.R. 18/05 definiscono infatti
i distretti rurali come “aree con un’identità storica e territoriadei prodotti e del lavoro,
nei vari piani di sviluppo
le omogenea e dalla produzione di beni e servizi di particolacomprese
tutte
quelle
rurale di ogni regione. Essa
re specificità coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali
attività come agriturismo,
rappresenta una serie di
e territoriali”. L’assessore all’agricoltura della provincia di Pebed and breakfast e aziende
norme e meccanismi che
scara Angelo D’Ottavio ha ricordato che la divisione per prodi trasformazione.
regolano la produzione, gli
vince non snaturerebbe la natura del Distretto, e ha ammonito
Credo che 100 anni fa
scambi e la lavorazione dei
contro il rischio di andarsi a sovrapporre con le attività di altre
nessuno si sarebbe stupito
prodotti agricoli nell’ambito
realtà già esistenti atte alla promozione del territorio. Dal canto
di trovare in una cascina
UE.
loro i quindici sindaci, che sinora hanno autofinanziato questa
rurale galline libere nell’aia,
La PAC è entrata in vigore
analisi e questa proposta, sono disposti a unirsi in associaziomucche, capre e animali
nel 1962 e
rappresenta
ne autonoma. Del distretto rurale si è parlato anche ad Elice
al pascolo. Oggi una
ad oggi quasi il 50 % del
durante la settima sagra della Mugnaia all’inizio di agosto, in
un convegno apposito al quale sono intervenuti, tra gli altri, il
percentuale
bassissima
bilancio comunitario!
coordinatore Fernando Fabbiani, il progettista Donatantonio De
della popolazione vive di
Ebbene,
da
allora
Falcis e il neo sindaco di Elice Gianfranco De Massis. (C.M.)
sola agricoltura in Italia, ma
l’agricoltura,
da
primo
ci viene anche da chiederci
settore
economico
è
se nel 2010 il sogno di molti non sia proprio quello di alzarsi
sprofondata tra le ultime voci per importanza e produzione
dalle proprie scrivanie, lasciando mouse e schermi zeppi di
del reddito. Negli anni a venire si riconosceranno agli
icone, per tornare alle radici e alla soddisfazione di portare
agricoltori ruoli sempre più diversi da quello prioritario e il
nel proprio piatto un po’ di territorio seminato, curato e
concetto stesso di agricoltura subirà evoluzioni inaspettate.
raccolto con mani proprie. Le risorse per chi crede ancora
La P.A.C. di oggi infatti è frutto di un piano di concertazione
nell’agricoltura e ha un progetto valido oggi ci sono più che
che inizia dal 2007 per finire nel 2013 e i pilastri che reggono
mai, soprattutto per i giovani. Nel mondo di internet non ci
questo meccanismo sono la Politica dei Mercati, lo Sviluppo
sono scuse, chi cerca trova.. buona fortuna!
Rurale e la Politica delle Strutture.
E A PROPOSITO DEL PIANO DI SVILUPPO RURALE…
Nessun pericolo di disimpegno dei fondi europei relativi al Piano di Sviluppo Rurale della Regione Abruzzo. Anzi,
obiettivo della Regione è quello di superare il 100% della spesa per ottenere una premialità che si tradurrebbe in
ulteriori risorse comunitarie. È quanto diffuso dalla Regione lo scorso giugno con un comunicato stampa al termine dei lavori del Comitato di Sorveglianza per il Piano di Sviluppo rurale della Regione Abruzzo. Presieduto dall’assessore all’agricoltura Mauro Febbo, il tavolo di lavoro si è svolto alla presenza di funzionari della Commissione Europea-DG Agricoltura, del Ministero per le politiche agricole e forestali, dell’Inea, dell’Ismea, della Rete Rurale
e dei rappresentanti delle organizzazioni professionali. «Sono stati esaminati i bandi pubblicati – spiega nella nota
l’assessore Febbo – ed è risultato chiaro come, nel giro di poco tempo, si sia recuperato il ritardo accumulato in
precedenza». Il Comitato di Sorveglianza, in particolare, si è espresso a favore della proposta di estendere la Misura 214 - azione 4, (prati-pascoli) alle zone montane del Fucino (B2). Ora toccherà alla Commissione Europea fornire il parere definitivo. L’assessore Febbo ha inoltre prospettato l’apertura della Misura 112 per i giovani agricoltori
al primo insediamento: misura che già ha riscosso successo nel precedente bando ed è ancora molto richiesta. .
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Speciale Abruzzesi
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Speciale Abruzzesi
C COME PESCATORI
di Cristina Mosca – Foto: Sebastian Nino Salvatore - www.fotolia.it
IMPIGLIATI NELLE RETI
Fermo pesca, croce e delizia al cuor
I marinai abruzzesi hanno vinto una battaglia, ma la guerra è
ancora lunga. Lo stato di agitazione partito all’inizio di giugno
si è placato solo quando si è riusciti a strappare qualche
promessa a Bruxelles.
Cosa è successo? Partiamo dall’inizio.
La mela della discordia era principalmente questa: il primo
giugno è entrato in vigore il regolamento europeo, annunciato
dal 2006, che prevede l’obbligo comunitario dell’utilizzo
delle reti a maglie quadre per la pesca a strascico. Il difetto
riscontrato è che questo tipo di reti vanno bene per i pesci
dell’Oceano ma per i pescetti dell’Adriatico sono troppo
grandi: i pescatori si sono visti dimezzato il pescato e dopo
una settimana hanno lanciato l’allarme.
A suon di fischietti e vuvuzelas i pescatori hanno sfilato per
due volte per le strade di Pescara con striscioni di protesta e
slogan sul rischio di perdere piatti tipici della costa come la
cosiddetta “frittura di paranza”, costituita prevalentemente
da naselli, scampi calamari, alici. Una delegazione delle
marinerie di Pescara, Ortona, Giulianova e Vasto ha
incontrato l’assessore regionale all’agricoltura Mauro
Febbo per chiedergli di intervenire. Solo che alla mela della
discordia è stata aggiunta altra frutta nel cesto: alla risposta
di Bruxelles che è “un po’” tardi chiedere oggi di intervenire
su un regolamento del 2006, le marinerie hanno rilanciato
sul piatto altri malesseri non sopiti, sostenuti anche dai loro
colleghi di Ancona e Termoli.
Le due tematiche principali messe sul tavolo dell’assessorato
sono state la necessità di una retribuzione statale durante il
mese di fermo e, di contro, l’urgenza di un fermo non solo
immediato, ma anche il più duraturo possibile perché «in
mare non c’è più pesce».
Quello che noi chiamiamo comunemente “fermo biologico”,
ma che tecnicamente è un “fermo temporaneo di pesca” o
semplicemente “riposo biologico”, è stato istituito in Italia
nel 1988. Si tratta di un periodo che va dai 30 ai 45 giorni
e che annualmente stabilisce che le operazioni di pesca a
strascico e volante debbano fermarsi per dare respiro alla
fauna ittica. Ma chi restituisce ai pescatori i giorni di nonlavoro forzato?
All’inizio sia i pescatori che gli armatori riscuotevano
un contributo di poche centinaia di euro, proporzionato
alla stazza delle loro barche; poi i finanziamenti statali si
sono ridotti e per i proprietari delle barche non c’è stata
retribuzione. L’invocazione della marineria abruzzese, alla
quale si sono aggiunte le voci delle Marche, del Molise e
della Puglia, ha fatto in modo che un vero e proprio pool
di regioni si sia seduto a convegno e sia andato a chiedere
aiuto sia al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e
forestali sia alla Comunità Europea. Le istanze presentate
proponevano o tre mesi di riposo biologico per almeno due
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magazine 66
Speciale Abruzzesi
anni, per consentire il ripopolamento dell’Adriatico, o in
alternativa una sorta di riposo “diluito” non uscendo a mare
un giorno in più a settimana.
Il risultato è stato, alla fine, che lo Stato ha dato l’ok per una
retribuzione agli armatori, anche se equivalente a metà mese
di lavoro, e che il riposo biologico, per la prima volta dopo
tutti questi anni, in Abruzzo non si rispetterà ad agosto ma
a settembre.
Questa soluzione media un po’ tutte le richieste ma non
andrà a risolvere il problema dell’Adriatico. Come una spada
di Damocle incombono su di noi infatti i pescatori croati,
che non essendo ancora nella Comunità Europea non sono
tenuti a rispettare i nostri tempi e le nostre regole. A loro,
pare, Bruxelles chiederà collaborazione, soprattutto in vista
della loro ammissione in UE.
Forse chi beneficerà veramente da un fermo pesca
autunnale saranno quei (pochi?) ristoratori che si avvalgono
prettamente della pesca locale, e che nel mese di agosto
vivono di turismo.
L’unico punto oscuro, in tutta questa vicenda, è: questo
famoso fermo che viene rimbalzato da un punto all’altro del
calendario, è davvero indispensabile? I più commentano
con un laconico «non è mai servito a niente». Ma se davvero
l’Adriatico ha bisogno di ripopolamento, cosa occorre fare?
Salvare i riproduttori o il novellame? Ed è sufficiente non
andare a pescare per un certo periodo? E quanto lungo deve
essere questo periodo? E in che parte dell’anno?
«La prima cosa da fare è decidere quali specie ittiche si
vogliono preservare – ci risponde Carla Giansante, biologa
ricercatrice del Centro di Biologia delle Acque dell’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G.
Caporale” – perché da alcuni studi che abbiamo condotto
sei anni fa, basandoli su una sterminata bibliografia esistente
sulla riproduzione delle specie, ci è risultato che oltre il
60% delle specie prese in considerazione si riproduce
in primavera, con un picco a maggio; alcuni di loro fanno
parte della nostra alimentazione tradizionale, come calamari,
naselli, mazzancolle, moscardini, pannocchie, San Pietro,
pesci preti, razze. In estate la percentuale scende a poco
più del 50%; mentre i periodi meno frequentati per la
riproduzione li si hanno in inverno (33%) e in autunno
(22%). Ma questi dati non bastano: occorrerebbero ricerche
più mirate, e non possono nemmeno essere svolte senza
coinvolgere i pescatori».
Se le idee sono poche, tante, forse troppe, sembrano invece
essere le barche sul territorio: un sovrappopolamento che
si fa fatica a compensare con le quattro barriere artificiali di
ripopolamento, funzionali alla pesca, che da 6 anni l’Istituto
controlla per le province di Pescara e di Teramo aiutando
sogliole, scorfani, ombrine e corvine a riprodursi, alle quali
si aggiungono le altre tre barriere gestite dall’Arta. Senza
contare che una vera e propria nursery naturale di scampi
e naselli ce l’abbiamo in mezzo all’Adriatico, a metà strada
tra noi e la Croazia: la Fossa di Pomo, profonda 270 metri.
«Le cose occorre farle con criterio e con dialogo – conclude
la ricercatrice – Chi sa, ad esempio, che le seppie vivono al
massimo due anni e che si riproducono una volta sola, tra
febbraio e maggio? E che l’utilizzo delle nasse al posto delle
reti per questa pesca è più efficace e facilita la deposizione
e la schiusa delle uova? Non si può decidere della natura
senza un supporto scientifico, così come non ci si dovrebbe
mettere a dieta senza un consulto medico».
In crisi lavorativa ci sono anche le vongolare: esistono delle
precise “fasce” costiere in cui le vongole prima della vendita
dovrebbero essere depurate, in primis quelle a meno di 500
metri dalla costa. Poche settimane fa l’Istituto Zooprofilattico
ha avvallato scientificamente la proposta del Consorzio delle
Vongolare di prevedere una sorta di “corridoio” nell’Area
Marina protetta Torre del Cerrano per la pesca delle vongole
in zona D, ossia tra i 500 metri e 1 miglio dalla costa; l’avvallo
è giunto, però, solo a condizione di una serie di limitazioni
e di un costante monitoraggio dell’impatto della pesca
sulla fauna. Ma, citando lo scrittore Michael Ende, questa è
un’altra storia, e la si dovrà raccontare un’altra volta.
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C COME AGROALIMENTARE
Redazionale – Foto: Modiv/Valerio Simeone
MOSTRA MEDITERRANEA,
DESTINAZIONE MONDO
Un’edizione dal taglio internazionale
La tanto attesa XXV edizione di Mediterranea, mostra di
riferimento dell’agroalimentare abruzzese, ha confermato
il successo previsto. Per soli quattro giorni, dal 29 luglio
al primo di agosto dalle 19 a mezzanotte, sono stati infatti
stimati 30mila visitatori.
Dai confetti agli arrosticini, passando per formaggi, salumi,
vino, pasta e olio, a Mediterranea ce n’è stato per tutti i gusti,
dal miele all’amaro: 90 espositori, dei quali 78 provenienti
dalle quattro province abruzzesi e i restanti 12 provenienti
da fuori Italia. Tra le novità di quest’anno ci sono state le
degustazioni di vini pescaresi in collaborazione con l’Ais
Abruzzo, e la possibilità di far valutare il proprio olio dal
comitato di assaggio della Camera di Commercio, diretto dal
capo panel Luciano Brancone. Entrambe le iniziative hanno
avuto successo, tanto che ben 35, tra produttori e semplici
utenti, hanno richiesto una scheda di valutazione dell’olio.
Per il suo quarto di secolo, Mediterranea ha cambiato
rotta acquisendo un taglio spiccatamente internazionale:
taglio suffragato dalla presenza, in sede di inaugurazione,
di eminenti rappresentanti istituzionali provenienti dal
Brasile, dalla Bosnia Erzegovina e dalla Serbia; tre Paesi
che offrono interessanti opportunità economiche alle nostre
imprese in particolar modo nel settore agroalimentare.
Hanno partecipato il Ministro per lo sviluppo economico
e le attività produttive della Federazione di Bosnia ed
Erzegovina Velimir Kunic; il segretario per gli affari economici
dell’Ambasciata Repubblica di Serbia in Italia Igor Culafic;
il segretario generale della Camera di Commercio serba
(dipartimento agricoltura) Milan Prostran; ed il presidente
della FEABRA (la Federazione delle associazioni abruzzesi
in Brasile) Franco Marchetti. Ad accogliere gli operatori e i
visitatori, tra le numerose autorità giovedi 29 luglio c’erano,
oltre al presidente dell’Ente camerale Daniele Becci, il vice
presidente della Regione Alfredo Castiglione, l’assessore
regionale all’agricoltura Mauro Febbo, il presidente della
Provincia Guerino Testa, il prefetto Vincenzo D’Antuono,
il questore Paolo Passamonti, il sindaco di Pescara Luigi
Albore Mascia e il comandante della Capitaneria di Porto
Pietro Verna.
L’edizione 2010 di Mediterranea è stata anche caratterizzata
da una interessante novità che ha trovato un largo consenso
da parte delle imprese partecipanti alla mostra. Nell’ottica del
potenziamento dei contatti commerciali, due intere mattinate
sono state dedicate ad un fitto calendario di appuntamenti
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b2b: sono stati organizzati oltre 20 incontri sulla base delle
richieste dei buyer e dei seller italiani e stranieri, destinati
ad incrementare i rapporti commerciali delle nostre imprese
sia in ambito nazionale che estero. Particolare importanza
hanno rivestito gli incontri tra le aziende vitivinicole e la
Feabra, sul potenziamento dell’export dei vini abruzzesi in
Brasile, e quelli dedicati agli scambi commerciali con gli
operatori dell’area balcanica.
«Le nostre aziende – ha dichiarato il presidente Becci nel corso
della conferenza stampa di presentazione di Mediterranea
2010 – devono assumere un taglio completamente diverso,
andando oltre i confini nazionali che ormai sono spariti. La
presenza di imprenditori brasiliani, serbi e bosniaci ci riempie
di ottimismo in un momento molto particolare per la nostra
nazione e la nostra regione».
Il Brasile, la Serbia e la Bosnia Erzegovina offrono infatti
interessanti potenzialità come mercati di sbocco per le
imprese abruzzesi. Il Brasile è caratterizzato da una forte
crescita economica, tanto che negli ultimi anni sono emersi
dalla condizione di povertà circa 25 milioni di persone,
mentre la Serbia e la Bosnia Erzegovina si presentano come
due importanti territori sull’altra sponda dell’Adriatico, su
cui poter puntare per la valorizzazione turistica e lo sviluppo
della filiera agroalimentare.
Tutti i riferimenti e le informazioni, anche per il prossimo
anno, sono su www.mostramediterranea.it.
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C COME TRADIZIONE
di Anita Righetti – Foto: Mario Sabatini
I PEPERONI, UN TESORO IN DISPENSA
Buoni secchi e fritti
Che dire dei peperoni. Sono il muro portante della cucina
abruzzese: piccanti e dolci freschi e secchi sono presenti
nella cucina tradizionale e nella cucina rivisitata.
I peperoncini piccanti, a cornetto o a palloncino, i peperoni
dolci grossi e polposi da arrostire, i piccoli verdi da friggere,
i piccoli rossi da seccare al sole sono l’alfa e l’omega della
nostra tavola, ancor prima che della cucina. Forse anche più
del pomodoro, se consideriamo che nell’apparecchiare la
tavola il peperoncino piccante verde a cornetto, o rosso a
ciliegia, compare insieme al vasellame e alle posate ancor
prima del pane.
Se prendiamo come pasto base l’“aglio e oglio” dove lo
sfrigolare dell’abbondante aglio nell’olio si tinge di rosso
col peperone dolce secco, tritato con una punta di piccante
(solo i poveri tingevano il sugo con una punta di passata
di pomodoro), si capisce l’importanza del peperone. Per
tritarlo per bene va messo, nettato di semi e peduncolo,
in forno caldo e spento. Quando è croccante abbastanza,
si pesta nel mortaio (di legno, l’ideale), oppure si trita con
un mixer. Si può conservare in un barattolo di vetro ben
asciutto; mescolato molto bene all’olio è buono per anni.
L’esaltazione di “aglio e oglio” è il “sugo alla trappitara”.
Si preparava nelle lunghe veglie notturne per la molitura
delle olive (da qui il nome) lasciando all’infinito, sul fuoco
bassissimo o di lato al focolare acceso, olio extravergine
d’oliva, aglio a volontà, peperoni rossi dolci secchi anche
con i semi, volendo, e qualche pomodorino ciliegino, finché
il tutto non si disfaceva; ci si condivano gli spaghetti grossi,
il piccante a piacere. Perciò il peperone è il re della nostra
tavola con la sua consorte sua maestà il pomodoro.
Partiamo dai peperoni più importanti: i peperoni dolci
secchi.
Compaiono sui banchi del mercato a partire da fine luglio e
si trovano fino a fine agosto.
Sono piccoli, a piramide anche irregolare, col peduncolo
verde e la polpa rossa non troppo spessa. Solo questi sono
adatti ad essere seccati. Si infilano a filza e si espongono
al sole per 10/15 giorni di seguito. Si evita accuratamente
di lasciarli fuori la notte, di lasciarli alla pioggia, di saltare i
giorni di esposizione. Rispettate queste semplici regole, si
ottiene un prodotto base eccellente per quanto vado a dire.
I peperoni rossi dolci secchi sono fondamentali insieme
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all’aglio e al peperoncino per “ripassare” la verdura bollita in
padella e farla insaporire: soprattutto con la “misticanza”,
verdure di campo come bietoline, cicorie, borragine, orapi,
ed altro. La misticanza può diventare una sostanziosa
minestra con l’aggiunta di un uovo sbattuto insieme ad un
cucchiaio di pecorino grattugiato, aggiunto e mescolato a
fuoco ancora acceso e spento appena coperto il tegame.
L’umore caldo della verdura cuoce l’uovo quel tanto che
basta, lasciandogli morbidezza.
Il peperone dolce secco si frigge dopo aver fritto le alici intere,
dissalate e infarinate, per essere spezzettate insieme alla
pizza di farina di granoturco e alle verdure bollite e “ripassate”
nel tegame, come già detto, ed ecco la mijichelle. In questo
piatto la prevalenza spetta alle cime di rape con una modica
quantità di cavolo cappuccio bianco. Il cavolo cappuccio
verde ha un sapore troppo forte per questo piatto e non
appartiene alla nostra tradizione. Il cavolo cappuccio bianco,
invece, è molto delicato di sapore e gradito alle lumache che
lo mangiano volentieri perciò non sempre si trova sui banchi
del mercato.
Il peperone rosso dolce secco è fondamentale per il
baccalà arrosto, dove per molti il baccalà è il vero contorno
e i peperoni, cotti nella cenere calda e affogati nell’olio
extravergine d’oliva e nel prezzemolo tritato, sono il vero
piatto forte.
I peperoni secchi tritati sono fondamentali per molti piatti,
dall’“aglio e oglio” al baccalà al sugo, ma è unico per un
piatto consumato con soddisfazione, sia ieri sia oggi, da
ricchi e da poveri, e perciò socialmente trasversale: il pane
tostato, condito con olio extravergine d’oliva e con una
spolveratina di peperone dolce secco tritato, naturalmente.
È complessa la tecnica di cottura dei peperoni secchi: è
affidata sostanzialmente all’esperienza della cuoca, che
deve calibrare con sapienza la temperatura dell’olio quando
li frigge e la presenza di lapilli nella cenere per non bruciarli.
L’arguzia delle suocere di un tempo affidava a questa cottura
l’esame di cucina delle future nuore. Molto spesso avevano
ragione: saper cuocere i peperoni dolci secchi voleva dire
sapienza ed esperienza in cucina. E spesso non solo in
cucina.
ALTINO, IL PAESE DEL PEPERONE DOLCE
Il 28 e il 29 agosto si svolgerà il secondo Festival del Peperone Dolce di Altino (Ch) e il suo Palio Culinario delle Contrade.
Corredato da laboratori dei prodotti tipici del Sangro Aventino, di balli tradizionali, di cesti in vimini, del rame e del merletto, il
festival vedrà sfidarsi le sette contrade a suon di menu a base di peperone dolce. Il peperone dolce di Altino Oasi di Serranella
è un prodotto riconosciuto dalla Regione Abruzzo ed inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali. Nel volume “Origine e storia
delle piante coltivate in Abruzzo”, a cura di Aurelio e Giuseppe Manzi, si può trovare una citazione storica datata 1752 in
cui si fa riferimento ad un atto notarile di compravendita in cui la pianta viene citata con il nome di “peparoli”. Nello stesso
testo si racconta che nella vallata del Sangro i peperoni dolci essiccati venivano polverizzati all’interno di grossi mortai di
legno denominati “piloni”. La polvere di peperone così trovava largo consumo come condimento per la pasta oppure per la
preparazione di insaccati.
Di colore rosso intenso quando ha raggiunto la maturazione, la sua caratteristica principale è quella di avere i frutti rivolti
verso l’alto, da cui il nome dialettale a cocce capammonte. Viene solitamente utilizzato come aroma negli insaccati della zona
(salsicce, ventricina, ecc.) o anche come ingrediente di varie ricette tradizionali come con la pasta con aglio, olio e peperone
trito, con la pizza e ffójje, con le sarde salate, con le uova (peparuole e ove) con i legumi e come condimento per la pasta in
innumerevoli ricette.
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C COME ESTERO
di Nadia Miriello:
LO CHEF GIRAMONDO
CON L’ANIMA “AMARCORD”
Walter Giardinelli resta fedele ai piatti di nonna
È un “nomade dei fornelli” lo chef abruzzese Walter
Giardinelli. Sin dall’adolescenza va col suo toque bianco
dove lo portano i fortunati incontri umani e professionali
che ne costellano la carriera, partita dalla prestigiosa
scuola alberghiera di Villa Santa Maria e decollata via via
grazie alle esperienze lavorative collezionate a Venezia,
Londra, New York, Hong Kong e Porto Cervo, al fianco o
sotto l’egida di maestri dell’arte culinaria. Presto si farà
apprezzare anche ad Abu Dhabi, Istanbul e Mosca, ma
a dispetto di quanto si possa pensare, il suo infaticabile
girovagare “astronauta” ha sempre più un sapore amarcord:
«Ho passato vent’anni a imparare come fare salse perfette,
‘tirate a lucido’ alla francese – spiega – per poi invertire rotta
negli ultimi anni, riscoprendo una cucina semplice, genuina
e ugualmente gustosa». È il segreto dello stile “Cipriani”, che
contraddistingue nel mondo la compagnia del patron Arrigo.
Uno stile della ristorazione che è una vera e propria filosofia
del “cucinare, servire e mangiar bene” abbracciata da Walter
sei anni fa e mai più abbandonata.
La gratitudine per questa folgorante opportunità è tutta per
l’amico chef Nicola Cicchini, originario di Piane D’Archi (Ch),
che da ben 25 anni lavora all’Harry’s Bar di Venezia, noto
ristorante della catena. Il legame tra i due colleghi corregionali
risale ai quattro anni trascorsi da Walter all’Hotel “Monaco &
Grand Canal” grazie alla buona parola di Giovanni Spaventa,
chef del lussuoso Hotel Cipriani, conosciuto anche lui
nella città lagunare durante la prima prova lavorativa postdiploma sotto il figlio del grande Domenico Pace Stanziani,
insegnante all’alberghiero. Concluso il periodo al “Monaco”,
alla nascita del primogenito Damiano, oggi ventunenne in
procinto di seguire le orme del padre, il giovane cuoco di
Torrevecchia Teatina aveva scelto insieme alla moglie Roberta
di tornare in terra natìa, dove divenne prima chef di cucina
e successivamente direttore de “La Lanterna” di Angelo
Chiavaroli, a Cepagatti (Pe), intervallando le esperienze con
la proprietà del ristorante “Le maschere” a Tollo (Ch).
Dopo la scomparsa prematura di Chiavaroli, durante un
banchetto nell’Ambasciata italiana di Lisbona, Walter decise
che era di nuovo ora di lasciar l’Abruzzo e contattò appunto
l’amico Cicchini per avere una dritta. Saltò fuori la proposta
di volare a Londra e Walter accettò entusiasta, iniziando
l’avventura british insieme allo chef Giuseppe Marangi, oggi
executive della compagnia Cipriani. Da qui la “conversione”
decisiva. «Grazie alla guida del signor Arrigo e di suo figlio
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Giuseppe – racconta – nei sei anni londinesi sono cresciuto
molto professionalmente e ho sposato appieno la loro idea di
cucina: semplice e genuina come quella delle nostre nonne,
perché basata su prodotti freschissimi e di prima qualità,
e al contempo molto laboriosa, perché usiamo le persone
e pochissimo le macchine. Alcune ricette sono create
interamente a mano, come il ragù tagliato al coltello o le
tartare di pesce e carne, fatte e condite al momento. Schiume
e schiumette non m’attirano più. Così, mentre tanti colleghi
oggi amano scomporre piatti e rivisitarli per sorprendere
innanzitutto visivamente, io mi diverto a ricomporre per
dar sapore e corpo alle pietanze, senza esasperarne il
gusto. L’unicità di quest’azienda – sottolinea – sta proprio
nel fatto che a Hong Kong, New York o Istanbul assaggi le
stesse ricette preparate nella stessa maniera e con la stessa
professionalità: se registriamo 400 coperti al giorno da anni,
senza crisi, vuol dire che il metodo Cipriani funziona». Come
da quattro anni, l’estate 2010 di Walter sarà al ristorante del
“Billionaire” di Briatore, in Costa Smeralda. Poi a settembre
si trasferirà a Istanbul con Cicchini per l’apertura di un nuovo
ristorante Cipriani in uno storico albergo della città. Infine lo
attende Mosca, dove un altro “Harry’s Bar” andrà ad allungare
la lista di locali dell’Impero Cipriani, che attualmente conta
11 ristoranti sparsi nel mondo.
UN CUOCO INTERNAUTA
Walter Giardinelli prima di prenderti per la gola ti conquista col sorriso. Ed è questo, a mio parere, l’ingrediente segreto della
sua cucina, “esportabile” eppur orgogliosamente casereccia. La sua giovialità la ritrovi nei manicaretti che prepara come
nella “brigata” che l’aiuta ai fornelli: per lo più giovani, soprattutto abruzzesi, con i quali una volta sfilato il grembiule di dosso
corre a scatenarsi in discoteca o chatta su Facebook. Sì, perché è un cuoco “tecnologico”, lui. Oltre ad esser presente nel
frequentatissimo social network, ha almeno un paio di e-mail che legge quotidianamente, s’è creato gli account Skype e
Messenger e ha una passione smodata per la fotografia, che va a braccetto con quella per la buona tavola. Ha una Nikon
N200 che lo segue fedelmente nel lavoro (più di 15 ore al giorno, dalle 8 e mezza del mattino all’una di notte!) e con la quale
immortala assiduamente tutti i passaggi delle sue creazioni gastronomiche. «Ho una spiccata memoria visiva – spiega – e
grazie agli scatti che realizzo nelle fasi di preparazione dei piatti riesco ad illustrar meglio i trucchi del mestiere agli chef
stranieri che collaborano con noi. Ho un archivio di ben 8 hard disk esterni!». Ultimamente Walter ha scoperto di essere anche
un bravo progettista di cucine: con l’amico Giuseppe Marangi ne ha allestite 8 in rinomati ristoranti, tra cui quello di Briatore
nello stadio acquistato a Londra con la squadra dei Queens Park Rangers e 3 nel Centro “Yas Island” di Abu Dhabi. (Na.Mir.)
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C COME LEGUMI
di Stefano Sebastiani – Foto: tasteofbeirut.com.
IL LUPINO
Popola le nostre feste, combatte il colesterolo
Il lupino, dolce ma non stucchevole, gradevole da
sgranocchiare come stuzzichino con l’aperitivo, vive oggi un
momento di gloria. I ricercatori, prove alla mano, lo indicano
tra i legumi come il più nobile e come vera alternativa alla
bistecca. Lupino, carne dei vegetariani.
Supera per quantità di proteine la soia, ha proprietà
straordinarie per combattere la pressione alta e il colesterolo
cattivo. Torna d’attualità il legume che già gli antichi romani
utilizzavano come principale fonte proteica. Pare, infatti, che
il loro esercito riuscisse a recarsi a piedi fino alla Britannia
nutrendosi solo di lupino, pane e vino. Era così diffuso
da venire citato in comuni proverbi (“Ignorare qui distent
aurea lupini”, che si può tradurre con “prendere lucciole
per lanterne”) e veniva consumato dopo lunga bollitura o
conservato in salamoia come le olive.
Solo dopo il Concilio di Trento, in tempi di maggiore ricchezza,
in Europa è stato soppiantato dalla carne. Oggi con la farina di
lupino si fanno snack, bevande (latte vegetale), salsine, tofu,
piatti istantanei, pane e persino biscotti dolci. Il suo seme è
ricco di proteine (100 grammi di legume secco contengono
40 gr di proteine, la metà del fabbisogno quotidiano per un
adulto) e di olio (12%), ma anche di amminoacidi essenziali.
Ha caratteristiche nutrizionali che lo rendono più digeribile di
ogni altro legume.
Un gruppo di ricercatori milanesi guidati da Cesare Sirtori,
ordinario di Farmacologia clinica all’Università di Milano, ha
dimostrato che negli animali una modesta aggiunta di lupini
alla normale dieta può ridurre la colesterolemia in modo
significativo. Ricerche confermate anche sull’uomo: un
recente studio condotto in Polonia da Marek Naruszewicz
su 55 pazienti che soffrivano di ipercolesterolemia «ha
evidenziato con un consumo quotidiano di mezzo litro
di latte di lupino – come riferisce il professore Sirtoni – un
calo del colesterolo totale del 10% e di quello cattivo (Ldl)
superiore al 12. E questo solo dopo un mese di trattamento».
Il latte di lupino può costituire una interessante alternativa
per i celiaci o per i bimbi intolleranti al lattosio. E il seme
di questo legume ha anche altre caratteristiche nutrizionali
degne di nota: quantità minime di composti che rendono
poco digeribili i legumi, salvo sottoporli a cottura prolungata.
Cresce un po’ ovunque, in terreni silicei, e i semi, una volta
essiccati al sole si conservano in vasi di vetro ben chiusi;
tostati e macinati possono essere usati come surrogato del
caffè.
In fitoterapia si usa la farina ottenuta dalla macinazione dei
semi per contrastare malattie della pelle, eczemi e crosta
lattea. Secondo alcuni studi, infine, il lupino ha anche
proprietà antidiabetiche e vermifughe.
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I 7 “comandalenti”: piccoli
consigli per vivere senza ansia
in cucina:
1) Il cibo è la tua prima medicina:
lo insegnano Ippocrate così
come la moderna ricerca. Tra
le concause dell’insorgere di
tumori, infatti, il 40% è addotto
all’alimentazione.
2) La poesia del cibo inizia quando
facciamo la spesa: scegliamo
prodotti di stagione e di qualità,
che hanno aromi-sapori più
intensi e gradevoli. Se vogliamo
risparmiare diminuiamo la quantità,
che è anche ottima scelta per
controllare colesterolo e peso.
3) È scientificamente provato
che l’acqua non bolle prima se
continuiamo a osservarla: quindi
senza fretta appassioniamoci alla
preparazione della nostra cenetta e
apparecchiamo con cura la tavola,
magari con un fiore.
4) Utilizziamo tutti i nostri sensi per
godere dei singoli ingredienti: la
vista, il tatto, l’olfatto, il gusto ...
anche l’udito (i rumori della cucina
fanno tanto casa e calore).
5) Gustiamo ogni forchettata e
ogni piccolo sorso di quel vino
che, anche se da dilettanti, avremo
scelto con amore e cura.
6) Evitiamo il “due in uno”! Se
mangiamo non telefoniamo, se
telefoniamo non mangiamo, come
davanti alla tele: se ne va tutto in
ciccia!
7)Non precipitiamoci ... il cinema,
la lavastoviglie, l’ultimo ritocco al
computer aspetteranno.
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C COME BENESSERE
di Monica Andreucci
ALCUNE REGOLE DELLA
BUONA CUCINA
I consigli dell’Artusi
Di cellulite non ne sapeva, eppure Pellegrino Artusi dispensò
nella sua bibbia culinaria “Scienza in cucina e l’Arte di
Mangiar Bene” una quantità infinita di consigli ispirati dal
puro buon senso. A seguirli, quotidianamente, staremmo
tutti meglio perfino nella taglia ‘XL’.
Ecco quello che suggerisce, in pillole: i 4/5 del cibo
quotidiano dovrebbero essere frutta, verdura, legumi
e/o cereali. Almeno 3 porzioni al giorno di verdura, una
delle quali cruda. Il minimo di verdure crude a foglia, per
porzione, sta nel pugno della mano. Legumi, da 2 a 4 volte
a settimana, 6 cucchiai da minestra la dose per volta. Pesce
di mare, almeno 2 volte a settimana. Frutta quando ci pare
(fuorchè ai pasti). Una curiosità sulle mele: se tagliate 3 ore
prima di consumarle si imbruniscono e diventano ideali per
l’intestino. Uova, 2 o 3 a settimana. Evitare possibilmente
l’associazione carne + formaggio o, anche se va contro le
nostre abitudini quotidiane, caffè forte + latte vaccino intero
surriscaldato. Il pane ingrassa molto meno rispetto a grissini,
crackers, fette biscottate.
L’assorbimento del ferro viene favorito dalla vitamina C, la
quale però distrugge il betacarotene: bene spruzzar limone
sugli spinaci (che non sono i più ferruginosi), inutile farlo sulle
carote. Tutto ciò che è “integrale” (pane, pasta, cereali…)
dev’essere biologico, perché può accumulare residui chimici
tossici. Attenzione anche ai funghi, che hanno un feeling
eccellente con il piombo: mai mangiarli se raccolti vicino a
strade per veicoli a motore. La verdura va cotta in acqua
poca e non salata.
Caffè? Se si vuole limitare l’assorbimento della caffeina, va
bevuto ristretto, perché così le molecole eccitanti “passano”
via; diluite, invece, entrano facilmente in circolo.
Infine, una nota sull’attività fisica: va pensata costante e
leggera, per essere efficace. Occorrerebbe camminare
45 minuti di seguito tre volte alla settimana curando il
portamento (la schiena dritta costringe a spingere il passo
dagli addominali); salire e scendere un piano di scale per
15 minuti due volte al dì, a ritmo sostenuto ma non troppo.
Artusti consiglia, infine, di dare un ritmo regolare ai pasti, a
partire dal mattino: ci vuole una sostanziosa prima colazione.
Inoltre, piano coi fuoripasto; bastano due spuntini, metà
mattina e pomeriggio: prima di andare a dormire non serve
mangiare.
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C COME NUTRIZIONE
di Jenny Pacini
COSA SUCCEDE QUANDO MANGIAMO?
La salute comincia a tavola…
Prendete il vostro peso e dividetelo per la vostra altezza, in
metri, moltiplicata al quadrato. Il risultato di questo calcolo
sarà il vostro “body mass index”: l’indice corporeo di
massa. Se è inferiore a 18.50 vuol dire che siete sottopeso,
superiore a 24.99 può essere un campanello di allarme per
il sovrappeso.
Non vogliamo diffondere allarmismi ma semplicemente
invitarvi ad approfondire le regole di una corretta ed
equilibrata alimentazione, ai fini di evitare ripercussioni
negative sull’organismo. Queste sono state le tematiche
approfondite con il contributo di esperti relatori al museo
Vittoria Colonna di Pescara, in occasione del convegno
“Nutrizione e Benessere”, organizzato lo scorso giugno dalla
FIDAPA, la Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari,
presieduta da Annamaria Scarazza Agata. È proprio lei a
ricordare che questa volta la Federazione non vuole rivolgersi
solo alle donne ma a tutti, in quanto la nutrizione ha assunto
negli ultimi decenni un ruolo sempre più importante nella
prevenzione di malattie croniche quali: diabete, ipertensione
arteriosa, dislipidemia (eccessiva presenza di grassi nel
sangue) e malattie cardiovascolari.
Se il 33% della popolazione è in sovrappeso, il 15% è obeso
e questo dato preoccupa sempre di più perché è in aumento
soprattutto tra i bambini. Per risolvere i problemi legati
a comportamenti scorretti dell’alimentazione: «Bisogna
“cucire” sul singolo individuo la giusta dieta, come un vestito
fatto su misura – ha spiegato il Paolo Di Berardino, dirigente
responsabile Diabetologia e Malattie Metaboliche presso
l’ospedale di Atri- Per dieta non si intende “dimagrimento”
ma “stile di vita”, ovvero un’alimentazione equilibrata, dove è
possibile mangiare cibi vari e gustosi, evitando gli eccessi”.
Attualmente i nutrizionisti sono concordi nel raccomandare
la dieta mediterranea, alla quale si associa un’aspettativa
di vita più alta, basti pensare che: «Nei paesi scandinavi,
dove non è presente questo tipo di dieta, – continua il dottor
Di Berardino – il rischio di malattie cardiovascolari e di
neoplasie è molto più alto. I benefici della dieta mediterranea
sono attribuibili al fatto che si tratta di un’alimentazione più
ricca di fibre come olio di oliva, frutta e verdure; a tutto
ciò va unito che essa valorizza la cucina più genuina e
naturale». E il vino? «Il vino contiene polifenoli e ha un effetto
antiossidante: consumarlo è bene ma con moderazione,
soprattutto da parte delle donne. Mentre un uomo può
tranquillamente bere un bicchiere di vino rosso a pasto, le
donne ne potrebbero sorseggiare solo mezzo per via del fatto
che metabolizzano le sostanze in esso contenute con meno
facilità. Per quanto concerne il consumo di pasta, va detto
che i carboidrati complessi sono molto importanti in quanto
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il 50% di una dieta equilibrata deve essere costituita anche
da questo alimento, dal pane e soprattutto dai cereali».
Perciò, cari lettori di C come Magazine, non abbiate paura
dell’acquolina in bocca davanti alle nostre foto succulente:
potete tranquillamente apprezzare la buona cucina, lo
confermano gli esperti! Purchè ovviamente, non si esageri
troppo con i grassi, con l’alcol e con la carne. Questo
non per mere esigenze estetiche, e quindi per apparire più
magri, ma per prevenire spiacevoli conseguenze sulla salute.
L’eccesso di tessuto adiposo favorisce infatti il sorgere di
patologie: si tratta di «un vero e proprio organo endocrino – ha
affermato Ester Vitacolonna, docente di cattedra di Nutrizione
all’Università di Chieti – che, se in eccesso produce sostanze
nocive per la salute». Anche lei tiene a sottolineare che non
bisogna mai ricorrere a diete ipocaloriche per perdere peso,
in quanto «il cibo è un dono di Dio, dobbiamo sederci a
tavola, degustare, assaporare. Quando lo sciogliamo in
bocca le sostanze agiscono sui neurotrasmettitori; dalla
palatabilità o gradevolezza di un alimento si generano le
cosiddette “sostanze del piacere”. Quindi, non bisogna
abolire il cibo ma imparare a gestirlo».
Insomma, se dopo una fetta di torta al cioccolato vi sembra
di essere più allegri non è solo una sensazione: siete sotto
effetto di dopamina e di sostanze euforizzanti che migliorano
il tono dell’umore. Talvolta però, le emozioni trasmesse da
quello che mangiamo possono condurre ad una vera e
propria dipendenza: «Spesso le gratificazioni del cibo – ha
affermato in sede di convegno Gianfranco Contini, psichiatra
e psicoterapeuta – conducono ad una forma di dipendenza
dall’attività fisiologica del nutrirsi e possono degenerare in
gravi patologie».
Oltre ad un’alimentazione equilibrata e sana è davvero
importante per il nostro organismo fare sport: l’attività
fisica determina un miglioramento a tutti i livelli dello stato
di salute e migliora la qualità della vita. Pascal Moiset,
personal trainer, è uno dei primi a Pescara ad insegnare il
fitness metabolico grazie al quale «è possibile anche per chi
ha avuto seri problemi medici recuperare la forma fisica e
tornare a svolgere attività motorie, che migliorano l’umore e
l’autostima».
Al temine del convegno, Ester Vitacolonna ci prescrive una
cura molto speciale: «Riscoprite la buona tavola abruzzese
che da sempre valorizza la genuinità dei prodotti. il nostro
olio extravergine, il vino, la pasta, i cereali, il pesce e le carni
prelibate delle zone montane sono ideali per una corretta
alimentazione, anche perché i rapidi tempi di trasporto,
favoriti dalla vicinanza mare/montagna assicurano una
freschezza dei prodotti. Il segreto è mangiare in modo sano
ed equilibrato nel modo più variegato possibile».
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Galantina o ‘gallotta’.
È una pietanza tradizionale, di norma
preparata con gallina nostrana pulita
e disossata. Una possibile farcitura e
con carne di vitello macinata, uova,
formaggio grana, noce moscata, olive
verdi denocciolate, carota, sedano, sale
e pepe. Mandorle e pinoli sminuzzati tra
gli ingredienti facoltativi, cosi come l’uso
di farcire le olive denocciolate con una
parte del ripieno. Si aggiungono anche
due uova precedentemente lessate e
tagliate a spicchi. Moltissime le varianti,
più omeno ortodosse, che prevedono
per la farcitura l’utilizzo di pistacchi
sbollentati, tartufo nero a pezzetti,
mortadella e prosciutto insieme al
macinato di polpa di vitello e maiale
insieme. Comunque sia, e detto che la
gallina disossata va ben spennellata e
massaggiata con vino cotto, si procede
alla farcitura con il ripieno, alla legatura
e alla cottura in una pentola con acqua
sufficiente a ricoprirla insieme alle ossa
frantumate e ad un osso di ginocchio
di vitello che, se disponibile, faciliterà la
formazione della gelatina. Si schiuma in
continuazione e poi si lascia cuocere a
piccolo bollore per 3-4 ore. Le tre dita
di brodo residue, colate e raffreddate,
formeranno con il tempo la gelatina da
cospargere sulle fette di galantina che
va rigorosamente servita fredda.
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C COME LIBRO
Foto: Modiv
ECCO LA TERAMO DEI SAPORI
E DEGLI ODORI
Un libro per conoscere il territorio
Con molta umiltà e obiettività i giornalisti enogastronomici
aquilani Antonio Paolini e Roberto De Viti hanno portato a
compimento l’ambizioso progetto “Teramo, il linguaggio
dei sapori”. Un libro-catalogo di ricette, sapori e tradizioni
della provincia teramana, contenuto in un cofanetto
insieme ad una vera e propria guida sulla ricettività e la
ristorazione in provincia, o “iPad cartaceo”, come è stato
definito in conferenza stampa di presentazione dallo stesso
Antonio Paolini. Il volume è stato realizzato dalla Camera
di Commercio di Teramo e dalla Fondazione Tercas, con
contributi di Alfonso Di Ottavio (fotografie e allestimenti),
Fabrizio Lucchese (progetto grafico), Elisabetta Di Berardino
e Tonia Ruggeri, e numerosi passaggi in inglese grazie alle
traduzioni di Titti Cervali e Maria Corona.La mirabile scelta
della carta lucida e la decisione di rendere il volume sfogliabile
on-line sul sito della Camera di Commercio fanno del libro un
contenitore inedito ed esclusivo di informazioni che a volte
sfuggono alla trasmissione orale. Per voce di ristoratori e
anziani intervistati, infatti, piatti tipici, tradizioni culinarie e
costumi hanno una posizione di rilievo e di privilegio.
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C COME RICETTE
a cura delle associazioni cuochi della FIC
PECORINO ABRUZZESE IN CROSTA DI
TARTUFO
di Domenico Iobbi, ass.ne cuochi Teramo
Ingredienti per 4 persone: 8 fette di pecorino abruzzese semistagionato. Per
la pastella: 300 g farina; 100 g d’acqua, 50 g di latte, 1 uovo, 30 g di tartufo
abruzzese tritato, 3 g lievito di birra, sale fino q.b., ½ lt d’olio extravergine
d’oliva per friggere.
Per la pastella: sciogliere il lievito nell’acqua, in una ciotola miscelare tutti
gli ingredienti realizzando una pastella e lasciare riposare per 2 ore. Passare
le fette di formaggio nella pastella, friggere in olio a 180°, scolare su carta
assorbente e servire due fette per porzione con dell’insalata mista.
GNOCCHI DI RICOTTA E ZAFFERANO DI NAVELLI SU VELLUTATA
DI FUNGHI PORCINI ALL’ARANCIO, POMODORI CANDITI
E OLIO EXTRAVERGINE AL ROSMARINO.
di Gianluca Carrozzi, ass.ne cuochi Pescara
Ingredienti per 6 persone: per gli gnocchi: 450 g di ricotta di pecora, 100
g di farina 00, 40 g di parmigiano, 1 g di zafferano macinato, sale q.b.; per
la salsa ai porcini: 200 g di porcini freschi, 20 g d’olio extravergine d’oliva,
15 g di cipolla, 20 g di Trebbiano d’Abruzzo, 15 g di burro, 15 g di farina
00, 20 g d’acqua, 250 g di brodo vegetale, ¼ di buccia d’arancia, sale q.b.
Per la guarnizione: 100 g d’olio extravergine di oliva, 24 aghi di rosmarino,
6 pomodori pendolo, ½ buccia d’arancia.
Per la guarnizione: sbollentare i pomodorini, raffreddarli in una ciotola con acqua e
ghiaccio, spellarli, tagliarli in quattro spicchi e togliere la polpa. Portare l’olio ad una
temperatura di 65° C, immergere i petali di pomodoro, gli aghi di rosmarino, la buccia
d’arancio tagliata in piccolissimi cubettini e lasciare raffreddare. Per gli gnocchi: setacciare la ricotta, unire lo zafferano sciolto in due cucchiai di acqua bollente, la farina, il
parmigiano e il sale. Impastare e far riposare per 30’ in frigo. Realizzare 30 gnocchi a
forma di quenelles con due cucchiai e cuocerli in abbondante acqua salata. Per la salsa:
pulire i porcini e tagliarli a fette. In una padella far sudare la cipolla nell’olio, unire i
porcini, la buccia d’arancia grattugiata, sfumare con il vino e cuocere per 5 minuti. In
una casseruola preparare una besciamella con farina, burro e acqua, unire i porcini, il
brodo vegetale bollente e lasciare sobbollire per 15 minuti. Frullare e regolare di sale.
Mettere al centro dei piatti una striscia di salsa, sopra affilare 5 gnocchi per porzione,
tra uno gnocco e l’altro mettere i petali di pomodoro e gli aghi di rosmarino. Completare la mirepoix d’arancio e l’olio usato per candire i pomodori.
POLPO AL VAPORE SU CREMA DI PATATE DI AVEZZANO
AROMATIZZATA ALL’ARANCIA E ZUCCHINE ALL’AGRO
di Sergio Savaglia, ass.ne cuochi L’Aquila
Ingredienti per 4 persone: 500 g polpo fresco, 250 g di patate, 150 g di
arance, 280 g di zucchine, 100 g di olio extravergine d’oliva, 10 g di aceto,
sale q.b.
Pulire il polpo e cuocere al vapore per 45 minuti. Lasciare raffreddare e
condire con olio e sale. Tagliare le zucchine a bastoncini e lessarle. Pelare
le patate, tagliare a cubetti e cuocere con poca acqua per circa 15 minuti
a fiamma bassa, frullare, aggiungere 5 spicchi d’arance precedentemente
privati della pelle il resto conservare per la guarnizione. Emulsionare con
una frusta 30 g l’olio e l’aceto, salare e condire le zucchine. Mettere al lato
dei piatti la crema di patate e adagiare sopra il polpo. Di fianco sistemare le
zucchine e guarnire con gli spicchi d’arancia.
MOSTACCIOLI
di Francesca Bozzelli, ass.ne cuochi Valle del Sangro
Ingredienti: per la pasta: 200 g miele millefiori, 200 g mandorle con buccia
e tostate, 20 g ammoniaca, 2 uova, 50 g d’olio extravergine d’oliva, 700 g
di farina 00, buccia di 1 limone grattugiata, ½ stecca di cannella macinata.
Per la glassa: 250 g di zucchero, 500 g d’acqua, 75 g cacao dolce, 35 g
cacao amaro. Per la guarnizione: zucchero a velo, rose in pastigliaccio.
Per la pasta: impastare la farina con tutti gli ingredienti e lasciare riposare
per 3 ore. Stendere l’impasto allo spessore di 1 cm, ricavare dei piccoli
rettangoli, metterli in una teglia con carta forno, cuocere a 170° per circa 10
minuti e lasciare raffreddare.
Per la glassa: cuocere tutti gli ingredienti a fuoco basso, girare continuamente con la frusta, fino ad ottenere un composto a filo. Glassare i dolci, far
raffreddare e servire mettendone 6 al centro di ogni piatto, spolverare con
zucchero a velo e guarnire con delle rose di pastigliaccio.
C COME NEWS
“Le vie dell’asino”
Slow Food premia le birre abruzzesi…
…e gli oli extravergini
Le vie dell’asino sono infinite… il raduno nazionale di operatori con asini
si terrà dal 15 al 19 settembre ad Introdacqua (Aq). Sono previste attività
sociali, didattiche, turistiche e ludiche.
Si comincia con una lunga passeggiata sul Monte Genzana il 15 e il 16 settembre con tanto di benedizione degli
asini, mentre la mattina del 17 il centro
Asinomania sarà aperto alle scuole in
visita, con attività di contatto con gli
asini, animazioni musicali e teatrali. Il
pomeriggio di sabato 18 un convegno
tratterà del ruolo dell’asino nei nuovi
orientamenti sociali, mentre la mattina
successiva una tavola rotonda tratterà
del ruolo dell’asino in progetti di ecoeconomia. La giornata di domenica in
particolare sarà aperta al pubblico. Durante le giornate di sabato e domenica
presso l’asineria si effettueranno attività inerenti all’asino ed all’avvicinamento, laboratori per bambini con materiale
riciclato e merenda offerta da alcune
ditte nostre sostenitrici. Organizzazione logistica offerta dal coordinamento
nazionale degli asinari Associazione
L’Asino. Tutte le informazioni su www.
asinomania.com
Trecento microbirrifici visitati, 179
produttori selezionati, oltre mille birre
elencate, 629 assaggiate e valutate,
55 riconoscimenti attribuiti: alla realizzazione de “La Guida alle Birre d’Italia
2011” di Slow Food hanno partecipato
più di quaranta collaboratori che al termine delle degustazioni hanno attribuito le Cinque Stelle, simbolo sinonimo
di eccellenza, a 55 birre. «Sicuramente
possiamo affermare che il quadro generale è più che positivo, il mondo della
birra artigianale è in grande espansione: cresce il numero di aziende che
consolidano dimensione e importanza
e i prodotti guadagnano in stabilità»
conferma il curatore Luca Giaccone.
Sono quattro le birre abruzzesi ad aggiudicarsi le cinque stelle: la Bianca Piperita e la 10 e Lode di Opperbacco,
Notaresco (Te); la Blanche du Valerie
e la Maxima di Almond ’22, Spoltore
(Pe). Un’altra novità dell’edizione 2011
è la chiocciolina simbolo di Slow Food
posta a fianco di alcuni birrifici, per
contraddistinguere quelle aziende più
vicine ai temi dell’associazione, attente
alle tematiche ambientali, e per quanto
possibile sensibili alla territorialità.
Sono state 42 le aziende abruzzesi selezionate per la Guida agli extravergini
di Slow Food 2010. Tra di loro, i frantoi
Ranieri Alfredo e il Santabarbara hanno
ricevuto le tre olive (il primo con l’olio
extravergine d’oliva Dop pescarese,
il secondo con il Donna Ludovica da
agricoltura biologica), mentre in quattro
hanno ricevuto il titolo di “extravergini
dell’emozione”. Parliamo del Frantoio Montecchia con l’olio extravergine
di oliva Numero 22 e il Classico Montecchia; di La Selvotta per il suo olio
extravergine di oliva monovarietale I
77 La Selvotta; della Tenuta Zimarino
Masseria Don Vincenzo per l’olio extravergine di oliva monovarietale ascolana
Per Liliana; e del Trappeto di Caprafico,
per l’olio extravergine di oliva dop Colline Teatine Trappeto di Caprafico da
Agricoltura Biologica. A fronte di una
produzione inalterata, l’Abruzzo denota quest’anno una qualità diversificata,
privilegiando le coltivazioni di media e
alta collina nonché le varietà tardive, e
– un dato interessante – l’affacciarsi di
una folta schiera di giovani produttori.
Sempre più numerosi i monovarietali,
sia gli autoctoni.
magazine 64
C COME NEWS
Vino al comando
Citra: un premio dal Giappone
Valle Reale candidata all’Oscar
Negli ultimi mesi ci sono stati dei cambi al vertice di alcuni consorzi e associazioni e siamo orgogliosi di notare
che questi posti sono stati assegnati a
uomini e a donne del vino. A capo di
Confindustria della provincia di Pescara c’è infatti da giugno scorso Enrico
Marramiero, 43 anni, e vi rimarrà fino al
2014: sostituirà Mauro Angelucci, che
è passato a presiedere Confindustria
Abruzzo. Da maggio anche Marcello
Zaccagnini è un neo-presidente: sarà
alla guida del Consorzio Fidi (Confidi)
Abruzzo fino al 2013, in un periodo di
crisi in cui è estremamente importante
supportare le piccole e medie imprese
nella gestione dei loro rapporti col sistema bancario ed assistendole anche
nella ricerca del giusto finanziamento.
La 32enne Chiara Ciavolich, infine, è
da pochi mesi presidente della federazione provinciale Coldiretti Pescara,
già presieduta a livello regionale da
Domenico Pasetti. L’elezione di Chiara
Ciavolich, voluta all’unanimità, segna
l’uscita da un lungo periodo di commissariamento per la federazione pescarese. A tutti e tre, C come in bocca
al lupo!
I risultati ufficiali del tredicesimo Japan
Wine Challenge, concorso enologico
internazionale più rilevante e di interesse dell’estremo oriente ed in modo
particolare per l’area nipponica-asiatica, parlano chiaro: fra oltre 1500 vini
provenienti da oltre 30 diverse nazioni il
“Lavs Vitae” Montepulciano d’Abruzzo
DOC 2005 ha conquistato la medaglia
d’oro. La commissione degustatrice
composta da autorevoli sommelier,
wine-maker, opinion-leader e giornalisti internazionali ha premiato con la
medaglia d’oro ha assegnato lo stesso
premio solo ad altre cinque etichette
italiane. «Per il tutto il mondo vitivinicolo abruzzese – sottolinea il presidente
del consorzio Citra, Sebastiano Porello – è una grande soddisfazione veder
premiato un Montepulciano, emblema
del nostro territorio. Questo traguardo
rappresenta una grande opportunità per far conoscere ad un ampio ed
internazionale target di consumatori
l’alta qualità dei prodotti abruzzesi». Il
Premio giapponese si aggiunge ad altri cinque premi provenienti dall’estero
conseguiti solo nel primo semestre del
2010.
Non lo ha conquistato, ma è stata l’unica candidata abruzzese all’Oscar
del vino 2010. L’azienda Valle Reale di
Popoli è stata ad un soffio dal vedersi
riconoscere come miglior produttore
dell’anno per il Montepulciano d’Abruzzo San Calisto 2006, premiato con
i tre bicchieri plus da Gambero rosso
e cinque Grappoli dell’Ais. L’altra candidata era la Gianni Gagliardo di La
Morra (Cuneo), ma l’Oscar è stato infine consegnato alla Cecchi di Castellina in Chianti (Siena). Già entrare nella
rosa dei finalisti è stata comunque una
grande soddisfazione. «Questa candidatura – dichiara Leonardo Pizzolo,
titolare dell’azienda Valle Reale – è arrivata solo dopo nove vendemmie e ha
gratificato il lavoro svolto da un gruppo
di persone appassionate che difende
una mentalità nel modo di fare le cose,
tra i parchi d’Abruzzo, in un piccolo angolo di paradiso, con un vigneto straordinario, sotto gli occhi vigili dei lupi».
magazine 65
C COME CONTROEDITORIALE
di Daniele Di Vittorio, direttore marketing “C come magazine”
“QUALITÀ ABRUZZO”:
CHE SIA LA VOLTA BUONA!
I ristoratori ci riprovano
Risorge dalle sue ceneri “Qualità Abruzzo”!!! L’associazione
di ristoratori nata per volontà della Regione Abruzzo alcuni
anni fa e scomparsa tra luci e ombre nel tempo torna a far
parlare di sé. È di questi giorni la notizia che l’associazione
ricomincerà (o comincerà) a muoversi per promuovere
l’enogastronomia della regione Abruzzo, il suo territorio,
le sue materie prime. Il neo presidente Andrea Beccaceci
spiega nella sua pagina Facebook: «Non eravamo morti, ci
sono state delle difficoltà, certo non le neghiamo, il nostro
essere nati con un’etichettatura politica non ci ha aiutato,
noi abbiamo contribuito con il nostro lassismo e gli eventi
creati, sono stati pochi o nulla». Ed ancora: «Allora perché
riproporsi? Perché comunque in questo periodo il circuito
di 7 ristoranti per certi versi ha funzionato: siamo riusciti a
muovere ed a scambiare le nostre clientele e i contatti fra di
noi hanno portato, sicuramente per me ma penso per tutti,
crescita sia professionale sia di fatturato “gourmet”». Oltre
ad Andrea Beccaceci il direttivo è formato dal pasticcere
Fabrizio Camplone (vicepresidente), da Peppino Tinari
del Villa Majella di Guardiagrele (tesoriere) e da Lanfranco
Centofanti e Luca Panunzio (di, rispettivamente, L’angolo
d’Abruzzo a Carsoli e Locanda Manthonè a Pescara). Gli altri
associati sono gli chef di Hostaria L’Arca e di Mediterraneo
di Alba Adriatica, de La Bandiera e de Il Ritrovo d’Abruzzo
di Civitella Casanova, di Elodia a Camarda, de La Conchiglia
d’oro a Pineto, de L’Angolino da Filippo a San Vito Chietino
e il pasticcere Angelo Di Masso del Pan dell’Orso di Scanno.
La realtà è che l’associazione era nata con grandi ambizioni,
obiettivi (e contributi pubblici) che però non è riuscita a
raggiungere per la mancanza di una strategia chiara e
lungimirante. Il timore è che tale fallimento si possa ripetere
ancora. L’assenza degli unici ristoranti stellati Michelin
magazine 66
presenti in Abruzzo (Reale e Cafè Les Paillottes) ci lascia un
pochino perplessi. Nonostante siano entrati altri bravissimi
ristoratori e due pasticcieri di grande livello manca Emanuele
Forcone, campione italiano e prossimo partecipante ai
campionati del mondo di pasticceria. Certo in molti tra gli
addetti del settore (e anche non addetti) restano a guardare
in che modo la “fenice” risorgerà dalle ceneri e come si
organizzerà in futuro. La nostra sensazione è che abbiano
paura di far parte di un altro fallimento, ma che allo stesso
tempo siano curiosi: avvertono la necessità di appartenenza
e di fare rete ma hanno bisogno di essere certi che le cose
girino per il verso giusto. E cosa fare per avere successo?
Innanzitutto bisogna avere regole chiare e uguali per tutti:
entrare a far parte di qualità Abruzzo non deve essere
un privilegio per pochi ma un diritto per tutti. Lo statuto
dovrebbe prevedere un disciplinare in cui siano elencati i
requisiti necessari per chi voglia entrare: in questo modo si
garantiscono la veridicità e l’affidabilità dell’associazione. In
secondo luogo si dovrebbe dare un’occhiata a cosa succede
nelle altre regioni: abbiamo un esempio di successo appena
un po’ più a nord con il “Consorzio dei Cuochi di Marca”, che
già da alcuni anni promuove nel mondo la cucina e i prodotti
marchigiani con vere e proprie azioni di marketing territoriale.
E poi, calendario alla mano, si dovrebbero analizzare e
organizzare una serie di eventi e manifestazioni, a cui fare
in modo di presenziare, sia in regione sia fuori, dando per
scontato che ad ogni evento sia data un’adeguata copertura
mediatica che comunichi l’operato dell’associazione e non
solo dei singoli ristoratori/chef. C come Magazine non può
che augurarsi che un’associazione come “Qualità Abruzzo”
raggiunga tutti i suoi obiettivi , portando sempre più in alto la
cultura enogastronomica abruzzese.