FORESTE E CAmBIAmENTI CLImATICI

Transcript

FORESTE E CAmBIAmENTI CLImATICI
LORENZO CICCARESE (*) - Carmela cascone (*)
SALVATORE CIPOLLARO (*)
FORESTE E CAMBIAMENTI CLIMATICI:
ABBRACCIO AMOROSO O VELENOSO?
1. Introduzione
La concentrazione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) è cresciuta da un
valore pre-industriale di circa 280 parti per milione (ppm) a un valore di 390 ppm
del 2010. Le analisi gassose delle carote di ghiaccio prelevate dagli scienziati ci dicono che il valore attuale supera di molto il range naturale (da 180 a 300 ppm) dello
stesso gas registrato negli ultimi 650 mila anni. Secondo la National Oceanic and
Atmospheric Administration degli USA, dal 1958 a oggi la concentrazione media
annua di CO2 nell’atmosfera è aumentata di circa il 23%. Nell’ultimo decennio l’aumento medio annuale è di 2,04 ppm l’anno.
Le attività umane sono alla base dell’aumento della concentrazione di CO2 e
di altri gas atmosferici, quali metano (CH4), biossido di azoto (N20) e altri gas di
origine industriale. Questi gas stanno aumentando il naturale effetto serra, legato
alla capacità dei gas prima citati e del vapor acqueo di assorbire la radiazione termica infrarossa emessa dalla superficie terrestre, dall’atmosfera e dalle nuvole, evitando che la stessa radiazione si allontani dall’atmosfera. Questi gas serra aggiuntivi provengono principalmente dalla combustione delle fonti fossili di energia, che
nel corso del 2010 ha rilasciato 30,6 miliardi di tonnellate (Gt) di CO2 equivalente
in atmosfera, il 9% in più rispetto all’anno precedente. Ciò è “molto probabilmente” la causa dell’aumento di circa 0,8 °C della temperatura media superficiale globale dell’atmosfera dall’inizio della rivoluzione industriale (1750, anno dell’invenzione della macchina a vapore) a oggi.
Gli scienziati prevedono che le temperature globali continueranno ad aumentare nei decenni a venire, soprattutto a causa dei gas serra prodotti dalle attività
umane. Le proiezioni del trend della temperatura dipendono dai differenti scenari
(*) Dipartimento Conservazione della Natura, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale (ISPRA), Roma; tel. 06 50074824; [email protected]
– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments
© 2011 Accademia Italiana di Scienze Forestali
66 (6): 440-458, 2011
60° anniversario della fondazione
441
di emissioni di gas serra e dall’integrazione dei fenomeni di feedback tra il riscaldamento globale e il ciclo del carbonio. Il Quarto Rapporto di Valutazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC, 2007) indica che nel corso
del 21° secolo la temperatura superficiale globale è destinata ad aumentare di altri
1,5-1,9 °C secondo il più basso scenario di emissioni di gas serra e 3,4-6,1 °C per
quello più alto (Solomon et al., 2007).
L’IPCC (2011) ritiene “molto probabile” che la frequenza e l’intensità di alcuni eventi estremi (come uragani, alluvioni e ondate di calore) e la maggiore ampiezza
delle fluttuazioni della temperatura intorno al valor medio (maggiori e minori estremi delle temperature giornaliere) siano legati all’influenza antropica e in particolare
all’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera.
2. Foreste e ciclo globale del carbonio
La biosfera terrestre ha un ruolo importante nel ciclo globale del carbonio (C)
e nel cambiamento climatico. Ciò dipende dal fatto che essa immagazzina grandi
quantità di C nella vegetazione (550 ± 100 Gt)1 e nel suolo (da 1.300 a 1.950 Gt nei
primi 30 cm di profondità e circa 2.300 Gt nei primi 3 metri di profondità) (Houghton, 2007). Le foreste sono particolarmente importanti come serbatoio di C perché stivano molto più C per unità di superficie (fino a 250 tC/ha) rispetto ad altri tipi
di ecosistemi e perché rappresentano il bioma più diffuso del pianeta: circa 3,9
miliardi di ettari, il 30 per cento delle terre emerse del pianeta.
Inoltre, la biosfera terrestre scambia enormi quantità di CO2 e altri gas con
l’atmosfera, attraverso processi naturali e disturbi di varia natura, biotici e abiotici. Le foreste fungono da fonti di C, aggiungendo CO2 nell’atmosfera, quando
la respirazione totale e l’ossidazione delle piante, del suolo e della materia organica morta superano la produttività primaria netta; viceversa, essi fungono da
serbatoi di C, quando la rimozione di CO2 dall’atmosfera supera le perdite. Questo accade quando i terreni agricoli e i pascoli sono abbandonati e sono convertiti naturalmente a foreste, quando sono realizzati interventi di afforestazione e
riforestazione su terreni prima destinati ad altre forme di uso del suolo. Anche il
restauro forestale (Ciccarese, 2011) porta a fissare quantità di C superiori a
quelle emesse.
La deforestazione nei tropici e in Australia e la degradazione delle foreste nei
tropici e nelle aree temperate da una parte e l’espansione della foresta nella zona
temperata e parti della regione boreale dall’altra sono i principali fattori responsabili
1
Tale entità è dello stesso ordine di grandezza della quantità di carbonio presente in atmosfera (≈800
Gt).
2
Alla fine di novembre 2011, la FAO ha reso noto i dati di uno studio basato su immagini satellitari, da
cui risulta che dal 1990 al 2005 sono stati deforestati mediamente 14,5 Mha l’anno, in parte compensate
dalla realizzazione di 9,6 Mha di nuove foreste l’anno. Secondo lo stesso studio la superficie forestale
alla fne del 2005 era pari a 3,67 miliardi di ettari.
442
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
delle emissioni e degli assorbimenti di gas serra, rispettivamente. Secondo il Forest
Resources Assessment della FAO, nel periodo 2000-2009 la deforestazione (circa 13
Mha/ anno)2 e la degradazione forestale hanno comportato un rilascio in atmosfera
di circa 1,3 GtC, pari a circa il 12% del totale delle emissioni antropogeniche di gas
serra (van der Werf, 2009). La misura in cui l’espansione delle aree forestali e l’aumento della densità di biomassa nelle foreste boreali e temperate siano in grado di
compensare la perdita di C a causa della deforestazione tropicale e il degrado forestale tropicale e di altre regioni del pianeta rimane ancora un motivo di discordanza
tra le osservazioni in campo e le stime basate su modelli top-down (Houghton,
2007; Reich, 2011).
3. Il ruolo delle foreste nelle strategie di mitigazione
dei cambiamenti climatici
La rilevanza sia delle emissioni sia degli assorbimenti di gas serra legata agli
ecosistemi forestali e la capacità delle attività umane di determinare la direzione e la
dimensione dei flussi di C sono state riconosciute dalla Convenzione delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC, 1992) e il susseguente Protocollo di
Kyoto (1997), i quali comprendono la selvicoltura e le attività sugli ecosistemi terrestri – compendiate nell’espressione land use, land-use and forestry (LULUCF) – nelle
strategie di risposta al cambiamento climatico (Box 1).
Ci sono cinque opzioni fondamentali per sequestrare C negli ecosistemi terrestri e ridurre le emissioni nette di gas serra attraverso le attività LULUCF:
– fornitura di energia rinnovabile;
– sostituzione di prodotti a più alta intensità di C;
– riduzione delle emissioni di gas serra diversi dalla CO2 (ad esempio, CH4 di provenienza agricola: risaie, zootecnia);
– conservazione ed espansione degli stock di C già esistenti;
– espansione della superficie forestale.
Nabuurs et al. (2007), citando studi regionali bottom-up, hanno stimato che la
selvicoltura possa avere un potenziale “economico” di mitigazione dell’effetto serra,
a un prezzo di 100 US$/tCO2 eq, compreso tra 1,3 e 4,2 GtCO2 eq/anno (media 2,7
GtCO2 eq/anno) al 2030. Invece, studi basati su modelli top-down di scala globale
prevedono un potenziale di mitigazione molto superiore, pari a 13,8 GtCO2 eq/anno
nel 2030, a prezzi inferiori o uguali a 100 US$/tCO2 eq, secondo una moltitudine di
fattori, inclusi quelli di natura economica, sociale, climatica, biologica.
Il Protocollo di Kyoto (1997) contempla anche una serie di attività
LULUCF che i Paesi possono impiegare per raggiungere gli obiettivi di riduzione o
contenimento delle emissioni di gas serra (Schlamadinger et al., 2007). Specificatamente, per il periodo 2008-2012, così come deciso nelle diverse Conferenze delle
Parti da Kyoto a Marrakech (UNFCCC, 2002), il Protocollo di Kyoto stabilisce che
gli inventari nazionali dei gas di serra debbano essere integrati dalle:
– variazioni degli stock di C e delle emissioni di gas serra diversi dalla CO2 tra il
60° anniversario della fondazione
443
Box 1
La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (United
Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC) rappresenta la
prima risposta politica della comunità internazionale al problema dei cambiamenti
climatici. L’UNFCCC ha definito un quadro operativo basato su tre linee d’azione
per pervenire a una “stabilizzazione della concentrazione dei gas serra in
atmosfera, per non causare pericolose interferenze antropogeniche con il sistema
climatico”: la riduzione dei consumi di combustibili fossili, il miglioramento
dell’efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Inoltre,
l’UNFCCC ha contemplato, tra gli altri interventi, l’adozione di pratiche
agronomiche e zootecniche che riducano le emissioni di CO2 e, soprattutto, di
N2O e CH4 come strumenti validi per mitigare l’effetto serra. Infine, l’UNFCCC
ha riconosciuto che le attività di utilizzo dei suoli agricoli e forestali, definite Land
Use, Land-Use Change and Forestry (LULUCF), hanno un ruolo specifico nella
riduzione della concentrazione di gas di serra in atmosfera, che deriva dalla
capacità delle piante di assorbire CO2 e fissarla per periodi più o meno lunghi nella
biomassa viva e morta e nel suolo, di produrre biomassa in sostituzione di fonti
fossili di energia e di materiali energy-intensive, quali acciaio e cemento. I sistemi di
monitoraggio e le modalità di reporting relativi all’UNFCCC sono descritti da
Byrne e Ciccarese (2010). L’UNFCCC, entrata in vigore nel 1994 e approvata da
ben 192 Paesi, è stata integrata nel dicembre del 1997 dal protocollo di Kyoto, il
trattato che impegna 40 Paesi industrializzati e con economia in transizione a
contenere le loro emissioni di gas serra entro limiti ben definiti. Questi Paesi,
elencati nell’Allegato dell’UNFCCC, si sono impegnati a ridurre le emissioni
complessive di sei gas serra del 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990, entro il
periodo 2008-2012 (conosciuto come “primo periodo d’impegno”). Il Protocollo
di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 ed è stato finora ratificato da 177
Paesi, tra cui un certo numero di Paesi industrializzati che totalizzano il 63,7%
delle emissioni al 1990 dei Paesi dell’Allegato I. Il Protocollo ha previsto tre
strumenti di mercato (noti come “meccanismi flessibili”) a cui i Paesi possono
ricorrere per raggiungere i loro target nazionali di riduzione delle emissioni di gas
di serra in maniera efficiente. Essi sono:
–il Clean Development Mechanism (CDM), che consente ai Paesi dell’Allegato I di
investire in progetti da realizzare nei Paesi in via di sviluppo, in grado di ridurre
le emissioni di gas serra, ma anche di favorire in questi Paesi lo sviluppo
tecnologico, economico e sociale;
–il Joint Implementation (JI) , che ammette la possibilità per i Paesi dell’Allegato I
di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas serra in un altro
paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il
paese ospite;
–l’Emissions Trading (ET), che riconosce la possibilità di organizzare un
commercio di crediti di emissione tra i Paesi dell’Allegato I (per esempio tra un
paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra
superiore al proprio obiettivo e un paese che viceversa non sia stato in grado di
rispettare i propri impegni di riduzione).
444
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
2008 e il 2012 su foreste di nuova costituzione (afforestazione e riforestazione) e
sulle aree deforestate dal 1° gennaio 1990 al 31 dicembre 2012;
– variazioni degli stock di C e delle emissioni di gas serra diversi dalla CO2 nelle
superfici forestali sottoposte a gestione, fino a un tetto massimo specifico per ogni
nazione che, in molti casi, è solo una frazione della presunta capacità fissativa;
– variazioni degli stock di C e delle emissioni non CO2 tra il 2008 e il 2012 sulle colture agrarie e pascolive soggette a gestione e sulle aree che vanno incontro a processi di rivegetazione, dal 1990 in poi.
Tabella 1 – Sintesi delle attività LULUCF nel primo periodo di adempimento (2008-2012) del Protocollo
di Kyoto.
Uso iniziale del suolo
Uso finale del suolo
Foresta
Coltura agraria
Pascoli
Foresta Gestione forestale
Deforestazione
Deforestazione
Coltura agraria
Afforestazione*
e Riforestazione*
Gestione di
coltura agraria
Gestione di pascoli
Pascoli
Afforestazione* e Riforestazione*
Gestione di
coltura agraria
Gestione di pascoli
(*) Attività LULUCF ammesse anche come progetti Clean Development Mechanism (CDM). Nella tabella non è segnalata un’attività LULUCF, la rivegetazione, perché essa non è associata a una specifica categoria di uso del suolo. La rivegetazione può realizzarsi su aree agricole e pascolive, come pure su aree
urbane e insediative, ma non su foreste.
Fonte: Schlamadinger et al. (2007) mod.
Infine, è possibile per un Paese dell’Allegato I contabilizzare i crediti di carbonio, fino a un limite massimo dell’1% delle emissioni totali nel 1990, derivanti dalle
attività di afforestazione e riforestazione realizzate nei Paesi in via di sviluppo, secondo le norme definite dal Clean Development Mechanism (CDM).
Le attività al punto 1 (articolo 3.3 del Protocollo di Kyoto) devono essere contabilizzate obbligatoriamente, mentre le attività ai punti 2 e 3 (art. 3.4 del Protocollo
di Kyoto) possono essere contabilizzate su base volontaria. L’Italia, per il periodo
2008-2012, ha deciso d’includere la sola gestione forestale e di escludere la gestione
dei suoli agricoli, dei prati e dei pascoli e la rivegetazione dalle attività opzionali previste dal Protocollo di Kyoto. Detta esclusione è stata decisa per via dell’effettiva difficoltà di avere dati e informazioni sufficientemente affidabili e consistenti per costruire i bilanci tra assorbimenti ed emissioni di gas serra (in sostanza i dati sulle variazioni del carbonio nel suolo) tra il 1990 (anno di riferimento) e il periodo 2008-2012.
Questa scelta è stata originata anche dal metodo di contabilizzazione prescritto per le
attività agricole e la rivegetazione: il metodo net-net accounting. Questo, per valutare
il carbon sink, confronta le variazioni degli stock di C ascrivibili alle attività LULUCF
nel corso del periodo d’impegno con quelle dell’anno di riferimento. In questo modo
60° anniversario della fondazione
445
un credito è prodotto se nelle zone interessate dall’attività c’è stato un assorbimento
netto di emissioni. Viceversa, il metodo gross-net accounting (che nel primo periodo
d’impegno del Protocollo di Kyoto sarà applicato al reporting per la sola gestione
forestale) considera gli assorbimenti e le emissioni nel periodo 2008-2012, senza fare
riferimento agli assorbimenti e alle emissioni di un anno (o di un periodo) base. Per
usare una metafora finanziaria, con il metodo net-net accounting si compara il saldo
medio delle entrate-uscite in un conto corrente bancario del periodo 2008-2012 con
quello del 1990 (anno di riferimento). Viceversa, con il metodo gross-net accounting si
compara l’ammontare di un conto corrente bancario alla fine del periodo (2012) con
l’ammontare all’inizio dello stesso periodo (2008).
Per comprendere il ruolo attribuito al settore agricolo-forestale all’interno
degli impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra dell’Unione Europea (UE) e
dell’Italia in particolare, è utile ricordare innanzi tutto che il Protocollo di Kyoto
prevede che l’UE riduca le proprie emissioni dell’8% rispetto ai livelli del 1990. Un
anno dopo l’approvazione del trattato di Kyoto, il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’UE approvò il cosiddetto Burden Sharing Agreement, l’accordo che ripartisce gli impegni di riduzione tra i Paesi membri. Esso stabilisce che l’Italia, nel
periodo 2008-2012, debba ridurre le proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del
1990. Essendo il livello delle emissioni del 1990 pari 519,5 MtCO2 eq e il target per il
nostro Paese, come media del quinquennio 2008-2012, pari a 485,7 MtCO2 eq, l’impegno era di ridurre le emissioni di 33,8 MtCO2 eq.
Per l’UE il ruolo attribuito al settore agricolo-forestale nell’orizzonte del primo
periodo d’impegno è, nel complesso, piuttosto limitato. Per effetto delle regole e
delle restrizioni introdotte dal Protocollo di Kyoto e dagli Accordi di Marrakech
(Schlamadinger et al., 2007), le attività LULUCF previste dagli articoli 3.3 e 3.4 del
Protocollo di Kyoto nei Paesi dell’UE-15 – sulla base delle previsioni fatte dagli stessi Paesi – dovrebbero generare circa 40,2 MtCO2 l’anno (EEA 2011), pari allo 0,9%
delle emissioni registrate nel 1990, o all’11,7% dell’impegno di riduzione dell’EU-15
(che prevede un taglio di 341 MtCO2 alle emissioni del 1990).
Nel caso dell’Italia, viceversa, il ruolo attribuito al settore agricolo-forestale è
di una certa rilevanza. Nel 2010, a causa dell’effetto congiunto della crisi economica,
dell’aumento della quota delle rinnovabili nei consumi energetici nazionali e del
miglioramento dell’efficienza energetica, il livello delle emissioni italiane è sceso a
493,6 MtCO2 eq., ossia 7,9 MtCO2 eq sopra la soglia media annua assegnata all’Italia
dal Protocollo di Kyoto nel periodo 2008-2012. La media delle emissioni nazionali di
gas serra dei primi tre anni del primo periodo d’adempimento 2008-2012 è pari a
508,8 MtCO2 eq, ossia 15,2 MtCO2 eq sopra il tetto massimo di 485,7 MtCO2 eq
previsto dal Burden Sharing Agreement. Questo significa che il nostro Paese è vicino
alla possibilità di rispettare il target previsto dal Protocollo di Kyoto per il quinquennio 2008-2012. Quest’obiettivo appariva difficilmente raggiungibile fino al 2008,
prima che la crisi economica facesse sentire i suoi effetti sulla produzione e sui consumi, e quindi sulle emissioni, che nel 2008 erano il 12% in più rispetto a quello del
1990. A questo punto, quindi, il ruolo che il settore forestale gioca in questa strategia
è rilevante sia in termini relativi sia assoluti: le variazioni degli stock di carbonio pre-
446
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
viste dall’uso delle attività LULUCF (nella sostanza le sole attività forestali, dal
momento che quelle agricole non sono state selezionate dal Governo italiano) sono
pari a circa 15 milioni di tonnellate di CO2 eq. Questa quantità è la somma del carbon sink annuale derivante dalla gestione delle foreste esistenti al 1990 (10,2 MtCO2
eq) e da quello derivante dai bilanci delle attività di afforestazione, riforestazione e
deforestazione. Il carbon sink stimato dal governo italiano corrisponde a circa l’11%
delle emissioni di CO2 eq del nostro Paese (EEA, 2011). I 10,2 MtCO2 di carbon sink
della sola gestione forestale dell’Italia rappresentano ben il 25,3% del carbon sink di
tutte le attività LULUCF dell’UE-15. In altre parole, il carbon sink derivante dalle
foreste nazionali potrebbe essere sufficiente a coprire il 44% dei 33,8 MtCO2 eq,
ossia la frazione di emissioni nazionali da tagliare rispetto a quelle del 1990. In
comunicazioni ufficiali precedenti presentate dall’Italia all’UE (EEA, 2009) il contributo delle attività LULUCF era stato stimato in 25,3 MtCO2 eq.
L’ordinamento deciso a Kyoto e poi a Marrakesh limita il potenziale reale di
mitigazione globale delle attività LULUCF. In primo luogo, non sono contemplati i
progetti che riducono la deforestazione e la degradazione forestale nei Paesi in via di
sviluppo, che sono la fonte principale delle emissioni di gas-serra da attività
LULUCF. Inoltre, essi non consentono ai Paesi di fare ampio uso delle opzioni di
carbon sequestration offerte dalle attività LULUCF e di ridurre le emissioni nette di
gas serra per adempiere gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra. Come
ricordato in precedenza, nel gruppo dei Paesi dell’UE-15 – che pure comprende
Paesi “forestali” come la Finlandia, Svezia e Germania – il carbon sink è relativamente esiguo (Figura 1).
4. Effetti del cambiamento climatico sulle foreste
Il cambiamento climatico in atto sta alterando i processi delle piante forestali,
la struttura, la funzione e la biogeografia degli ecosistemi (Borchert et al., 2005;
Kellomäki et al., 2005; Thuiller et al., 2005; Kellomäki et al., 2008, Malhi et al.,
2009; Philips et al., 2009; Phillips et al., 2010; Allen et al., 2010; Wardle et al.,
2011). Ciò avviene principalmente per effetto dell’aumento della temperatura, della
maggiore ampiezza delle fluttuazioni della temperatura intorno al valor medio (maggiori e minori estremi delle temperature giornaliere) (Simolo et al., 2011), dell’interazione di tale aumento con i crescenti livelli di CO2 atmosferica, dell’alterazione del
regime delle precipitazioni, della maggiore severità degli eventi meteorologici estremi
come uragani, ondate di caldo, tempeste, alluvioni.
La trasgressione verso i poli e verso quote più elevate di diverse specie vegetali
(e animali) è stata collegata al riscaldamento globale in corso (Alados et al., 2004,
Kellomäki et al., 2008; Lenoir et al., 2008; Malhi et al., 2009) e rappresenta l’impatto più visibile dei cambiamenti climatici sulle foreste. Gli scienziati ritengono che
a ogni grado centigrado d’aumento della temperatura media dell’atmosfera occorra
una migrazione in zone ecologiche di circa 125 km a nord e di 125 m a quote più elevate, alla ricerca di condizioni climatiche più adatte. Gli ecosistemi mediterranei,
60° anniversario della fondazione
447
Figura 1 – Carbon sink e carbon source stimato (2008 e 2009) e previsto (2008-2012) dalle attività
LULUCF nei Paesi europei.
Nota: Un valore positivo indica che il Paese ha o si attende un carbon sink dalle attività LULUCF. I valori riportati in Figura prendono in considerazione i cap per l’attività di “gestione forestale” assegnati a
ogni singolo Paese dagli Accordi di Marrakesh. Questi valori non implicano in alcun modo che il Paese
intenda utilizzare i removal units (RMUs, ossia i crediti LULUCF) per raggiungere i propri impegni di
Kyoto. Il valore del carbon sink stimato per gli anni 2008 e 2009 potrebbe variare nei prossimi anni,
anche per effetto di una maggiore accuratezza e recisione delle stime.
Fonte: AEA, 2011.
come la macchia e la gariga, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici
in corso, dove gli aumenti della temperatura e della siccità favoriscono l’evoluzione
verso la prateria o il deserto.
I cambiamenti climatici stanno anche alterando le fasi fenologiche di molte
specie, a cominciare dall’anticipo della schiusura delle gemme e dal posticipo della
caduta delle foglie e dell’inizio della dormienza.
Variazioni dell’abbondanza di alcune specie, inclusa la scomparsa di un
numero (anche se molto limitato) di specie, e variazioni della composizione della
comunità sono state attribuite ai cambiamenti climatici avvenuti negli ultimi due
decenni.
L’allungamento della stagione di crescita ha contribuito a un aumento della
produttività primaria netta (PPN) delle foreste nelle regioni boreali e temperate,
mentre le condizioni più calde e più secche sono finora state, pur parzialmente,
responsabili della ridotta produttività forestale, dell’aumento della frequenza e della
severità degli incendi boschivi e dei maggiori danni da parassiti e da patogeni nel
bacino del Mediterraneo. Nel periodo 2000-2009 Zhao e Running (2010) hanno
registrato una riduzione della PPN pari a 0,55 GtC a livello globale, equivalente allo
0,10% della PPN globale. Gli scienziati hanno attribuito questo declino a una tendenza alla siccità nell’emisfero sud del mondo, dove la PPN è diminuita da 1,83 GtC
448
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
(0,34%), in parte bilanciata da un aumento di 1,28 GtC (0,24%) della NPP nell’emisfero settentrionale.
Le proiezioni per il 21° secolo suggeriscono che il clima cambierà più velocemente rispetto a qualsiasi altro periodo degli ultimi 10 mila anni. Per l’Europa gli
scienziati prevedono che le temperature medie possano aumentare molto di più
rispetto all’aumento medio della temperatura registrato nel 21° secolo (Christensen
et al., 2007). È molto probabile che il riscaldamento maggiore avvenga nel nord
Europa in inverno e nel Mediterraneo in estate. I climatologi presumono che le precipitazioni possano aumentare in modo particolare nel nord Europa e che viceversa
diminuiscano nella maggior parte del Mediterraneo. Nell’Europa centrale sono
attendibili un aumento delle precipitazioni in inverno e una diminuzione in estate. I
rischi di siccità estiva sono destinati ad aumentare in Europa centrale e nel bacino
del Mediterraneo, dove le precipitazioni estive potrebbero diminuire fino all’80%. È
molto probabile che la durata della stagione nevosa si accorci e che la profondità
della neve tenda a diminuire nella maggior parte d’Europa (Kellomäki et al., 2010).
Una moltitudine di studi basati su ricerche sperimentali in campo, su modelli ecologici calibrati su diversi scenari di cambiamento climatico e su processi fisiologici afferma che le risposte degli ecosistemi forestali agli scenari climatici formulati per l’Europa possono essere considerevoli (Shaver et al., 2000; Kellomäki,
2001; Blennow e Sallnäs, 2002; Askeev et al., 2005; Kellomäki e Leinonen,
2005; Maracchi et al.; 2005, Eggers et al., 2008; Lindner et al., 2010; EEA,
2011; Milada, 2011). Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle specie e sugli
ecosistemi si manifesteranno in misura crescente nel corso dei prossimi decenni,
con possibilità di sopravanzare anche gli impatti di altri fattori di pressione come
la trasformazione di uso del suolo, le specie aliene invasive, i patogeni e i parassiti
(Sala et al., 2000; Thuiller, 2007).
Thuiller et al. (2005), in uno studio in cui è proiettata la distribuzione alla
fine del 21° secolo di 1.350 specie vegetali europee riguardo a sette diversi scenari
climatici, hanno dimostrato che molte specie potrebbero risultare gravemente
minacciate e più della metà delle specie studiate potrebbero essere vulnerabili o
minacciate entro il 2080. Le specie delle foreste di montagna potrebbero essere
intaccate dai cambiamenti climatici (la perdita del 60% delle specie) a causa della
limitata tolleranza degli habitat e della flora di montagna. La regione boreale è destinata a perdere alcune specie, pur guadagnandone altre per effetto della migrazione.
La regione mediterranea meridionale e gran parte della Pannonia saranno soggette
alla perdita di un numero di specie maggiore rispetto a quello delle specie in arrivo.
Entrambe le regioni saranno caratterizzate da estati calde e secche e saranno invase
da specie più tolleranti a condizioni climatiche più calde e siccitose. Gli impatti maggiori si attendono nella fascia di transizione tra la regione mediterranea e le regioni
Euro-siberiane. Per quanto riguarda le piantagioni forestali, la vulnerabilità delle
piante aumenterà qualora esse siano realizzate al di fuori del loro range naturale (Ray
et al., 2002; Fernando e Cortina, 2004).
La tundra e la taiga chiusa dovrebbero espandersi verso Nord su suoli nudi o
su aree occupate dalla tundra aperta, ammesso che ci sia disponibilità sufficiente di
60° anniversario della fondazione
449
umidità per sostenere la crescita delle piante nella allungata stagione di crescita
(Kljuev, 2001; Shiyatov et al., 2005; Price and Scott 2006; Kellomaki et al.,
2008). Alcuni studi ritengono che la superficie forestale si contrarrà a sud dell’emisfero boreale (Metzger et al., 2004). Le foreste native di conifere dell’Europa occidentale e centrale potranno essere sostituite da boschi di latifoglie (Maracchi et al.,
2005; Koca et al., 2006). La distribuzione di specie latifofoglie archetipali dell’Europa, come la farnia (Quercus robur) e la rovere (Quercus petraea), sarà toccata solo
marginalmente dai cambiamenti climatici (Chuine et al., 2005). Viceversa, la distribuzione di altre specie, come il pino silvestre (Pinus sylvestris), l’abete rosso (Picea
abies) e molte altre specie delle regioni temperata e boreale saranno significativamente influenzate dai cambiamenti climatici. La distribuzione di queste specie dovrebbe
sostanzialmente contrarsi con il cambiamento climatico e migrare verso il polo. Esiste poi una terza categoria di specie la cui distribuzione sarà molto influenzata dai
cambiamenti climatici: le specie autoctone mediterranee e temperate di conifere,
come il larice europeo (Larix decidua), l’abete bianco (Abies alba), il pino nero (Pinus
nigra) e il pino marittimo (Pinus pinaster). Queste specie potrebbero scomparire
dalla maggior parte delle aree dove sono attualmente distribuite. In Europa, per
alcune specie quali pino nero e pino marittimo si potrebbero creare nuovi areali di
colonizzazione, anche scollegati da quelli attuali.
La biosfera terrestre è un fattore chiave della chimica dell’atmosfera e del
clima. Le foreste, in relazione alla loro estensione, possono giungere a influenzare il
clima d’una regione geografica. In più, tra il clima e le foreste e i cambiamenti climatici si possono originare complessi meccanismi biogeochimici che si rafforzano autonomamente, dando origine alle cosiddette retro-azioni o feedback (Bala et al., 2007;
Betts, 2007; Bonan, 2008; Euskirchen et al., 2010).3 In alcuni casi tali feedback
possono amplificare l’effetto (feedback positivo), come nel caso dell’aumento delle
emissioni di metano e altri gas-serra derivanti dal disgelo – a sua volta causato dal
riscaldamento globale – delle torbiere permanentemente gelate della regione boreale,
o delle emissioni di gas-serra da parte delle foreste tropicali a seguito di prolungati e
intensi periodi di siccità (Phillips et al., 2009; Phillips et al., 2010). Secondo
Arneth et al. (2010) i forzanti radiativi derivanti dai feedback tra la biosfera terrestre
e l’atmosfera potranno toccare da 0,9 a 1,5 Watt m−2 K−1 prima della fine del secolo
in corso, riducendo o annullando l’effetto raffreddante legato alla fertilizzazione carbonica dei biota terrestri.
Nella foresta boreale, i flussi di CO2 dal suolo verso l’atmosfera dovrebbero
aumentare con l’aumento della temperatura e della concentrazione della CO2 atmosferica (Niinisto et al., 2004), anche se alcuni autori sono in disaccordo (Fang e
Moncrieff, 2001; Ågren e Bosatta, 2002; Hyvönen et al., 2005). Un’altra conseguenza dei cambiamenti climatici sarebbe una diversa allocazione del C al fogliame
(Magnani et al., 2004; Lapenis et al., 2005; Tognetti e Marchetti, 2006). In gran
3
Un tipico esempio di feedback è rappresentato dalla variazione dell’albedo, il fenomeno che
conduce alla riflessione della radiazione solare diretta a causa, per esempio, della massa glaciale. Un
aumento della massa glaciale amplifica il raffreddamento, il fenomeno inverso amplifica il riscaldamento.
450
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
parte dell’Europa l’efficienza d’uso dell’acqua da parte delle piante forestali potrebbe aumentare a causa dell’effetto fertilizzante conseguente l’accresciuta concentrazione di CO2 atmosferica. In alcune aree, tuttavia, aumentando la superficie fogliare
e la relativa evapotraspirazione degli ecosistemi forestali, si potrebbe verificare un
aumento del flusso di vapor acqueo. Broadmeadow et al. (2005) ritengono che dobbiamo attenderci impatti negativi della siccità sulle foreste decidue. Lo stress idrico
nella regione mediterranea potrà essere parzialmente compensata da un aumento
dell’efficienza d’uso dell’acqua (Magnani et al., 2007), dalla crescente concentrazione di CO2 atmosferica (Wittig et al., 2005) e da un aumento dell’indice di area
fogliare (Kull et al., 2005).
La deposizione azotata e le mutate condizioni climatiche potrebbero esaltare il
potenziale invasivo di alcune specie esotiche e creare circostanze più favorevoli per
alcune specie rispetto ad altre, determinando nel complesso una profonda alterazione delle interazioni all’interno delle comunità vegetali e portando a nuove forme di
dominanza e di funzionamento degli ecosistemi (Thuiller et al., 2007). I disturbi
abiotici per le foreste potrebbero in generale aumentare, anche se gli impatti saranno
diversi da regione a regione e in relazione ai diversi sistemi di gestione forestale
(Kellomäki e Leinonen, 2007). Secondo diversi studi (Barthod, 2003; Nilsson et
al., 2004; Schumacher e Bugmann, 2006) non si prevedono aumenti sensibili dei
danni da vento sugli ecosistemi forestali. L’aumento della temperatura potrebbe
impedire alle piante di completare la loro richiesta di freddo, ridurre il processo
d’indurimento al freddo (cold-hardiness), aumentare la perdita degli aghi e diminuire
la fruttificazione. I danni da freddo saranno minori nella stagione invernale, mentre
saranno invariati quelli da gelate primaverili e più severi quelli da gelate autunnali,
proprio a causa del ritardo dell’hardening.
Temperature crescenti e precipitazioni ridotte, combinate all’abbandono delle
aree rurali e della gestione forestale, potrebbero avere l’effetto di aumentare la frequenza e la severità degli incendi nella regione mediterranea (Pausas e Abdel
Malak, 2004; Moreno, 2005; Pereira, 2005; Schröter et al., 2005; Moriondo et
al., 2006). La migrazione della vegetazione indotta dal cambiamento climatico, associata alla variazione delle caratteristiche del combustibile, come ad esempio la dominanza dello strato arbustivo su quello arboreo (Mouillot et al., 2002; Lindner et
al., 2007), possono accrescere la diffusione del fuoco. Viceversa Schröter et al.
(2005) ritengono che la fertilizzazione carbonica potrebbe diminuire i rischi d’incendio, poiché l’aumento dell’efficienza di uso dell’acqua da parte della vegetazione
porterebbe a una diminuzione della richiesta di acqua e una maggiore disponibilità
di umidità nella lettiera e nel suolo.
5. Conclusioni
Le regole che consentono l’inclusione delle attività LULUCF nelle strategie di
lotta ai cambiamenti climatici presentano indubbiamente dei limiti, tra cui una complessità eccessiva e un costo elevato del monitoraggio e del reporting delle emissioni
60° anniversario della fondazione
451
e degli assorbimenti di gas-serra e il paradosso di non contemplare le attività che evitano la deforestazione nei Paesi in via di sviluppo, la principale fonte di emissioni
LULUCF (Schlamadinger et al., 2007; Jackson et al., 2008). I negoziati in corso in
ambito UNFCCC per un accordo post-2012 forniscono un’importante occasione
per ridefinire e allagare la lista delle attività LULUCF eleggibili. La Conferenza delle
Parti UNFCCC svoltasi a Durban a fine 2011 ha adottato un documento di decisione (Decision -/CMP.7, http://unfccc.int/files/meetings/durban_nov_2011/decisions/application/pdf/awgkp_lulucf.pdf) riguardo alle modalità di contabilizzazione
dei bilanci legati alla gestione forestale, la trasparenza e l’affidabilità del monitoraggio, del reporting e della verifica degli inventari LULUCF, l’inclusione dei bilanci di
gas-serra nei prodotti legnosi e delle emissioni legate ai disturbi naturali di force
majeure. È in discussione anche la possibilità di includere nuove attività LULUCF,
come per esempio quelle sulle zone umide. L’UNFCCC sta anche tentando di estendere il CDM ad altre attività LULUCF, quali quelle che intendono ridurre le emissioni da deforestazione e degradazione forestale (REDD). Le opportunità per attuare
le politiche REDD includono la semplificazione delle procedure; la certezza di avere
per il futuro impegni internazionali di riduzione dei gas-serra; la riduzione dei costi
di transazione; l’affidabilità tra i potenziali acquirenti, gli investitori e i partecipanti
al progetto; la definizione di regole di partecipazione agli utili per le comunità indigene o i proprietari forestali locali; il monitoraggio e la verifica dei crediti; e la tutela
della biodiversità.
Sembra quindi che la comunità globale voglia procedere da un approccio limitato del primo periodo d’impegno del Protocollo di Kyoto al cosiddetto full carbon
accounting, ossia verso l’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di tutti i pool
di carbonio, di tutte le aree gestite, senza interruzione temporale. La scelta di procedere verso il full carbon accounting, pur logico per il rispetto dell’integrità dell’atmosfera, proprio per via degli elementi distintivi del settore LULUCF rispetto alle politiche di mitigazione (la saturazione, la non-permanenza e il grado di controllo da
parte dell’uomo), contiene il rischio di condizionare la capacità dei Paesi di rispondere agli impegni di riduzione dei gas-serra, in quanto le attività territoriali potrebbero diventare una fonte netta di carbonio verso l’atmosfera piuttosto che di carbon
sink. Questo rischio è reso ancora più evidente dalle indicazioni della ricerca (alcune
delle quali riportate anche nei paragrafi precedenti) secondo cui la biosfera potrebbe
diventare un carbon source nei prossimi 50-100 anni, qualora venga preso in considerazione l’effetto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi terrestri (Cox et al., 2000;
Fung et al., 2005). In altri termini, più caldo diventa il pianeta, maggiori sono le probabilità che i pool di C (i suoli, la biomassa viva e quella morta) diventino instabili ed
emettano grandi quantità di CO2 e altri gas-serra.
Finora, però, le politiche europee non hanno incentivato adeguatamente il settore forestale a svolgere un ruolo più incisivo nella lotta ai gas serra e non hanno colto
l’opportunità di valorizzare il potenziale di compensazione del carbonio da parte delle
foreste. Al momento, quando siamo prossimi alla fine del primo periodo d’impegno
del Protocollo di Kyoto, manca la creazione d’un quadro istituzionale in grado di
riconoscere ai proprietari e ai gestori forestali italiani un premio economico per il
452
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
ruolo di assorbimento dei gas-serra legato alle attività forestali. Infatti, i crediti
LULUCF compaiono nei conti nazionali di gas serra e servono ad aiutare gli Stati
membri (Italia inclusa) a rispettare gli impegni di abbattimento dei gas serra a livello
nazionale, senza alcun riconoscimento – in forma diretta o generalizzata – ai proprietari e ai gestori forestali.
Inoltre, l’UE non ha mostrato una politica coerente per quanto riguarda l’uso
dei sink forestali. Ciò è dimostrato anche dalle scelte divergenti fatte dagli Stati
membri rispetto all’elezione della gestione forestale secondo l’art.3.4 del Protocollo
di Kyoto. Tali incongruenze possono anche essere correlate con interessi divergenti
tra le diverse direzioni UE (in particolare quelli per l’agricoltura e per l’ambiente),
nonché tra i rispettivi ministeri a livello nazionale. Inoltre, mentre permane la decisione dell’UE di escludere i crediti di carbonio LULUCF nell’ETS, il commercio dei
crediti LULUCF sul mercato ufficiale delle emissioni non sarà fattibile nel prossimo
futuro. Il mercato volontario del carbonio può offrire una possibilità per la commercializzazione del servizio di sequestro di carbonio da parte delle aziende forestali.
Tuttavia, a causa dei bassi prezzi unitari del carbonio, questa possibilità può essere
considerata come un’opportunità di reddito aggiuntivo piuttosto che un incentivo a
privilegiare la funzione di sequestro del carbonio come prodotto principale. Due
problemi restano da risolvere: i costi di transazione elevati associati alla verifica di
monitoraggio, certificazione e commercializzazione delle quote di carbonio e la mancanza di trasparenza del mercato in termini di qualità e affidabilità dei certificati di
carbonio volontari, che alla fine potrebbe fiaccare la fiducia dei partecipanti al mercato in questo tipo di prodotto (Ciccarese et al., 2011).
Nondimeno, è necessario che il settore forestale sia attivamente informato e
consideri con attenzione le opportunità e gli effetti associati con le politiche di lotta ai
cambiamenti climatici, tenendo presente che il carbon sink è solo uno dei servizi ecosistemici offerti dalle foreste, che si aggiunge a quelli di produzione di legna da opera
e da ardere, di prodotti non legnosi e di una serie numerosa di servizi ecosistemici.
Oltre alla mitigazione, l’UNFCCC contempla anche l’adattamento4 tra gli
interventi di lotta ai cambiamenti climatici, i quali faranno sentire i loro effetti, anche
se le emissioni nette globali di gas-serra dovessero stabilizzarsi o contrarsi entro la
metà del secolo in corso. Rispetto alle azioni di adattamento il settore forestale è interessato per due aspetti:
‑–il contributo che gli interventi forestali possono dare alle comunità per affrontare
gli effetti dei cambiamenti climatici;
‑–gli interventi necessari per ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici sul settore.
Riguardo al primo aspetto, le foreste e la selvicoltura possono ridurre gli effetti
dei cambiamenti climatici fornendo protezione alle colture e agli animali, riducendo i
fenomeni erosivi e gli effetti degli eventi climatici estremi come alluvioni e tempeste,
migliorando le caratteristiche fisiche e chimiche dell’acqua, concorrendo alla costru-
4
Per adattamento si intendono le iniziative e le misure per ridurre la vulnerabilità e aumentare
la resilienza dei sistemi naturali e umani ai cambiamenti climatici.
60° anniversario della fondazione
453
zione del reddito delle comunità rurali colpite dai cambiamenti climatici. Esistono
numerosi esempi di adattamento ai cambiamenti climatici, anche in Italia, che dimostrano come gli interventi forestali siano più efficaci e più economicamente convenienti degli impianti convenzionali, ingegneristici, e come essi riescano ad associare
benefici ambientali, sociali ed economici a quello dell’adattamento ai cambiamenti
climatici. In questa situazione, la selvicoltura urbana assume una maggiore valenza,
poiché una loro adeguata progettazione e gestione possono aiutare a ridurre gli
stress, fornire protezione alle abitazioni e agli uffici (riducendo il fabbisogno di riscaldamento) e ridurre le temperature massime estive (riducendo il fabbisogno di condizionamento).
Rispetto al secondo punto, occorre sviluppare nuovi approcci di gestione
forestale per affrontare le minacce legate ai cambiamenti climatici in corso: siccità, patogeni, parassiti, eventi meteo estremi e incendi (Allen, 2010). Come s’è
visto al paragrafo 5 di questo articolo, ci sono molte incertezze associate ai cambiamenti climatici e ai loro impatti sulle foreste, sulla selvicoltura e sulle operazioni forestali. Tali incertezze non devono però impedire l’adozione di misure di
adattamento, ma devono spingere i decisori politici a utilizzare tutti gli strumenti
per implementare misure che aumentino la resilienza, indipendentemente dall’entità dei cambiamenti climatici. Un concetto chiave nella gestione del rischio è la
diversificazione: dall’impiego di un maggior numero di specie e di geni negli
interventi di restauro forestale all’adozione di differenti sistemi di gestione e di
tempistica delle operazioni. Si potranno elaborare misure per preservare le infrastrutture forestali e interpoderali (usate anche a scopi ricreativi e turistici), particolarmente vulnerabili all’erosione e al dilavamento causato da eventi estremi più
severi o frequenti, per costruire laghetti o invasi o per realizzare fasce parafuoco
per rispondere ai maggiori rischi di incendio attesi dai cambiamenti climatici.
Per rispondere alla sfida dell’adattamento ai cambiamenti climatici c’è bisogno del sostegno della ricerca, chiamata a elaborare modelli più affidabili di cambiamento climatico, a scala regionale; a comprendere meglio la vulnerabilità delle
foreste agli stress multipli; e a trovare soluzioni per migliorare la resilienza delle
foreste. Le questioni chiave sono l’identificazione della vulnerabilità delle foreste
nazionali e delle priorità su dove e quando intervenire e la combinazione più efficace di misure di conservazione in base al livello di spesa disponibile (Lawler, 2011).
RIASSUNTO
L’articolo analizza i molteplici rapporti tra cambiamenti climatici e foreste. Da un lato,
il cambiamento climatico sta alterando la distribuzione, la composizione, la struttura e le funzioni degli ecosistemi forestali e la fenologia delle specie. Dall’altro lato, le foreste e la silvicoltura offrono opzioni significative di mitigazione del cambiamento climatico, tra cui le misure
che riducono le emissioni di gas serra, in particolare attraverso la riduzione della deforestazione e il degrado forestale nei Paesi in via di sviluppo; che aumentano il tasso di fissazione
dell’anidride carbonica dall’atmosfera (per esempio, attraverso l’imboschimento e il rimboschimento, il restauro forestale e i cambiamenti di pratiche di gestione forestale); che sostituiscono i combustibili fossili o i prodotti che richiedono combustibili fossili per la loro produzione con prodotti forestali.
454
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
Le misure di adattamento al cambiamento climatico basate sul settore forestale sono
essenziali sia per l’attenuazione dei cambiamenti climatici sia per procedere verso lo sviluppo
sostenibile. Per questo motivo, le foreste sono state e continuano a essere al centro dei negoziati internazionali per contrastare i cambiamenti climatici e nel cuore delle politiche e misure
nazionali e internazionali per raggiungere gli impegni nazionali rispetto alla mitigazione e
all’adattamento ai cambiamenti climatici.
Questa situazione offre al settore forestale una serie di opportunità, incluse quelle di
tipo economico e occupazionale. Nondimeno, essa pone anche una serie di problemi inediti –
come i benefici a lungo termine per le foreste e il settore forestale, la proprietà e la ripartizione equa di questi benefici – che devono essere affrontati dai decisori politici con il contributo
determinate delle istituzioni scientifiche forestali del Paese.
SUMMARY
Forests and climate change: a loving embrace or a poisoned one?
The paper examines the multifaceted relationships between climate change and
forests. On one side, climate change is altering forest distribution, composition, structure
and functions and phenology of forest species. On the other side, forests and forestry offer
significant climate change mitigation options, including measures that reduce greenhouse-gas
emissions, especially through reducing deforestation and forest degradation in developing
countries; increase the rate of greenhouse-gas removals from the atmosphere (e.g. through
afforestation, reforestation, forest restoration and changes to forest management practices);
and substitute forest products for fossil fuels or products requiring fossil fuels in their
production. Climate change adaptation measures in the forestry sector are essential both to
climate change mitigation and for underpinning sustainable development.
Because of this forests feature prominently in the climate change past and ongoing
negotiations on commitments of countries under the United Nations agreements to combat
climate change.
The forestry sector has much to gain by using existing political support and emerging
financial opportunities from the climate change policies to take appropriate action.
Nevertheless, the use of forests for climate change mitigation and adaptation also poses a
number of unique problems, such as long-term climate benefits, and ownership and fair
allocation of these benefits that need to be confronted.
BIBLIOGRAFIA
Ågren G.I., Bosatta E., 2002 – Reconciling differences in predictions of temperature response
of soil organic matter. Soil Bio. Biochem., 34: 129-132.
Alados C.I., Pueyo Y., Barrantes O., Escós J., Giner L., Robles A.B., 2004 – Variations in
landscape patterns and vegetation cover between 1957 and 1994 in a semiarid
Mediterranean ecosystem. Lands. Ecol., 19: 543-559. http://dx.doi.org/10.1023/
B:LAND.0000036149.96664.9a
Allen C.D., et al., 2010 – Adaptation of Forests and Forest Management to Changing Climate.
Forest Ecology and Management, 259 (4): 660-684. http://dx.doi.org/10.1016/j.
foreco.2009.09.001
Arneth A., Harrison S.P., Zaehle S., Tsigaridis K., Menon S., Bartlein P.J., Feichter J.,
Korhola A., Kulmala M., O’Donnell D., Schurgers G., Sorvari S., Vesala T.,
2010 – Terrestrial biogeochemical feedbacks in the climate system. Nature Geoscience, 3:
525-532. http://dx.doi.org/10.1038/ngeo905
Askeev O.V., Tischin D., Sparks T.H., Askeev I.V., 2005 – The effect of climate on the
phenology, acorn crop and radial increment of pedunculate oak (Quercus robur) in the
middle Volga region, Tatarstan, Russia. Int. J. Biometeorol., 49: 262-266. http://dx.doi.
org/10.1007/s00484-004-0233-3
60° anniversario della fondazione
455
Bala G. et al., 2007 – Combined climate and carbon-cycle effects of large-scale deforestation.
PNAS ,104 (16): 6550-6555. http://dx.doi.org/10.1073/pnas.0608998104
Barthod C., 2003 – Forests for the Planet: Reflections on the Vast Storms in France in 1999.
Proceedings of the XII World Forestry Congress, September 2003, Quebec, Canada,
Volume B, 3-9.
Betts R., 2007 – Implications of land ecosystem-atmosphere interactions for strategies for
climate change adaptation and mitigation. Tellus B, 59 (3): 602-615. http://dx.doi.
org/10.1111/j.1600-0889.2007.00284.x
Blennow K., Sallnäs O., 2002 – Risk perception among non-industrial private forest owners.
Scand. J. Forest Res., 17: 472-479. http://dx.doi.org/10.1080/028275802320435487
Bonan G.B., 2008 – Forests and climate change: forcings, feedbacks, and the climate benefits of
forests. Science, 320: 1444-1449. http://dx.doi.org/10.1126/science.1155121
Borchert R., 2005 – Phenology of temperate trees in tropical climates. Int. J. Biometeorol., 50:
57-65. http://dx.doi.org/10.1007/s00484-005-0261-7
Broadmeadow M.S.J., Ray D., Samuel C.J.A., 2005 – Climate change and the future for
broadleaved tree species in Britain. Forestry, 78: 145-161. http://dx.doi.org/10.1093/
forestry/cpi014
Byrne K.A., Ciccarese L., 2010 – La contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti dei
gas-serra nel settore agricolo e forestale. Agriregionieuropa, 21 (6): 8-11.
Christensen J.H. et al., 2007 – Regional Climate Projections. In: Climate Change 2007. The
Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment
Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (Solomon S. et al., Eds.).
Cambridge University Press. Cambridge, UK.
Ciccarese L., 2011 – Ecosystem services from forest restoration. Thinking ahead. In: Restoring
forests. Advances in Techniques and Theory, p. 8-10. Abstract book of IUFRO
Conference, 27-29 September 2011. 124 p.
Ciccarese L. et al., 2011 – Emergence of innovative market opportunities due to carbon
sequestration in EU forest enterprises?, p.131-53. In: Innovation in Forestry: Territorial
and Value Chain Approaches, edited by G. Weiss, P. Ollonqvist, D. Pettenella, B. Slee.
344 p. Wallingford (UK). CABI. ISBN-13: 978-1-84593-689-1. http://dx.doi.
org/10.1079/9781845936891.0131
EEA, 2009 – Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2009. Tracking progress
towards Kyoto targets. EEA Report 9/2009. Luxembourg, Office for Official
Publications of the European Communities, 188 + 165 p. ISBN 978-92-9213-035-0.
EEA, 2011 – Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2011. Tracking progress
towards Kyoto and 2020 targets. EEA Report No 4/2011, Luxembourg, Publications
Office of the European Union. ISBN: 978-92-9213-224-8. 147 p.
Eggers J. et al., 2008 – Impact of changing wood demand, climate and land use on European
forest resources and carbon stocks during the 21st century. Global Change Biology, 14:
1-18. http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2008.01653.x
Euskirchen E.S., McGuire A.D., Chapin F.S., Rupp T.S., 2010 – The changing effects of
Alaska’s boreal forests on the climate system. Can. J. For. Res., 40: 1336-1346. http://
dx.doi.org/10.1139/X09-209
Fang C., Moncrieff J.B., 2001 – The dependence of soil CO2 efflux on temperature. Soil Bio.
Biochem., 33: 155-165.
Fernando T.M., Cortina J., 2004 – Are Pinus halepensis plantations useful as a restoration
tool in semiarid Mediterranean areas? For. Ecol. Manage., 198: 303-317. http://dx.doi.
org/10.1016/j.foreco.2004.05.040
Fung I.Y., Doney S.C., Lindsay K., John J., 2005 – Evolution of carbon sinks in a changing
climate. Proc. Natl. Acad. Sci., 102: 11201-11206. http://dx.doi.org/10.1073/
pnas.0504949102
Houghton R.A., 2007 – Balancing the Global Carbon Budget. The Annual Review of Earth
and Planetary Sciences, 35: 313-47. http://dx.doi.org/10.1146/annurev.earth.
35.031306.140057
456
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
Hyvönen R. et al., 2005 – Analysing temperature response of decomposition of organic matter.
Glob. Change Biol., 11: 770-778. http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2005.00947.x
IPCC, 2007 – Climate Change 2007. Mitigation of Climate Change. Contribution of Working
Group III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate
Change. Cambridge University Press.
IPCC, 2011 – Summary for Policymakers. In: Intergovernmental Panel on Climate Change
Special Report on Managing the Risks of Extreme Events and Disasters to Advance
Climate Change Adaptation (Field C.B., Barros V., Stocker T.F., Qin D., Dokken D.,
Ebi K.L., Mastrandrea M.D., Mach K.J., Plattner G.-K., Allen S.K., Tignor M. and
P.M. Midgley Eds.). Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and
New York, NY, USA.
Jackson R.B. et al., 2008 – Protecting climate with forests. Environmental Research Letters, 3:
716-718. http://dx.doi.org/10.1088/1748-9326/3/4/044006
Kellomäki S., 2001 – Impact of global warming on the tree species composition of boreal
forests in Finland and effects on emissions of isoprenoids. Glob. Change Biol., 7: 531544. http://dx.doi.org/10.1046/j.1365-2486.2001.00414.x
Kellomäki S., Leinonen S., 2005 – Management of European forests under changing climatic
conditions. Final Report of the Project Silvistrat.
K ellomäki S., V äisänen H., 1996 – Model computations on the effect of elevating
temperature on soil moisture and water availability in Scots pine dominated ecosystems
in the boreal zone in Finland. Climatic Change, 32: 423-445. http://dx.doi.
org/10.1007/BF00140355
Kellomäki S., Väisänen H., 1997 – Modelling the dynamics of the boreal forest ecosystems for
climate change studies in the boreal conditions. Ecological Modelling, 97: 121-140.
http://dx.doi.org/10.1016/S0304-3800(96)00081-6
Kellomäki S. et al., 2005 – Forests and climate in Europe and climate scenarios used in the
project. In: Management of European forests under changing climatic conditions. Final
report of the project, (Kellomäki S., Leinonen S. Eds.); Joensuu, University of Joensuu.
Faculty of Forestry, Research Notes, 163: 33-44.
Kellomäki S. et al., 2008 – Sensitivity of managed boreal forests in Finland to climate change,
with implications for adaptive management. Phil. Trans. Roy. Soc. B, 363: 2341-2351.
http://dx.doi.org/10.1098/rstb.2007.2204
Kellomäki S. et al., 2010 – Model computations on the climate change effects on snow cover,
soil moisture and soil frost in the boreal conditions over Finland. Silva Fennica, 44 (2):
213-233.
Kljuev N.N., 2001 – Russia and its Regions. Nauka, Moscow, 214 p. (in russo).
Koca D., Smith S., Sykes M.T., 2006 – Modelling regional climate change effects on potential
natural ecosystems in Sweden. Climatic Change, 78: 381-406. http://dx.doi.
org/10.1007/s10584-005-9030-1
Kull O. et al., 2005 – Consequences of elevated CO2 and O3 on birch canopy structure:
implementation of a canopy growth model. For. Ecol. Manage., 212: 1-13. http://dx.doi.
org/10.1016/j.foreco.2005.02.060
Lapenis A. et al., 2005 – Acclimation of Russian forests to recent changes in climate. Glob.
Change Biol., 11: 2090-2102. http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2005.001069.x
Lawler J.J., 2011 – Conservation for any budget. Nature Climate Change, 1: 350-351. http://
dx.doi.org/10.1038/nclimate1239
Lenoir J. et al., 2008 – A Significant Upward Shift in Plant Species Optimum Elevation during
the 20th Century. Science, 320: 1768-71.
Lindner M. et al., 2010 – Climate change impacts, adaptive capacity, and vulnerability of
European forest ecosystems. Forest Ecology and Management, 259 (4): 698-709. http://
dx.doi.org/10.1016/j.foreco.2009.09.023
Magnani F., 2004 – The sensitivity of Austrian forests to scenarios of climatic change: a largescale risk assessment based on a modified gap model and forest inventory data. For. Ecol.
Manage., 202: 93-105. http://dx.doi.org/10.1016/j.foreco.2004.07.030
60° anniversario della fondazione
457
Magnani F., Berninger F., Delzon S., Grelle A., Hari P., Jarvis P. G., Kolari P.,
Kowalski A. S., Lankreijer H., Law B. E., Lindroth A., Loustau D., Manca G.,
Moncrieff J. B., Rayment M., Tedeschi V., Valentini R., Grace J., 2007 – The
human footprint in the carbon cycle of temperate and boreal forests. Nature, 447: 848850. http://dx.doi.org/10.1038/nature05847
Malhi Y. et al., 2009 – Exploring the likelihood and mechanism of a climate-change-induced
dieback of the Amazon rainforest. Science, 2011 334 (6053): 230-232.
Maracchi G., Sirotenko O., Bindi M., 2005 – Impacts of present and future climate
variability on agriculture and forestry in the temperate regions: Europe. Climatic Change,
70: 117-135. http://dx.doi.org/10.1007/s10584-005-5939-7
Meehl G.A. et al., 2007 – Global Climate Projections. In: Climate Change 2007: The
Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment
Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (Solomon S., D. Qin, M.
Manning, Z. Chen, M. Marquis, K.B. Averyt, M. Tignor and H.L. Miller Eds.).
Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY,
USA.
Metzger M.J., 2008 – Projected environmental shifts under climate change: European trends
and regional impacts. Environmental Conservation, 35: 64-75.
Metzger M.J., Leemans R., Schröter D., Cramer W., ATEAM Consortium, 2004 – The
ATEAM Vulnerability Mapping Tool. Quantitative Approaches in System Analysis
No. 27. Wageningen, C.T. de Witt Graduate School for Production Ecology and
Resource Conservation, Wageningen. CD ROM.
Milada M. et al., 2011 – Climate change and nature conservation in Central European forests:
A review of consequences, concepts and challenges. Forest Ecology and Management,
261 (4): 829-43. http://dx.doi.org/10.1016/j.foreco.2010.10.038
Moreno J.M., 2005 – Impactos sobre los riesgos naturales de origen climático. C) Riesgo de
incendios forestales. Evaluación Preliminar de los Impactos en España por Efecto del
Cambio Climático. J.M. Moreno Ed., Ministerio de Medio Ambiente, Madrid, p. 581615.
M oriondo M. et al., 2006 – Potential impact of climate change on fire risk in the
Mediterranean area. Clim. Res., 31: 85-95. http://dx.doi.org/10.3354/cr031085
Mouillot F., Rambal S., Joffre R., 2002 – Simulating climate change impacts on firefrequency and vegetation dynamics in a Mediterranean-type ecosystem. Global Change
Biology, 8: 423-437. http://dx.doi.org/10.1046/j.1365-2486.2002.00494.x
Nabuurs G.J. et al., 2007 – Forestry. In: Climate Change 2007: Mitigation. Contribution of
Working Group III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel
on Climate Change (B. Metz, O.R. Davidson, P.R. Bosch, R. Dave, L.A. Meyer Eds.),
Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA.
Niinisto S.M. et al., 2004 – Soil CO2 efflux in a boreal pine forest under atmospheric CO2
enrichment and air warming. Glob. Change Biol., 10: 1363-1376. http://dx.doi.
org/10.1111/j.1365-2486.2004.00799.x
Nilsson C. et al., 2004 – Recorded storm damage in Swedish forests 1901-2000. For. Ecol.
Manage., 199: 165-173. http://dx.doi.org/10.1016/j.foreco.2004.07.031
Pausas J.G., Abdel Malak D., 2004 – Spatial and temporal patterns of fire and climate change
in the eastern Iberian Peninsula (Mediterranean Basin). Ecology, Conservation and
Management of Mediterranean Climate Ecosystems of the World. Arianoutsou M. e
V.P. Papanastasis Eds., 10th International Conference on Mediterranean Climate
Ecosystems, Millpress, Rotterdam, Rhodes, Greece, p. 1-6.
Pereira M.G., 2005 – Synoptic patterns associated with large summer forest fires in Portugal.
Agric. For. Meteorol., 129: 11-25. http://dx.doi.org/10.1016/j.agrformet.2004.12.007
Phillips O.L. et al., 2009 – Drought sensitivity of the Amazon rainforest. Science, 323: 1344-7.
http://dx.doi.org/10.1126/science.1164033
Phillips O.L. et al., 2010 – Drought-mortality relationships for tropical forests. New
Phytologist, 187 (3): 631-646. http://dx.doi.org/10.1111/j.1469-8137.2010.03359.x
458
l. ciccarese et al.
ifm lxvi
- 6/2011
Protocollo di Kyoto, 1997 – Kyoto Protocol to the United Nations Framework Convention
on Climate Change. URL: http://unfccc.int/resource/docs/convkp/kpeng.pdf
Ray D. et al., 2002 – Modelling the future stability of plantation forest tree species. Forestry
Commission Bulletin, Forestry Commission, Edinburgh, Lothians, 125: 151-167.
Reich P.B., 2011 – Biogeochemistry: taking stock of forest carbon. Nature Climate Change, 1:
346-7. http://dx.doi.org/10.1038/nclimate1233
Sala O.E. et al., 2000 – Global biodiversity scenarios for the year 2100. Science, 287: 17701774. http://dx.doi.org/10.1126/science.287.5459.1770
Schlamadinger B. et al., 2007 – A synopsis of land-use, land-use change and forestry
(LULUCF) under the Kyoto Protocol and Marrakesh Accords. Environmental Science
& Policy, 10 (4): 271-82. http://dx.doi.org/10.1016/j.envsci.2006.11.002
Schröter D. et al., 2005 – Ecosystem service supply and vulnerability to global change in
Europe. Science, 310: 1333-1337. http://dx.doi.org/10.1126/science.1115233
Schumacher S., Bugmann H., 2006 – The relative importance of climatic effects, wildfires and
management for future forest landscape dynamics in the Swiss Alps. Glob. Change Biol.,
12: 1435-1450. http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2006.01188.x
Shaver G.R. et al., 2000 – Global warming and terrestrial ecosystems: a conceptual framework
for analysis. Bioscience, 50: 871-882. http://dx.doi.org/10.1641/00063568(2000)050[0871:GWATEA]2.0.CO;2
Shiyatov S.G., Terent’ev M.M., Fomin V.V., 2005 – Spatiotemporal dynamics of foresttundra communities in the polar Urals. Russian Journal of Ecology, 36: 69-75. http://
dx.doi.org/10.1007/s11184-005-0051-9
Simolo C. et al., 2011 – Evolution of extreme temperatures in a warming climate. Geophys.
Res. Lett., 2: 38.
Solomon S. et al., 2007 – The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the
Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change.
Cambridge University Press. ISBN 978-0-521-88009-1.
Thuiller W., 2007 – Biodiversity: Climate change and the ecologist. Nature, 448: 550-552.
http://dx.doi.org/10.1038/448550a
Thuiller W. et al., 2005 – Climate change threats to plant diversity in Europe. PNAS, 102
(23): 8245-8250. http://dx.doi.org/10.1073/pnas.0409902102
Thuiller W. et al., 2007 – Will climate change promote alien plant invasions? Ecological
studies (W. Nentwig Ed.), p. 197-211. Springer, Berlin, Berlin.
Tognetti R., Marchetti M., 2006 – Influenza dei cambiamenti d’uso del suolo e delle
strategie di gestione del bosco sull’allocazione del carbonio nel suolo negli ecosistemi
forestali. L’Italia Forestale e Montana, 1: 5-51. http://dx.doi.org/10.4129/
IFM.2006.1.01
UNFCCC, 1992 – United Nations Framework Convention on Climate Change. URL: http://
unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf
UNFCCC, 2002 – Report of the Conference of the Parties on its Seventh Session: Action taken
by the COP. (FCCC/ CP/20001/13/Add.1, UNFCCC, Geneva, 2002), Addendum,
part 2.
van der Werf G.R. et al., 2009 – CO2 emissions from forest loss. Nature Geoscience, 2 (2):
737-738. http://dx.doi.org/10.1038/ngeo671
Wardle D.A. et al., 2011 – Terrestrial Ecosystem Responses to Species Gains and Losses.
Science, 332: 1273-1277. http://dx.doi.org/10.1126/science.1197479
Wittig V.E. et al., 2005 – Gross primary production is simulated for three Populus species
grown under free-air CO2 enrichment from planning through canopy closure. Glob.
Change Biol., 11: 644-656. http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2005.00934.x
Zhao M., Running S.W., 2010 – Drought-induced reduction in global terrestrial net primary
production from 2000 through 2009. Science, 20 (329): 940-943. http://dx.doi.
org/10.1126/science.1192666