omologazione culturale
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OMOLOGAZIONE CULTURALE Come ha detto lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano al primo Forum Mundial Social di Porto Alegre, in Brasile: ”Mai il mondo è stato tanto ineguale rispetto alle opportunità che offre e tanto uguale nelle abitudini che impone. L’eguaglianza dovrebbe fondarsi nel rispetto delle differenze.” Sembrano essere proprio questi i due processi principali portati dal processo di globalizzazione in atto: si allargano oltre il limite della tollerabilità le diseguaglianze economiche, mentre scompaiono le differenze culturali. Ci troviamo di fronte ad un processo di colonizzazione spirituale, un processo di colonizzazione dell’immaginario che nell’insieme delle sue differenze era una delle forze dell’umanità, e che ora viene uniformato, omologato, omogeneizzato. Delle 20.000 lingue parlate dagli uomini nell’epoca neolitica non ne sopravvivono oggi che 6.000, e si prevede che si dimezzeranno ancora nel prossimo secolo dando luogo a quello che è per certi versi un genocidio linguistico. Solo in America muore ogni anno una lingua; il Katawa, una lingua indiana della Carolina del sud è appena scomparso con la morte di Nuvola Rossa Tempestosa, l’unico uomo capace di parlarlo, e il suo cane è l’unico essere vivente in grado di comprenderlo. Un centinaio di lingue sono parlate solo da pochi vegliardi. L’Hahore sopravvive sulla bocca di un solo abitante del Vaunatu, a parlare l’Isireneski sono rimaste solo due donne dell’estrema Siberia orientale e l’Emolo è parlato solo da sei etiopi. A usare le 180 lingue amazzoniche sono meno di 200.000 individui insidiati dai tagliatori di boschi. Al contrario 5 lingue: il cinese, l’inglese, lo spagnolo, il russo e l’indi si spartiscono più del 95% del pianeta. E non si tratta solo di una questione linguistica perché abbiamo ormai un’unica bevanda mondiale e cioè la Coca Cola, abbiamo un unico abbigliamento mondiale, i jeans, abbiamo un unico cinema e per certi versi anche una sola musica e cioè quella americana. La stessa informazione proviene per il 95% da 5 grandi agenzie concentrate negli Usa e in Europa. Il 70% dell’informazione televisiva mondiale compresi i telegiornali dei paesi del terzo mondo è di produzione americana. Sono queste le fondamenta del cosiddetto "pensiero unico", in cui sembra non esserci più spazio alcuno per la differenza; ma ad osservare con maggiore attenzione e profondità possiamo scorgere nelle società del Sud del mondo segnali di cambiamento a ricominciare proprio dalla componente dell'identità culturale, dai principi e dai valori fondanti di queste società che a lungo sono state schiacciate sul modello di "sviluppo" occidentale, in una assurda rincorsa dei paesi "sviluppati", quegli stessi che ora si ritrovano a fronteggiare problemi cui non trovano soluzioni all'interno dei propri parametri culturali, come l'insostenibilità ambientale o l'esclusione delle fasce più deboli della società, quelle che non sono produttive secondo la logica del Mercato. Come ci ricorda Gaston Kaboré, il grande regista burkinabé: "Il cambiamento avverrà perchè gli individui, le comunità si affermeranno dicendo che la vita non è solo produrre, consumare, esportare... occorre una rivincita del pensiero su tutto ciò che è una visione produttivista, perchè non è attraverso quest'ultima che l’uomo può realizzare il suo sogno di umanità." E' da qui che rinasce la speranza in un mondo diverso!