diaconi 46 - Vicariatus Urbis

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diaconi 46 - Vicariatus Urbis
DIACONI
Foglio Notizie del Diaconato della Diocesi di Roma
FORMAZIONE - INFORMAZIONE - CORRESPONSABILITÀ
Maggio 2009
www.vicariatusurbis.org/diaconatus
numero 46
Meditazione sulla Pasqua
“In Lui riconosciamo che cosa è vero e che cosa è falso”
N
el messaggio rivolto a Roma e al mondo il giorno di Pasqua, il Santo Padre ha affermato: "Se
mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del
male, ha però bisogno di uomini
e di donne che in ogni tempo e
luogo lo aiutino ad affermare la
sua vittoria e con le sue stesse
armi: le armi della giustizia e
della verità, della misericordia,
del perdono e dell'amore".
Queste parole devono trovare
un'eco e una concretizzazione
nella vita di coloro che il
Signore ha scelto per collaborare con Lui. Potremmo dire che il
Papa indichi nell'essere servo
della vittoria di Cristo, attraverso l'annuncio della verità e la
testimonianza della carità, l'identità del diacono.
La vittoria definitiva sul male, dovuta al fatto storico della risurrezione che "non è un mito né un
sogno, non è una visione né un'utopia, non è una
favola, ma un evento unico e irripetibile" come ha
ricordato Benedetto XVI, è la grande novità della
storia dell'umanità espressa dalla liturgia attraverso
l'Alleluia, il canto nuovo. Infatti l'uomo davanti a
questa azione di Dio "non può semplicemente parlare soltanto. Il parlare non basta
più. Egli deve cantare… perché
anche noi mediante la potenza di
Dio siamo stati tirati fuori dall'acqua e liberati alla vita vera"
(Om. Veglia pasquale). Il mistero pasquale di Cristo, di cui
siamo resi partecipi attraverso i
segni
sacramentali
del
Battesimo e dell'Eucaristia che
ci consentono di entrare in intimità profonda con colui che è la
Verità e l'Amore, ci colloca in
una nuova identità e ci obbliga a
portare la novità della vittoria
sul male in questa nostra città, che attende con ansia
una parola di speranza.
"Nella risurrezione il Figlio di Dio è sorto come luce
sul mondo… in Lui riconosciamo che cosa è vero e
che cosa è falso… con Lui sorge in noi la luce della
verità e cominciamo a capire" (Om. Veglia). Se quesegue a pag. 7
Un abbraccio “pulcioso”, forte forte
¾¾
Da Lima, 30 aprile 2009
Carissimi,
sata ad un deposito di cernita e riciclaggio
questa volta l'arrivo a Zapallal, dopo la lunga
della spazzatura, con un perenne focaraccio
permanenza a Roma, ci è sembrato più duro.
p e r
Anche se ormai i luoghi sono familiari come
distrugcasa nostra e l'accoglienza della gente è
g e r e
magnifica, l'impatto con il disordine, la polplastica
vere, la sporcizia, l'odore è stato pesante.
inserviSoprattutto la visita ad alcune famiglie che
bile
o
versano in gravi difficoltà di salute ed ecoche so
nomiche mi hanno messo in crisi, per la difaltro.
ficoltà ad aiutarle, ma soprattutto per le
Passa la
condizioni in cui si trovano. Una in particogiornata
lare, una donna di 27 anni, con due figli picsu
un
coli, cieca da sei mesi per un ictus, che vive
mucchio di coperte in terra. Non ci sono né
in una baracca di lamiera e cartone, addosmobili né tantomeno altro, non c'è nemmesegue a pag 2
¾¾
¾¾ segue da copertina
no la porta., Aspetta da sei mesi di racimolare i soldi per fare una tac per capire se è
curabile o meno, sembra che il marito ora
lavori e possa provvedere. Vedremo cosa
fare. Un altro, ricaduto nella tbc, vive in una
casa di compensato e con in terra la sabbia;
il tetto, di stuoie e plastica, sta cadendo, lo
spazio è ingombro di una massa di roba, che
da noi non si trova neanche in discarica. Un
piccolo impresario che fa un cammino di
fede in parrocchia da molti anni, mi ha
detto che lui con i suoi operai la domenica
lavora gratis per chi ha bisogno e che provvederà donando il suo lavoro. Anche per un
altro caso sembra che i vicini si muovano
loro. Questo forse è il risultato più serio
dell'evangelizzazione, in un luogo dove la
solidarietà non si conosce e si bada solo alla
propria sopravvivenza, già tanto difficile.
L'attività pastorale sta riprendendo, anche
se sempre con fatica perché ogni interruzione, anche se breve, produce una caduta
di attenzione e di presenza.
Ci hanno chiesto di preparare i catechisti
dei sacramenti dell'iniziazione e per il
matrimonio. Anche questo mi sembra una
cosa molto importante e veramente di competenza del diacono. Sempre si nota la maggior facilità di dialogo che si ha rispetto ai
sacerdoti. Siamo percepiti evidentemente
meno "sacralizzati" e quindi più accessibili.
Ma questa è peraltro l'esperienza anche di
Roma.
Sentiamo ovviamente forte la necessità di
comunione con tutta la Comunità del
Diaconato, perché comunque non è sempre
facile vivere dall'altra parte del mondo, in
tutti i sensi. Ma questa esperienza è preziosa ed un dono di grazia, perché ci aiuta a
ritrovare il piombo della nostra vita, la
croce di Cristo e toccare con mano la verità del Vangelo e la sua aderenza alla vita
reale. E sono sicuro che ci aiuta anche per il
nostro ministero quotidiano, là dove il
Signore chiama personalmente ciascuno di
noi, ci aiuta a capire le difficoltà di chi si
trova fuori della sua terra, senza riferimenti conosciuti.
Venite e vedete.
Un abbraccio "pulcioso", forte forte.
Paulo y Simoneta
Convegno Interregionale
H
o avuto modo di partecipare al Convegno dei diaconi dell'Italia Centrale (Massa, 17 - 18 aprile)
che ha avuto per tema "Il diacono, ministro della Parola", tema che in verità poteva rischiare di
cadere nel già ascoltato se non fosse stato affrontato alla luce della "griglia" di Verona, cioè analizzando il ministero della Parola nei concreti ambiti vitali che fecero da sfondo al Convegno Ecclesiale di
Verona dell'ottobre 2006.
Si è così aperto in un ventaglio di interrogativi: quale annuncio il diacono è chiamato a fare a chi vive
relazioni affettive (famiglia, fidanzati)? E quali modalità di annuncio a chi è immerso nella vita lavorativa? E a chi si trova in situazioni di fragilità (malattia, vecchiaia, carcere, emarginazione)? E come
poi alimentare la trasmissione di valori da una generazione all'altra (educazione, istruzione, comunicazione)? E infine come portare i valori evangelici fra quelli da porre alla base della vita sociale e politica? Ne è nata una prospettiva che ci ha consentito di guardare l'azione pastorale del diacono fuori dal
consueto schema del ministero esercitato nell'ambito parrocchiale.
Molto coinvolgenti sono state la paterna ed allegra partecipazione di mons. Eugenio Binini, Vescovo
della Diocesi ospitante, e le meditazioni di don Luca Bassetti, capace di far emergere dai testi biblici
una molteplicità di risvolti spirituali e pastorali, illuminanti per il ministero diaconale della Parola.
Mi è stato poi chiesto di parlare della missione dei diaconi romani nella poverissima periferia di Lima.
Più che a parole, l'ho presentata con le immagini di un breve video, la cui eloquente semplicità ha suscitato in tutti una commossa partecipazione.
diac. Giuseppe Colona
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PELLEGRINAGGIO A LORETO
C
’è una terra silenziosa/dove ognuno vuol
tornare…
Vi è un concetto, un'immagine lasciataci dal Concilio
Vaticano II che mi è molto caro: il popolo di Dio, in
cammino verso il suo Signore che torna, verso la
Gerusalemme celeste…
Dunque, il cammino, la provvisorietà, la meta.
Oggi, nel pellegrinaggio, non impugniamo il bastone
del romeo, la bisaccia sulle spalle. Ma impugniamo la
maniglia del "trolley", avviandoci verso la macchina,
il pullman, il treno, l'aereo.
Eppure, vi è il bisogno, andare o la risposta: eccomi.
Vi è la necessità e la fatica di rimodulare il proprio
tempo per dare spazio al giorno, i giorni del pellegrinaggio. La rinuncia ad altri progetti.
Il pellegrinaggio a Loreto, nel "cammino" di formazione per gli aspiranti diaconi permanenti, è diventato
una costante. La rinuncia (a noi come coppia è successa, per un'improvvisa indisposizione da monitorare…) si vive come lacerazione, un importante appuntamento mancato, un vuoto, un'assenza.
I motivi sono molteplici. Accenno ad alcuni.
Vi è l'esperienza concreta di comunione vissuta con i
confratelli nel vivere insieme le preghiere, l'eucaristia,
le catechesi, la fede e anche lo stare insieme.
Vi è l'elemento di conversione, penitenziale: un cammino di revisione di vita, di richiesta di perdono per le
mancanze, proponimenti di migliorarsi, richieste di
aiuto.
Madonna, Madonna nera /è dolce esser tuo figlio.
Il motivo vero, essenziale, risolutivo è il tornare da
Lei, Madonna nera come è invocata nel canto.
Sono nato, battezzato e cresciuto nella fede, in una
comunità intitolata a "Maria, Immacolata
Concezione". Vivo e ora servo in una comunità intitolata a "Maria Madre della Provvidenza". Nella vita
sono stati numerosi i pellegrinaggi a santuari mariani,
in Italia e in Europa. Non posso dimenticare, alla vigilia dell'ordinazione, la dedicazione alla Madonna
della Fiducia…
M'interrogo su questa speciale esperienza di Loreto.
Vi è il ritorno, mai uguale, a meditare
sull'Incarnazione e sulla risposta di Maria. Vi è il ritorno a pregare con nuova consapevolezza, per essere
aiutati a ridire il nostro "eccomi", per servire nella e
per la Chiesa.
Vi è il ritorno a meditare, sulle parole di Maria ai
servi, durante le nozze a Cana: "Qualsiasi cosa vi dica,
fatela"
Vi è il ritorno, denso di gratitudine, dei neo ordinati.
Questo anno, aggiunge (eccezionalmente) l'intensa,
emozionante esperienza della visita notturna, le preghiere intrecciate silenziose e non, in ginocchio, con
le palme delle mani appoggiate ai marmi che contengono la Santa Casa…
Perché sempre ha un cuore grande/ per ciascuno dei
suoi figli.
diac. Gianenrico Ceriani
"Bene, bene, … segno di vera ecclesialità!"
Con la Visita ad Limina dei Vescovi del Perù, che si sta svolgendo in questi giorni, ho avuto l'opportunità di accompagnare in udienza dal Papa monsignor Lino Panizza, Vescovo di Carabayllo, dov'è la
nostra missione peruviana.
Monsignor Panizza mi ha presentato come diacono romano, "che è anche un po' mio diacono, perché
viene in missione fra i poveri della mia Diocesi" e io ho aggiunto che questa era la missione iniziata da
Luigi Bencetti, che ci aveva vissuto per sei anni, e che ora è diventata la missione dei diaconi romani.
Al Papa si sono illuminati gli occhi e con un sorriso ha detto: "Bene, bene, … segno di vera ecclesialità!".
diac. Giuseppe Colona
-3-
"P
MONS. FISICHELLA E L’IDENTITÀ DISSOLTA
er quanto possa apparire
paradossale, oggi gli Stati
hanno urgente bisogno di confrontarsi con la questione della verità":
è un passaggio dell'ultimo libro dell'arcivescovo Rino Fisichella, intitolato "Identità dissolta", in libreria dal mese di aprile (Mondadori,
pag. 144, Euro 17). Nel volume, il
presidente
della
Pontificia
Accademia per la Vita e Rettore
della Lateranense, riflette sul valore
fondamentale del Cristianesimo per
l'identità dell'Europa alle prese con
laicismo, multiculturalismo e relativismo.
Emblematico di un clima culturale
diffuso è il modo di intendere e
usare il termine "laico". L'aggettivo
laikós indicava originariamente un
membro della Chiesa, che fa parte
del laós tou theou, il "popolo di
Dio". Ciò è ancora più evidente se
si considera la traduzione latina del
termine, che non è il generico populus, bensì plebs, che indicava specificamente la comunità cristiana. L'
evoluzione del termine nei secoli
successivi è specchio non solo di
peculiari condizioni storiche - particolarmente, in questo caso, le divisioni provocate all'interno della
comunità cattolica dalla Riforma
protestante nel XVI e XVII secolo , ma anche e soprattutto dell'orizzonte culturale a essa sotteso. Si è
così progressivamente giunti a
identificare la condizione di "laicità" come uno stato di autonomia
della politica dalla sfera religiosa e
come indice della possibilità di raggiungere la verità tramite la sola
ragione, prescindendo dalla fede. In
entrambi i casi, l'autentico significato del termine, per come si è evoluto nel corso dei millenni, è stato
snaturato. Se da una parte, infatti,
non si può non concordare sul concetto di distinzione dei poteri e dei
ruoli che spettano rispettivamente
alla Chiesa e allo Stato, è invece difficilmente condivisibile la tesi
secondo cui uno Stato è "laico" perché nel suo legiferare prescinde
completamente dalla religione e dai
suoi contenuti.
Di fatto si vogliono dimenticare le
radici, abbandonare una cultura che
si richiami a quelli che sono i valori fondamentali su cui la società in
Europa si è costruita. Si assiste a
una emarginazione, sempre più
spesso a una derisione delmessaggio che i cristiani portano.
Il ragionamento di Mons. Fisichella
diventa incalzante andando avanti
Mons. Rino Fisichella
presidente della Pont. Accademia per la Vita
"Se vogliamo costruire realmente
un'Europa che sia una patria comune di identità differenti, di tradizioni culturali differenti che nel corso
dei secoli si sono sviluppate, di lingue anche diverse, dobbiamo però
ritrovare necessariamente il denominatore comune, la matrice comune che ha dato vita a tutto questo".
"Oggi, anche quanti ci governano,
devono sentire il bisogno di far
emergere questa questione. Noi
abbiamo una profonda tradizione,
una tradizione che ha suscitato cultura, una tradizione che ha saputo
anche conservare quello che è stato
il patrimonio di saggezza e di verità acquisito nel passato. Noi l'abbiamo recuperato, l'abbiamo portato avanti, lo abbiamo fatto conoscere, lo abbiamo conservato nei
monumenti, nelle biblioteche…
Perché, anche oggi, non pensare
che in questa ricerca della verità
che portano avanti gli scienziati dal
punto di vista medico, fisico, chimico, non ci debba essere anche una
verità più profonda che tocca l'uomo nella sua globalità e che tocca
anche il senso della sua vita? E su
questa verità, che sta anche alla
base del vivere comune, civile e
sociale, il cristianesimo ha molto
da dire".
Il riferimento a una Verità da parte
del Cristianesimo contraddice il
principio di tolleranza - espressione
genuina di dogmi laicisti - secondo
il quale sarebbe meglio per tutti, e
per il progresso della società, se fossimo confinati nel privato, senza
alcuna possibilità di esprimerci
pubblicamente su questioni di
carattere sociale ed etico. Non è
lontano da questa stessa tentazione
anche chi si richiama a una rinnovata comprensione dello Stato etico,
che legifera non solo prescindendo
dalla morale presente nella società,
ma si arroga la facoltà di presentarsi come istanza morale assoluta,
traendo dall'ideologia l'ispirazione
per i propri interventi legislativi.
nella lettura: "Goethe diceva:
"L'Europa è nata in pellegrinaggio
e la sua lingua madre è il cristianesimo". Se noi andiamo ad analizzare la storia, vediamo realmente che
quest'Europa è nata, perché ci sono
stati dei luoghi sacri. Pensiamo al
pellegrinaggio nella Città di Pietro
e Paolo. Pensiamo al pellegrinaggio, già nel Medio Evo, a Santiago
di Compostela. Pensiamo alla Via
Francigena. Pensiamo a tutto quello che sono stati gli scambi verificatisi con il sorgere delle università, dei comuni. Tutta la ricchezza
che c'è stata, è stata prodotta dal
cristianesimo, è stata sollecitata dal
cristianesimo. Io credo che, per
prima cosa, dobbiamo recuperare
la consapevolezza di questo. Non
dobbiamo dimenticare quella che è
stata l'origine dell'Europa, perché
se dimentichiamo questa tradizione
non ci sarà futuro. E' impossibile Un libro da leggere e da proporre in
questi tempi di confusione diffusa.
che ci sia futuro".
-4-
Viaggio in Tunisia
Un venticinquesimo di nozze diverso
L
’esperienza in Tunisia comincia a Douz, cittadina del sud della Tunisia detta anche “la porta del deserto”, perché da lì iniziano le dune del deserto, nel 1979 quando il nostro parroco, don Pietro Sigurani, l’Imam catholique, come lo chiamano
con affetto i tunisini, arrivò per vedere, anzi per cercare il Sahara, luogo che misura la distanza tra l’uomo e la sua miseria, tra
l’anima e Dio. In quel luogo ha incontrato Alì al quale chiese di vedere il deserto, e diventarono amici.
Da allora molta strada è stata fatta, ci sono case di “presenza cristiana”, una fabbrica per la lavorazione dei datteri, palmeti,
ecc. Sono accadute tante cose a Douz, Nefta e Kébili. Sono state costruite o acquistate quattro case che, ovviamente, non sono
semplici abitazioni: «E soprattutto non sono nostre», dice don Pietro, «tutto quello che realizziamo lo diamo in proprietà ai tunisini perché serva loro a vivere meglio, a educare i giovani».
Molti i gruppi che sono andati e vanno a fare esperienza di deserto, giovani, anziani, seminaristi, preti, diaconi parrocchiani e
no che trovano sempre nelle case la presenza di Cristo Eucaristia, l’unica presenza cristiana in quei luoghi.
Lo scorso 13 aprile, lunedì dell’Angelo, con un gruppo di preti che festeggiavano il loro 11° anniversario di ordinazione, coppie di sposi, parrocchiani, Silvano e Anna e, per la prima volta, Ennio e Dina che festeggiavano il loro 25° anniversario di nozze,
con don Pietro siamo partiti alla volta di Tozeur, in tutto 24 persone.
Ennio e Dina così raccontano la loro esperienza di viaggio di nozze un po’fuori della norma.
Ennio: Quando il nostro parroco ci ha proposto questo viaggio per festeggiare il nostro 25° anniversario
di matrimonio, non vi nascondo che ho avuto qualche perplessità, di solito non è questa la meta per
viaggi di questo genere (es. Parigi). Mi aveva sempre incuriosito, però, l'amore e la costanza che lui
metteva nel seguire le iniziative della Parrocchia in
questa terra così lontana.
Non voglio fare una cronistoria del viaggio, ma mettere per iscritto una serie di
impressioni, e l'impressione principale è che questo sia stato un itinerario del cuore e dello spirito.
Del cuore, perché si entra in contatto con la realtà di povertà dalla
quale provengono i tanti nostri
fratelli immigrati che ogni giorno
incontriamo sulla nostra strada;
puoi guardare negli occhi i loro
figli, i tanti bambini che ti rincorrono per strada per una caramella,
le loro madri, mogli, sorelle che
vengono mantenuti dal loro lavoro.
Puoi vedere i volti delle persone
che, grazie alla generosità dei parrocchiani, hanno potuto trovare
lavoro in quei luoghi al confine
del deserto.
Dello spirito, perché è bello
ascoltare le parole di accoglienza
e di pace di un saggio imam, è bello poter celebrare
l'Eucaristia in un luogo dove sai che non esistono né
chiese né cristiani e pregare per tutti.
E poi il deserto, luogo dello spirito per eccellenza; lì,
nel silenzio, leggendo alcune riflessioni di Charles
De Focault, mi sono sentito al mio posto.
Per concludere mi piace ricordare le parole di don
Pietro al momento della partenza, quando abbiamo
riposto l'ostensorio con il Pane Eucaristico:
"Quando farete le vostre Adorazioni Eucaristiche
con i Paramenti e l'incenso, non dimenticate Gesù
nell'armadio, presenza viva di Dio in questi luoghi".
Grazie a don Pietro per lo splendido regalo che ci ha
fatto.
Dina: E' una grazia che ancora esistano luoghi così
belli, unici, immensi ed essenziali come il deserto;
cielo, sabbia e vento, tutto dominato dal silenzio!
Quanto ce n'è bisogno! Qui
l'uomo non riesce a mettere
mano, ha solo da stupirsi. In
questo luogo dominano la natura e Dio!
Tutto questo "niente", però, ha
il potere di scuotere l'anima;
personalmente mi sono sentita
smarrita di fronte a questa
meraviglia, in un attimo ho rivisto tutta la mia vita senza
dimenticare niente.
Qui ti rendi conto che se non
hai qualcuno che ti indichi la
via, vaghi a vuoto, senza meta.
Così come nella vita!
Entrando, poi, nella realtà delle
"città" circostanti ho messo a
fuoco la semplicità delle case!
Bambini, tanti e belli, felici
solo per una caramella; la loro
numerosa presenza è segno di
privilegio per la vita, lì dove, per noi, sembra non
esserci condizione ideale.
E', senz'altro, un'esperienza "terapeutica" per chi ha
bisogno di ritrovarsi, perché si torna un po' più puliti da tanti pregiudizi, da tanti limiti che ci imponiamo.
Diac. Ennio e Dina Rizzo
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CONCLUSO IV MEETING INTERNAZIONALE
ITALIA SOLIDALE
S
i è conclusa con la celebrazione di
una messa a Nago, sul Lago di
Garda, il IV Meeting internazionale
Italia solidale Mondo solidale.
Patrocinato dal Pontificio Consiglio
della Cultura, l'incontro è stato un
momento di confronto per i 400 delegati presenti che hanno affrontato la
proposta di una nuova cultura in Cristo
e di un nuovo modo di fare missione
per "globalizzare" la solidarietà.
Padre Angelo Benolli ha fatto il punto
sull'associazione di cui è fondatore e
presidente e che raccoglie oltre due
milioni di persone sparse in 97 missioni dell'Africa, dell'India e del
Sudamerica. Al meeting, riferisce una
nota dell'associazione, si sono riunite
persone di popoli, culture e religioni
diverse che "ovunque stanno sperimentando la cultura come vita e un nuovo
modo di fare missione e adozione a
distanza". Nella località trentina, negli
ultimi quattro giorni sono state tante le
testimonianze di sofferenza ma anche
di speranza: hanno parlato donne provenienti da Brasile, India e Darfur
(Sudan) raccontando la loro azione
rispetto ai problemi della vita quotidiana; i contadini della tribù colombiana
dei Nasa che hanno sviluppato un sistema sociale rispettoso e naturale nonostante vivano in un contesto di conflitto; hanno parlato anche i missionari
illustrando i criteri impiegati nel loro
lavoro. I poveri "salvano" i poveri, è
stata un po' la parola d'ordine fatta propria da padre Benolli spiegando i meccanismi di un modo di fare missione
che fa della solidarietà il suo asse portante: "Siamo tutti uguali, ognuno speciale, ma tutti creati indipendenti, ad
immagine e somiglianza di Dio e con
forze di base uniche e irripetibili che
sempre attendono di essere liberate ed
espresse - ha detto il missionario - ora
le comunità africane, indiane, sudamericane fanno adozioni a distanza,
l'Africa adotta bambini in Sudamerica
e India, e questi paesi attivano adozioni verso gli altri". Un circolo virtuoso
in cui le comunità ricevono e scambiano i cosiddetti "prestiti solidali" che si
differenziano da qualsiasi forma di
microcredito o di micro finanza, in
quanto sono le famiglie stesse, organizzate in piccoli gruppi, a prestarsi il
denaro tra loro, grazie alle donazioni
delle adozioni a distanza di 20.000 cittadini italiani.
IL CONVEGNO DIOCESANO
icordiamo a tutti che il Convegno Diocesano si aprirà con l'intervento del Papa marteR
dì 26 maggio alle 19.00 in San Giovanni in Laterano, proseguirà il giorno successivo
nelle prefetture, per poi concludersi in Basilica venerdì 29 con il discorso del Cardinal
Vallini.
Il tema, come ormai tutti sanno, è la verifica dell'itinerario pastorale che la Diocesi si è
proposto nell'ultimo intensissimo decennio. Ma attenzione! Come più volte è stato detto,
non vi è alcun intento di sindacare l'operato delle comunità parrocchiali, cosa che lascerebbe il tempo che trova; la finalità è invece di fare il punto della situazione con un'ottica propositiva, per riprendere e continuare il cammino, guardando realisticamente al
futuro.
Val la pena di sottolineare questo, perché in qualche riunione parrocchiale o di prefettura abbiamo notato negli interventi un atteggiamento difensivo, quasi a voler dimostrare
che è stato fatto tutto il possibile e non si poteva andare oltre; insomma abbiamo visto
prevalere il desiderio di mettere in mostra le tante consolidate iniziative pastorali, senza
porle in relazione né con gli orientamenti e gli obiettivi diocesani né con le esigenze del
popolo di Dio.
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¾¾ segue da copertina
fica "non ripiegarsi su se stessi - cosa sarà di me -,
ma guardare avanti, verso l'altro - verso Dio e verso
gli uomini che Egli mi manda" (Om. Domenica delle
Palme). E', dunque, opportuno imparare continuamente ad allargare il nostro sguardo, in modo che
l'esercizio del ministero diaconale si apra all'orizzonte diocesano e non resti confinato in quello parrocchiale, con il rischio alla lunga di perdere entusiasmo. Il non ripiegarsi su di sé costringe, inoltre, il
cuore a scorgere le nuove povertà che affliggono la
nostra città, a cominciare da quella materiale che, in
questo tempo di crisi colpisce numerose famiglie
anche a noi vicine. La silenziosa opera di carità che
quotidianamente i diaconi svolgono dovrà espandersi sempre di più, attraverso quella che Giovanni
Paolo II chiamava una "fantasia della carità" capace
di trovare le forme più adatte per rendere l'amore di
Dio e la vicinanza della Chiesa concreti nella vita
dei poveri e dei sofferenti.
Come è stato più volte detto il ministero non è tanto
un fare quanto un essere; in particolare essere
amore. Per vivere questo criterio fondamentale dell'esistenza, scelto e affermato davanti a Dio e alla
Chiesa il giorno dell'ordinazione è "necessario"
giorno per giorno adempiere questo grande sì all'amore nei molti piccoli sì e nelle rinunce. Questo sì
dei piccoli passi, che insieme costituiscono il grande sì, potrà
realizzarsi
senza amarezza e senza
autocommiserazione soltanto
se
Cristo è veramente il centro
della
nostra vita"
(Om. Messa
crismale).
Non si può
essere testimoni della
vittoria di Cristo con il volto triste, non si può essere annunciatori della radicale novità portata da
Cristo senza entusiasmo e convinzione. E', dunque,
fondamentale che l'Eucaristia, fonte e culmine della
vita cristiana, sia celebrata ed adorata in modo da
costituire il cuore della giornata di un ministro ordinato. E' nell'incontro personale con il Risorto che
l'intera Chiesa, e dunque ciascuno di noi, "è sollevata e attirata dentro la nuova forza di gravità di Dio,
della verità e dell'amore" (Om. Veglia).
Aiutare, dunque, gli uomini a entrare nella sfera gravitazionale dell'amore e della verità con le nostre
vite: un compito che il Risorto ci affida, non abbandonandoci perché "ci precede e ci accompagna per
le strade del mondo" (Om. Domenica di Pasqua).
Mons. Nicola Filippi
sto è vero per ogni battezzato, lo è a maggior ragione per coloro che in quanto ministri ordinati sono
stati consacrati nella verità. Ciò comporta "accettare
il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle
cose grandi come in quelle piccole alla menzogna,
che in modo così svariato è presente nel mondo;
accettare la fatica della verità, perché la sua gioia
più profonda sia presente in noi" (Om. Messa crismale). Nel quotidiano esercizio del ministero, negli
ambienti di lavoro così come nei condomini, sono
molteplici le menzogne che dobbiamo affrontare:
dall'affermazione che solo una vita sana ha senso e
valore a quella di un amore che non reclama l'impegno reciproco, dalla mancanza di un sistema di valori perenni da trasmettere ai giovani e che garantiscono una vita veramente umana al disconoscimento di
Dio come ragione ultima della vita, dalla ricerca di
una felicità individuale che non tiene conto di chi si
trova nella povertà. Annunciare la verità di Cristo,
così come vi è stato ricordato il giorno dell'ordinazione quando vi è stato consegnato il libro dei
Vangeli - significa immettere nella vita degli uomini "la luce pura: Dio stesso che fa nascere una nuova
creazione in mezzo a quella antica, trasforma il caos
in cosmo" (Om. Veglia). Vediamo uomini disorientati, con vite caotiche, senza ordine, senza priorità,
in balìa dei sentimenti che velocemente mutano
senza permettere di costruire nulla di solido e duraturo: annunciare oggi Cristo luce del mondo significa, dunque, porsi al servizio dell'uomo perché la sua
vita sia pienamente umana e degna di essere vissuta.
Ciò è possibile solo nella misura in cui siamo capaci di vivere una personale e profonda relazione con
Cristo, che si realizza nella preghiera personale e
liturgica, nella meditazione della Parola e
nell'Adorazione eucaristica. Non è, infatti, possibile
pensare di riuscire a resistere ai venti del soggettivismo, e del conseguente relativismo, senza l'essere
immersi nel mistero di Dio. Potremo collaborare
efficacemente alla vittoria pasquale solo se impareremo a "confidare in Dio e credere che Egli sta
facendo la cosa giusta; che la sua volontà è la verità
e l'amore; che la mia vita diventa buona se imparo
ad aderire a questo ordine" (Om. Domenica delle
Palme): in una parola solo se quella verità che
annuncio è diventata carne nella mia esistenza.
Il Santo Padre, ricordando anche che "in Gesù Cristo
verità e amore sono una cosa sola" (Om. Messa crismale), ci richiama a una testimonianza della carità
che sia autenticamente teologale, capace cioè di
rivelare il volto di Dio. Infatti, ogni volta che si celebra l'Eucaristia Dio "crea una 'consanguineità' tra sé
e noi… il sangue di Gesù è il suo amore, del quale
la vita divina e quella umana sono divenute una cosa
sola" (Om. Messa in cœna Domini). L'esistenza del
ministro ordinato non può e non deve, dunque, essere umana ma soltanto divina, perché per questo egli
è stato scelto da Dio.
Siamo, dunque, resi partecipi dell'Amore, che signi-7-