`ehjeh `asher `ehjeh: «Io sono colui che sono»: «Dio è qui»

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`ehjeh `asher `ehjeh: «Io sono colui che sono»: «Dio è qui»
Editoriale
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ISSR DI PADOVA
N . 2 8
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D I C E M B R E
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’ehjeh ’asher ’ehjeh:
«Io sono colui che sono»: «Dio è qui»
«Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare salvezza e pervenire alla beatitudine. Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato la
missione di comunicarla a tutti gli uomini, dicendo agli apostoli: «Andate dunque, istruite tutte le genti battezzandole nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quello che io vi ho comandato » (Mt 28,19-20). E tutti gli esseri umani sono tenuti a
cercare la verità, specialmente in ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli». (Dignitatis humanae, Proemio)
R
iascoltare queste frasi iniziali della Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, filo conduttore del percorso di ricerca dell’Istituto in questo anno accademico, ci sollecita a vivere il Natale considerando la liberalità e la naturalezza con le quali Dio si è fatto conoscere. Così scriveva papa Benedetto XVI il
18 ottobre 2010: «Per noi Dio non è un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il “big bang”. Dio si è
mostrato in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù Cristo vediamo il volto di Dio. Nelle sue parole sentiamo Dio stesso parlare con noi.
Di fronte a questo “abbassamento” restiamo ancora una volta stupiti e forse costernati. Il Figlio si è consegnato all’umanità, si è fatto logos per aprirsi alle categorie della ragione ed essere compreso, rischiando la commistione della
storicità e delle espressioni culturali, affidandosi alla pluralità delle fedi. Eppure non ha avuto timore di venire tra noi
per farci conoscere la via per trovare la verità. Solo la contemplazione può farci entrare in questo mistero. Quella
contemplazione alla quale richiama il famoso dipinto di William Congdon Natività (1960) che vi propongo.
Cori di angeli annunciano ai vigilanti di ogni tempo che Dio è qui. Questo è il nome di Dio da secoli e secoli: ’ehjeh ’asher ’ehjeh: «Io sono colui
che sono» traduce la Cei, «Dio è qui», traducono suggestivamente i Rabbini. «Rivelando il suo nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che
è da sempre e per sempre, valida per il passato («Io sono il Dio dei tuoi
padri», Es 3,6), come per l'avvenire («Io sarò con te», Es 3,12). Dio che
rivela il suo nome come «Io Sono» si rivela come il Dio che è sempre là,
presente accanto al suo popolo per salvarlo» (CCC 205). Sì, Dio è qui, nel
cono di luce di un’esile capanna. Ci vogliono occhi per vederla.
L’unica luce capace di accendere questo sguardo è quella che proviene
da Cristo: è lui la luce vera che viene nel mondo. Maria è la sua lampada,
il candelabro umano del nuovo tempio, l’ostensorio dal sapore celestiale
che lo sorregge a che gli uomini vedano la Luce. San Giuseppe ci guida a
questa visione. Chino sul Mistero, in disparte come vuole l’antica tradizione iconografica, Giuseppe è inondato da quella luce. Sprofondato dentro
la voragine, adora. Ci consolida dentro la speranza. Sì, forse anche a noi,
oggi, pare di avere toccato il fondo. Ci si ritrova nel tunnel terroso di
Congdon.
Contemplare questa interpretazione della natività fa bene al cuore: invita a credere che il Natale viene con la sua
indistruttibile poesia, ad insegnarci a sollevare lo sguardo. Sollevarlo oltre il fondo, più in alto, dove cori d’angeli, ancora, cantano instancabilmente una salvezza aperta all’uomo. La Verità diviene luce; verità che appartiene all’essere umano nella sua capacità di cercarla e desiderarla. È questa capax Dei che diventa un diritto innegabile, così come la sua
affermazione nei segni e nelle espressioni di fede che contraddistinguono ogni credo. In un tempo di sofferenza nel
quale le religioni sono spesso il pretesto per contrapposizioni ideologiche e politiche, l’insistente persecuzione dei
cristiani in Africa e in Asia, le violenze in Medio Oriente, il mistero dell’incarnazione ci ricorda che Dio condivide e
assume su di sé in ogni tempo e in ogni luogo questi patimenti. Natale non è una bella favola ma il mistero di un amore
donato per redimere e portare speranza a tutta l’umanità. Il dolore delle contrapposizioni scava una voragine nel tempo e nella storia. Così ogni generazione tocca il fondo, raggiunge il colmo del proprio dolore, ma ogni generazione
dentro la caduta vede esplodere la luce della Redenzione. Nelle espressioni religiose si manifesta il diritto a una libertà
profonda, quella che svela la capacità umana di ricercare il vero, il bene, Dio. Perché così creata, ha il dovere e il diritto di ricercarli senza esservi costretta, libera da coercizioni esterne, e da impedimenti ad agire in conformità con la
propria coscienza, libera di comporre personalmente e comunitariamente il proprio rapporto con Dio.
Buon Natale!
Tonello don Livio, Direttore