Il decommissioning degli impianti nucleari italiani

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Il decommissioning degli impianti nucleari italiani
nucleare
di M. Cumo
Il decommissioning
degli impianti
nucleari
italiani
N
el 1999, il decreto Bersani, in materia
di liberalizzazione del mercato elettrico, diede origine a SOGIN, con il compito di
smantellare gli impianti nucleari e di gestire i
rifiuti radioattivi. Nel 2003, a SOGIN è stato
anche affidato il decommissioning degli
impianti di ricerca sul ciclo di combustibile di
proprietà dell’Enea e dell’impianto di fabbricazione del combustibile
di Bosco Marengo, quest’ultimo acquisito nel 2005. In più, nel 2004,
SOGIN ha rilevato da Ambiente SpA (gruppo Eni) l’intera partecipazione azionaria (60%) nella società Nucleco SpA, specializzata nella
gestione dei rifiuti radioattivi e titolare dal 1985, su incarico Enea, del
servizio nazionale di ritiro e gestione dei rifiuti radioattivi provenienti
da settori industriali, dalla ricerca scientifica e sanitaria, da ospedali e
laboratori di analisi. Nucleco ha oggi come azionisti SOGIN (60%) ed
Enea (40%). Nonostante siano trascorsi 20 anni da quando l’Italia ha
deciso di sospendere la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, le attività di decommissioning sono di fatto iniziate soltanto otto anni
fa. Fino alla costituzione di SOGIN le centrali furono mantenute in
custodia protettiva passiva, probabilmente nella speranza che la fase
di moratoria si concludesse ed almeno alcune di esse potessero ricominciare a funzionare. Con la creazione di SOGIN si posero le basi
per la nuova strategia di decommissioning accelerato (2001) e si decise di stoccare a secco il combustibile irraggiato presso i siti.
Al fine di procedere allo smantellamento di una centrale nucleare è
infatti necessario provvedere alla sistemazione del combustibile nucleare irraggiato eventualmente presente nell’impianto. Si tratta di un
adempimento di particolare rilevanza, dato che nel combustibile
nucleare irraggiato è contenuta quasi tutta (99%) la radioattività presente in un impianto nucleare.
Alla fine del 2004, fu presa la decisione di riprocessare il combustibile irraggiato, come era già avvenuto in passato. In seguito all’accordo
sottoscritto nel novembre 2006 fra i governi di Italia e Francia, SOGIN
ha proceduto alla stipula del contratto di riprocessamento con la società
francese Areva. Le operazioni di allontanamento del combustibile sono
iniziate alla fine del 2007 (a partire dall’impianto di Caorso) e si concluderanno nell’arco temporale di 5 anni. Le attività di decommissioning sono state pesantemente condizionate dalla mancata disponibilità del deposito nazionale. Tale mancanza resta una criticità che il Paese deve superare rapidamente, ma non può costituire una ragione per
rallentare le attività di smantellamento. E proprio per questo il piano
industriale 2007-2011 di SOGIN (il primo dalla costituzione della
Società), approvato ad agosto 2007, ha come obiettivo principale
l’accelerazione delle attività di decommissioning, in particolare nei siti
di Trino, di Caorso e Bosco Marengo. Per quest’ultimo impianto è preProf. Maurizio Cumo, Università Sapienza, Roma; Presidente SOGIN-Società
Gestione Impianti Nucleari.
La Termotecnica • Ottobre 2008
visto il completo smantellamento entro il
2009. Nel periodo verranno sviluppate attività per complessivi 400 milioni di euro, che
consentiranno di raggiungere il 41 per cento in termini di avanzamento lavori rispetto
all’8% realizzato a fine 2007.
Il decommissioning
Il decommissioning di un impianto nucleare è la fase di declassamento, decontaminazione e smantellamento, che ha lo scopo finale di giungere alla demolizione dell’impianto e alla rimozione di ogni vincolo
dovuto alla presenza di materiali radioattivi nel sito. Il conseguimento
di questo obiettivo passa attraverso le seguenti fasi:
- sistemazione del combustibile nucleare esaurito (irraggiato) presente sugli impianti;
- trattamento, condizionamento e avvio al deposito dei rifiuti radioattivi accumulati in fase di esercizio;
- decontaminazione e smantellamento delle apparecchiature, degli
impianti e degli edifici;
- trattamento, condizionamento e avvio al deposito (se radioattivi) o
allo smaltimento per via ordinaria dei materiali derivanti dalle operazioni di smantellamento;
- caratterizzazione, riqualificazione e rilascio del sito per altri usi.
Il termine “decommissioning”, quando applicato nella sua accezione
più ampia agli impianti nucleari, include le fasi di disattivazione e
smantellamento. La prima copre le attività amministrative e tecniche
legate alla definitiva cessazione del funzionamento dell’impianto. La
seconda si estende alla rimozione completa o parziale dell’impianto
dal sito attraverso la decontaminazione delle strutture e dei componenti,
la rimozione dei componenti, la demolizione delle strutture, lo smaltimento dei rifiuti prodotti, il risanamento e il rilascio del sito.
L’obiettivo di queste attività è consentire la rimozione parziale o totale
di tutti i controlli normativi cui è soggetto un sito nucleare, assicurando
al contempo la salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori coinvolti nelle attività e la sicurezza a lungo termine della popolazione e dell’ambiente. In generale, l’obiettivo è il ripristino del sito in
condizioni tali da consentirne il rilascio per l’eventuale riutilizzo senza
restrizioni di tipo radiologico.
Gli impianti nucleari italiani
In Italia l’attuazione dei programmi nucleari nazionali ha portato, fra
gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, alla realizzazione di quattro centrali elettronucleari e di quattro impianti del ciclo del combustibile
nucleare (ritrattamento, celle calde, fabbricazione).
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nucleare
• La centrale elettronucleare “Enrico Fermi”di Trino, in provincia di Vercelli, di proprietà SOGIN, era dotata di un reattore nucleare ad acqua
pressurizzata del tipo PWR Westinghouse in grado di erogare una
potenza termica di 870 MW e una potenza elettrica netta di 260 MW.
È entrata in esercizio commerciale il primo gennaio1965, con produzione elettrica complessiva, fino all’arresto definitivo, di circa 25 miliardi di kWh. La centrale è stata fermata il 21 marzo 1987 e nel 1990, è
stata definitivamente disattivata. Da allora, è stato garantito il mantenimento in sicurezza delle strutture e degli impianti a tutela della popolazione e dell’ambiente. A Trino, le attività di decommissioning sono in
fase avanzata, con lo smantellamento dei trasformatori che collegavano la centrale alla rete elettrica: la demolizione delle torri di raffreddamento ausiliarie, la decontaminazione dei generatori di vapore; lo
smontaggio dei componenti dell’edificio turbina; la demolizione degli
edifici che ospitavano i generatori diesel d’emergenza e gli spogliatoi
del personale; la rimozione della traversa sul Po, necessaria, durante
l’esercizio dell’impianto, a garantire il suo approvvigionamento idrico.
Entro settembre 2011 il combustibile ancora presente nella centrale
sarà trasferito all’estero per il suo riprocessamento. Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento degli impianti e il
condizionamento dei rifiuti entro il 2013.
• La centrale elettronucleare di Caorso, in provincia di Piacenza, di
proprietà SOGIN, era la più grande centrale nucleare italiana, essendo dotata di un reattore del tipo BWR in grado di erogare una potenza elettrica netta di 860 MW. Essa è entrata in esercizio commerciale
il primo dicembre 1981, con produzione elettrica complessiva, fino
all’arresto definitivo, di 29 miliardi di kilowattora. La centrale è stata
fermata il 25 ottobre 1986. Il 26 luglio 1990 il CIPE ne ha disposto la
chiusura definitiva. Attualmente sono in corso le attività di smantellamento delle parti convenzionali dell’impianto. Tra le attività principlai
di decommissiong già svolte vi sono la completa decontaminazione del
circuito primario. lo smantellamento e la rimozione del turboalternatore all’interno dell’edificio turbina, la demolizione delle torri di raffreddamento ausiliarie. Entro il 2008, entrerà in funzione una delle più
grandi stazioni di gestione materiali, dove saranno svolte le operazioni di smontaggio, taglio e decontaminazione delle apparecchiature
metalliche. Tali attività consentiranno di riciclare un ulteriore 25% delle 21 mila tonnellate di metallo derivanti dallo smantellamento. Nel
dicembre 2007, è iniziato l’allontanamento dall’impianto dei 1032 elementi di combustibile irraggiati stoccati nella piscina dell’edificio reattore. Entro il 2010, tutto il combustibile presente nella centrale sarà stato trasferito all’estero per il riprocessamento. Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento degli impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2019.
• La centrale elettronucleare di Latina - Borgo Sabotino, di proprietà
SOGIN, era dotata di un reattore a gas-grafite del tipo MAGNOX in
grado di erogare una potenza elettrica netta di 210 MW, ridotti a 153
dal primo luglio 1971. La centrale è entrata in esercizio commerciale
il primo gennaio 1964, con produzione elettrica complessiva, fino
all’arresto definitivo, di circa 26 miliardi di kWh. La centrale è stata
fermata il 26.11.1986 e posta definitivamente fuori servizio il 23
dicembre 1987. In attuazione degli indirizzi emanati dal Ministero
dell’industria alla fine del 1999, nel febbraio 2002 è stato presentato
il piano globale di disattivazione dell’impianto. Le attività di smantellamento delle parti convenzionali dell’impianto sono attualmente in
corso. Finora sono state smantellate e rimosse le condotte inferiori
dell’edificio reattore. Entro il 2010, sarà completata la demolizione
delle condotte superiori. Nel 2007, sono terminate le attività di smantellamento di tutti i componenti dell’edificio turbina. È stato smantellato il sistema di movimentazione e caricamento del combustibile
nell’edificio reattore. Entro il 2009, sarà completata la rimozione del-
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le apparecchiature ancora presenti. Nel 2007, è stato realizzato un
nuovo laboratorio di dosimetria che si occupa dell’approvvigionamento, preparazione e lettura dei dosimetri assegnati agli operatori degli impianti SOGIN. Il combustibile della centrale è stato allontanato e trasferito in Inghilterra per il riprocessamento. Il programma
attuale prevede il completamento dello smantellamento degli impianti
e il condizionamento dei rifiuti entro il 2018.
• La centrale elettronucleare del Garigliano di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, di proprietà SOGIN, era dotata di un reattore nucleare ad acqua bollente del tipo BWR General Electric in grado di erogare una potenza elettrica netta di 150 MW. L’impianto è entrato in
esercizio commerciale nel giugno 1964, con produzione elettrica complessiva, fino all’arresto definitivo, di circa 12 miliardi di kWh. La centrale è stata fermata nell’agosto 1978 in seguito alla comparsa di un
difetto in uno dei generatori di vapore secondari. Mentre era in corso
la progettazione degli interventi di riparazione, in seguito al verificarsi del terremoto dell’Irpinia l’Autorità di sicurezza prescrisse altri interventi di manutenzione e adeguamento impiantistico. In seguito a valutazioni economiche, e in considerazione della limitata vita residua
dell’impianto, l’ENEL decise la non convenienza degli interventi. Con
delibera CIPE del 4 marzo 1982 venne pertanto disposta la chiusura
definitiva della centrale e furono avviate le operazioni di decommissioning. La sfera della centrale, dove si trova il reattore, è stata isolata dal resto dell’impianto ed è stato smantellato il sistema di movimentazione del combustibile. Il serbatoio, che conteneva l’acqua della piscina del reattore, è stato demolito. Entro il 2010, sarà completato lo smantellamento delle apparecchiature convenzionali nell’edificio
turbina. Il combustibile della centrale è stato trasferito in parte in Inghilterra per il ritrattamento e in parte al deposito “Avogadro” di Saluggia. Entro il 2011, il combustibile attualmente stoccato al deposito
“Avogadro” sarà trasferito in Francia per il ritrattamento. Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento degli
impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2019.
• L’impianto ex FN di Bosco Marengo, in provincia di Alessandria, di
proprietà SOGIN, ha operato dal 1973 al 1995 per la fabbricazione
di combustibili per le centrali nucleari italiane (ricariche della centrale di Garigliano, prima carica e ricariche per Caorso, ricariche per Trino) e per reattori esteri. Alla fine del 1995 l’ENEA, azionista pressoché esclusivo della FN, allora proprietaria dell’impianto, decise di non
proseguire ulteriormente le attività di fabbricazione di combustibile
nucleare e di procedere alla disattivazione dell’impianto. Nel 1996 è
stato presentato un piano di disattivazione, reiterato da SOGIN nel
luglio 2003 ed ora prossimo alla conclusione. Le operazioni di decommissioning riguardano lo smantellamento, la decontaminazione meccanica e il trattamento di apparecchiature che servivano per la produzione di combustibile nucleare. Nell’impianto, quando sono state
fermate le attività di fabbricazione, vi erano stoccate circa 112 tonnellate di combustibile nucleare. Il materiale è stato tutto allontanato e
trasferito all’estero. L’ultimo trasporto è avvenuto nel novembre 2006.
Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento
degli impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2009. L’impianto
FN di Bosco Marengo sarà il primo impianto gestito da SOGIN a concludere le attività di decommissioning.
• L’impianto EUREX (Enriched URaniun EXtraction) di Saluggia, in provincia di Vercelli, realizzato nel periodo 1965-1970, aveva come obiettivo il ritrattamento dei combustibili dei reattori di ricerca (di tipo MTR,
Material Testing Reactor) della Comunità Europea, e a tale scopo ha
ricevuto anche un finanziamento dall’EURATOM. L’impianto ha operato dall’ottobre 1970 al giugno 1974 per il ritrattamento di elementi di
combustibile MTR e dall’ottobre 1980 alla fine del 1983 per il ritrattamento di elementi di combustibile irraggiati di tipo CANDU. L’impianto,
La Termotecnica • Ottobre 2008
nucleare
tuttora di proprietà ENEA, è gestito dalla SOGIN per le operazioni di smantellamento. Nel 2007, è stato completato il trasferimento del combustibile, contenuto nella piscina dell’impianto, al
vicino deposito “Avogadro” e nel giugno scorso sono terminate le
operazioni di svuotamento e bonifica della piscina. Entro il 2010
il combustibile sarà trasportato all’estero per il riprocessamento.
Gli attuali depositi risalgono agli anni settanta. È quindi necessario dotare l’impianto di nuove strutture, dove stoccare i rifiuti esistenti e quelli che saranno prodotti dal decommissioning. Nel
2006, SOGIN ha realizzato un nuovo parco serbatoi per i rifiuti
liquidi e ha progettato la costruzione di un nuovo deposito per i
rifiuti solidi. È stato, inoltre, progettato l’impianto Cemex per la
solidificazione dei rifiuti liquidi e l’annesso deposito (D-3). Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento
degli impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2019.
• L’impianto ITREC (Impianto TRattamento Elementi Combustibile) del centro della Trisaia di Rotondella, in provincia di Matera,
realizzato nel periodo 1965-1975, aveva come obiettivo la
dimostrazione della fattibilità della chiusura del ciclo uraniotorio, con il ritrattamento del combustibile irraggiato e la rifabbricazione remotizzata del nuovo combustibile, utilizzando
l’uranio (235+233) recuperato. La sezione di rifabbricazione
remotizzata non è mai entrata in funzione, mentre l’impianto di
ritrattamento ha svolto una campagna di prove, conclusasi nel
1978, su 20 elementi di combustibile irraggiato provenienti dal
reattore di Elk River (USA). L’impianto, tuttora di proprietà ENEA,
è gestito dalla SOGIN per le operazioni di smantellamento.
All’interno dell’impianto è stato realizzato un laboratorio per il
monitoraggio ambientale tra i più moderni in Italia. Nell’impianto
sono stoccati 64 elementi di combustibile irraggiato del ciclo-uranio-torio che non possono seguire la via del riprocessamento perché non esistono nel mondo impianti industriali in grado di ritrattare questo tipo di combustibile. SOGIN è impegnata a ricercare e a supportare ogni iniziativa che dovesse prospettarsi per il
trasferimento del combustibile.
Il programma attuale prevede il completamento dello smantellamento degli impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2019.
• All’interno del Centro di Ricerca Enea di Casaccia, SOGIN ha
preso in carica l’impianto Opec, acronimo di Operazioni Celle
Calde e l’impianto Ipu, acronimo di Impianto Plutonio. L’impianto
Opec è costituito da due impianti, chiamati Opec 1 e Opec 2.
L’impianto Opec 1, è entrato in esercizio nel 1962 ed è stato il primo impianto nucleare italiano nel quale sono state eseguite attività di ricerca ed analisi post-irraggiamento sugli elementi di combustibile nucleare. L’impianto Opec 2, è stato costruito negli anni
settanta e aveva il compito di ampliare le attività nucleari di ricerca, controllo ed analisi che venivano svolte nell’impianto Opec 1.
L’impianto non è mai entrato in esercizio. L’Impianto Ipu è stato
progettato e realizzato a metà degli anni sessanta, ed è entrato in
esercizio nel 1968. Vi erano svolte attività di ricerca sperimentale sulle tecnologie di fabbricazione e decontaminazione degli elementi di combustibile nucleare. Le attività avrebbero dovuto offrire all’Italia le necessarie tecnologie per futuri impianti industriali
di produzione del combustibile nucleare. Nel 1990, con la chiusura del programma nucleare italiano, le attività di ricerca nei due
impianti sono state fermate. Da allora è stato garantito il mantenimento in sicurezza delle strutture e degli impianti a tutela della
popolazione e dell’ambiente. Nel 2003, SOGIN ha acquisito la
gestione degli impianti Opec e Ipu di Casaccia. Il programma
attuale prevede il completamento dello smantellamento degli
impianti e il condizionamento dei rifiuti entro il 2018.
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