Internet e il servizio della Parola di Dio

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Internet e il servizio della Parola di Dio
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA
Facoltà di Teologia – Sezione di Torino
LICENZA DI TEOLOGIA PASTORALE
Studente: Paolo Curtaz
Matricola 8086T
Internet e il servizio della Parola di Dio
Analisi critica di alcune omelie
presenti nei maggiori siti web cattolici italiani
Relatore: prof. Marco Rossetti
Anno Accademico 2010/2011
A Jakob e Luisella
A Mons. Arrigo Miglio che ha incoraggiato questo lavoro
Agli internauti cercatori di Dio
SOMMARIO
1. Introduzione
1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione: una sfida per la Chiesa
1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno dell’oggi
1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione
1.4 Metodologia del lavoro
2. L’omelia: definizione di criteri di validità
2.1 Un problema metodologico, l’assenza di una definizione sintetica,
comune e condivisa
2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi
2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero
2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia
2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica
2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione
2.7 Una griglia di interpretazione
3. Analisi dei testi
3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie
3.2 La scelta degli autori
3.3 La scelta del tempo liturgico: l’Avvento
3.4 Nota metodologica
3.5 Analisi di alcune omelie esemplari
3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia
3.5.2 Ermes Ronchi
3.5.3 Mons. Antonio Riboldi
4. Considerazioni generali conclusive
4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato
4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi da mediare e
incarnare
4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet
4.4 Uno sguardo prospettico
5. Appendice
Testi delle omelie analizzate
6. Bibliografia
7. Indice generale
Sigle e abbreviazioni
AT
Antico Testamento.
CEI
Conferenza Episcopale Italiana.
DV
Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Dei Verbum sulla divina
rivelazione, Città del Vaticano 18 novembre 1965.
Gr
Gregorianum.
ICT
Information & Comunication Technologies.
IGMR
Institutio generalis Missalis Romani in ed. it.: Principi e norme per l’uso del
Messale Romano, in Messale Romano riformato a norma dei Decreti del
Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI,
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Libreria Editrice Vaticana, Roma 19832.
LV
Lumen Vitae.
MB
Le Monde de la Bible.
NT
Nuovo Testamento.
OLM
Ordo Lectionum Missae in ed.it.: Ordinamento delle letture della Messa in
Lezionario domenicale e festivo, vol. 1, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2007.
RL
Rivista Liturgica.
RPL
Rivista di pastorale liturgica.
SC
Costituzione del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium sulla sacra
liturgia, Città del Vaticano, 4 dicembre 1963.
VD
Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini Città del Vaticano, 11
novembre 2010.
VP
Vita pastorale.
4
1. Introduzione
1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione: una sfida per la Chiesa
Nella millenaria opera di evangelizzazione della Chiesa, assistiamo, nell’ultimo
decennio, alla nascita e alla rapida espansione di un nuovo strumento, all’inizio guardato
solo con curiosità e, ora, studiato con maggiore attenzione: la rete di internet.
Lo strumento di internet, l’evoluzione tecnologica e la diffusione dei personal
computer, l’adeguamento delle reti di supporto hanno aumentato esponenzialmente la
possibilità di comunicazione fra le persone, procurando una svolta epocale nel percorso
dell’umanità. Attraverso il web (World Wide Web) un quarto dell’umanità ha la possibilità di
informarsi, di dialogare, di condividere materiale, di lavorare, di commerciare: davvero la
rivoluzione informatica sta attuando una possente accelerazione nell’incontro fra le culture e
nel cambiamento della società, paragonabile a quella che fu la rivoluzione industriale.1
La Chiesa non poteva certo restare alla finestra a guardare un fenomeno così
imponente: perciò lo strumento di internet ha rapidamente occupato uno spazio
ragguardevole nella riflessione ecclesiale e nella pastorale, ricevendo fin dall’inizio una
valutazione positiva.
Come scrive papa Giovanni Paolo:
«Per la Chiesa il nuovo mondo del ciberspazio esorta alla grande avventura di utilizzare il
suo potenziale per annunciare il messaggio evangelico. Questa sfida è l'essenza del
significato che, all'inizio del millennio, rivestono la sequela di Cristo e il suo mandato
“prendi il largo”: Duc in altum! (Lc 5,4)».2
E, ancora, rivolto agli operatori della comunicazione, scrive:
«Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono “tra le cose meravigliose” — “inter
mirifica” — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità,
anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno
eterno».3
1
Dati attendibili parlano di 2,2 miliardi di persone connesse nel 2013. Fonte:
www.key4biz.it/News/2009/07/21/e-Society/forrester_internet_Zia_Daniell_Wigder.html
2
GIOVANNI PAOLO II, Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo. Città del Vaticano, Libreria Editrice
Vaticana 2002, n. 1.
3
ID., Il rapido sviluppo. Lettera Apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali (21 febbraio 2005),
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005.
5
Il Magistero ha inizialmente osservato con interesse l’evoluzione di internet, per poi
avviare un approfondimento sul suo utilizzo; nel frattempo, a partire dalle singole persone e
dalle aggregazioni ecclesiali, parrocchie, movimenti, associazionismo, si è assistito alla
nascita e alla diffusione di migliaia di siti cattolici, 4 di blog, e, recentemente anche i temi di
fede hanno ritagliato un loro spazio nei social network.5 Non tutta la presenza cattolica nel
web, tuttavia, è qualificata e competente, come per altro accade in molti altri campi in
internet, ma, certamente, essendo un grande movimento di massa e popolare, il web
rappresenta una nuova agorà in cui potere proclamare il vangelo di Dio.
Dal nostro punto di vista o la Chiesa raccoglie la sfida del nuovo strumento o rischia
di perdere la possibilità di essere ascoltata dalle nuove generazioni.
A questo riguardo scrive mons. Jean-Michel di Falco Léandri, Vescovo di Cap e
d’Embrun, e Presidente della Commissione episcopale europea per i media:
«Con Internet, assistiamo a una rivoluzione copernicana che sta già producendo i suoi effetti sul
nostro modo di essere nella nostra relazione con il mondo, nel nostro collocarci nel mondo, nel nostro
interagire con il mondo. Qui si inserisce la presa di coscienza della Chiesa istituzionale riguardo
all'importanza di internet. Nessun dubbio. E a maggior ragione oggi. Ma saper navigare cavalcando
l’onda di internet è tutta un’altra storia.
Internet è un rivelatore, un evidenziatore. O sapete comunicare, o non sapete farlo, o siete credibili o
non lo siete, o rispondete alle attese o restate nella vostra bolla, o siete un profeta o siete l’ultimo dei
Mohicani, o siete vivi o siete dei fossili, o conoscete il linguaggio di internet o non lo conoscete e non
potete comunicare. Paragono spesso la modalità di presenza della Chiesa nel mondo dei media e in
internet a ciò che viene richiesto a un missionario che si accinge a partire per terre sconosciute». 6
1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno odierno
Negli ultimi decenni, numerosi sono stati gli autorevoli interventi magisteriali sugli
strumenti della comunicazione sociale e la nuova frontiera di internet. Precursore, anche in
questo caso, è stato Papa Giovanni Paolo II, con il messaggio per la XXXVI Giornata delle
4
Al 1 dicembre 2010 www.siticattolici.it, il maggiore portale dei siti cattolici, recensisce ben 13567 siti in
lingua italiana.
5
Al 1 giugno 2010 su Facebook, il più diffuso social network mondiale, segnala oltre 500 gruppi di
discussione in lingua italiana legati alla figura di Gesù Cristo.
6
J.M. DI FALCO LÉANDRI, Prolusione all’Assemblea plenaria della commissione del Consiglio delle
Conferenze episcopali d’Europa su “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”, 12 novembre
2009; http://www.zenit.org/article-20324?l=italian.
6
comunicazioni sociali, «Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo», 7 cui è seguita la
lettera apostolica «Il rapido sviluppo» del 21 febbraio 2005.8
Sulla stessa scia Papa Benedetto XVI ha pubblicato, in occasione della Giornata
Mondiale delle comunicazioni sociali, due messaggi: «Nuove tecnologie, nuove relazioni.
Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia»9 e il più recente «Il sacerdote e
la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola».10
In quest’ultimo testo, Papa Benedetto scrive:
«Ai sacerdoti è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al
messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai,
sempre più spesso, attraverso le tante voci scaturite dal mondo digitale, e annunciare il Vangelo
avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di
audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e
utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi». 11
Da segnalare, in questo contesto, il documento del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali su internet12 e l’intensa attività della Conferenza Episcopale Italiana,
in particolare con i convegni dedicati alla evangelizzazione attraverso il web: «Parabole
mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione» nel 2002 13 e il recente «Testimoni
digitali» del 2010. 14
In tutti questi documenti emerge un dato interessante: la Chiesa, il cui mandato è
l’annuncio del Vangelo, intende essere presente nel mondo del web per assolvere alla sua
missione con uno stile proprio, ponendosi in dialogo col vasto e complesso mondo di
internet.
Possiamo notare un’evoluzione di pensiero nella proposta pastorale della Chiesa
concernente i mezzi di comunicazione sociale a partire dal Concilio Vaticano II fino ad
oggi.15
7
GIOVANNI PAOLO II, Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo. Città del Vaticano, Libreria Editrice
Vaticana 2002.
8
ID., Il rapido sviluppo. Lettera Apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali (21 febbraio 2005),
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005.
9
BENEDETTO XVI, Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di
amicizia. Messaggio per la 43° Giornata delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, Libreria Editrice
Vaticana 2009.
10
ID., Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola Messaggio per la
44° Giornata delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2010.
11
ID., Il sacerdote…, 12.
12
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), Città del
Vaticano 2002, 6.
13
www.chiesacattolica.it/parabole/
14
www.testimonidigitali.it
15
Breve sintesi in: J.M., DI FALCO LEANDRI, Prolusione all’Assemblea plenaria della commissione del
7
Se, all’inizio, la Chiesa si preoccupa di richiamare gli operatori della comunicazione
sociale alle loro responsabilità etiche, ai loro doveri di carità e giustizia, visto l’enorme
influsso esercitato sulle masse dalle opinioni pubbliche,16 e invita i cattolici ad essere
presenti nel mondo dell’editoria, della cinematografia e della radiotelevisione,17
l’abbattimento di ogni frontiera e distinzione operata dal web porta la Chiesa ad essere
presente in prima linea nel mondo virtuale, cogliendo la potenzialità di uno strumento che
rende ogni tipo di informazione e di comunicazione fruibile ovunque in tempo reale, senza
costi, senza intermediari, senza barriere. Non è più solo la Chiesa nel suo aspetto
organizzativo ed istituzionale a occuparsi attivamente dei mezzi della comunicazione
sociale, ma ogni cristiano è chiamato a diventare evangelizzatore in rete.
Come scrive efficacemente il Pontefice Paolo VI riguardo ai nuovi strumenti per la
comunicazione: «la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore, se non adoperasse
questi mezzi per l’evangelizzazione». 18
1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione
Una delle caratteristiche del web e della fruizione di internet è la sua espansione
esponenziale e la sua potenzialità comunicativa che, ad oggi, sembra illimitata. Coloro che
vivono in presa diretta questa rapida evoluzione, resa possibile grazie al progresso dei mezzi
tecnologici, all’abbassamento dei costi degli stessi e all’implementazione delle reti di
connessione, parlano ormai di una seconda fase della comunicazione su internet.
Se la prima fase, quella degli esordi della prima metà degli anni ’90 del secolo
scorso,
19
rendeva possibile l’uso di informazioni presenti sui siti e la comunicazione fra i
soggetti attraverso la posta elettronica, la seconda fase, chiamata in gergo Web 2.0,20 è
caratterizzata da un forte incremento dell’aspetto dinamico e relazionale del web, grazie alla
nascita di chat, di blog, di forum, dalla diffusione dei social network, dalla possibilità di
Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa su “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”,
12 novembre 2009; http://www.zenit.org/article-20324?l=italian.
16
Inter mirifica, Decreto sugli strumenti della comunicazione sociale, n.8.
17
ID., n.14.
18
PAOLO VI, Esortazione Apostolica, Evangelii Nuntiandi, n. 45
19
La data di nascita del World Wide Web viene comunemente il 6 agosto 1991, giorno in cui l'informatico
inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web.
20
Gli scettici replicano che il termine Web 2.0 non ha un vero e proprio significato, in quanto questo dipende
esclusivamente da ciò che i propositori decidono che debba significare per cercare di convincere i media e gli
investitori che stanno creando qualcosa di nuovo e migliore, invece di continuare a sviluppare le tecnologie
esistenti, e gli preferiscono il termine New Web.
8
pubblicare sul web materiale audio e video. Si è passati, cioè, dalla fruizione statica del web
ad una spiccata interazione fra i navigatori della rete.
Per quanto indagato più specificatamente, i siti cattolici ufficiali, da quello del
Vaticano a quello della CEI, tendono a restare siti statici, molto articolati e ricchi di
informazioni, ma con pochissime possibilità di interazione; molti dei siti e delle realtà
cattoliche presenti sul web, nati spontaneamente negli ultimi anni, invece, hanno una
maggiore tendenza all’interattività.
Fra i siti di maggiore successo, meritano particolare attenzione quelli che, proprio in
nome dell’interazione, offrono materiale per la pastorale e raccolgono lo stesso materiale per
metterlo a disposizione di tutti.
È il caso del più famoso portale di materiale pastorale online italiano, qumran2.net,
che, con tre milioni e mezzo di accessi e oltre cinquantotto milioni di files scaricati, si pone
come capofila nella presenza dei cattolici in rete. Sul sito in oggetto, non è solo possibile
scambiare materiale per la pastorale, ma anche «dialogare» con riservatezza con un
sacerdote (oltre 800 a disposizione nella sezione preti online): è una nuova frontiera di
evangelizzazione che può portare molti frutti, anche se non è esente da qualche rischio. 21
Anche in ambito omiletico constatiamo la diffusione in rete di numerosi sussidi
informatici di predicazione, organizzati per tempo liturgico e di facile utilizzo da parte dei
presbiteri che vogliono trovare degli spunti di riflessione per la propria omelia domenicale o
da parte dei laici che vogliano leggere un’omelia diversa da quella udita durante la
celebrazione eucaristica cui partecipano abitualmente.
In genere si tratta di omelie redatte da parroci, da laici, da monasteri, da movimenti
ecclesiali, destinate anche a soggetti particolari (ai ragazzi, ad esempio): un materiale
variegato e di facile fruizione, gratuito e a disposizione di tutti. Un materiale presente in
grande abbondanza, che, di fatto, sta sostituendo i tradizionali sussidi di omiletica sinora
conosciuti.22
In questa grande varietà di scelta, tuttavia, è insito un rischio: quello di sminuire o di
vanificare il doveroso compito del pastore di attualizzare la Parola celebrata con la propria
comunità. Si segnalano, infatti, abusi di pastori che, a causa delle loro sempre maggiori
incombenze e forse anche di un poco di pigrizia mentale, giungono alla pessima abitudine,
21
Sui limiti dell’evangelizzazione in web che non può sostituirsi ad una comunità ecclesiale reale, cfr.
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), Città del
Vaticano 2002, 8.
22
Per dare una dimensione del fenomeno: solo sul sito www.qumran2.net, al 1 dicembre 2010, sono presenti
oltre 19000 omelie scaricabili gratuitamente, con una media di 60 diverse omelie per ogni domenica.
9
segnalata da molte persone, di salire all’ambone e leggere un’omelia scaricata da internet
pochi minuti prima della Celebrazione Eucaristica.
La nostra ricerca nasce proprio da questa duplice constatazione: da una parte la
massiccia presenza di omelie accessibili gratuitamente; dall´altra il loro sempre maggiore
utilizzo non come fonte di ispirazione, ma come testo immediatamente utilizzabile.
In relazione a quanto sopra, è nostra intenzione occuparci di alcune questioni che
nascono da una serie di interrogativi di vario ordine: le omelie fruibili su internet sono
valide? Seguono i criteri impostati dalla riflessione conciliare? Sviluppano l’esegesi
spirituale auspicata dal Concilio Vaticano II? 23 A partire dalla campionatura di alcune di
queste omelie, è possibile farsi un’idea dello stile e dei contenuti delle omelie che si
ascoltano nelle nostre chiese italiane? E a partire da quali criteri possiamo valutarne
l’efficacia? Che giudizio possiamo dare di questa innovativa forma di divulgazione che,
presumibilmente, si amplierà?
Dell’uso delle omelie in internet, della loro qualità, della loro potenzialità, dei loro
limiti, vuole parlare questa ricerca.
1.4 Metodologia del lavoro: dall’analisi delle indicazioni magisteriali e degli
apporti della scienza della comunicazione, alla scelta delle omelie da
analizzare, alla valutazione delle stesse.
La diffusione di internet nel mondo cattolico offre nuove opportunità di
evangelizzazione: nel vasto materiale pastorale a disposizione di chi accede alla rete ci
vogliamo occupare delle omelie.
Come muoverci, però, in questa ricerca?
Il nostro è un lavoro che si svolge nell’ambito della teologia pastorale.
La teologia pastorale è una disciplina teologica che, in base all'osservazione della
vita e delle azioni di una Chiesa particolare, elabora le teorie ritenute più opportune per
fornire i criteri d'intervento correttivo sulla prassi ecclesiale. Il suo oggetto ed il suo metodo,
quindi, non possono essere fatti derivare dalle altre discipline teologiche poiché richiedono
la comprensione della situazione umana nella sua particolarità storica, contingenza e
sviluppo sperimentale per elaborare criteri metodologici adatti ed efficaci.
23
DV , n.12.
10
Il suo metodo comportava, tradizionalmente, la applicazione di principi astratti a
situazioni specifiche (con certe abilità e virtù accessorie). Il pensiero contemporaneo tende,
però, ad abbracciare concezioni più dinamiche e dialettiche in cui non si mettono a
confronto i principi teologici, dedotti da altre discipline, ma, a partire dall’incontro della
dottrina con le situazioni concrete, si elaborano dei criteri per intervenire più efficacemente
sulla prassi.24
Nella universale e millenaria missione evangelizzatrice della Chiesa fisseremo lo
sguardo sull’omelia inserita nell’ambito proprio della liturgia.
Di fatto l’omelia resta lo strumento di evangelizzazione e di catechesi più diffuso in
Italia: studi recenti ci dicono che nel 1999 almeno il 43% degli italiani partecipava
all’eucarestia un paio di volte al mese (erano il 41% nel 1990); indicativamente oltre venti
milioni di italiani ascoltano una o più omelie nell’arco di un mese. 25 Che giudizio danno
delle omelie che ascoltano? Sono aiutati nella loro crescita di fede?
Si tratta, perciò, di un lavoro empirico, perché vogliamo partire dalle omelie
pubblicate in internet da autori diversi per compiere un lavoro di analisi; al contempo si
tratta di un lavoro critico, perché vogliamo tentare una valutazione sulla validità di tali
omelie.
Da un punto di vista metodologico, dovremo anzitutto tentare una definizione di
«omelia», a partire da criteri oggettivi che possano farci da punti di riferimento per
esprimere un giudizio. Proveremo a sintetizzare il percorso magisteriale dal Concilio in
avanti, attinente proprio l’omelia: documenti del Concilio, esplicitazioni successive,
documenti
inerenti
l’applicazione
della
riforma
liturgica,
documenti
inerenti
l’interpretazione della Parola di Dio. Ma, proprio perché la nostra è una ricerca svolta in
ambito pastorale, dovremo anche tener conto di ciò che le scienze umane, non solo la
teologia e le sue applicazioni, ci suggeriscono: in particolare quelle che hanno a che fare con
la comunicazione e con la sua efficacia.
Dai dati del Magistero e dai suggerimenti delle scienze della comunicazione, peraltro
già ampiamente recepite proprio nei documenti più recenti, elaboreremo qualche criterio di
valutazione oggettiva delle omelie presenti sul web.
24
Per una introduzione storica dello sviluppo della Teologia pastorale o pratica si veda MIDALI, M., Teologia
pastorale o pratica. Cammino storico di una riflessione fondante e scientifica, in ISTITUTO DI TEOLOGIA
PASTORALE DELLA FACOLTÀ DI TEOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA (edd.), Studi di Teologia
pastorale, LAS, Roma 1985, 112-135.
25
GARELLI, F., La Chiesa in Italia, Il Mulino, Milano 2007, nostra elaborazione.
11
2. L’omelia: definizione di criteri di validità
Posto quanto appena detto sugli obiettivi, affrontiamo subito il problema
metodologico di partenza: esistono dei criteri condivisi da usare per stabilire la validità di
un’omelia?
2.1 Un problema metodologico: l’assenza di una definizione sintetica,
comune e condivisa di “omelia”
A chi volesse conoscere con precisione in che cosa debba consistere un’omelia, salta
subito agli occhi l’assenza di un’unica definizione sintetica, comune e condivisa della stessa.
Se anche nella storia moltissime sono state le riflessioni su come debba essere un’omelia,
sul linguaggio da usare, sui temi da trattare, 26 lo studioso contemporaneo deve armarsi di
pazienza e attingere a diverse fonti per arrivare ad una definizione di omelia che sia quanto
più possibile condivisa.
A partire dalla riforma liturgica avviata dal Concilio Vaticano II che ha inteso
riformare anche l’omelia, senza, però, entrare troppo nello specifico, fino ai documenti
successivi e alle indicazioni dei libri liturgici, possiamo individuare un percorso che giunge
a tracciare una definizione che ci permetta di valutare in maniera critica il materiale
omiletico presente sul web?
Possiamo, inoltre, accanto ai criteri di ordine magisteriale, liturgico, esegetico, farci
aiutare dalle scienze della comunicazione sociale per stabilire quali tecniche comunicative
mettere in atto al fine di promuovere una comunicazione efficace?
Nel mondo della comunicazione e della forma, è illusorio supporre che solo il
contenuto sia sufficiente a coinvolgere l’uditore contemporaneo, abituato e talora assuefatto
ad una comunicazione emozionale, impattante, coinvolgente che, spesso, esalta la forma a
scapito del contenuto ed è perciò essenziale elaborare dei criteri di validità riguardanti la
forma dell’omelia.
Perciò, come primo passo della nostra ricerca, stabiliremo una serie di criteri
obiettivi per la valutazione delle omelie prese in esame.
26
Si confrontino, ad esempio, i contributi raccolti in SODI, M., TRIACCA, A., (edd.), Dizionario di omiletica,
LDC-Velar, Leumann-Bergamo 20022, soprattutto nelle voci che parlano della storia dell’omelia. Vedi anche
BISCONTIN, C., Predicare oggi: perché e come, Queriniana, Brescia, 2001, 43-106.
12
 Saranno criteri di tipo magisteriale, dedotti dal Concilio Vaticano II e dal documento
elaborato in vista del terzo millennio: «Il presbitero, maestro della parola, ministro
dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio», 27 che ci dicano
in cosa deve consistere l’omelia e che tengano conto delle nuove potenzialità della
comunicazione e dei suoi strumenti;
 criteri di tipo liturgico, attingendo alle indicazione contenute delle nelle introduzioni
al Messale Romano28 e al Lezionario29 e cogliendo anche alcuni suggerimenti
dell’ormai quarantennale esperienza della riforma liturgica;
 criteri di tipo esegetico: i) a partire dai documenti «Il popolo ebraico e le sue sacre
scritture nella Bibbia cristiana», 30 «L’interpretazione della Bibbia nella vita della
chiesa»,31 dall’autorevole e recente Esortazione apostolica post-sinodale «Verbum
Domini»,32 frutto del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio;33 ii) distinguendo il
tipo di approccio esegetico (storico critico, simbolico, narrativo, retorico) degli autori
delle omelie prese in esame;
 criteri, infine, che attingano dalla scienza delle comunicazioni sociali sapendo bene
che la forma della comunicazione, oggi, riveste un’importanza decisiva.34
Ma, prima, dobbiamo provare a leggere la realtà ecclesiale che stiamo vivendo, e
tenere conto del giudizio severo che la maggior parte del popolo di Dio esprime riguardo
alle omelie nelle celebrazioni cui partecipa, al punto da far dire al Relatore Generale del
recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio:
«Nonostante la riforma di cui l’omelia è stata oggetto al Concilio, sperimentiamo ancora
l’insoddisfazione di molti fedeli nei confronti del ministero della predicazione. Questa insoddisfazione
spiega in parte la fuga di molti cattolici verso altri gruppi religiosi». 35
27
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la
comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999.
28
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 19832.
29
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Lezionario domenicale e festivo, vol.1, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2007.
30
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001.
31
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa, Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 1993.
32
BENEDETTO XVI, Verbum Domini. Esortazione apostolica postsinodale, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2010.
33
XII ASSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI : «La Parola di Dio nella vita e nella Missione della
Chiesa», Roma, 6 - 26 ottobre 2008.
34
Cfr.: CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida
per la comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999, n.2.
13
Se la Chiesa fatica a coinvolgere i suoi figli nel cammino di fede, uno dei temi
dolenti è proprio la scarsa qualità della predicazione durante le assemblee eucaristiche.
2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi
Il Concilio ha voluto affrontare il tema della liturgia dalle radici e ha collegato il
momento omiletico all’atto liturgico nel suo complesso, legandolo intimamente alla Parola
di Dio appena proclamata, alla liturgia e alla storia della salvezza.
A quarant’anni dall’applicazione della riforma, però, molte cose sono ancora da fare
e uno degli aspetti più problematici riguarda proprio l’omelia. L’insoddisfazione dei fedeli
nei confronti dell’omelia rappresenta un punto di criticità anche per i vescovi come abbiamo
appena letto; ne troviamo inoltre conferma a partire dall’esperienza quotidiana e dalle
ricerche che si stanno compiendo sul tema.
Basta girare l’Italia e partecipare ad alcune celebrazioni eucaristiche per farsi un’idea
purtroppo negativa della qualità delle omelie che si ascoltano.36
Nelle nostre chiese generalmente ci si imbatte in omelie che non hanno alcuna
attinenza con le letture appena proclamate, altre che abbondano di forzature
sentimentalistiche con l’uso improprio di aggettivi ridondanti e di iperboli, facendo
sembrare l’omelia una recita impropria ed eccessiva. Altrove ci si imbatte in pericolosi
cedimenti nei confronti del devozionismo, mettendo sullo stesso piano la proclamazione
della Parola di Dio e la sana tradizione della Chiesa con le forme devozionali più discutibili.
Ancora, si assiste ad omelie eccessivamente didattiche, con il celebrante più preoccupato di
far sfoggio della propria cultura che della comprensione profonda del mistero, che tratta gli
uditori come degli studenti di teologia o, peggio, come degli irriducibili ignoranti da istruire.
Non mancano nelle odierne omelie derive moralistiche, con generalizzazioni o prescrizioni
massimaliste, perentorie, al punto che nel linguaggio contemporaneo il termine «predica» ha
assunto una connotazione fortemente negativa, di inutile rimbrotto. Omelie troppo lunghe, 37
troppo noiose, autoreferenziali che poco hanno a che vedere con la vita reale, se non per
35
OUELLET, M., Relatio ante disceptationem, XII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in GIRAUDO,
C., Aiutare l’assemblea ad ascoltare la Parola, RL 6 (2008), 984-985.
36
Prendo questa impietosa analisi da BISCONTIN, C., Predicare, 9-23. Molto interessante, sullo stile
celebrativo, l’articolo di SANTANTONI, A., L’arte del celebrare: uno stile per comunicare in AA.VV., L’arte del
celebrare, Atti della XXVII Settimana di studio dell’Associazione Professori di Liturgia, CLV, Roma 1999, 7690, che analizza gli eccessi degli stili celebrativi, non solo limitati all’omelia.
37
Quanto deve essere lunga una buona omelia? Riflessione interessante ed esaustiva in SODI, M., Tempo
dedicato alla predicazione oggi in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1546-1548.
14
giudicarla in malo modo, senza speranza, senza una reale e percorribile possibilità di
cambiamento e di conversione.
Conclude, sconsolato, il direttore della rivista «Servizio della Parola»:
«Un discorso che voglia essere seguito e trovato interessante deve avere un riferimento preciso a ciò
che gli ascoltatori sperimentano come rilevante nella loro esistenza, Essi vivono gioie e dispiaceri,
speranza e delusioni, successi e sconfitte, preoccupazioni e attese (…). In che rapporto sta l’omelia
che essi stanno ascoltando con queste loro passioni? Vi trovano una qualche luce, un conforto, un
sostegno, una speranza, un incoraggiamento? È la relazione tra i contenuti e i modi dell’omelia da una
parte e le dimensioni reali dell’esistenza di chi l’ascolta dall’altra che determina la serietà e l’interesse
dell’omelia».38
Un giudizio severo, insomma, confermato anche dagli studi più scientifici.
L’impressione generale che se ne ricava è quella di omelie con una scarsa qualità
religiosa. In molte di esse il cammino di fede del fedele non è l’orizzonte in cui far vibrare la
Parola di Dio e la celebrazione, e la pessima padronanza del processo comunicativo ne
sviliscono il contenuto. Alcuni celebranti operano una inutile complicazione del linguaggio,
applicando all’omelia il processo del ragionamento teologico, sconosciuto ai più, e usando
termini incomprensibili, tecnici, o desueti, un vero e proprio «ecclesialese». 39
Nell’interessante studio sociologico che ha coinvolto tutte le Diocesi della Regione
Ecclesiastica Piemontese sulla recezione della riforma liturgica40 ad esempio, emerge un
dato che fa molto riflettere, ed è il giudizio dei fedeli nei confronti dell’omelia.
«Sulla questione dei contenuti omiletici l’inchiesta è esplicita (…). Pare che la nostra omiletica non
esca malconcia, ottenendo un sostanziale indice di gradimento pari al 68,8%, raccolto più fra i ceti
culturalmente modesti che fra quelli più impegnati. Tale indice è in parte confermato dalle risposte
alle domanda: “In che misura è presente l’attenzione durante l’omelia?”. Un buon 49,8% risponde
“molto” (…). Tuttavia questo guizzo di ottimismo si ridimensiona perché il 45,7% risponde «poco» e
il 4,5% risponde “nulla”. Una percentuale così poco marcata ci dice che nelle nostre omelie c’è
almeno qualcosa da rivedere». 41
Peggio: per quanto riguarda l’omelia durante il Rito delle Esequie (domanda n. 45) il
91,4% dei Presbiteri dice che si propone un’omelia ben centrata sulla Parola e sull’Evento
38
BISCONTIN, C., Predicare, 23.
Provocatorie le «Dieci regole per non farsi capire, parlando in ecclesialese» in: BERETTA, R., Il piccolo
ecclesialese illustrato, Ancora, Milano 2000, 67-78.
40
CRAVERO, D. (ed.), Una riforma in cammino, Effatà, Torino 2007.
41
ALBERTAZZI, A., Indicazione al presbitero riguardo alla presidenza e all’omelia, in CRAVERO, D. (ed.), Una
riforma in cammino, Effatà, Torino 2007, 111.
39
15
Pasquale, ma solo il 59,9% dei fedeli se ne accorge. Anzi, quando si chiede se l’omelia
include elogi funebri e riferimenti anche molto personali, risponde di «sì» il 51,1% dei fedeli,
ma solo il 23,3% dei Presbiteri lo ammette. 42
Sembra che il giudizio sul proprio operato fra chi predica e chi ascolta, sia molto
diverso. Probabilmente questa distanza deriva dalla formazione dei presbiteri maggiormente
incentrata sul contenuto che non sulla forma, e sulla loro scarsa competenza in ambito
comunicativo. Scrive Biscontin:
«Sulla base della presunzione che chi ha qualcosa di valido da dire troverà spontaneamente anche il
modo migliore per comunicarlo, il tempo dedicato all’efficacia comunicativa o è assente o è molto
scarso. (…) La povertà di una certa preparazione retorica, teorica e pratica, nel curriculum di studi dei
futuri preti, aggravatasi dopo la riforma conciliare e solo di recente un po’ riconsiderata, fa sentire
tutto il suo peso». 43
Una cosa è evidente: l’omelia necessita di una ridefinizione e i percorsi formativi dei
seminari devono riconsiderare la formazione liturgica riguardanti questo aspetto.
Proviamo, ora, ad elaborare dei criteri oggettivi che ci permettano di valutare
criticamente le omelie presenti in internet.
2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero
2.3.1 La riflessione del Concilio Vaticano II
Proprio il Concilio, mettendo a frutto i risultati del movimento liturgico, degli studi
patristici e storico-teologici, ha dato vita ad una grande riforma liturgica che ha rivisitato
anche il tema dell’omelia. Di essa ha indicato la natura (è parte dell’azione liturgica), le fonti
(la Scrittura, la liturgia e la storia della salvezza), gli obiettivi (la presentazione dei misteri
della fede e le norme della vita cristiana) e l’uso (non deve omettersi nelle domeniche e nei
giorni festivi).44
Il testo di riferimento è la SC che recita:
«Si raccomanda vivamente l'omelia, che è parte dell'azione liturgica. In essa nel corso dell’anno
liturgico vengano presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana, attingendoli dal testo
42
Dati rilevati dai risultati dell’indagine della Commissione Liturgica Piemonte e Valle d’Aosta: La recezione
della Riforma liturgica in Piemonte e Valle d’Aosta, Pro Manuscripto.
43
BISCONTIN, C., Predicare, 20.
44
Ibi 105/106.
16
sacro. Nelle messe della domenica e dei giorni festivi con partecipazione di popolo non si ometta
l'omelia se non per grave motivo». 45
E aggiunge:
«La predicazione poi attinga anzitutto alle fonti della sacra Scrittura e della liturgia, poiché essa è
l’annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo, mistero
che è in mezzo a noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche». 46
L’omelia è inserita all’interno della celebrazione liturgica, ne fa parte, è in intima
comunione con quanto si sta celebrando, perciò è obbligatoria durante le liturgie festive. Se
fa parte della celebrazione, è l’intera liturgia che esprime e manifesta il mistero di Dio: non
può esserci un’omelia straordinaria in una celebrazione sciatta, o un pontificale solenne
senza un’omelia che richiami quanto si sta celebrando. A chi non è successo di ascoltare
un’omelia sovrabbondante, aulica, degna della migliore retorica, salvo poi assistere allo
spettacolo deprimente del celebrante che, per stare nei tempi, ha svilito il resto della
celebrazione, consacrazione compresa, correndo sulle parole con una fretta urtante?
La finalità della predicazione è quella di spiegare ed approfondire «i misteri
essenziali della fede», attingendo dalla Parola di Dio e dalla liturgia stessa che annunzia le
mirabili opere di Dio nella storia della salvezza e, aggiungiamo, nella storia della comunità
che celebra e del fedele che vi partecipa. I «misteri essenziali della fede», non le devozioni
particolari del predicatore. I «misteri essenziali della fede», non le appendici, le sfumature
incomprensibili ai più, le dispute teologiche, le raffinatezze esegetiche.
Il Concilio richiama il criterio della gerarchia delle verità: non tutto, nel deposito
della fede, è importante allo stesso modo.47 L’attenzione del buon omileta su questo aspetto
lo spinge a capire a quale uditorio si sta rivolgendo, se questi possiede l’essenziale della
fede, capisce le parole che si usano, ha chiari i concetti basilari della fede. L’esperienza ci
dice che questo non accade più: l’utenza media delle nostre comunità, salvo rare e lodevoli
eccezioni, è composta da persone che non hanno alcuna formazione specifica riguardo alla
fede se non qualche vago ricordo della catechesi per l’iniziazione cristiana. Senza scivolare
nel didatticismo, è essenziale usare termini comprensibili alla nostra cultura, non perdersi
dietro a troppo sottili questioni teologiche, quasi sempre conosciute e capite solo
45
SC, n.52.
SC, n.35.
Leggiamo nell’Unitatis Redintegratio, 2, 11: «Nel mettere a confronto le dottrine [i teologi] ricordino che
esiste un ordine o “gerarchia” nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento
della fede cristiana ».
46
47
17
dall’omileta; nello stesso tempo occorre andare sempre all’essenziale della fede, lasciando le
questioni secondarie ad altro momento. La Parola e la liturgia annunciano le mirabili opere
di Dio per l’uomo, non passano il tempo a rimbrottare l’uomo perché non vede queste
meraviglie! L’eccesso di moralismo è molto diffuso nelle nostre omelie: la prospettiva
suggerita dal Concilio è, invece, quella di partire dall’iniziativa di Dio, non dalla eventuale
mancanza dell’uomo. Nessuno si converte a partire dal negativo, ma solo indicando la Terra
Promessa di una nuova umanità.
Al centro dell’omelia è posta anzitutto, ma non in maniera esclusiva, la Scrittura:
«Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono
le letture che vengono poi spiegate nell'omelia e i salmi che si cantano; del suo afflato e del suo spirito
sono permeate le preghiere, le orazioni e i carmi liturgici; da essa infine prendono significato le azioni
e i simboli liturgici. Perciò, per promuovere la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra
liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è
attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali». 48
Per meglio specificare l’intenzione della riforma, il Consilium per l’applicazione
della Costituzione della Sacra liturgia, nel documento applicativo La sacra liturgia del 1964,
completa così:
«Per omelia, da tenersi dal testo sacro, si intende la spiegazione di qualche aspetto delle letture della
Sacra Scrittura, o di altri testi dell’ordinario o del proprio della messa del giorno, tenendo in debito
conto il mistero celebrato e le particolari esigenze degli ascoltatori». 49
Il riferimento alla Scrittura rimane dunque centrale, ma non unico: l’omileta può
attingere dai testi eucologici e dal proprio per creare connessioni e rapporti di relazione fra
omelie e liturgia.
La succinta eppure profonda definizione di SC pone un serio problema alla validità
delle omelie in internet e, in generale, dei sussidi omiletici: essi sono necessariamente
generici, non conoscono la storia delle persone radunate in quella comunità e che stanno
celebrando quella specifica eucarestia. Le omelie pensate da altri, anche da grandi e capaci
omileti, avendo come riferimento un’altra comunità, la propria, devono necessariamente
essere mediate ed integrate con la concreta liturgia che si sta celebrando. Altro è predicare in
una numerosa comunità popolare di una grande periferia, altro farlo ad un gruppo di
religiose riunite per il ritiro mensile.
48
49
SC, n. 24.
BISCONTIN, C., Predicare, 29.
18
2.3.2 I documenti successivi
La riforma liturgica attuata dal Concilio ha avuto bisogno di molto tempo per entrare
a regime, apportando le dovute correzioni e creando una mentalità liturgica che a 40 anni di
distanza sembra ancora essere in cammino.50
Quella che è stata definita «la più colossale e rapida riforma di tutti i tempi», 51 aveva
prodotto, nel 1980, la maggior parte dei testi liturgici, sia in latino che nella traduzione
italiana, con riferimenti all’omelia che vedremo più sotto.
Il documento forse più interessante per la nostra ricerca è, come indicato, «Il
presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del
terzo millennio».
In esso troviamo una riflessione che vale la pena di riportare integralmente:
«I presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei Vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunziare a
tutti il Vangelo di Dio, affinché (...) possano costruire e incrementare il Popolo di Dio. Proprio perché
la predicazione della Parola non è mera trasmissione intellettuale di un messaggio, ma «potenza di
Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16), attuata una volta per sempre in Cristo, il suo
annuncio nella Chiesa richiede, negli annunciatori, un fondamento soprannaturale che garantisca la
sua autenticità e la sua efficacia. La predicazione della parola da parte dei ministri sacri partecipa in
un certo senso del carattere salvifico della Parola stessa non per il semplice fatto che essi parlino del
Cristo, bensì perché annunciano ai loro uditori il Vangelo, con il potere di interpellare, che proviene
dalla loro partecipazione alla consacrazione e missione dello stesso Verbo di Dio incarnato.
All'orecchio dei ministri risuonano ancora quelle parole del Signore: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi
disprezza voi, disprezza me» (Lc 10,16), e possono dire con Paolo: «noi non abbiamo ricevuto lo
spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose
noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito,
esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1Cor 2, 12-13). La predicazione rimane così
configurata come un ministero che sgorga dal sacramento dell'Ordine e che si svolge per autorità di
Cristo. Tuttavia la forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri.
Mentre nell'amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato
del ministro può impedire il frutto della grazia, esistono molti altri atti in cui l’impronta umana del
ministro acquista una notevole importanza. Tale impronta può giovare, ma anche nuocere, alla
fecondità apostolica della Chiesa. Sebbene il carattere di servizio debba impregnare l'intero munus
pastorale, esso risulta particolarmente necessario nel ministero della predicazione, perché quanto più
il ministro diventa veramente servo della Parola, e non il suo padrone, tanto più la Parola può elargire
50
GRILLO, A., “Ciò che non muore e ciò che può morire” della Riforma liturgica. Un bilancio in prospettiva,
in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma in cammino, Effatà, Torino 2007, 59-73.
51
ALBERTAZZI, A., Perché un’inchiesta?, in ID., Una riforma, 11.
19
la sua efficacia salvifica». 52
Il documento richiama il presbitero sia alla natura profonda del suo ministero di
evangelizzatore sia a considerare la predicazione con particolare attenzione: se
nell’amministrazione dei sacramenti egli può fare affidamento sull’efficacia garantita
dall’azione dello Spirito Santo, nella predicazione l’azione umana rischia di prevalere e,
addirittura, di arrecare danno alla fecondità apostolica. Il testo intende probabilmente
richiamare i presbiteri al rischio di protagonismo, presente soprattutto nella celebrazione e
nello specifico, nell’omelia: essi sono servi della Parola, non i padroni della stessa. Il
richiamo all’importanza di questa sottomissione mette al centro della predicazione la Parola
e non chi l’amministra. È una profonda lettura teologica, quella che viene fatta: l’omelia non
deriva dall’abilità dell’omileta, ma da quanto egli si mette in ascolto della Parola, per
spezzarla al suo popolo.
Riguardo alle fonti dell’omelia riprendendo le indicazione conciliari il documento
dice:
«Logicamente la fonte principale della predicazione deve essere la Sacra Scrittura, profondamente
meditata nell’orazione personale e conosciuta attraverso lo studio e la lettura di libri adeguati.
L’esperienza pastorale insegna che la forza e l’eloquenza del Testo sacro muovono profondamente gli
ascoltatori. Gli scritti dei Padri della Chiesa e di altri grandi autori della Tradizione insegnano a
penetrare e a far comprendere ad altri il senso della Parola rivelata, lungi da ogni forma di
«fondamentalismo biblico» o di mutilazione del messaggio divino. La pedagogia con cui la liturgia
della Chiesa legge, interpreta e applica la Parola di Dio nei diversi tempi dell’anno liturgico, dovrebbe
anche costituire un punto di riferimento per la preparazione della predicazione». 53
La Parola di Dio resta il centro dell’omelia, ma la sua spiegazione è possibile solo se
il presbitero la medita e la prega, ne approfondisce lo studio anche a partire dalle riflessioni
dei Padri della Chiesa. Egli deve evitare di cadere nel fondamentalismo biblico o di
mutilarne il messaggio. Il documento propone di inserirsi nella grande tradizione della
Chiesa e invita il presbitero, richiamando la sua vocazione, a meditare e pregare lui per
primo la Parola di cui è servo e che deve poi condividere con la propria comunità.
Il documento, inoltre, in maniera inattesa e innovativa rispetto ai testi conciliari, è
consapevole dell’importanza della forma della comunicazione:
«Risulta essere di notevole importanza per il sacerdote la cura anche degli aspetti formali della
52
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la
comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999, cap. II, 1.
53
Ibi, II,1.
20
predicazione. Viviamo nell’era dell’informazione e della rapida comunicazione, in cui siamo tutti
abituati ad ascoltare e a vedere apprezzati professionisti della televisione e della radio. In un certo
modo, il sacerdote, che pure è un particolare comunicatore sociale, entra in pacifica concorrenza con
essi dinanzi ai fedeli quando trasmette un messaggio, il quale richiede di essere presentato in maniera
decisamente attraente. Oltre a saper sfruttare con competenza e spirito apostolico i «nuovi pulpiti»,
che sono i mezzi di comunicazione, il sacerdote deve, soprattutto, fare in modo che il suo messaggio
sia all’altezza della Parola che predica. I professionisti dei mezzi audiovisivi si preparano bene per
compiere il loro lavoro; non sarebbe certo esagerato che i maestri della Parola si occupassero con
intelligente e paziente studio a migliorare la qualità «professionale» di questo aspetto del ministero». 54
Due sono le preoccupazioni di questo testo: la «professionalità» comunicativa del
presbitero affinché la sua parola sia all’altezza della Parola, e la positività e l’amabilità del
suo linguaggio, senza, però, mai sottrarsi alla verità che può convertire i cuori ostinati.
L’attenzione al linguaggio, finora assente dai documenti ufficiali, diventa una
preoccupazione principale del Magistero: nell’epoca della comunicazione di massa, il
linguaggio deve essere all’altezza del messaggio proclamato.
Frutto del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio,55 la recente Esortazione apostolica
VD, dedica alcuni paragrafi al rapporto esistente fra Parola di Dio e Liturgia, 56 alla
sacramentalità della Parola,57 al rapporto esistente fra Sacra Scrittura e Lezionario.58
Il Santo Padre richiama e sintetizza quanto detto nei precedenti documenti dal
Magistero, a partire dal Concilio Vaticano II, ribadendo l’estrema importanza della Parola di
Dio all’interno dell’azione liturgica:
«Esorto quindi i Pastori della Chiesa e gli operatori pastorali a fare in modo che tutti i fedeli siano
educati a gustare il senso profondo della Parola di Dio che si dispiega nella liturgia durante l’anno,
mostrando i misteri fondamentali della nostra fede».59
L’esortazione si occupa nello specifico della natura e della finalità dell’omelia,
giungendo a descrivere e a stigmatizzare gli errori più frequenti nella predicazione:
«L’omelia costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano
indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita. Essa deve
condurre alla comprensione del mistero che si celebra, invitare alla missione, disponendo l’assemblea
alla professione di fede, alla preghiera universale e alla liturgia eucaristica. Di conseguenza, coloro
54
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,2.
XII ASSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI: «La Parola di Dio nella vita e nella Missione della
Chiesa», Roma, 6 - 26 ottobre 2008.
56
VD, n. 52-55.
57
Ibi, 56.
58
Ibi, 57.
59
Ibi, 59.
55
21
che per ministero specifico sono deputati alla predicazione abbiano veramente a cuore questo compito.
Si devono evitare omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come
pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del
messaggio evangelico. Deve risultare chiaro ai fedeli che ciò che sta a cuore al predicatore è mostrare
Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia. Per questo occorre che i predicatori abbiano
confidenza e contatto assiduo con il testo sacro; si preparino per l’omelia nella meditazione e nella
preghiera, affinché predichino con convinzione e passione». 60
Per agevolare il sacerdote nella preparazione dell’omelia in riferimento al
Lezionario, il Santo Padre, su sollecitazione dei vescovi, chiede alle autorità competenti
l’elaborazione di un Direttorio omiletico, in relazione al Compendio eucaristico. 61
2.3.3 L’omelia: il riconoscimento dell’azione di Dio nella storia e nella storia della
comunità celebrante.
A partire dal Magistero, quindi, abbiamo una prima definizione interessante
dell’omelia: essa fa parte dell’azione liturgica e, attingendo alla Parola di Dio e alla liturgia
che si celebra, vuole aiutare il fedele a riconoscere l’azione salvifica di Dio nella storia, nel
vissuto della comunità celebrante e nelle vicende personali di ogni cristiano. Affinché questa
azione sia efficace, il predicatore si mette al servizio della Parola di Dio che conosce e
medita, la fa propria per poi restituirla con una comunicazione positiva e amabile, affinché
la sua parola sia all’altezza della Parola che proclama.
Di queste indicazione terremo conto nella valutazione delle omelie in internet.
2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia
Riformando la Liturgia, il Concilio ha inteso ricondurre al suo significato profondo
l’azione orante delle Chiesa. La SC abbozza una definizione di Liturgia, ma non ne fa il
cuore del suo discorso: il Concilio non ha voluto impegnarsi in una definizione tecnica e
nemmeno ha voluto formulare una teologia speculativa sulla natura della liturgia. Il testo
conciliare propone una riflessione sul contenuto dell’azione celebrativa intorno ad alcune
60
61
Ibi, 59.
Ibi, 60.
22
linee dottrinali di principio ritenute fondamentali per una adeguata comprensione della
liturgia.
Sono sostanzialmente due le acquisizioni proprie della SC: l’avere innanzi tutto
ricollocato la liturgia nel contesto storico-salvifico che le è proprio, permette di leggere più
chiaramente il centro della liturgia nel suo riferimento cristologico e pasquale. Questo spazio
consente di cogliere l’esperienza sacramentale come il luogo fontale dell’identità profonda
della Chiesa e quindi del credente: la liturgia è «culmen et fons» (SC 10) della vita della
Chiesa. In secondo luogo abbiamo una rilettura globale della liturgia nella riscoperta della
sua natura ecclesiale. Non poche volte risuonano all’interno della costituzione i termini
«comunione», «comunità», «assemblea del popolo di Dio» in cui la Chiesa viene presentata
come il popolo in cui prende corpo l’alleanza e quindi la presenza e il dono che è Gesù
Cristo. La liturgia in questa dimensione è di nuovo riaffidata alle Chiese che la celebrano:
l’adattamento e l’inculturazione sono il segnale forte di questo cambiamento.62
In questo spirito, possiamo recepire la novità apportata dal Messale Romano e dal
Lezionario riguardo all’omelia.
2.4.1 Il Messale Romano
Nei «Principi e norme per l'uso del Messale Romano», 63 troviamo alcune preziose
indicazioni che approfondiscono le direttive già espresse dal Concilio:
«Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella
sua parola, annunzia il Vangelo. Per questo, le letture della parola di Dio, che costituiscono un
elemento importantissimo della Liturgia, si devono ascoltare da tutti con venerazione. E benché la
parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi
intelligibile, tuttavia la sua efficacia viene accresciuta da un’esposizione viva e attuale, cioè
dall’omelia, che è considerata parte dell’azione liturgica». 64
E, più oltre, leggiamo:
«Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano, costituiscono la parte
principale della Liturgia della Parola; l’omelia, la professione di fede e la preghiera universale o
preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate
62
Per una sintesi dell’impostazione della SC si veda: CATELLA, A., Lo sfondo dell’inchiesta. La recezione della
Riforma Liturgica, in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma, 39-57.
63
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 19832.
64
Ibi, n.9.
23
nella omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre
un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente per mezzo della sua parola, tra i fedeli. Il popolo fa
propria questa parola divina con i canti e vi aderisce con la professione di fede; così nutrito, prega
nell’orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero». 65
La funzione dell’omelia è quella di rendere intellegibile a tutti la Parola appena
proclamata e di renderla viva, attualizzandola. Non si tratta, cioè, di fornire una spiegazione
esegetica all’assemblea, quanto piuttosto una attualizzazione che la faccia risuonare nella
concreta vita del fedele. L’omelia fa un tutt’uno con la Parola appena proclamata, si pone al
servizio dell’azione liturgica, diventa, in un certo senso, un segno “sacramentale” della
Parola stessa, che diventa il nutrimento spirituale per Dio al suo popolo. 66
La liturgia ha in alta considerazione l’omelia, che, serva della Parola appena
proclamata, ha il difficile compito di rendere attuali e vive le letture appena proclamate. La
Parola è intellegibile, è nella sua natura esserlo, ma la sua efficacia è accresciuta proprio
dalla sua ripresa nell’omelia.
La preoccupazione dell’omileta sarà quindi creare un ponte fra la Parola e il fedele,
perché la Parola risulti viva e attuale nella vita dell’uditore e nella propria.
2.4.2 Il lezionario
Nell’introduzione al Lezionario festivo il tema dell’omelia è ripreso ed approfondito.
Vi leggiamo:
«Colui che presiede svolge un compito suo proprio ed esercita il ministero della Parola di Dio anche
quando pronunzia l’omelia. Con essa infatti egli guida i fratelli a intendere e a gustare la Sacra
Scrittura: apre il cuore dei fedeli al rendimento di grazie per i fatti mirabili da Dio compiuti; alimenta
la fede dei presenti per ciò che riguarda quella parola che nella celebrazione, sotto l’azione dello
Spirito Santo, si fa sacramento, li prepara infine ad una fruttuosa comunione e li esorta ad assumersi
gli impegni della vita cristiana». 67
Viene nuovamente affermata l’intima unione fra Parola di Dio e omelia. Esse sono
parte dello stesso ministero sostenuto dall’azione dello Spirito. Riprendendo e ampliando i
concetti della SC e del Messale, oltre ad attualizzare rendere viva la Parola di Dio e
introdurre al mistero di Cristo, l’omileta si preoccupa di far gustare la Sacra Scrittura per
65
Ibi, n.9.
Sulla funzione «sacramentale» dell’omelia: BISCONTIN, C., Predicare, 26.
67
OLM, n.41.
66
24
aprire il cuore dei fedeli al rendimento di grazie per i fatti mirabili di Dio e per riconoscere
che la Parola si fa sacramento, si dona con frutto al fedele che accogliendola può assumersi
l’impegno della vita cristiana. Il testo mette in rilievo l’efficacia della Parola accolta nello
Spirito Santo e collega la Parola udita con il sacramento dell’eucarestia e la vita cristiana.
«L’omelia della celebrazione della messa ha lo scopo di far sì che la proclamazione della Parola di
Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica, quasi un annunzio delle mirabili opere di Dio nella
storia della salvezza, ossia del mistero di Cristo. (…) Pertanto l’omelia, sia che spieghi la parola di
Dio annunciata nella Sacra Scrittura o un altro testo liturgico, deve guidare la comunità dei fedeli a
partecipare attivamente all’eucarestia, perché essi esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto
mediante la fede».68
Ancora il testo invita a collegare la Parola di Dio con la liturgia eucaristica: la
finalità dell’omelia e quella di far partecipare attivamente il fedele alla celebrazione per poi
portare nella vita quello che ha ricevuto nella fede. La preoccupazione della partecipazione
attiva del fedele, ampiamente presente nella SC, è ancora al centro della riforma: nella
liturgia eucaristica, la Parola, attualizzata e resa viva dall’omelia, illumina il mistero
celebrato e aiuta il fedele a crescere nella vita cristiana anche al di fuori del contesto
liturgico.69
L’attenzione, poi, si sposta sull’omileta e su alcune preoccupazioni sulla forma
dell’omelia:
«Con questa viva esposizione, la proclamazione della parola di Dio e le celebrazioni della Chiesa
possono ottenere una maggiore efficacia a patto che l’omelia sia davvero frutto di meditazione, ben
preparata, non troppo lunga né troppo breve, e che in essa ci si sappia rivolgere a tutti i presenti,
compresi i fanciulli e la gente semplice». 70
L’esposizione «viva» rende la Parola e la celebrazione più efficace, ad una
condizione: che l’omileta la prepari nella meditazione, che sia nei tempi giusti, che non usi
68
OLM, n.24.
Numerosi i riferimenti alla «partecipazione attiva» nella SC: «Le azioni liturgiche non sono azioni private,
ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioé popolo radunato e ordinato sotto la guida dei
Vescovi. Perciò tali azioni appartengono all'intero Corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i
singoli membri poi vi sono interessati in modo diverso, secondo la diversità degli stati, degli uffici e
dell'attuale partecipazione (26). Più avanti: Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni
del popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo.
Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio» (n.30). E, ancora: «La Chiesa si preoccupa vivamente che i
fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma comprendendolo bene per
mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente ed attivamente; siano
istruiti nella parola di Dio; si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo
l'ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui imparino ad offrire se stessi...»
(n.48).
70
OLM, n.24.
69
25
linguaggi tecnici o inaccessibili, che riesca, cioè, a farsi capire anche dai fanciulli e dalla
gente semplice. È uno dei nodi cruciali della riflessione sull’omelia: non basta indicare le
fonti da cui attingere la riflessione (Sacra Scrittura appena proclamata, testi eucologici), né
indicare la finalità dell’omelia (rendere viva e attuale la Parola, introdurre al mistero di
Cristo e a quello eucaristico, far crescere la vita cristiana): è indispensabile che il celebrante
faccia sua quella Parola, la prepari, la curi anche nell’esposizione. Già si intravvede la
direzione in cui andrà la successiva riflessione: la verità della celebrazione e l’attenzione al
linguaggio da usare.
Rispetto al contenuto dell’omelia e della lettura canonica dei testi il Sommo
Pontefice, nella sua recente Esortazione apostolica, ribadisce l’importanza del corretto uso
del Lezionario, strumento fondamentale dell’omileta:
«Vorrei fare riferimento innanzitutto all’importanza del Lezionario. La riforma voluta dal Concilio
Vaticano II ha mostrato i suoi frutti arricchendo l’accesso alla sacra Scrittura che viene offerta in
abbondanza, soprattutto nelle liturgie domenicali. L’attuale struttura, oltre a presentare
frequentemente i testi più importanti della Scrittura, favorisce la comprensione dell’unità del piano
divino, mediante la correlazione tra le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento, incentrata in Cristo
e nel suo mistero pasquale». 71
2.4.3 L’omelia: attualizzare, rendere viva la Parola celebrata
A partire dal Concilio, lo sviluppo della riforma liturgica ha voluto approfondire
l’identità dell’omelia e, novità, il ruolo del predicatore. Ribadendo quanto già affermato dal
Concilio, Messale Romano e Lezionario sviluppano in che modo la Parola di Dio deve
essere spiegata nell’omelia: attualizzandola e rendendola viva, in modo da aiutare il fedele a
cogliere il mistero presente nella celebrazione, l’unità dei due testamenti, di intuire le
mirabili opere di Dio compiute nella storia e a crescere nella vita cristiana. Per fare questo
l’omileta deve prepararsi con attenzione, facendo sua la Parola meditata alla luce dello
Spirito, avendo cura di svolgere l’omelia con linguaggio comprensibile e fruttuoso.
71
VD,n.57.
26
2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica
Stiamo cercando di definire dei criteri che ci permettano di analizzare criticamente
alcune omelie presenti sul web. Per farlo ci siamo anzitutto rivolti al Magistero, con il
Concilio Vaticano II e ad alcuni documenti successivi, in seguito abbiamo cercato cosa la
Liturgia dice dell’omelia. Ci resta da approfondire l’aspetto esegetico: come la Parola debba
essere interpretata dall’omileta.
2.5.1 L’esegesi spirituale auspicata dal Concilio
L’attenzione alla Bibbia, che ha preceduto e seguito il Concilio, ha posto grande
attenzione alla Parola di Dio ed è grazie a questa riscoperta in ambito cattolico che oggi
possiamo attingere con gioia e frutto ai testi sacri. In che modo si deve leggere la sacra
Scrittura? In che modo spiegarla e condividerla con i fedeli? Il rischio è quello di avvicinarsi
al testo biblico con categorie esegetiche troppo tecniche, incomprensibili per la maggioranza
dei cristiani, il pericolo è far diventare il testo un’opera letteraria dell’Antico Oriente, non la
Parola che Dio rivolge al suo popolo. Il Concilio, ridonando forza allo studio e alla
comprensione della Parola di Dio, si preoccupa anche di fornirne una chiave ermeneutica.
Scrivono i padri conciliari in DV 12 di cui riporto il seguente stralcio:
«Però, dovendo la sacra Scrittura essere letta ed interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il
quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso esatto dei sacri testi, si deve badare con non
minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di
tutta la chiesa e dell’analogia della fede. È compito degli esegeti contribuire, seguendo queste norme,
alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché mediante i loro
studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della chiesa. Quanto infatti è stato qui detto sul
modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della chiesa, la quale adempie
il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio».
È all’interno della comprensione fattane dalla Chiesa che la Parola va letta,
rimarcando l’unità della stessa, leggendola nello Spirito che l’ha ispirata. È la Chiesa,
depositaria e custode della Parola, che valuta l’interpretazione della Parola, adempiendo così
il suo mandato e il suo ministero. È fondamentale il principio per cui la Parola suscitata
dallo Spirito va letta alla luce dello Spirito, e la stessa, affidata agli apostoli, va letta
all’interno dell’interpretazione secolare che della Scrittura fa la Chiesa. Il rischio sotteso,
27
dopo la riforma conciliare, è quello di ridurre l’interpretazione della Scrittura a pura opera
scientifica, storico-critica, scordando che la Parola, invece, è donata da Dio agli uomini, e
non solo agli studiosi, per svelare il volto di Dio e degli uomini. È l’esegesi spirituale: una
lettura nello Spirito della Parola di Dio, una lettura globale, unitaria, che mette insieme
l’esegesi biblica, l’interpretazione della Chiesa e la vita concreta del fedele, grazie al
sostegno dello Spirito.
A questo proposito annota G. Zevini:
«Oggi è maturo il tempo, e questo sembra essere il grande compito degli esegeti dei nostri anni, per
tentare di rifare una nuova sintesi tra le due dimensioni fondamentali dell’ermeneutica (…) e di
ricreare l’unità tra Bibbia, teologia, spiritualità e vita, cioè tra Scrittura e Tradizione viva della Chiesa.
Da una parte bisogna ritrovare l’idea della tradizione antica, che la Sacra Scrittura va letta in Ecclesia
e pro Ecclesia; dall’altra non si deve perdere il contributo offertoci dall’esegesi moderna attraverso le
conquiste del metodo storico-critico. Si deve fare integrazione tra esegesi scientifica ed esegesi
spirituale, tra ricerca critica e ricerca teologica all’interno della fede, tenendo conto naturalmente delle
indispensabili specializzazioni del nostro tempo e dell’apertura interdisciplinare a cui lo studio biblico
deve approdare». 72
L’esegesi spirituale muove dall’esegesi scientifica, la conosce, la padroneggia, per
poi approdare ad un livello alto, più profondo, più radicale, il momento in cui quella Parola,
conosciuta, studiata, compresa nel contesto, torna ad essere creatrice, viva, forgiatrice di
santi, divinamente ispirata, cattolica. Bene spiega il priore di Bose:
«Mossa dallo Spirito, che è ermeneuta della parola e del silenzio di Cristo e che guida verso la
pienezza della verità (en tê aletheía páse: Gv 16, 13), essa tende a porsi come un’esegesi veramente
cattolica, katà tò hólon, che implica il lettore credente nel mistero della fede, e quindi nel testo biblico
che lo testimonia, portandolo a rinnovare nella propria vita quell’alleanza e quel dialogo col Signore
che intessono l’intera Scrittura. L’esegesi scritturistica diviene così esegesi vivente, storia di santità,
compimento della Scrittura».73
Possiamo dire che l’esegesi spirituale è uno dei frutti del Concilio, ancora da portare
a maturazione, ma che deve diventare l’approccio corretto del teologo, dell’omileta e, a
cascata, del fedele. Scrive papa Benedetto XVI:
72
ZEVINI, G., «Esegesi storico-critica ed esegesi spirituale della Sacre Scritture nel contesto della fede», in
SODI, M., (ed.), Ubi Petrus Ibi Ecclesia. Sui sentieri del Concilio Vaticano II, Nuova Biblioteca di Scienze
Religiose 1, LAS, Roma 2007, 249-250.
73
BIANCHI, E., La lettura spirituale della Scrittura oggi, in DE LA POTTERIE, I. – GUARDINI, R. – RATZINGER, J.,
(edd.), L’esegesi cristiana, Piemme, Casale Monferrato 1991, 215-277.
28
«Mi sta molto a cuore che i teologi imparino a leggere e ad amare la Scrittura così come, secondo la
DV il Concilio lo ha voluto: che vedano l'unità interiore della Scrittura – una cosa aiutata oggi
dall'“esegesi canonica” (che senz’altro si trova ancora in un timido stadio iniziale) – e che poi di essa
facciano una lettura spirituale, che non è una cosa esterna di carattere edificante, ma invece un
immergersi interiormente nella presenza della Parola. Mi sembra un compito molto importante fare
qualcosa in questo senso, contribuire affinché accanto, con e nell’esegesi storico-critica sia data
veramente un'introduzione alla Scrittura viva come attuale Parola di Dio». 74
Sempre nella logica della corretta interpretazione esegetica e dell’armonia fra i
diversi metodi di lettura esegetica il Santo Padre così scrive nella sua recente Esortazione
apostolica:
«Occorre segnalare il grave rischio oggi di un dualismo che si ingenera nell’accostare le sacre
Scritture. Infatti, distinguendo i due livelli dell’approccio biblico non si intende affatto separarli, né
contrapporli, né meramente giustapporli. Essi si danno solo in reciprocità. Purtroppo, non di rado
un’improduttiva separazione tra essi ingenera un’estraneità tra esegesi e teologia, che avviene anche
ai livelli accademici più alti».75
Per superare tale rischio occorre sempre considerare che, come già ricordato dalla
Pontifica Commissione Biblica:76
«Nel loro lavoro di interpretazione, gli esegeti cattolici non devono mai dimenticare che ciò che
interpretano è la parola di Dio. Il loro compito non finisce una volta che hanno distinto le fonti,
definito le forme o spiegato i procedimenti letterari. Lo scopo del loro lavoro è raggiunto solo quando
hanno chiarito il significato del testo biblico come Parola attuale di Dio». 77
2.5.2 I recenti documenti sull’interpretazione delle Scritture
Il rapido sviluppo della riflessione sull’uso della Scrittura a partire dalla DV ha
prodotto a livello magisteriale due documenti molto interessanti dal nostro punto di vista. Il
primo documento, pubblicato dalla Pontifica Commissione biblica è «L’interpretazione della
Bibbia nella vita della chiesa». 78 In esso si fa un’ampia e dettagliata valutazione dei vari
74
BENEDETTO XVI, Discorso ai Vescovi della Svizzera (il 7 novembre 2006). Testo completo su:
www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/november/documents/hf_benxvi_spe_20061107_swiss-bishops_it.html
75
VD, n.35.
76
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione.
77
VD, n.34.
78
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, II.
29
metodi di approccio alla Bibbia e si forniscono delle preziose indicazioni per chi vuole
restare in comunione con la tradizione ecclesiale. Di questo ampio e articolato documento a
noi interessa in particolare la parte attinente l’attualizzazione della Bibbia, essendo proprio
l’attualizzazione, come abbiamo visto più sopra, uno degli obiettivi dell’omelia.
Dopo avere fornito i fondamenti della necessità dell’attualizzazione, il testo afferma:
«Attualizzazione non significa dunque manipolazione dei testi. Non si tratta di proiettare sugli scritti
biblici opinioni o ideologie nuove, ma di ricercare con sincerità la luce che essi contengono per il
tempo presente. Il testo della Bibbia ha autorità in tutti i tempi sulla Chiesa cristiana e, anche se sono
passati parecchi secoli dal tempo della sua composizione, conserva il suo ruolo di guida privilegiata
che non può essere manipolata». 79
L’invito all’omileta è quello di non manipolare i testi, di non far dire ai testi ciò che
noi desideriamo che essi dicano, ma di avere un atteggiamento onesto e veritiero rispetto a
ciò che il testo dice. Si ribadisce, inoltre, che la Parola è sorgente primigenia della
Rivelazione nella Chiesa. Il documento entra poi nel dettaglio:
«L’attualizzazione presuppone una corretta esegesi del testo, che ne determini il senso letterale. Se la
persona che attualizza non ha personalmente una formazione esegetica, deve ricorrere a buone guide
di lettura che permettano di ben orientare l’interpretazione. Per portare a buon fine l’attualizzazione,
l’interpretazione della Scrittura mediante la Scrittura è il metodo più sicuro e più fecondo,
specialmente nel caso dei testi dell’Antico Testamento che sono stati riletti nell’Antico Testamento
stesso (per es. la manna di Es 16 in Sap 16, 20-29) e/o nel Nuovo Testamento (Gv 6).
L’attualizzazione di un testo biblico nell’esistenza cristiana non può realizzarsi correttamente se
manca la relazione con il mistero di Cristo e della Chiesa». 80
L’attualizzazione richiede un solida formazione esegetica che, partendo da una
corretta interpretazione del testo, sappia attualizzare la Parola. Fra i vari metodi, il
documento propone quello «sicuro e fecondo» dell’interpretazione della Parola a partire da
altri testi della Parola. Nel nostro caso il suggerimento è importante per invitare l’omileta a
cogliere un nesso fra i testi proposti nelle diverse letture rileggendoli alla luce della piena
rivelazione di Cristo.
79
80
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, IV – A.
Ibi.
30
In un secondo importante documento della stessa commissione: «Il popolo ebraico e
le sue sacre scritture nella bibbia cristiana», 81 si riprende il rapporto fra Antico e Nuovo
Testamento, sottolineandone lo stretto rapporto.
Da una parte si sottolinea l’unità dei due Testamenti:
«Ma è soprattutto studiando i grandi temi dell’Antico Testamento e la loro continuità nel Nuovo che
ci si rende conto dell’impressionante simbiosi che unisce le due parti della Bibbia cristiana e, al tempo
stesso, della forza sorprendente dei legami spirituali che uniscono la Chiesa di Cristo al popolo
ebraico. Nell’uno e nell’altro Testamento è lo stesso Dio che entra in relazione con gli uomini e li
invita a vivere in comunione con lui; Dio unico e fonte di unità; Dio creatore, che continua a
provvedere ai bisogni delle sue creature, soprattutto di quelle che sono intelligenti e libere, chiamate a
riconoscere la verità e ad amare; Dio liberatore e soprattutto salvatore, perché gli essere umani, creati
a sua immagine, sono caduti a causa delle loro colpe in una miserabile schiavitù». 82
Anche il rapporto che unisce i due Testamenti: la lettura dell’Antico alla luce della
Rivelazione di Cristo e la continuità e la novità del Nuovo in riferimento all’Antico, va
considerato nell’esegesi dei testi:
«L’interpretazione cristiana dell’Antico Testamento è quindi un’interpretazione differenziata a
seconda dei diversi tipi di testi. Essa non sovrappone confusamente la Legge e il Vangelo, ma
distingue con cura le fasi successive della storia della rivelazione e della salvezza. Si tratta di
un’interpretazione teologica, ma al tempo stesso pienamente storica. Lungi dall’escludere l’esegesi
storico-critica, la richiede».83
All’omileta è richiesto uno sguardo di insieme nella storia della Salvezza che aiuti il
fedele a vedere il progetto unitario di Dio sull’umanità e il compimento della salvezza ad
opera di Gesù Cristo, che realizza in eccedenza la promessa fatta da Dio al popolo di Israele.
Anche la recente Esortazione apostolica post-sinodale si è occupata dell’esegesi, in
particolare dei metodi esegetici,84 del senso letterale e spirituale della lettura della Bibbia,85
dell’unità fra Antico e Nuovo Testamento. 86
Riguardo a quest’ultimo tema, il testo svolge una riflessione articolata che ripercorre
la storia dell’interpretazione dei due Testamenti, giungendo alla conclusione che:
81
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella bibbia cristiana, Città del
Vaticano 2001.
82
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo, n.85.
83
Ibi, n. 21.
84
VD, nn.32-33-34.
85
Ibi, n.37.
86
Ibi, n.40.
31
«la comprensione ebraica della Bibbia può aiutare l’intelligenza e lo studio delle Scritture da parte dei
cristiani. “Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico e l’Antico è manifesto nel Nuovo”, così si
esprimeva con acuta saggezza sant’Agostino su questo tema. È importante, dunque, che sia nella
pastorale che nell’ambito accademico venga messa bene in evidenza la relazione intima tra i due
Testamenti, ricordando con san Gregorio Magno che “quanto l’Antico Testamento ha promesso, il
Nuovo Testamento l’ha fatto vedere; ciò che quello annunzia in maniera occulta, questo proclama
apertamente come presente. Perciò l’Antico Testamento è profezia del Nuovo Testamento; e il miglior
commento dell’Antico Testamento è il Nuovo Testamento”».87
L’Esortazione apostolica si preoccupa anche di superare l’apparente dicotomia che si
viene a creare fra esegesi storico-critica ed esegesi spirituale, invitando la Chiesa a
riprendere in mano la riflessione Conciliare e la DV per una lettura teologica e
un’interpretazione ermeneutica ecclesiale della Parola di Dio.
Così scrive il Santo Padre:
«Da una parte il Concilio sottolinea come elementi fondamentali per cogliere il significato inteso
dall’agiografo lo studio dei generi letterari e la contestualizzazione. Dall’altra, dovendo la Scrittura
essere interpretata nello stesso Spirito nel quale è stata scritta, la Costituzione dogmatica indica tre
criteri di base per tenere conto della dimensione divina della Bibbia: 1) interpretare il testo
considerando l’unità di tutta la Scrittura; questo oggi si chiama esegesi canonica; 2) tenere presente la
Tradizione viva di tutta la Chiesa; e, infine, 3) osservare l’analogia della fede. Solo dove i due livelli
metodologici, quello storico-critico e quello teologico, sono osservati, si può parlare di una esegesi
teologica – di una esegesi adeguata a questo Libro».88
È un invito autorevole e riprendere in mano i fondamenti per una corretta esegesi
canonica, teologica e spirituale del testo biblico.
87
88
VD, n.41.
Ibi, n.34.
32
2.5.3 L’omelia: la lettura nello Spirito della Parola per la crescita del discepolo
Il nostro quadro di riferimento si sta quindi delineando: la Bibbia, rimessa al centro
della predicazione cristiana, va letta e interpretata nella Chiesa e con la Chiesa, facendo
tesoro delle acquisizioni scientifiche dell’esegesi, per poi attualizzare la Parola di Dio nella
vita del credente, attingendo da entrambi e Testamenti che sono collegati fra loro e letti alla
luce della piena Rivelazione di Cristo.
Abbiamo, quindi, una panoramica sufficiente per potere elaborare una gamma di
criteri e valutare alcune omelie presenti in internet. Ma, alla teologia, ci occorre aggiungere
una prospettiva che ci proviene dalle scienze della comunicazione sociale. È quello che ci
accingiamo a fare.
33
2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione
Scrive Martin Buber:
«Una storia va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto. Mio nonno era storpio. Una volta gli
chiesero di raccontare una storia del suo maestro. Allora egli raccontò come il santo Baalshem solesse
saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò, e il racconto lo trasportò tanto che
ebbe bisogno di mostrare, saltellando e danzando come facesse il maestro. Da quel momento guarì.
Così vanno raccontate le storie».89
Questo aneddoto ci permette di introdurre questa parte importante per il nostro
discorso: si è credibili solo se si è coinvolti e la narrazione, la spiegazione dei testi, l’omelia,
nel nostro caso, è efficace solo se è svolta mediante una comunicazione efficace. Una volta
stabilito il «cosa» deve trattare un’omelia, occorre fermarsi e ragionare sul «come» dirla.
Rileva Biscontin:
«L’omelia è un atto ed un evento di comunicazione, e in particolare di quella forma di comunicazione
che è la parola rivolta ad un pubblico ed in pubblico. E ha il dovere di essere un buona comunicazione
e cioè efficace. Il fatto che sia una comunicazione che è anche un atto liturgico non può costituire una
scusante che autorizza a trascurare le condizioni necessarie alla sua efficacia». 90
2.6.1 Dalla retorica alle nuove tecniche di comunicazione
Già i Padri della Chiesa si erano chiesti come adattare all’omelia le strategie della
comunicazione della retorica classica: sant’Agostino ne studiò il metodo in maniera
sistematica. Secondo i trattati classici di predicazione un’omelia deve istruire (docere),
interessare (delectare) e far cambiare (flectere). Essa si svolge secondo un piano,
normalmente diviso in tre parti: una introduzione, con un esordio per imbonirsi l’uditorio,
l’annuncio del tema, l’assunto che si dimostrerà, lo schema e l’invocazione dell’aiuto di Dio,
la trattazione, meglio se tripartita, curando i passaggi da una parte all’altra, utilizzando una
dimostrazione, una o più conferme esemplificative e la confutazione delle eventuali
89
Da un racconto di Martin Buber citato da LOBINA, W., Tecniche della comunicazione, in SODI, M. –
TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1538.
90
BISCONTIN, C., Predicare, 234.
34
obiezioni, coinvolgendo emotivamente l’uditorio, e una conclusione che riassuma la
trattazione, lasciando un’impressione positiva e introducendo alla preghiera seguente.91
Oggi, come afferma Biscontin92 le condizioni culturali generali e quelle della
comunicazione in particolare sono talmente cambiati che un utilizzo diretto dei vecchi
trattati di retorica non è più possibile.
Tuttavia, dopo i primi entusiasmi post-conciliari, che hanno di fatto abbandonato le
regole della retorica a favore dell’improvvisazione e della comunicazione diretta, il
rapidissimo mutamento dei mezzi della comunicazione sociale ha indotto anche i più scettici
a rivalutare l’uso di una neo-retorica o, come preferiamo dire, di una nuova comunicazione
per veicolare l’omelia.
Come afferma Giombi: «Pare tuttavia oggi emergere con chiarezza una tendenza
prevalente di complessiva rivalutazione della retorica e delle sue forme». 93
Non è l’obiettivo principale di questo studio l’approfondimento del vasto mondo
della comunicazione. A noi serve, per elaborare una griglia di valutazione, avere solo
qualche idea di base sulla nuova comunicazione.
91
Buona sintesi del discorso in GIOMBI, S., Retorica. in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 13451355.
92
Cfr. BISCONTIN, C., Predicare, 236
93
GIOMBI, S., Retorica, 1345.
35
2.6.2 Opportunità e limiti della nuova comunicazione
Senza entrare troppo nello specifico, ci serviremo di alcune acquisizioni che ci
derivano dagli studi sulla comunicazione per avere qualche indicazione riguardo
all’efficacia comunicativa di un’omelia.
2.6.2.1 Omelia come messaggio
La prima considerazione da fare è che l’omelia è un messaggio e come tale va
trattato. La comunicazione ha sempre come obiettivo la modifica della realtà. Nel caso
specifico, l’omileta ha come obiettivo quello di portare il fedele alla comprensione della
Parola appena celebrata e alla conversione di vita. Ma non basta il contenuto veritiero per
«afferrare» l’uditore. Oggi si tende a dare molta più importanza alla forma che al contenuto
e la forma non è quella classica, di correttezza grammaticale, di enfasi e di stile, ma usa
stilemi molto più diretti e ad effetto. La pubblicità, ad esempio, o il giornalismo, conoscono
l’importanza della forma della comunicazione contemporanea: frasi brevi, comprensibili,
dirette, asciutte.94 Oggi le persone, bombardate da migliaia di informazioni in tempo reale,
non hanno la capacità ci concentrasi su lunghe argomentazioni, ma preferiscono
ragionamenti brevi, anche ad effetto, se necessario.
Certo: noi annunciamo la Parola, non siamo pubblicitari, e la nuova comunicazione
rischia di esaltare la forma scordando il contenuto; è però indubbio, che la trascuratezza
della forma significa condannare all’oblio un ottimo contenuto.
2.6.2.2 Messaggio e rapporto personale
Per favorire l’efficacia della comunicazione è rilevante il tipo di rapporto personale
dell’omileta con gli ascoltatori. Ogni messaggio stabilisce un rapporto interpersonale ed
esprime rispetto o poco apprezzamento, simpatia o antipatia, apertura o chiusura. Un
atteggiamento inquisitorio, giudicante, non può che produrre un messaggio duro e
inaccettabile, e provocare una chiusura rabbiosa o rassegnata da parte dell’uditore. Per
94
Cfr. RAMPIN, M., Al gusto di cioccolato. Come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica, Ponte
alle Grazie, Milano 2010, 98-105.
36
l’omileta l’esempio da seguire è quello di Gesù buon Pastore, della sua misericordiosa
vicinanza. Se, invece prevale la personalità dell’omileta, le sue convinzioni personali,
talvolta estrose e inutilmente originali, il rischio è quello di legare l’efficacia del messaggio
al suo stile, non al deposito della fede. Diversamente dal giornalista, all’omileta è chiesto di
vivere ciò che dice, ed è importante mettersi in gioco durante l’omelia, portare le proprie
esperienze, non come un maestro che dall’alto cala la sua dottrina, ma come un fratello
maggiore che segue il Maestro insieme agli altri fratelli, con un servizio speciale, sapendo
che il messaggio che porta non è una sua invenzione, ma l’accoglienza intelligente e la
rielaborazione di un messaggio che gli è affidato dalla Chiesa. Come il direttore d’orchestra
interpreta la partitura di un grande compositore, così il celebrante interpreta la liturgia
secondo il suo stile, senza inutili stravolgimenti.
Così, ad esempio, è fondamentale oggi l’uso di un linguaggio amichevole, empatico,
colloquiale, che metta a proprio agio sia nel tono della voce che nei contenuti che nella
struttura della frase il proprio uditorio. Come ribadito molte volte anche dai documenti
ufficiali l’omelia è frutto di un percorso di preghiera, di meditazione e di studio dell’omileta,
che si pone in ascolto per condividere fraternamente ciò che della Parola la Chiesa ed egli
stesso hanno capito per crescere spiritualmente nella comunione con Dio.
Il rischio di un linguaggio amichevole è, ovviamente, quello di diventare inutilmente
scialbo, mancando di rispetto per le diverse sensibilità dell’assemblea, di ostentare un inutile
ed improvvido giovanilismo. Non è ostentando una improbabile amicizia con tutti che si
supplisce alla necessità di porsi in un sereno atteggiamento di affetto e di ascolto del proprio
popolo e delle diversità.
2.6.2.3 Messaggio e codice comunicativo
Chi comunica ricorre ad un codice che deve essere necessariamente condiviso con
chi ascolta. È indubbio che il linguaggio della fede e quello teologico così come il
linguaggio liturgico e biblico richiedano delle conoscenze che non sempre sono condivise
dall’uditorio: è essenziale, allora, evitare l’uso di termini troppo tecnici e, se indispensabili,
ricorrere al proficuo uso dell’analogia per farsi capire. L’evoluzione e un certo
impoverimento del linguaggio nel mondo contemporaneo sono così rapidi che le parole della
fede, elaborate magari dopo secoli di discussione, rischiano di essere semplicemente
incomprensibili. È anche utile ricorrere alla narrazione e procedere nello sviluppo del
37
proprio discorso così come le persone fanno abitualmente nel vissuto quotidiano, ricorrendo
a immagini, ad esempi, alla concretezza.
In questo contesto occorre ribadire la necessità della verità del celebrare e del “dire”,
oggi elemento prioritario nella sensibilità comune. Se il celebrante non crede e vive
veramente ciò che celebra e dice, difficilmente lo potranno seguire i suoi fedeli! Se egli
stesso ha l’impressione di svolgere una cerimonia, non una celebrazione, e pensa di dover
dire delle cose edificanti invece di proclamare la Buona Novella, difficilmente le persone
coglieranno la novità dell’annuncio. Scrive Chiaramello:
«L’esito ‘comunicativo’ della liturgia non riguarda solo ciò che è detto ma anche ciò che viene messo
in atto e in particolare come viene detto e come viene messo in atto: le scelte che si operano
all’interno, la cura che vi si dedica. Proprio in ragione di questo linguaggio la forza educativa e
plasmante di un’azione ripetuta costantemente nel tempo, eseguita nei debiti modi, risulta essere
maggiore rispetto ad un insegnamento ripetuto con insistenza: l’agire liturgico plasma l’idea e il
vissuto della fede. La significatività di una liturgia, dunque, fa capo alle modalità in cui si compie il
rito e alle scelte di base che vengono operate. Educare l’assemblea liturgica, fare dell’Eucaristia
domenicale il centro della vita della Comunità, vivere l’Anno liturgico come itinerario mistagogico di
fede, esige delle scelte precise e un modo di fare che sia coerente». 95
Un ultimo aspetto concernente il codice è legato al fenomeno dell’usura del
medesimo, e dell’abuso dello stesso: se un cristiano è convinto di sapere tutto e non ha
nessuno stimolo a cambiare le proprie convinzioni, si aspetterà che il celebrante dica le cose
che un presbitero dovrebbe dire, ma dal suo punto di vista. Come un venditore dice che il
proprio prodotto è buono, così un presbitero non farà che svolgere il suo mestiere, dicendo
le cose che ha imparato a dire.
L’attenzione al codice è importante soprattutto nella delicata questione di mantenere
intatta la validità simbolica del linguaggio cristiano e portare le persone a capirne l’attualità.
La grossa sfida consiste proprio nel tradurre senza tradire, nel rielaborare senza inventare,
usando codici accessibili a tutti e condivisi.
2.6.2.4 Messaggio e destinatari
L’omileta, per rendere efficace e feconda la sua omelia, deve sempre capire bene il
vissuto concreto di chi ha di fronte. Le persone che partecipano all’assemblea arrivano con
95
CHIARAMELLO, P., Presbiteri presidenti e collaboratori in attesa di celebrazione, in CRAVERO, D. (ed.), Una
riforma, 101-102.
38
vissuti diversi, non sempre noti al celebrante, ma è importante che il presbitero viva nel
mondo, con le persone che gli sono affidate, che ne conosca le gioie e le speranze, le fatiche
e le sofferenze. Riferimenti ad eventi quotidiani, che hanno coinvolto la comunità (un lutto,
un evento, una crisi economica) sono importanti come punto di partenza o come punto di
arrivo, per fare in modo che la Parola venga ad illuminare la concretezza. Ed è anche
importante ricorrere senza esagerare alla bellezza delle immagini sia alla capacità evocativa
delle figure retoriche usate dalla Parola stessa! Altro è dire che Dio si occupa di noi in ogni
momento, altro è fare come Gesù che indica i passeri del cielo come destinatari
dell’attenzione del Padre (Mt 6,26). Questa attenzione richiede che l’omileta deve informarsi
sul tipo di assemblea che si troverà di fronte, se presta un servizio occasionale dovrà
chiedere lumi a chi conosce la comunità. E questo aspetto si rivela come il lato più debole
delle omelie in internet, come già detto altrove, indirizzate necessariamente ad una comunità
ipotetica e virtuale.
2.6.2.5 Messaggio e disturbi della comunicazione
Un ultimo aspetto da approfondire è quello degli eventuali disturbi della
comunicazione da eliminare, se possibile, o da ridurre. L’efficacia dell’impianto di
amplificazione, il richiamo simpatico ma deciso per mantenere l’atteggiamento corretto
durante un matrimonio, la pausa e la battuta per il pianto di un bambino che distrae, sono
attenzioni essenziali affinché si mantenga una buona tensione comunicativa … Ma occorre
prestare attenzione anche alla cura del tono della voce, non troppo aulico o intimistico, non
affettato o monotono, e abbandonare la discutibile abitudine di leggere la predica che riduce
la Parola ad un comunicato stampa. Il celebrante deve tenere presente la reazione alle sue
parole: se l’assemblea sorride ed è attenta o se manifesta chiari segni di insofferenza e
correggere la sua impostazione o finire in fretta la sua riflessione. Perciò anche il corpo è
coinvolto: l’uso delle mani, lo sguardo dell’omileta è rivolto alle persone, non è perso nel
nulla, e il luogo della predicazione (normalmente l’ambone o la sede) deve essere ben
illuminato per poter vedere anche le espressioni del volto del predicatore. Sono tutti segni
importanti, di partecipazione, di effettiva presenza e coinvolgimento. 96 Se in occasione di
96
Cfr. BISCONTIN, C., Predicare, 234-249. Anche TRIACCA, A. – SODI, M., Comunicazione e liturgia, in SODI,
M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 281, e MAJELLO, C., Presentarsi in pubblico, in SODI, M. – TRIACCA, A.,
(edd.), Dizionario, 1252-1256.
39
una rappresentazione teatrale, la presenza fisica, il costume, le luci, l’acustica, il tono di
voce sono essenziali, quanto più per una celebrazione che rende presente il Signore Gesù.
Ovviamente questi aspetti non possono essere presenti in un’omelia scaricabile da
internet, ma richiamare questi elementi basilari della comunicazione è essenziale anche in
questa sede.
Alla fine di questo breve percorso, mi piace riprendere quanto scrive Lobina:
«Realizzare un buon monologo non è facile, non basta riunire materiale e ordinare contenuti. Il come
è tanto importante quanto il cosa. Per il suo contenuto e la sua forma, il monologo non si propone di
fornire informazioni, ma di trasmettere un modo di vivere, stimolando nell’ascoltatore un senso di
partecipazione e una risposta attiva, personale. Il monologo-conversazione si converte così in un
messaggio personale che stabilisce un legame di comunicazione con l’ascoltatore. Ha colore, vivacità,
immagini che rendono concreto e quotidiano il tema».97
2.6.3 L’omelia: intervento diretto, appassionato, credibile, vero dell’azione di Dio
nel presbitero e nella comunità ecclesiale.
Non è sufficiente occuparsi del contenuto dell’omelia, ma grande attenzione va
rivolta al come passare il messaggio. Riprendendo e superando la tradizione retorica
classica, la nuova comunicazione pone attenzione al processo comunicativo fornendo una
quantità di elementi di attenzione di grande importanza. Una comunicazione efficace
richiede che il messaggio sia proposto in maniera chiara, diretta, appassionata, credibile, che
conosca l’uditore e il suo vissuto, che sappia usare un codice comprensibile, che porti
l’uditore ad un cambiamento, operato dallo Spirito, certo, ma attivato dalle parole
dell’omileta.
97
LOBINA, W., Tecniche della comunicazione, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1537.
40
2.7 Una griglia di interpretazione
La ricerca fino ad ora condotta approda finalmente ad una griglia di valutazione delle
omelie in internet che andremo a valutare.
Secondo quanto propostoci all’inizio di questo lavoro, a partire dai testi analizzati,
possiamo elaborare i seguenti criteri.
Come deve essere un’omelia?
Aspetto Magisteriale
SC 24
SC 35
SC 52
VD 59
È:
 Parte dell’azione liturgica
 Presenta i misteri della fede e le norme della vita cristiana
 Annunzia le mirabili opere di Dio nella storia della
salvezza
 Attinge i contenuti dalla Sacra Scrittura e dalla Liturgia
CHI:
 È importante compito del presbitero, che medita e prega la
Parola, la conosce attingendo all’interpretazione della
Tradizione della Chiesa
Il presbitero, maestro della
parola, ministro dei
sacramenti e guida per la
comunità in vista del terzo
millennio
VD 59
Aspetto liturgico
IGMR
9
OLM
41
24
VD 52-59
COME
 Deve essere all’altezza della Parola che commenta,
positiva, capace di esporre la verità, legata
all’interpretazione della Chiesa, usando gli strumenti della
comunicazione con professionalità.
 È esposizione viva e attuale della Parola di Dio
 Nelle letture è Dio che parla al suo popolo, gli mostra la
salvezza e lo nutre
 È espressione del ministero della Parola di Dio da parte del
presbitero
 Fa intendere e gustare la Parola, apre il cuore al
ringraziamento, alimenta la fede, introduce alla
celebrazione di cui è parte
 Fa partecipare attivamente alla Liturgia
 È frutto della meditazione dell’omileta
 Non è troppo breve o troppo lunga
 È rivolta a tutti
 Attinge dal Lezionario e mostra l’unità fra le letture
41
DV 12
 Compie una lettura spirituale della Parola di Dio
 Attualizza la Parola senza manipolarla
 Fa una corretta esegesi del testo, interpreta la Scrittura a
partire dalla Scrittura
L’interpretazione della
Bibbia nella vita della
chiesa
Il popolo ebraico e le sue
sacre scritture nella bibbia
cristiana
VD 37
 Tiene in conto l’unità dei due Testamenti
 Fa una lettura cristologicia dell’Antico Testamento,
rimarcando l’evoluzione della Rivelazione
 Non contrappone esegesi letteraria ad esegesi spirituale
 Propone un’ermeneutica della fede
Aspetto esegetico
Aspetto comunicativo
 Essendo un messaggio, si occupa della forma, non solo
del contenuto
 È diretta, cordiale, comprensibile, usa frasi brevi
 Tiene conto del rapporto personale fra omileta e uditore,
non giudica, si mette in gioco. Usa un linguaggio
amichevole, empatico, colloquiale
 Usa codici linguistici comprensibili, se deve affrontare
termini tecnici usa l’analogia e l’esempio, usa la narrativa,
come faceva Gesù
Come possiamo notare, all’omileta è richiesta una vasta e complessa preparazione,
una professionalità motivata, come abbiamo più sopra osservato, dall’enorme importanza
del suo ruolo: egli è a servizio della Parola e la sua omelia deve essere all’altezza della
Parola che commenta e attualizza. Lo Spirito, però, lo assiste ma solo egli deve lasciarsi
guidare, senza ostacolarlo, mettendo la propria intelligenza e il proprio tempo a servizio del
ministero che gli è stato affidato. Ma, cosa ben più importante, tutte queste attenzioni gli
derivano dal fatto di essere lui per primo uditore della Parola, capace di condividere ciò che
egli per primo ha recepito nella Parola e nella liturgia per la sua vita cristiana. A partire da
questa griglia, proviamo ad elaborare un’ulteriore chiave di lettura, sinottica, che si
concentri sui vari aspetti dell’omelia, per elaborare delle domande cui sottoporremo le
omelie analizzate.
42
2.7.1 I criteri per la valutazione critica
Natura dell’omelia
L’omelia è parte integrante dell’azione liturgica
1. L’omelia analizzata è inserita nel contesto liturgico che
celebra?
Fonti dell’omelia
L’omelia attinge principalmente alla Parola di Dio letta
durante la celebrazione, ma anche alla liturgia e al Proprio.
Considera l’unità delle letture e dello sviluppo della Storia
della salvezza presente nella Bibbia. Tiene conto
dell’interpretazione fatta dai Padri e dalla Tradizione autentica
della Chiesa
2. L’omelia analizzata è ben centrata sulla Parola? Fa
riferimenti all’insieme delle letture o a più d’una? Ha
riferimenti anche alla liturgia? Ai Padri? Al Magistero?
Finalità
dell’omelia
L’omelia presenta i misteri della fede e le norme della vita
cristiana, attualizza la Parola, porta il fedele a riconoscere le
grandi opere che Dio compie nella Storia e nella propria storia
personale, lo introduce alla celebrazione che sta vivendo.
3. L’omelia analizzata, partendo dalla Parola o dalla
liturgia, sviluppa qualche aspetto del mistero della fede e
della vita cristiana? La attualizza? Sa usare l’esegesi
spirituale? Aiuta il fedele a discernere l’opera di Dio?
Linguaggio
dell’omelia
Il linguaggio utilizzato deve essere comprensibile, positivo,
propositivo, amichevole, colloquiale, autentico. Usa analogie,
narrazioni, esempi, è fedele alla verità ma sa anche declinare
concetti difficili con immagini comprensibili.
4. L’omelia analizzata è comprensibile? Usa un linguaggio
diretto, frasi brevi, coinvolgenti? Sa colloquiare con
l’interlocutore? Usa esempi, analogie, narrazioni? Fa a
meno di inutili ridondanze e di termini eccessivamente
tecnici?
43
L’omileta
L’omileta esercita il suo ministero con passione, verità e
professionalità. Medita e prega la Parola, si prepara l’omelia
attingendo alle fonti, tiene conto dell’esegesi critica ma la
completa con quella spirituale. Si interroga su come la Parola
interroghi la sua vita. Conosce le persone che ha di fronte e
non le giudica, ma porge loro la ricchezza della Parola.
5. L’omelia analizzata lascia trasparire una riflessione e uno
studio? Coinvolge l’omileta?
A partire da queste sei domande, analizzeremo alcune omelie presenti in internet.
Ricordiamoci, infine, che il nostro lavoro ha degli evidenti limiti oggettivi, dato che
ci applicheremo solo sui tesi scritti, senza conoscere i destinatari dell’omelia pubblicata, non
potendo perciò accedere al rapporto particolare che si instaura fra chi li ha scritti e il suo
uditorio.
Ora disponiamo degli strumenti atti a proporre un’analisi critica di alcune omelie
presenti in internet.
44
3. Analisi dei testi
Stabilita la griglia di valutazione che utilizzeremo per analizzare alcune omelie tratte
da internet, si tratta ora, concretamente, di operare una scelta riguardo agli autori dei testi e
del tempo liturgico utile per impostare la nostra ricerca.
3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie
Per quanto riguarda il sito di riferimento, abbiamo optato per il portale di materiale
pastorale qumran2.net che ci risulta essere il più frequentato sito di questo genere in Italia.
In una sezione specifica, Parole nuove, i gestori del sito accolgono, ogni domenica, le
omelie di diverse decine di autori. Un imponente lavoro di archiviazione permette di
ricercare le omelie per autore, per tempo liturgico o per testi biblici di riferimento.
Di alcuni autori, in genere coloro che da più tempo offrono il loro servizio alla Parola
in rete, ci sono migliaia di omelie da cui attingere: la nostra scelta è caduta proprio su alcuni
di essi. Le motivazioni che ci hanno spinto a preferirli sono molteplici: essi sono conosciuti
dal grande pubblico per la loro azione pastorale, per il loro ruolo ecclesiale, per la loro
esperienza maturata in internet e in generale nel mondo dei media.
La scelta di autori che pubblicano i loro testi da diversi anni ci mette al riparo dal
rischio di incorrere in omelie maldestre o poco centrate. Il fatto di mettere per iscritto il testo
dell’omelia dovrebbe significare, infatti, dedicare tempo e studio nella preparazione della
stessa: non ci troveremo di fronte, perciò, a riflessioni improvvisate.
La comprovata serietà dei gestori del sito e la diffusione dello stesso su scala
nazionale ci permette di attingere ad un archivio di testi molto utilizzati da cattolici,
sacerdoti e laici, provenienti dalle più svariate esperienze pastorali e da diverse regioni
italiane. La nostra scelta è inoltre confortata dal fatto che sono gli stessi gestori del sito ad
averci segnalato gli autori più letti.98
Sarebbe interessante approfondire l’analisi di molti altri fra il centinaio di autori che
commentano il Vangelo in rete, ma i limiti di questa ricerca ci obbligano a soffermarci sulle
omelie di soli tre di essi.
98
Le omelie di Mons. Riboldi, al 15 dicembre 2010 sono state lette 1.184.217 volte; quelle di Mons. Paglia
782.662 volte; quelle di Ermes Ronchi 542.689 volte. Un ringraziamento particolare a don Giovanni
Benvenuto, di Genova, fondatore storico del sito in esame.
45
3.2 La scelta degli autori
La scelta degli autori si è concentrata sui seguenti omileti di buona fama.
3.2.1. Monsignor Vincenzo Paglia99
È Vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, consigliere spirituale della
Comunità di Sant’Egidio, presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il dialogo
e presidente della Federazione biblica cattolica internazionale. Ha frequentato il Seminario
Romano, sia Minore che Maggiore, dalla prima media sino alla conclusione del ciclo di
formazione. Si è laureato in teologia presso l’Università Lateranense, dove ha conseguito
anche la licenza in filosofia; si è poi laureato in pedagogia presso l’Università di Urbino.
Ordinato sacerdote il 15 marzo 1970 incardinandosi nella diocesi di Roma, ha esercitato la
funzione di viceparroco a Casal Palocco dal 1970 al 1973. Successivamente nominato
rettore della chiesa di Sant’Egidio in Trastevere, dal 1981 al 2000 ha ricoperto l’incarico di
parroco nella basilica di Santa Maria in Trastevere, di prefetto della terza prefettura di
Roma, di segretario della Commissione Presbiterale regionale e di membro della
Commissione Presbiterale Italiana. Nominato postulatore della causa di beatificazione del
vescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero, il 4 marzo del 2000 è stato eletto vescovo
della diocesi di Terni-Narni-Amelia, facendo ingresso nella diocesi il 16 aprile. Nominato
dalla Santa Sede, nel settembre del 2002, presidente della Federazione biblica cattolica
internazionale, dal maggio 2004 ricopre anche l’incarico di presidente della Commissione
Ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana. Presso la Conferenza
episcopale umbra è presidente della consulta per i problemi sociali, del lavoro, della
giustizia e della pace, presidente della Commissione per i beni culturali e presidente della
Commissione per la cultura e le comunicazioni sociali. Nominato assistente ecclesiastico
generale della Comunità di Sant’Egidio che segue sin dall’inizio degli anni settanta, ha al
suo attivo numerose pubblicazioni in ambito biblico e di pastorale biblica.
99
www.diocesi.terni.it/vescovo/biografia/main.php?cat_id=1&subcat_id=1&
46
3.2.2 Ermes Ronchi100
Nato a Racchiuso di Attimis (Udine) il 16 agosto 1947, entra nell’ordine dei Servi di
Maria, e viene ordinato sacerdote nel 1973. Laureato in Teologia a Roma, ha conseguito il
dottorato in Storia delle Religioni, con specializzazione in Antropologia Culturale,
all’università Sorbonne di Parigi e il dottorato in Scienze Religiose all’Institut Catholique di
Parigi. Ha fondato e diretto per otto anni La Compagnia dei Laudesi di Rovato (Bs), gruppo
di Musica e Teatro Medievali. Presso il Convento di San Carlo in Milano, dirige il Centro
Culturale Corsia dei Servi, fondato da padre David Maria Turoldo; la Libreria San Carlo e il
circolo cinefilo San Carlo.Nel 2007 ha scritto l’introduzione ai Pensieri Mariani di
Benedetto XVI; ha redatto i testi di riflessione per la veglia di 500.000 giovani cattolici a
Loreto (Agorà dei giovani). Nel 2008 ha curato per la CEI (Servizio Nazionale per il
Progetto Culturale e Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile) i testi dello spettacolo:
L’apostolo delle genti. È docente di Estetica Teologica e Iconografia presso la Pontificia
Facoltà Marianum di Roma. Collaboratore di Avvenire, ha pubblicato varie opere di
spiritualità.
3.2.3 Monsignor Antonio Riboldi101
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche di Triuggio (MI), è
entrato a far parte dell’Istituto della Carità, divenendone sacerdote nel 1951. Inviato nel
1958 in una parrocchia della Valle del Belice (AG), si trovò nel 1968 a fronteggiare lo stato
d’emergenza causato dal terremoto che sconvolse la terra Agrigentina. Il 25 gennaio 1978 il
papa Paolo VI lo nominò vescovo della diocesi di Acerra (NA), terra di grandi
complicazioni sociali. Ricevette l’ordine episcopale l’11 marzo 1978. Ha rassegnato le
dimissioni il 7 dicembre 1999, secondo quanto stabilito dal codice di diritto canonico.
Impegnato in molte attività da conferenziere, Mons. Riboldi è direttore responsabile del
mensile Amici dei lebbrosi. Prende inoltre parte alla rubrica a carattere religioso del
Giornale Radio di Radiouno Ascolta si fa sera.
100
101
http://asuaimmagine.blog.rai.it/il-cast/
it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Riboldi
47
3.3 La scelta del tempo liturgico
Per quanto riguarda la scelta del tempo liturgico da cui attingere le omelie in oggetto
abbiamo preferito optare per il tempo dell’Avvento. Tale scelta ci permette di avere uno
sguardo unitario sull’insieme delle omelie: le quattro domeniche che precedono il Natale del
Signore offrono infatti all’omileta l’opportunità di fare numerosi collegamenti fra una
domenica e l’altra. Inoltre il Lezionario è già fortemente orientato su alcuni temi specifici
quali l’attesa, la conversione, il compimento delle profezie vetero-testamentarie,
l’esemplarità di alcuni atteggiamenti e di alcune figure specifiche presenti nei Vangeli. Le
letture domenicali del tempo di Avvento seguono un preciso percorso che bene sintetizza il
liturgista M. Sodi:
«Nel rito romano le prime due domeniche tendono ad evidenziare la venuta del Cristo giudice nella
vicenda personale di ogni uomo, oltre che nella storia dell’umanità. In particolare nella seconda e più
ancora nella terza, domina la figura del Battista che chiama ad una coraggiosa verifica interiore in
vista di una progressiva conversione al messaggio di Cristo per essere pronti ad accoglierlo quando
verrà. La quarta domenica è tipicamente mariana». 102
La festa del Natale del Signore, in una società secolarizzata e multietnica, ha visto
negli ultimi decenni affiancarsi al significato tradizionale attinente alla fede numerosi altri
riferimenti e valori: viene spesso ricordata come festa della famiglia, della bontà, della
fratellanza ed altro ancora. Questo ampliamento di significato rischia di far smarrire o di
mettere in secondo piano il significato specifico del cristianesimo. Il tempo di Avvento,
perciò, assume una sempre maggiore importanza per favorire una seria preparazione
all’evento natalizio. La scelta del ciclo liturgico «B» è stata dettata dalla reperibilità del
materiale su internet. I testi biblici di riferimento alle domeniche di Avvento sono i seguenti:
102
DOMENICA
PRIMA LETTURA
SECONDA LETTURA
VANGELO
I
Is 63,16-17.19
1Cor 1,3-9
Mc 13,33-37
II
Is 35,1-10
2 Pt 3,8-14
Mc 1, 1-8
III
Is 61,1-2.10-11
Ts 5,16-24
Gv 1, 6-8.19-28
IV
2Sam 7,1-5.8-12.16
Rm 16, 25-27
Lc 1, 26-38
Cfr. SODI, M., Anno Liturgico, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 52.
48
3.4 Nota metodologica
Nel nostro studio intendiamo procedere in questo modo:
 faremo anzitutto l’analisi dettagliata dal punto di vista letterario, tematico e
valutativo o critico di un testo di omelia, nella fattispecie l’omelia della prima
domenica di avvento.
 In un secondo momento procederemo con l’analisi critica dei testi considerati nella
loro globalità e trasversalmente, confrontandoli con i criteri elaborati nella prima
parte del nostro studio.
 L’analisi analitica ci permetterà di comprendere l’intento dell’autore e le modalità di
sviluppo del suo ragionamento a titolo esemplificativo, mentre lo studio sintetico e
trasversale dell’insieme dei testi ci permetterà di verificarne la validità complessiva a
partire dallo schema di analisi critica che ci siamo proposti.
Lasciamo ora al lettore l’onere di leggere le omelie che stiamo per analizzare e che
troverà in appendice al nostro lavoro.103
103
Vedi più avanti, 94-118.
49
3.5 Analisi di alcune omelie esemplari
3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia
Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» di Mons.Vincenzo Paglia,
pubblicate su diversi siti,104 fra cui qumran2.net, sono state scritte alla fine del 2008.
3.5.1.1 Il piano di lavoro dell’autore
Lo stimato biblista organizza il suo lavoro attorno alle quattro domeniche di Avvento
e sin dai titoli apposti alle sue omelie manifesta la sua attenzione al testo evangelico: egli,
infatti, utilizza direttamente della frasi tratte dalla Parola di Dio che sintetizzano lo sviluppo
della sua meditazione. Così intitola le sue omelie:
Prima domenica di Avvento
Terza domenica di Avvento
«Vegliate: non sapete quando il padrone di
casa ritornerà!»
«Voce di uno che grida nel deserto: preparate
la strada del Signore!»
«Rallegratevi!»
Quarta domenica di Avvento
«Com’è possibile? Non conosco uomo»
Seconda domenica di Avvento
Le quattro omelie sono ben collegate le une alle altre e partono da un discorso
generale sull’attesa per poi concentrarsi sulla figura del Battista, soffermarsi ancora su di lui
e sulla gioia cristiana nella terza domenica e concludere con l’atteggiamento di Maria,
dimora di Dio, nell’ultima.
Il testo scritto, di circa 4000 caratteri di media per omelia, suppone una esposizione
orale di poco meno di dieci minuti.
104
Troviamo le omelie di mons. Paglia anche sul sito della Diocesi di Terni: www.diocesi.terni.it e sul portale
liturgico www.lachiesa.it
50
3.5.1.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia
Iniziamo dall’analisi letteraria dell’omelia per la prima domenica di avvento. 105
L’omelia può essere divisa in tre parti: una breve introduzione, un corpo che sviluppa
due temi e una conclusione/preghiera.

Nella parte introduttiva del testo l’autore esordisce con efficacia attirando
l’attenzione dell’uditorio: «Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una
storia già conosciuta. Siamo a tal punto analfabeti di Dio da aver bisogno di
tornare alla Sua scuola».

A partire da questa forte affermazione l’omileta sviluppa, nel corpo dell’omelia,
una catechesi sull’anno liturgico, sulla domenica e sull’avvento come
preparazione al tempo natalizio. Egli afferma che il tempo liturgico ci rende
contemporanei a Cristo, colmando l’attesa di senso che ogni uomo porta in sé. La
domenica, in questo contesto, diventa incontro irrinunciabile con il Signore. Il
tempo di avvento, che anticamente era più lungo e caratterizzato dal digiuno,
serve, oggi, a prendere coscienza dell’attesa che portiamo nel cuore e ad
orientarla verso il Natale.

Un altro tema è affrontato nel corpo centrale dell’omelia. L’autore parte
dall’invocazione di Isaia nella prima lettura per invitare il lettore all’ascolto del
grido che ancora si alza dalla terra, espressione di sofferenza e di solitudine, di
bisogno di senso e di giustizia. Il dolore degli uomini ci tiene desti, ci obbliga a
vigilare. La vigilanza è evento positivo, perché ci aiuta ad ascoltare il Signore
che sta alla porta e bussa, come dice l’Apocalisse.

L’autore afferma che abbiamo bisogno di metterci alla scuola della liturgia per
conoscere il Signore. La Parola di Dio ci invita ad ascoltare il clamore
dell’umanità sofferente che chiede salvezza, che attende il ritorno del Signore.
L’omileta rivolge un invito conclusivo a stare svegli: a non lasciarsi intorpidire
dalla frenesia della vita, dall’abitudine, dalla distrazione, per essere pronti ad
accogliere il Signore.

Un’accorata preghiera al Signore che riassume i temi espressi nella riflessione
chiude l’omelia di Mons. Paglia.
Lo schema riassuntivo è, quindi:
105
Appendice, 95.
51
Introduzione:
Prima parte:
Seconda parte:
Conclusione:
 mettersi alla scuola di Cristo
 catechesi sull’anno liturgico, sul tempo di avvento,
sulla domenica
 invocazione di salvezza da parte del profeta Isaia;
 grido di invocazione dell’umanità sofferente;
 grido che tiene desto il discepolo;
 attesa della venuta definitiva di Cristo;
 atteggiamento concreto, restare desti;
 invocazione finale a Cristo.
3.5.1.1.2 Analisi critica del testo
L’autore sviluppa efficacemente il suo ragionamento: mettendoci alla scuola
dell’anno liturgico, egli parte dalla necessità di risvegliare in noi l’attesa per la salvezza,
desiderio presente nelle letture, per concludere con la proposta di un atteggiamento concreto:
la vigilanza.
L’attualizzazione del testo si coglie soprattutto nel parallelismo fra il grido di
invocazione del profeta Isaia e il grido di sofferenza che si innalza dall’umanità ferita.
Per quanto concerne i contenuti, Mons. Paglia sviluppa temi riguardanti la liturgia e
la teologia (il senso dell’anno liturgico), temi biblici (il grido di invocazione, l’attesa della
venuta del Signore), temi spirituali (vegliare come atteggiamento costitutivo del discepolo).
Il testo appare ben organizzato, articolato in diversi punti; l’autore è attento nello
sviluppare il proprio ragionamento in maniera comprensibile.
Secondo il metodo indicato, presentiamo ora in modo sintetico e trasversale i dati
raccolti dall’insieme delle quattro omelie.
3.5.1.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo
liturgico in cui essa è dettata.
L’autore, come abbiamo appena visto, organizza in un unico discorso organico la sua
esposizione, molto attento a richiamare quanto detto nelle riflessioni precedenti e proteso
verso il mistero del Natale. Sin dalla prima domenica Mons. Paglia svela il senso del tempo
di Avvento, inserendolo nel contesto storico e cogliendone l’attualità. Così egli scrive:
52
«Avvento, lo sappiamo bene, significa “venuta”, ossia la nascita di Gesù in mezzo a noi. E fin dai
tempi antichi la Chiesa ha avvertito il bisogno di preparare il cuore suo e quello dei fedeli ad
accogliere il Signore. Per quasi mille anni, infatti, le comunità cristiane, sia d’Oriente che
d’Occidente, hanno vissuto i quaranta giorni prima del Natale digiunando e pregando nell’attesa della
nascita di Gesù, tanto era sentita decisiva. E sapevano bene che bastava poco perché le occupazioni
ordinarie facessero dimenticare tale passaggio. Oggi, pur essendo accorciati i giorni (solo quattro
settimane di preparazione) e abolito il digiuno, non meno sentita è l’attesa di questa venuta, che da
circa duemila anni ricordiamo».
L’autore si preoccupa di creare un continuo collegamento fra i testi delle varie
domeniche, richiamandone i contenuti. Così nella seconda domenica fa un cenno a quanto
sviluppato nell’omelia della prima: «Se domenica scorsa la liturgia chiedeva di essere
vigilanti, oggi esorta ad aprire il cuore per accogliere colui che sta per venire».
Mons. Paglia fa anche dei richiami all’obiettivo dell’intero percorso di Avvento: «La
liturgia, nell’imminenza del Natale, ripropone il brano evangelico dell’Annunciazione»,
richiamando l’uditorio alla festa del Natale.
L’insieme delle omelie sono ben inserite e armonizzate nel contesto liturgico e
formano un’unica grande riflessione sull’Avvento che si sviluppa nel corso della quattro
domeniche in esame, proponendo dei continui richiami ai vangeli delle domeniche
precedenti.
3.5.1.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia
Mons. Paglia lascia trasparire abbondantemente la sua competenza e il suo amore per
la Parola di Dio, senza mai esagerare nel tecnicismo e senza mai ostentare la sua
preparazione. Sin dai titoli crea un legame profondo col Vangelo proposto che sviluppa
facendo continui rimandi con le altre letture.
Nell’omelia della prima domenica leggiamo:
«La supplica del profeta Isaia, che ascoltiamo nella prima lettura, sale ancora oggi dalle nostre labbra:
“Perché Signore ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti
tema? Ritorna, per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17). Sì, “Ritorna,
Signore, per amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno».
La sua competenza gli permette di citare a proposito nella sua riflessione testi biblici
non presenti nel Lezionario del giorno, arricchendo l’interpretazione della Parola con la
Parola stessa:
53
Commento [PC1]: Bibbia, 1l
«Dobbiamo stare alla porta del nostro cuore e vigilare. Come quando aspettiamo qualcuno che deve
tornare a casa e stiamo attenti a sentire il rumore dei suoi passi per potergli aprire subito. “Ecco - dice
il Signore, nell’Apocalisse - io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la
porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” ».
Nell’omelia della seconda domenica, che vede protagonista il Battista, i riferimenti al
Vangelo sono numerosi, e anche i rimandi alle altre letture. La prima parte della riflessione
sviluppa una rapida esegesi all’incipit del Vangelo di Marco, proponendo al lettore una
efficace attualizzazione: l’inizio della buona notizia permane, non si esaurisce, continua la
sua opera:
«“Inizio del Vangelo di Gesù Cristo”. Si apre così il Vangelo di Marco, che ci accompagnerà per
questo anno liturgico. L’evangelista non ha inteso scrivere una storia educativa, bensì comunicare una
vicenda così straordinaria da essere “Vangelo”, ossia una buona e decisiva notizia per tutti. Scrive:
“Inizio della buona notizia”. Prima infatti non c’era. È un “inizio” non solo temporale, relegato nel
Commento [PC2]: Bibbia
passato, quasi prigioniero di quei giorni. La “buona notizia” di Gesù Cristo è un “inizio” che resta
vitale, una pietra viva che edifica opera, in ogni generazione e in ogni tempo».
L’autore propone opportunamente un riferimento alla prima lettura, riuscendo, con
una sola frase, ad inserire nel contesto storico il brano del Profeta:
«Già con la lettura di Isaia, la liturgia ci fa sentire l’avvicinarsi di questo tempo: “Consolate, consolate
il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù”. Il popolo
d’Israele può lasciare la terra di Babilonia, dov’è schiavo, e partire verso Sion; percorrerà una grande
strada, aperta nel deserto, una strada larga, rettilinea e pianeggiante che supererà steppe, valli e
montagne, per salire sino a Gerusalemme».
Ugualmente troviamo un riferimento alla seconda lettura, con un cenno alla
riflessione di Pietro, facendo cogliere al lettore il desiderio di giustizia presente nel Battista e
nell’apostolo:
«(Il Battista) non si rassegna ad un mondo privo di speranza; anche lui, come più tardi dirà Pietro,
aspetta con ansia i “nuovi cieli e una nuova terra, dove avrà stabile dimora la giustizia”».
Commento [PC3]: 2 lettura
Ampio spazio è dedicato, durante l’omelia della terza domenica, all’invito paolino
alla gioia, come d’altronde indicato dalla tradizione liturgica che pone la gioia al centro di
questa liturgia:
«“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi”. Con questo fermo invito
dell’apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata gaudete, la domenica della gioia. “State
54
sempre lieti”, raccomanda Paolo, “pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie a Dio”. “State
Commento [PC4]: 2 lettura
lieti”: perché? Come bambini ci affidiamo a colui che vuole che la sua gioia sia in noi e che questa sia
piena. Questa è la volontà di Dio».
Un’interessante esegesi spirituale della prima lettura, infine, viene proposta durante
l’ultima domenica di Avvento, a partire dal desiderio di Davide di costruire una dimora per
il Dio di Israele. L’autore riesce, in poche righe, a fornire una efficace lettura del testo,
contestualizzandolo, e ad offrirne al lettore un’interpretazione per l’oggi:
«Il secondo libro di Samuele esprime quasi plasticamente questo modo di agire del Signore. Davide,
dopo aver costruito la sua “casa di cedro” e Gerusalemme come capitale dello Stato, desidera dotarla
di un grande tempio, quasi ad avere anche Dio come suo cittadino. Il profeta Natan, che ha
acconsentito al desiderio del re, nella notte si sente bocciare da Dio stesso la proposta dell’erezione di
un santuario. Deve quindi tornare nella reggia per dire a Davide che sarà Dio a edificare una casa per
lui e per il suo popolo. E gli ricorda che il Signore è stato accanto a lui fin dalla giovinezza quando
pascolava le greggi, e che lo ha accompagnato sino a quel giorno; e continuerà a stargli accanto per il
futuro difendendolo dai nemici e facendolo grande e potente, e troverà un luogo ove far abitare il suo
popolo. Insomma, il Signore è il tetto di protezione per Davide. Non è il re a costruire una casa a Dio;
è Dio che edifica una casa per Davide e il suo popolo».
Notevole è anche l’attualizzazione dei testi che Mons. Paglia fa con riferimenti brevi,
puntuali, e che aiutano il fedele nella vita cristiana interrogandolo sulla propria fede.
Nell’omelia della prima domenica, parlando dell’attesa come atteggiamento costitutivo
dell’uomo, invita il lettore ad allargare lo sguardo al d là dei propri limitati orizzonti:
«Sì, “Ritorna, Signore, per amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la tua stessa
terra che sembra non trovar pace; ne ha bisogno l’Africa bagnata dal sangue di migliaia di profughi
abbandonati a se stessi; ne hanno bisogno tanti paesi ove milioni e milioni di poveri muoiono di fame
ogni giorno; ne hanno bisogno le grandi città dell’Occidente che emarginano schiere innumerevoli di
deboli, di anziani, di malati. Ne hanno bisogno i cuori di tanti uomini e tante donne perché sciolgano
la loro durezza, si commuovano sui poveri e sui deboli e si adoperino per un nuovo futuro. “Se tu
squarciassi i cieli e scendessi!”. Questo grido è la preghiera dell’Avvento; e resta la preghiera
universale di questo tempo».
L’abbondanza dell’uso della Parola di Dio e i continui rimandi fra le letture pongono
in secondo piano altre possibilità previste dai documenti da noi analizzati: l’autore non usa
nella sua omelia testi eucologici del Messale, né testi del Magistero, pur concludendo talora
le sue riflessioni con un’invocazione appropriata. Ad esempio, alla fine dell’omelia della
prima domenica, l’autore invoca la venuta del Signore Gesù:
55
Commento [PC5]: Attualizzazion
e
«Vieni Signore Gesù, vieni presto, dona consolazione e pace. Squarcia i cieli ed apri un futuro per chi
è schiacciato dal male. Libera dall’amore per sé che addormenta il cuore. Insegnaci a stare attenti per
Commento [PC6]: Preghiera
riconoscerti ed aprirti la porta del cuore, dolce ospite, amico di sempre, speranza nostra».
Un breve riferimento alla tradizione dei Padri viene usato durante l’omelia della
prima domenica, nell’introduzione che egli fa all’anno liturgico e al senso della Pasqua
settimanale:
«Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire contemporanei di Gesù. È questa la
“forza” delle domeniche, che faceva dire ai primi cristiani: “Per noi è impossibile vivere senza la
domenica”».
Commento [PC7]: Anno liturgico
3.5.1.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia
Anche questa prerogativa viene pienamente tenuta in considerazione da Mons.
Paglia. Introducendo il tempo di Avvento e il nuovo anno liturgico egli riesce a sviluppare in
un unico, breve ragionamento il valore della domenica, la sua necessità nella vita del
cristiano e offre al fedele un’efficace e accessibile catechesi sul tempo liturgico:
«Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una storia già conosciuta. Siamo a tal punto
analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola. Tutti! Stare con il Signore non è una
ripetizione sempre uguale: lo diventa quando teniamo la nostra vita lontana da Lui e dai fratelli. Le
domeniche ci aiutano a capire nell’oggi il mistero della sua presenza tra gli uomini. Come ogni storia
Commento [PC8]: Mistero
dell'anno liturgico
di amore ha vari momenti, tutti importanti. Quel che ci è chiesto è ascoltare e seguire il Signore e,
anzitutto, attenderlo. (…) Il tempo liturgico viene scandito dal tempo di Dio; o meglio, è il tempo di
Dio che entra in quello degli uomini. Ed è misurato dal mistero stesso di Gesù: inizia dalla sua nascita,
continua con la predicazione in Galilea e in Giudea sino alla morte, resurrezione e ascensione al cielo.
Ogni domenica, da questa prima di Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci prende per
mano, ci sottrae in certo modo alla schiavitù dei nostri ritmi, e ci introduce dentro il mistero di Cristo,
per renderci partecipi della sua stessa vita. Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire
contemporanei di Gesù».
Altrettanto efficace per la sua concisione e per la sua chiarezza è la descrizione della
Storia della Salvezza che l’autore fa riflettendo sulla gioia, nell’omelia della terza domenica:
«L’angelo del Signore può dire a Israele: il Signore è con te; è con Abramo, con Isacco e con
Giacobbe; accompagna Giuseppe in tutte le sue vicissitudini; appare a Mosè nel roveto ardente e si
presenta, appunto, come “Colui che è” con il suo popolo. Ha udito il grido di dolore del suo popolo
schiavo in Egitto e è sceso per liberarlo: lo conduce illeso attraverso il Mar Rosso, lo accompagna
56
Commento [PC9]: Anno liturgico
negli anni del deserto e lo introduce nella terra promessa sostenendolo per tutti i giorni. Il Signore è
con il suo popolo; e per sempre».
Opportune e concrete sono le indicazioni per una vita cristiana in sintonia col tempo
liturgico:
«Svegliamoci dal sonno dolce del crederci a posto, perché abbiamo già fatto molto; dal sonno triste
del pessimismo, per cui non vale la pena di fare nulla; da quello agitato e sempre insoddisfatto degli
affanni e dell’affermazione di sé. Svegliamoci dal sonno distratto di chi non ascolta più; dal sonno
dell’impaziente, che vuole tutto e subito, che non sa attendere, si delude e dorme».
Ugualmente, nell’omelia della seconda domenica, scrive a proposito del Battista:
«Anche noi dobbiamo ascoltare la voce di questo predicatore perché ci tocchi il cuore. La Santa
Liturgia della domenica, le nostre stesse chiese, piccole o grandi che siano, diventano il luogo ove
stringerci attorno al Battista e alla sua predicazione. Quando le Sante Scritture si aprono e la Parola di
Dio viene annunciata e predicata, in quel momento si apre la strada del Signore; beati noi se sapremo
Commento [PC10]: Attualizzazio
ne
accoglierla e percorrerla perché certo ci condurrà incontro al Signore che viene».
L’attenzione nello sviluppare temi riguardanti la vita di fede e del mistero cristiano è
continua e puntuale, proponendo atteggiamenti concreti da vivere nella vita quotidiana:
«Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al cinismo, che pensa di
conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso pessimismo, alla ricerca di
Commento [PC11]: Cose
cocnrete
speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli».
Così, ad esempio, l’atteggiamento del Battista che dice di sé di essere una «voce»
imprestata alla Parola diventa esemplare per ogni credente:
«”Chi sei tu?”, domandano i giudei. Che cosa dici di te stesso? Ogni uomo è un mistero ed il mondo
spesso viene a volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare. Giovanni non moltiplica
interpretazioni, non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di sé. Per dire chi è ha
bisogno di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che è la parola, al verbo, la prima e l’ultima
lettera di ogni nostra parola. Giovanni è forte perché la sua vita ha senso se è utile a qualcun altro, a
colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori! Rende testimonianza. La sua forza non è
Commento [PC12]: Beelo!
splendere per se stesso, ma perché la luce si veda».
Infine, commentando l’atteggiamento di accoglienza di Maria, nell’imminenza del
Natale, l’autore scrive:
«Dio ha scelto Maria, e da sempre. Ma aveva bisogno del consenso; e il “sì” non era scontato. A
Nazareth non si è recitato un copione già scritto. E l’evangelista lo suggerisce: c’è stato turbamento, in
un dialogo fiducioso: alla fine Maria ha dato l’assenso. Era una decisione che le sconvolgeva
57
totalmente la vita. La grandezza di Maria pertanto non sta nella “realizzazione di se stessa”, come in
genere noi desideriamo per noi stessi, bensì nel porre tutta la sua fiducia nelle parole dell’angelo. A
ragione Elisabetta, non appena la vede varcare la soglia di casa, può esclamare: “Beata colei che ha
creduto all’adempimento delle parole del Signore”. È la prima beatitudine scritta nel Vangelo. La
nostra felicità è racchiusa tutta nell’obbedienza alle parole del Vangelo».
Commento [PC13]: Maria
Mons. Paglia attualizza efficacemente la Parola di Dio. Le omelie analizzate
sviluppano numerosi aspetti del mistero della fede e della vita cristiana, aiutando il fedele a
discernere l’opera di Dio nella propria vita. A partire dai testi e dai protagonisti delle letture,
l’autore coinvolge il fedele e lo invita a imitarne l’atteggiamento di fiducia e di
collaborazione all’opera di Dio.
3.5.1.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità
Nello studio che ha preceduto l’analisi dei presenti testi, abbiamo potuto rilevare
quanto oggi sia importante veicolare il contenuto attraverso un linguaggio accessibile,
coinvolgente, diretto, colloquiale che eviti inutili ridondanze e termini eccessivamente
tecnici.
Entrando nello specifico l’autore manifesta nello scrivere un’innata capacità
comunicativa, mediante l’uso di frasi brevi, ad effetto, che ben ritmano il discorso e tengono
alta l’attenzione. Un esempio di ciò può essere colto nell’omelia della prima domenica in cui
così egli scrive:
«(Dio) Squarcia i cieli e diventa lui la via per il cielo. Ci fa scoprire il desiderio di cielo, di speranza,
che c’è in ognuno di noi ed in ogni uomo. Quando aspettiamo qualcuno siamo contenti. Egli non si
Commento [PC14]: Maria
vergogna della mia debolezza; non mi disprezza se sono piccolo».
Similmente si veda il commento all’inizio del Vangelo di Marco:
«La nostra società non manca di parole, ma spesso sono vuote e non sempre edificano. Noi stessi
siamo frequentemente storditi dai rumori e dalla confusione sia interiore che esteriore: poco sappiamo
parlare tra noi e raramente ci scambiamo parole vere. Il Vangelo, nella confusione dei discorsi, inizia
a parlare».
Riflettendo sulla missione di Giovanni Battista e sulla sua efficace predicazione,
l’autore suggerisce l’atteggiamento che ogni buon predicatore dovrebbe avere:
58
«Non tace, protesta, veste da personaggio strano e, soprattutto, parla, anzi grida. È tagliente con la sua
parola. Giovanni, come richiede ogni predicazione, parla al cuore della gente: non vuole colpire le
orecchie, non ama correr dietro a pruriti vani, non propone verità o idee sue».
Nella riflessione sulla gioia, l’autore utilizza frasi brevi, termini appropriati,
affermazioni concise e consequenziali:
«La gioia, secondo questo invito così appassionato dell’apostolo, non è una congiuntura favorevole,
ma una scelta cui siamo chiamati. Sempre. Lieti, gioiosi non perché imperturbabili o incoscienti, ma
per la consapevolezza forte, vigorosa, dell’Avvento di Dio. (…) La letizia è il primo modo per non
farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi. E quanto la letizia comunica amore, ci rende sensibili ed
Commento [PC15]: Letizia porta
a libertà, molto bello!
attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini!».
Se un appunto si può fare all’autore, dal nostro punto di vista, è l’assenza di esempi
dalla vita quotidiana e dalla propria esperienza personale. L’alternanza di esempi che
intercalano la riflessione può infatti tenere alta l’attenzione dell’assemblea, il fatto che siano
esempi tratti dall’esperienza personale crea vicinanza e identificazione nell’uditore. Eppure,
nonostante questa apparente lacuna, Mons. Paglia riesce a produrre una comunicazione
efficace, lineare, diretta, coinvolgente, traendo esempi dalla Parola, come se la propria vita
attingesse continuamente alla Parola di Dio per esserne illuminata e, così facendo, dimostra
che la Bibbia stessa, se ben usata, contiene in sé abbondanti riferimenti per la quotidianità.
3.5.1.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta
L’autore lascia emergere ovunque la sua competenza mediante riferimenti biblici
sempre accurati e collegamenti fra le letture abbondanti ed opportuni. Non di meno si
impone anche un grande amore per la Parola di Dio. La sua preparazione teologica e biblica,
il suo ministero nella comunità di sant’Egidio prima e nel ministero episcopale poi,
emergono nell’attualizzazione dei testi e nelle proposte concrete per la vita cristiana
dell’uditorio. Leggendo i suoi testi, si resta coinvolti dalla ricchezza dei riferimenti e dalle
prospettive che riesce a fare emergere con maturata semplicità, frutto di una grande
esperienza biblica e pastorale.
59
3.5.1.7 Osservazioni critiche conclusive
I commenti di Mons. Paglia sono gradevoli e appassionati; le sue riflessioni denotano
un coinvolgimento personale. I suoi testi sono ben inseriti nel tempo liturgico cui si
riferiscono dati i frequenti riferimenti sia al Tempo di Avvento che a quello di Natale cui
sono orientati.
Le sue omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio che l’autore ben conosce
e padroneggia sia nell’aspetto esegetico che nella capacità di produrre una pertinente e
profonda attualizzazione spirituale. Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce
aspetti teologici, liturgici e di vita morale del mistero della fede. È capace di coinvolgere con
un linguaggio amichevole e diretto, preciso ed esaustivo il lettore e l’uditorio, dimostrando
una grande competenza delle forme della comunicazione. Le sue omelie a nostro parere
sono esemplari per il contenuto e lo stile.
60
3.5.2 Padre Ermes Ronchi
Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» di padre Ermes Ronchi,
anch’esse pubblicate su diversi siti,106 fra cui qumran2.net, e in cartaceo107 sono state scritte
alla fine del 2008.
3.5.2.1 Il piano di lavoro dell’autore
Questo è il programma proposto da Padre Ronchi per le omelie che prenderemo in
considerazione:
Prima domenica di Avvento
Seconda domenica di Avvento
Terza domenica di Avvento
Quarta domenica di Avvento
«Avvento: attesa che apre all’amore»
«Ripartire dalla buona notizia di Dio»
«Giovanni testimone della luce»
«La radice della fede è nella gioia»
L’autore non usa citare brani delle letture nel titolo della propria omelia, preferendo
invece sintetizzare il nucleo centrale della sua riflessione con una frase riassuntiva.
Lo schema permette di apprezzare come l’autore enfatizzi, a partire dal testo
evangelico, singoli aspetti per ciascuna delle quattro domeniche e non si preoccupi né di
dare organicità all’insieme, né di proporre un soggetto tematico che in qualche modo possa
collegare domenica a domenica.
Durante la prima domenica egli sviluppa nella sua omelia il concetto di «attesa»
nella vita dell’uomo. Nella seconda domenica si sofferma sul significato di «Vangelo»
inteso come buona notizia. Durante la terza domenica egli approfondisce la figura del
Battista per richiamare il ruolo della profezia nella Chiesa. Infine nell’omelia della quarta
domenica l’autore propone una meditazione a partire dall’annunciazione che Dio fa a Maria
e ad ogni credente.
Il testo scritto, piuttosto stringato, conta in media circa 2500 caratteri per omelia e
suppone una esposizione orale di poco più di cinque minuti.
106
Troviamo le omelie di padre Ronchi anche sul sito: www.santamariadellascala.com e sul portale liturgico
www.lachiesa.it. I video-commenti sul sito http://asuaimmagine.blog.rai.it/tag/padre-ermes-ronchi/
107
Sciogliere le vele. Commento ai vangeli festivi, anno A, Alba, Paoline, 2004; L’alfabeto della vita.
Commento ai vangeli festivi, anno B, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2005; La bellezza tua voglio cantare.
Commento ai vangeli festivi, anno C, Roma, Servitium, 2006. Le sue omelie sono pubblicate sull’edizione del
sabato del quotidiano Avvenire.
61
3.5.2.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia
Seguendo il nostro metodo, procediamo ora con l’analisi letteraria e dei soggetti
tematici dell’omelia per la prima domenica di avvento. 108
Non è semplice riuscire ad elaborare uno schema letterario dell’omelia di Padre
Ronchi che sembra procedere nel suo ragionamento più per passaggi evocativi che per
induzione. Tuttavia possiamo individuare una traccia nel suo percorso: dopo una breve
introduzione, l’omileta sviluppa un unico tema, quello dell’attesa secondo due diverse
angolazioni per poi giungere ad una conclusione.

Nell’iniziare il suo testo l’autore afferma, senza ulteriori spiegazioni, che il
tempo di avvento è un tempo di attesa.

Il corpo dell’omelia sviluppa questa idea in due direzioni. In un primo momento
l’omileta, a partire da Isaia, riflette sul significato dell’attesa che non è una
mancanza, ma una tensione verso la pienezza: come una donna incinta attende di
veder nascere il suo bambino anche se già lo sente dentro di sé, così anche noi
attendiamo la nascita di Dio, pur sentendolo già presente nella nostra anima.

In un secondo momento, sempre nel corpo del testo, l’omileta afferma che
attendere significa dare vita, far vivere:
«Così io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un
Dio che già sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il
Verbo, è gravida di un progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano,
l’attesa di mille realizzazioni possibili, porta in sé l’uomo che verrà. Attendere, allora,
equivale a vivere. Ma a vivere d’altri». 109
Secondo l’autore due sono i rischi che corriamo nella nostra fede: da una
parte avere un cuore indurito, come afferma Isaia, che ci spinge a vivere una vita
che non sa più stupirsi, che perde di profondità, «che si lascia rubare l’anima»
come egli efficacemente scrive; dall’altra vivere un’esistenza addormentata,
come dice Gesù, una vita che smarrisce la consapevolezza dell’interiorità.

L’autore conclude il suo ragionamento affermando che per combattere questo
doppio rischio la Parola ci invita alla vigilanza, all’attenzione.
108
109
Appendice, 102.
Ivi, 103.
62
Lo schema riassuntivo è, quindi:
Introduzione:
Corpo:
Conclusione:
avvento è attesa
si attende non per una mancanza, ma per una
pienezza;
attesa è vivere per gli altri;
i rischi: un cuore indurito, una vita addormentata
vivere attenti
3.5.2.1.2 Analisi critica del testo
L’autore sviluppa in maniera originale il suo ragionamento: l’attesa non è una
mancanza, ma il desiderio di una pienezza, come una madre che aspetta chi già possiede.
Proprio l’immagine della madre porta l’omileta ad affermare che attesa è dare vita agli altri.
Ma per dare vita occorre affrontare due difficoltà: superare l’indurimento del cuore e
l’assopimento della coscienza. L’avvento ci invita a vivere attenti.
L’attualizzazione si coglie nella citazione indiretta di Isaia (il cuore indurito) e di
Gesù (assopimento), che l’autore sviluppa proponendo degli esempi concreti per la vita
odierna.
Per quanto concerne i contenuti, Padre Ronchi sviluppa temi spirituali (l’attesa di un
Dio che già conosciamo), etico sociali (l’attenzione all’altro), e biblici (la necessità della
conversione).
Il testo appare complessivamente poco organizzato e di difficile comprensione
logica. Ciò è probabilmente da imputare al fatto che l’autore preferisce procedere per
evocazioni simboliche.
Continuiamo ora il nostro lavoro approfondendo l’analisi sintetica e trasversale
dell’insieme delle omelie di avvento.
3.5.2.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo
liturgico in cui essa è dettata.
Più concentrato a sviluppare alcuni elementi evocativi del Vangelo, padre Ronchi
non si preoccupa di richiamare in maniera esplicita il significato del tempo di Avvento e
nemmeno quello dell’inizio dell’anno liturgico.
Un unico richiamo è presente nel testo dell’omelia della prima domenica:
63
«Avvento è il tempo dell’attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro
dell’attesa e del desiderio».
Nel testo dell’omelia per la terza domenica di Avvento l’autore getta uno sguardo al
Natale imminente, ma solo per attualizzare la figura del Battista che cerca la propria identità
in Dio:
«Giovanni ha trovato la sua identità, ma in un Altro. Solo Dio svela quello che io sono in profondità:
il mio segreto è oltre me. La sua venuta non mortifica ma incrementa la mia persona. A Natale Dio
entra e l’uomo diventa un “nido di sole” (Turoldo)».
Commento [PC16]: comunicazio
ne
Commento [PC17]: attualizzazio
ne
Infine, nel testo dell’omelia per l’ultima domenica, l’inizio del testo richiama la
celebrazione del Natale ormai imminente:
«Tra pochi giorni è Natale. E ci sentiamo ancora una volta impreparati. La liturgia allora ci prende per
mano e ci accompagna, additando colei che meglio ha vissuto l’attesa di Dio: santa Maria».
Padre Ronchi non pare interessato ad inserire le proprie riflessioni nel contesto
liturgico, né di cogliere unità fra i testi delle diverse domeniche di Avvento ne viene che i
suoi testi potrebbero essere letti in una qualsiasi altra domenica dell’anno liturgico senza
troppe differenze. Tale assenza emerge a nostro parere in maniera marcata.
3.5.2.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia
L’autore organizza le sue omelie a partire dalla Parola, in particolare dal Vangelo
della domenica e sviluppa gli elementi del testo biblico in maniera originale. Non sempre
sembra però che il suo approccio esegetico sia esauriente e corretto. Spesso si ha
l’impressione che la Parola serva ad evocare una riflessione scaturita da una suggestione,
senza verificare a monte la correttezza delle affermazioni fatte. L’attualizzazione del testo
che ne deriva è affascinante, ma rischia di partire da un’approssimativa interpretazione del
testo biblico.
Nella prima domenica l’autore è attento ad attualizzare l’atteggiamento della veglia
in attesa del Signore:
«Attendere, allora, equivale a vivere. Ma a vivere d’altri. Un doppio rischio incombe su di noi: il
“cuore indurito”, secondo Isaia (perché lasci che si indurisca il nostro cuore?), e quella che Gesù
chiama “una vita addormentata” (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati) ».
Commento [PC18]: pdd
64
Nell’omelia della seconda domenica sviluppando, come fa Mons. Paglia, l’incipit del
Vangelo di Marco, l’autore afferma:
«Inizio del Vangelo di Gesù Cristo. Inizio della buona notizia.
A partire da che cosa ricominciare a
vivere, a progettare? Da una buona notizia. Non ricominciare mai da pessimismo, non dai problemi,
Commento [PC19]: vita concreta
neppure dall’illusorio primato della realtà che sembra dominare nel mondo. Ricominciare da una
cattiva notizia è solo intelligenza apparente, priva di sapienza di Vangelo.
Ricominciare dalle buone
notizie di Dio: e subito, fin dalle prime parole, Marco mostra come fare per accorgersene e per
accoglierle. Tutta l’esperienza dell’uomo spirituale è riassunta in questi pochi versetti».
Commento [PC20]: vita
spirituale
L’attualizzazione del testo parte da un’esegesi approssimativa: la «buona notizia» di
cui parla Marco non consiste nelle «buone notizie di Dio», ma nella «notizia lieta e
sorprendente che il Signore sia Gesù di Nazareth, un Messia e Signore con tratti inattesi,
differenti, perfino capovolti, rispetto al modo con cui nella grecità (e non solo!) si
immaginava la signoria di un essere divino». 110
Nel commento al Vangelo della quarta domenica l’autore afferma:
«Il Vangelo dell’annunciazione comincia con sette nomi propri (sette è il numero della completezza)
di luoghi e persone che affollano la pagina di Luca e mostrano che il venire di Dio coinvolge la
totalità della vita. (…) “L’angelo entrò da lei”, nella sua casa: un giorno qualunque, in un luogo
qualunque, un annuncio consegnato nell’intimità, nella normalità di una casa. È nella casa che Dio ti
sfiora, ti tocca. (…) La prima parola dell’angelo è ch'ire, gioisci, sii felice; non dice: “fai, alzati,
inginocchiati, prega”; solo: “gioisci”. Il primo Vangelo è lieta notizia e precede qualunque tua
risposta. La fede ha radice nella gioia. Il perché della gioia è detto con la parola successiva: “piena di
grazia”, riempita della vita di Dio, sei amata teneramente, gratuitamente, per sempre. Ecco il nome di
Maria: “amata per sempre”. Il mio nome.
L’angelo aggiunge: Il Signore è con te. In questa mia vita
inadeguata il Signore è con me. In questa mia vita distratta e invasa, il Signore è ancora con me.
L’angelo fa eco all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio innamorato,
che nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato con te,
dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò».
L’affermazione dell’autore secondo cui il vangelo dell’annunciazione comincerebbe
con sette nomi propri di luoghi o persone segno della pienezza non è affatto chiara e, anche
se suggestiva, non trova riscontro nei commenti esegetici da noi consultati111.
Alcune imprecisioni e perplessità derivano dall’interpretazione del saluto dell’angelo
110
MAGGIONI, B., Il racconto di Marco, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 26.
MAGGIONI, B., Il racconto di Luca, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 23-33; DA SPINETOLI, O., Luca,
Cittadella Editrice, Assisi 1986, 65-78; FAUSTI, S., Una comunità legge il racconto di Luca, EDB, Bologna
2003, 28-34.
111
65
Commento [PC21]: comunicazio
ne
data da Padre Ronchi che è, sì, un invito rivolto a Maria a gioire, ma che ha una vasta eco
biblica. A tal proposito, il noto esegeta Ortensio Da Spinetoli, da noi consultato per avere
ragguagli in merito, inserisce il brano lucano in un contesto ben più ampio:
«Esulta è l’invito rivolto dai profeti post-esilici alla comunità ideale degli ultimi tempi (la “figlia di
Sion”) a tenersi pronta per accogliere il re e il salvatore messianico. Rivolgendolo a Maria l’angelo
vuol dire che ella è chiamata a rappresentare, più ancora a sostituire la comunità messianica in vista
delle future realizzazioni». 112
L’autore non sembra approfondire a sufficienza l’esegesi del brano, che, forse
avrebbe meritato anche solo brevemente di essere inserito nel suo contesto biblico per offrire
al lettore un più completo approccio al testo.
Più riuscita è invece l’attualizzazione della Parola come emerge negli ultimi due
testi: la figura del Battista, la riflessione sulla sua identità e il dialogo dell’angelo con Maria
nell’annunciazione diventano per l’autore occasione di un continuo richiamo al cammino
interiore del fedele. Così l’autore argomenta nell’omelia della terza domenica:
«Venne un uomo mandato da Dio.... per dare testimonianza alla luce.
Ecco cos’è un profeta:
testimone della luce e non dell’ombra; annunciatore del bene non dello sfascio o del degrado del
mondo; sentinella del positivo non dei difetti o dei peccati che assediano ogni epoca e ogni vita;
testimone che ogni Adamo ha conservato in sé, sotto la tunica di pelle, una tunica di bellezza che il
Commento [PC22]: immagini
Messia, nei giorni più veri, riporterà alla vista e alla gioia di tutti».
Dal nostro punto di vista sarebbe però più opportuno che l’autore spiegasse seppur
brevemente le caratteristiche del profeta così come emergono nella Bibbia, prima di
proporne l’attualizzazione.113
Si veda anche più oltre un altro esempio di attualizzazione, nella stessa domenica:
«Tu, chi sei? Chiedono a Giovanni ed egli per tre volte risponde: io non sono. Maschere che cadono:
io non sono ciò che gli altri credono di me, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato. Io
sono voce, un Altro è la parola; io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di
significati che sono da prima di me, che saranno dopo di me. Giovanni ha trovato la sua identità, ma
Commento [PC23]: comunicazio
ne
in un Altro. Solo Dio svela quello che io sono in profondità: il mio segreto è oltre me».
112
DA SPINETOLI, O., Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1986, 70. Tale interpretazione è però messa in
discussione da ORSATTI, M., L’annuncio a Maria (Lc 1,26-38), in LACONI, M., Vangeli Sinottici e Atti degli
apostoli, LDC, Leumann 20022, 292: «Per quanto suggestiva possa essere tale interpretazione, essa appare
possibile ma non probabile: nell’AT la Figlia di Sion rappresenta il popolo, mentre qui si tratta di una persona
singola».
113
Vedi, ad esempio: PEISHER, C., Profeta, in COENEN, L. – BEYREUTHER, E. – BIETENHARD, H., (edd.),
Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, EDB, Bologna 19914,1430-1438.
66
I riferimenti alle altre letture del Lezionario, ma anche ad altri testi biblici, facendo
un’interpretazione del testo biblico a partire dalla Scrittura stessa come auspicato dal
Magistero,114 sono accennati e poco approfonditi.
Si vedano ad esempio le seguenti affermazioni: durante la prima domenica l’autore
scrive «Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell’attesa e del
desiderio». Durante l’omelia della seconda domenica di avvento dice: «Come Isaia, profeta
è uno che “apre strade” anche nel deserto, tracce di speranza anche là dove sembrava
impossibile; che non si mimetizza né si lascia omologare dal pensiero dominante».
Padre Ronchi usa la Parola ricercandone il significato spirituale, ma non sembra
coltivare in modo appropriato l’aspetto esegetico. Il rischio che ne deriva è una riflessione
spirituale e un’attualizzazione poco ancorati alla corretta interpretazione del testo.
3.5.2.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia
Padre Ronchi lascia qualche spazio, pur nel suo stile, all’approfondimento di alcuni
aspetti del mistero della fede. Usando un linguaggio inconsueto l’autore nell’omelia della
prima domenica scrive che la ricerca di Dio è una dimensione costitutiva dell’uomo,
presente in ogni persona:
«Così io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un Dio che già
sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il Verbo, è gravida di un
progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano, l’attesa di mille realizzazioni
possibili, porta in sé l’uomo che verrà».
Nel testo dell’omelia della seconda domenica riprende il tema della ricerca: «Come
un profeta, ogni uomo spirituale è costantemente in viaggio, alla ricerca di ciò che ancora
non ha, la sua casa è oltre: allora è pronto per nascite ed inizi».
Nella terza domenica l’autore sviluppa una incisiva riflessione sulla testimonianza
cristiana affidata al fedele nonostante i suoi limiti e i suoi peccati:
«Con i miei peccati e le mie ombre, con tutte le cose che sbaglio e non capisco, con la mia fragilità e i
miei errori, nonostante tutto, io posso essere testimone che “Dio è luce e in lui non vi sono tenebre”
114
«Per portare a buon fine l’attualizzazione, l’interpretazione della Scrittura mediante la Scrittura è il metodo
più sicuro e più fecondo, specialmente nel caso dei testi dell’Antico Testamento che sono stati riletti
nell’Antico Testamento stesso (per es. la manna di Es 16 in Sap 16, 20-29) e/o nel Nuovo Testamento (Gv 6)».
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, II, 14.
67
(1Gv 1,5); che il mondo si regge su di un principio di luce, un principio di bene e di bellezza, che è da
sempre, più antico, più profondo, più originale del male».
L’ultima domenica è per l’autore l’occasione di ricordare uno degli attributi di Dio:
«L’angelo fa eco all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio
innamorato, che nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato
con te, dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò. Nessuno è stato con me in tutti i
passi che ho compiuto, che ho perduto, che ho ritrovato, Dio solo. E quando Gesù lascerà i suoi,
Commento [PC24]: poesia
l’ultima parola sarà eco della prima: Io sarò con voi tutti i giorni, fino al consumarsi del tempo, al
compiersi dell’incarnazione».
Padre Ronchi è abile nel proporre i misteri della fede con un linguaggio moderno e
accattivante. Un teologo avrebbe da obiettare sulla precisione delle immagini, ma l’efficacia
evocativa del suo linguaggio rende accessibile a molti concetti della fede altrimenti di
difficile comprensione.
L’autore è attento ad attualizzare continuamente la Parola, a farla diventare vita
quotidiana. L’invito rivolto al fedele, a conclusione della prima domenica, è efficace:
«Vivere attenti: agli altri, ai loro silenzi, alle loro lacrime e alla profezia; in ascolto dei minimi
movimenti che avvengono nella porzione di realtà in cui vivo, e dei grandi sommovimenti della storia.
Attento alla Vita che urge, tante volte tradita, ma ogni volta rinata».
Commento [PC25]: attualizzazio
ne
Come il Battista e Isaia, anche il fedele è chiamato a diventare testimone e profeta:
«Come Giovanni, io voglio testimoniare un Dio di luce, un Dio solare e felice, che ha fatto risplendere
la vita (2 Tm 1,10), ha dato splendore e bellezza all’esistenza, ha immesso e continua a seminare
frammenti di sole dentro le vene oscure della storia. Io testimonio non obblighi o divieti, ma il fascino
della luce; profeta non della legge ma della grazia, non della verità ma della bontà immensa che
penetra l’universo, di un Dio liberatore, che va in cerca dei prigionieri per rimetterli nel sole».
Commento [PC26]: attualizzazio
ne
La figura di Maria, nell’ultima domenica, attualizza e vivifica l’attesa per il Natale
ormai imminente:
«Con lei come modello, di colpo capiamo che cosa è il Natale: non il ricordo di un fatto storico
accaduto in quel tempo, ma l’accoglienza di un fatto che avviene ora: l’incarnazione di un Dio che già
Commento [PC27]: esemplarità
di Maria
germina in me».
68
3.5.2.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità
È proprio nel linguaggio comprensibile, accessibile, coinvolgente, diretto,
colloquiale il punto di forza di padre Ronchi, che evita termini eccessivamente tecnici. Le
frasi brevi, incisive, il ricorso abbondante ad immagini, tengono desta l’attenzione del lettore
e, immaginiamo, dell’uditore.
L’autore inserisce spesso testi di autori di spiritualità e di autori laici, attirandosi il
favore dell’uditorio più sensibile alla cultura contemporanea:
«Attendere con tutto me stesso significa desiderare, “attendere è amare” (Simone Weil)».
«Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come “il furto dell’anima” nel
nostro contesto culturale».
«Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce / rumore della vita
(Sandro
Penna)».
Commento [PC28]: citazioni
«A Natale Dio entra e l’uomo diventa un “nido di sole” (Turoldo)».
Commento [PC29]: attualizzazio
ne
L’efficacia comunicativa, nella prima domenica, è evidente quando l’autore ricorre
ad una metafora forte ed efficace:
«Si attende non per una mancanza, ma per una pienezza, una sovrabbondanza. Come fa ogni donna
incinta, quando l’attesa non è assenza, ma evento di completezza e di totalità, esperienza amorosa
dell’essere uno e dell’essere due al tempo stesso. Il mio Avvento è come di donna «in attesa», quando
Commento [PC30]: esempio
la segreta esultanza del corpo e del cuore deriva da qualcosa che urge e gonfia come un vento
misterioso la vela della vita».
L’autore usa frasi ad effetto per tenere desta l’attenzione dell’uditore: «Io no, voglio
vivere vigile a tutto ciò che sale dalla terra o scende (…).
Vivere attenti è il nome
Commento [PC31]: poesia?
dell’Avvento».
Commento [PC32]: comunicazio
ne
Similmente ciò si riscontra nell’omelia della terza domenica di Avvento:
«Maschere che cadono: io non sono ciò che gli altri credono di me, io non sono il mio ruolo e
nemmeno il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la parola; io sono voce, trasparenza di qualcosa che
viene da oltre,
eco di significati che sono da prima di me, che saranno dopo di me».
Commentando il fatto che l’annuncio dell’angelo a Maria avviene in casa e non nel
Tempio, padre Ronchi usa una bella immagine:
69
«È così bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle Cattedrali, o in giorni
speciali, ma soprattutto nella vita comune! Come nella Messa il sublime confina con una tovaglia, un
calice e un pane, così nella casa l’immenso si insinua nelle piccole cose finite di ogni giorno».
Commento [PC33]: attualizzazio
ne catechesi
La forza espressiva del suo testo è anche, a nostro parere, il tallone di Achille
dell’autore: il rischio di ricorrere ad immagini poco comprensibili, o di esagerare nella
ridondanza o di scivolare in un linguaggio criptico è sempre in agguato.
Che comprensione può avere un fedele di cultura media di una frase come la
seguente?
« (…) vegliando su tutti gli avventi del mondo: sulle cose che nascono, sulla notte che finisce, sui
Commento [PC34]: poesia?
primi passi della luce, custodendo germogli, e la loro musica interiore».
Un altro limite dell’autore, a nostro avviso, consiste nella difficile individuazione di
uno schema all’interno del suo testo: Padre Ronchi sviluppa una serie di temi a partire da
suggestioni, in un susseguirsi di rimandi e di stimoli che rischiano di far perdere il filo del
discorso.
70
3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta
Come auspicato dai documenti analizzati, nei testi di padre Ronchi si rileva una
profonda riflessione sul testo, e una buona padronanza della vita spirituale propria e del
fedele. Come egli stesso dichiara con passione in un’intervista:
«Mi sento servo, ministro al servizio della Parola: è la passione, è il richiamo, la fonte, la roccia, il
nido della mia vita. Annunciare la Parola, scrivere della Parola, tradurla nel linguaggio di oggi sono le
pietre miliari del mio cammino quotidiano. I momenti più intensi della mia vita li esperimento quando
leggo, ascolto, studio, in silenzio da solo, la Parola di Dio. Quando la lascio arrivare, scavare,
incidere. In quei moneti c’è a volte il tocco, il segno della vicinanza dello Spirito, è la porta che si apre
più facilmente sull’esperienza di Dio»115.
Padre Ronchi è affascinato anche dalla letteratura profana e dalla poesia, che
richiama e inserisce nei tuoi testi, manifestando in questa attenzione l’influenza esercitata su
di lui dal poeta Turoldo, anch’egli Servita, citato esplicitamente nelle sue riflessioni.
3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive
I commenti di padre Ermes Ronchi utilizzano efficacemente il linguaggio
contemporaneo con l’esplicito intento di comunicare il mistero di Dio.
L’autore non presta molta attenzione al contesto liturgico in cui sono inserite. Le sue
omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio che conosce più nell’aspetto di
attualizzazione spirituale che nell’aspetto esegetico. Concentrandosi sul rapporto personale
fra la Parola e il fedele, è a nostro parere trascurata la dimensione sociale e comunitaria del
testo. I testi eucologici non vengono mai invocati, né si attinge in qualche modo ai testi dei
Padri della Chiesa. Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce aspetti teologici per
la vita concreta del fedele in maniera spesso intuitiva e poco organica. È capace di
coinvolgere il lettore e l’uditorio con un linguaggio amichevole e diretto, evocativo e
appassionato, dimostrando una grande competenza nella forma della comunicazione.
Questa qualità gli è stata recentemente riconosciuta, essendo stato chiamato dalla rete
televisiva nazionale «Rai Uno» a sostituire Padre Raniero Cantalamessa nel commento al
vangelo domenicale nella trasmissione A sua immagine.
115
Intervista a Ermes Ronchi di Angelo Onger su http://it.wikipedia.org/wiki/Ermes_Maria_Ronchi
71
Le omelie di padre Ronchi sono dunque esemplari per l’attenzione al linguaggio, per
l’efficacia comunicativa e per l’esclusivo riferimento alla Parola di Dio. Come abbiamo già
avuto modo di affermare in esse emerge però qualche aspetto problematico dovuto
innanzitutto all’approssimazione del dato esegetico, ma anche alla totale assenza di
riferimento ai testi della Tradizione cristiana.
72
3.5.3 Mons. Antonio Riboldi
Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» a firma di Mons. Antonio
Riboldi, pubblicate su diversi siti116 oltre che su qumran2.net, sono state scritte alla fine del
2008.
3.5.3.1 Il piano di lavoro dell’autore
Questo è il programma proposto da Mons. Riboldi per le omelie che prenderemo in
considerazione:
Prima domenica di Avvento
Seconda domenica di Avvento
Terza domenica di Avvento
Quarta domenica di Avvento
«Avvento, attesa della grande Gioia»
« Giovanni, la voce che grida nel deserto »
«Venne un uomo mandato da Dio»
« Un sì che diventa la nostra storia »
Le quattro omelie sono ben collegate le une alle altre e seguono uno schema definito.
Durante la prima domenica l’autore sviluppa il concetto di «attesa» in rapporto con
la Storia della salvezza a partire dalla caduta del peccato originale per poi riflettere, nella
domenica successiva, sulla necessità della conversione proclamata dal Battista
attualizzandola ai nostri giorni. Egli si sofferma quindi sulla figura del precursore
tracciandone un interessante parallelismo con la figura di Papa Giovanni XXIII (si veda la
terza domenica). Conclude riflettendo sul mistero dell’Annunciazione e sul “sì” che
possiamo anche noi offrire a Dio nella quarta.
Fra gli autori analizzati, l’autore è l’unico a scrivere l’omelia finalizzandola
all’esclusiva lettura: a tal fine egli si preoccupa di citare ampi stralci dei testi biblici in
esame, semplificando al massimo la loro fruizione.
Il testo scritto conta in media 7000 caratteri e si ipotizza richieda un’esposizione
orale di oltre quindici minuti.
116
Troviamo le omelie di Mons. Riboldi su numerosi siti fra cui il portale liturgico www.lachiesa.it. Da poco
Mons. Riboldi ha un suo sito, www.antonioriboldi.it con la possibilità di ricevere le sue omelie in formato
digitale per e-mail.
73
3.5.3.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia
Analizziamo ora a titolo esemplificativo, dal punto di vista letterario e tematico,
l’omelia della prima domenica di avvento.117 Come rilevato sopra, l’omileta organizza
l’esposizione secondo lo schema indicato: introduzione, corpus, conclusioni.

L’autore esordisce ponendo una domanda retorica: «Come non vedere
nell’Avvento il tempo dell'attesa del più grande evento nella nostra storia di
Uomini, ossia Dio che torna tra noi?». L’omileta presenta il Natale come l’evento
di Dio che torna fra noi, dopo il suo rifiuto da parte dei progenitori. Il ritorno di
Dio è frutto del suo amore per noi, della sua costanza, della sua fedeltà. L’autore
chiude questa introduzione ponendosi un’ulteriore domanda: «Come prepararci a
questo ritorno?».

A partire dal profeta Isaia e dalla sua accorata preghiera, l’omileta invita i lettori
a far crescere il desiderio e l’invocazione di Dio in loro stessi. Molti dei suoi
lettori hanno manifestato il desiderio di una più profonda vita interiore e il
prelato professa la sua fede: solo Dio può colmare il nostro cuore.

L’autore, infine, propone un cammino di preparazione al Natale: invita i suoi
lettori a coltivare la vita di preghiera, a curare la meditazione della Parola e ad
aprirsi alla carità.

Un’invocazione a Maria conclude la lunga e articolata riflessione.
Lo schema riassuntivo ci pare essere, quindi:
Introduzione: avvento è Dio che torna fra noi dopo la caduta del peccato
originale, come prepararsi?
Corpo:
Isaia innalza un’accorata preghiera per la venuta di Dio;
molte delle persone incontrate dall’autore manifestano lo stesso
desiderio di salvezza;
Dio solo colma la nostra invocazione;
come vivere questo tempo di attesa?
Conclusione: La preghiera, la meditazione della Parola, la carità
Preghiera a Maria
117
Appendice,107.
74
3.5.3.1.2 Analisi critica del testo
L’autore sviluppa in maniera articolata il suo ragionamento: l’avvento è preparasi ad
accogliere il ritorno di Dio. Ogni uomo, come Isaia, sperimenta la sua assenza e innalza la
sua preghiera, consapevole del fatto che Dio solo colma il nostro desiderio di pienezza. Per
coltivare questo desiderio occorre vivere nella preghiera, meditando la Parola, condividendo
il necessario con i fratelli bisognosi. Maria ci aiuta in questo compito.
L’attualizzazione si coglie in particolare nell’invocazione di Isaia che diventa il
modello della ricerca di ogni uomo che cerca un senso alla sua vita.
Per quanto concerne i contenuti, Mons. Riboldi sviluppa temi teologici (la
redenzione), biblici (l’invocazione e l’attesa di salvezza), e di vita spirituale (la preghiera, la
meditazione, la carità).
Il testo appare molto articolato, inframmezzato da numerosi aneddoti e citazioni, ma
non manca di un suo sviluppo logico e consequenziale.
Proseguiamo la nostra analisi proponendo una lettura sintetica e trasversale
dell’insieme delle omelie a partire dalla griglia di valutazione proposta più sopra.
3.5.3.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo
liturgico in cui essa è dettata.
L’autore è molto attento ad inserire nel contesto liturgico ogni omelia. Sia la
spiegazione del significato dell’Avvento che l’orientamento dello stesso verso il Natale sono
reiterati ed opportuni: proprio a questo proposito egli propone numerosi collegamenti fra le
letture. Durante il commento alla prima domenica, dopo una lunga introduzione riguardante
la Storia della salvezza, Mons. Riboldi scrive:
«La Chiesa, oggi, dedica questo tempo, l’Avvento, perché tutti possiamo preparare la nostra grotta,
per ricevere Dio che viene a noi nell'umiltà del presepio, che è l'espressione della Sua grande
discrezione e delicatezza, come è la natura dell'Amore»;
poi conclude:
«Per questo l'Avvento è davvero il tempo di metterci alla prova, per vedere se davvero in noi c'è il
sincero desiderio che Dio si faccia strada, Che venga e, quindi, ci apra alla gioia del Natale, che è Lui
con noi, pronto a condividere gioie e speranze, sofferenze e ansietà».
75
Nella seconda domenica l’autore dichiara:
«Non ci resta, carissimi, che vivere questo tempo dì Avvento, mettendo alle spalle una vita che non è
attendere con gioia Dio che viene.
Non facciamoci illudere dalle tante vanità che in questo tempo il
mercato propone, chiamandole ‘Natale’, quando è solo ‘consumismo’».
Commento [PC35]: natale
Mons. Riboldi è molto attento a recuperare l’autentico senso liturgico e teologico del
Natale, contrastando la visione imperante che non esita a descrivere con durezza. Nella terza
domenica egli ammonisce:
«Per chi Natale è solo un'occasione di doni, è la fragile gioia di fare contenti per un momento coloro
che amiamo, per chi è solo consumo, diventa un frenetico scambio di auguri, in tutti i modi. Come se
tutti volessero farci ricordare che 'ci siamo', almeno per un giorno!
Ma per noi la gioia viene da altra
Commento [PC36]: Natale
sorgente, che è vera Gioia: la venuta tra dì noi di Dio, nato a Betlemme».
L’autore rilegge l’attesa del Natale come atteggiamento basilare e costitutivo di ogni
uomo che cerca il senso della vita:
«Che il Santo Natale abbia avuto - ed abbia - un fascino unico nel cuore di tanti è innegabile.
In
questi giorni, poi, che ci accostiamo alla Solennità, questo fascino diventa l'aria di una grande attesa di
speranza, di 'nuovo’, che ha le sue radici nel cuore dell'uomo, sempre che questi appartenga 'agli
uomini di buona volontà'.
E' un'attesa coltivata da secoli e mai scomparsa, che dovrebbe essere
consapevole e vigile nella nostra esperienza quotidiana, perché la nostra vita e quella di tutti sia
migliore in ogni senso».
Mons. Riboldi orienta interamente la sua riflessione intorno al tempo liturgico, anzi:
anticipa la riflessione sul Natale cui ci si sta preparando.
3.5.3.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia
L’autore trae la sua omelia principalmente dalla Parola di Dio del giorno, citandone
interi passi sia dal Vangelo che dalle altre letture. Il collegamento è ben centrato e, pur non
avventurandosi in spiegazioni esegetiche o in contestualizzazioni, la lettura del testo è
gradevole e i riferimenti opportuni.
Così, a titolo di esempio, durante la prima domenica, l’autore parte dalla
constatazione della condizione fragile dell’uomo come conseguenza del peccato originale
per introdurre l’invocazione del profeta Isaia nella prima lettura:
76
«Vorrei facessimo nostra, in questo tempo di Avvento, la preghiera del profeta Isaia (…)
L'implorazione del Profeta non si adatta forse a tanti del nostro oggi? Così come la sua accorata
preghiera, perché Dio torni tra noi, non è forse il desiderio di tanti, a cominciare da noi? ».
Durante la terza domenica incentrata sul tema della gioia, l’autore così introduce la
seconda lettura:
«E la Chiesa, oggi, come a confermare la riscoperta della Gioia annunciata dal profeta Isaia, con la
Lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi, annuncia: “Fratelli, siate sempre lieti (…)”».
Nel contesto della prima domenica giunge perfino ad una rilettura in chiave
cristologica del Salmo responsoriale: «Vorrei pregare in questo tempo Gesù, con le parole
del Salmo 79:
”Dio degli eserciti, ritorna!”
(…)».
Come abbiamo visto nella prima parte dell’introduzione del nostro studio, le fonti cui
l’omileta attinge per la sua riflessione sono la Parola di Dio, i testi eucologici e i testi della
Tradizione. Mons. Riboldi è molto attento a quest’ultimo aspetto, riprendendo ampiamente
alcuni brani del recente Magistero papale riguardanti il senso del Natale.
Così, nella seconda domenica di avvento, parlando del desiderio e dell’attesa di
salvezza dell’uomo, egli cita un lungo stralcio dell’omelia tenuta da Benedetto XVI nel
Natale del 2006, chiedendosi con lui se ci sia ancora bisogno di un Salvatore: 118
«“Ma è ancora necessario un Salvatore - affermava Benedetto XVI, nel Natale del 2006 - per l’uomo
del terzo millennio? Per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare
l’Universo? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva che
naviga nell’oceano virtuale di Internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali,
ha ormai reso la terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta come
sicuro e autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi,
quest'uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non è. (…) A Natale, proprio in questo che si
definisce 'oggi', Cristo viene tra la sua gente e a chi Lo accoglie dà il potere di diventare figli di Dio,
di condividere la gioia dell'Amore. Gesù, il Salvatore, sa che noi abbiamo bisogno di Lui. Ed è
proprio nell'intimo dell'uomo, che la Bibbia chiama 'cuore', che egli ha bisogno di essere salvato”».
Durante l’omelia dell’ultima domenica, commentando l’annunciazione a Maria,
l’autore cita un testo di papa Paolo VI:
«“Pensiamo per un momento - affermava Paolo VI - all'avvenimento prodigioso che l'annunciazione
ci ricorda. Ci ricorda l’entrata nuova, soprannaturale, personale, di Dio nel mondo delle sue creature,
118
L’autore non offre ulteriori precisazioni. Avendo trovato il testo della Messa della notte di Natale dello
stesso giorno (http://www.ratzingerbenedettoxvi.com/nottesanta.htm) e non avendo trovato riscontri della
citazione, presumiamo che si tratti l’omelia della Messa del giorno di Natale del 25 dicembre 2006.
77
Commento [PC37]: Papa
anzi nella nostra terra, nella nostra storia, nella nostra natura umana.
È la festa del’Incarnazione; è la
prima, la più profonda, la più ineffabile festa del poema cristiano. È la festa del più miracoloso
avvenimento che sia mai accaduto nel corso dei secoli. Pensiamo: il Verbo di Dio, Dio Lui stesso, in
virtù dello Spirito Santo, l’Amore infinito calato sopra la più innocente figlia di questa terra, viene a
vivere da uomo, come uno di noi (esclusa la nostra condizione radicale di peccatori), fondendo in sé
con la sua natura divina la nostra natura umana; assume la nostra carne, la nostra forma di vita, la
nostra sorte.
(…) Lasciamo che l’esempio di Maria tracci a noi la lezione di cui abbiamo
maggiormente bisogno, perché Dio si incarni nella nostra vita, perché la sua volontà, che ha nei cieli il
suo regno, sì realizzi qui in terra, nel regno sconvolto dalla nostra voglia di libertà, nella volontà,
perché possiamo essere davvero seguaci di Cristo e fruire della sua salvezza"».119
Un appunto critico che ci sembra di poter fare sull’uso della Parola di Dio riguarda
una certa sua forzatura nell’interpretazione esegetica del testo, così come ci è dato di
cogliere nell’omelia della terza domenica al punto in cui l’autore parlando di uomini che
portano la speranza, si dilunga sulla figura di Papa Giovanni XXIII e del grande sgomento
che tutti hanno provato nel momento in cui hanno seguito le ultime ore di vita del Santo
Padre:
«Volendolo ancora vicino, come non dovesse conoscere la morte, ma consapevoli che ormai Dio lo
voleva vicino a Sé, come il buon servo fedele, che aveva testimoniato la Luce, in coro ci siamo detti:
“Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone della
Luce”».
L’interpretazione del testo biblico commentato è poco corretta, anche se
affascinante: il Giovanni mandato da Dio è, nell’intenzione del testo evangelico, il Battista,
ma si coglie nell’autore la volontà di attualizzare la Parola e di mostrare come la stessa
possa essere ancora vissuta da uomini contemporanei come Papa Giovanni, con grande
efficacia.
3.5.3.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia
L’autore sviluppa numerosi aspetti del mistero della fede nell’omelia, dimostrando
non solo una buona formazione teologica, ma anche un’ottima esperienza pastorale che
lascia trasparire nei consigli concreti per la vita cristiana.
119
Paolo VI, 25 marzo 1961.
78
All’inizio del percorso di avvento, egli si preoccupa, in maniera originale, di situare
la preparazione al Natale nel grande disegno di salvezza che Dio ha sull’uomo:
«I nostri progenitori, tentati da satana, avevano preferito il proprio orgoglio all'amore immenso del
Padre, che ci aveva creati e fatto dono della vita, per la sola ragione di essere partecipi della sua
felicità eterna. Gli abbiamo detto NO. E ci siamo trovati 'nudi'. Risuonano sempre alle orecchie le
amare parole del Padre tradito, che ci cerca: 'Uomo dove sei?'. 'Mi sono nascosto perché sono
nudo'.
E da allora è iniziata la profonda e dolorosa nudità, che tante volte ci accompagna e sentiamo
interiormente. In fondo, la terribile realtà storica dell'umanità è questa nudità, ossia l'assenza
dell'amore di Dio, che è la sola ragione della nostra esistenza, anzi, la sola vita possibile.
Ma Dio,
che è Amore, che è per noi il Padre di cui non possiamo fare a meno, dopo una lunga attesa, che ha
accompagnato il popolo eletto, nel Vecchio Testamento, come 'a preparare la Sua Via', torna tra noi,
uomo tra uomini, per riportarci a casa».
Facendo tesoro della tradizione cristiana che invita i fedeli a vivere i tempi liturgici
forti, con maggiore attenzione alla preghiera, alla meditazione della Parola di Dio e
all’esercizio dell’elemosina120, Mons. Riboldi esorta i suoi lettori: «E un modo di ‘vegliare’,
cioè attendere la venuta di Gesù a Natale, è quello di affidarsi alla preghiera, alla lettura
Commento [PC38]: vita cristiana
della Parola, alla carità verso chi non ha».
Commentando il vangelo dell’annunciazione, egli trova il modo di invitare i fedeli a
riprendere la preghiera dell’Angelus, scandita dal rintocco delle campane:
«C’è una preghiera che segna il nostro tempo, giorno per giorno, richiamando il grande evento
dell'Annunciazione. Nelle nostre Chiese, l’evento che meditiamo oggi, ci viene ricordato con
l’Angelus, scandito dalle campane, ogni giorno, al mattino, a pranzo e a sera.
Un evento che ci
ricorda lo stupore dell’Annunciazione. Nelle nostre famiglie, un tempo, e forse anche oggi, in tanti si
risponde al suono delle campane, con la tradizionale preghiera, che è il racconto dei racconti,
l’Angelus, appunto:
“L’Angelo del Signore portò l'annunzio a Maria
ed ella concepì per opera dello
Spirito Santo.
Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la Tua Parola.
E il Verbo di Dio si
è fatto carne ed abitò tra noi.
Prega per noi santa Madre di Dio,
perché siamo fatti degni delle
promesse di Cristo”.
Una preghiera quotidiana, che è l’orologio della salvezza e ci ricorda il Natale
di Gesù. ogni giorno. Tre volte al giorno. I passi di Maria, che accompagnano i nostri passi, o così
dovrebbe essere».
120
Così nel Messaggio per la Quaresima del 2009 di Papa Benedetto XVI: «All’inizio della Quaresima, che
costituisce un cammino di più intenso allenamento spirituale, la Liturgia ci ripropone tre pratiche penitenziali
molto care alla tradizione biblica e cristiana – la preghiera, l’elemosina, il digiuno – per disporci a celebrare
meglio la Pasqua e a fare così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale,
“sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega
la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace” (Preconio pasquale)».
http://tuespetrus.wordpress.com/2009/02/03/messaggio-del-santo-padre-per-la-quaresima-2009/
79
Mons. Riboldi, con grande garbo, applica la Parola alla vita quotidiana, proponendo
gesti concreti di conversione, di cambiamento morale, attualizzando con efficacia le
indicazioni del tempo liturgico:
«Da una parte si fa professione di onestà e giustizia, di amore, tanto da sembrare tutti appartenenti ad
un 'regno di perfetti', che non hanno bisogno di correzione, sicuri dì essere sulla buona via - di cui
parla Isaia - per cui si è convinti di non avere bisogno di cambiamenti di rotta; ma dall’altra parte
siamo come circondati ed immersi in atteggiamenti, modi di pensare e di vivere, diversi con quanto a
parole professiamo. Al punto che a volte si irride - o noi stessi irridiamo - ciò che è onesto - come se
l’onestà appartenesse ad una civiltà, che adotta regole diverse e contrarie!
Si fanno elogi alla fedeltà
nell’amore, come un principio irrinunciabile, poi si accetta, come fosse una necessità, anzi come una
“giusta realizzazione della propria felicità”, avere un’amante, considerata come segno di libertà e non
come ingiustizia grave».
3.5.3.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità
L’omileta è estremamente efficace nella sua comunicazione: pur non manifestando la
competenza biblica di Mons. Paglia, o la forza evocativa di padre Ronchi, sa essere ascoltato
per la grande passione e per il coinvolgimento personale che mette nei suoi scritti. Egli usa
aneddoti personali, si rivolge direttamente alle persone che lo stanno leggendo
coinvolgendole, esprime sentimenti ed emozioni. Il suo è un linguaggio che esprime
vicinanza e calore.
Sin dalla prima domenica, parlando del bisogno di senso dell’uomo, cita un aneddoto
che lo ha coinvolto:
«Dopo una conferenza tenuta in una città sul tema: 'Abbiamo bisogno di Dio', accolta da un
incredibile silenzio, soprattutto dei giovani, per la passione che ci avevo messo, mi scrisse una
ragazza: “Che incredibile esperienza mi è toccata di vivere quella sera. Sono una di quelle che ha
sempre cercato di non pensare a Dio, come non fosse necessario per la mia vita. O meglio lo avrei
cercato in qualche libro, qualora i libri potessero darci quello Che non hanno. Ma quella sera, il
singhiozzo delle sue parole, che esprimevano da sole, quanto lei voglia bene al Padre, ha fatto sì che
Dio mi si è fatto vicino. Direi che più che le parole, quella sera, ci fu qualcosa di diverso, come una
luce che si fa strada nel buio dell'anima. Ora mi resta solo di vivere di Lui. È semplicemente la Gioia
che cercavo”».
Allo stesso modo esprime con accenti vibranti la sua ammirazione verso Papa
Giovanni XXIII, manifestando il suo dolore e la sua commozione:
80
«La sera dell’11 ottobre, all’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quando parlando a braccio
dalla finestra, che dava sulla Piazza di S. Pietro, aveva mandato una carezza ai bambini e ai malati –
‘la carezza del Papa’ - si era avuta la sensazione che tutto il mondo fosse accarezzato da Dio stesso,
tanta era la inaspettata gioia che quelle parole avevano dato.
Allora, come la sera della sua morte,
piansi: un pianto che poteva stare bene anche in Paradiso, e mi dissi: ‘Se un uomo è capace di tanto
amore, cosa mai sarà il sorriso, la bontà e la carezza di Dio’. Il Paradiso, in entrambe le sere, mi
sembrò più vicino.
Giovanni XXIII aveva il dono, tramite la sua bontà, di farci nascere il desiderio di
Commento [PC39]: Propria
esperienza
essere migliori, la nostalgia del Cielo».
Mons. Riboldi crea una benefica complicità col suo lettore, lo coinvolge
continuamente, come se lo avesse di fronte, usa il “noi” con abbondanza, esprime i suoi
sentimenti nei confronti del lettore:
«È un dialogo spirituale, il nostro, sorretto dalla fiducia e da una incredibile amicizia. Sono tanti anni
Commento [PC40]: idem
che dialogo con ciascuno di voi, proponendo la Parola del Padre ed ogni volta, per tanti, si rinnova
l'impressione, che è “lieta novella” ciò che Dio dice e mostra le tante menzogne del mondo, che
rischiano di farci perdere la strada».
«Cerco ogni settimana di proporvi l’amore con cui Dio avvolge i nostri momenti, e cerca di far luce
sulla storia di ciascuno di noi e dell'umanità intera».
«Sappiamo tutti di vivere una vita difficile, che, per molti, è davvero “avvento”, ossia attesa del Cielo,
Commento [PC41]: friendly
o, forse, solo della morte, e ci piange il cuore».
Questo linguaggio crea vicinanza e identificazione nel lettore e, soprattutto, ci giunge
con grande verità.
L’autore è attento anche a citare autori contemporanei. L’abbondanza delle citazioni
rischia di frammentare il discorso ma, nel contempo, gli danno spessore.
Due volte Mons. Riboldi cita un grande vescovo del sud, Mons. Tonino Bello:
«“Santa Maria – pregò don Tonino Bello – donna del silenzio, riportaci alle sorgenti della pace.
Commento [PC42]: Parola
Liberaci dall'assedio delle parole: dalle nostre, prima di tutto, ma anche da quelle degli altri.
Persuadici che solo nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la conversione, l’amore, il
sacrificio, la morte.
Liberaci, ti preghiamo dagli appagamenti facili, dai rapporti comodi.
Apri il
nostro cuore alle sofferenze dei fratelli.
E perché possiamo essere pronti ad intuirne la
necessità
donaci occhi gonfi di tenerezza e di speranza”».
«Con Mons.Tonino Bello offro questa preghiera:
“Ti chiedo, Signore, di far provare a questa gente
ebbrezza di vivere insieme.
Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda.
Falle sentire
che per crescere insieme, non basta tirar fuori dall'armadio
i ricordi del passato, ricordi splendidi e
81
Commento [PC43]: Parola
festosi,
ma occorre spalancare la finestra sul futuro, osando insieme, sacrificandosi insieme.
Da soli
non si cammina più.
Fa’ che il suo Natale sia una danza di giovinezza, concerti di campane,
una
liberazione di speranze prigioniere,
il disseppellimento di attese comuni a volte interrate nelle
caverne dell'anima”».
Commento [PC44]: Autori
contemporanei
E, alla fine della terza domenica, propone un brano di Paul Claudel:
«“Vieni con me, dove io sono, in te stesso: ti darò la chiave dell'esistenza.
Là dove sono io, là
eternamente è il segreto della tua origine.
Invano ti dibatti, non ti difenderai eternamente contro la
mia pace.
Lo senti o no che io sono qui, il commensale che aspettavi?
Il mio riposo è abbastanza
per te? Che dice questo tuo povero cuore?
Se tu non fossi mio figlio, io non sarei qui oggi.
Quel
Padre a cui il figlio prodigo getta le braccia attorno al collo.
Per non preferirmi, bisognava che tu non
mi avessi conosciuto.
Come può morire colui che ho ammesso fino al mio essere?
Dove sono le tue
mani che non siano le mie?
E i tuoi piedi che non siano confitti nella stessa croce?
Dov'è il tuo “io”
che non mi ascolti?
Noi siamo vicinissimi l’uno all’altro e ci diventa più difficile essere
altrove.
Come fare per separarmi da te, senza che tu mi strappi il cuore?”».
I testi di Mons. Riboldi sono comunicativamente gradevoli ed efficaci. L’uso
abbondante di citazioni (bibliche, magisteriali, di autori contemporanei) rischia però di
frammentare il discorso che sembra carente nel suo sviluppo schematico.
3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta
Mons. Riboldi prepara accuratamente i testi delle sue omelie: lo testimoniano le
abbondanti citazioni tratte dalla Parola di Dio del giorno, la ricerca di documenti
magisteriali appropriati, l’inserimento di brani di autori contemporanei. Anche la propria
esperienza pastorale contribuisce al commento delle letture domenicali: facendo memoria
del proprio ministero, infatti, l’autore riesce ad inserire aneddoti personali efficaci.
L’assenza di approfondimenti o di contestualizzazione dei testi biblici proclamati potrebbe
essere il sintomo di una non particolare cura dell’aspetto esegetico ovvero di una padronanza
del testo che permette all’autore di attualizzare il testo senza dilungarsi troppo nella
contestualizzazione dello stesso.
82
Commento [PC45]: Parola
3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive
I commenti di Mons. Antonio Riboldi usano un linguaggio diretto e coinvolgente, in
cui l’autore manifesta emozioni e ricordi personali al fine di condividere le proprie
riflessioni col lettore. Le sue riflessioni sono ben inserite nel contesto liturgico e richiamano
continuamente l’obiettivo del percorso di avvento: la celebrazione di un Natale autentico e
di conversione. Le sue omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio anche se non se
ne approfondisce particolarmente l’aspetto esegetico. Pur trascurando i testi eucologici,
l’autore si premura di attingere al Magistero ordinario, citando le riflessioni dei pontefici.
Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce aspetti teologici del mistero cristiano (il
senso della vita, la Storia della salvezza, l’attesa), offre precise indicazioni per la vita
concreta del fedele (meditazione della Parola, preghiera, elemosina), propone indicazioni per
la vita spirituale (la preghiera dell’Angelus, il proposito di vivere un Natale lontano dal
consumismo dilagante) e per la vita morale (la coerenza ai valori evangelici, superando la
contraddizione del nostro tempo). È capace di coinvolgere con un linguaggio amichevole e
diretto, evocativo e appassionato il lettore, raccontando ricordi personali, manifestando
emozioni che creano vicinanza.
Da sottolineare, a margine, la sua grande energia: nonostante l’età (87 anni),
continua la sua opera di evangelizzazione attraverso i nuovi media con valore.
Le omelie di Mons. Riboldi sono esemplari per l’attenzione al linguaggio e
l’efficacia comunicativa, per il calore e la passione che riescono a trasmettere.
83
4. Considerazioni generali conclusive
Alla fine della nostra ricerca, proviamo ad elaborare alcune considerazioni
riguardanti le omelie sinora analizzate e a trarre alcune conclusioni.
4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato
La scelta degli autori delle omelie considerate nella nostra ricerca è caduta su tre
omileti con una buona formazione teologica e biblica, con incarichi di rilievo all’interno
della Chiesa, con una buona capacità comunicativa e di utilizzo dei media, autori abituati a
scrivere e a farsi leggere. Il fatto che le loro omelie risultino fra le più lette e scaricate in
Internet evidenzia l’apprezzamento dei loro scritti da parte dei fruitori della rete.
Per l’insieme di queste ragioni, come auspicato più sopra, l’analisi delle omelie
redatte dagli stessi a partire dai criteri elaborati nella prima parte del nostro studio ha dato
risultati positivi, pur lasciando intravvedere qualche ombra.
Gli omileti in oggetto hanno complessivamente una buona padronanza dei contenuti
delle letture, li sanno inserire nel contesto liturgico, li usano per approfondire i misteri della
fede per la vita cristiana e lo fanno utilizzando una comunicazione efficace.
Così dovrebbe essere per ogni omileta, ed invece, troppo spesso, ascoltiamo o
leggiamo omelie fuori contesto, affatto centrate sulla Parola, prolisse e insignificanti.
È interessante notare come, nello specifico, ognuno degli autori analizzati risulti
maggiormente competente in un aspetto della preparazione omiletica rispetto ad un altro.
Di Mons. Paglia abbiamo sottolineato la competenza biblica, la sua capacità di
organizzare il discorso a partire dai testi inseriti nel contesto liturgico, la semplicità con cui
sa trattare temi complessi. Il suo limite consiste forse nel non citare mai esempi tratti dalla
propria vita o dalla propria ricca esperienza pastorale.
Di padre Ronchi abbiamo notato la convincente capacità comunicativa: egli usa frasi
brevi, ad effetto, immagini evocative; la sua capacità di cogliere nel testo biblico alcune
sfumature e alcuni particolari inusuali gli permettono di ampliare il discorso e di attualizzare
la Parola. Non sempre, però, queste attualizzazioni attingono ad una corretta esegesi biblica
che deve soggiacere ad ogni interpretazione spirituale. Padre Ronchi, a nostro parere, è
84
anche carente nel collegamento del proprio discorso al tempo liturgico e anch’egli manca di
riferimenti personali.
Riferimenti personali che, invece, abbondano in Mons. Riboldi. Il suo linguaggio
diretto, colloquiale, pieno di aneddoti personali, che esprime e suscita emozione, riesce a
veicolare i contenuti della fede desunti dalla Parola meditata. Agli approfondimenti biblici e
alle sottigliezze comunicative l’autore supplisce con una passione che emerge in ogni
scritto. Il rischio, secondo noi, è che l’abbondanza delle citazioni e degli esempi allunghino
eccessivamente il testo e lo rendano talora farraginoso.
Gli autori preparano le proprie omelie e, pur avendo tutti dei margini di
miglioramento, sono molto attenti all’uditorio. Il livello delle omelie dei tre autori analizzati
è mediamente di buona qualità. Il fatto di scrivere il testo dell’omelia obbliga l’autore ad
avere uno schema, anche minimo, a sfogliare qualche commentario biblico, ad avere
sott’occhio il Messale e il Lezionario, a prendere spunto da qualche altra omelia consultata.
Gli autori analizzati, pubblicando le proprie riflessioni, implicitamente invitano gli omileti a
prendere molto sul serio il ministero che svolgono.
Vogliamo, volgendo al termine del nostro breve saggio, fermare la nostra attenzione
su un ultimo aspetto.
Le omelie che abbiamo analizzato sono scaricabili da internet, nuova frontiera
dell’evangelizzazione. Come ogni strumento, anche la fruizione delle omelie offre delle
opportunità nuove e suscita dei problemi che vogliamo analizzare.
4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi da mediare e
incarnare
Chi utilizza le omelie presenti su internet? Non ci è dato di saperlo con precisione ma
è ipotizzabile che si tratti di due tipologie di lettori:
 coloro che utilizzano il testo per scopi pastorali, per trovare spunti di
riflessione, idee, citazioni da riprendere sia in un’omelia che in una catechesi
o una condivisione (sacerdoti, diaconi, catechisti, animatori di gruppi
giovanili, coppie guida);
 coloro che vogliono approfondire la conoscenza del Vangelo domenicale o
per desiderio di un maggiore nutrimento spirituale, o perché insoddisfatti
85
dell’omelia domenicale cui assistono, o perché non partecipano alla messa
domenicale ma desiderano conoscere e meditare la Parola di Dio.
4.2.1 I fruitori per fini pastorali
Rispetto alla prima categoria di persone, coloro cioè che utilizzano le omelie in internet per
fini pastorali, occorre sottolineare, nel caso dei sacerdoti e dei diaconi, che il web offre la
possibilità di cercare materiale diverso, rintracciabile con un certa facilità e ormai
organizzato per temi su diversi siti. Rispetto ai tradizionali sussidi cartacei, che mantengono
la loro validità, le omelie su internet offrono maggiore varietà di scelta e sono molto più
accessibili.121 Probabilmente, come accade per la popolazione in generale, sono soprattutto i
giovani adulti ad avere maggiore dimestichezza con internet, quindi, nello specifico, i
giovani sacerdoti.122
Un’interessante ricerca mondiale sull’uso di internet da parte di sacerdoti della Chiesa
Cattolica123 avvalora questo dato: anche se il campione è poco significativo (1,7% sul totale
dei sacerdoti cattolici presenti in Italia) il 49,5% dei sacerdoti in Italia che hanno risposto al
questionario telematico cerca materiale online per preparare le proprie omelie almeno una
volta alla settimana, di questi, il 9,2% lo fa tutti i giorni. Il 35,2% lo fa occasionalmente (una
volta al mese o qualche volta all’anno). Solo il 15,3% dichiara di non farlo mai. Sull’utilità
della rete per la preparazione delle omelie, il 36,6% ritiene che internet sia utile o molto utile
per farlo, mentre il 13,2% ritiene che non sia affatto utile.
In attesa di avere un’indagine che coinvolga un maggior numero di sacerdoti italiani,
resta il fatto che il fenomeno è sufficientemente interessante per individuare i problemi che
l’uso delle omelie dal web suscita.
Così come per i sussidi omiletici cartacei, le omelie dovrebbero essere utilizzate dagli
121
Non potendo distinguere chi usa le omelie in internet per preparare la propria omelia da chi vi accede per
interesse personale è difficile fare confronti. Un solo esempio, però, ci aiuta a capire la larga diffusione delle
omelie in internet: il conosciuto sussidio omiletico «Temi di predicazione» dei frati domenicani vanta circa
8000 abbonati. I soli tre autori considerati nel nostro studio sono letti, mediamente, da oltre 4800 lettori ogni
domenica (Fonti: Editrice Domenicana srl, Napoli; qumran2.net).
122
In Italia nel 2008 il 42% delle famiglie possedeva una connessione a Internet. In quell’anno, sulla totalità
degli adulti che dichiarava di avere usato Internet almeno una volta negli ultimi 12 mesi, l’87% era della fascia
di età dai 20 ai 55 anni. Fonte: www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20090227_00/
123
PICTURE – Priests’ ICT Use in their Religious Experience studia l’uso che i sacerdoti della Chiesa
Cattolica nel mondo fanno delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), e di internet in
particolare. La ricerca è stata condotta dai laboratori NewMinE – New Media in Education – e webatelier.net
dell’Università della Svizzera italiana (Lugano), in collaborazione con la Facoltà di Comunicazione
Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce (Roma), e gode del supporto della Congregazione
per il Clero. http://www.pictureproject.info/#it
86
omileti solo come spunto e fonte di ispirazione per la propria meditazione personale. Il fatto
di avere in mano una sintesi qualificata di un autore che si suppone preparato dovrebbe
essere solo il punto di partenza per l’elaborazione di una propria riflessione che attinga, oltre
al contesto liturgico, all’esegesi biblica e alle tecniche per una comunicazione efficace, al
proprio vissuto e alla propria esperienza, avendo sempre davanti agli occhi le esigenze della
comunità cui ci si rivolge.
Ma chi garantisce che l’omelia scaricata da internet sia qualificata? Come abbiamo
visto nel nostro studio, anche autori di grande spessore e competenza possono incorrere in
errori e semplificazioni. Tanto più nel variegato mondo di internet in cui chiunque può
pubblicare le proprie idee, è opportuno attivare dei canali di verifica sul valore di un’omelia.
Così come un editore qualificato seleziona i propri collaboratori, fornendo al lettore una
garanzia di competenza e serietà, anche i portali che raccolgono i contributi di sempre più
numerosi sacerdoti e laici dovranno, prima o poi, effettuare una selezione dei testi proposti
ed elaborare, perciò, una griglia di criteri attraverso cui selezionare le omelie 124. La
risoluzione di questo problema dovrebbe incentivare l’approfondimento dello studio dei
criteri per la stesura di un’omelia, suscitando un interessante dibattito fra gli studiosi di
teologia pastorale.
Un secondo problema, più generale, deriva dall’uso scorretto delle omelie da parte dei
sacerdoti. Se la riflessione preparata da un omileta e condivisa via internet può fornire
interessanti spunti a partire dal testo biblico, è ovvio che solo il celebrante conosce, o
dovrebbe conoscere, chi ha davanti. Un’omelia scritta da un altro, per quanto competente,
non può che essere generica o riferirsi ad un contesto antropologico ed ecclesiale specifico.
È compito dell’omileta, perciò, mediare e declinare quegli spunti di riflessione per la
comunità cui presta servizio.
Lo sforzo di incarnare la riflessione è e resta gravoso compito del pastore d’anime che
sa ciò di cui i propri fedeli hanno necessità, conoscendo la vita quotidiana del proprio
popolo e le vicende che aspettano di essere illuminate dalla Parola di Dio. È perciò
inconcepibile che un pastore d’anime abdichi a questo compito fondamentale, leggendo il
testo preparato da un altro, fosse anche il più conosciuto e preparato omileta d’Italia, senza
compiere lo sforzo di interiorizzare e rielaborare la riflessione perché la propria comunità
riceva il nutrimento di cui necessita.
Il fatto di poter accedere con facilità a omelie già redatte, rischia di ingenerare una
124
È il problema che, ad esempio, si stanno ponendo i siti qumran2.net e lachiesa.it, visto l’aumento
esponenziale di persone che chiedono di vedere pubblicate le proprie riflessioni al Vangelo.
87
logica di delega da parte dei sacerdoti sempre più presi dagli impegni di vita pastorale, 125
trascurando il fatto che la meditazione della Parola è un impegno fondamentale per
mantenere una buona vita spirituale. Dovendo fronteggiare molti impegni, si riduce lo
spazio per la preghiera personale e la meditazione della Parola di Dio. Uno strumento
potenzialmente positivo come le omelie in internet rischia di diventare una scorciatoia per
assolvere un’incombenza necessaria, quella della predicazione domenicale.
4.2.2 I fruitori per fini personali
Per quanto concerne la seconda categoria di fruitori, coloro che accedono alle omelie
in internet per formazione e interesse personale, possiamo fare alcune considerazioni.
In un mondo secolarizzato in cui il messaggio del Vangelo deve farsi strada
fra mille messaggi, la possibilità, per chi è in cerca di fede, di potere leggere direttamente da
casa la Parola di Dio e la sua interpretazione è senz’altro un bene. Chi è presente in internet
con un blog o chi frequenta i social network sa che, protetti dall’anonimato, molti colgono
l’occasione per interrogarsi sulla fede. Stiamo assistendo ad una sorta di evangelizzazione
telematica che è solo il primo ma insufficiente passo per la riscoperta della fede cristiana.
Fino a quando un’omelia su internet avvicina il navigatore curioso al mondo della fede o
integra il cammino di fede del credente va bene, ma se il mondo virtuale sostituisce
l’indispensabile esperienza di appartenere ad una comunità concreta e con essa di celebrare
la presenza del Risorto nell’eucarestia festiva, il cammino di fede resta solo abbozzato.
Il passaggio dalla curiosità alla comunità è la grande sfida del futuro
dell’evangelizzazione in rete.126
125
Il calo dei sacerdoti e il permanere dell’organizzazione ecclesiale tradizionale sul territorio sta ingenerando
un profondo logoramento nel clero, specialmente in quello giovane. I risultati di un’indagine condotta
dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto sono preoccupanti: «Siamo di fronte ad un passaggio epocale
che mette a dura prova la tenuta dei sacerdoti, consapevoli di una condizione più sfavorevole rispetto al passato
(…) Nasce una crescente insoddisfazione da parte dei sacerdoti più sensibili, stretti fra le maglie di un sistema
organizzativo rigido, di cui riconoscono i limiti e che allo stesso tempo non possono intaccare», CASTEGNARO,
A., Preti del Nordest. Condizioni di vita e problemi di pastorale, Marcianum Press, Venezia, 2006, 26.
126
Così afferma Mons. Domenico Pompili, Sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e Direttore
dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, durante il convegno Testimoni digitali: «Nel marketing il
destinatario è soltanto un target, ossia un bersaglio: ben altro è evidentemente quello che si richiede dalla
nostra comunicazione, che deve essere giocata per un verso sull’ascolto e per l’altro sulla trasparenza. Essa non
può prescindere nemmeno da un radicamento sul territorio, che è la parete mancante della Rete, mentre è
invece uno dei principali motivi di forza della nostra Chiesa. È a partire da questa concretezza relazionale e da
questo intreccio di vite e di storie che si può pensare a un’azione comunicativa capace di costruire unità,
anziché a singoli, sporadici interventi, inefficaci sul piano dell’incidenza. Infine, credibilità è rispondere degli
effetti dell’agire comunicativo, cioè interrogarsi su quello che accade e su quello che produce la nostra
comunicazione. Il che significa non solo pianificare, ma anche verificare; non soltanto progettare a tavolino
88
Coloro che, pur appartenendo ad una comunità cristiana, avvertono l’esigenza di
approfondire la propria conoscenza della Parola, segnalano così facendo una doppia carenza
ecclesiale: da una parte la mancanza di una formazione adeguata nelle nostre comunità o,
perlomeno, la difficoltà di potervi accedere a causa della difficile organizzazione della vita
quotidiana dell’adulto contemporaneo, dall’altra la scarsa qualità di molte delle omelie
domenicali, che spingono i cristiani di buona volontà ad integrare la spiegazione al Vangelo
ricorrendo a internet.
Quest’ultimo aspetto segnala una delle grandi potenzialità di internet: la possibilità
del fedele di scegliere una riflessione al Vangelo che soddisfi le proprie esigenze, senza
dover subire un’omelia noiosa o eccessivamente tecnica. Ma questa potenzialità nasconde
un rischio: il fatto di assecondare la tendenza contemporanea alla scelta delle informazioni
nel vasto panorama dei nuovi media. Se questo è un bene nel mondo dell’informazione in
quanto permette all’utente di selezionare le testate e le notizie fra una miriade di proposte,
rappresenta, però, un pericolo in una logica ecclesiale. Questo atteggiamento non ingenera
forse l’idea di potersi costruire una fede a propria misura, secondo il proprio gusto,
selezionando i commenti che ci aggradano?
Internet rappresenta una grande potenzialità per la Chiesa e la sua missione
evangelizzatrice. L’avvento delle nuove tecnologie costringono la comunità ecclesiale a
ripensare la propria presenza nell’ormai vasto mondo del web. La presenza sempre crescente
di omelie a disposizione di chiunque acceda alla rete offre delle opportunità ma, come
abbiamo visto, pone anche dei problemi, sia per chi le utilizza in ambito pastorale, sia per
chi le usa per la formazione personale.
Questi problemi rappresentano uno stimolo di riflessione e un’occasione di dibattito
nel mondo ecclesiale e, nello specifico, nell’ambito della teologia pastorale. L’omelia, così
come il Concilio e i successivi documenti hanno sancito, rappresenta un momento
fondamentale nella celebrazione liturgica e nella vita della Chiesa.
L’auspicio che facciamo è che questa breve ricerca invogli molti ad entrare
nell’agorà telematica per annunciare il Vangelo con competenza e passione, e spinga i
sacerdoti e gli operatori pastorali ad usare gli strumenti messi a disposizione da internet con
intelligenza e senso pastorale.
restyling accattivanti, ma anche monitorare poi i risultati delle nostre innovazioni. La mancanza di un progetto
a tutto tondo, infatti, conduce spesso a ripetere gli errori del passato e, giocando solo sul susseguirsi di
superficiali novità, impedisce qualsiasi reale innovazione».
Cfr. http://www.testimonidigitali.it/home_convegno/programma/00000472_Programma.html.
89
Offriamo una sintesi ad uso di chi utilizza le omelie in internet, un piccolo
vademecum da tenere sott’occhio quando si naviga in rete.
4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet
Per chi usa le omelie internet a fini pastorali:
 è preferibile utilizzare le omelie che dimostrano di essere preparate con cura, che
siano inserite nel contesto liturgico, che commentino la Parola di Dio del giorno, o i
testi eucologici sviluppando uno o più temi del mistero della fede, e che lo facciano
con una comunicazione efficace. L’analisi dei documenti analizzati nel nostro studio,
infatti, indica come fonti dell’omelia la Parola di Dio proclamata, i testi della
Tradizione e del Magistero, i testi eucologici proclamati;
 è preferibile utilizzare le omelie redatte da autori competenti, sia dal punto di vista
della conoscenza teologica che della capacità comunicativa. Nel nostro studio
abbiamo sottolineato più volte la necessità di avvicinarsi alla preparazione
dell’omelia con serietà e competenza: «il sacerdote deve, soprattutto, fare in modo
che il suo messaggio sia all’altezza della Parola che predica»;127
 è preferibile scegliere più di una traccia per ricevere degli stimoli di riflessione
personale. Ogni autore medita e rilegge la Parola di Dio a partire dal proprio vissuto
e dalla propria formazione: avere più di una prospettiva aiuta l’omileta a trovare
maggiori piste per rielaborare una propria traccia di riflessione;
 le omelie scritte da altri sono solo il punto di partenza per una riflessione personale
che tenga conto della comunità con cui si celebrerà l’eucarestia (o del gruppo con cui
si condividerà il testo) e della propria esperienza personale, pastorale e di fede.
L’omelia dovrebbe essere prima studiata, preparata e pregata e solo in un secondo
tempo condivisa. «Quanto più il ministro diventa veramente servo della Parola, e non
il suo padrone, tanto più la Parola può elargire la sua efficacia salvifica»;128
 così come gli autori analizzati scrivono la propria riflessione, è opportuno, dopo
avere elaborato una propria omelia, metterne per iscritto almeno lo schema o i punti
salienti, e gli eventuali brani da citare, per non disperdersi durante la riflessione, per
tenere sotto controllo i tempi dell’esposizione. «Il “segreto” umano di una
127
128
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,2.
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,1.
90
predicazione fruttuosa della Parola consiste in buona misura nella “professionalità”
del predicatore, che sa ciò che vuole dire e come dirlo e che ha alle spalle una seria
preparazione remota e prossima, senza improvvisazioni da dilettante»; 129
 non è mai opportuno leggere l’omelia in pubblico: la lettura ingenera disattenzione
nell’uditorio, richiede una capacità drammaturgica più consona agli attori che ai
presbiteri, crea distanza e distacco con chi ascolta;
 un’omelia preparata è un’omelia breve ed efficace, che sviluppi solo alcuni concetti,
senza volere dire tutto, senza diventare una lezione di teologia, che sappia tenere
desto e attento l’uditorio.
Per chi usa le omelie su internet per la formazione personale:
 è opportuno, prima di leggere il testo dell’omelia, leggere con calma le letture cui si
riferisce il testo. Il centro della riflessione resta la Parola di Dio che l’omelia
commenta e attualizza, non l’abilità oratoria dell’omileta;
 l’omelia può diventare l’occasione per approfondire il proprio cammino di fede. La
Parola di Dio rivela il vero volto di Dio e dell’uomo, non è solo un testo di saggezza
umana e spirituale;
 se si è alla ricerca o alla riscoperta della fede, sarebbe opportuno collegarsi con una
comunità ecclesiale presente sul proprio territorio: un’omelia non è che una minima
parte della grande celebrazione del Risorto che è l’eucarestia.
4.4 Uno sguardo prospettico
Il nostro studio ci ha permesso di portare alla luce alcuni risultati che, in ambito di
teologia pastorale, possono rappresentare un punto di partenza per ulteriori sviluppi e
analisi.
Siamo partiti da due considerazioni:
 la «rivoluzione cibernetica» sta coinvolgendo anche la Chiesa nella sua opera
pastorale, là dove internet e il Web stanno diventato la nuova agorà globale e milioni
di persone quotidianamente navigano alla ricerca di stimoli e contenuti;
129
Ivi, II,2.
91
 la Chiesa, anche ufficialmente, ritiene fondamentale la propria presenza
evangelizzatrice in questa nuova dimensione.
Ci siamo poi concentrati su un settore specifico della presenza ecclesiale in internet: la
crescente diffusione di commenti omiletici di autori più o meno conosciuti e, più
recentemente, la pubblicazione di «video-commenti».
Sia per l’ampiezza del fenomeno, parliamo di milioni di pagine lette per ogni autore, che
per la rilevanza della loro fruizione, molti testi sono presi come modello dai sacerdoti per le
proprie omelie, ci siamo posti il problema della validità delle omelie pubblicate in questi siti.
Proponendo una lettura sinottica dei vari documenti riguardanti l’omelia, dal Concilio
Vaticano II alla recente Esortazione apostolica VD, abbiamo elaborato una griglia per la
valutazione delle omelie presenti in internet, per poter formulare un giudizio critico
oggettivo.
Siamo poi passati alla scelta di tre autori conosciuti e di buona formazione, Mons.
Paglia, Padre Ronchi e Mons. Riboldi, analizzando le loro omelie per il tempo di avvento e
fornendo un giudizio complessivo su ciascuno di essi.
È interessante notare il fatto che anche omileti famosi, vagliati secondo i criteri contenuti
nella griglia di valutazione proposta, abbiano evidenziato alcune lacune e margini di
miglioramento: ci chiediamo, allora, quale debba essere la qualità media delle centinaia di
migliaia di prediche che ogni domenica vengono offerte ai fedeli nelle nostre celebrazioni.
La larga diffusione delle omelie in internet solleva infine non pochi problemi che vale la
pena di mettere a tema, anche in vista di ulteriori approfondimenti:

chi garantisce la qualità esegetica e teologica delle omelie presenti in rete?
Sappiamo bene che il Web è uno strumento accessibile a chiunque e non è raro
trovarvi, anche a livello ecclesiale, siti sé-dicenti «cattolici» che propongono
letture della realtà e riflessioni teologiche che poco hanno a che fare con la retta
interpretazione del deposito della fede della Chiesa cattolica. L’internauta che
volesse una riflessione sul vangelo domenicale non può che affidarsi
all’autorevolezza del sito che visita. È forse auspicabile un servizio che
garantisca la validità ecclesiale di un’omelia? A partire da quali criteri? La
criteriologia presentata nella griglia da noi proposta potrebbe offrire un
contributo in tal senso?
92

come è possibile evitare un uso passivo delle omelie presenti in internet,
incorrendo nel grave rischio di ridire un famoso omileta senza commisurare
l’attualizzazione proposta della Parola alla situazione della propria comunità
cristiana? In teoria tale compito è affidato alla coscienza dell’omileta. Sarebbe
tuttavia interessante, dal nostro punto di vista, prevedere nei cammini di
formazione dei presbiteri un insegnamento che aiuti i candidati al sacerdozio a
preparare correttamente l’omelia partendo anche dai sussidi presenti in rete.
Personalmente ritengo che la diffusione di internet e le nascenti esperienze di
evangelizzazione siano una grande opportunità per la Chiesa e che tale opportunità vada
accolta come un dono di Dio da comprendere e valorizzare per la diffusione del Vangelo.
93
6. Appendice
Testi delle omelie analizzate
94
Mons. Vincenzo Paglia
Commento [PC46]: Tema
dell'omelia, la vigilianza , l'attesa,
l'avere speranza
Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà!
I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008)
Vangelo: Mc 13,33-37
Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una storia già conosciuta. Siamo a tal
punto analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola. Tutti! Stare con il Signore
non è una ripetizione sempre uguale: lo diventa quando teniamo la nostra vita lontana da Lui
e dai fratelli. Le domeniche ci aiutano a capire nell’oggi il mistero della sua presenza tra gli
Commento [PC47]: Mistero
dell'anno liturgico
uomini. Come ogni storia di amore ha vari momenti, tutti importanti. Quel che ci è chiesto è
ascoltare e seguire il Signore e, anzitutto, attenderlo. Gesù stesso esorta: “Vigilate, non
sapete quando il padrone di casa ritornerà”. Tutta la nostra vita è un’attesa. Quando non
aspettiamo più nessuno, quando il domani sembra non esserci più, iniziamo un po’ a morire.
Quando lasciamo solo qualcuno lo aiutiamo a morire. Qualche volta pensiamo che in fondo
gli altri non aspettino niente, non serva loro nulla, stiano bene così. Non è così. Chi aiuta gli
uomini a sperare? Chi cerca di capire e rispondere all’attesa dell’altro o di interi popoli
segnati dalla guerra e dalla violenza? Chi incoraggia e risponde all’attesa dei giovani?
Anche per questo dobbiamo essere “vigilanti”. Il tempo liturgico viene scandito dal tempo di
Dio; o meglio, è il tempo di Dio che entra in quello degli uomini. Ed è misurato dal mistero
Commento [PC48]: Anno
liturgico
stesso di Gesù: inizia dalla sua nascita, continua con la predicazione in Galilea e in Giudea
sino alla morte, resurrezione e ascensione al cielo. Ogni domenica, da questa prima di
Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci prende per mano, ci sottrae in certo
modo alla schiavitù dei nostri ritmi, e ci introduce dentro il mistero di Cristo, per renderci
partecipi della sua stessa vita. Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire
contemporanei di Gesù. È questa la “forza” delle domeniche, che faceva dire ai primi
cristiani: “Per noi è impossibile vivere senza la domenica”.
“Avvento”, lo sappiamo bene,
significa “venuta”, ossia la nascita di Gesù in mezzo a noi. E fin dai tempi antichi la Chiesa
Commento [PC49]: Anno
liturgico
ha avvertito il bisogno di preparare il cuore suo e quello dei fedeli ad accogliere il Signore.
Per quasi mille anni, infatti, le comunità cristiane, sia d’Oriente che d’Occidente, hanno
vissuto i quaranta giorni prima del Natale digiunando e pregando nell’attesa della nascita di
Gesù, tanto era sentita decisiva. E sapevano bene che bastava poco perché le occupazioni
ordinarie facessero dimenticare tale passaggio. Oggi, pur essendo accorciati i giorni (solo
quattro settimane di preparazione) e abolito il digiuno, non meno sentita è l’attesa di questa
venuta, che da circa duemila anni ricordiamo.
La supplica del profeta Isaia, che ascoltiamo
nella prima lettura, sale ancora oggi dalle nostre labbra: “Perché Signore ci lasci vagare
95
Commento [PC50]: Bibbia, 1l
lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema? Ritorna, per amore
dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17). Sì, “Ritorna, Signore, per
amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la tua stessa terra che sembra
non trovar pace; ne ha bisogno l’Africa bagnata dal sangue di migliaia di profughi
abbandonati a se stessi; ne hanno bisogno tanti paesi ove milioni e milioni di poveri
muoiono di fame ogni giorno; ne hanno bisogno le grandi città dell’Occidente che
emarginano schiere innumerevoli di deboli, di anziani, di malati. Ne hanno bisogno i cuori
di tanti uomini e tante donne perché sciolgano la loro durezza, si commuovano sui poveri e
sui deboli e si adoperino per un nuovo futuro. “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Questo
grido è la preghiera dell’Avvento; e resta la preghiera universale di questo tempo. Il tempo
Commento [PC51]: Attualizzazio
ne
di Avvento irrompe nelle nostre giornate, appunto, per ricordarci l’invocazione del profeta e
le grida dei tanti che aspettano qualcuno che li salvi. Queste grida, spesso lontane dalle
nostre orecchie, sono in realtà la vera nostra coscienza. Esse ci aiutano a comprendere il
senso concreto dell’Avvento e ci spingono a non restare addormentati nella nostra ricchezza
e nella nostra avara tranquillità. Noi, pur così smaliziati, abbiamo forse smarrito il senso
dell’attesa; siamo convinti che non verrà nessuno a salvarci; tanto convinti da inculcare ai
nostri bambini che debbono badare da soli a se stessi, che non debbono aspettarsi nulla da
nessuno. Che triste una società senza Avvento, senza un po’ d’inquietudine!
Dio non lascia
Commento [PC52]: Poesia
“avvizzire la nostra vita”; non vuole che vaghiamo come chi cammina senza sapere verso
dove; non lascia senza forma l’argilla, la creta della nostra vita. Squarcia i cieli e diventa lui
la via per il cielo. Ci fa scoprire il desiderio di cielo, di speranza, che c’è in ognuno di noi ed
in ogni uomo. Quando aspettiamo qualcuno siamo contenti. Egli non si vergogna della mia
debolezza; non mi disprezza se sono piccolo. Porta amore e non cose come chi non sa dare il
cuore! La richiesta dell’Avvento è fare nascere il Signore nel nostro cuore, fare nascere la
speranza nel mondo!
Dobbiamo stare alla porta del nostro cuore e vigilare. Come quando
aspettiamo qualcuno che deve tornare a casa e stiamo attenti a sentire il rumore dei suoi
passi per potergli aprire subito. “Ecco - dice il Signore, nell’Apocalisse - io sto alla porta e
busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed
egli con me”. L’Avvento c’invita a non addormentarci. Svegliamoci dal sonno dolce del
crederci a posto, perché abbiamo già fatto molto; dal sonno triste del pessimismo, per cui
non vale la pena di fare nulla; da quello agitato e sempre insoddisfatto degli affanni e
dell’affermazione di sé. Svegliamoci dal sonno distratto di chi non ascolta più; dal sonno
dell’impaziente, che vuole tutto e subito, che non sa attendere, si delude e dorme. E diciamo
al Signore: Vieni Signore Gesù, vieni presto, dona consolazione e pace. Squarcia i cieli ed
96
Commento [PC53]: Poesia
attualizzazione
apri un futuro per chi è schiacciato dal male. Libera dall’amore per sé che addormenta il
cuore. Insegnaci a stare attenti per riconoscerti ed aprirti la porta del cuore, dolce ospite,
amico di sempre, speranza nostra.
Commento [PC54]: Preghiera
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore!
Commento [PC55]: Il Battista,
come Isaia, invita alla consolazione e
alla conversione
II Domenica di Avvento (Anno B) (04/12/2005)
Vangelo: Mc 1,1-8
"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo". Si apre così il Vangelo di Marco, che ci accompagnerà
per questo anno liturgico. L'evangelista non ha inteso scrivere una storia educativa, bensì
comunicare una vicenda così straordinaria da essere "Vangelo", ossia una buona e decisiva
notizia per tutti. Scrive: "Inizio della buona notizia". Prima infatti non c’era. È un "inizio"
Commento [PC56]: Bibbia
non solo temporale, relegato nel passato, quasi prigioniero di quei giorni. La "buona notizia"
di Gesù Cristo è un "inizio" che resta vitale, una pietra viva che edifica opera, in ogni
generazione e in ogni tempo. Il Vangelo non lo si ascolta una volta per tutte, proprio perché
è il fondamento della vita di ogni comunità cristiana, di ogni discepolo. Tutti abbiamo
bisogno di ascoltarlo e riascoltarlo ancora. Nessuna età e nessuna generazione può farne a
meno. Il Vangelo, mentre ci trasmette l'evento della salvezza, la inizia e la continua in
ognuno di noi. C'è bisogno che questa notizia continui a risuonare nel mondo. La nostra
società non manca di parole, ma spesso sono vuote e non sempre edificano. Noi stessi siamo
frequentemente storditi dai rumori e dalla confusione sia interiore che esteriore: poco
sappiamo parlare tra noi e raramente ci scambiamo parole vere. Il Vangelo, nella confusione
dei discorsi, inizia a parlare. E subito ci immerge nel clima dell'attesa di un futuro, anzi ci
invita a prepararlo; annuncia infatti che "qualcuno" sta per venire tra gli uomini per donare
loro la salvezza. Non c'è più tempo per distrarsi o per ascoltare altre voci. Il rischio di
perdere questa occasione propizia è alto. Se domenica scorsa la liturgia chiedeva di essere
vigilanti, oggi esorta ad aprire il cuore per accogliere colui che sta per venire. Si potrebbe
Commento [PC57]: Collegament
o
dire che questo inizio del Vangelo svolge esso stesso la funzione del Battista: il Vangelo
apre la strada al Signore, è la voce che grida ad ognuno di preparare la via perché Egli sta
tornando. Il Signore torna nella sua città. Ecco la buona notizia di questa pagina
evangelica. Già con la lettura di Isaia, la liturgia ci fa sentire l'avvicinarsi di questo tempo:
"Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita
la sua schiavitù". Il popolo d'Israele può lasciare la terra di Babilonia, dov'è schiavo, e
partire verso Sion; percorrerà una grande strada, aperta nel deserto, una strada larga,
rettilinea e pianeggiante che supererà steppe, valli e montagne, per salire sino a
Gerusalemme. Ed il Signore, come il pastore di cui parla il profeta, si porrà davanti al suo
97
Commento [PC58]: AT
popolo guidandolo su questa strada. Potremmo dire che aprire la strada vuol dire aprire il
Vangelo, e percorrerla significa leggerlo, meditarlo e metterlo in pratica. La "strada del
Signore" è giunta sino a noi; la salvezza è scesa nella nostra vita. Questa convinzione è la
forza del Battista. Egli è vestito da povero: porta un rozzo abito di pelo di cammello, non le
Commento [PC59]: Personaggio
vesti morbide e gli abiti sontuosi che usano indossare gli uomini del mondo. La sua austera
sobrietà, così lontana da tanti nostri atteggiamenti, sottolinea che egli vive davvero solo del
Signore e del suo futuro. Giovanni ha fretta che venga presto il futuro di Dio, e lo grida
forte ("alza la voce con forza", aveva detto il Signore al profeta Isaia). Non si rassegna ad un
mondo privo di speranza; anche lui, come più tardi dirà Pietro, aspetta con ansia i "nuovi
cieli e una nuova terra, dove avrà stabile dimora la giustizia". Non tace, protesta, veste da
Commento [PC60]: 2 lettura
personaggio strano e, soprattutto, parla, anzi grida. È tagliente con la sua parola. Giovanni,
come richiede ogni predicazione, parla al cuore della gente: non vuole colpire le orecchie,
non ama correr dietro a pruriti vani, non propone verità o idee sue. Egli – obbedendo allo
Spirito del Signore – desidera che la sua parola colmi i vuoti dei cuori, appiani i monti che
allontanano gli uni dagli altri, abbatta i muri che separano, strappi le radici amare che
avvelenano i rapporti, raddrizzi i sentieri distorti dall'odio, dalla maldicenza, dall'invidia,
dall'indifferenza, dall'orgoglio, dalla malafede. Questo austero predicatore, che
dimentica se stesso perché sia solo il Signore a parlare attraverso la sua voce, colpisce
davvero il cuore di chi lo ascolta. Marco lo nota: "Accorreva a lui tutta la regione della
Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme" per farsi battezzare, ognuno confessando i propri
peccati. Anche noi dobbiamo ascoltare la voce di questo predicatore perché ci tocchi il
cuore. La Santa Liturgia della domenica, le nostre stesse chiese, piccole o grandi che siano,
diventano il luogo ove stringerci attorno al Battista e alla sua predicazione. Quando le Sante
Scritture si aprono e la Parola di Dio viene annunciata e predicata, in quel momento si apre
la strada del Signore; beati noi se sapremo accoglierla e percorrerla perché certo ci condurrà
incontro al Signore che viene.
Commento [PC61]: Attualizzazio
ne
Rallegratevi
Commento [PC62]: La gioia
strumento e testimonianza di
conversione
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)
Vangelo: Gv 1,6-8.19-28
"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi". Con questo fermo
invito dell’apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata gaudete, la domenica
della gioia. "State sempre lieti", raccomanda Paolo, "pregate incessantemente, in ogni cosa
rendete grazie a Dio". "State lieti": perché? Come bambini ci affidiamo a colui che vuole
che la sua gioia sia in noi e che questa sia piena. Questa è la volontà di Dio. Ma non è troppo
98
Commento [PC63]: 2 lettura
poco e troppo diretto per uomini complessi come amiamo sentirci noi, amanti e conoscitori
attenti delle nostre tortuosità, affezionati al pozzo senza fondo di energie ed attenzioni che è
l’amore per noi stessi? È possibile per noi scegliere di essere sempre lieti, noi che
assecondiamo i nostri umori, ci fidiamo di loro, li contrastiamo così poco? Ed i nostri umori
Commento [PC64]: Vita
concreta, conversione
sono sovente così poco lieti, inclini al lamento, affannati, attratti dal pessimismo, nutriti di
diffidenza! La gioia, secondo questo invito così appassionato dell’apostolo, non è una
congiuntura favorevole, ma una scelta cui siamo chiamati. Sempre. Lieti, gioiosi non perché
imperturbabili o incoscienti, ma per la consapevolezza forte, vigorosa, dell’avvento di Dio.
Commento [PC65]: Bello
comunicativamente! teologicamente
È lui che libera dalla tristezza e spazza via dal cuore le numerose radici di amarezza.
"Io
gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito con
il manto della giustizia", canta il profeta. Non gioiamo per noi stessi. Anzi: per noi proviamo
il senso del poco che siamo e della vanità del mondo. Possiamo però gioire: siamo stati
scelti, la nostra voce non si perde in se stessa ma indica colui che viene. L’umile gioisce. Il
ricco insegue la propria tristezza, vuole possedere la felicità; l’orgoglioso non è mai sazio
perché non si lascia amare e non si piega alle ragioni dell’altro. Gli umili lasciano posto a
qualcuno che viene. Impariamo a pregarlo "incessantemente", rendendogli grazie, come
atteggiamento e scelta interiore nella vita ordinaria, per ogni cosa. La letizia è il primo modo
per non farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi. E quanto la letizia comunica amore, ci
rende sensibili ed attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini! Un volto lieto
accoglie, sostiene, attrae. Quanto è facile, al contrario, rattristare l’altro! Siamo lieti, perché
Commento [PC66]: Letizia porta
a libertà, molto bello!
viene il perdono, che scioglie dal legame con il peccato. Possiamo essere diversi da come
siamo! Nessun cambia solo per i suoi sforzi, ma perché viene associato, per grazia,
all’avvento di questo regno che irrompe nella storia umana, allo spirito che ci solleva e ci
cambia. Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al
cinismo, che pensa di conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso
pessimismo, alla ricerca di speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli.
Nel rarefarsi dei
profeti - sono davvero pochi, nel nostro tempo! - con rinnovata attenzione ci poniamo in
ascolto di questo grande profeta. Non è lui il Salvatore, e lo dice chiaramente. Giovanni non
si è lasciato travolgere dalla gloria e dal successo nel vedere tanti che accorrono a lui. Noi,
per molto meno, ci sentiamo dei piccoli messia e, comunque, pretendiamo di stare sempre al
centro dell’attenzione. Nella sua umiltà, tuttavia, egli non si tira indietro, né si nasconde,
anzi, nella coscienza della responsabilità che gli è stata affidata, afferma davanti a tutti: "Io
sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore".
Alla lezione di umiltà
segue quella sulla responsabilità; una particolare responsabilità: essere "voce". Ogni
99
Commento [PC67]: Cose
cocnrete
cristiano dovrebbe applicare a se stesso le parole di Giovanni: "Io sono voce". Per
Commento [PC68]: Attualizzazio
ne
costituzione i credenti sono "voce", ossia annunciatori del Vangelo. È qui la radice del
compito di evangelizzazione che grava su ogni discepolo. Paolo, consapevole di tale
responsabilità, ammoniva se stesso: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1 Cor 9,16).
Il credente, prima che un cumulo di opere, è una voce, una testimonianza. Questa è l’unica
vera forza del Battista. Ma è una forza debole. Cos’è infatti una voce? Poco meno che nulla:
un soffio; basta davvero poco per non farci caso, né ha poteri esterni che possano imporla.
Eppure è forte, tanto che molti si accalcano attorno a quella parola. La ragione sta nel fatto
che quell’uomo non indica se stesso; non parla per attirare su di sé l’attenzione altrui; non
blocca la gente desiderosa di guarigione e salvezza sulle sponde di quel fiume, anche se
benedette. Quella voce rimanda oltre, verso qualcuno ben più forte e potente: "In mezzo a
voi c’è uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di
sciogliere il legaccio dei sandali", dice Giovanni; e lo afferma ancora oggi.
Giovanni
Battista ci riconduce a ciò che è essenziale, perché non ci smarriamo ed orientiamo tutto il
nostro cuore verso il Signore. Giovanni è una "voce". "Chi sei tu?", domandano i giudei.
Che cosa dici di te stesso? Ogni uomo è un mistero ed il mondo spesso viene a
volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare. Giovanni non moltiplica interpretazioni,
non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di sé. Per dire chi è ha bisogno
di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che è la parola, al verbo, la prima e l’ultima
lettera di ogni nostra parola. Giovanni è forte perché la sua vita ha senso se è utile a qualcun
altro, a colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori! Rende testimonianza. La sua
forza non è splendere per se stesso, ma perché la luce si veda. E Dio è luce, che illumina
Commento [PC69]: Beelo!
anche le tenebre più fitte! Grida. Annuncia il Vangelo. Non attira l’attenzione su di sé,
secondo un protagonismo così prepotente e normale. La sua voce rimanda e indica qualcuno
che è già "in mezzo a voi", "che non conoscete", "uno che viene dopo di me, al quale io non
sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali". La nostra voce può fare fiorire la vita nel
deserto. Noi, uomini così comuni, siamo chiamati a fare conoscere a tanti colui che sta in
mezzo a noi. Deboli, siamo forti. Tristi, siamo lieti. Perché il Signore viene, fa germogliare
la terra, la rende di nuovo un giardino, il suo giardino. Vieni presto Signore.
Commento [PC70]: Attualizzazio
ne
"Come e' possibile? Non conosco uomo"
Commento [PC71]: Dio ha
bisogno di una casa, Maria
IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008)
Vangelo: Lc 1,26-38
La liturgia, nell'imminenza del Natale, ripropone il brano evangelico dell'Annunciazione.
Tra pochi giorni sentiremo ancora l'evangelista Luca che nota amaramente: "Non c'era posto
100
per loro nell'albergo", e Gesù dovette nascere in una grotta. Viene spontaneo chiedersi: Dio
non ha casa sulla terra? Eppure Dio sceglie una ragazza di un villaggio della Galilea come
casa per il suo Figlio. In verità le Scritture mostrano che da sempre Dio ha preferito come
sua dimora il cuore degli uomini piuttosto che un tempio di pietra. Il saluto dell'angelo a
Maria ("Il Signore è con te") si inserisce in una realtà vissuta dal popolo d'Israele in tutta la
sua storia, ne è anzi il filo rosso che la traversa e la sorregge. L'angelo del Signore può dire a
Israele: il Signore è con te; è con Abramo, con Isacco e con Giacobbe; accompagna
Giuseppe in tutte le sue vicissitudini; appare a Mosè nel roveto ardente e si presenta,
appunto, come "Colui che è" con il suo popolo. Ha udito il grido di dolore del suo popolo
schiavo in Egitto e è sceso per liberarlo: lo conduce illeso attraverso il Mar Rosso, lo
accompagna negli anni del deserto e lo introduce nella terra promessa sostenendolo per tutti
i giorni. Il Signore è con il suo popolo; e per sempre.
Il secondo libro di Samuele esprime
Commento [PC72]: Excurus
biblico
quasi plasticamente questo modo di agire del Signore. Davide, dopo aver costruito la sua
"casa di cedro" e Gerusalemme come capitale dello Stato, desidera dotarla di un grande
tempio, quasi ad avere anche Dio come suo cittadino. Il profeta Natan, che ha acconsentito
al desiderio del re, nella notte si sente bocciare da Dio stesso la proposta dell'erezione di un
santuario. Deve quindi tornare nella reggia per dire a Davide che sarà Dio a edificare una
casa per lui e per il suo popolo. E gli ricorda che il Signore è stato accanto a lui fin dalla
giovinezza quando pascolava le greggi, e che lo ha accompagnato sino a quel giorno; e
continuerà a stargli accanto per il futuro difendendolo dai nemici e facendolo grande e
potente, e troverà un luogo ove far abitare il suo popolo. Insomma, il Signore è il tetto di
protezione per Davide. Non è il re a costruire una casa a Dio; è Dio che edifica una casa per
Davide e il suo popolo. Questa casa, in verità, è Maria. Al tempio di pietre che Davide
costruì, Dio sostituisce un tempio di carne.
In quel giorno dell'annunciazione si compiva,
in certo modo, la costruzione della vera casa: "il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in
mezzo a noi". L'evangelista, per sottolineare il legame con quanto è avvenuto nell'Antico
Testamento, pone Gesù direttamente nella discendenza davidica: "Sarà grande e chiamato
Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per
sempre". Maria, nel suo fragile corpo, riassume tutta l'attesa del popolo d'Israele, e al tempo
stesso diviene la prima di tutti coloro che da quel giorno attendono la salvezza. Quel "sì"
pronunciato davanti all'angelo ha cambiato il corso della storia. Maria per prima ascolta la
parola e per prima offre se stessa, la sua vita, il suo corpo al Signore.
È lei il primo
spazio di Dio, la prima casa di Dio, il primo luogo scelto dal Signore. Quanto è diversa
Betlemme, città che non sa accogliere! A Maria l'angelo può dire: "Il Signore è con te"; non
101
Commento [PC73]: Lunga
spiegazione della prima lettura
altrettanto può affermare per Betlemme. Dio ha scelto Maria, e da sempre. Ma aveva
bisogno del consenso; e il "sì" non era scontato. A Nazareth non si è recitato un copione già
scritto. E l'evangelista lo suggerisce: c'è stato turbamento, in un dialogo fiducioso: alla fine
Maria ha dato l'assenso. Era una decisione che le sconvolgeva totalmente la vita. La
grandezza di Maria pertanto non sta nella "realizzazione di se stessa", come in genere noi
desideriamo per noi stessi, bensì nel porre tutta la sua fiducia nelle parole dell'angelo. A
ragione Elisabetta, non appena la vede varcare la soglia di casa, può esclamare: "Beata colei
che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore". È la prima beatitudine scritta nel
Commento [PC74]: Maria
Vangelo. La nostra felicità è racchiusa tutta nell'obbedienza alle parole del Vangelo.
102
Ermes Ronchi
Avvento, l’attesa che apre all’amore
I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008)
Vangelo: Mc 13,33-37
Avvento è il tempo dell’attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un
maestro dell’attesa e del desiderio.
Si attende non per una mancanza, ma per una pienezza,
Commento [PC75]: lettura
una sovrabbondanza. Come fa ogni donna incinta, quando l’attesa non è assenza, ma evento
di completezza e di totalità, esperienza amorosa dell’essere uno e dell’essere due al tempo
stesso. Il mio avvento è come di donna «in attesa», quando la segreta esultanza del corpo e
Commento [PC76]: esempio
del cuore deriva da qualcosa che urge e gonfia come un vento misterioso la vela della vita.
Attendere con tutto me stesso significa desiderare, «attendere è amare» (Simone Weil). Così
io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un Dio che
già sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il Verbo, è
gravida di un progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano, l’attesa di
mille realizzazioni possibili, porta in sé l’uomo che verrà. Attendere, allora, equivale a
vivere. Ma a vivere d’altri. Un doppio rischio incombe su di noi: il «cuore indurito»,
secondo Isaia ( perché lasci che si indurisca il nostro cuore?), e quella che Gesù chiama «una
vita addormentata» (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati).
Commento [PC77]: pdd
Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come «il furto dell’anima»
nel nostro contesto culturale. Il furto della profondità, dell’attenzione, il vivere senza
mistero, il furto del cuore tenero: è un tempo senza pietà, ci siamo negati al suo abbraccio e
siamo avvizziti come foglie. Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce
/ rumore della vita
(Sandro Penna). Io no, voglio vivere vigile a tutto ciò che sale dalla
Commento [PC78]: citazioni
terra o scende, vegliando su tutti gli avventi del mondo: sulle cose che nascono, sulla notte
che finisce, sui primi passi della luce, custodendo germogli, e la loro musica
interiore.
Vivere attenti è il nome dell’avvento. Vivere attese e attenzioni, due parole che
Commento [PC79]: poesia?
derivano dalla medesima radice: tendere verso qualcosa, il muoversi del corpo e del cuore
Commento [PC80]: comunicazio
ne
verso Qualcuno che già muove verso di te. Vivere attenti: agli altri, ai loro silenzi, alle loro
lacrime e alla profezia; in ascolto dei minimi movimenti che avvengono nella porzione di
realtà in cui vivo, e dei grandi sommovimenti della storia. Attento alla Vita che urge, tante
volte tradita, ma ogni volta rinata
103
Commento [PC81]: attualizzazio
ne
Ripartire dalla buona notizia di Dio
II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2008)
Vangelo: Mc 1,1-8
Inizio del vangelo di Gesù Cristo. Inizio della buona notizia.
A partire da che cosa
ricominciare a vivere, a progettare? Da una buona notizia. Non ricominciare mai da
Commento [PC82]: vita concreta
pessimismo, non dai problemi, neppure dall’illusorio primato della realtà che sembra
dominare nel mondo. Ricominciare da una cattiva notizia è solo intelligenza apparente, priva
di sapienza di vangelo.
Ricominciare dalle buone notizie di Dio: e subito, fin dalle prime
parole, Marco mostra come fare per accorgersene e per accoglierle. Tutta l’esperienza
dell’uomo spirituale è riassunta in questi pochi versetti.
Il primo passo porta a Isaia e
Commento [PC83]: vita
spirituale
Giovanni e potrebbe definirsi così: cercare profeti. Come Isaia, profeta è uno che «apre
strade» anche nel deserto, tracce di speranza anche là dove sembrava impossibile; che non si
mimetizza né si lascia omologare dal pensiero dominante. I profeti creatori di strade e liberi
come nessuno: ascoltarli è diventare come loro. La seconda caratteristica di ogni profeta è di
Commento [PC84]: vita
spirituale
essere in attesa, insoddisfatto di ciò che ha, cuore affaticato dal richiamo di cose lontane.
Isaia e Giovanni annunciano un Altro (viene uno più grande) hanno il loro centro altrove: in
un desiderio, un orizzonte, una persona. Annunciano che la vita non è statica ma estatica,
Commento [PC85]: esemplarità
uscire da sé, vivere incamminati. Come un profeta, ogni uomo spirituale è costantemente in
viaggio, alla ricerca di ciò che ancora non ha, la sua casa è oltre: allora è pronto per nascite
ed inizi. In terzo luogo, profeta è colui che orienta la vita: predicava un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati. Il peccato è l’esperienza di chi non riesce a
raggiungere la propria meta ed ha perso la strada. Il perdono è Dio che indica di nuovo il
punto di arrivo e fa ripartire, carovana che si rimette in viaggio all’alba, vento per la nave
che salpa. Perdono è un nuovo inizio, un nuovo mare, un nuovo giorno. Il peccato perdonato
non esiste più, annullato, cancellato, azzerato. Ed è il bene che revoca il male. Il bene vale di
più: buona notizia di Gesù Cristo.
Il Vangelo è Dio che viene portando amore, e tutto ciò
Commento [PC86]: "catechesi"
sul perdono
che è non-amore è non-Dio. Dio viene e sa parlare al cuore, e lo insegna ai suoi
profeti:
parlate al cuore di Gerusalemme, ditele che è finita la notte (Isaia). È «il più forte»,
dice Giovanni, proprio perché è l’unico che parla al cuore, teneramente e possentemente
toccando il centro dell’umano.
Giovanni, testimone della luce
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)
Vangelo: Gv 1,6-8.19-28
Venne un uomo mandato da Dio.... per dare testimonianza alla luce.
Ecco cos’è un profeta:
testimone della luce e non dell’ombra; annunciatore del bene non dello sfascio o del degrado
104
Commento [PC87]: pdd
del mondo; sentinella del positivo non dei difetti o dei peccati che assediano ogni epoca e
ogni vita; testimone che ogni Adamo ha conservato in sé, sotto la tunica di pelle, una tunica
di bellezza che il Messia, nei giorni più veri, riporterà alla vista e alla gioia di tutti.
Come
Commento [PC88]: immagini
Giovanni, io voglio testimoniare un Dio di luce, un Dio solare e felice, che ha fatto
risplendere la vita (2 Tm 1,10), ha dato splendore e bellezza all’esistenza, ha immesso e
continua a seminare frammenti di sole dentro le vene oscure della storia. Io testimonio non
obblighi o divieti, ma il fascino della luce; profeta non della legge ma della grazia, non della
verità ma della bontà immensa che penetra l’universo, di un Dio liberatore, che va in cerca
dei prigionieri per rimetterli nel sole.
Con i miei peccati e le mie ombre, con tutte le cose
Commento [PC89]: attualizzazio
ne
che sbaglio e non capisco, con la mia fragilità e i miei errori, nonostante tutto, io posso
essere testimone che «Dio è luce e in lui non vi sono tenebre» (1Gv 1,5); che il mondo si
regge su di un principio di luce, un principio di bene e di bellezza, che è da sempre, più
antico, più profondo, più originale del male. C’è una primogenitura della luce, nella Bibbia e
nell’uomo: «in principio Dio disse: sia la luce». Il mondo non poggia sul male o sul peccato,
non si regge neppure su di un moralismo rigoroso e sterile, ma sulla primogenitura del bene
che discende dal cuore di luce di Dio.
Tu, chi sei? Chiedono a Giovanni ed egli per tre
volte risponde: io non sono. Maschere che cadono: io non sono ciò che gli altri credono di
me, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la parola;
io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di significati che sono da prima
di me, che saranno dopo di me. Giovanni ha trovato la sua identità, ma in un Altro. Solo Dio
Commento [PC90]: comunicazio
ne
svela quello che io sono in profondità: il mio segreto è oltre me. La sua venuta non mortifica
ma incrementa la mia persona. A Natale Dio entra e l’uomo diventa un «nido di sole» (
Turoldo).
Venne un uomo mandato da Dio: ognuno è quest’uomo mandato, ognuno voce e
sillaba della Parola, testimone che Dio c’è, che Dio è luce. E il tuo cuore ti dirà che tu sei
fatto per la luce.
105
Commento [PC91]: attualizzazio
ne
La radice della fede è nella gioia
IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008)
Vangelo: Lc 1,26-38
Tra pochi giorni è Natale. E ci sentiamo ancora una volta impreparati. La liturgia allora ci
prende per mano e ci accompagna, additando colei che meglio ha vissuto l’attesa di Dio:
santa Maria. Con lei come modello, di colpo capiamo che cosa è il Natale: non il ricordo di
un fatto storico accaduto in quel tempo, ma l’accoglienza di un fatto che avviene ora:
l’incarnazione di un Dio che già germina in me.
Il Vangelo dell’annunciazione comincia
Commento [PC92]: esemplarità
di Maria
con sette nomi propri (sette è il numero della completezza) di luoghi e persone che affollano
la pagina di Luca e mostrano che il venire di Dio coinvolge la totalità della vita. Maria è così
importante perché è il punto di incontro tra Dio e la materialità della nostra vita.
«L’angelo
entrò da lei», nella sua casa: un giorno qualunque, in un luogo qualunque, un annuncio
consegnato nell’intimità, nella normalità di una casa. È nella casa che Dio ti sfiora, ti tocca.
Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime, quando dici alle persone che ami parole
che si sognano eterne. È così bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni
delle Cattedrali, o in giorni speciali, ma soprattutto nella vita comune! Come nella Messa il
sublime confina con una tovaglia, un calice e un pane, così nella casa l’immenso si insinua
nelle piccole cose finite di ogni giorno.
La prima parola dell’angelo è ch'ire, gioisci, sii
felice; non dice: «fai, alzati, inginocchiati, prega»; solo: «gioisci». Il primo Vangelo è lieta
notizia e precede qualunque tua risposta. La fede ha radice nella gioia. Il perché della gioia è
Commento [PC93]: attualizzazio
ne catechesi
Commento [PC94]: comunicazio
ne
detto con la parola successiva: «piena di grazia», riempita della vita di Dio, sei amata
teneramente, gratuitamente, per sempre. Ecco il nome di Maria: «amata per sempre». Il mio
nome.
L’angelo aggiunge: Il Signore è con te. In questa mia vita inadeguata il Signore è
con me. In questa mia vita distratta e invasa, il Signore è ancora con me. L’angelo fa eco
all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio innamorato, che
nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato con te,
dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò. Nessuno è stato con me in tutti
i passi che ho compiuto, che ho perduto, che ho ritrovato, Dio solo. E quando Gesù lascerà i
suoi, l’ultima parola sarà eco della prima: Io sarò con voi tutti i giorni, fino al consumarsi
del tempo, al compiersi dell’incarnazione.
106
Commento [PC95]: poesia
Mons. Antonio Riboldi Avvento, attesa della grande Gioia
I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008)
Vangelo: Mc 13,33-37
Come non vedere nell’Avvento il tempo dell’attesa del più grande evento nella nostra storia
di Uomini, ossia Dio che torna tra noi.
I nostri progenitori, tentati da satana, avevano
preferito il proprio orgoglio all'amore immenso del Padre, che ci aveva creati e fatto dono
della vita, per la sola ragione di essere partecipi della sua felicità eterna. Gli abbiamo detto
NO. E ci siamo trovati 'nudi'. Risuonano sempre alle orecchie le amare parole del Padre
tradito, che ci cerca: 'Uomo dove sei?'. 'Mi sono nascosto perché sono nudo'.
E da allora è
iniziata la profonda e dolorosa nudità, che tante volte ci accompagna e sentiamo
interiormente. In fondo, la terribile realtà storica dell’umanità è questa nudità, ossia
l’assenza dell’amore di Dio, che è la sola ragione della nostra esistenza, anzi, la sola vita
possibile.
Ma Dio, che è Amore, che è per noi il Padre di cui non possiamo fare a meno,
dopo una lunga attesa, che ha accompagnato il popolo eletto, nel Vecchio Testamento, come
'a preparare la Sua Via', torna tra noi, uomo tra uomini, per riportarci a casa.
L’Avvento
dovrebbe contenere questa attesa, vissuta nella preghiera, nella conversione, per prepararci
alla festa di sentirci di nuovo amati e di amare, come è nella nostra natura.
La Chiesa, oggi,
dedica questo tempo, l’Avvento, perché tutti possiamo preparare la nostra grotta, per
ricevere Dio che viene a noi nell’umiltà del presepio, che è l'espressione della Sua grande
discrezione e delicatezza, come è la natura dell'Amore.
Avvento: un tempo 'per preparare la
via al Signore', come disse Giovanni Battista.
Ma noi vogliamo essere pronti a vivere
degnamente questo tempo particolare di 'attesa di Dio'? Non c'è bisogno di ricordarci quanto
abbiamo bisogno che Lui torni tra noi!
Vorrei facessimo nostra, in questo tempo di
Avvento, la preghiera del profeta Isaia: "Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami
nostro salvatore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il
nostro cuore, così che non ti tema. Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore della tua
eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi? Davanti a te sussulterebbero i monti... Quando
Tu compivi cose terribili, che non attendevamo, Tu scendesti e davanti a Te sussultarono i
monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto, che
un Dio fuori di Te abbia fatto tanto per chi confida in Lui. Tu vai incontro a quelli che
praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle Tue vie.
Ecco, ti sei adirato perché
abbiamo peccato contro di Te, da lungo tempo, e siamo stati ribelli.
Siamo diventati tutti
come cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo
107
Commento [PC96]: storia della
salvezza
avvizziti come foglie... Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno
invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te: perché Tu hai nascosto il tuo
volto e ci hai messo in balia della nostra iniquità. Ma Tu, Signore, sei nostro padre; noi
siamo argilla e Tu colui che ci plasma, tutti siamo opera delle tue mani" (Is 63,64 27).
L’implorazione del Profeta non si adatta forse a tanti del nostro oggi? Così come la sua
accorata preghiera, perché Dio torni tra noi, non è forse il desiderio di tanti, a cominciare da
noi?
Sono anni ormai che accompagno i passi di molti, che cercano di andare incontro a
Dio e seguire Gesù nei suoi passi, come unico e grande Scopo della vita, tanto che oggi siete
diventati una “grande chiesa, sparsa in tutto il mondo”.
Cerco ogni settimana di proporvi
l'amore con cui Dio avvolge i nostri momenti, e cerca di far luce sulla storia di ciascuno di
noi e dell'umanità intera. So che tanti di voi riflettono sulla Parola di Dio proposta e, ogni
Commento [PC97]: friendly
volta, con la Grazia dello Spirito, vi confrontate e trovate l’indicazione e la forza, per vivere
la difficile e meravigliosa vita 'secondo Dio'.
È un dialogo spirituale, il nostro, sorretto
dalla fiducia e da una incredibile amicizia. Sono tanti anni che dialogo con ciascuno di voi,
Commento [PC98]: idem
proponendo la Parola del Padre ed ogni volta, per tanti, si rinnova l’impressione, che è 'lieta
novella' ciò che Dio dice e mostra le tante menzogne del mondo, che rischiano di farci
perdere la strada. Ed è così: perché la vita veramente vissuta alla luce del Vangelo, altro non
può essere che esperienza del nuovo e quindi novità continua. È la grande Grazia di Dio che
sì fa vicino.
E abbiamo bisogno che Lui ci aiuti a fugare le tante nubi, che cercano di
nasconderci la verità.
Per questo l’Avvento è davvero il tempo di metterci alla prova, per
vedere se davvero in noi c’è il sincero desiderio che Dio si faccia strada. Che venga e,
quindi, ci apra alla gioia del Natale, che è Lui con noi, pronto a condividere gioie e speranze,
sofferenze e ansietà.
Dopo una conferenza tenuta in una città sul tema: 'Abbiamo bisogno
di Dio', accolta da un incredibile silenzio, soprattutto dei giovani, per la passione che ci
avevo messo, mi scrisse una ragazza: “Che incredibile esperienza mi è toccata di vivere
quella sera. Sono una di quelle che ha sempre cercato di non pensare a Dio, come non fosse
necessario per la mia vita. O meglio lo avrei cercato in qualche libro, qualora i libri
potessero darci quello Che non hanno. Ma quella sera, il singhiozzo delle sue parole, che
esprimevano da sole, quanto lei voglia bene al Padre, ha fatto sì che Dio mi si è fatto vicino.
Direi che più che le parole, quella sera, ci fu qualcosa di diverso, come una luce che si fa
strada nel buio dell'anima. Ora mi resta solo di vivere di Lui. È semplicemente la Gioia che
cercavo”.
Gesù, oggi, ci indica come vivere questo prezioso tempo di Avvento: "Gesù
disse ai suoi discepoli: Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È
come un uomo, che è partito dopo avere lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi,
108
Commento [PC99]: testimonian
za
a ciascuno il suo compito e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non
sapete quando il padrone di casa ritornerà, se la sera o a mezzanotte o al canto del gallo o di
mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che
dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate" (Mc. 13, 33-37).
E un modo di ‘vegliare’, cioè
attendere la venuta di Gesù a Natale, è quello di affidarsi alla preghiera, alla lettura della
Parola, alla carità verso chi non ha.
In questi ultimi tempi, la Chiesa suggerisce di entrare
Commento [PC100]: vita
cristiana
nel mistero di Dio che, amandoci, vuole essere nostra luce, tornando alla lettura e alla
meditazione della Parola di Dio, nella Sacra Scrittura. Come sarebbe efficace se tutti, ogni
giorno, leggessimo la Bibbia, a cominciare proprio dalla nostra origine – la Genesi – e così
ammirare la nostra verità di vita, la vera nostra storia ed il grande amore di Dio! È difficile?
Direi proprio di no.
Basterebbe 'sacrificare' qualche momento della televisione, che ci
annebbia l'anima, e fare spazio a Dio che, nella Sacra Scrittura, ci parla. Capiremmo il
Natale. Non solo, ma, mentre il consumismo fa del Natale l'idolatria dei doni, proviamo a
programmare doni a chi non conosce neppure il necessario. Quel dono, a Natale, sarebbe il
modo più bello di annunziare che Dio è vicino a tutti, nasce per tutti. Impossibile? Forse per
Commento [PC101]: attualizzazi
one
chi ripete la storia di quanti, quando nacque Gesù, non offrirono ospitalità a Maria, una
donna incinta, e a Giuseppe: 'Per loro non c'era posto!'.
Non è il regalo che ci fa buoni, ma
è farsi dono che ci fa conoscere l'amore e suscita la gioia. Vorrei pregare in questo tempo
Gesù, con le parole del Salmo 79:
"Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi e
visita questa vigna,
proteggi quella che la tua destra ha piantato
il figlio dell'uomo che per
te hai reso forte.
Sia la tua mano sull'uomo della tua destra
Sul figlio dell'uomo che per te
hai reso forte.
Da te più non ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il Tuo
Nome".
"Santa Maria – pregò don Tonino Bello – donna del silenzio, riportaci alle sorgenti
Commento [PC102]: Parola
della pace. Liberaci dall'assedio delle parole: dalle nostre, prima di tutto, ma anche da quelle
degli altri. Persuadici che solo nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la
conversione, l'amore, il sacrificio, la morte.
Liberaci, ti preghiamo dagli appagamenti
facili, dai rapporti comodi.
Apri il nostro cuore alle sofferenze dei fratelli.
E perché
possiamo essere pronti ad intuirne la necessità
donaci occhi gonfi di tenerezza e di
Commento [PC103]: autori
speranza".
Giovanni, la voce che grida nel deserto
II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2008)
Vangelo: Mc 1,1-8
Con quella materna tenerezza con cui la Chiesa ci invita a vivere ì grandi eventi di Dio tra
noi - a cominciare dal Natale del Figlio, un Natale tanto vicino - oggi si fa eco della gioia
109
che ci attende e ci viene donata, sempre che siamo disposti ad accoglierla.
Sappiamo tutti
di vivere una vita difficile, che, per molti, è davvero 'avvento', ossia attesa del Cielo, o,
forse, solo della morte, e ci piange il cuore. Vivere può essere solo camminare nel nulla,
senza attendere nessuno e quindi come nati per gioco?
La Chiesa, come ad esprimere il
conforto di chi davvero 'attende', oggi, per bocca del profeta Isaia, così ci
invita:
"Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. Parlate al cuore di
Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché
ha ricevuto dalla mano del Signore, il doppio per tutti i suoi peccati. Una voce grida: Nel
deserto preparate la via del Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni
valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi
in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini
insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato. Sali su un monte alto, tu che
annunzi liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunzi liete notizie a
Gerusalemme. Alza la voce e non temere: annuncia alle città di Giuda: Ecco, il Signore Dio
viene con potenza. Ecco egli ha con sé il premio, la sua ricompensa lo precede. Come un
pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri" (Is. 40, 1-11).
Con quanta dolcezza e insistenza il
profeta si rivolge anche a noi, per invitarci in questo tempo a preparare la 'via del cuore' per
accogliere Dio nel Natale!
Ma viviamo un tempo di grandi contraddizioni, che non aiutano
a questo.
Credo vi siate posti anche voi domande sul mistero di iniquità e di nostalgia di
Dio, di fronte al modo di pensare e di vivere del nostro tempo, anche nell'intimità delle
nostre famiglie.
Da una parte si fa professione di onestà e giustizia, di amore, tanto da
sembrare tutti appartenenti ad un 'regno di perfetti', che non hanno bisogno di correzione,
sicuri dì essere sulla buona via - di cui parla Isaia - per cui si è convinti di non avere bisogno
di cambiamenti di rotta; ma dall'altra parte siamo come circondati ed immersi in
atteggiamenti, modi di pensare e di vivere, diversi con quanto a parole professiamo. Al
punto che a volte si irride - o noi stessi irridiamo - ciò che è onesto - come se l'onestà
appartenesse ad una civiltà, che adotta regole diverse e contrarie!
Si fanno elogi alla fedeltà
nell'amore, come un principio irrinunciabile, poi si accetta, come fosse una necessità, anzi
come una “giusta realizzazione della propria felicità”, avere un'amante, considerata come
segno di libertà e non come ingiustizia grave.
Si hanno parole di fuoco contro ogni forma
di emarginazione, che sconfina nella miseria di tanti, una miseria che annienta diritto e
dignità dell'uomo, ma poi si fa della conquista della ricchezza l’idolatria più diffusa, che non
fa più neppure arrossire o indignare, pur sapendo che la cupidigia del denaro è la vera radice
110
Commento [PC104]: friendly
di tutte le povertà.
Non si sa più quale poesia comporre per inneggiare al grande dono della
castità, che è come l'abito celeste del cuore, che si diffonde sul corpo, ma poi concretamente
si innalzano altari a tutte le pornografie, che irridono ogni dignità e fanno delle persone 'solo
dei corpi', delle 'merci'. Non ultima, non c'è nessuno che sconfessi il comandamento
dell'amore al prossimo che per Gesù è la grande legge della vita - una legge simile, nella sua
grandezza, alla stessa legge che fa amare Dio - ma nella realtà spesso siamo lontani dal 'farsi
vicini' a chi conta sulla nostra solidarietà, come gli ultimi, senza contare quanti peccati si
commettono contro i vicini, i parenti, gli amici, le mogli o fidanzate, i mariti, i figli: è
cronaca di tutti i giorni.
Potremmo continuare questo elenco di 'doppiezze', che sono lo
Commento [PC105]: attualizzazi
one
stile di vita di tanti che si dicono cristiani: un groviglio che porta lontano dal cercare la via
del Signore, che il profeta indica. È anche vero che ci sono tanti - e credo ci siate anche voi che con passione e fatica 'preparano la via al Signore e spianano nella steppa la strada per il
nostro Dio'.
Quante volte accade, nella mia vita di pastore, di vedere i miracoli della
Grazia, ossia dì gente appartenente a tutte le categorie, che gustata la gioia della Grazia, non
solo apre occhi e cuore, ma, trovata la via che conduce a Dio, più che camminare la percorre
con intensità e gioia.
“Credevo di trovare la felicità dove era il deserto dell'anima, ma ora,
liberatomi da quelli che credevo abiti di splendore, ed erano miseri e pericolosi stracci,
finalmente passo le giornate nella semplicità, come uno che, con il cuore libero da
sciocchezze, respira l'incredibile aria della vita con Dio…”.
Cosi ci esorta l’apostolo
Pietro:
"Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno
è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la
sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché
non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (II Pietro, 3, 811).
Non ci resta, carissimi, che vivere questo tempo dì Avvento, mettendo alle spalle una
vita che non è attendere con gioia Dio che viene.
Non facciamoci illudere dalle tante vanità
che in questo tempo il mercato propone, chiamandole ‘Natale’, quando è solo
‘consumismo’.
C'è davvero bisogno di una grande grazia, che ci converta, come esorta
Giovanni Battista: "Inizio del Vangelo di Gesù, Figlio di Dio - scrive Marco. Come sta
scritto nel profeta Isaia: Ecco dinnanzi a te io mando il mio messaggero; egli preparerà la tua
via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi
sentieri.
Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava il battesimo di
conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui da tutta la regione della Giudea e
tutti gli abitanti da Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano,
confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di
111
Commento [PC106]: natale
pelle attorno ai fianchi e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: Viene dopo di
me, colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi, per slegare i lacci dei suoi
sandali. Io vi battezzo con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo" (Mc. 1, 18).
Come vorremmo, spiritualmente, essere tra quella folla che correva incontro a Giovanni
Battista, vero segno della beatitudine della povertà, che rendeva credibile ciò che diceva, per
farsi da lui convertire e immergerci nel Giordano.
Lo sconforto, per non chiamarlo
delusione, che si vive oggi, suscita la voglia di trovare chi doni serenità. Una serenità che
non appartiene a quanto offre questa terra. Noi siamo figli di Dio e la serenità è solo
nell'andare incontro a Lui o meglio attendere che Lui, con la tenerezza che Lo distingue, si
faccia vicino a noi, sempre che noi rispondiamo al Suo accorato appello: "Vieni con me,
dove io sono, in te stesso: ti darò la chiave dell'esistenza.
Là dove sono io,-là eternamente è
il segreto della tua origine.
Invano ti dibatti, non ti difenderai eternamente contro la mia
pace.
Lo senti o no che io sono qui, il commensale che aspettavi?
Il mio riposo è
abbastanza per te? Che dice questo tuo povero cuore?
Se tu non fossi mio figlio, io non
sarei qui oggi.
Quel Padre a cui il figlio prodigo getta le braccia attorno al collo.
Per non
preferirmi, bisognava che tu non mi avessi conosciuto.
Come può morire colui che ho
ammesso fino al mio essere?
Dove sono le tue mani che non siano le mie?
E i tuoi piedi
che non siano confitti nella stessa croce?
Dov'è il tuo 'io' che non mi ascolti?
Noi siamo
vicinissimi l'uno all'altro e ci diventa più difficile essere altrove.
Come fare per separarmi
da te, senza che tu mi strappi il cuore?”
(da Dialogo di Dio con l'uomo di Paul Claudel).
Commento [PC107]: poesia
Venne un uomo mandato da Dio
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)
Vangelo: Gv 1,6-8.19-28
La si sente nell'aria l'attesa del Santo Natale. Per chi ha una salda fede è l'attesa che cambi
qualcosa, come solo Dio può fare, servendosi di noi in questo mondo.
Per chi Natale è solo
un'occasione di doni, è la fragile gioia di fare contenti per un momento coloro che amiamo,
per chi è solo consumo, diventa un frenetico scambio di auguri, in tutti i modi. Come se tutti
volessero farci ricordare che 'ci siamo', almeno per un giorno!
Ma per noi la gioia viene da
altra sorgente, che è vera Gioia: la venuta tra dì noi di Dio, nato a Betlemme. Dio fra noi,
come uno di noi.
Immensità di amore: vera follia di Dio che, nella sua infinita grandezza,
ci ama così tanto - noi, cosa da niente, troppe volte - perché ai suoi occhi di Padre chiunque
di noi è di immenso pregio, siamo figli da Lui creati!
E un Padre non può fare a meno di
'riavere' accanto a sé, se vogliono, i figli che ama.
Canta il profeta Isaia: “Io gioisco
pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti
112
Commento [PC108]: Natale
di salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il
diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Perché come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suon semi, così il Signore Dio farà germogliare la
giustizia e la lode davanti a tutte le genti” (Is 61, 10-11).
“Ma è ancora necessario un
Salvatore - affermava Benedetto XVI, nel Natale del 2006 - per l'uomo del terzo millennio?
Per l'uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l'Universo? Ha
bisogno di un Salvatore l'uomo che ha inventato la comunicazione interattiva che naviga
nell'oceano virtuale di Internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie
massmediali, ha ormai reso la terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio
globale? Si presenta come sicuro e autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore
entusiasta di indiscussi successi, quest'uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non
è. Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà, in questo tempo di abbondanza
e consumismo sfrenato. C'è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è
vittima dell'odio razziale e religioso. C'è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari,
specialmente bambini, martoriato dall'uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di
violenza, in un'epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace
per tutti. E che dire di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria
patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell'uomo? Che fare per chi è ingannato
da facili profeti di felicità, chi è fragile e si trova a camminare nel tunnel della solitudine e
finisce spesso schiavo dell'alcool e della droga? Che pensare di chi sceglie la morte
credendo di inneggiare alla vita?
Come non sentire che proprio dal profondo di questa
umanità gaudente e disperata si leva una invocazione straziante di aiuto? t proprio il Natale
di Gesù, Figlio di Dio, che fa entrare nel mondo 'la luce vera, che illumina ogni uomo'. A
Natale, proprio in questo che si definisce 'oggi', Cristo viene tra la sua gente e a chi Lo
accoglie dà il potere di diventare figli di Dio, di condividere la gioia dell'Amore. Gesù, il
Salvatore, sa che noi abbiamo bisogno di Lui. Ed è proprio nell'intimo dell'uomo, che la
Bibbia chiama 'cuore', che egli ha bisogno di essere salvato”.
E la Chiesa, oggi, come a
confermare la riscoperta della Gioia annunciata dal profeta Isaia, con la Lettera di S. Paolo
ai Tessalonicesi, annuncia: “Fratelli, siate sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa
rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete
lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vegliate su ogni cosa e tenete ciò che è buono.
Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente e tutta la vostra
persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile con la venuta del Signore nostro
Gesù Cristo. Degno di fede è Lui che vi chiama: Egli farà tutto questo” (Tess 5, 16-24).
E
113
Commento [PC109]: Papa
poi ci invita a cedere il posto alla grande discesa di Dio tra di noi, presentandoci chi apre la
via a chi desidera ricevere Dio. E chi non Lo può almeno desiderare?
É la sola gioia di cui
abbiamo sete, anche se forse non lo sappiamo.
Dice Giovanni, l'apostolo: “Venne un uomo
mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone, per dare
testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la Luce, ma
doveva dare testimonianza alla Luce” (Gv 1, 6-8).
Leggendo questo testo mi viene alla
mente uno dei momenti più intensi di commozione di tutta la Chiesa e del mondo,
credo.
Era la vigilia della morte di Giovanni XXIII, 'il Papa buono', come tutti lo
definivano, senza distinzione di classe o di religione.
Il suo sorriso, la sua semplicità, la sua
bontà, che sembravano non conoscere confini o barriere, erano riusciti a penetrare ovunque e
chiunque, come la luce del sole, che non si fa fermare da ostacoli e tutto illumina.
Tutti
eravamo abituati a sentircelo così vicino, come fosse uno di famiglia, uno che capiva, uno
che aveva negli occhi, nelle parole, nei gesti, i grandi orizzonti dell'amore, che superano le
grettezze di cuore, che sono sempre vicoli stretti e a volte chiusi.
La sera dell'11 ottobre,
all'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quando parlando a braccio dalla finestra,
che dava sulla Piazza di S. Pietro, aveva mandato una carezza ai bambini e ai malati – ‘la
carezza del Papa’ - si era avuta la sensazione che tutto il mondo fosse accarezzato da Dio
stesso, tanta era la inaspettata gioia che quelle parole avevano dato.
Allora, come la sera
della sua morte, piansi: un pianto che poteva stare bene anche in Paradiso, e mi dissi: ‘Se un
uomo è capace di tanto amore, cosa mai sarà il sorriso, la bontà e la carezza di Dio’. Il
Paradiso, in entrambe le sere, mi sembrò più vicino.
Giovanni XXIII aveva il dono, tramite
la sua bontà, di farci nascere il desiderio di essere migliori, la nostalgia del Cielo. ‘Ma chi
era mai costui?' veniva da chiederci, come si interrogarono quanti accostavano Giovanni
Battista. La risposta ce la demmo con dolore quella sera, in cui tutta la Chiesa, e non solo,
pregava perché il Signore lo conservasse ancora tra noi. Ne avevamo bisogno: avevamo
bisogno del sorriso, come forse ancora di più oggi. potevamo fare a meno di tante altre
persone, che si credevano potenti, ma che con la loro boria pericolosa costituiscono solo un
timore per il mondo.
Davanti a Giovanni XXIII di colpo tutto perdeva importanza, dalla
ricchezza allo stupido orgoglio. Prepotentemente lui ci comunicava che la ricchezza più
bella e insostituibile è l’amore, quello donatoci da Dio: Dio stesso.
Volendolo ancora
vicino, come non dovesse conoscere la morte, ma consapevoli che ormai Dio lo voleva
vicino a Sé, come il buon servo fedele, che aveva testimoniato la Luce, in coro ci siamo
detti: 'Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come
testimone della Luce'.
Per lui assumeva la veste della verità, quanto affermava il profeta
114
Commento [PC110]: Propria
esperienza
Isaia:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché il Signore mi ha mandato a portare il
lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà dei
prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore” (Is 61,1-2).
Una domanda che
si pongono tanti, oggi, da ogni parte: perché la gente pare non senta più la necessità del
sorriso di Dio? L'uomo può veramente vivere senza sentirsi amato?
Viene Natale e si ha
quasi paura di risvegliare la gioia, perché Gesù sarà presto tra di noi, come Uno di noi. Uno
che sarà tanto di casa da suscitare speranza, come sapeva fare il sorriso di Papa Giovanni
XXIII.
Ma non temiamo di seguire un rituale, del resto anche poco opportuno in questo
tempo di crisi, facendo lunghe file davanti ai negozi, rincorrendo la fantasia di chi vuole
venderci qualcosa 'perché è Natale'!
Forse non ci passa neppure per la testa che c'è davvero
Commento [PC111]: Natale
tanta gente che letteralmente muore di fame ed è un dito di accusa puntato contro questa
nostra corsa al regalo o al pranzo natalizio.
È come se di colpo spegnessimo le stelle del
cielo, che sono come una finestra sul Paradiso, per costruirci un cielo di stelle di carta, che
incorniciano le nostre vie, ma appartengono ad un 'cielo basso', che nulla può darci di vera
gioia.
Abbiamo bisogno di vederci vicino testimoni di luce: gente che, illuminata dalla
carità, quasi ci ripeta con il Battista: “Io ti battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che
non conoscete, Uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il
legaccio dei sandali”.
Con Mons.Tonino Bello offro questa preghiera:
“Ti chiedo,
Signore, di far provare a questa gente ebbrezza di vivere insieme.
Donale una solidarietà
nuova, una comunione profonda.
Falle sentire che per crescere insieme, non basta tirar
fuori dall'armadio
i ricordi del passato, ricordi splendidi e festosi,
ma occorre spalancare
la finestra sul futuro, osando insieme, sacrificandosi insieme.
Da soli non si cammina
più.
Fa' che il suo Natale sia una danza di giovinezza, concerti di campane,
una
liberazione di speranze prigioniere,
il disseppellimento di attese comuni a volte interrate
nelle caverne dell'anima”.
A tutti auguro oggi di farsi testimoni di luce e di gioia, testimoni
di carità, in modo da diventare credibili annunciatori della gioia del Natale.
Lo possiamo,
lo dobbiamo fare, perché oggi, senza averne piena coscienza tanti attendono il Natale, ossia
Dio che si fa vicino, Uno come noi, Uno con noi.
Un sì che diventa la nostra storia
IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008)
Vangelo: Lc 1,26-38
Che il Santo Natale abbia avuto - ed abbia - un fascino unico nel cuore di tanti è
innegabile.
In questi giorni, poi, che ci accostiamo alla Solennità, questo fascino diventa
l'aria di una grande attesa di speranza, di 'nuovo’, che ha le sue radici nel cuore dell'uomo,
115
Commento [PC112]: Autori
contemporanei
sempre che questi appartenga 'agli uomini di buona volontà'.
E' un'attesa coltivata da secoli
e mai scomparsa, che dovrebbe essere consapevole e vigile nella nostra esperienza
quotidiana, perché la nostra vita e quella di tutti sia migliore in ogni senso.
Quest'anno le
ristrettezze economiche, dovute a quella che chiamano 'recessione’, ci rendono più cauti
nelle spese e nei regali. Ne soffre il consumismo, ma il ritorno ad una vita più sobria e
semplice, dove riprende il suo posto il cuore e non le cose, dovrebbe fare emergere la gioia e
la necessità che ritorni la pace cantata dagli Angeli sulla grotta di Betlemme.
Sarà così? La
risposta dipende da ciascuno di noi. Gesù troverà in noi la 'grotta e la mangiatoia' che Lo
Commento [PC113]: Attualità
accolgono?
Se, come invita il profeta Isaia, 'spianiamo la via al Signore', sarà proprio la
ritrovata semplicità del Natale, che farà spazio alla fede, alla gioia, all'amore.
Ma occorre
avere il coraggio di dire 'sì' a Dio, come fece Maria.
C'è una preghiera che segna il nostro
tempo, giorno per giorno, richiamando il grande evento dell'Annunciazione. Nelle nostre
Chiese, l'evento che meditiamo oggi, ci viene ricordato con l'Angelus, scandito dalle
campane, ogni giorno, al mattino, a pranzo e a sera.
Un evento che ci ricorda lo stupore
dell'Annunciazione. Nelle nostre famiglie, un tempo, e forse anche oggi, in tanti si risponde
al suono delle campane, con la tradizionale preghiera, che è il racconto dei racconti,
l'Angelus, appunto:
“L'Angelo del Signore portò l'annunzio a Maria
ed ella concepì per
opera dello Spirito Santo.
Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la Tua
Parola.
E il Verbo di Dio si è fatto carne ed abitò tra noi.
Prega per noi santa Madre di
Dio,
perché siamo fatti degni delle promesse di Cristo”.
Una preghiera quotidiana, che è
l'orologio della salvezza e ci ricorda il Natale di Gesù. ogni giorno. Tre volte al giorno. I
passi di Maria, che accompagnano i nostri passi, o così dovrebbe essere.
Leggiamo,
dunque, assaporando parola per parola, il racconto dell'Annunciazione, di cui la Chiesa 'fa
memoria', oggi.
"In quel tempo, Dio mandò l'Angelo Gabriele a Nazareth, un villaggio
della Galilea. L'angelo andò da una fanciulla che era fidanzata ad un certo Giuseppe,
discendente del re Davide. La fanciulla si chiamava Maria. l'angelo entrò in casa e le disse:
Rallegrati, Maria, il Signore è con te. Egli ti ha colmata di grazia.
Maria fu molto
impressionata da queste parole e si domandava sul significato che poteva avere quel saluto.
Ma l'angelo le disse: Non temere, Maria! tu hai trovato grazia presso Dio. Avrai un figlio, lo
darai alla luce e gli metterai il nome Gesù. egli sarà grande e Dio, l'Onnipotente, lo chiamerà
Suo Figlio. Il Signore lo farà re, lo porrà sul trono di Davide, suo padre ed egli regnerà per
sempre sul popolo di Israele. Il Suo regno non finirà mai.
Allora Maria disse all'angelo:
Come è possibile questo dal momento che io sono vergine?
L'angelo rispose: Lo Spirito
Santo verrà su di te e l'Onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà. Per questo il bambino
116
Commento [PC114]: tradizione
che avrai sarà santo, Figlio di Dio. Vedi, Elisabetta, tua parente, alla sua età aspetta un
figlio. Tutti pensavano che non potesse avere bambini, eppure è già al sesto mese Nulla è
impossibile a Dio!:
Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, Dio faccia con
me come tu hai detto. Poi l'angelo la lasciò" (Lc 1, 26-38).
“Pensiamo per un momento affermava Paolo VI - all'avvenimento prodigioso che l'annunciazione ci ricorda. Ci ricorda
l'entrata nuova, soprannaturale, personale, di Dio nel mondo delle sue creature, anzi nella
nostra terra, nella nostra storia, nella nostra natura umana.
È la festa dell'Incarnazione; è la
prima, la più profonda, la più ineffabile festa del poema cristiano. È la festa del più
miracoloso avvenimento che sia mai accaduto nel corso dei secoli. Pensiamo: il Verbo di
Dio, Dio Lui stesso, in virtù dello Spirito Santo, l'Amore infinito calato sopra la più
innocente figlia di questa terra, viene a vivere da uomo, come uno di noi (esclusa la nostra
condizione radicale di peccatori), fondendo in sé con la sua natura divina la nostra natura
umana; assume la nostra carne, la nostra forma di vita, la nostra sorte.
Maria diventa così
madre di Cristo, cioè madre di Dio fatto uomo. Siamo tentati di dire che questo mistero
dell'Incarnazione, è troppo grande, più difficile a comprendersi di ogni altro; è sconvolgente
e sbalorditivo, tocca l'impensabile e l'impossibile.
Così l'ineffabile 'fiat' di Maria innestò
l'amore salvifico di Dio nel campo umano. Un 'sì', un atto di accettazione cosciente, di
obbedienza voluta, di carità libera, ebbe espressione dal cuore e dalle labbra di Maria; ella ci
rappresentò tutti; ella, l'unica la cui voce potesse veramente rispondere alla sovrana
chiamata di Dio. Ella tutti ci istruì sul modo di realizzare la nostra salvezza, che è
nell'accettare la volontà di Dio.
Poniamo l'orecchio a quella candida, innocente voce di
Maria che ancora risuona per noi: 'Si faccia in me secondo la tua parola'; e nel riudire
quell'umile e decisivo messaggio lasciamo che una pietà immensa riempia il nostro cuore di
riconoscenza e di lode e di fiducia.
Lasciamo che il suo esempio tracci a noi la lezione di
cui abbiamo maggiormente bisogno, perché Dio si incarni nella nostra vita, perché la sua
volontà, che ha nei cieli il suo regno, sì realizzi qui in terra, nel regno sconvolto dalla nostra
voglia di libertà, nella volontà, perché possiamo essere davvero seguaci di Cristo e fruire
della sua salvezza; occorre perciò che anche noi impariamo a dire 'sì' ai voleri di Dio, anche
quando sono grandi, anche quando sono incomprensibili, anche quando sono per noi
dolorosi.
Ci insegni Maria Annunziata a dire la grande parola: 'Sì, fiat, sia fatta, o Signore,
la Tua volontà" (Paolo VI, 25 marzo 1961).
Ormai siamo vicini al Natale, tanto
vicini.
Non ci resta che essere degni e preparati ad accogliere Dio che viene ed attende il
nostro 'sì'.
Sarebbe davvero un'imperdonabile superficialità se sbarrassimo la porta a Gesù,
per aprirla solo ad altro di effimero e materiale.
Ma sono certo che questi giorni, che ci
117
Commento [PC115]: papa
avvicinano al Natale, i miei amici saranno come i pastori, in attesa che l'Angelo annunci la
nascita, in noi, di Gesù.
È questa la gioia che tutti vorremmo e che Gesù solo sa e può
donarci, solo se glielo permettiamo. Preghiamo con la Chiesa nell'attesa del
Natale.
"Stillate o cieli dall'alto e le nubi piovano giustizia.
Si apra la terra e produca la
salvezza.
Spunterà la radice di Jesse - che verrà a giudicare i popoli:
i popoli in Lui
potranno sperare.
Cercate il Signore e confortatevi cercate sempre il Suo Volto.
Dite alla
figlia di Sion: ecco il nostro Salvatore
verrà con potenza".
118
Commento [PC116]: attualizzazi
one
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6.5 Parola di Dio
6.5.1 Esegesi e commentari biblici
BROWN, R., Introduzione al Vangelo di Giovanni. Edito, aggiornato, introdotto
concluso da Francis J. Moloney, Queriniana, Brescia 2007.
DA SPINETOLI, O., Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1986.
DONAHUE, J. – HARRINGTON, D., Il vangelo di Marco, Sacra Pagina, LDC, Leumann
2006.
FABRIS, R., Matteo. Traduzione e commento, Borla, Roma 19962.
FABRIS, R., Giovanni. Traduzione e commento, Borla, Roma 20042.
HARRINGTON, D., Il vangelo di Matteo, Sacra Pagina, LDC, Leumann 2005.
JOHNSON, B., Il racconto di Marco, Sacra Pagina, LDC, Leumann 2003.
LACONI, M., Vangeli Sinottici e Atti degli apostoli, LDC, Leumann 20022.
122
LÉGASSE, S., Marco, LDC, Roma 2000.
LEON DUFOUR, X., Lettura del vangelo secondo Giovanni, San Paolo, Cinisello
Balsamo, 2007.
MAGGIONI, B., Il racconto di Marco, Cittadella Editrice, Assisi 2008
MELLO, A, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon, Bose 1995.
MEYNET, R., Il Vangelo secondo Luca. Analisi retorica, Retorica Biblica, EDB,
Bologna 2003.
MOLONEY, F.J., Il vangelo di Giovanni, Sacra pagina, LDC, Leumann 2007.
ROSSÉ, G., Il Vangelo di Luca. Commento esegetico e teologico, Cittadella, Assisi 2001.
ROSSÉ, G., Vangelo secondo Luca. Commenti Spirituali del Nuovo Testamento,
Cittadella, Assisi 2003.
SIMOENS, Y., Secondo Giovanni. Una traduzione ed una interpretazione; EDB, Bologna
2000.
6.5.2 Parola di Dio e comunicazione
AA.VV., La sfida della comunicazione massa media ed evangelizzazione, Ancora,
Milano 1997.
AA. VV., «Leggere la Bibbia nella liturgia», RL 88/6 (2001).
ANGELINI, G. – BERTAGNA, G. – CARRARA, A., (edd.), Dare voce alla Parola. L’omelia,
Ancora, Milano 1999.
ALTER, R. – GATTI, E., L’arte della narrativa biblica, Biblioteca Biblica 4, Queriniana,
Brescia 1990.
BENVENUTO, G. – ROS, A., Qumran e preti on line, in DE KERCHOVE, D. – BERTOLINI, P.
– MARTELLI, S., (edd.), wwwchiesainrete, nuove tecnologie e pastorale, Cei
(Conferenza Episcopale Italiana), Roma 2000.
BIANCHI, E., La lettura spirituale della Scrittura oggi, in DE LA POTTERIE, I. – GUARDINI,
R. – RATZINGER, J., (edd.), L’esegesi cristiana, Piemme, Casale Monferrato 1991, 215277.
BIGUZZI, G., Paolo, comunicatore tra interculturalità e globalizzazione, Fede e
comunicazione 5, Paoline, Milano 1999.
BISSOLI, C., Rivelazione come comunicazione, in G. LORIZIO (ed.), Teologia
Fondamentale, III, Contesti, Roma 2005, 171-236.
123
BOSCIONE, F., I gesti di Gesù. La comunicazione non verbale nei vangeli, Ancora, Milano
2002.
BOURLOT, A., Parola. Immagine. Simbolo. Ascolto e visione nella comunicazione
biblica, La Bibbia nelle nostre mani, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997.
BUZZETTI, C., La Bibbia e la sua comunicazione, LDC, Leumann 1987.
CACUCCI, F., «Comunicatori di Dio», VP, 5/2010, 66-69.
GRILLI, M., «Autore e lettore: il problema della comunicazione nell’ambito dell’esegesi
biblica», Gr 74 (1993) 447-459.
ID., «Evento comunicativo e interpretazione di un testo biblico», Gr 83 (2002) 655678.
MARGUERAT, D. (ed.), La Bible en récits. L’exégèse biblique à l’heure du lecteur.
Colloque international d’analyse narrative des textes de la Bible, MB 48, Labor et
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OCVIRK, D., «La Révélation et le savoir. A partir et en marge de la Constitution Dei
Verbum», LV 36/2 (1981) 149-185.
RAVASI, G. – MAGGIONI, B. – BONORA, A., In Principio. Bibbia e comunicazione,
Paoline, Cinisello Balsamo 1995.
VIGANÒ, D., «I nuovi media a servizio della Parola», VP 5/2010, 72-74.
ZEVINI, G., Esegesi storico-critica ed esegesi spirituale della Sacre Scritture nel
contesto della fede, in SODI, M. (ed.), Ubi Petrus ibi Ecclesia. Sui sentieri del Concilio
Vaticano II, Nuova Biblioteca di Scienze Religiose 1, LAS, Roma 2007, 249-250.
ID., La lectio divina nella comunità cristiana. Spiritualità, metodo, prassi, Queriniana,
Brescia 2006.
ID. (ed.), La Parola di Dio vita della Chiesa, Nuova Biblioteca di Scienze Religiose 10,
LAS, Roma 2008.
6.6 Scienze della Comunicazione
BERCHMANS, B., «Comunicare il messaggio, ma come?», RL 1 (1999).
BISCONTIN, C., Omelia e comunicazione, in ID., Predicare oggi: perché e come,
Queriniana, Brescia, 2001, 233-246.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Chiesa in rete 2.0. Atti del Convegno Nazionale,
Roma 19-20 gennaio 2009, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010.
CASALEGNO, F., Le Cybersocialità. Nuovi media e nuove estetiche comunitarie, Il
Saggiatore, Milano 2007.
124
CASTEGNARO, A., Preti del Nordest. Condizioni di vita e problemi di pastorale,
Marcianum Press, Venezia, 2006.
GARELLI, F., La Chiesa in Italia, Il Mulino, Milano 2007.
GIOMBI, S., Retorica, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario di omiletica, LDCVelar, Leumann - Bergamo 20022, 13451355.
GUERELLO, F., Teoria della comunicazione, in Enciclopedia di Pastorale, I,
Fondamenti, Piemme, Casale Monferrato 1992.
LOBINA, W., Tecniche della comunicazione, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.),
Dizionario di omiletica, LDC-Velar, Leumann - Bergamo 20022, 1532-1538.
MAIELLO, C., Presentarsi in pubblico, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario di
omiletica, LDC-Velar, Leumann - Bergamo 20022, 1252-1256.
MARCONI, N., La Bibbia fa audience?, Milano 2000.
MAZZA, G. – PEREGO, G., (edd.), Bibbia e Comunicazione. Approfondire la Parola in
ascolto dell’uomo contemporaneo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008.
MAZZA, G. – PEREGO, G., «Giovani, Bibbia e comunicazione: una guida all’ascolto di
Dio», CEI/UCN, Quaderni della Segreteria Generale della CEI , Notiziario 35/2 (2006)
39.
MIZZAU, M., Prospettive della comunicazione interpersonale, Il Mulino, Bologna 1974.
MORTARA GARAVELLI, B., Manuale di retorica, Bompiani, Milano 1989.
RAMPIN, M., Al gusto di cioccolato. Come smascherare i trucchi della manipolazione
linguistica, Ponte alle Grazie, Milano 2010.
ROZARIS. L.E., Parlare in pubblico, Tecniche nuove, Milano 1997.
TESTA. A., Farsi capire, Rizzoli, Milano 2000.
ZIZOLA, G., La Chiesa nei media, Società Editrice Internazionale, Torino, 1996.
6.7 Siti di riferimento
www.associazionebiblica.it
www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax
www.bibbiablog.com
www.lachiesa.it
www.siticattolici.it
125
www.omelie.org
www.vatican.va
www.chiesacattolica.it
126
7. INDICE GENERALE
Sommario______________________________________________________
pag.3
Sigle e abbreviazioni _____________________________________________ pag.4
1. Introduzione
1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione:
una sfida per la Chiesa __________________________________________
pag.5
1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno dell’oggi _______________
pag.6
1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione _____________
pag.8
1.4 Metodologia del lavoro: dall’analisi delle indicazioni magisteriali
e degli apporti della scienza della comunicazione, alla scelta delle omelie
da analizzare, alla valutazione delle stesse. ____________________________ pag.10
2. L’omelia: definizione di criteri di validità
2.1 Un problema metodologico, l’assenza di una definizione sintetica,
comune e condivisa _______________________________________________ pag.12
2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi ______________ pag.14
2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero _____________________ pag.16
2.3.1 La riflessione del Concilio Vaticano II ____________________________
2.3.2 I documenti successivi ________________________________________ pag.19
2.3.3 L’omelia: il riconoscimento dell’azione di Dio nella storia e nella storia
della comunità celebrante. __________________________________________ pag.22
2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia ______________________
2.4.1 Il Messale Romano ___________________________________________ pag.23
2.4.2 Il Lezionario ________________________________________________ pag.24
2.4.3 L’omelia: attualizzare, rendere viva la Parola celebrata ______________
pag.26
2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica _____________ pag.27
2.5.1 L’esegesi spirituale auspicata dal Concilio ________________________
2.5.2 I recenti documenti sull’interpretazione delle Scritture ______________
pag.29
2.5.3 L’omelia: la lettura nello Spirito della Parola per la crescita del fedele ___ pag.33
2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione___________________ pag.34
2.6.1 Dalla retorica alle nuove tecniche di comunicazione__________________
127
2.6.2 Opportunità e limiti della nuova comunicazione
2.6.2.1 Omelia come messaggio _____________________________________ pag.36
2.6.2.2 Messaggio e rapporto personale _______________________________
2.6.2.3 Messaggio e codice comunicativo _____________________________
pag.37
2.6.2.4 Messaggio e destinatari _____________________________________
pag.38
2.6.2.5 Messaggio e disturbi della comunicazione ______________________
2.6.3 L’omelia: intervento diretto, appassionato, credibile, vero dell’azione di Dio
nel presbitero e nella comunità ecclesiale. _____________________________ pag.40
2.7 Una griglia di interpretazione ____________________________________ pag.41
2.7.1 Criteri per una valutazione critica ________________________________ pag.43
3. Analisi dei testi
3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie ______________________________
pag.45
3.2 La scelta degli autori __________________________________________
pag.46
3.2.1. Monsignor Vincenzo Paglia ___________________________________
3.2.2 Ermes Ronchi _______________________________________________ pag.47
3.2.3 Mons. Antonio Riboldi ________________________________________
3.3 La scelta del tempo liturgico _________________________________
pag.48
3.4 Nota metodologica _____________________________________________ pag.49
3.5 Analisi di alcune omelie esemplari
3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia ________________________________________ pag.50
3.5.1.1 Il piano di lavoro dell’autore __________________________________
3.5.1.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.51
3.5.1.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.52
3.5.1.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento
celebrativo liturgico in cui essa è dettata. _____________________________
3.5.1.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia _______
pag.53
3.5.1.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.56
3.5.1.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto
alla sua comprensibilità ___________________________________________
pag.58
3.5.1.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta ____________________________________________
pag.59
3.5.1.7 Osservazioni critiche conclusive ______________________________
pag.60
128
3.5.2 Padre Ermes Ronchi
3.5.2.1 Il piano di lavoro dell’autore _________________________________ pag.61
3.5.2.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.62
3.5.2.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.63
3.5.2.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento
celebrativo liturgico in cui essa è dettata. ______________________________
3.5.2.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia ________ pag.64
3.5.2.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.67
3.5.2.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità ____ pag.69
3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta _____________________________________________ pag.71
3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive _______________________________
3.5.3 Mons. Antonio Riboldi
3.5.3.1 Il piano di lavoro dell’autore __________________________________ pag.73
3.5.3.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.74
3.5.3.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.75
3.5.3.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento
celebrativo liturgico in cui essa è dettata. ______________________________
3.5.3.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia ________ pag.76
3.5.3.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.78
3.5.3.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto
alla sua comprensibilità ____________________________________________ pag.80
3.5.3.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione
spirituale per l’omileta ____________________________________________
pag.82
3.5.3.7 Osservazioni critiche conclusive _______________________________ pag.83
4. Considerazioni generali conclusive
4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato _________________ pag.84
4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi
da mediare e incarnare _____________________________________________ pag.85
4.2.1 I fruitori per fini pastorali ______________________________________ pag.86
4.2.2 I fruitori per fini personali _____________________________________ pag.88
4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet ___________ pag.90
129
4.4 Uno sguardo prospettico ________________________________________ pag.91
5. Appendice
Testi delle omelie analizzate ________________________________________ pag.94
6. Bibliografia __________________________________________________
pag.119
7. Indice generale _______________________________________________
pag.127
130