Internet e il servizio della Parola di Dio
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Internet e il servizio della Parola di Dio
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA Facoltà di Teologia – Sezione di Torino LICENZA DI TEOLOGIA PASTORALE Studente: Paolo Curtaz Matricola 8086T Internet e il servizio della Parola di Dio Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani Relatore: prof. Marco Rossetti Anno Accademico 2010/2011 A Jakob e Luisella A Mons. Arrigo Miglio che ha incoraggiato questo lavoro Agli internauti cercatori di Dio SOMMARIO 1. Introduzione 1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione: una sfida per la Chiesa 1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno dell’oggi 1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione 1.4 Metodologia del lavoro 2. L’omelia: definizione di criteri di validità 2.1 Un problema metodologico, l’assenza di una definizione sintetica, comune e condivisa 2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi 2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero 2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia 2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica 2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione 2.7 Una griglia di interpretazione 3. Analisi dei testi 3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie 3.2 La scelta degli autori 3.3 La scelta del tempo liturgico: l’Avvento 3.4 Nota metodologica 3.5 Analisi di alcune omelie esemplari 3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia 3.5.2 Ermes Ronchi 3.5.3 Mons. Antonio Riboldi 4. Considerazioni generali conclusive 4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato 4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi da mediare e incarnare 4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet 4.4 Uno sguardo prospettico 5. Appendice Testi delle omelie analizzate 6. Bibliografia 7. Indice generale Sigle e abbreviazioni AT Antico Testamento. CEI Conferenza Episcopale Italiana. DV Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Dei Verbum sulla divina rivelazione, Città del Vaticano 18 novembre 1965. Gr Gregorianum. ICT Information & Comunication Technologies. IGMR Institutio generalis Missalis Romani in ed. it.: Principi e norme per l’uso del Messale Romano, in Messale Romano riformato a norma dei Decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Libreria Editrice Vaticana, Roma 19832. LV Lumen Vitae. MB Le Monde de la Bible. NT Nuovo Testamento. OLM Ordo Lectionum Missae in ed.it.: Ordinamento delle letture della Messa in Lezionario domenicale e festivo, vol. 1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007. RL Rivista Liturgica. RPL Rivista di pastorale liturgica. SC Costituzione del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia, Città del Vaticano, 4 dicembre 1963. VD Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini Città del Vaticano, 11 novembre 2010. VP Vita pastorale. 4 1. Introduzione 1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione: una sfida per la Chiesa Nella millenaria opera di evangelizzazione della Chiesa, assistiamo, nell’ultimo decennio, alla nascita e alla rapida espansione di un nuovo strumento, all’inizio guardato solo con curiosità e, ora, studiato con maggiore attenzione: la rete di internet. Lo strumento di internet, l’evoluzione tecnologica e la diffusione dei personal computer, l’adeguamento delle reti di supporto hanno aumentato esponenzialmente la possibilità di comunicazione fra le persone, procurando una svolta epocale nel percorso dell’umanità. Attraverso il web (World Wide Web) un quarto dell’umanità ha la possibilità di informarsi, di dialogare, di condividere materiale, di lavorare, di commerciare: davvero la rivoluzione informatica sta attuando una possente accelerazione nell’incontro fra le culture e nel cambiamento della società, paragonabile a quella che fu la rivoluzione industriale.1 La Chiesa non poteva certo restare alla finestra a guardare un fenomeno così imponente: perciò lo strumento di internet ha rapidamente occupato uno spazio ragguardevole nella riflessione ecclesiale e nella pastorale, ricevendo fin dall’inizio una valutazione positiva. Come scrive papa Giovanni Paolo: «Per la Chiesa il nuovo mondo del ciberspazio esorta alla grande avventura di utilizzare il suo potenziale per annunciare il messaggio evangelico. Questa sfida è l'essenza del significato che, all'inizio del millennio, rivestono la sequela di Cristo e il suo mandato “prendi il largo”: Duc in altum! (Lc 5,4)».2 E, ancora, rivolto agli operatori della comunicazione, scrive: «Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono “tra le cose meravigliose” — “inter mirifica” — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno».3 1 Dati attendibili parlano di 2,2 miliardi di persone connesse nel 2013. Fonte: www.key4biz.it/News/2009/07/21/e-Society/forrester_internet_Zia_Daniell_Wigder.html 2 GIOVANNI PAOLO II, Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo. Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2002, n. 1. 3 ID., Il rapido sviluppo. Lettera Apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali (21 febbraio 2005), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005. 5 Il Magistero ha inizialmente osservato con interesse l’evoluzione di internet, per poi avviare un approfondimento sul suo utilizzo; nel frattempo, a partire dalle singole persone e dalle aggregazioni ecclesiali, parrocchie, movimenti, associazionismo, si è assistito alla nascita e alla diffusione di migliaia di siti cattolici, 4 di blog, e, recentemente anche i temi di fede hanno ritagliato un loro spazio nei social network.5 Non tutta la presenza cattolica nel web, tuttavia, è qualificata e competente, come per altro accade in molti altri campi in internet, ma, certamente, essendo un grande movimento di massa e popolare, il web rappresenta una nuova agorà in cui potere proclamare il vangelo di Dio. Dal nostro punto di vista o la Chiesa raccoglie la sfida del nuovo strumento o rischia di perdere la possibilità di essere ascoltata dalle nuove generazioni. A questo riguardo scrive mons. Jean-Michel di Falco Léandri, Vescovo di Cap e d’Embrun, e Presidente della Commissione episcopale europea per i media: «Con Internet, assistiamo a una rivoluzione copernicana che sta già producendo i suoi effetti sul nostro modo di essere nella nostra relazione con il mondo, nel nostro collocarci nel mondo, nel nostro interagire con il mondo. Qui si inserisce la presa di coscienza della Chiesa istituzionale riguardo all'importanza di internet. Nessun dubbio. E a maggior ragione oggi. Ma saper navigare cavalcando l’onda di internet è tutta un’altra storia. Internet è un rivelatore, un evidenziatore. O sapete comunicare, o non sapete farlo, o siete credibili o non lo siete, o rispondete alle attese o restate nella vostra bolla, o siete un profeta o siete l’ultimo dei Mohicani, o siete vivi o siete dei fossili, o conoscete il linguaggio di internet o non lo conoscete e non potete comunicare. Paragono spesso la modalità di presenza della Chiesa nel mondo dei media e in internet a ciò che viene richiesto a un missionario che si accinge a partire per terre sconosciute». 6 1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno odierno Negli ultimi decenni, numerosi sono stati gli autorevoli interventi magisteriali sugli strumenti della comunicazione sociale e la nuova frontiera di internet. Precursore, anche in questo caso, è stato Papa Giovanni Paolo II, con il messaggio per la XXXVI Giornata delle 4 Al 1 dicembre 2010 www.siticattolici.it, il maggiore portale dei siti cattolici, recensisce ben 13567 siti in lingua italiana. 5 Al 1 giugno 2010 su Facebook, il più diffuso social network mondiale, segnala oltre 500 gruppi di discussione in lingua italiana legati alla figura di Gesù Cristo. 6 J.M. DI FALCO LÉANDRI, Prolusione all’Assemblea plenaria della commissione del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa su “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”, 12 novembre 2009; http://www.zenit.org/article-20324?l=italian. 6 comunicazioni sociali, «Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo», 7 cui è seguita la lettera apostolica «Il rapido sviluppo» del 21 febbraio 2005.8 Sulla stessa scia Papa Benedetto XVI ha pubblicato, in occasione della Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali, due messaggi: «Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia»9 e il più recente «Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola».10 In quest’ultimo testo, Papa Benedetto scrive: «Ai sacerdoti è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante voci scaturite dal mondo digitale, e annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi». 11 Da segnalare, in questo contesto, il documento del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali su internet12 e l’intensa attività della Conferenza Episcopale Italiana, in particolare con i convegni dedicati alla evangelizzazione attraverso il web: «Parabole mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione» nel 2002 13 e il recente «Testimoni digitali» del 2010. 14 In tutti questi documenti emerge un dato interessante: la Chiesa, il cui mandato è l’annuncio del Vangelo, intende essere presente nel mondo del web per assolvere alla sua missione con uno stile proprio, ponendosi in dialogo col vasto e complesso mondo di internet. Possiamo notare un’evoluzione di pensiero nella proposta pastorale della Chiesa concernente i mezzi di comunicazione sociale a partire dal Concilio Vaticano II fino ad oggi.15 7 GIOVANNI PAOLO II, Internet: nuovo forum per annunciare il Vangelo. Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2002. 8 ID., Il rapido sviluppo. Lettera Apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali (21 febbraio 2005), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005. 9 BENEDETTO XVI, Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia. Messaggio per la 43° Giornata delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2009. 10 ID., Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola Messaggio per la 44° Giornata delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2010. 11 ID., Il sacerdote…, 12. 12 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), Città del Vaticano 2002, 6. 13 www.chiesacattolica.it/parabole/ 14 www.testimonidigitali.it 15 Breve sintesi in: J.M., DI FALCO LEANDRI, Prolusione all’Assemblea plenaria della commissione del 7 Se, all’inizio, la Chiesa si preoccupa di richiamare gli operatori della comunicazione sociale alle loro responsabilità etiche, ai loro doveri di carità e giustizia, visto l’enorme influsso esercitato sulle masse dalle opinioni pubbliche,16 e invita i cattolici ad essere presenti nel mondo dell’editoria, della cinematografia e della radiotelevisione,17 l’abbattimento di ogni frontiera e distinzione operata dal web porta la Chiesa ad essere presente in prima linea nel mondo virtuale, cogliendo la potenzialità di uno strumento che rende ogni tipo di informazione e di comunicazione fruibile ovunque in tempo reale, senza costi, senza intermediari, senza barriere. Non è più solo la Chiesa nel suo aspetto organizzativo ed istituzionale a occuparsi attivamente dei mezzi della comunicazione sociale, ma ogni cristiano è chiamato a diventare evangelizzatore in rete. Come scrive efficacemente il Pontefice Paolo VI riguardo ai nuovi strumenti per la comunicazione: «la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore, se non adoperasse questi mezzi per l’evangelizzazione». 18 1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione Una delle caratteristiche del web e della fruizione di internet è la sua espansione esponenziale e la sua potenzialità comunicativa che, ad oggi, sembra illimitata. Coloro che vivono in presa diretta questa rapida evoluzione, resa possibile grazie al progresso dei mezzi tecnologici, all’abbassamento dei costi degli stessi e all’implementazione delle reti di connessione, parlano ormai di una seconda fase della comunicazione su internet. Se la prima fase, quella degli esordi della prima metà degli anni ’90 del secolo scorso, 19 rendeva possibile l’uso di informazioni presenti sui siti e la comunicazione fra i soggetti attraverso la posta elettronica, la seconda fase, chiamata in gergo Web 2.0,20 è caratterizzata da un forte incremento dell’aspetto dinamico e relazionale del web, grazie alla nascita di chat, di blog, di forum, dalla diffusione dei social network, dalla possibilità di Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa su “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”, 12 novembre 2009; http://www.zenit.org/article-20324?l=italian. 16 Inter mirifica, Decreto sugli strumenti della comunicazione sociale, n.8. 17 ID., n.14. 18 PAOLO VI, Esortazione Apostolica, Evangelii Nuntiandi, n. 45 19 La data di nascita del World Wide Web viene comunemente il 6 agosto 1991, giorno in cui l'informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web. 20 Gli scettici replicano che il termine Web 2.0 non ha un vero e proprio significato, in quanto questo dipende esclusivamente da ciò che i propositori decidono che debba significare per cercare di convincere i media e gli investitori che stanno creando qualcosa di nuovo e migliore, invece di continuare a sviluppare le tecnologie esistenti, e gli preferiscono il termine New Web. 8 pubblicare sul web materiale audio e video. Si è passati, cioè, dalla fruizione statica del web ad una spiccata interazione fra i navigatori della rete. Per quanto indagato più specificatamente, i siti cattolici ufficiali, da quello del Vaticano a quello della CEI, tendono a restare siti statici, molto articolati e ricchi di informazioni, ma con pochissime possibilità di interazione; molti dei siti e delle realtà cattoliche presenti sul web, nati spontaneamente negli ultimi anni, invece, hanno una maggiore tendenza all’interattività. Fra i siti di maggiore successo, meritano particolare attenzione quelli che, proprio in nome dell’interazione, offrono materiale per la pastorale e raccolgono lo stesso materiale per metterlo a disposizione di tutti. È il caso del più famoso portale di materiale pastorale online italiano, qumran2.net, che, con tre milioni e mezzo di accessi e oltre cinquantotto milioni di files scaricati, si pone come capofila nella presenza dei cattolici in rete. Sul sito in oggetto, non è solo possibile scambiare materiale per la pastorale, ma anche «dialogare» con riservatezza con un sacerdote (oltre 800 a disposizione nella sezione preti online): è una nuova frontiera di evangelizzazione che può portare molti frutti, anche se non è esente da qualche rischio. 21 Anche in ambito omiletico constatiamo la diffusione in rete di numerosi sussidi informatici di predicazione, organizzati per tempo liturgico e di facile utilizzo da parte dei presbiteri che vogliono trovare degli spunti di riflessione per la propria omelia domenicale o da parte dei laici che vogliano leggere un’omelia diversa da quella udita durante la celebrazione eucaristica cui partecipano abitualmente. In genere si tratta di omelie redatte da parroci, da laici, da monasteri, da movimenti ecclesiali, destinate anche a soggetti particolari (ai ragazzi, ad esempio): un materiale variegato e di facile fruizione, gratuito e a disposizione di tutti. Un materiale presente in grande abbondanza, che, di fatto, sta sostituendo i tradizionali sussidi di omiletica sinora conosciuti.22 In questa grande varietà di scelta, tuttavia, è insito un rischio: quello di sminuire o di vanificare il doveroso compito del pastore di attualizzare la Parola celebrata con la propria comunità. Si segnalano, infatti, abusi di pastori che, a causa delle loro sempre maggiori incombenze e forse anche di un poco di pigrizia mentale, giungono alla pessima abitudine, 21 Sui limiti dell’evangelizzazione in web che non può sostituirsi ad una comunità ecclesiale reale, cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), Città del Vaticano 2002, 8. 22 Per dare una dimensione del fenomeno: solo sul sito www.qumran2.net, al 1 dicembre 2010, sono presenti oltre 19000 omelie scaricabili gratuitamente, con una media di 60 diverse omelie per ogni domenica. 9 segnalata da molte persone, di salire all’ambone e leggere un’omelia scaricata da internet pochi minuti prima della Celebrazione Eucaristica. La nostra ricerca nasce proprio da questa duplice constatazione: da una parte la massiccia presenza di omelie accessibili gratuitamente; dall´altra il loro sempre maggiore utilizzo non come fonte di ispirazione, ma come testo immediatamente utilizzabile. In relazione a quanto sopra, è nostra intenzione occuparci di alcune questioni che nascono da una serie di interrogativi di vario ordine: le omelie fruibili su internet sono valide? Seguono i criteri impostati dalla riflessione conciliare? Sviluppano l’esegesi spirituale auspicata dal Concilio Vaticano II? 23 A partire dalla campionatura di alcune di queste omelie, è possibile farsi un’idea dello stile e dei contenuti delle omelie che si ascoltano nelle nostre chiese italiane? E a partire da quali criteri possiamo valutarne l’efficacia? Che giudizio possiamo dare di questa innovativa forma di divulgazione che, presumibilmente, si amplierà? Dell’uso delle omelie in internet, della loro qualità, della loro potenzialità, dei loro limiti, vuole parlare questa ricerca. 1.4 Metodologia del lavoro: dall’analisi delle indicazioni magisteriali e degli apporti della scienza della comunicazione, alla scelta delle omelie da analizzare, alla valutazione delle stesse. La diffusione di internet nel mondo cattolico offre nuove opportunità di evangelizzazione: nel vasto materiale pastorale a disposizione di chi accede alla rete ci vogliamo occupare delle omelie. Come muoverci, però, in questa ricerca? Il nostro è un lavoro che si svolge nell’ambito della teologia pastorale. La teologia pastorale è una disciplina teologica che, in base all'osservazione della vita e delle azioni di una Chiesa particolare, elabora le teorie ritenute più opportune per fornire i criteri d'intervento correttivo sulla prassi ecclesiale. Il suo oggetto ed il suo metodo, quindi, non possono essere fatti derivare dalle altre discipline teologiche poiché richiedono la comprensione della situazione umana nella sua particolarità storica, contingenza e sviluppo sperimentale per elaborare criteri metodologici adatti ed efficaci. 23 DV , n.12. 10 Il suo metodo comportava, tradizionalmente, la applicazione di principi astratti a situazioni specifiche (con certe abilità e virtù accessorie). Il pensiero contemporaneo tende, però, ad abbracciare concezioni più dinamiche e dialettiche in cui non si mettono a confronto i principi teologici, dedotti da altre discipline, ma, a partire dall’incontro della dottrina con le situazioni concrete, si elaborano dei criteri per intervenire più efficacemente sulla prassi.24 Nella universale e millenaria missione evangelizzatrice della Chiesa fisseremo lo sguardo sull’omelia inserita nell’ambito proprio della liturgia. Di fatto l’omelia resta lo strumento di evangelizzazione e di catechesi più diffuso in Italia: studi recenti ci dicono che nel 1999 almeno il 43% degli italiani partecipava all’eucarestia un paio di volte al mese (erano il 41% nel 1990); indicativamente oltre venti milioni di italiani ascoltano una o più omelie nell’arco di un mese. 25 Che giudizio danno delle omelie che ascoltano? Sono aiutati nella loro crescita di fede? Si tratta, perciò, di un lavoro empirico, perché vogliamo partire dalle omelie pubblicate in internet da autori diversi per compiere un lavoro di analisi; al contempo si tratta di un lavoro critico, perché vogliamo tentare una valutazione sulla validità di tali omelie. Da un punto di vista metodologico, dovremo anzitutto tentare una definizione di «omelia», a partire da criteri oggettivi che possano farci da punti di riferimento per esprimere un giudizio. Proveremo a sintetizzare il percorso magisteriale dal Concilio in avanti, attinente proprio l’omelia: documenti del Concilio, esplicitazioni successive, documenti inerenti l’applicazione della riforma liturgica, documenti inerenti l’interpretazione della Parola di Dio. Ma, proprio perché la nostra è una ricerca svolta in ambito pastorale, dovremo anche tener conto di ciò che le scienze umane, non solo la teologia e le sue applicazioni, ci suggeriscono: in particolare quelle che hanno a che fare con la comunicazione e con la sua efficacia. Dai dati del Magistero e dai suggerimenti delle scienze della comunicazione, peraltro già ampiamente recepite proprio nei documenti più recenti, elaboreremo qualche criterio di valutazione oggettiva delle omelie presenti sul web. 24 Per una introduzione storica dello sviluppo della Teologia pastorale o pratica si veda MIDALI, M., Teologia pastorale o pratica. Cammino storico di una riflessione fondante e scientifica, in ISTITUTO DI TEOLOGIA PASTORALE DELLA FACOLTÀ DI TEOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA (edd.), Studi di Teologia pastorale, LAS, Roma 1985, 112-135. 25 GARELLI, F., La Chiesa in Italia, Il Mulino, Milano 2007, nostra elaborazione. 11 2. L’omelia: definizione di criteri di validità Posto quanto appena detto sugli obiettivi, affrontiamo subito il problema metodologico di partenza: esistono dei criteri condivisi da usare per stabilire la validità di un’omelia? 2.1 Un problema metodologico: l’assenza di una definizione sintetica, comune e condivisa di “omelia” A chi volesse conoscere con precisione in che cosa debba consistere un’omelia, salta subito agli occhi l’assenza di un’unica definizione sintetica, comune e condivisa della stessa. Se anche nella storia moltissime sono state le riflessioni su come debba essere un’omelia, sul linguaggio da usare, sui temi da trattare, 26 lo studioso contemporaneo deve armarsi di pazienza e attingere a diverse fonti per arrivare ad una definizione di omelia che sia quanto più possibile condivisa. A partire dalla riforma liturgica avviata dal Concilio Vaticano II che ha inteso riformare anche l’omelia, senza, però, entrare troppo nello specifico, fino ai documenti successivi e alle indicazioni dei libri liturgici, possiamo individuare un percorso che giunge a tracciare una definizione che ci permetta di valutare in maniera critica il materiale omiletico presente sul web? Possiamo, inoltre, accanto ai criteri di ordine magisteriale, liturgico, esegetico, farci aiutare dalle scienze della comunicazione sociale per stabilire quali tecniche comunicative mettere in atto al fine di promuovere una comunicazione efficace? Nel mondo della comunicazione e della forma, è illusorio supporre che solo il contenuto sia sufficiente a coinvolgere l’uditore contemporaneo, abituato e talora assuefatto ad una comunicazione emozionale, impattante, coinvolgente che, spesso, esalta la forma a scapito del contenuto ed è perciò essenziale elaborare dei criteri di validità riguardanti la forma dell’omelia. Perciò, come primo passo della nostra ricerca, stabiliremo una serie di criteri obiettivi per la valutazione delle omelie prese in esame. 26 Si confrontino, ad esempio, i contributi raccolti in SODI, M., TRIACCA, A., (edd.), Dizionario di omiletica, LDC-Velar, Leumann-Bergamo 20022, soprattutto nelle voci che parlano della storia dell’omelia. Vedi anche BISCONTIN, C., Predicare oggi: perché e come, Queriniana, Brescia, 2001, 43-106. 12 Saranno criteri di tipo magisteriale, dedotti dal Concilio Vaticano II e dal documento elaborato in vista del terzo millennio: «Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio», 27 che ci dicano in cosa deve consistere l’omelia e che tengano conto delle nuove potenzialità della comunicazione e dei suoi strumenti; criteri di tipo liturgico, attingendo alle indicazione contenute delle nelle introduzioni al Messale Romano28 e al Lezionario29 e cogliendo anche alcuni suggerimenti dell’ormai quarantennale esperienza della riforma liturgica; criteri di tipo esegetico: i) a partire dai documenti «Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana», 30 «L’interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa»,31 dall’autorevole e recente Esortazione apostolica post-sinodale «Verbum Domini»,32 frutto del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio;33 ii) distinguendo il tipo di approccio esegetico (storico critico, simbolico, narrativo, retorico) degli autori delle omelie prese in esame; criteri, infine, che attingano dalla scienza delle comunicazioni sociali sapendo bene che la forma della comunicazione, oggi, riveste un’importanza decisiva.34 Ma, prima, dobbiamo provare a leggere la realtà ecclesiale che stiamo vivendo, e tenere conto del giudizio severo che la maggior parte del popolo di Dio esprime riguardo alle omelie nelle celebrazioni cui partecipa, al punto da far dire al Relatore Generale del recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: «Nonostante la riforma di cui l’omelia è stata oggetto al Concilio, sperimentiamo ancora l’insoddisfazione di molti fedeli nei confronti del ministero della predicazione. Questa insoddisfazione spiega in parte la fuga di molti cattolici verso altri gruppi religiosi». 35 27 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999. 28 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 19832. 29 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Lezionario domenicale e festivo, vol.1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007. 30 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001. 31 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993. 32 BENEDETTO XVI, Verbum Domini. Esortazione apostolica postsinodale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010. 33 XII ASSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI : «La Parola di Dio nella vita e nella Missione della Chiesa», Roma, 6 - 26 ottobre 2008. 34 Cfr.: CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999, n.2. 13 Se la Chiesa fatica a coinvolgere i suoi figli nel cammino di fede, uno dei temi dolenti è proprio la scarsa qualità della predicazione durante le assemblee eucaristiche. 2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi Il Concilio ha voluto affrontare il tema della liturgia dalle radici e ha collegato il momento omiletico all’atto liturgico nel suo complesso, legandolo intimamente alla Parola di Dio appena proclamata, alla liturgia e alla storia della salvezza. A quarant’anni dall’applicazione della riforma, però, molte cose sono ancora da fare e uno degli aspetti più problematici riguarda proprio l’omelia. L’insoddisfazione dei fedeli nei confronti dell’omelia rappresenta un punto di criticità anche per i vescovi come abbiamo appena letto; ne troviamo inoltre conferma a partire dall’esperienza quotidiana e dalle ricerche che si stanno compiendo sul tema. Basta girare l’Italia e partecipare ad alcune celebrazioni eucaristiche per farsi un’idea purtroppo negativa della qualità delle omelie che si ascoltano.36 Nelle nostre chiese generalmente ci si imbatte in omelie che non hanno alcuna attinenza con le letture appena proclamate, altre che abbondano di forzature sentimentalistiche con l’uso improprio di aggettivi ridondanti e di iperboli, facendo sembrare l’omelia una recita impropria ed eccessiva. Altrove ci si imbatte in pericolosi cedimenti nei confronti del devozionismo, mettendo sullo stesso piano la proclamazione della Parola di Dio e la sana tradizione della Chiesa con le forme devozionali più discutibili. Ancora, si assiste ad omelie eccessivamente didattiche, con il celebrante più preoccupato di far sfoggio della propria cultura che della comprensione profonda del mistero, che tratta gli uditori come degli studenti di teologia o, peggio, come degli irriducibili ignoranti da istruire. Non mancano nelle odierne omelie derive moralistiche, con generalizzazioni o prescrizioni massimaliste, perentorie, al punto che nel linguaggio contemporaneo il termine «predica» ha assunto una connotazione fortemente negativa, di inutile rimbrotto. Omelie troppo lunghe, 37 troppo noiose, autoreferenziali che poco hanno a che vedere con la vita reale, se non per 35 OUELLET, M., Relatio ante disceptationem, XII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in GIRAUDO, C., Aiutare l’assemblea ad ascoltare la Parola, RL 6 (2008), 984-985. 36 Prendo questa impietosa analisi da BISCONTIN, C., Predicare, 9-23. Molto interessante, sullo stile celebrativo, l’articolo di SANTANTONI, A., L’arte del celebrare: uno stile per comunicare in AA.VV., L’arte del celebrare, Atti della XXVII Settimana di studio dell’Associazione Professori di Liturgia, CLV, Roma 1999, 7690, che analizza gli eccessi degli stili celebrativi, non solo limitati all’omelia. 37 Quanto deve essere lunga una buona omelia? Riflessione interessante ed esaustiva in SODI, M., Tempo dedicato alla predicazione oggi in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1546-1548. 14 giudicarla in malo modo, senza speranza, senza una reale e percorribile possibilità di cambiamento e di conversione. Conclude, sconsolato, il direttore della rivista «Servizio della Parola»: «Un discorso che voglia essere seguito e trovato interessante deve avere un riferimento preciso a ciò che gli ascoltatori sperimentano come rilevante nella loro esistenza, Essi vivono gioie e dispiaceri, speranza e delusioni, successi e sconfitte, preoccupazioni e attese (…). In che rapporto sta l’omelia che essi stanno ascoltando con queste loro passioni? Vi trovano una qualche luce, un conforto, un sostegno, una speranza, un incoraggiamento? È la relazione tra i contenuti e i modi dell’omelia da una parte e le dimensioni reali dell’esistenza di chi l’ascolta dall’altra che determina la serietà e l’interesse dell’omelia».38 Un giudizio severo, insomma, confermato anche dagli studi più scientifici. L’impressione generale che se ne ricava è quella di omelie con una scarsa qualità religiosa. In molte di esse il cammino di fede del fedele non è l’orizzonte in cui far vibrare la Parola di Dio e la celebrazione, e la pessima padronanza del processo comunicativo ne sviliscono il contenuto. Alcuni celebranti operano una inutile complicazione del linguaggio, applicando all’omelia il processo del ragionamento teologico, sconosciuto ai più, e usando termini incomprensibili, tecnici, o desueti, un vero e proprio «ecclesialese». 39 Nell’interessante studio sociologico che ha coinvolto tutte le Diocesi della Regione Ecclesiastica Piemontese sulla recezione della riforma liturgica40 ad esempio, emerge un dato che fa molto riflettere, ed è il giudizio dei fedeli nei confronti dell’omelia. «Sulla questione dei contenuti omiletici l’inchiesta è esplicita (…). Pare che la nostra omiletica non esca malconcia, ottenendo un sostanziale indice di gradimento pari al 68,8%, raccolto più fra i ceti culturalmente modesti che fra quelli più impegnati. Tale indice è in parte confermato dalle risposte alle domanda: “In che misura è presente l’attenzione durante l’omelia?”. Un buon 49,8% risponde “molto” (…). Tuttavia questo guizzo di ottimismo si ridimensiona perché il 45,7% risponde «poco» e il 4,5% risponde “nulla”. Una percentuale così poco marcata ci dice che nelle nostre omelie c’è almeno qualcosa da rivedere». 41 Peggio: per quanto riguarda l’omelia durante il Rito delle Esequie (domanda n. 45) il 91,4% dei Presbiteri dice che si propone un’omelia ben centrata sulla Parola e sull’Evento 38 BISCONTIN, C., Predicare, 23. Provocatorie le «Dieci regole per non farsi capire, parlando in ecclesialese» in: BERETTA, R., Il piccolo ecclesialese illustrato, Ancora, Milano 2000, 67-78. 40 CRAVERO, D. (ed.), Una riforma in cammino, Effatà, Torino 2007. 41 ALBERTAZZI, A., Indicazione al presbitero riguardo alla presidenza e all’omelia, in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma in cammino, Effatà, Torino 2007, 111. 39 15 Pasquale, ma solo il 59,9% dei fedeli se ne accorge. Anzi, quando si chiede se l’omelia include elogi funebri e riferimenti anche molto personali, risponde di «sì» il 51,1% dei fedeli, ma solo il 23,3% dei Presbiteri lo ammette. 42 Sembra che il giudizio sul proprio operato fra chi predica e chi ascolta, sia molto diverso. Probabilmente questa distanza deriva dalla formazione dei presbiteri maggiormente incentrata sul contenuto che non sulla forma, e sulla loro scarsa competenza in ambito comunicativo. Scrive Biscontin: «Sulla base della presunzione che chi ha qualcosa di valido da dire troverà spontaneamente anche il modo migliore per comunicarlo, il tempo dedicato all’efficacia comunicativa o è assente o è molto scarso. (…) La povertà di una certa preparazione retorica, teorica e pratica, nel curriculum di studi dei futuri preti, aggravatasi dopo la riforma conciliare e solo di recente un po’ riconsiderata, fa sentire tutto il suo peso». 43 Una cosa è evidente: l’omelia necessita di una ridefinizione e i percorsi formativi dei seminari devono riconsiderare la formazione liturgica riguardanti questo aspetto. Proviamo, ora, ad elaborare dei criteri oggettivi che ci permettano di valutare criticamente le omelie presenti in internet. 2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero 2.3.1 La riflessione del Concilio Vaticano II Proprio il Concilio, mettendo a frutto i risultati del movimento liturgico, degli studi patristici e storico-teologici, ha dato vita ad una grande riforma liturgica che ha rivisitato anche il tema dell’omelia. Di essa ha indicato la natura (è parte dell’azione liturgica), le fonti (la Scrittura, la liturgia e la storia della salvezza), gli obiettivi (la presentazione dei misteri della fede e le norme della vita cristiana) e l’uso (non deve omettersi nelle domeniche e nei giorni festivi).44 Il testo di riferimento è la SC che recita: «Si raccomanda vivamente l'omelia, che è parte dell'azione liturgica. In essa nel corso dell’anno liturgico vengano presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana, attingendoli dal testo 42 Dati rilevati dai risultati dell’indagine della Commissione Liturgica Piemonte e Valle d’Aosta: La recezione della Riforma liturgica in Piemonte e Valle d’Aosta, Pro Manuscripto. 43 BISCONTIN, C., Predicare, 20. 44 Ibi 105/106. 16 sacro. Nelle messe della domenica e dei giorni festivi con partecipazione di popolo non si ometta l'omelia se non per grave motivo». 45 E aggiunge: «La predicazione poi attinga anzitutto alle fonti della sacra Scrittura e della liturgia, poiché essa è l’annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo, mistero che è in mezzo a noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche». 46 L’omelia è inserita all’interno della celebrazione liturgica, ne fa parte, è in intima comunione con quanto si sta celebrando, perciò è obbligatoria durante le liturgie festive. Se fa parte della celebrazione, è l’intera liturgia che esprime e manifesta il mistero di Dio: non può esserci un’omelia straordinaria in una celebrazione sciatta, o un pontificale solenne senza un’omelia che richiami quanto si sta celebrando. A chi non è successo di ascoltare un’omelia sovrabbondante, aulica, degna della migliore retorica, salvo poi assistere allo spettacolo deprimente del celebrante che, per stare nei tempi, ha svilito il resto della celebrazione, consacrazione compresa, correndo sulle parole con una fretta urtante? La finalità della predicazione è quella di spiegare ed approfondire «i misteri essenziali della fede», attingendo dalla Parola di Dio e dalla liturgia stessa che annunzia le mirabili opere di Dio nella storia della salvezza e, aggiungiamo, nella storia della comunità che celebra e del fedele che vi partecipa. I «misteri essenziali della fede», non le devozioni particolari del predicatore. I «misteri essenziali della fede», non le appendici, le sfumature incomprensibili ai più, le dispute teologiche, le raffinatezze esegetiche. Il Concilio richiama il criterio della gerarchia delle verità: non tutto, nel deposito della fede, è importante allo stesso modo.47 L’attenzione del buon omileta su questo aspetto lo spinge a capire a quale uditorio si sta rivolgendo, se questi possiede l’essenziale della fede, capisce le parole che si usano, ha chiari i concetti basilari della fede. L’esperienza ci dice che questo non accade più: l’utenza media delle nostre comunità, salvo rare e lodevoli eccezioni, è composta da persone che non hanno alcuna formazione specifica riguardo alla fede se non qualche vago ricordo della catechesi per l’iniziazione cristiana. Senza scivolare nel didatticismo, è essenziale usare termini comprensibili alla nostra cultura, non perdersi dietro a troppo sottili questioni teologiche, quasi sempre conosciute e capite solo 45 SC, n.52. SC, n.35. Leggiamo nell’Unitatis Redintegratio, 2, 11: «Nel mettere a confronto le dottrine [i teologi] ricordino che esiste un ordine o “gerarchia” nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana ». 46 47 17 dall’omileta; nello stesso tempo occorre andare sempre all’essenziale della fede, lasciando le questioni secondarie ad altro momento. La Parola e la liturgia annunciano le mirabili opere di Dio per l’uomo, non passano il tempo a rimbrottare l’uomo perché non vede queste meraviglie! L’eccesso di moralismo è molto diffuso nelle nostre omelie: la prospettiva suggerita dal Concilio è, invece, quella di partire dall’iniziativa di Dio, non dalla eventuale mancanza dell’uomo. Nessuno si converte a partire dal negativo, ma solo indicando la Terra Promessa di una nuova umanità. Al centro dell’omelia è posta anzitutto, ma non in maniera esclusiva, la Scrittura: «Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono le letture che vengono poi spiegate nell'omelia e i salmi che si cantano; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preghiere, le orazioni e i carmi liturgici; da essa infine prendono significato le azioni e i simboli liturgici. Perciò, per promuovere la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali». 48 Per meglio specificare l’intenzione della riforma, il Consilium per l’applicazione della Costituzione della Sacra liturgia, nel documento applicativo La sacra liturgia del 1964, completa così: «Per omelia, da tenersi dal testo sacro, si intende la spiegazione di qualche aspetto delle letture della Sacra Scrittura, o di altri testi dell’ordinario o del proprio della messa del giorno, tenendo in debito conto il mistero celebrato e le particolari esigenze degli ascoltatori». 49 Il riferimento alla Scrittura rimane dunque centrale, ma non unico: l’omileta può attingere dai testi eucologici e dal proprio per creare connessioni e rapporti di relazione fra omelie e liturgia. La succinta eppure profonda definizione di SC pone un serio problema alla validità delle omelie in internet e, in generale, dei sussidi omiletici: essi sono necessariamente generici, non conoscono la storia delle persone radunate in quella comunità e che stanno celebrando quella specifica eucarestia. Le omelie pensate da altri, anche da grandi e capaci omileti, avendo come riferimento un’altra comunità, la propria, devono necessariamente essere mediate ed integrate con la concreta liturgia che si sta celebrando. Altro è predicare in una numerosa comunità popolare di una grande periferia, altro farlo ad un gruppo di religiose riunite per il ritiro mensile. 48 49 SC, n. 24. BISCONTIN, C., Predicare, 29. 18 2.3.2 I documenti successivi La riforma liturgica attuata dal Concilio ha avuto bisogno di molto tempo per entrare a regime, apportando le dovute correzioni e creando una mentalità liturgica che a 40 anni di distanza sembra ancora essere in cammino.50 Quella che è stata definita «la più colossale e rapida riforma di tutti i tempi», 51 aveva prodotto, nel 1980, la maggior parte dei testi liturgici, sia in latino che nella traduzione italiana, con riferimenti all’omelia che vedremo più sotto. Il documento forse più interessante per la nostra ricerca è, come indicato, «Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio». In esso troviamo una riflessione che vale la pena di riportare integralmente: «I presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei Vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunziare a tutti il Vangelo di Dio, affinché (...) possano costruire e incrementare il Popolo di Dio. Proprio perché la predicazione della Parola non è mera trasmissione intellettuale di un messaggio, ma «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16), attuata una volta per sempre in Cristo, il suo annuncio nella Chiesa richiede, negli annunciatori, un fondamento soprannaturale che garantisca la sua autenticità e la sua efficacia. La predicazione della parola da parte dei ministri sacri partecipa in un certo senso del carattere salvifico della Parola stessa non per il semplice fatto che essi parlino del Cristo, bensì perché annunciano ai loro uditori il Vangelo, con il potere di interpellare, che proviene dalla loro partecipazione alla consacrazione e missione dello stesso Verbo di Dio incarnato. All'orecchio dei ministri risuonano ancora quelle parole del Signore: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me» (Lc 10,16), e possono dire con Paolo: «noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1Cor 2, 12-13). La predicazione rimane così configurata come un ministero che sgorga dal sacramento dell'Ordine e che si svolge per autorità di Cristo. Tuttavia la forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri. Mentre nell'amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato del ministro può impedire il frutto della grazia, esistono molti altri atti in cui l’impronta umana del ministro acquista una notevole importanza. Tale impronta può giovare, ma anche nuocere, alla fecondità apostolica della Chiesa. Sebbene il carattere di servizio debba impregnare l'intero munus pastorale, esso risulta particolarmente necessario nel ministero della predicazione, perché quanto più il ministro diventa veramente servo della Parola, e non il suo padrone, tanto più la Parola può elargire 50 GRILLO, A., “Ciò che non muore e ciò che può morire” della Riforma liturgica. Un bilancio in prospettiva, in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma in cammino, Effatà, Torino 2007, 59-73. 51 ALBERTAZZI, A., Perché un’inchiesta?, in ID., Una riforma, 11. 19 la sua efficacia salvifica». 52 Il documento richiama il presbitero sia alla natura profonda del suo ministero di evangelizzatore sia a considerare la predicazione con particolare attenzione: se nell’amministrazione dei sacramenti egli può fare affidamento sull’efficacia garantita dall’azione dello Spirito Santo, nella predicazione l’azione umana rischia di prevalere e, addirittura, di arrecare danno alla fecondità apostolica. Il testo intende probabilmente richiamare i presbiteri al rischio di protagonismo, presente soprattutto nella celebrazione e nello specifico, nell’omelia: essi sono servi della Parola, non i padroni della stessa. Il richiamo all’importanza di questa sottomissione mette al centro della predicazione la Parola e non chi l’amministra. È una profonda lettura teologica, quella che viene fatta: l’omelia non deriva dall’abilità dell’omileta, ma da quanto egli si mette in ascolto della Parola, per spezzarla al suo popolo. Riguardo alle fonti dell’omelia riprendendo le indicazione conciliari il documento dice: «Logicamente la fonte principale della predicazione deve essere la Sacra Scrittura, profondamente meditata nell’orazione personale e conosciuta attraverso lo studio e la lettura di libri adeguati. L’esperienza pastorale insegna che la forza e l’eloquenza del Testo sacro muovono profondamente gli ascoltatori. Gli scritti dei Padri della Chiesa e di altri grandi autori della Tradizione insegnano a penetrare e a far comprendere ad altri il senso della Parola rivelata, lungi da ogni forma di «fondamentalismo biblico» o di mutilazione del messaggio divino. La pedagogia con cui la liturgia della Chiesa legge, interpreta e applica la Parola di Dio nei diversi tempi dell’anno liturgico, dovrebbe anche costituire un punto di riferimento per la preparazione della predicazione». 53 La Parola di Dio resta il centro dell’omelia, ma la sua spiegazione è possibile solo se il presbitero la medita e la prega, ne approfondisce lo studio anche a partire dalle riflessioni dei Padri della Chiesa. Egli deve evitare di cadere nel fondamentalismo biblico o di mutilarne il messaggio. Il documento propone di inserirsi nella grande tradizione della Chiesa e invita il presbitero, richiamando la sua vocazione, a meditare e pregare lui per primo la Parola di cui è servo e che deve poi condividere con la propria comunità. Il documento, inoltre, in maniera inattesa e innovativa rispetto ai testi conciliari, è consapevole dell’importanza della forma della comunicazione: «Risulta essere di notevole importanza per il sacerdote la cura anche degli aspetti formali della 52 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio, Città del Vaticano 1999, cap. II, 1. 53 Ibi, II,1. 20 predicazione. Viviamo nell’era dell’informazione e della rapida comunicazione, in cui siamo tutti abituati ad ascoltare e a vedere apprezzati professionisti della televisione e della radio. In un certo modo, il sacerdote, che pure è un particolare comunicatore sociale, entra in pacifica concorrenza con essi dinanzi ai fedeli quando trasmette un messaggio, il quale richiede di essere presentato in maniera decisamente attraente. Oltre a saper sfruttare con competenza e spirito apostolico i «nuovi pulpiti», che sono i mezzi di comunicazione, il sacerdote deve, soprattutto, fare in modo che il suo messaggio sia all’altezza della Parola che predica. I professionisti dei mezzi audiovisivi si preparano bene per compiere il loro lavoro; non sarebbe certo esagerato che i maestri della Parola si occupassero con intelligente e paziente studio a migliorare la qualità «professionale» di questo aspetto del ministero». 54 Due sono le preoccupazioni di questo testo: la «professionalità» comunicativa del presbitero affinché la sua parola sia all’altezza della Parola, e la positività e l’amabilità del suo linguaggio, senza, però, mai sottrarsi alla verità che può convertire i cuori ostinati. L’attenzione al linguaggio, finora assente dai documenti ufficiali, diventa una preoccupazione principale del Magistero: nell’epoca della comunicazione di massa, il linguaggio deve essere all’altezza del messaggio proclamato. Frutto del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio,55 la recente Esortazione apostolica VD, dedica alcuni paragrafi al rapporto esistente fra Parola di Dio e Liturgia, 56 alla sacramentalità della Parola,57 al rapporto esistente fra Sacra Scrittura e Lezionario.58 Il Santo Padre richiama e sintetizza quanto detto nei precedenti documenti dal Magistero, a partire dal Concilio Vaticano II, ribadendo l’estrema importanza della Parola di Dio all’interno dell’azione liturgica: «Esorto quindi i Pastori della Chiesa e gli operatori pastorali a fare in modo che tutti i fedeli siano educati a gustare il senso profondo della Parola di Dio che si dispiega nella liturgia durante l’anno, mostrando i misteri fondamentali della nostra fede».59 L’esortazione si occupa nello specifico della natura e della finalità dell’omelia, giungendo a descrivere e a stigmatizzare gli errori più frequenti nella predicazione: «L’omelia costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita. Essa deve condurre alla comprensione del mistero che si celebra, invitare alla missione, disponendo l’assemblea alla professione di fede, alla preghiera universale e alla liturgia eucaristica. Di conseguenza, coloro 54 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,2. XII ASSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI: «La Parola di Dio nella vita e nella Missione della Chiesa», Roma, 6 - 26 ottobre 2008. 56 VD, n. 52-55. 57 Ibi, 56. 58 Ibi, 57. 59 Ibi, 59. 55 21 che per ministero specifico sono deputati alla predicazione abbiano veramente a cuore questo compito. Si devono evitare omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico. Deve risultare chiaro ai fedeli che ciò che sta a cuore al predicatore è mostrare Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia. Per questo occorre che i predicatori abbiano confidenza e contatto assiduo con il testo sacro; si preparino per l’omelia nella meditazione e nella preghiera, affinché predichino con convinzione e passione». 60 Per agevolare il sacerdote nella preparazione dell’omelia in riferimento al Lezionario, il Santo Padre, su sollecitazione dei vescovi, chiede alle autorità competenti l’elaborazione di un Direttorio omiletico, in relazione al Compendio eucaristico. 61 2.3.3 L’omelia: il riconoscimento dell’azione di Dio nella storia e nella storia della comunità celebrante. A partire dal Magistero, quindi, abbiamo una prima definizione interessante dell’omelia: essa fa parte dell’azione liturgica e, attingendo alla Parola di Dio e alla liturgia che si celebra, vuole aiutare il fedele a riconoscere l’azione salvifica di Dio nella storia, nel vissuto della comunità celebrante e nelle vicende personali di ogni cristiano. Affinché questa azione sia efficace, il predicatore si mette al servizio della Parola di Dio che conosce e medita, la fa propria per poi restituirla con una comunicazione positiva e amabile, affinché la sua parola sia all’altezza della Parola che proclama. Di queste indicazione terremo conto nella valutazione delle omelie in internet. 2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia Riformando la Liturgia, il Concilio ha inteso ricondurre al suo significato profondo l’azione orante delle Chiesa. La SC abbozza una definizione di Liturgia, ma non ne fa il cuore del suo discorso: il Concilio non ha voluto impegnarsi in una definizione tecnica e nemmeno ha voluto formulare una teologia speculativa sulla natura della liturgia. Il testo conciliare propone una riflessione sul contenuto dell’azione celebrativa intorno ad alcune 60 61 Ibi, 59. Ibi, 60. 22 linee dottrinali di principio ritenute fondamentali per una adeguata comprensione della liturgia. Sono sostanzialmente due le acquisizioni proprie della SC: l’avere innanzi tutto ricollocato la liturgia nel contesto storico-salvifico che le è proprio, permette di leggere più chiaramente il centro della liturgia nel suo riferimento cristologico e pasquale. Questo spazio consente di cogliere l’esperienza sacramentale come il luogo fontale dell’identità profonda della Chiesa e quindi del credente: la liturgia è «culmen et fons» (SC 10) della vita della Chiesa. In secondo luogo abbiamo una rilettura globale della liturgia nella riscoperta della sua natura ecclesiale. Non poche volte risuonano all’interno della costituzione i termini «comunione», «comunità», «assemblea del popolo di Dio» in cui la Chiesa viene presentata come il popolo in cui prende corpo l’alleanza e quindi la presenza e il dono che è Gesù Cristo. La liturgia in questa dimensione è di nuovo riaffidata alle Chiese che la celebrano: l’adattamento e l’inculturazione sono il segnale forte di questo cambiamento.62 In questo spirito, possiamo recepire la novità apportata dal Messale Romano e dal Lezionario riguardo all’omelia. 2.4.1 Il Messale Romano Nei «Principi e norme per l'uso del Messale Romano», 63 troviamo alcune preziose indicazioni che approfondiscono le direttive già espresse dal Concilio: «Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo. Per questo, le letture della parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della Liturgia, si devono ascoltare da tutti con venerazione. E benché la parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi intelligibile, tuttavia la sua efficacia viene accresciuta da un’esposizione viva e attuale, cioè dall’omelia, che è considerata parte dell’azione liturgica». 64 E, più oltre, leggiamo: «Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano, costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola; l’omelia, la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate 62 Per una sintesi dell’impostazione della SC si veda: CATELLA, A., Lo sfondo dell’inchiesta. La recezione della Riforma Liturgica, in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma, 39-57. 63 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 19832. 64 Ibi, n.9. 23 nella omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente per mezzo della sua parola, tra i fedeli. Il popolo fa propria questa parola divina con i canti e vi aderisce con la professione di fede; così nutrito, prega nell’orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero». 65 La funzione dell’omelia è quella di rendere intellegibile a tutti la Parola appena proclamata e di renderla viva, attualizzandola. Non si tratta, cioè, di fornire una spiegazione esegetica all’assemblea, quanto piuttosto una attualizzazione che la faccia risuonare nella concreta vita del fedele. L’omelia fa un tutt’uno con la Parola appena proclamata, si pone al servizio dell’azione liturgica, diventa, in un certo senso, un segno “sacramentale” della Parola stessa, che diventa il nutrimento spirituale per Dio al suo popolo. 66 La liturgia ha in alta considerazione l’omelia, che, serva della Parola appena proclamata, ha il difficile compito di rendere attuali e vive le letture appena proclamate. La Parola è intellegibile, è nella sua natura esserlo, ma la sua efficacia è accresciuta proprio dalla sua ripresa nell’omelia. La preoccupazione dell’omileta sarà quindi creare un ponte fra la Parola e il fedele, perché la Parola risulti viva e attuale nella vita dell’uditore e nella propria. 2.4.2 Il lezionario Nell’introduzione al Lezionario festivo il tema dell’omelia è ripreso ed approfondito. Vi leggiamo: «Colui che presiede svolge un compito suo proprio ed esercita il ministero della Parola di Dio anche quando pronunzia l’omelia. Con essa infatti egli guida i fratelli a intendere e a gustare la Sacra Scrittura: apre il cuore dei fedeli al rendimento di grazie per i fatti mirabili da Dio compiuti; alimenta la fede dei presenti per ciò che riguarda quella parola che nella celebrazione, sotto l’azione dello Spirito Santo, si fa sacramento, li prepara infine ad una fruttuosa comunione e li esorta ad assumersi gli impegni della vita cristiana». 67 Viene nuovamente affermata l’intima unione fra Parola di Dio e omelia. Esse sono parte dello stesso ministero sostenuto dall’azione dello Spirito. Riprendendo e ampliando i concetti della SC e del Messale, oltre ad attualizzare rendere viva la Parola di Dio e introdurre al mistero di Cristo, l’omileta si preoccupa di far gustare la Sacra Scrittura per 65 Ibi, n.9. Sulla funzione «sacramentale» dell’omelia: BISCONTIN, C., Predicare, 26. 67 OLM, n.41. 66 24 aprire il cuore dei fedeli al rendimento di grazie per i fatti mirabili di Dio e per riconoscere che la Parola si fa sacramento, si dona con frutto al fedele che accogliendola può assumersi l’impegno della vita cristiana. Il testo mette in rilievo l’efficacia della Parola accolta nello Spirito Santo e collega la Parola udita con il sacramento dell’eucarestia e la vita cristiana. «L’omelia della celebrazione della messa ha lo scopo di far sì che la proclamazione della Parola di Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica, quasi un annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia del mistero di Cristo. (…) Pertanto l’omelia, sia che spieghi la parola di Dio annunciata nella Sacra Scrittura o un altro testo liturgico, deve guidare la comunità dei fedeli a partecipare attivamente all’eucarestia, perché essi esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto mediante la fede».68 Ancora il testo invita a collegare la Parola di Dio con la liturgia eucaristica: la finalità dell’omelia e quella di far partecipare attivamente il fedele alla celebrazione per poi portare nella vita quello che ha ricevuto nella fede. La preoccupazione della partecipazione attiva del fedele, ampiamente presente nella SC, è ancora al centro della riforma: nella liturgia eucaristica, la Parola, attualizzata e resa viva dall’omelia, illumina il mistero celebrato e aiuta il fedele a crescere nella vita cristiana anche al di fuori del contesto liturgico.69 L’attenzione, poi, si sposta sull’omileta e su alcune preoccupazioni sulla forma dell’omelia: «Con questa viva esposizione, la proclamazione della parola di Dio e le celebrazioni della Chiesa possono ottenere una maggiore efficacia a patto che l’omelia sia davvero frutto di meditazione, ben preparata, non troppo lunga né troppo breve, e che in essa ci si sappia rivolgere a tutti i presenti, compresi i fanciulli e la gente semplice». 70 L’esposizione «viva» rende la Parola e la celebrazione più efficace, ad una condizione: che l’omileta la prepari nella meditazione, che sia nei tempi giusti, che non usi 68 OLM, n.24. Numerosi i riferimenti alla «partecipazione attiva» nella SC: «Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioé popolo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi. Perciò tali azioni appartengono all'intero Corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati in modo diverso, secondo la diversità degli stati, degli uffici e dell'attuale partecipazione (26). Più avanti: Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni del popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio» (n.30). E, ancora: «La Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente ed attivamente; siano istruiti nella parola di Dio; si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo l'ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui imparino ad offrire se stessi...» (n.48). 70 OLM, n.24. 69 25 linguaggi tecnici o inaccessibili, che riesca, cioè, a farsi capire anche dai fanciulli e dalla gente semplice. È uno dei nodi cruciali della riflessione sull’omelia: non basta indicare le fonti da cui attingere la riflessione (Sacra Scrittura appena proclamata, testi eucologici), né indicare la finalità dell’omelia (rendere viva e attuale la Parola, introdurre al mistero di Cristo e a quello eucaristico, far crescere la vita cristiana): è indispensabile che il celebrante faccia sua quella Parola, la prepari, la curi anche nell’esposizione. Già si intravvede la direzione in cui andrà la successiva riflessione: la verità della celebrazione e l’attenzione al linguaggio da usare. Rispetto al contenuto dell’omelia e della lettura canonica dei testi il Sommo Pontefice, nella sua recente Esortazione apostolica, ribadisce l’importanza del corretto uso del Lezionario, strumento fondamentale dell’omileta: «Vorrei fare riferimento innanzitutto all’importanza del Lezionario. La riforma voluta dal Concilio Vaticano II ha mostrato i suoi frutti arricchendo l’accesso alla sacra Scrittura che viene offerta in abbondanza, soprattutto nelle liturgie domenicali. L’attuale struttura, oltre a presentare frequentemente i testi più importanti della Scrittura, favorisce la comprensione dell’unità del piano divino, mediante la correlazione tra le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento, incentrata in Cristo e nel suo mistero pasquale». 71 2.4.3 L’omelia: attualizzare, rendere viva la Parola celebrata A partire dal Concilio, lo sviluppo della riforma liturgica ha voluto approfondire l’identità dell’omelia e, novità, il ruolo del predicatore. Ribadendo quanto già affermato dal Concilio, Messale Romano e Lezionario sviluppano in che modo la Parola di Dio deve essere spiegata nell’omelia: attualizzandola e rendendola viva, in modo da aiutare il fedele a cogliere il mistero presente nella celebrazione, l’unità dei due testamenti, di intuire le mirabili opere di Dio compiute nella storia e a crescere nella vita cristiana. Per fare questo l’omileta deve prepararsi con attenzione, facendo sua la Parola meditata alla luce dello Spirito, avendo cura di svolgere l’omelia con linguaggio comprensibile e fruttuoso. 71 VD,n.57. 26 2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica Stiamo cercando di definire dei criteri che ci permettano di analizzare criticamente alcune omelie presenti sul web. Per farlo ci siamo anzitutto rivolti al Magistero, con il Concilio Vaticano II e ad alcuni documenti successivi, in seguito abbiamo cercato cosa la Liturgia dice dell’omelia. Ci resta da approfondire l’aspetto esegetico: come la Parola debba essere interpretata dall’omileta. 2.5.1 L’esegesi spirituale auspicata dal Concilio L’attenzione alla Bibbia, che ha preceduto e seguito il Concilio, ha posto grande attenzione alla Parola di Dio ed è grazie a questa riscoperta in ambito cattolico che oggi possiamo attingere con gioia e frutto ai testi sacri. In che modo si deve leggere la sacra Scrittura? In che modo spiegarla e condividerla con i fedeli? Il rischio è quello di avvicinarsi al testo biblico con categorie esegetiche troppo tecniche, incomprensibili per la maggioranza dei cristiani, il pericolo è far diventare il testo un’opera letteraria dell’Antico Oriente, non la Parola che Dio rivolge al suo popolo. Il Concilio, ridonando forza allo studio e alla comprensione della Parola di Dio, si preoccupa anche di fornirne una chiave ermeneutica. Scrivono i padri conciliari in DV 12 di cui riporto il seguente stralcio: «Però, dovendo la sacra Scrittura essere letta ed interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso esatto dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la chiesa e dell’analogia della fede. È compito degli esegeti contribuire, seguendo queste norme, alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della chiesa. Quanto infatti è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio». È all’interno della comprensione fattane dalla Chiesa che la Parola va letta, rimarcando l’unità della stessa, leggendola nello Spirito che l’ha ispirata. È la Chiesa, depositaria e custode della Parola, che valuta l’interpretazione della Parola, adempiendo così il suo mandato e il suo ministero. È fondamentale il principio per cui la Parola suscitata dallo Spirito va letta alla luce dello Spirito, e la stessa, affidata agli apostoli, va letta all’interno dell’interpretazione secolare che della Scrittura fa la Chiesa. Il rischio sotteso, 27 dopo la riforma conciliare, è quello di ridurre l’interpretazione della Scrittura a pura opera scientifica, storico-critica, scordando che la Parola, invece, è donata da Dio agli uomini, e non solo agli studiosi, per svelare il volto di Dio e degli uomini. È l’esegesi spirituale: una lettura nello Spirito della Parola di Dio, una lettura globale, unitaria, che mette insieme l’esegesi biblica, l’interpretazione della Chiesa e la vita concreta del fedele, grazie al sostegno dello Spirito. A questo proposito annota G. Zevini: «Oggi è maturo il tempo, e questo sembra essere il grande compito degli esegeti dei nostri anni, per tentare di rifare una nuova sintesi tra le due dimensioni fondamentali dell’ermeneutica (…) e di ricreare l’unità tra Bibbia, teologia, spiritualità e vita, cioè tra Scrittura e Tradizione viva della Chiesa. Da una parte bisogna ritrovare l’idea della tradizione antica, che la Sacra Scrittura va letta in Ecclesia e pro Ecclesia; dall’altra non si deve perdere il contributo offertoci dall’esegesi moderna attraverso le conquiste del metodo storico-critico. Si deve fare integrazione tra esegesi scientifica ed esegesi spirituale, tra ricerca critica e ricerca teologica all’interno della fede, tenendo conto naturalmente delle indispensabili specializzazioni del nostro tempo e dell’apertura interdisciplinare a cui lo studio biblico deve approdare». 72 L’esegesi spirituale muove dall’esegesi scientifica, la conosce, la padroneggia, per poi approdare ad un livello alto, più profondo, più radicale, il momento in cui quella Parola, conosciuta, studiata, compresa nel contesto, torna ad essere creatrice, viva, forgiatrice di santi, divinamente ispirata, cattolica. Bene spiega il priore di Bose: «Mossa dallo Spirito, che è ermeneuta della parola e del silenzio di Cristo e che guida verso la pienezza della verità (en tê aletheía páse: Gv 16, 13), essa tende a porsi come un’esegesi veramente cattolica, katà tò hólon, che implica il lettore credente nel mistero della fede, e quindi nel testo biblico che lo testimonia, portandolo a rinnovare nella propria vita quell’alleanza e quel dialogo col Signore che intessono l’intera Scrittura. L’esegesi scritturistica diviene così esegesi vivente, storia di santità, compimento della Scrittura».73 Possiamo dire che l’esegesi spirituale è uno dei frutti del Concilio, ancora da portare a maturazione, ma che deve diventare l’approccio corretto del teologo, dell’omileta e, a cascata, del fedele. Scrive papa Benedetto XVI: 72 ZEVINI, G., «Esegesi storico-critica ed esegesi spirituale della Sacre Scritture nel contesto della fede», in SODI, M., (ed.), Ubi Petrus Ibi Ecclesia. Sui sentieri del Concilio Vaticano II, Nuova Biblioteca di Scienze Religiose 1, LAS, Roma 2007, 249-250. 73 BIANCHI, E., La lettura spirituale della Scrittura oggi, in DE LA POTTERIE, I. – GUARDINI, R. – RATZINGER, J., (edd.), L’esegesi cristiana, Piemme, Casale Monferrato 1991, 215-277. 28 «Mi sta molto a cuore che i teologi imparino a leggere e ad amare la Scrittura così come, secondo la DV il Concilio lo ha voluto: che vedano l'unità interiore della Scrittura – una cosa aiutata oggi dall'“esegesi canonica” (che senz’altro si trova ancora in un timido stadio iniziale) – e che poi di essa facciano una lettura spirituale, che non è una cosa esterna di carattere edificante, ma invece un immergersi interiormente nella presenza della Parola. Mi sembra un compito molto importante fare qualcosa in questo senso, contribuire affinché accanto, con e nell’esegesi storico-critica sia data veramente un'introduzione alla Scrittura viva come attuale Parola di Dio». 74 Sempre nella logica della corretta interpretazione esegetica e dell’armonia fra i diversi metodi di lettura esegetica il Santo Padre così scrive nella sua recente Esortazione apostolica: «Occorre segnalare il grave rischio oggi di un dualismo che si ingenera nell’accostare le sacre Scritture. Infatti, distinguendo i due livelli dell’approccio biblico non si intende affatto separarli, né contrapporli, né meramente giustapporli. Essi si danno solo in reciprocità. Purtroppo, non di rado un’improduttiva separazione tra essi ingenera un’estraneità tra esegesi e teologia, che avviene anche ai livelli accademici più alti».75 Per superare tale rischio occorre sempre considerare che, come già ricordato dalla Pontifica Commissione Biblica:76 «Nel loro lavoro di interpretazione, gli esegeti cattolici non devono mai dimenticare che ciò che interpretano è la parola di Dio. Il loro compito non finisce una volta che hanno distinto le fonti, definito le forme o spiegato i procedimenti letterari. Lo scopo del loro lavoro è raggiunto solo quando hanno chiarito il significato del testo biblico come Parola attuale di Dio». 77 2.5.2 I recenti documenti sull’interpretazione delle Scritture Il rapido sviluppo della riflessione sull’uso della Scrittura a partire dalla DV ha prodotto a livello magisteriale due documenti molto interessanti dal nostro punto di vista. Il primo documento, pubblicato dalla Pontifica Commissione biblica è «L’interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa». 78 In esso si fa un’ampia e dettagliata valutazione dei vari 74 BENEDETTO XVI, Discorso ai Vescovi della Svizzera (il 7 novembre 2006). Testo completo su: www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/november/documents/hf_benxvi_spe_20061107_swiss-bishops_it.html 75 VD, n.35. 76 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione. 77 VD, n.34. 78 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, II. 29 metodi di approccio alla Bibbia e si forniscono delle preziose indicazioni per chi vuole restare in comunione con la tradizione ecclesiale. Di questo ampio e articolato documento a noi interessa in particolare la parte attinente l’attualizzazione della Bibbia, essendo proprio l’attualizzazione, come abbiamo visto più sopra, uno degli obiettivi dell’omelia. Dopo avere fornito i fondamenti della necessità dell’attualizzazione, il testo afferma: «Attualizzazione non significa dunque manipolazione dei testi. Non si tratta di proiettare sugli scritti biblici opinioni o ideologie nuove, ma di ricercare con sincerità la luce che essi contengono per il tempo presente. Il testo della Bibbia ha autorità in tutti i tempi sulla Chiesa cristiana e, anche se sono passati parecchi secoli dal tempo della sua composizione, conserva il suo ruolo di guida privilegiata che non può essere manipolata». 79 L’invito all’omileta è quello di non manipolare i testi, di non far dire ai testi ciò che noi desideriamo che essi dicano, ma di avere un atteggiamento onesto e veritiero rispetto a ciò che il testo dice. Si ribadisce, inoltre, che la Parola è sorgente primigenia della Rivelazione nella Chiesa. Il documento entra poi nel dettaglio: «L’attualizzazione presuppone una corretta esegesi del testo, che ne determini il senso letterale. Se la persona che attualizza non ha personalmente una formazione esegetica, deve ricorrere a buone guide di lettura che permettano di ben orientare l’interpretazione. Per portare a buon fine l’attualizzazione, l’interpretazione della Scrittura mediante la Scrittura è il metodo più sicuro e più fecondo, specialmente nel caso dei testi dell’Antico Testamento che sono stati riletti nell’Antico Testamento stesso (per es. la manna di Es 16 in Sap 16, 20-29) e/o nel Nuovo Testamento (Gv 6). L’attualizzazione di un testo biblico nell’esistenza cristiana non può realizzarsi correttamente se manca la relazione con il mistero di Cristo e della Chiesa». 80 L’attualizzazione richiede un solida formazione esegetica che, partendo da una corretta interpretazione del testo, sappia attualizzare la Parola. Fra i vari metodi, il documento propone quello «sicuro e fecondo» dell’interpretazione della Parola a partire da altri testi della Parola. Nel nostro caso il suggerimento è importante per invitare l’omileta a cogliere un nesso fra i testi proposti nelle diverse letture rileggendoli alla luce della piena rivelazione di Cristo. 79 80 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, IV – A. Ibi. 30 In un secondo importante documento della stessa commissione: «Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella bibbia cristiana», 81 si riprende il rapporto fra Antico e Nuovo Testamento, sottolineandone lo stretto rapporto. Da una parte si sottolinea l’unità dei due Testamenti: «Ma è soprattutto studiando i grandi temi dell’Antico Testamento e la loro continuità nel Nuovo che ci si rende conto dell’impressionante simbiosi che unisce le due parti della Bibbia cristiana e, al tempo stesso, della forza sorprendente dei legami spirituali che uniscono la Chiesa di Cristo al popolo ebraico. Nell’uno e nell’altro Testamento è lo stesso Dio che entra in relazione con gli uomini e li invita a vivere in comunione con lui; Dio unico e fonte di unità; Dio creatore, che continua a provvedere ai bisogni delle sue creature, soprattutto di quelle che sono intelligenti e libere, chiamate a riconoscere la verità e ad amare; Dio liberatore e soprattutto salvatore, perché gli essere umani, creati a sua immagine, sono caduti a causa delle loro colpe in una miserabile schiavitù». 82 Anche il rapporto che unisce i due Testamenti: la lettura dell’Antico alla luce della Rivelazione di Cristo e la continuità e la novità del Nuovo in riferimento all’Antico, va considerato nell’esegesi dei testi: «L’interpretazione cristiana dell’Antico Testamento è quindi un’interpretazione differenziata a seconda dei diversi tipi di testi. Essa non sovrappone confusamente la Legge e il Vangelo, ma distingue con cura le fasi successive della storia della rivelazione e della salvezza. Si tratta di un’interpretazione teologica, ma al tempo stesso pienamente storica. Lungi dall’escludere l’esegesi storico-critica, la richiede».83 All’omileta è richiesto uno sguardo di insieme nella storia della Salvezza che aiuti il fedele a vedere il progetto unitario di Dio sull’umanità e il compimento della salvezza ad opera di Gesù Cristo, che realizza in eccedenza la promessa fatta da Dio al popolo di Israele. Anche la recente Esortazione apostolica post-sinodale si è occupata dell’esegesi, in particolare dei metodi esegetici,84 del senso letterale e spirituale della lettura della Bibbia,85 dell’unità fra Antico e Nuovo Testamento. 86 Riguardo a quest’ultimo tema, il testo svolge una riflessione articolata che ripercorre la storia dell’interpretazione dei due Testamenti, giungendo alla conclusione che: 81 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella bibbia cristiana, Città del Vaticano 2001. 82 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo, n.85. 83 Ibi, n. 21. 84 VD, nn.32-33-34. 85 Ibi, n.37. 86 Ibi, n.40. 31 «la comprensione ebraica della Bibbia può aiutare l’intelligenza e lo studio delle Scritture da parte dei cristiani. “Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico e l’Antico è manifesto nel Nuovo”, così si esprimeva con acuta saggezza sant’Agostino su questo tema. È importante, dunque, che sia nella pastorale che nell’ambito accademico venga messa bene in evidenza la relazione intima tra i due Testamenti, ricordando con san Gregorio Magno che “quanto l’Antico Testamento ha promesso, il Nuovo Testamento l’ha fatto vedere; ciò che quello annunzia in maniera occulta, questo proclama apertamente come presente. Perciò l’Antico Testamento è profezia del Nuovo Testamento; e il miglior commento dell’Antico Testamento è il Nuovo Testamento”».87 L’Esortazione apostolica si preoccupa anche di superare l’apparente dicotomia che si viene a creare fra esegesi storico-critica ed esegesi spirituale, invitando la Chiesa a riprendere in mano la riflessione Conciliare e la DV per una lettura teologica e un’interpretazione ermeneutica ecclesiale della Parola di Dio. Così scrive il Santo Padre: «Da una parte il Concilio sottolinea come elementi fondamentali per cogliere il significato inteso dall’agiografo lo studio dei generi letterari e la contestualizzazione. Dall’altra, dovendo la Scrittura essere interpretata nello stesso Spirito nel quale è stata scritta, la Costituzione dogmatica indica tre criteri di base per tenere conto della dimensione divina della Bibbia: 1) interpretare il testo considerando l’unità di tutta la Scrittura; questo oggi si chiama esegesi canonica; 2) tenere presente la Tradizione viva di tutta la Chiesa; e, infine, 3) osservare l’analogia della fede. Solo dove i due livelli metodologici, quello storico-critico e quello teologico, sono osservati, si può parlare di una esegesi teologica – di una esegesi adeguata a questo Libro».88 È un invito autorevole e riprendere in mano i fondamenti per una corretta esegesi canonica, teologica e spirituale del testo biblico. 87 88 VD, n.41. Ibi, n.34. 32 2.5.3 L’omelia: la lettura nello Spirito della Parola per la crescita del discepolo Il nostro quadro di riferimento si sta quindi delineando: la Bibbia, rimessa al centro della predicazione cristiana, va letta e interpretata nella Chiesa e con la Chiesa, facendo tesoro delle acquisizioni scientifiche dell’esegesi, per poi attualizzare la Parola di Dio nella vita del credente, attingendo da entrambi e Testamenti che sono collegati fra loro e letti alla luce della piena Rivelazione di Cristo. Abbiamo, quindi, una panoramica sufficiente per potere elaborare una gamma di criteri e valutare alcune omelie presenti in internet. Ma, alla teologia, ci occorre aggiungere una prospettiva che ci proviene dalle scienze della comunicazione sociale. È quello che ci accingiamo a fare. 33 2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione Scrive Martin Buber: «Una storia va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto. Mio nonno era storpio. Una volta gli chiesero di raccontare una storia del suo maestro. Allora egli raccontò come il santo Baalshem solesse saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò, e il racconto lo trasportò tanto che ebbe bisogno di mostrare, saltellando e danzando come facesse il maestro. Da quel momento guarì. Così vanno raccontate le storie».89 Questo aneddoto ci permette di introdurre questa parte importante per il nostro discorso: si è credibili solo se si è coinvolti e la narrazione, la spiegazione dei testi, l’omelia, nel nostro caso, è efficace solo se è svolta mediante una comunicazione efficace. Una volta stabilito il «cosa» deve trattare un’omelia, occorre fermarsi e ragionare sul «come» dirla. Rileva Biscontin: «L’omelia è un atto ed un evento di comunicazione, e in particolare di quella forma di comunicazione che è la parola rivolta ad un pubblico ed in pubblico. E ha il dovere di essere un buona comunicazione e cioè efficace. Il fatto che sia una comunicazione che è anche un atto liturgico non può costituire una scusante che autorizza a trascurare le condizioni necessarie alla sua efficacia». 90 2.6.1 Dalla retorica alle nuove tecniche di comunicazione Già i Padri della Chiesa si erano chiesti come adattare all’omelia le strategie della comunicazione della retorica classica: sant’Agostino ne studiò il metodo in maniera sistematica. Secondo i trattati classici di predicazione un’omelia deve istruire (docere), interessare (delectare) e far cambiare (flectere). Essa si svolge secondo un piano, normalmente diviso in tre parti: una introduzione, con un esordio per imbonirsi l’uditorio, l’annuncio del tema, l’assunto che si dimostrerà, lo schema e l’invocazione dell’aiuto di Dio, la trattazione, meglio se tripartita, curando i passaggi da una parte all’altra, utilizzando una dimostrazione, una o più conferme esemplificative e la confutazione delle eventuali 89 Da un racconto di Martin Buber citato da LOBINA, W., Tecniche della comunicazione, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1538. 90 BISCONTIN, C., Predicare, 234. 34 obiezioni, coinvolgendo emotivamente l’uditorio, e una conclusione che riassuma la trattazione, lasciando un’impressione positiva e introducendo alla preghiera seguente.91 Oggi, come afferma Biscontin92 le condizioni culturali generali e quelle della comunicazione in particolare sono talmente cambiati che un utilizzo diretto dei vecchi trattati di retorica non è più possibile. Tuttavia, dopo i primi entusiasmi post-conciliari, che hanno di fatto abbandonato le regole della retorica a favore dell’improvvisazione e della comunicazione diretta, il rapidissimo mutamento dei mezzi della comunicazione sociale ha indotto anche i più scettici a rivalutare l’uso di una neo-retorica o, come preferiamo dire, di una nuova comunicazione per veicolare l’omelia. Come afferma Giombi: «Pare tuttavia oggi emergere con chiarezza una tendenza prevalente di complessiva rivalutazione della retorica e delle sue forme». 93 Non è l’obiettivo principale di questo studio l’approfondimento del vasto mondo della comunicazione. A noi serve, per elaborare una griglia di valutazione, avere solo qualche idea di base sulla nuova comunicazione. 91 Buona sintesi del discorso in GIOMBI, S., Retorica. in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 13451355. 92 Cfr. BISCONTIN, C., Predicare, 236 93 GIOMBI, S., Retorica, 1345. 35 2.6.2 Opportunità e limiti della nuova comunicazione Senza entrare troppo nello specifico, ci serviremo di alcune acquisizioni che ci derivano dagli studi sulla comunicazione per avere qualche indicazione riguardo all’efficacia comunicativa di un’omelia. 2.6.2.1 Omelia come messaggio La prima considerazione da fare è che l’omelia è un messaggio e come tale va trattato. La comunicazione ha sempre come obiettivo la modifica della realtà. Nel caso specifico, l’omileta ha come obiettivo quello di portare il fedele alla comprensione della Parola appena celebrata e alla conversione di vita. Ma non basta il contenuto veritiero per «afferrare» l’uditore. Oggi si tende a dare molta più importanza alla forma che al contenuto e la forma non è quella classica, di correttezza grammaticale, di enfasi e di stile, ma usa stilemi molto più diretti e ad effetto. La pubblicità, ad esempio, o il giornalismo, conoscono l’importanza della forma della comunicazione contemporanea: frasi brevi, comprensibili, dirette, asciutte.94 Oggi le persone, bombardate da migliaia di informazioni in tempo reale, non hanno la capacità ci concentrasi su lunghe argomentazioni, ma preferiscono ragionamenti brevi, anche ad effetto, se necessario. Certo: noi annunciamo la Parola, non siamo pubblicitari, e la nuova comunicazione rischia di esaltare la forma scordando il contenuto; è però indubbio, che la trascuratezza della forma significa condannare all’oblio un ottimo contenuto. 2.6.2.2 Messaggio e rapporto personale Per favorire l’efficacia della comunicazione è rilevante il tipo di rapporto personale dell’omileta con gli ascoltatori. Ogni messaggio stabilisce un rapporto interpersonale ed esprime rispetto o poco apprezzamento, simpatia o antipatia, apertura o chiusura. Un atteggiamento inquisitorio, giudicante, non può che produrre un messaggio duro e inaccettabile, e provocare una chiusura rabbiosa o rassegnata da parte dell’uditore. Per 94 Cfr. RAMPIN, M., Al gusto di cioccolato. Come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica, Ponte alle Grazie, Milano 2010, 98-105. 36 l’omileta l’esempio da seguire è quello di Gesù buon Pastore, della sua misericordiosa vicinanza. Se, invece prevale la personalità dell’omileta, le sue convinzioni personali, talvolta estrose e inutilmente originali, il rischio è quello di legare l’efficacia del messaggio al suo stile, non al deposito della fede. Diversamente dal giornalista, all’omileta è chiesto di vivere ciò che dice, ed è importante mettersi in gioco durante l’omelia, portare le proprie esperienze, non come un maestro che dall’alto cala la sua dottrina, ma come un fratello maggiore che segue il Maestro insieme agli altri fratelli, con un servizio speciale, sapendo che il messaggio che porta non è una sua invenzione, ma l’accoglienza intelligente e la rielaborazione di un messaggio che gli è affidato dalla Chiesa. Come il direttore d’orchestra interpreta la partitura di un grande compositore, così il celebrante interpreta la liturgia secondo il suo stile, senza inutili stravolgimenti. Così, ad esempio, è fondamentale oggi l’uso di un linguaggio amichevole, empatico, colloquiale, che metta a proprio agio sia nel tono della voce che nei contenuti che nella struttura della frase il proprio uditorio. Come ribadito molte volte anche dai documenti ufficiali l’omelia è frutto di un percorso di preghiera, di meditazione e di studio dell’omileta, che si pone in ascolto per condividere fraternamente ciò che della Parola la Chiesa ed egli stesso hanno capito per crescere spiritualmente nella comunione con Dio. Il rischio di un linguaggio amichevole è, ovviamente, quello di diventare inutilmente scialbo, mancando di rispetto per le diverse sensibilità dell’assemblea, di ostentare un inutile ed improvvido giovanilismo. Non è ostentando una improbabile amicizia con tutti che si supplisce alla necessità di porsi in un sereno atteggiamento di affetto e di ascolto del proprio popolo e delle diversità. 2.6.2.3 Messaggio e codice comunicativo Chi comunica ricorre ad un codice che deve essere necessariamente condiviso con chi ascolta. È indubbio che il linguaggio della fede e quello teologico così come il linguaggio liturgico e biblico richiedano delle conoscenze che non sempre sono condivise dall’uditorio: è essenziale, allora, evitare l’uso di termini troppo tecnici e, se indispensabili, ricorrere al proficuo uso dell’analogia per farsi capire. L’evoluzione e un certo impoverimento del linguaggio nel mondo contemporaneo sono così rapidi che le parole della fede, elaborate magari dopo secoli di discussione, rischiano di essere semplicemente incomprensibili. È anche utile ricorrere alla narrazione e procedere nello sviluppo del 37 proprio discorso così come le persone fanno abitualmente nel vissuto quotidiano, ricorrendo a immagini, ad esempi, alla concretezza. In questo contesto occorre ribadire la necessità della verità del celebrare e del “dire”, oggi elemento prioritario nella sensibilità comune. Se il celebrante non crede e vive veramente ciò che celebra e dice, difficilmente lo potranno seguire i suoi fedeli! Se egli stesso ha l’impressione di svolgere una cerimonia, non una celebrazione, e pensa di dover dire delle cose edificanti invece di proclamare la Buona Novella, difficilmente le persone coglieranno la novità dell’annuncio. Scrive Chiaramello: «L’esito ‘comunicativo’ della liturgia non riguarda solo ciò che è detto ma anche ciò che viene messo in atto e in particolare come viene detto e come viene messo in atto: le scelte che si operano all’interno, la cura che vi si dedica. Proprio in ragione di questo linguaggio la forza educativa e plasmante di un’azione ripetuta costantemente nel tempo, eseguita nei debiti modi, risulta essere maggiore rispetto ad un insegnamento ripetuto con insistenza: l’agire liturgico plasma l’idea e il vissuto della fede. La significatività di una liturgia, dunque, fa capo alle modalità in cui si compie il rito e alle scelte di base che vengono operate. Educare l’assemblea liturgica, fare dell’Eucaristia domenicale il centro della vita della Comunità, vivere l’Anno liturgico come itinerario mistagogico di fede, esige delle scelte precise e un modo di fare che sia coerente». 95 Un ultimo aspetto concernente il codice è legato al fenomeno dell’usura del medesimo, e dell’abuso dello stesso: se un cristiano è convinto di sapere tutto e non ha nessuno stimolo a cambiare le proprie convinzioni, si aspetterà che il celebrante dica le cose che un presbitero dovrebbe dire, ma dal suo punto di vista. Come un venditore dice che il proprio prodotto è buono, così un presbitero non farà che svolgere il suo mestiere, dicendo le cose che ha imparato a dire. L’attenzione al codice è importante soprattutto nella delicata questione di mantenere intatta la validità simbolica del linguaggio cristiano e portare le persone a capirne l’attualità. La grossa sfida consiste proprio nel tradurre senza tradire, nel rielaborare senza inventare, usando codici accessibili a tutti e condivisi. 2.6.2.4 Messaggio e destinatari L’omileta, per rendere efficace e feconda la sua omelia, deve sempre capire bene il vissuto concreto di chi ha di fronte. Le persone che partecipano all’assemblea arrivano con 95 CHIARAMELLO, P., Presbiteri presidenti e collaboratori in attesa di celebrazione, in CRAVERO, D. (ed.), Una riforma, 101-102. 38 vissuti diversi, non sempre noti al celebrante, ma è importante che il presbitero viva nel mondo, con le persone che gli sono affidate, che ne conosca le gioie e le speranze, le fatiche e le sofferenze. Riferimenti ad eventi quotidiani, che hanno coinvolto la comunità (un lutto, un evento, una crisi economica) sono importanti come punto di partenza o come punto di arrivo, per fare in modo che la Parola venga ad illuminare la concretezza. Ed è anche importante ricorrere senza esagerare alla bellezza delle immagini sia alla capacità evocativa delle figure retoriche usate dalla Parola stessa! Altro è dire che Dio si occupa di noi in ogni momento, altro è fare come Gesù che indica i passeri del cielo come destinatari dell’attenzione del Padre (Mt 6,26). Questa attenzione richiede che l’omileta deve informarsi sul tipo di assemblea che si troverà di fronte, se presta un servizio occasionale dovrà chiedere lumi a chi conosce la comunità. E questo aspetto si rivela come il lato più debole delle omelie in internet, come già detto altrove, indirizzate necessariamente ad una comunità ipotetica e virtuale. 2.6.2.5 Messaggio e disturbi della comunicazione Un ultimo aspetto da approfondire è quello degli eventuali disturbi della comunicazione da eliminare, se possibile, o da ridurre. L’efficacia dell’impianto di amplificazione, il richiamo simpatico ma deciso per mantenere l’atteggiamento corretto durante un matrimonio, la pausa e la battuta per il pianto di un bambino che distrae, sono attenzioni essenziali affinché si mantenga una buona tensione comunicativa … Ma occorre prestare attenzione anche alla cura del tono della voce, non troppo aulico o intimistico, non affettato o monotono, e abbandonare la discutibile abitudine di leggere la predica che riduce la Parola ad un comunicato stampa. Il celebrante deve tenere presente la reazione alle sue parole: se l’assemblea sorride ed è attenta o se manifesta chiari segni di insofferenza e correggere la sua impostazione o finire in fretta la sua riflessione. Perciò anche il corpo è coinvolto: l’uso delle mani, lo sguardo dell’omileta è rivolto alle persone, non è perso nel nulla, e il luogo della predicazione (normalmente l’ambone o la sede) deve essere ben illuminato per poter vedere anche le espressioni del volto del predicatore. Sono tutti segni importanti, di partecipazione, di effettiva presenza e coinvolgimento. 96 Se in occasione di 96 Cfr. BISCONTIN, C., Predicare, 234-249. Anche TRIACCA, A. – SODI, M., Comunicazione e liturgia, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 281, e MAJELLO, C., Presentarsi in pubblico, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1252-1256. 39 una rappresentazione teatrale, la presenza fisica, il costume, le luci, l’acustica, il tono di voce sono essenziali, quanto più per una celebrazione che rende presente il Signore Gesù. Ovviamente questi aspetti non possono essere presenti in un’omelia scaricabile da internet, ma richiamare questi elementi basilari della comunicazione è essenziale anche in questa sede. Alla fine di questo breve percorso, mi piace riprendere quanto scrive Lobina: «Realizzare un buon monologo non è facile, non basta riunire materiale e ordinare contenuti. Il come è tanto importante quanto il cosa. Per il suo contenuto e la sua forma, il monologo non si propone di fornire informazioni, ma di trasmettere un modo di vivere, stimolando nell’ascoltatore un senso di partecipazione e una risposta attiva, personale. Il monologo-conversazione si converte così in un messaggio personale che stabilisce un legame di comunicazione con l’ascoltatore. Ha colore, vivacità, immagini che rendono concreto e quotidiano il tema».97 2.6.3 L’omelia: intervento diretto, appassionato, credibile, vero dell’azione di Dio nel presbitero e nella comunità ecclesiale. Non è sufficiente occuparsi del contenuto dell’omelia, ma grande attenzione va rivolta al come passare il messaggio. Riprendendo e superando la tradizione retorica classica, la nuova comunicazione pone attenzione al processo comunicativo fornendo una quantità di elementi di attenzione di grande importanza. Una comunicazione efficace richiede che il messaggio sia proposto in maniera chiara, diretta, appassionata, credibile, che conosca l’uditore e il suo vissuto, che sappia usare un codice comprensibile, che porti l’uditore ad un cambiamento, operato dallo Spirito, certo, ma attivato dalle parole dell’omileta. 97 LOBINA, W., Tecniche della comunicazione, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 1537. 40 2.7 Una griglia di interpretazione La ricerca fino ad ora condotta approda finalmente ad una griglia di valutazione delle omelie in internet che andremo a valutare. Secondo quanto propostoci all’inizio di questo lavoro, a partire dai testi analizzati, possiamo elaborare i seguenti criteri. Come deve essere un’omelia? Aspetto Magisteriale SC 24 SC 35 SC 52 VD 59 È: Parte dell’azione liturgica Presenta i misteri della fede e le norme della vita cristiana Annunzia le mirabili opere di Dio nella storia della salvezza Attinge i contenuti dalla Sacra Scrittura e dalla Liturgia CHI: È importante compito del presbitero, che medita e prega la Parola, la conosce attingendo all’interpretazione della Tradizione della Chiesa Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida per la comunità in vista del terzo millennio VD 59 Aspetto liturgico IGMR 9 OLM 41 24 VD 52-59 COME Deve essere all’altezza della Parola che commenta, positiva, capace di esporre la verità, legata all’interpretazione della Chiesa, usando gli strumenti della comunicazione con professionalità. È esposizione viva e attuale della Parola di Dio Nelle letture è Dio che parla al suo popolo, gli mostra la salvezza e lo nutre È espressione del ministero della Parola di Dio da parte del presbitero Fa intendere e gustare la Parola, apre il cuore al ringraziamento, alimenta la fede, introduce alla celebrazione di cui è parte Fa partecipare attivamente alla Liturgia È frutto della meditazione dell’omileta Non è troppo breve o troppo lunga È rivolta a tutti Attinge dal Lezionario e mostra l’unità fra le letture 41 DV 12 Compie una lettura spirituale della Parola di Dio Attualizza la Parola senza manipolarla Fa una corretta esegesi del testo, interpreta la Scrittura a partire dalla Scrittura L’interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella bibbia cristiana VD 37 Tiene in conto l’unità dei due Testamenti Fa una lettura cristologicia dell’Antico Testamento, rimarcando l’evoluzione della Rivelazione Non contrappone esegesi letteraria ad esegesi spirituale Propone un’ermeneutica della fede Aspetto esegetico Aspetto comunicativo Essendo un messaggio, si occupa della forma, non solo del contenuto È diretta, cordiale, comprensibile, usa frasi brevi Tiene conto del rapporto personale fra omileta e uditore, non giudica, si mette in gioco. Usa un linguaggio amichevole, empatico, colloquiale Usa codici linguistici comprensibili, se deve affrontare termini tecnici usa l’analogia e l’esempio, usa la narrativa, come faceva Gesù Come possiamo notare, all’omileta è richiesta una vasta e complessa preparazione, una professionalità motivata, come abbiamo più sopra osservato, dall’enorme importanza del suo ruolo: egli è a servizio della Parola e la sua omelia deve essere all’altezza della Parola che commenta e attualizza. Lo Spirito, però, lo assiste ma solo egli deve lasciarsi guidare, senza ostacolarlo, mettendo la propria intelligenza e il proprio tempo a servizio del ministero che gli è stato affidato. Ma, cosa ben più importante, tutte queste attenzioni gli derivano dal fatto di essere lui per primo uditore della Parola, capace di condividere ciò che egli per primo ha recepito nella Parola e nella liturgia per la sua vita cristiana. A partire da questa griglia, proviamo ad elaborare un’ulteriore chiave di lettura, sinottica, che si concentri sui vari aspetti dell’omelia, per elaborare delle domande cui sottoporremo le omelie analizzate. 42 2.7.1 I criteri per la valutazione critica Natura dell’omelia L’omelia è parte integrante dell’azione liturgica 1. L’omelia analizzata è inserita nel contesto liturgico che celebra? Fonti dell’omelia L’omelia attinge principalmente alla Parola di Dio letta durante la celebrazione, ma anche alla liturgia e al Proprio. Considera l’unità delle letture e dello sviluppo della Storia della salvezza presente nella Bibbia. Tiene conto dell’interpretazione fatta dai Padri e dalla Tradizione autentica della Chiesa 2. L’omelia analizzata è ben centrata sulla Parola? Fa riferimenti all’insieme delle letture o a più d’una? Ha riferimenti anche alla liturgia? Ai Padri? Al Magistero? Finalità dell’omelia L’omelia presenta i misteri della fede e le norme della vita cristiana, attualizza la Parola, porta il fedele a riconoscere le grandi opere che Dio compie nella Storia e nella propria storia personale, lo introduce alla celebrazione che sta vivendo. 3. L’omelia analizzata, partendo dalla Parola o dalla liturgia, sviluppa qualche aspetto del mistero della fede e della vita cristiana? La attualizza? Sa usare l’esegesi spirituale? Aiuta il fedele a discernere l’opera di Dio? Linguaggio dell’omelia Il linguaggio utilizzato deve essere comprensibile, positivo, propositivo, amichevole, colloquiale, autentico. Usa analogie, narrazioni, esempi, è fedele alla verità ma sa anche declinare concetti difficili con immagini comprensibili. 4. L’omelia analizzata è comprensibile? Usa un linguaggio diretto, frasi brevi, coinvolgenti? Sa colloquiare con l’interlocutore? Usa esempi, analogie, narrazioni? Fa a meno di inutili ridondanze e di termini eccessivamente tecnici? 43 L’omileta L’omileta esercita il suo ministero con passione, verità e professionalità. Medita e prega la Parola, si prepara l’omelia attingendo alle fonti, tiene conto dell’esegesi critica ma la completa con quella spirituale. Si interroga su come la Parola interroghi la sua vita. Conosce le persone che ha di fronte e non le giudica, ma porge loro la ricchezza della Parola. 5. L’omelia analizzata lascia trasparire una riflessione e uno studio? Coinvolge l’omileta? A partire da queste sei domande, analizzeremo alcune omelie presenti in internet. Ricordiamoci, infine, che il nostro lavoro ha degli evidenti limiti oggettivi, dato che ci applicheremo solo sui tesi scritti, senza conoscere i destinatari dell’omelia pubblicata, non potendo perciò accedere al rapporto particolare che si instaura fra chi li ha scritti e il suo uditorio. Ora disponiamo degli strumenti atti a proporre un’analisi critica di alcune omelie presenti in internet. 44 3. Analisi dei testi Stabilita la griglia di valutazione che utilizzeremo per analizzare alcune omelie tratte da internet, si tratta ora, concretamente, di operare una scelta riguardo agli autori dei testi e del tempo liturgico utile per impostare la nostra ricerca. 3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie Per quanto riguarda il sito di riferimento, abbiamo optato per il portale di materiale pastorale qumran2.net che ci risulta essere il più frequentato sito di questo genere in Italia. In una sezione specifica, Parole nuove, i gestori del sito accolgono, ogni domenica, le omelie di diverse decine di autori. Un imponente lavoro di archiviazione permette di ricercare le omelie per autore, per tempo liturgico o per testi biblici di riferimento. Di alcuni autori, in genere coloro che da più tempo offrono il loro servizio alla Parola in rete, ci sono migliaia di omelie da cui attingere: la nostra scelta è caduta proprio su alcuni di essi. Le motivazioni che ci hanno spinto a preferirli sono molteplici: essi sono conosciuti dal grande pubblico per la loro azione pastorale, per il loro ruolo ecclesiale, per la loro esperienza maturata in internet e in generale nel mondo dei media. La scelta di autori che pubblicano i loro testi da diversi anni ci mette al riparo dal rischio di incorrere in omelie maldestre o poco centrate. Il fatto di mettere per iscritto il testo dell’omelia dovrebbe significare, infatti, dedicare tempo e studio nella preparazione della stessa: non ci troveremo di fronte, perciò, a riflessioni improvvisate. La comprovata serietà dei gestori del sito e la diffusione dello stesso su scala nazionale ci permette di attingere ad un archivio di testi molto utilizzati da cattolici, sacerdoti e laici, provenienti dalle più svariate esperienze pastorali e da diverse regioni italiane. La nostra scelta è inoltre confortata dal fatto che sono gli stessi gestori del sito ad averci segnalato gli autori più letti.98 Sarebbe interessante approfondire l’analisi di molti altri fra il centinaio di autori che commentano il Vangelo in rete, ma i limiti di questa ricerca ci obbligano a soffermarci sulle omelie di soli tre di essi. 98 Le omelie di Mons. Riboldi, al 15 dicembre 2010 sono state lette 1.184.217 volte; quelle di Mons. Paglia 782.662 volte; quelle di Ermes Ronchi 542.689 volte. Un ringraziamento particolare a don Giovanni Benvenuto, di Genova, fondatore storico del sito in esame. 45 3.2 La scelta degli autori La scelta degli autori si è concentrata sui seguenti omileti di buona fama. 3.2.1. Monsignor Vincenzo Paglia99 È Vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio, presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il dialogo e presidente della Federazione biblica cattolica internazionale. Ha frequentato il Seminario Romano, sia Minore che Maggiore, dalla prima media sino alla conclusione del ciclo di formazione. Si è laureato in teologia presso l’Università Lateranense, dove ha conseguito anche la licenza in filosofia; si è poi laureato in pedagogia presso l’Università di Urbino. Ordinato sacerdote il 15 marzo 1970 incardinandosi nella diocesi di Roma, ha esercitato la funzione di viceparroco a Casal Palocco dal 1970 al 1973. Successivamente nominato rettore della chiesa di Sant’Egidio in Trastevere, dal 1981 al 2000 ha ricoperto l’incarico di parroco nella basilica di Santa Maria in Trastevere, di prefetto della terza prefettura di Roma, di segretario della Commissione Presbiterale regionale e di membro della Commissione Presbiterale Italiana. Nominato postulatore della causa di beatificazione del vescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero, il 4 marzo del 2000 è stato eletto vescovo della diocesi di Terni-Narni-Amelia, facendo ingresso nella diocesi il 16 aprile. Nominato dalla Santa Sede, nel settembre del 2002, presidente della Federazione biblica cattolica internazionale, dal maggio 2004 ricopre anche l’incarico di presidente della Commissione Ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana. Presso la Conferenza episcopale umbra è presidente della consulta per i problemi sociali, del lavoro, della giustizia e della pace, presidente della Commissione per i beni culturali e presidente della Commissione per la cultura e le comunicazioni sociali. Nominato assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio che segue sin dall’inizio degli anni settanta, ha al suo attivo numerose pubblicazioni in ambito biblico e di pastorale biblica. 99 www.diocesi.terni.it/vescovo/biografia/main.php?cat_id=1&subcat_id=1& 46 3.2.2 Ermes Ronchi100 Nato a Racchiuso di Attimis (Udine) il 16 agosto 1947, entra nell’ordine dei Servi di Maria, e viene ordinato sacerdote nel 1973. Laureato in Teologia a Roma, ha conseguito il dottorato in Storia delle Religioni, con specializzazione in Antropologia Culturale, all’università Sorbonne di Parigi e il dottorato in Scienze Religiose all’Institut Catholique di Parigi. Ha fondato e diretto per otto anni La Compagnia dei Laudesi di Rovato (Bs), gruppo di Musica e Teatro Medievali. Presso il Convento di San Carlo in Milano, dirige il Centro Culturale Corsia dei Servi, fondato da padre David Maria Turoldo; la Libreria San Carlo e il circolo cinefilo San Carlo.Nel 2007 ha scritto l’introduzione ai Pensieri Mariani di Benedetto XVI; ha redatto i testi di riflessione per la veglia di 500.000 giovani cattolici a Loreto (Agorà dei giovani). Nel 2008 ha curato per la CEI (Servizio Nazionale per il Progetto Culturale e Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile) i testi dello spettacolo: L’apostolo delle genti. È docente di Estetica Teologica e Iconografia presso la Pontificia Facoltà Marianum di Roma. Collaboratore di Avvenire, ha pubblicato varie opere di spiritualità. 3.2.3 Monsignor Antonio Riboldi101 Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche di Triuggio (MI), è entrato a far parte dell’Istituto della Carità, divenendone sacerdote nel 1951. Inviato nel 1958 in una parrocchia della Valle del Belice (AG), si trovò nel 1968 a fronteggiare lo stato d’emergenza causato dal terremoto che sconvolse la terra Agrigentina. Il 25 gennaio 1978 il papa Paolo VI lo nominò vescovo della diocesi di Acerra (NA), terra di grandi complicazioni sociali. Ricevette l’ordine episcopale l’11 marzo 1978. Ha rassegnato le dimissioni il 7 dicembre 1999, secondo quanto stabilito dal codice di diritto canonico. Impegnato in molte attività da conferenziere, Mons. Riboldi è direttore responsabile del mensile Amici dei lebbrosi. Prende inoltre parte alla rubrica a carattere religioso del Giornale Radio di Radiouno Ascolta si fa sera. 100 101 http://asuaimmagine.blog.rai.it/il-cast/ it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Riboldi 47 3.3 La scelta del tempo liturgico Per quanto riguarda la scelta del tempo liturgico da cui attingere le omelie in oggetto abbiamo preferito optare per il tempo dell’Avvento. Tale scelta ci permette di avere uno sguardo unitario sull’insieme delle omelie: le quattro domeniche che precedono il Natale del Signore offrono infatti all’omileta l’opportunità di fare numerosi collegamenti fra una domenica e l’altra. Inoltre il Lezionario è già fortemente orientato su alcuni temi specifici quali l’attesa, la conversione, il compimento delle profezie vetero-testamentarie, l’esemplarità di alcuni atteggiamenti e di alcune figure specifiche presenti nei Vangeli. Le letture domenicali del tempo di Avvento seguono un preciso percorso che bene sintetizza il liturgista M. Sodi: «Nel rito romano le prime due domeniche tendono ad evidenziare la venuta del Cristo giudice nella vicenda personale di ogni uomo, oltre che nella storia dell’umanità. In particolare nella seconda e più ancora nella terza, domina la figura del Battista che chiama ad una coraggiosa verifica interiore in vista di una progressiva conversione al messaggio di Cristo per essere pronti ad accoglierlo quando verrà. La quarta domenica è tipicamente mariana». 102 La festa del Natale del Signore, in una società secolarizzata e multietnica, ha visto negli ultimi decenni affiancarsi al significato tradizionale attinente alla fede numerosi altri riferimenti e valori: viene spesso ricordata come festa della famiglia, della bontà, della fratellanza ed altro ancora. Questo ampliamento di significato rischia di far smarrire o di mettere in secondo piano il significato specifico del cristianesimo. Il tempo di Avvento, perciò, assume una sempre maggiore importanza per favorire una seria preparazione all’evento natalizio. La scelta del ciclo liturgico «B» è stata dettata dalla reperibilità del materiale su internet. I testi biblici di riferimento alle domeniche di Avvento sono i seguenti: 102 DOMENICA PRIMA LETTURA SECONDA LETTURA VANGELO I Is 63,16-17.19 1Cor 1,3-9 Mc 13,33-37 II Is 35,1-10 2 Pt 3,8-14 Mc 1, 1-8 III Is 61,1-2.10-11 Ts 5,16-24 Gv 1, 6-8.19-28 IV 2Sam 7,1-5.8-12.16 Rm 16, 25-27 Lc 1, 26-38 Cfr. SODI, M., Anno Liturgico, in SODI, M. – TRIACCA, A., (edd.), Dizionario, 52. 48 3.4 Nota metodologica Nel nostro studio intendiamo procedere in questo modo: faremo anzitutto l’analisi dettagliata dal punto di vista letterario, tematico e valutativo o critico di un testo di omelia, nella fattispecie l’omelia della prima domenica di avvento. In un secondo momento procederemo con l’analisi critica dei testi considerati nella loro globalità e trasversalmente, confrontandoli con i criteri elaborati nella prima parte del nostro studio. L’analisi analitica ci permetterà di comprendere l’intento dell’autore e le modalità di sviluppo del suo ragionamento a titolo esemplificativo, mentre lo studio sintetico e trasversale dell’insieme dei testi ci permetterà di verificarne la validità complessiva a partire dallo schema di analisi critica che ci siamo proposti. Lasciamo ora al lettore l’onere di leggere le omelie che stiamo per analizzare e che troverà in appendice al nostro lavoro.103 103 Vedi più avanti, 94-118. 49 3.5 Analisi di alcune omelie esemplari 3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» di Mons.Vincenzo Paglia, pubblicate su diversi siti,104 fra cui qumran2.net, sono state scritte alla fine del 2008. 3.5.1.1 Il piano di lavoro dell’autore Lo stimato biblista organizza il suo lavoro attorno alle quattro domeniche di Avvento e sin dai titoli apposti alle sue omelie manifesta la sua attenzione al testo evangelico: egli, infatti, utilizza direttamente della frasi tratte dalla Parola di Dio che sintetizzano lo sviluppo della sua meditazione. Così intitola le sue omelie: Prima domenica di Avvento Terza domenica di Avvento «Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà!» «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore!» «Rallegratevi!» Quarta domenica di Avvento «Com’è possibile? Non conosco uomo» Seconda domenica di Avvento Le quattro omelie sono ben collegate le une alle altre e partono da un discorso generale sull’attesa per poi concentrarsi sulla figura del Battista, soffermarsi ancora su di lui e sulla gioia cristiana nella terza domenica e concludere con l’atteggiamento di Maria, dimora di Dio, nell’ultima. Il testo scritto, di circa 4000 caratteri di media per omelia, suppone una esposizione orale di poco meno di dieci minuti. 104 Troviamo le omelie di mons. Paglia anche sul sito della Diocesi di Terni: www.diocesi.terni.it e sul portale liturgico www.lachiesa.it 50 3.5.1.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia Iniziamo dall’analisi letteraria dell’omelia per la prima domenica di avvento. 105 L’omelia può essere divisa in tre parti: una breve introduzione, un corpo che sviluppa due temi e una conclusione/preghiera. Nella parte introduttiva del testo l’autore esordisce con efficacia attirando l’attenzione dell’uditorio: «Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una storia già conosciuta. Siamo a tal punto analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola». A partire da questa forte affermazione l’omileta sviluppa, nel corpo dell’omelia, una catechesi sull’anno liturgico, sulla domenica e sull’avvento come preparazione al tempo natalizio. Egli afferma che il tempo liturgico ci rende contemporanei a Cristo, colmando l’attesa di senso che ogni uomo porta in sé. La domenica, in questo contesto, diventa incontro irrinunciabile con il Signore. Il tempo di avvento, che anticamente era più lungo e caratterizzato dal digiuno, serve, oggi, a prendere coscienza dell’attesa che portiamo nel cuore e ad orientarla verso il Natale. Un altro tema è affrontato nel corpo centrale dell’omelia. L’autore parte dall’invocazione di Isaia nella prima lettura per invitare il lettore all’ascolto del grido che ancora si alza dalla terra, espressione di sofferenza e di solitudine, di bisogno di senso e di giustizia. Il dolore degli uomini ci tiene desti, ci obbliga a vigilare. La vigilanza è evento positivo, perché ci aiuta ad ascoltare il Signore che sta alla porta e bussa, come dice l’Apocalisse. L’autore afferma che abbiamo bisogno di metterci alla scuola della liturgia per conoscere il Signore. La Parola di Dio ci invita ad ascoltare il clamore dell’umanità sofferente che chiede salvezza, che attende il ritorno del Signore. L’omileta rivolge un invito conclusivo a stare svegli: a non lasciarsi intorpidire dalla frenesia della vita, dall’abitudine, dalla distrazione, per essere pronti ad accogliere il Signore. Un’accorata preghiera al Signore che riassume i temi espressi nella riflessione chiude l’omelia di Mons. Paglia. Lo schema riassuntivo è, quindi: 105 Appendice, 95. 51 Introduzione: Prima parte: Seconda parte: Conclusione: mettersi alla scuola di Cristo catechesi sull’anno liturgico, sul tempo di avvento, sulla domenica invocazione di salvezza da parte del profeta Isaia; grido di invocazione dell’umanità sofferente; grido che tiene desto il discepolo; attesa della venuta definitiva di Cristo; atteggiamento concreto, restare desti; invocazione finale a Cristo. 3.5.1.1.2 Analisi critica del testo L’autore sviluppa efficacemente il suo ragionamento: mettendoci alla scuola dell’anno liturgico, egli parte dalla necessità di risvegliare in noi l’attesa per la salvezza, desiderio presente nelle letture, per concludere con la proposta di un atteggiamento concreto: la vigilanza. L’attualizzazione del testo si coglie soprattutto nel parallelismo fra il grido di invocazione del profeta Isaia e il grido di sofferenza che si innalza dall’umanità ferita. Per quanto concerne i contenuti, Mons. Paglia sviluppa temi riguardanti la liturgia e la teologia (il senso dell’anno liturgico), temi biblici (il grido di invocazione, l’attesa della venuta del Signore), temi spirituali (vegliare come atteggiamento costitutivo del discepolo). Il testo appare ben organizzato, articolato in diversi punti; l’autore è attento nello sviluppare il proprio ragionamento in maniera comprensibile. Secondo il metodo indicato, presentiamo ora in modo sintetico e trasversale i dati raccolti dall’insieme delle quattro omelie. 3.5.1.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. L’autore, come abbiamo appena visto, organizza in un unico discorso organico la sua esposizione, molto attento a richiamare quanto detto nelle riflessioni precedenti e proteso verso il mistero del Natale. Sin dalla prima domenica Mons. Paglia svela il senso del tempo di Avvento, inserendolo nel contesto storico e cogliendone l’attualità. Così egli scrive: 52 «Avvento, lo sappiamo bene, significa “venuta”, ossia la nascita di Gesù in mezzo a noi. E fin dai tempi antichi la Chiesa ha avvertito il bisogno di preparare il cuore suo e quello dei fedeli ad accogliere il Signore. Per quasi mille anni, infatti, le comunità cristiane, sia d’Oriente che d’Occidente, hanno vissuto i quaranta giorni prima del Natale digiunando e pregando nell’attesa della nascita di Gesù, tanto era sentita decisiva. E sapevano bene che bastava poco perché le occupazioni ordinarie facessero dimenticare tale passaggio. Oggi, pur essendo accorciati i giorni (solo quattro settimane di preparazione) e abolito il digiuno, non meno sentita è l’attesa di questa venuta, che da circa duemila anni ricordiamo». L’autore si preoccupa di creare un continuo collegamento fra i testi delle varie domeniche, richiamandone i contenuti. Così nella seconda domenica fa un cenno a quanto sviluppato nell’omelia della prima: «Se domenica scorsa la liturgia chiedeva di essere vigilanti, oggi esorta ad aprire il cuore per accogliere colui che sta per venire». Mons. Paglia fa anche dei richiami all’obiettivo dell’intero percorso di Avvento: «La liturgia, nell’imminenza del Natale, ripropone il brano evangelico dell’Annunciazione», richiamando l’uditorio alla festa del Natale. L’insieme delle omelie sono ben inserite e armonizzate nel contesto liturgico e formano un’unica grande riflessione sull’Avvento che si sviluppa nel corso della quattro domeniche in esame, proponendo dei continui richiami ai vangeli delle domeniche precedenti. 3.5.1.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia Mons. Paglia lascia trasparire abbondantemente la sua competenza e il suo amore per la Parola di Dio, senza mai esagerare nel tecnicismo e senza mai ostentare la sua preparazione. Sin dai titoli crea un legame profondo col Vangelo proposto che sviluppa facendo continui rimandi con le altre letture. Nell’omelia della prima domenica leggiamo: «La supplica del profeta Isaia, che ascoltiamo nella prima lettura, sale ancora oggi dalle nostre labbra: “Perché Signore ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema? Ritorna, per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17). Sì, “Ritorna, Signore, per amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno». La sua competenza gli permette di citare a proposito nella sua riflessione testi biblici non presenti nel Lezionario del giorno, arricchendo l’interpretazione della Parola con la Parola stessa: 53 Commento [PC1]: Bibbia, 1l «Dobbiamo stare alla porta del nostro cuore e vigilare. Come quando aspettiamo qualcuno che deve tornare a casa e stiamo attenti a sentire il rumore dei suoi passi per potergli aprire subito. “Ecco - dice il Signore, nell’Apocalisse - io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” ». Nell’omelia della seconda domenica, che vede protagonista il Battista, i riferimenti al Vangelo sono numerosi, e anche i rimandi alle altre letture. La prima parte della riflessione sviluppa una rapida esegesi all’incipit del Vangelo di Marco, proponendo al lettore una efficace attualizzazione: l’inizio della buona notizia permane, non si esaurisce, continua la sua opera: «“Inizio del Vangelo di Gesù Cristo”. Si apre così il Vangelo di Marco, che ci accompagnerà per questo anno liturgico. L’evangelista non ha inteso scrivere una storia educativa, bensì comunicare una vicenda così straordinaria da essere “Vangelo”, ossia una buona e decisiva notizia per tutti. Scrive: “Inizio della buona notizia”. Prima infatti non c’era. È un “inizio” non solo temporale, relegato nel Commento [PC2]: Bibbia passato, quasi prigioniero di quei giorni. La “buona notizia” di Gesù Cristo è un “inizio” che resta vitale, una pietra viva che edifica opera, in ogni generazione e in ogni tempo». L’autore propone opportunamente un riferimento alla prima lettura, riuscendo, con una sola frase, ad inserire nel contesto storico il brano del Profeta: «Già con la lettura di Isaia, la liturgia ci fa sentire l’avvicinarsi di questo tempo: “Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù”. Il popolo d’Israele può lasciare la terra di Babilonia, dov’è schiavo, e partire verso Sion; percorrerà una grande strada, aperta nel deserto, una strada larga, rettilinea e pianeggiante che supererà steppe, valli e montagne, per salire sino a Gerusalemme». Ugualmente troviamo un riferimento alla seconda lettura, con un cenno alla riflessione di Pietro, facendo cogliere al lettore il desiderio di giustizia presente nel Battista e nell’apostolo: «(Il Battista) non si rassegna ad un mondo privo di speranza; anche lui, come più tardi dirà Pietro, aspetta con ansia i “nuovi cieli e una nuova terra, dove avrà stabile dimora la giustizia”». Commento [PC3]: 2 lettura Ampio spazio è dedicato, durante l’omelia della terza domenica, all’invito paolino alla gioia, come d’altronde indicato dalla tradizione liturgica che pone la gioia al centro di questa liturgia: «“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi”. Con questo fermo invito dell’apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata gaudete, la domenica della gioia. “State 54 sempre lieti”, raccomanda Paolo, “pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie a Dio”. “State Commento [PC4]: 2 lettura lieti”: perché? Come bambini ci affidiamo a colui che vuole che la sua gioia sia in noi e che questa sia piena. Questa è la volontà di Dio». Un’interessante esegesi spirituale della prima lettura, infine, viene proposta durante l’ultima domenica di Avvento, a partire dal desiderio di Davide di costruire una dimora per il Dio di Israele. L’autore riesce, in poche righe, a fornire una efficace lettura del testo, contestualizzandolo, e ad offrirne al lettore un’interpretazione per l’oggi: «Il secondo libro di Samuele esprime quasi plasticamente questo modo di agire del Signore. Davide, dopo aver costruito la sua “casa di cedro” e Gerusalemme come capitale dello Stato, desidera dotarla di un grande tempio, quasi ad avere anche Dio come suo cittadino. Il profeta Natan, che ha acconsentito al desiderio del re, nella notte si sente bocciare da Dio stesso la proposta dell’erezione di un santuario. Deve quindi tornare nella reggia per dire a Davide che sarà Dio a edificare una casa per lui e per il suo popolo. E gli ricorda che il Signore è stato accanto a lui fin dalla giovinezza quando pascolava le greggi, e che lo ha accompagnato sino a quel giorno; e continuerà a stargli accanto per il futuro difendendolo dai nemici e facendolo grande e potente, e troverà un luogo ove far abitare il suo popolo. Insomma, il Signore è il tetto di protezione per Davide. Non è il re a costruire una casa a Dio; è Dio che edifica una casa per Davide e il suo popolo». Notevole è anche l’attualizzazione dei testi che Mons. Paglia fa con riferimenti brevi, puntuali, e che aiutano il fedele nella vita cristiana interrogandolo sulla propria fede. Nell’omelia della prima domenica, parlando dell’attesa come atteggiamento costitutivo dell’uomo, invita il lettore ad allargare lo sguardo al d là dei propri limitati orizzonti: «Sì, “Ritorna, Signore, per amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la tua stessa terra che sembra non trovar pace; ne ha bisogno l’Africa bagnata dal sangue di migliaia di profughi abbandonati a se stessi; ne hanno bisogno tanti paesi ove milioni e milioni di poveri muoiono di fame ogni giorno; ne hanno bisogno le grandi città dell’Occidente che emarginano schiere innumerevoli di deboli, di anziani, di malati. Ne hanno bisogno i cuori di tanti uomini e tante donne perché sciolgano la loro durezza, si commuovano sui poveri e sui deboli e si adoperino per un nuovo futuro. “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Questo grido è la preghiera dell’Avvento; e resta la preghiera universale di questo tempo». L’abbondanza dell’uso della Parola di Dio e i continui rimandi fra le letture pongono in secondo piano altre possibilità previste dai documenti da noi analizzati: l’autore non usa nella sua omelia testi eucologici del Messale, né testi del Magistero, pur concludendo talora le sue riflessioni con un’invocazione appropriata. Ad esempio, alla fine dell’omelia della prima domenica, l’autore invoca la venuta del Signore Gesù: 55 Commento [PC5]: Attualizzazion e «Vieni Signore Gesù, vieni presto, dona consolazione e pace. Squarcia i cieli ed apri un futuro per chi è schiacciato dal male. Libera dall’amore per sé che addormenta il cuore. Insegnaci a stare attenti per Commento [PC6]: Preghiera riconoscerti ed aprirti la porta del cuore, dolce ospite, amico di sempre, speranza nostra». Un breve riferimento alla tradizione dei Padri viene usato durante l’omelia della prima domenica, nell’introduzione che egli fa all’anno liturgico e al senso della Pasqua settimanale: «Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire contemporanei di Gesù. È questa la “forza” delle domeniche, che faceva dire ai primi cristiani: “Per noi è impossibile vivere senza la domenica”». Commento [PC7]: Anno liturgico 3.5.1.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia Anche questa prerogativa viene pienamente tenuta in considerazione da Mons. Paglia. Introducendo il tempo di Avvento e il nuovo anno liturgico egli riesce a sviluppare in un unico, breve ragionamento il valore della domenica, la sua necessità nella vita del cristiano e offre al fedele un’efficace e accessibile catechesi sul tempo liturgico: «Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una storia già conosciuta. Siamo a tal punto analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola. Tutti! Stare con il Signore non è una ripetizione sempre uguale: lo diventa quando teniamo la nostra vita lontana da Lui e dai fratelli. Le domeniche ci aiutano a capire nell’oggi il mistero della sua presenza tra gli uomini. Come ogni storia Commento [PC8]: Mistero dell'anno liturgico di amore ha vari momenti, tutti importanti. Quel che ci è chiesto è ascoltare e seguire il Signore e, anzitutto, attenderlo. (…) Il tempo liturgico viene scandito dal tempo di Dio; o meglio, è il tempo di Dio che entra in quello degli uomini. Ed è misurato dal mistero stesso di Gesù: inizia dalla sua nascita, continua con la predicazione in Galilea e in Giudea sino alla morte, resurrezione e ascensione al cielo. Ogni domenica, da questa prima di Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci prende per mano, ci sottrae in certo modo alla schiavitù dei nostri ritmi, e ci introduce dentro il mistero di Cristo, per renderci partecipi della sua stessa vita. Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire contemporanei di Gesù». Altrettanto efficace per la sua concisione e per la sua chiarezza è la descrizione della Storia della Salvezza che l’autore fa riflettendo sulla gioia, nell’omelia della terza domenica: «L’angelo del Signore può dire a Israele: il Signore è con te; è con Abramo, con Isacco e con Giacobbe; accompagna Giuseppe in tutte le sue vicissitudini; appare a Mosè nel roveto ardente e si presenta, appunto, come “Colui che è” con il suo popolo. Ha udito il grido di dolore del suo popolo schiavo in Egitto e è sceso per liberarlo: lo conduce illeso attraverso il Mar Rosso, lo accompagna 56 Commento [PC9]: Anno liturgico negli anni del deserto e lo introduce nella terra promessa sostenendolo per tutti i giorni. Il Signore è con il suo popolo; e per sempre». Opportune e concrete sono le indicazioni per una vita cristiana in sintonia col tempo liturgico: «Svegliamoci dal sonno dolce del crederci a posto, perché abbiamo già fatto molto; dal sonno triste del pessimismo, per cui non vale la pena di fare nulla; da quello agitato e sempre insoddisfatto degli affanni e dell’affermazione di sé. Svegliamoci dal sonno distratto di chi non ascolta più; dal sonno dell’impaziente, che vuole tutto e subito, che non sa attendere, si delude e dorme». Ugualmente, nell’omelia della seconda domenica, scrive a proposito del Battista: «Anche noi dobbiamo ascoltare la voce di questo predicatore perché ci tocchi il cuore. La Santa Liturgia della domenica, le nostre stesse chiese, piccole o grandi che siano, diventano il luogo ove stringerci attorno al Battista e alla sua predicazione. Quando le Sante Scritture si aprono e la Parola di Dio viene annunciata e predicata, in quel momento si apre la strada del Signore; beati noi se sapremo Commento [PC10]: Attualizzazio ne accoglierla e percorrerla perché certo ci condurrà incontro al Signore che viene». L’attenzione nello sviluppare temi riguardanti la vita di fede e del mistero cristiano è continua e puntuale, proponendo atteggiamenti concreti da vivere nella vita quotidiana: «Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al cinismo, che pensa di conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso pessimismo, alla ricerca di Commento [PC11]: Cose cocnrete speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli». Così, ad esempio, l’atteggiamento del Battista che dice di sé di essere una «voce» imprestata alla Parola diventa esemplare per ogni credente: «”Chi sei tu?”, domandano i giudei. Che cosa dici di te stesso? Ogni uomo è un mistero ed il mondo spesso viene a volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare. Giovanni non moltiplica interpretazioni, non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di sé. Per dire chi è ha bisogno di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che è la parola, al verbo, la prima e l’ultima lettera di ogni nostra parola. Giovanni è forte perché la sua vita ha senso se è utile a qualcun altro, a colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori! Rende testimonianza. La sua forza non è Commento [PC12]: Beelo! splendere per se stesso, ma perché la luce si veda». Infine, commentando l’atteggiamento di accoglienza di Maria, nell’imminenza del Natale, l’autore scrive: «Dio ha scelto Maria, e da sempre. Ma aveva bisogno del consenso; e il “sì” non era scontato. A Nazareth non si è recitato un copione già scritto. E l’evangelista lo suggerisce: c’è stato turbamento, in un dialogo fiducioso: alla fine Maria ha dato l’assenso. Era una decisione che le sconvolgeva 57 totalmente la vita. La grandezza di Maria pertanto non sta nella “realizzazione di se stessa”, come in genere noi desideriamo per noi stessi, bensì nel porre tutta la sua fiducia nelle parole dell’angelo. A ragione Elisabetta, non appena la vede varcare la soglia di casa, può esclamare: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore”. È la prima beatitudine scritta nel Vangelo. La nostra felicità è racchiusa tutta nell’obbedienza alle parole del Vangelo». Commento [PC13]: Maria Mons. Paglia attualizza efficacemente la Parola di Dio. Le omelie analizzate sviluppano numerosi aspetti del mistero della fede e della vita cristiana, aiutando il fedele a discernere l’opera di Dio nella propria vita. A partire dai testi e dai protagonisti delle letture, l’autore coinvolge il fedele e lo invita a imitarne l’atteggiamento di fiducia e di collaborazione all’opera di Dio. 3.5.1.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità Nello studio che ha preceduto l’analisi dei presenti testi, abbiamo potuto rilevare quanto oggi sia importante veicolare il contenuto attraverso un linguaggio accessibile, coinvolgente, diretto, colloquiale che eviti inutili ridondanze e termini eccessivamente tecnici. Entrando nello specifico l’autore manifesta nello scrivere un’innata capacità comunicativa, mediante l’uso di frasi brevi, ad effetto, che ben ritmano il discorso e tengono alta l’attenzione. Un esempio di ciò può essere colto nell’omelia della prima domenica in cui così egli scrive: «(Dio) Squarcia i cieli e diventa lui la via per il cielo. Ci fa scoprire il desiderio di cielo, di speranza, che c’è in ognuno di noi ed in ogni uomo. Quando aspettiamo qualcuno siamo contenti. Egli non si Commento [PC14]: Maria vergogna della mia debolezza; non mi disprezza se sono piccolo». Similmente si veda il commento all’inizio del Vangelo di Marco: «La nostra società non manca di parole, ma spesso sono vuote e non sempre edificano. Noi stessi siamo frequentemente storditi dai rumori e dalla confusione sia interiore che esteriore: poco sappiamo parlare tra noi e raramente ci scambiamo parole vere. Il Vangelo, nella confusione dei discorsi, inizia a parlare». Riflettendo sulla missione di Giovanni Battista e sulla sua efficace predicazione, l’autore suggerisce l’atteggiamento che ogni buon predicatore dovrebbe avere: 58 «Non tace, protesta, veste da personaggio strano e, soprattutto, parla, anzi grida. È tagliente con la sua parola. Giovanni, come richiede ogni predicazione, parla al cuore della gente: non vuole colpire le orecchie, non ama correr dietro a pruriti vani, non propone verità o idee sue». Nella riflessione sulla gioia, l’autore utilizza frasi brevi, termini appropriati, affermazioni concise e consequenziali: «La gioia, secondo questo invito così appassionato dell’apostolo, non è una congiuntura favorevole, ma una scelta cui siamo chiamati. Sempre. Lieti, gioiosi non perché imperturbabili o incoscienti, ma per la consapevolezza forte, vigorosa, dell’Avvento di Dio. (…) La letizia è il primo modo per non farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi. E quanto la letizia comunica amore, ci rende sensibili ed Commento [PC15]: Letizia porta a libertà, molto bello! attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini!». Se un appunto si può fare all’autore, dal nostro punto di vista, è l’assenza di esempi dalla vita quotidiana e dalla propria esperienza personale. L’alternanza di esempi che intercalano la riflessione può infatti tenere alta l’attenzione dell’assemblea, il fatto che siano esempi tratti dall’esperienza personale crea vicinanza e identificazione nell’uditore. Eppure, nonostante questa apparente lacuna, Mons. Paglia riesce a produrre una comunicazione efficace, lineare, diretta, coinvolgente, traendo esempi dalla Parola, come se la propria vita attingesse continuamente alla Parola di Dio per esserne illuminata e, così facendo, dimostra che la Bibbia stessa, se ben usata, contiene in sé abbondanti riferimenti per la quotidianità. 3.5.1.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta L’autore lascia emergere ovunque la sua competenza mediante riferimenti biblici sempre accurati e collegamenti fra le letture abbondanti ed opportuni. Non di meno si impone anche un grande amore per la Parola di Dio. La sua preparazione teologica e biblica, il suo ministero nella comunità di sant’Egidio prima e nel ministero episcopale poi, emergono nell’attualizzazione dei testi e nelle proposte concrete per la vita cristiana dell’uditorio. Leggendo i suoi testi, si resta coinvolti dalla ricchezza dei riferimenti e dalle prospettive che riesce a fare emergere con maturata semplicità, frutto di una grande esperienza biblica e pastorale. 59 3.5.1.7 Osservazioni critiche conclusive I commenti di Mons. Paglia sono gradevoli e appassionati; le sue riflessioni denotano un coinvolgimento personale. I suoi testi sono ben inseriti nel tempo liturgico cui si riferiscono dati i frequenti riferimenti sia al Tempo di Avvento che a quello di Natale cui sono orientati. Le sue omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio che l’autore ben conosce e padroneggia sia nell’aspetto esegetico che nella capacità di produrre una pertinente e profonda attualizzazione spirituale. Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce aspetti teologici, liturgici e di vita morale del mistero della fede. È capace di coinvolgere con un linguaggio amichevole e diretto, preciso ed esaustivo il lettore e l’uditorio, dimostrando una grande competenza delle forme della comunicazione. Le sue omelie a nostro parere sono esemplari per il contenuto e lo stile. 60 3.5.2 Padre Ermes Ronchi Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» di padre Ermes Ronchi, anch’esse pubblicate su diversi siti,106 fra cui qumran2.net, e in cartaceo107 sono state scritte alla fine del 2008. 3.5.2.1 Il piano di lavoro dell’autore Questo è il programma proposto da Padre Ronchi per le omelie che prenderemo in considerazione: Prima domenica di Avvento Seconda domenica di Avvento Terza domenica di Avvento Quarta domenica di Avvento «Avvento: attesa che apre all’amore» «Ripartire dalla buona notizia di Dio» «Giovanni testimone della luce» «La radice della fede è nella gioia» L’autore non usa citare brani delle letture nel titolo della propria omelia, preferendo invece sintetizzare il nucleo centrale della sua riflessione con una frase riassuntiva. Lo schema permette di apprezzare come l’autore enfatizzi, a partire dal testo evangelico, singoli aspetti per ciascuna delle quattro domeniche e non si preoccupi né di dare organicità all’insieme, né di proporre un soggetto tematico che in qualche modo possa collegare domenica a domenica. Durante la prima domenica egli sviluppa nella sua omelia il concetto di «attesa» nella vita dell’uomo. Nella seconda domenica si sofferma sul significato di «Vangelo» inteso come buona notizia. Durante la terza domenica egli approfondisce la figura del Battista per richiamare il ruolo della profezia nella Chiesa. Infine nell’omelia della quarta domenica l’autore propone una meditazione a partire dall’annunciazione che Dio fa a Maria e ad ogni credente. Il testo scritto, piuttosto stringato, conta in media circa 2500 caratteri per omelia e suppone una esposizione orale di poco più di cinque minuti. 106 Troviamo le omelie di padre Ronchi anche sul sito: www.santamariadellascala.com e sul portale liturgico www.lachiesa.it. I video-commenti sul sito http://asuaimmagine.blog.rai.it/tag/padre-ermes-ronchi/ 107 Sciogliere le vele. Commento ai vangeli festivi, anno A, Alba, Paoline, 2004; L’alfabeto della vita. Commento ai vangeli festivi, anno B, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2005; La bellezza tua voglio cantare. Commento ai vangeli festivi, anno C, Roma, Servitium, 2006. Le sue omelie sono pubblicate sull’edizione del sabato del quotidiano Avvenire. 61 3.5.2.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia Seguendo il nostro metodo, procediamo ora con l’analisi letteraria e dei soggetti tematici dell’omelia per la prima domenica di avvento. 108 Non è semplice riuscire ad elaborare uno schema letterario dell’omelia di Padre Ronchi che sembra procedere nel suo ragionamento più per passaggi evocativi che per induzione. Tuttavia possiamo individuare una traccia nel suo percorso: dopo una breve introduzione, l’omileta sviluppa un unico tema, quello dell’attesa secondo due diverse angolazioni per poi giungere ad una conclusione. Nell’iniziare il suo testo l’autore afferma, senza ulteriori spiegazioni, che il tempo di avvento è un tempo di attesa. Il corpo dell’omelia sviluppa questa idea in due direzioni. In un primo momento l’omileta, a partire da Isaia, riflette sul significato dell’attesa che non è una mancanza, ma una tensione verso la pienezza: come una donna incinta attende di veder nascere il suo bambino anche se già lo sente dentro di sé, così anche noi attendiamo la nascita di Dio, pur sentendolo già presente nella nostra anima. In un secondo momento, sempre nel corpo del testo, l’omileta afferma che attendere significa dare vita, far vivere: «Così io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un Dio che già sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il Verbo, è gravida di un progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano, l’attesa di mille realizzazioni possibili, porta in sé l’uomo che verrà. Attendere, allora, equivale a vivere. Ma a vivere d’altri». 109 Secondo l’autore due sono i rischi che corriamo nella nostra fede: da una parte avere un cuore indurito, come afferma Isaia, che ci spinge a vivere una vita che non sa più stupirsi, che perde di profondità, «che si lascia rubare l’anima» come egli efficacemente scrive; dall’altra vivere un’esistenza addormentata, come dice Gesù, una vita che smarrisce la consapevolezza dell’interiorità. L’autore conclude il suo ragionamento affermando che per combattere questo doppio rischio la Parola ci invita alla vigilanza, all’attenzione. 108 109 Appendice, 102. Ivi, 103. 62 Lo schema riassuntivo è, quindi: Introduzione: Corpo: Conclusione: avvento è attesa si attende non per una mancanza, ma per una pienezza; attesa è vivere per gli altri; i rischi: un cuore indurito, una vita addormentata vivere attenti 3.5.2.1.2 Analisi critica del testo L’autore sviluppa in maniera originale il suo ragionamento: l’attesa non è una mancanza, ma il desiderio di una pienezza, come una madre che aspetta chi già possiede. Proprio l’immagine della madre porta l’omileta ad affermare che attesa è dare vita agli altri. Ma per dare vita occorre affrontare due difficoltà: superare l’indurimento del cuore e l’assopimento della coscienza. L’avvento ci invita a vivere attenti. L’attualizzazione si coglie nella citazione indiretta di Isaia (il cuore indurito) e di Gesù (assopimento), che l’autore sviluppa proponendo degli esempi concreti per la vita odierna. Per quanto concerne i contenuti, Padre Ronchi sviluppa temi spirituali (l’attesa di un Dio che già conosciamo), etico sociali (l’attenzione all’altro), e biblici (la necessità della conversione). Il testo appare complessivamente poco organizzato e di difficile comprensione logica. Ciò è probabilmente da imputare al fatto che l’autore preferisce procedere per evocazioni simboliche. Continuiamo ora il nostro lavoro approfondendo l’analisi sintetica e trasversale dell’insieme delle omelie di avvento. 3.5.2.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. Più concentrato a sviluppare alcuni elementi evocativi del Vangelo, padre Ronchi non si preoccupa di richiamare in maniera esplicita il significato del tempo di Avvento e nemmeno quello dell’inizio dell’anno liturgico. Un unico richiamo è presente nel testo dell’omelia della prima domenica: 63 «Avvento è il tempo dell’attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell’attesa e del desiderio». Nel testo dell’omelia per la terza domenica di Avvento l’autore getta uno sguardo al Natale imminente, ma solo per attualizzare la figura del Battista che cerca la propria identità in Dio: «Giovanni ha trovato la sua identità, ma in un Altro. Solo Dio svela quello che io sono in profondità: il mio segreto è oltre me. La sua venuta non mortifica ma incrementa la mia persona. A Natale Dio entra e l’uomo diventa un “nido di sole” (Turoldo)». Commento [PC16]: comunicazio ne Commento [PC17]: attualizzazio ne Infine, nel testo dell’omelia per l’ultima domenica, l’inizio del testo richiama la celebrazione del Natale ormai imminente: «Tra pochi giorni è Natale. E ci sentiamo ancora una volta impreparati. La liturgia allora ci prende per mano e ci accompagna, additando colei che meglio ha vissuto l’attesa di Dio: santa Maria». Padre Ronchi non pare interessato ad inserire le proprie riflessioni nel contesto liturgico, né di cogliere unità fra i testi delle diverse domeniche di Avvento ne viene che i suoi testi potrebbero essere letti in una qualsiasi altra domenica dell’anno liturgico senza troppe differenze. Tale assenza emerge a nostro parere in maniera marcata. 3.5.2.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia L’autore organizza le sue omelie a partire dalla Parola, in particolare dal Vangelo della domenica e sviluppa gli elementi del testo biblico in maniera originale. Non sempre sembra però che il suo approccio esegetico sia esauriente e corretto. Spesso si ha l’impressione che la Parola serva ad evocare una riflessione scaturita da una suggestione, senza verificare a monte la correttezza delle affermazioni fatte. L’attualizzazione del testo che ne deriva è affascinante, ma rischia di partire da un’approssimativa interpretazione del testo biblico. Nella prima domenica l’autore è attento ad attualizzare l’atteggiamento della veglia in attesa del Signore: «Attendere, allora, equivale a vivere. Ma a vivere d’altri. Un doppio rischio incombe su di noi: il “cuore indurito”, secondo Isaia (perché lasci che si indurisca il nostro cuore?), e quella che Gesù chiama “una vita addormentata” (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati) ». Commento [PC18]: pdd 64 Nell’omelia della seconda domenica sviluppando, come fa Mons. Paglia, l’incipit del Vangelo di Marco, l’autore afferma: «Inizio del Vangelo di Gesù Cristo. Inizio della buona notizia. A partire da che cosa ricominciare a vivere, a progettare? Da una buona notizia. Non ricominciare mai da pessimismo, non dai problemi, Commento [PC19]: vita concreta neppure dall’illusorio primato della realtà che sembra dominare nel mondo. Ricominciare da una cattiva notizia è solo intelligenza apparente, priva di sapienza di Vangelo. Ricominciare dalle buone notizie di Dio: e subito, fin dalle prime parole, Marco mostra come fare per accorgersene e per accoglierle. Tutta l’esperienza dell’uomo spirituale è riassunta in questi pochi versetti». Commento [PC20]: vita spirituale L’attualizzazione del testo parte da un’esegesi approssimativa: la «buona notizia» di cui parla Marco non consiste nelle «buone notizie di Dio», ma nella «notizia lieta e sorprendente che il Signore sia Gesù di Nazareth, un Messia e Signore con tratti inattesi, differenti, perfino capovolti, rispetto al modo con cui nella grecità (e non solo!) si immaginava la signoria di un essere divino». 110 Nel commento al Vangelo della quarta domenica l’autore afferma: «Il Vangelo dell’annunciazione comincia con sette nomi propri (sette è il numero della completezza) di luoghi e persone che affollano la pagina di Luca e mostrano che il venire di Dio coinvolge la totalità della vita. (…) “L’angelo entrò da lei”, nella sua casa: un giorno qualunque, in un luogo qualunque, un annuncio consegnato nell’intimità, nella normalità di una casa. È nella casa che Dio ti sfiora, ti tocca. (…) La prima parola dell’angelo è ch'ire, gioisci, sii felice; non dice: “fai, alzati, inginocchiati, prega”; solo: “gioisci”. Il primo Vangelo è lieta notizia e precede qualunque tua risposta. La fede ha radice nella gioia. Il perché della gioia è detto con la parola successiva: “piena di grazia”, riempita della vita di Dio, sei amata teneramente, gratuitamente, per sempre. Ecco il nome di Maria: “amata per sempre”. Il mio nome. L’angelo aggiunge: Il Signore è con te. In questa mia vita inadeguata il Signore è con me. In questa mia vita distratta e invasa, il Signore è ancora con me. L’angelo fa eco all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio innamorato, che nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato con te, dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò». L’affermazione dell’autore secondo cui il vangelo dell’annunciazione comincerebbe con sette nomi propri di luoghi o persone segno della pienezza non è affatto chiara e, anche se suggestiva, non trova riscontro nei commenti esegetici da noi consultati111. Alcune imprecisioni e perplessità derivano dall’interpretazione del saluto dell’angelo 110 MAGGIONI, B., Il racconto di Marco, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 26. MAGGIONI, B., Il racconto di Luca, Cittadella Editrice, Assisi 2008, 23-33; DA SPINETOLI, O., Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1986, 65-78; FAUSTI, S., Una comunità legge il racconto di Luca, EDB, Bologna 2003, 28-34. 111 65 Commento [PC21]: comunicazio ne data da Padre Ronchi che è, sì, un invito rivolto a Maria a gioire, ma che ha una vasta eco biblica. A tal proposito, il noto esegeta Ortensio Da Spinetoli, da noi consultato per avere ragguagli in merito, inserisce il brano lucano in un contesto ben più ampio: «Esulta è l’invito rivolto dai profeti post-esilici alla comunità ideale degli ultimi tempi (la “figlia di Sion”) a tenersi pronta per accogliere il re e il salvatore messianico. Rivolgendolo a Maria l’angelo vuol dire che ella è chiamata a rappresentare, più ancora a sostituire la comunità messianica in vista delle future realizzazioni». 112 L’autore non sembra approfondire a sufficienza l’esegesi del brano, che, forse avrebbe meritato anche solo brevemente di essere inserito nel suo contesto biblico per offrire al lettore un più completo approccio al testo. Più riuscita è invece l’attualizzazione della Parola come emerge negli ultimi due testi: la figura del Battista, la riflessione sulla sua identità e il dialogo dell’angelo con Maria nell’annunciazione diventano per l’autore occasione di un continuo richiamo al cammino interiore del fedele. Così l’autore argomenta nell’omelia della terza domenica: «Venne un uomo mandato da Dio.... per dare testimonianza alla luce. Ecco cos’è un profeta: testimone della luce e non dell’ombra; annunciatore del bene non dello sfascio o del degrado del mondo; sentinella del positivo non dei difetti o dei peccati che assediano ogni epoca e ogni vita; testimone che ogni Adamo ha conservato in sé, sotto la tunica di pelle, una tunica di bellezza che il Commento [PC22]: immagini Messia, nei giorni più veri, riporterà alla vista e alla gioia di tutti». Dal nostro punto di vista sarebbe però più opportuno che l’autore spiegasse seppur brevemente le caratteristiche del profeta così come emergono nella Bibbia, prima di proporne l’attualizzazione.113 Si veda anche più oltre un altro esempio di attualizzazione, nella stessa domenica: «Tu, chi sei? Chiedono a Giovanni ed egli per tre volte risponde: io non sono. Maschere che cadono: io non sono ciò che gli altri credono di me, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la parola; io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di significati che sono da prima di me, che saranno dopo di me. Giovanni ha trovato la sua identità, ma Commento [PC23]: comunicazio ne in un Altro. Solo Dio svela quello che io sono in profondità: il mio segreto è oltre me». 112 DA SPINETOLI, O., Luca, Cittadella Editrice, Assisi 1986, 70. Tale interpretazione è però messa in discussione da ORSATTI, M., L’annuncio a Maria (Lc 1,26-38), in LACONI, M., Vangeli Sinottici e Atti degli apostoli, LDC, Leumann 20022, 292: «Per quanto suggestiva possa essere tale interpretazione, essa appare possibile ma non probabile: nell’AT la Figlia di Sion rappresenta il popolo, mentre qui si tratta di una persona singola». 113 Vedi, ad esempio: PEISHER, C., Profeta, in COENEN, L. – BEYREUTHER, E. – BIETENHARD, H., (edd.), Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, EDB, Bologna 19914,1430-1438. 66 I riferimenti alle altre letture del Lezionario, ma anche ad altri testi biblici, facendo un’interpretazione del testo biblico a partire dalla Scrittura stessa come auspicato dal Magistero,114 sono accennati e poco approfonditi. Si vedano ad esempio le seguenti affermazioni: durante la prima domenica l’autore scrive «Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell’attesa e del desiderio». Durante l’omelia della seconda domenica di avvento dice: «Come Isaia, profeta è uno che “apre strade” anche nel deserto, tracce di speranza anche là dove sembrava impossibile; che non si mimetizza né si lascia omologare dal pensiero dominante». Padre Ronchi usa la Parola ricercandone il significato spirituale, ma non sembra coltivare in modo appropriato l’aspetto esegetico. Il rischio che ne deriva è una riflessione spirituale e un’attualizzazione poco ancorati alla corretta interpretazione del testo. 3.5.2.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia Padre Ronchi lascia qualche spazio, pur nel suo stile, all’approfondimento di alcuni aspetti del mistero della fede. Usando un linguaggio inconsueto l’autore nell’omelia della prima domenica scrive che la ricerca di Dio è una dimensione costitutiva dell’uomo, presente in ogni persona: «Così io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un Dio che già sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il Verbo, è gravida di un progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano, l’attesa di mille realizzazioni possibili, porta in sé l’uomo che verrà». Nel testo dell’omelia della seconda domenica riprende il tema della ricerca: «Come un profeta, ogni uomo spirituale è costantemente in viaggio, alla ricerca di ciò che ancora non ha, la sua casa è oltre: allora è pronto per nascite ed inizi». Nella terza domenica l’autore sviluppa una incisiva riflessione sulla testimonianza cristiana affidata al fedele nonostante i suoi limiti e i suoi peccati: «Con i miei peccati e le mie ombre, con tutte le cose che sbaglio e non capisco, con la mia fragilità e i miei errori, nonostante tutto, io posso essere testimone che “Dio è luce e in lui non vi sono tenebre” 114 «Per portare a buon fine l’attualizzazione, l’interpretazione della Scrittura mediante la Scrittura è il metodo più sicuro e più fecondo, specialmente nel caso dei testi dell’Antico Testamento che sono stati riletti nell’Antico Testamento stesso (per es. la manna di Es 16 in Sap 16, 20-29) e/o nel Nuovo Testamento (Gv 6)». PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione, II, 14. 67 (1Gv 1,5); che il mondo si regge su di un principio di luce, un principio di bene e di bellezza, che è da sempre, più antico, più profondo, più originale del male». L’ultima domenica è per l’autore l’occasione di ricordare uno degli attributi di Dio: «L’angelo fa eco all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio innamorato, che nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato con te, dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò. Nessuno è stato con me in tutti i passi che ho compiuto, che ho perduto, che ho ritrovato, Dio solo. E quando Gesù lascerà i suoi, Commento [PC24]: poesia l’ultima parola sarà eco della prima: Io sarò con voi tutti i giorni, fino al consumarsi del tempo, al compiersi dell’incarnazione». Padre Ronchi è abile nel proporre i misteri della fede con un linguaggio moderno e accattivante. Un teologo avrebbe da obiettare sulla precisione delle immagini, ma l’efficacia evocativa del suo linguaggio rende accessibile a molti concetti della fede altrimenti di difficile comprensione. L’autore è attento ad attualizzare continuamente la Parola, a farla diventare vita quotidiana. L’invito rivolto al fedele, a conclusione della prima domenica, è efficace: «Vivere attenti: agli altri, ai loro silenzi, alle loro lacrime e alla profezia; in ascolto dei minimi movimenti che avvengono nella porzione di realtà in cui vivo, e dei grandi sommovimenti della storia. Attento alla Vita che urge, tante volte tradita, ma ogni volta rinata». Commento [PC25]: attualizzazio ne Come il Battista e Isaia, anche il fedele è chiamato a diventare testimone e profeta: «Come Giovanni, io voglio testimoniare un Dio di luce, un Dio solare e felice, che ha fatto risplendere la vita (2 Tm 1,10), ha dato splendore e bellezza all’esistenza, ha immesso e continua a seminare frammenti di sole dentro le vene oscure della storia. Io testimonio non obblighi o divieti, ma il fascino della luce; profeta non della legge ma della grazia, non della verità ma della bontà immensa che penetra l’universo, di un Dio liberatore, che va in cerca dei prigionieri per rimetterli nel sole». Commento [PC26]: attualizzazio ne La figura di Maria, nell’ultima domenica, attualizza e vivifica l’attesa per il Natale ormai imminente: «Con lei come modello, di colpo capiamo che cosa è il Natale: non il ricordo di un fatto storico accaduto in quel tempo, ma l’accoglienza di un fatto che avviene ora: l’incarnazione di un Dio che già Commento [PC27]: esemplarità di Maria germina in me». 68 3.5.2.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità È proprio nel linguaggio comprensibile, accessibile, coinvolgente, diretto, colloquiale il punto di forza di padre Ronchi, che evita termini eccessivamente tecnici. Le frasi brevi, incisive, il ricorso abbondante ad immagini, tengono desta l’attenzione del lettore e, immaginiamo, dell’uditore. L’autore inserisce spesso testi di autori di spiritualità e di autori laici, attirandosi il favore dell’uditorio più sensibile alla cultura contemporanea: «Attendere con tutto me stesso significa desiderare, “attendere è amare” (Simone Weil)». «Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come “il furto dell’anima” nel nostro contesto culturale». «Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce / rumore della vita (Sandro Penna)». Commento [PC28]: citazioni «A Natale Dio entra e l’uomo diventa un “nido di sole” (Turoldo)». Commento [PC29]: attualizzazio ne L’efficacia comunicativa, nella prima domenica, è evidente quando l’autore ricorre ad una metafora forte ed efficace: «Si attende non per una mancanza, ma per una pienezza, una sovrabbondanza. Come fa ogni donna incinta, quando l’attesa non è assenza, ma evento di completezza e di totalità, esperienza amorosa dell’essere uno e dell’essere due al tempo stesso. Il mio Avvento è come di donna «in attesa», quando Commento [PC30]: esempio la segreta esultanza del corpo e del cuore deriva da qualcosa che urge e gonfia come un vento misterioso la vela della vita». L’autore usa frasi ad effetto per tenere desta l’attenzione dell’uditore: «Io no, voglio vivere vigile a tutto ciò che sale dalla terra o scende (…). Vivere attenti è il nome Commento [PC31]: poesia? dell’Avvento». Commento [PC32]: comunicazio ne Similmente ciò si riscontra nell’omelia della terza domenica di Avvento: «Maschere che cadono: io non sono ciò che gli altri credono di me, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la parola; io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di significati che sono da prima di me, che saranno dopo di me». Commentando il fatto che l’annuncio dell’angelo a Maria avviene in casa e non nel Tempio, padre Ronchi usa una bella immagine: 69 «È così bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle Cattedrali, o in giorni speciali, ma soprattutto nella vita comune! Come nella Messa il sublime confina con una tovaglia, un calice e un pane, così nella casa l’immenso si insinua nelle piccole cose finite di ogni giorno». Commento [PC33]: attualizzazio ne catechesi La forza espressiva del suo testo è anche, a nostro parere, il tallone di Achille dell’autore: il rischio di ricorrere ad immagini poco comprensibili, o di esagerare nella ridondanza o di scivolare in un linguaggio criptico è sempre in agguato. Che comprensione può avere un fedele di cultura media di una frase come la seguente? « (…) vegliando su tutti gli avventi del mondo: sulle cose che nascono, sulla notte che finisce, sui Commento [PC34]: poesia? primi passi della luce, custodendo germogli, e la loro musica interiore». Un altro limite dell’autore, a nostro avviso, consiste nella difficile individuazione di uno schema all’interno del suo testo: Padre Ronchi sviluppa una serie di temi a partire da suggestioni, in un susseguirsi di rimandi e di stimoli che rischiano di far perdere il filo del discorso. 70 3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta Come auspicato dai documenti analizzati, nei testi di padre Ronchi si rileva una profonda riflessione sul testo, e una buona padronanza della vita spirituale propria e del fedele. Come egli stesso dichiara con passione in un’intervista: «Mi sento servo, ministro al servizio della Parola: è la passione, è il richiamo, la fonte, la roccia, il nido della mia vita. Annunciare la Parola, scrivere della Parola, tradurla nel linguaggio di oggi sono le pietre miliari del mio cammino quotidiano. I momenti più intensi della mia vita li esperimento quando leggo, ascolto, studio, in silenzio da solo, la Parola di Dio. Quando la lascio arrivare, scavare, incidere. In quei moneti c’è a volte il tocco, il segno della vicinanza dello Spirito, è la porta che si apre più facilmente sull’esperienza di Dio»115. Padre Ronchi è affascinato anche dalla letteratura profana e dalla poesia, che richiama e inserisce nei tuoi testi, manifestando in questa attenzione l’influenza esercitata su di lui dal poeta Turoldo, anch’egli Servita, citato esplicitamente nelle sue riflessioni. 3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive I commenti di padre Ermes Ronchi utilizzano efficacemente il linguaggio contemporaneo con l’esplicito intento di comunicare il mistero di Dio. L’autore non presta molta attenzione al contesto liturgico in cui sono inserite. Le sue omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio che conosce più nell’aspetto di attualizzazione spirituale che nell’aspetto esegetico. Concentrandosi sul rapporto personale fra la Parola e il fedele, è a nostro parere trascurata la dimensione sociale e comunitaria del testo. I testi eucologici non vengono mai invocati, né si attinge in qualche modo ai testi dei Padri della Chiesa. Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce aspetti teologici per la vita concreta del fedele in maniera spesso intuitiva e poco organica. È capace di coinvolgere il lettore e l’uditorio con un linguaggio amichevole e diretto, evocativo e appassionato, dimostrando una grande competenza nella forma della comunicazione. Questa qualità gli è stata recentemente riconosciuta, essendo stato chiamato dalla rete televisiva nazionale «Rai Uno» a sostituire Padre Raniero Cantalamessa nel commento al vangelo domenicale nella trasmissione A sua immagine. 115 Intervista a Ermes Ronchi di Angelo Onger su http://it.wikipedia.org/wiki/Ermes_Maria_Ronchi 71 Le omelie di padre Ronchi sono dunque esemplari per l’attenzione al linguaggio, per l’efficacia comunicativa e per l’esclusivo riferimento alla Parola di Dio. Come abbiamo già avuto modo di affermare in esse emerge però qualche aspetto problematico dovuto innanzitutto all’approssimazione del dato esegetico, ma anche alla totale assenza di riferimento ai testi della Tradizione cristiana. 72 3.5.3 Mons. Antonio Riboldi Le quattro omelie del tempo di Avvento dell’anno «B» a firma di Mons. Antonio Riboldi, pubblicate su diversi siti116 oltre che su qumran2.net, sono state scritte alla fine del 2008. 3.5.3.1 Il piano di lavoro dell’autore Questo è il programma proposto da Mons. Riboldi per le omelie che prenderemo in considerazione: Prima domenica di Avvento Seconda domenica di Avvento Terza domenica di Avvento Quarta domenica di Avvento «Avvento, attesa della grande Gioia» « Giovanni, la voce che grida nel deserto » «Venne un uomo mandato da Dio» « Un sì che diventa la nostra storia » Le quattro omelie sono ben collegate le une alle altre e seguono uno schema definito. Durante la prima domenica l’autore sviluppa il concetto di «attesa» in rapporto con la Storia della salvezza a partire dalla caduta del peccato originale per poi riflettere, nella domenica successiva, sulla necessità della conversione proclamata dal Battista attualizzandola ai nostri giorni. Egli si sofferma quindi sulla figura del precursore tracciandone un interessante parallelismo con la figura di Papa Giovanni XXIII (si veda la terza domenica). Conclude riflettendo sul mistero dell’Annunciazione e sul “sì” che possiamo anche noi offrire a Dio nella quarta. Fra gli autori analizzati, l’autore è l’unico a scrivere l’omelia finalizzandola all’esclusiva lettura: a tal fine egli si preoccupa di citare ampi stralci dei testi biblici in esame, semplificando al massimo la loro fruizione. Il testo scritto conta in media 7000 caratteri e si ipotizza richieda un’esposizione orale di oltre quindici minuti. 116 Troviamo le omelie di Mons. Riboldi su numerosi siti fra cui il portale liturgico www.lachiesa.it. Da poco Mons. Riboldi ha un suo sito, www.antonioriboldi.it con la possibilità di ricevere le sue omelie in formato digitale per e-mail. 73 3.5.3.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia Analizziamo ora a titolo esemplificativo, dal punto di vista letterario e tematico, l’omelia della prima domenica di avvento.117 Come rilevato sopra, l’omileta organizza l’esposizione secondo lo schema indicato: introduzione, corpus, conclusioni. L’autore esordisce ponendo una domanda retorica: «Come non vedere nell’Avvento il tempo dell'attesa del più grande evento nella nostra storia di Uomini, ossia Dio che torna tra noi?». L’omileta presenta il Natale come l’evento di Dio che torna fra noi, dopo il suo rifiuto da parte dei progenitori. Il ritorno di Dio è frutto del suo amore per noi, della sua costanza, della sua fedeltà. L’autore chiude questa introduzione ponendosi un’ulteriore domanda: «Come prepararci a questo ritorno?». A partire dal profeta Isaia e dalla sua accorata preghiera, l’omileta invita i lettori a far crescere il desiderio e l’invocazione di Dio in loro stessi. Molti dei suoi lettori hanno manifestato il desiderio di una più profonda vita interiore e il prelato professa la sua fede: solo Dio può colmare il nostro cuore. L’autore, infine, propone un cammino di preparazione al Natale: invita i suoi lettori a coltivare la vita di preghiera, a curare la meditazione della Parola e ad aprirsi alla carità. Un’invocazione a Maria conclude la lunga e articolata riflessione. Lo schema riassuntivo ci pare essere, quindi: Introduzione: avvento è Dio che torna fra noi dopo la caduta del peccato originale, come prepararsi? Corpo: Isaia innalza un’accorata preghiera per la venuta di Dio; molte delle persone incontrate dall’autore manifestano lo stesso desiderio di salvezza; Dio solo colma la nostra invocazione; come vivere questo tempo di attesa? Conclusione: La preghiera, la meditazione della Parola, la carità Preghiera a Maria 117 Appendice,107. 74 3.5.3.1.2 Analisi critica del testo L’autore sviluppa in maniera articolata il suo ragionamento: l’avvento è preparasi ad accogliere il ritorno di Dio. Ogni uomo, come Isaia, sperimenta la sua assenza e innalza la sua preghiera, consapevole del fatto che Dio solo colma il nostro desiderio di pienezza. Per coltivare questo desiderio occorre vivere nella preghiera, meditando la Parola, condividendo il necessario con i fratelli bisognosi. Maria ci aiuta in questo compito. L’attualizzazione si coglie in particolare nell’invocazione di Isaia che diventa il modello della ricerca di ogni uomo che cerca un senso alla sua vita. Per quanto concerne i contenuti, Mons. Riboldi sviluppa temi teologici (la redenzione), biblici (l’invocazione e l’attesa di salvezza), e di vita spirituale (la preghiera, la meditazione, la carità). Il testo appare molto articolato, inframmezzato da numerosi aneddoti e citazioni, ma non manca di un suo sviluppo logico e consequenziale. Proseguiamo la nostra analisi proponendo una lettura sintetica e trasversale dell’insieme delle omelie a partire dalla griglia di valutazione proposta più sopra. 3.5.3.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. L’autore è molto attento ad inserire nel contesto liturgico ogni omelia. Sia la spiegazione del significato dell’Avvento che l’orientamento dello stesso verso il Natale sono reiterati ed opportuni: proprio a questo proposito egli propone numerosi collegamenti fra le letture. Durante il commento alla prima domenica, dopo una lunga introduzione riguardante la Storia della salvezza, Mons. Riboldi scrive: «La Chiesa, oggi, dedica questo tempo, l’Avvento, perché tutti possiamo preparare la nostra grotta, per ricevere Dio che viene a noi nell'umiltà del presepio, che è l'espressione della Sua grande discrezione e delicatezza, come è la natura dell'Amore»; poi conclude: «Per questo l'Avvento è davvero il tempo di metterci alla prova, per vedere se davvero in noi c'è il sincero desiderio che Dio si faccia strada, Che venga e, quindi, ci apra alla gioia del Natale, che è Lui con noi, pronto a condividere gioie e speranze, sofferenze e ansietà». 75 Nella seconda domenica l’autore dichiara: «Non ci resta, carissimi, che vivere questo tempo dì Avvento, mettendo alle spalle una vita che non è attendere con gioia Dio che viene. Non facciamoci illudere dalle tante vanità che in questo tempo il mercato propone, chiamandole ‘Natale’, quando è solo ‘consumismo’». Commento [PC35]: natale Mons. Riboldi è molto attento a recuperare l’autentico senso liturgico e teologico del Natale, contrastando la visione imperante che non esita a descrivere con durezza. Nella terza domenica egli ammonisce: «Per chi Natale è solo un'occasione di doni, è la fragile gioia di fare contenti per un momento coloro che amiamo, per chi è solo consumo, diventa un frenetico scambio di auguri, in tutti i modi. Come se tutti volessero farci ricordare che 'ci siamo', almeno per un giorno! Ma per noi la gioia viene da altra Commento [PC36]: Natale sorgente, che è vera Gioia: la venuta tra dì noi di Dio, nato a Betlemme». L’autore rilegge l’attesa del Natale come atteggiamento basilare e costitutivo di ogni uomo che cerca il senso della vita: «Che il Santo Natale abbia avuto - ed abbia - un fascino unico nel cuore di tanti è innegabile. In questi giorni, poi, che ci accostiamo alla Solennità, questo fascino diventa l'aria di una grande attesa di speranza, di 'nuovo’, che ha le sue radici nel cuore dell'uomo, sempre che questi appartenga 'agli uomini di buona volontà'. E' un'attesa coltivata da secoli e mai scomparsa, che dovrebbe essere consapevole e vigile nella nostra esperienza quotidiana, perché la nostra vita e quella di tutti sia migliore in ogni senso». Mons. Riboldi orienta interamente la sua riflessione intorno al tempo liturgico, anzi: anticipa la riflessione sul Natale cui ci si sta preparando. 3.5.3.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia L’autore trae la sua omelia principalmente dalla Parola di Dio del giorno, citandone interi passi sia dal Vangelo che dalle altre letture. Il collegamento è ben centrato e, pur non avventurandosi in spiegazioni esegetiche o in contestualizzazioni, la lettura del testo è gradevole e i riferimenti opportuni. Così, a titolo di esempio, durante la prima domenica, l’autore parte dalla constatazione della condizione fragile dell’uomo come conseguenza del peccato originale per introdurre l’invocazione del profeta Isaia nella prima lettura: 76 «Vorrei facessimo nostra, in questo tempo di Avvento, la preghiera del profeta Isaia (…) L'implorazione del Profeta non si adatta forse a tanti del nostro oggi? Così come la sua accorata preghiera, perché Dio torni tra noi, non è forse il desiderio di tanti, a cominciare da noi? ». Durante la terza domenica incentrata sul tema della gioia, l’autore così introduce la seconda lettura: «E la Chiesa, oggi, come a confermare la riscoperta della Gioia annunciata dal profeta Isaia, con la Lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi, annuncia: “Fratelli, siate sempre lieti (…)”». Nel contesto della prima domenica giunge perfino ad una rilettura in chiave cristologica del Salmo responsoriale: «Vorrei pregare in questo tempo Gesù, con le parole del Salmo 79: ”Dio degli eserciti, ritorna!” (…)». Come abbiamo visto nella prima parte dell’introduzione del nostro studio, le fonti cui l’omileta attinge per la sua riflessione sono la Parola di Dio, i testi eucologici e i testi della Tradizione. Mons. Riboldi è molto attento a quest’ultimo aspetto, riprendendo ampiamente alcuni brani del recente Magistero papale riguardanti il senso del Natale. Così, nella seconda domenica di avvento, parlando del desiderio e dell’attesa di salvezza dell’uomo, egli cita un lungo stralcio dell’omelia tenuta da Benedetto XVI nel Natale del 2006, chiedendosi con lui se ci sia ancora bisogno di un Salvatore: 118 «“Ma è ancora necessario un Salvatore - affermava Benedetto XVI, nel Natale del 2006 - per l’uomo del terzo millennio? Per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l’Universo? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva che naviga nell’oceano virtuale di Internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta come sicuro e autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi, quest'uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non è. (…) A Natale, proprio in questo che si definisce 'oggi', Cristo viene tra la sua gente e a chi Lo accoglie dà il potere di diventare figli di Dio, di condividere la gioia dell'Amore. Gesù, il Salvatore, sa che noi abbiamo bisogno di Lui. Ed è proprio nell'intimo dell'uomo, che la Bibbia chiama 'cuore', che egli ha bisogno di essere salvato”». Durante l’omelia dell’ultima domenica, commentando l’annunciazione a Maria, l’autore cita un testo di papa Paolo VI: «“Pensiamo per un momento - affermava Paolo VI - all'avvenimento prodigioso che l'annunciazione ci ricorda. Ci ricorda l’entrata nuova, soprannaturale, personale, di Dio nel mondo delle sue creature, 118 L’autore non offre ulteriori precisazioni. Avendo trovato il testo della Messa della notte di Natale dello stesso giorno (http://www.ratzingerbenedettoxvi.com/nottesanta.htm) e non avendo trovato riscontri della citazione, presumiamo che si tratti l’omelia della Messa del giorno di Natale del 25 dicembre 2006. 77 Commento [PC37]: Papa anzi nella nostra terra, nella nostra storia, nella nostra natura umana. È la festa del’Incarnazione; è la prima, la più profonda, la più ineffabile festa del poema cristiano. È la festa del più miracoloso avvenimento che sia mai accaduto nel corso dei secoli. Pensiamo: il Verbo di Dio, Dio Lui stesso, in virtù dello Spirito Santo, l’Amore infinito calato sopra la più innocente figlia di questa terra, viene a vivere da uomo, come uno di noi (esclusa la nostra condizione radicale di peccatori), fondendo in sé con la sua natura divina la nostra natura umana; assume la nostra carne, la nostra forma di vita, la nostra sorte. (…) Lasciamo che l’esempio di Maria tracci a noi la lezione di cui abbiamo maggiormente bisogno, perché Dio si incarni nella nostra vita, perché la sua volontà, che ha nei cieli il suo regno, sì realizzi qui in terra, nel regno sconvolto dalla nostra voglia di libertà, nella volontà, perché possiamo essere davvero seguaci di Cristo e fruire della sua salvezza"».119 Un appunto critico che ci sembra di poter fare sull’uso della Parola di Dio riguarda una certa sua forzatura nell’interpretazione esegetica del testo, così come ci è dato di cogliere nell’omelia della terza domenica al punto in cui l’autore parlando di uomini che portano la speranza, si dilunga sulla figura di Papa Giovanni XXIII e del grande sgomento che tutti hanno provato nel momento in cui hanno seguito le ultime ore di vita del Santo Padre: «Volendolo ancora vicino, come non dovesse conoscere la morte, ma consapevoli che ormai Dio lo voleva vicino a Sé, come il buon servo fedele, che aveva testimoniato la Luce, in coro ci siamo detti: “Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone della Luce”». L’interpretazione del testo biblico commentato è poco corretta, anche se affascinante: il Giovanni mandato da Dio è, nell’intenzione del testo evangelico, il Battista, ma si coglie nell’autore la volontà di attualizzare la Parola e di mostrare come la stessa possa essere ancora vissuta da uomini contemporanei come Papa Giovanni, con grande efficacia. 3.5.3.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia L’autore sviluppa numerosi aspetti del mistero della fede nell’omelia, dimostrando non solo una buona formazione teologica, ma anche un’ottima esperienza pastorale che lascia trasparire nei consigli concreti per la vita cristiana. 119 Paolo VI, 25 marzo 1961. 78 All’inizio del percorso di avvento, egli si preoccupa, in maniera originale, di situare la preparazione al Natale nel grande disegno di salvezza che Dio ha sull’uomo: «I nostri progenitori, tentati da satana, avevano preferito il proprio orgoglio all'amore immenso del Padre, che ci aveva creati e fatto dono della vita, per la sola ragione di essere partecipi della sua felicità eterna. Gli abbiamo detto NO. E ci siamo trovati 'nudi'. Risuonano sempre alle orecchie le amare parole del Padre tradito, che ci cerca: 'Uomo dove sei?'. 'Mi sono nascosto perché sono nudo'. E da allora è iniziata la profonda e dolorosa nudità, che tante volte ci accompagna e sentiamo interiormente. In fondo, la terribile realtà storica dell'umanità è questa nudità, ossia l'assenza dell'amore di Dio, che è la sola ragione della nostra esistenza, anzi, la sola vita possibile. Ma Dio, che è Amore, che è per noi il Padre di cui non possiamo fare a meno, dopo una lunga attesa, che ha accompagnato il popolo eletto, nel Vecchio Testamento, come 'a preparare la Sua Via', torna tra noi, uomo tra uomini, per riportarci a casa». Facendo tesoro della tradizione cristiana che invita i fedeli a vivere i tempi liturgici forti, con maggiore attenzione alla preghiera, alla meditazione della Parola di Dio e all’esercizio dell’elemosina120, Mons. Riboldi esorta i suoi lettori: «E un modo di ‘vegliare’, cioè attendere la venuta di Gesù a Natale, è quello di affidarsi alla preghiera, alla lettura Commento [PC38]: vita cristiana della Parola, alla carità verso chi non ha». Commentando il vangelo dell’annunciazione, egli trova il modo di invitare i fedeli a riprendere la preghiera dell’Angelus, scandita dal rintocco delle campane: «C’è una preghiera che segna il nostro tempo, giorno per giorno, richiamando il grande evento dell'Annunciazione. Nelle nostre Chiese, l’evento che meditiamo oggi, ci viene ricordato con l’Angelus, scandito dalle campane, ogni giorno, al mattino, a pranzo e a sera. Un evento che ci ricorda lo stupore dell’Annunciazione. Nelle nostre famiglie, un tempo, e forse anche oggi, in tanti si risponde al suono delle campane, con la tradizionale preghiera, che è il racconto dei racconti, l’Angelus, appunto: “L’Angelo del Signore portò l'annunzio a Maria ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la Tua Parola. E il Verbo di Dio si è fatto carne ed abitò tra noi. Prega per noi santa Madre di Dio, perché siamo fatti degni delle promesse di Cristo”. Una preghiera quotidiana, che è l’orologio della salvezza e ci ricorda il Natale di Gesù. ogni giorno. Tre volte al giorno. I passi di Maria, che accompagnano i nostri passi, o così dovrebbe essere». 120 Così nel Messaggio per la Quaresima del 2009 di Papa Benedetto XVI: «All’inizio della Quaresima, che costituisce un cammino di più intenso allenamento spirituale, la Liturgia ci ripropone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica e cristiana – la preghiera, l’elemosina, il digiuno – per disporci a celebrare meglio la Pasqua e a fare così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale, “sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace” (Preconio pasquale)». http://tuespetrus.wordpress.com/2009/02/03/messaggio-del-santo-padre-per-la-quaresima-2009/ 79 Mons. Riboldi, con grande garbo, applica la Parola alla vita quotidiana, proponendo gesti concreti di conversione, di cambiamento morale, attualizzando con efficacia le indicazioni del tempo liturgico: «Da una parte si fa professione di onestà e giustizia, di amore, tanto da sembrare tutti appartenenti ad un 'regno di perfetti', che non hanno bisogno di correzione, sicuri dì essere sulla buona via - di cui parla Isaia - per cui si è convinti di non avere bisogno di cambiamenti di rotta; ma dall’altra parte siamo come circondati ed immersi in atteggiamenti, modi di pensare e di vivere, diversi con quanto a parole professiamo. Al punto che a volte si irride - o noi stessi irridiamo - ciò che è onesto - come se l’onestà appartenesse ad una civiltà, che adotta regole diverse e contrarie! Si fanno elogi alla fedeltà nell’amore, come un principio irrinunciabile, poi si accetta, come fosse una necessità, anzi come una “giusta realizzazione della propria felicità”, avere un’amante, considerata come segno di libertà e non come ingiustizia grave». 3.5.3.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità L’omileta è estremamente efficace nella sua comunicazione: pur non manifestando la competenza biblica di Mons. Paglia, o la forza evocativa di padre Ronchi, sa essere ascoltato per la grande passione e per il coinvolgimento personale che mette nei suoi scritti. Egli usa aneddoti personali, si rivolge direttamente alle persone che lo stanno leggendo coinvolgendole, esprime sentimenti ed emozioni. Il suo è un linguaggio che esprime vicinanza e calore. Sin dalla prima domenica, parlando del bisogno di senso dell’uomo, cita un aneddoto che lo ha coinvolto: «Dopo una conferenza tenuta in una città sul tema: 'Abbiamo bisogno di Dio', accolta da un incredibile silenzio, soprattutto dei giovani, per la passione che ci avevo messo, mi scrisse una ragazza: “Che incredibile esperienza mi è toccata di vivere quella sera. Sono una di quelle che ha sempre cercato di non pensare a Dio, come non fosse necessario per la mia vita. O meglio lo avrei cercato in qualche libro, qualora i libri potessero darci quello Che non hanno. Ma quella sera, il singhiozzo delle sue parole, che esprimevano da sole, quanto lei voglia bene al Padre, ha fatto sì che Dio mi si è fatto vicino. Direi che più che le parole, quella sera, ci fu qualcosa di diverso, come una luce che si fa strada nel buio dell'anima. Ora mi resta solo di vivere di Lui. È semplicemente la Gioia che cercavo”». Allo stesso modo esprime con accenti vibranti la sua ammirazione verso Papa Giovanni XXIII, manifestando il suo dolore e la sua commozione: 80 «La sera dell’11 ottobre, all’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quando parlando a braccio dalla finestra, che dava sulla Piazza di S. Pietro, aveva mandato una carezza ai bambini e ai malati – ‘la carezza del Papa’ - si era avuta la sensazione che tutto il mondo fosse accarezzato da Dio stesso, tanta era la inaspettata gioia che quelle parole avevano dato. Allora, come la sera della sua morte, piansi: un pianto che poteva stare bene anche in Paradiso, e mi dissi: ‘Se un uomo è capace di tanto amore, cosa mai sarà il sorriso, la bontà e la carezza di Dio’. Il Paradiso, in entrambe le sere, mi sembrò più vicino. Giovanni XXIII aveva il dono, tramite la sua bontà, di farci nascere il desiderio di Commento [PC39]: Propria esperienza essere migliori, la nostalgia del Cielo». Mons. Riboldi crea una benefica complicità col suo lettore, lo coinvolge continuamente, come se lo avesse di fronte, usa il “noi” con abbondanza, esprime i suoi sentimenti nei confronti del lettore: «È un dialogo spirituale, il nostro, sorretto dalla fiducia e da una incredibile amicizia. Sono tanti anni Commento [PC40]: idem che dialogo con ciascuno di voi, proponendo la Parola del Padre ed ogni volta, per tanti, si rinnova l'impressione, che è “lieta novella” ciò che Dio dice e mostra le tante menzogne del mondo, che rischiano di farci perdere la strada». «Cerco ogni settimana di proporvi l’amore con cui Dio avvolge i nostri momenti, e cerca di far luce sulla storia di ciascuno di noi e dell'umanità intera». «Sappiamo tutti di vivere una vita difficile, che, per molti, è davvero “avvento”, ossia attesa del Cielo, Commento [PC41]: friendly o, forse, solo della morte, e ci piange il cuore». Questo linguaggio crea vicinanza e identificazione nel lettore e, soprattutto, ci giunge con grande verità. L’autore è attento anche a citare autori contemporanei. L’abbondanza delle citazioni rischia di frammentare il discorso ma, nel contempo, gli danno spessore. Due volte Mons. Riboldi cita un grande vescovo del sud, Mons. Tonino Bello: «“Santa Maria – pregò don Tonino Bello – donna del silenzio, riportaci alle sorgenti della pace. Commento [PC42]: Parola Liberaci dall'assedio delle parole: dalle nostre, prima di tutto, ma anche da quelle degli altri. Persuadici che solo nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la conversione, l’amore, il sacrificio, la morte. Liberaci, ti preghiamo dagli appagamenti facili, dai rapporti comodi. Apri il nostro cuore alle sofferenze dei fratelli. E perché possiamo essere pronti ad intuirne la necessità donaci occhi gonfi di tenerezza e di speranza”». «Con Mons.Tonino Bello offro questa preghiera: “Ti chiedo, Signore, di far provare a questa gente ebbrezza di vivere insieme. Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda. Falle sentire che per crescere insieme, non basta tirar fuori dall'armadio i ricordi del passato, ricordi splendidi e 81 Commento [PC43]: Parola festosi, ma occorre spalancare la finestra sul futuro, osando insieme, sacrificandosi insieme. Da soli non si cammina più. Fa’ che il suo Natale sia una danza di giovinezza, concerti di campane, una liberazione di speranze prigioniere, il disseppellimento di attese comuni a volte interrate nelle caverne dell'anima”». Commento [PC44]: Autori contemporanei E, alla fine della terza domenica, propone un brano di Paul Claudel: «“Vieni con me, dove io sono, in te stesso: ti darò la chiave dell'esistenza. Là dove sono io, là eternamente è il segreto della tua origine. Invano ti dibatti, non ti difenderai eternamente contro la mia pace. Lo senti o no che io sono qui, il commensale che aspettavi? Il mio riposo è abbastanza per te? Che dice questo tuo povero cuore? Se tu non fossi mio figlio, io non sarei qui oggi. Quel Padre a cui il figlio prodigo getta le braccia attorno al collo. Per non preferirmi, bisognava che tu non mi avessi conosciuto. Come può morire colui che ho ammesso fino al mio essere? Dove sono le tue mani che non siano le mie? E i tuoi piedi che non siano confitti nella stessa croce? Dov'è il tuo “io” che non mi ascolti? Noi siamo vicinissimi l’uno all’altro e ci diventa più difficile essere altrove. Come fare per separarmi da te, senza che tu mi strappi il cuore?”». I testi di Mons. Riboldi sono comunicativamente gradevoli ed efficaci. L’uso abbondante di citazioni (bibliche, magisteriali, di autori contemporanei) rischia però di frammentare il discorso che sembra carente nel suo sviluppo schematico. 3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta Mons. Riboldi prepara accuratamente i testi delle sue omelie: lo testimoniano le abbondanti citazioni tratte dalla Parola di Dio del giorno, la ricerca di documenti magisteriali appropriati, l’inserimento di brani di autori contemporanei. Anche la propria esperienza pastorale contribuisce al commento delle letture domenicali: facendo memoria del proprio ministero, infatti, l’autore riesce ad inserire aneddoti personali efficaci. L’assenza di approfondimenti o di contestualizzazione dei testi biblici proclamati potrebbe essere il sintomo di una non particolare cura dell’aspetto esegetico ovvero di una padronanza del testo che permette all’autore di attualizzare il testo senza dilungarsi troppo nella contestualizzazione dello stesso. 82 Commento [PC45]: Parola 3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive I commenti di Mons. Antonio Riboldi usano un linguaggio diretto e coinvolgente, in cui l’autore manifesta emozioni e ricordi personali al fine di condividere le proprie riflessioni col lettore. Le sue riflessioni sono ben inserite nel contesto liturgico e richiamano continuamente l’obiettivo del percorso di avvento: la celebrazione di un Natale autentico e di conversione. Le sue omelie attingono principalmente dalla Parola di Dio anche se non se ne approfondisce particolarmente l’aspetto esegetico. Pur trascurando i testi eucologici, l’autore si premura di attingere al Magistero ordinario, citando le riflessioni dei pontefici. Partendo dai testi domenicali l’autore approfondisce aspetti teologici del mistero cristiano (il senso della vita, la Storia della salvezza, l’attesa), offre precise indicazioni per la vita concreta del fedele (meditazione della Parola, preghiera, elemosina), propone indicazioni per la vita spirituale (la preghiera dell’Angelus, il proposito di vivere un Natale lontano dal consumismo dilagante) e per la vita morale (la coerenza ai valori evangelici, superando la contraddizione del nostro tempo). È capace di coinvolgere con un linguaggio amichevole e diretto, evocativo e appassionato il lettore, raccontando ricordi personali, manifestando emozioni che creano vicinanza. Da sottolineare, a margine, la sua grande energia: nonostante l’età (87 anni), continua la sua opera di evangelizzazione attraverso i nuovi media con valore. Le omelie di Mons. Riboldi sono esemplari per l’attenzione al linguaggio e l’efficacia comunicativa, per il calore e la passione che riescono a trasmettere. 83 4. Considerazioni generali conclusive Alla fine della nostra ricerca, proviamo ad elaborare alcune considerazioni riguardanti le omelie sinora analizzate e a trarre alcune conclusioni. 4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato La scelta degli autori delle omelie considerate nella nostra ricerca è caduta su tre omileti con una buona formazione teologica e biblica, con incarichi di rilievo all’interno della Chiesa, con una buona capacità comunicativa e di utilizzo dei media, autori abituati a scrivere e a farsi leggere. Il fatto che le loro omelie risultino fra le più lette e scaricate in Internet evidenzia l’apprezzamento dei loro scritti da parte dei fruitori della rete. Per l’insieme di queste ragioni, come auspicato più sopra, l’analisi delle omelie redatte dagli stessi a partire dai criteri elaborati nella prima parte del nostro studio ha dato risultati positivi, pur lasciando intravvedere qualche ombra. Gli omileti in oggetto hanno complessivamente una buona padronanza dei contenuti delle letture, li sanno inserire nel contesto liturgico, li usano per approfondire i misteri della fede per la vita cristiana e lo fanno utilizzando una comunicazione efficace. Così dovrebbe essere per ogni omileta, ed invece, troppo spesso, ascoltiamo o leggiamo omelie fuori contesto, affatto centrate sulla Parola, prolisse e insignificanti. È interessante notare come, nello specifico, ognuno degli autori analizzati risulti maggiormente competente in un aspetto della preparazione omiletica rispetto ad un altro. Di Mons. Paglia abbiamo sottolineato la competenza biblica, la sua capacità di organizzare il discorso a partire dai testi inseriti nel contesto liturgico, la semplicità con cui sa trattare temi complessi. Il suo limite consiste forse nel non citare mai esempi tratti dalla propria vita o dalla propria ricca esperienza pastorale. Di padre Ronchi abbiamo notato la convincente capacità comunicativa: egli usa frasi brevi, ad effetto, immagini evocative; la sua capacità di cogliere nel testo biblico alcune sfumature e alcuni particolari inusuali gli permettono di ampliare il discorso e di attualizzare la Parola. Non sempre, però, queste attualizzazioni attingono ad una corretta esegesi biblica che deve soggiacere ad ogni interpretazione spirituale. Padre Ronchi, a nostro parere, è 84 anche carente nel collegamento del proprio discorso al tempo liturgico e anch’egli manca di riferimenti personali. Riferimenti personali che, invece, abbondano in Mons. Riboldi. Il suo linguaggio diretto, colloquiale, pieno di aneddoti personali, che esprime e suscita emozione, riesce a veicolare i contenuti della fede desunti dalla Parola meditata. Agli approfondimenti biblici e alle sottigliezze comunicative l’autore supplisce con una passione che emerge in ogni scritto. Il rischio, secondo noi, è che l’abbondanza delle citazioni e degli esempi allunghino eccessivamente il testo e lo rendano talora farraginoso. Gli autori preparano le proprie omelie e, pur avendo tutti dei margini di miglioramento, sono molto attenti all’uditorio. Il livello delle omelie dei tre autori analizzati è mediamente di buona qualità. Il fatto di scrivere il testo dell’omelia obbliga l’autore ad avere uno schema, anche minimo, a sfogliare qualche commentario biblico, ad avere sott’occhio il Messale e il Lezionario, a prendere spunto da qualche altra omelia consultata. Gli autori analizzati, pubblicando le proprie riflessioni, implicitamente invitano gli omileti a prendere molto sul serio il ministero che svolgono. Vogliamo, volgendo al termine del nostro breve saggio, fermare la nostra attenzione su un ultimo aspetto. Le omelie che abbiamo analizzato sono scaricabili da internet, nuova frontiera dell’evangelizzazione. Come ogni strumento, anche la fruizione delle omelie offre delle opportunità nuove e suscita dei problemi che vogliamo analizzare. 4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi da mediare e incarnare Chi utilizza le omelie presenti su internet? Non ci è dato di saperlo con precisione ma è ipotizzabile che si tratti di due tipologie di lettori: coloro che utilizzano il testo per scopi pastorali, per trovare spunti di riflessione, idee, citazioni da riprendere sia in un’omelia che in una catechesi o una condivisione (sacerdoti, diaconi, catechisti, animatori di gruppi giovanili, coppie guida); coloro che vogliono approfondire la conoscenza del Vangelo domenicale o per desiderio di un maggiore nutrimento spirituale, o perché insoddisfatti 85 dell’omelia domenicale cui assistono, o perché non partecipano alla messa domenicale ma desiderano conoscere e meditare la Parola di Dio. 4.2.1 I fruitori per fini pastorali Rispetto alla prima categoria di persone, coloro cioè che utilizzano le omelie in internet per fini pastorali, occorre sottolineare, nel caso dei sacerdoti e dei diaconi, che il web offre la possibilità di cercare materiale diverso, rintracciabile con un certa facilità e ormai organizzato per temi su diversi siti. Rispetto ai tradizionali sussidi cartacei, che mantengono la loro validità, le omelie su internet offrono maggiore varietà di scelta e sono molto più accessibili.121 Probabilmente, come accade per la popolazione in generale, sono soprattutto i giovani adulti ad avere maggiore dimestichezza con internet, quindi, nello specifico, i giovani sacerdoti.122 Un’interessante ricerca mondiale sull’uso di internet da parte di sacerdoti della Chiesa Cattolica123 avvalora questo dato: anche se il campione è poco significativo (1,7% sul totale dei sacerdoti cattolici presenti in Italia) il 49,5% dei sacerdoti in Italia che hanno risposto al questionario telematico cerca materiale online per preparare le proprie omelie almeno una volta alla settimana, di questi, il 9,2% lo fa tutti i giorni. Il 35,2% lo fa occasionalmente (una volta al mese o qualche volta all’anno). Solo il 15,3% dichiara di non farlo mai. Sull’utilità della rete per la preparazione delle omelie, il 36,6% ritiene che internet sia utile o molto utile per farlo, mentre il 13,2% ritiene che non sia affatto utile. In attesa di avere un’indagine che coinvolga un maggior numero di sacerdoti italiani, resta il fatto che il fenomeno è sufficientemente interessante per individuare i problemi che l’uso delle omelie dal web suscita. Così come per i sussidi omiletici cartacei, le omelie dovrebbero essere utilizzate dagli 121 Non potendo distinguere chi usa le omelie in internet per preparare la propria omelia da chi vi accede per interesse personale è difficile fare confronti. Un solo esempio, però, ci aiuta a capire la larga diffusione delle omelie in internet: il conosciuto sussidio omiletico «Temi di predicazione» dei frati domenicani vanta circa 8000 abbonati. I soli tre autori considerati nel nostro studio sono letti, mediamente, da oltre 4800 lettori ogni domenica (Fonti: Editrice Domenicana srl, Napoli; qumran2.net). 122 In Italia nel 2008 il 42% delle famiglie possedeva una connessione a Internet. In quell’anno, sulla totalità degli adulti che dichiarava di avere usato Internet almeno una volta negli ultimi 12 mesi, l’87% era della fascia di età dai 20 ai 55 anni. Fonte: www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20090227_00/ 123 PICTURE – Priests’ ICT Use in their Religious Experience studia l’uso che i sacerdoti della Chiesa Cattolica nel mondo fanno delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), e di internet in particolare. La ricerca è stata condotta dai laboratori NewMinE – New Media in Education – e webatelier.net dell’Università della Svizzera italiana (Lugano), in collaborazione con la Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce (Roma), e gode del supporto della Congregazione per il Clero. http://www.pictureproject.info/#it 86 omileti solo come spunto e fonte di ispirazione per la propria meditazione personale. Il fatto di avere in mano una sintesi qualificata di un autore che si suppone preparato dovrebbe essere solo il punto di partenza per l’elaborazione di una propria riflessione che attinga, oltre al contesto liturgico, all’esegesi biblica e alle tecniche per una comunicazione efficace, al proprio vissuto e alla propria esperienza, avendo sempre davanti agli occhi le esigenze della comunità cui ci si rivolge. Ma chi garantisce che l’omelia scaricata da internet sia qualificata? Come abbiamo visto nel nostro studio, anche autori di grande spessore e competenza possono incorrere in errori e semplificazioni. Tanto più nel variegato mondo di internet in cui chiunque può pubblicare le proprie idee, è opportuno attivare dei canali di verifica sul valore di un’omelia. Così come un editore qualificato seleziona i propri collaboratori, fornendo al lettore una garanzia di competenza e serietà, anche i portali che raccolgono i contributi di sempre più numerosi sacerdoti e laici dovranno, prima o poi, effettuare una selezione dei testi proposti ed elaborare, perciò, una griglia di criteri attraverso cui selezionare le omelie 124. La risoluzione di questo problema dovrebbe incentivare l’approfondimento dello studio dei criteri per la stesura di un’omelia, suscitando un interessante dibattito fra gli studiosi di teologia pastorale. Un secondo problema, più generale, deriva dall’uso scorretto delle omelie da parte dei sacerdoti. Se la riflessione preparata da un omileta e condivisa via internet può fornire interessanti spunti a partire dal testo biblico, è ovvio che solo il celebrante conosce, o dovrebbe conoscere, chi ha davanti. Un’omelia scritta da un altro, per quanto competente, non può che essere generica o riferirsi ad un contesto antropologico ed ecclesiale specifico. È compito dell’omileta, perciò, mediare e declinare quegli spunti di riflessione per la comunità cui presta servizio. Lo sforzo di incarnare la riflessione è e resta gravoso compito del pastore d’anime che sa ciò di cui i propri fedeli hanno necessità, conoscendo la vita quotidiana del proprio popolo e le vicende che aspettano di essere illuminate dalla Parola di Dio. È perciò inconcepibile che un pastore d’anime abdichi a questo compito fondamentale, leggendo il testo preparato da un altro, fosse anche il più conosciuto e preparato omileta d’Italia, senza compiere lo sforzo di interiorizzare e rielaborare la riflessione perché la propria comunità riceva il nutrimento di cui necessita. Il fatto di poter accedere con facilità a omelie già redatte, rischia di ingenerare una 124 È il problema che, ad esempio, si stanno ponendo i siti qumran2.net e lachiesa.it, visto l’aumento esponenziale di persone che chiedono di vedere pubblicate le proprie riflessioni al Vangelo. 87 logica di delega da parte dei sacerdoti sempre più presi dagli impegni di vita pastorale, 125 trascurando il fatto che la meditazione della Parola è un impegno fondamentale per mantenere una buona vita spirituale. Dovendo fronteggiare molti impegni, si riduce lo spazio per la preghiera personale e la meditazione della Parola di Dio. Uno strumento potenzialmente positivo come le omelie in internet rischia di diventare una scorciatoia per assolvere un’incombenza necessaria, quella della predicazione domenicale. 4.2.2 I fruitori per fini personali Per quanto concerne la seconda categoria di fruitori, coloro che accedono alle omelie in internet per formazione e interesse personale, possiamo fare alcune considerazioni. In un mondo secolarizzato in cui il messaggio del Vangelo deve farsi strada fra mille messaggi, la possibilità, per chi è in cerca di fede, di potere leggere direttamente da casa la Parola di Dio e la sua interpretazione è senz’altro un bene. Chi è presente in internet con un blog o chi frequenta i social network sa che, protetti dall’anonimato, molti colgono l’occasione per interrogarsi sulla fede. Stiamo assistendo ad una sorta di evangelizzazione telematica che è solo il primo ma insufficiente passo per la riscoperta della fede cristiana. Fino a quando un’omelia su internet avvicina il navigatore curioso al mondo della fede o integra il cammino di fede del credente va bene, ma se il mondo virtuale sostituisce l’indispensabile esperienza di appartenere ad una comunità concreta e con essa di celebrare la presenza del Risorto nell’eucarestia festiva, il cammino di fede resta solo abbozzato. Il passaggio dalla curiosità alla comunità è la grande sfida del futuro dell’evangelizzazione in rete.126 125 Il calo dei sacerdoti e il permanere dell’organizzazione ecclesiale tradizionale sul territorio sta ingenerando un profondo logoramento nel clero, specialmente in quello giovane. I risultati di un’indagine condotta dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto sono preoccupanti: «Siamo di fronte ad un passaggio epocale che mette a dura prova la tenuta dei sacerdoti, consapevoli di una condizione più sfavorevole rispetto al passato (…) Nasce una crescente insoddisfazione da parte dei sacerdoti più sensibili, stretti fra le maglie di un sistema organizzativo rigido, di cui riconoscono i limiti e che allo stesso tempo non possono intaccare», CASTEGNARO, A., Preti del Nordest. Condizioni di vita e problemi di pastorale, Marcianum Press, Venezia, 2006, 26. 126 Così afferma Mons. Domenico Pompili, Sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e Direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, durante il convegno Testimoni digitali: «Nel marketing il destinatario è soltanto un target, ossia un bersaglio: ben altro è evidentemente quello che si richiede dalla nostra comunicazione, che deve essere giocata per un verso sull’ascolto e per l’altro sulla trasparenza. Essa non può prescindere nemmeno da un radicamento sul territorio, che è la parete mancante della Rete, mentre è invece uno dei principali motivi di forza della nostra Chiesa. È a partire da questa concretezza relazionale e da questo intreccio di vite e di storie che si può pensare a un’azione comunicativa capace di costruire unità, anziché a singoli, sporadici interventi, inefficaci sul piano dell’incidenza. Infine, credibilità è rispondere degli effetti dell’agire comunicativo, cioè interrogarsi su quello che accade e su quello che produce la nostra comunicazione. Il che significa non solo pianificare, ma anche verificare; non soltanto progettare a tavolino 88 Coloro che, pur appartenendo ad una comunità cristiana, avvertono l’esigenza di approfondire la propria conoscenza della Parola, segnalano così facendo una doppia carenza ecclesiale: da una parte la mancanza di una formazione adeguata nelle nostre comunità o, perlomeno, la difficoltà di potervi accedere a causa della difficile organizzazione della vita quotidiana dell’adulto contemporaneo, dall’altra la scarsa qualità di molte delle omelie domenicali, che spingono i cristiani di buona volontà ad integrare la spiegazione al Vangelo ricorrendo a internet. Quest’ultimo aspetto segnala una delle grandi potenzialità di internet: la possibilità del fedele di scegliere una riflessione al Vangelo che soddisfi le proprie esigenze, senza dover subire un’omelia noiosa o eccessivamente tecnica. Ma questa potenzialità nasconde un rischio: il fatto di assecondare la tendenza contemporanea alla scelta delle informazioni nel vasto panorama dei nuovi media. Se questo è un bene nel mondo dell’informazione in quanto permette all’utente di selezionare le testate e le notizie fra una miriade di proposte, rappresenta, però, un pericolo in una logica ecclesiale. Questo atteggiamento non ingenera forse l’idea di potersi costruire una fede a propria misura, secondo il proprio gusto, selezionando i commenti che ci aggradano? Internet rappresenta una grande potenzialità per la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice. L’avvento delle nuove tecnologie costringono la comunità ecclesiale a ripensare la propria presenza nell’ormai vasto mondo del web. La presenza sempre crescente di omelie a disposizione di chiunque acceda alla rete offre delle opportunità ma, come abbiamo visto, pone anche dei problemi, sia per chi le utilizza in ambito pastorale, sia per chi le usa per la formazione personale. Questi problemi rappresentano uno stimolo di riflessione e un’occasione di dibattito nel mondo ecclesiale e, nello specifico, nell’ambito della teologia pastorale. L’omelia, così come il Concilio e i successivi documenti hanno sancito, rappresenta un momento fondamentale nella celebrazione liturgica e nella vita della Chiesa. L’auspicio che facciamo è che questa breve ricerca invogli molti ad entrare nell’agorà telematica per annunciare il Vangelo con competenza e passione, e spinga i sacerdoti e gli operatori pastorali ad usare gli strumenti messi a disposizione da internet con intelligenza e senso pastorale. restyling accattivanti, ma anche monitorare poi i risultati delle nostre innovazioni. La mancanza di un progetto a tutto tondo, infatti, conduce spesso a ripetere gli errori del passato e, giocando solo sul susseguirsi di superficiali novità, impedisce qualsiasi reale innovazione». Cfr. http://www.testimonidigitali.it/home_convegno/programma/00000472_Programma.html. 89 Offriamo una sintesi ad uso di chi utilizza le omelie in internet, un piccolo vademecum da tenere sott’occhio quando si naviga in rete. 4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet Per chi usa le omelie internet a fini pastorali: è preferibile utilizzare le omelie che dimostrano di essere preparate con cura, che siano inserite nel contesto liturgico, che commentino la Parola di Dio del giorno, o i testi eucologici sviluppando uno o più temi del mistero della fede, e che lo facciano con una comunicazione efficace. L’analisi dei documenti analizzati nel nostro studio, infatti, indica come fonti dell’omelia la Parola di Dio proclamata, i testi della Tradizione e del Magistero, i testi eucologici proclamati; è preferibile utilizzare le omelie redatte da autori competenti, sia dal punto di vista della conoscenza teologica che della capacità comunicativa. Nel nostro studio abbiamo sottolineato più volte la necessità di avvicinarsi alla preparazione dell’omelia con serietà e competenza: «il sacerdote deve, soprattutto, fare in modo che il suo messaggio sia all’altezza della Parola che predica»;127 è preferibile scegliere più di una traccia per ricevere degli stimoli di riflessione personale. Ogni autore medita e rilegge la Parola di Dio a partire dal proprio vissuto e dalla propria formazione: avere più di una prospettiva aiuta l’omileta a trovare maggiori piste per rielaborare una propria traccia di riflessione; le omelie scritte da altri sono solo il punto di partenza per una riflessione personale che tenga conto della comunità con cui si celebrerà l’eucarestia (o del gruppo con cui si condividerà il testo) e della propria esperienza personale, pastorale e di fede. L’omelia dovrebbe essere prima studiata, preparata e pregata e solo in un secondo tempo condivisa. «Quanto più il ministro diventa veramente servo della Parola, e non il suo padrone, tanto più la Parola può elargire la sua efficacia salvifica»;128 così come gli autori analizzati scrivono la propria riflessione, è opportuno, dopo avere elaborato una propria omelia, metterne per iscritto almeno lo schema o i punti salienti, e gli eventuali brani da citare, per non disperdersi durante la riflessione, per tenere sotto controllo i tempi dell’esposizione. «Il “segreto” umano di una 127 128 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,2. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, II,1. 90 predicazione fruttuosa della Parola consiste in buona misura nella “professionalità” del predicatore, che sa ciò che vuole dire e come dirlo e che ha alle spalle una seria preparazione remota e prossima, senza improvvisazioni da dilettante»; 129 non è mai opportuno leggere l’omelia in pubblico: la lettura ingenera disattenzione nell’uditorio, richiede una capacità drammaturgica più consona agli attori che ai presbiteri, crea distanza e distacco con chi ascolta; un’omelia preparata è un’omelia breve ed efficace, che sviluppi solo alcuni concetti, senza volere dire tutto, senza diventare una lezione di teologia, che sappia tenere desto e attento l’uditorio. Per chi usa le omelie su internet per la formazione personale: è opportuno, prima di leggere il testo dell’omelia, leggere con calma le letture cui si riferisce il testo. Il centro della riflessione resta la Parola di Dio che l’omelia commenta e attualizza, non l’abilità oratoria dell’omileta; l’omelia può diventare l’occasione per approfondire il proprio cammino di fede. La Parola di Dio rivela il vero volto di Dio e dell’uomo, non è solo un testo di saggezza umana e spirituale; se si è alla ricerca o alla riscoperta della fede, sarebbe opportuno collegarsi con una comunità ecclesiale presente sul proprio territorio: un’omelia non è che una minima parte della grande celebrazione del Risorto che è l’eucarestia. 4.4 Uno sguardo prospettico Il nostro studio ci ha permesso di portare alla luce alcuni risultati che, in ambito di teologia pastorale, possono rappresentare un punto di partenza per ulteriori sviluppi e analisi. Siamo partiti da due considerazioni: la «rivoluzione cibernetica» sta coinvolgendo anche la Chiesa nella sua opera pastorale, là dove internet e il Web stanno diventato la nuova agorà globale e milioni di persone quotidianamente navigano alla ricerca di stimoli e contenuti; 129 Ivi, II,2. 91 la Chiesa, anche ufficialmente, ritiene fondamentale la propria presenza evangelizzatrice in questa nuova dimensione. Ci siamo poi concentrati su un settore specifico della presenza ecclesiale in internet: la crescente diffusione di commenti omiletici di autori più o meno conosciuti e, più recentemente, la pubblicazione di «video-commenti». Sia per l’ampiezza del fenomeno, parliamo di milioni di pagine lette per ogni autore, che per la rilevanza della loro fruizione, molti testi sono presi come modello dai sacerdoti per le proprie omelie, ci siamo posti il problema della validità delle omelie pubblicate in questi siti. Proponendo una lettura sinottica dei vari documenti riguardanti l’omelia, dal Concilio Vaticano II alla recente Esortazione apostolica VD, abbiamo elaborato una griglia per la valutazione delle omelie presenti in internet, per poter formulare un giudizio critico oggettivo. Siamo poi passati alla scelta di tre autori conosciuti e di buona formazione, Mons. Paglia, Padre Ronchi e Mons. Riboldi, analizzando le loro omelie per il tempo di avvento e fornendo un giudizio complessivo su ciascuno di essi. È interessante notare il fatto che anche omileti famosi, vagliati secondo i criteri contenuti nella griglia di valutazione proposta, abbiano evidenziato alcune lacune e margini di miglioramento: ci chiediamo, allora, quale debba essere la qualità media delle centinaia di migliaia di prediche che ogni domenica vengono offerte ai fedeli nelle nostre celebrazioni. La larga diffusione delle omelie in internet solleva infine non pochi problemi che vale la pena di mettere a tema, anche in vista di ulteriori approfondimenti: chi garantisce la qualità esegetica e teologica delle omelie presenti in rete? Sappiamo bene che il Web è uno strumento accessibile a chiunque e non è raro trovarvi, anche a livello ecclesiale, siti sé-dicenti «cattolici» che propongono letture della realtà e riflessioni teologiche che poco hanno a che fare con la retta interpretazione del deposito della fede della Chiesa cattolica. L’internauta che volesse una riflessione sul vangelo domenicale non può che affidarsi all’autorevolezza del sito che visita. È forse auspicabile un servizio che garantisca la validità ecclesiale di un’omelia? A partire da quali criteri? La criteriologia presentata nella griglia da noi proposta potrebbe offrire un contributo in tal senso? 92 come è possibile evitare un uso passivo delle omelie presenti in internet, incorrendo nel grave rischio di ridire un famoso omileta senza commisurare l’attualizzazione proposta della Parola alla situazione della propria comunità cristiana? In teoria tale compito è affidato alla coscienza dell’omileta. Sarebbe tuttavia interessante, dal nostro punto di vista, prevedere nei cammini di formazione dei presbiteri un insegnamento che aiuti i candidati al sacerdozio a preparare correttamente l’omelia partendo anche dai sussidi presenti in rete. Personalmente ritengo che la diffusione di internet e le nascenti esperienze di evangelizzazione siano una grande opportunità per la Chiesa e che tale opportunità vada accolta come un dono di Dio da comprendere e valorizzare per la diffusione del Vangelo. 93 6. Appendice Testi delle omelie analizzate 94 Mons. Vincenzo Paglia Commento [PC46]: Tema dell'omelia, la vigilianza , l'attesa, l'avere speranza Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà! I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008) Vangelo: Mc 13,33-37 Oggi inizia l’anno liturgico. Non è una replica di una storia già conosciuta. Siamo a tal punto analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola. Tutti! Stare con il Signore non è una ripetizione sempre uguale: lo diventa quando teniamo la nostra vita lontana da Lui e dai fratelli. Le domeniche ci aiutano a capire nell’oggi il mistero della sua presenza tra gli Commento [PC47]: Mistero dell'anno liturgico uomini. Come ogni storia di amore ha vari momenti, tutti importanti. Quel che ci è chiesto è ascoltare e seguire il Signore e, anzitutto, attenderlo. Gesù stesso esorta: “Vigilate, non sapete quando il padrone di casa ritornerà”. Tutta la nostra vita è un’attesa. Quando non aspettiamo più nessuno, quando il domani sembra non esserci più, iniziamo un po’ a morire. Quando lasciamo solo qualcuno lo aiutiamo a morire. Qualche volta pensiamo che in fondo gli altri non aspettino niente, non serva loro nulla, stiano bene così. Non è così. Chi aiuta gli uomini a sperare? Chi cerca di capire e rispondere all’attesa dell’altro o di interi popoli segnati dalla guerra e dalla violenza? Chi incoraggia e risponde all’attesa dei giovani? Anche per questo dobbiamo essere “vigilanti”. Il tempo liturgico viene scandito dal tempo di Dio; o meglio, è il tempo di Dio che entra in quello degli uomini. Ed è misurato dal mistero Commento [PC48]: Anno liturgico stesso di Gesù: inizia dalla sua nascita, continua con la predicazione in Galilea e in Giudea sino alla morte, resurrezione e ascensione al cielo. Ogni domenica, da questa prima di Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci prende per mano, ci sottrae in certo modo alla schiavitù dei nostri ritmi, e ci introduce dentro il mistero di Cristo, per renderci partecipi della sua stessa vita. Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire contemporanei di Gesù. È questa la “forza” delle domeniche, che faceva dire ai primi cristiani: “Per noi è impossibile vivere senza la domenica”. “Avvento”, lo sappiamo bene, significa “venuta”, ossia la nascita di Gesù in mezzo a noi. E fin dai tempi antichi la Chiesa Commento [PC49]: Anno liturgico ha avvertito il bisogno di preparare il cuore suo e quello dei fedeli ad accogliere il Signore. Per quasi mille anni, infatti, le comunità cristiane, sia d’Oriente che d’Occidente, hanno vissuto i quaranta giorni prima del Natale digiunando e pregando nell’attesa della nascita di Gesù, tanto era sentita decisiva. E sapevano bene che bastava poco perché le occupazioni ordinarie facessero dimenticare tale passaggio. Oggi, pur essendo accorciati i giorni (solo quattro settimane di preparazione) e abolito il digiuno, non meno sentita è l’attesa di questa venuta, che da circa duemila anni ricordiamo. La supplica del profeta Isaia, che ascoltiamo nella prima lettura, sale ancora oggi dalle nostre labbra: “Perché Signore ci lasci vagare 95 Commento [PC50]: Bibbia, 1l lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema? Ritorna, per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17). Sì, “Ritorna, Signore, per amore dei tuoi servi!”. Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la tua stessa terra che sembra non trovar pace; ne ha bisogno l’Africa bagnata dal sangue di migliaia di profughi abbandonati a se stessi; ne hanno bisogno tanti paesi ove milioni e milioni di poveri muoiono di fame ogni giorno; ne hanno bisogno le grandi città dell’Occidente che emarginano schiere innumerevoli di deboli, di anziani, di malati. Ne hanno bisogno i cuori di tanti uomini e tante donne perché sciolgano la loro durezza, si commuovano sui poveri e sui deboli e si adoperino per un nuovo futuro. “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Questo grido è la preghiera dell’Avvento; e resta la preghiera universale di questo tempo. Il tempo Commento [PC51]: Attualizzazio ne di Avvento irrompe nelle nostre giornate, appunto, per ricordarci l’invocazione del profeta e le grida dei tanti che aspettano qualcuno che li salvi. Queste grida, spesso lontane dalle nostre orecchie, sono in realtà la vera nostra coscienza. Esse ci aiutano a comprendere il senso concreto dell’Avvento e ci spingono a non restare addormentati nella nostra ricchezza e nella nostra avara tranquillità. Noi, pur così smaliziati, abbiamo forse smarrito il senso dell’attesa; siamo convinti che non verrà nessuno a salvarci; tanto convinti da inculcare ai nostri bambini che debbono badare da soli a se stessi, che non debbono aspettarsi nulla da nessuno. Che triste una società senza Avvento, senza un po’ d’inquietudine! Dio non lascia Commento [PC52]: Poesia “avvizzire la nostra vita”; non vuole che vaghiamo come chi cammina senza sapere verso dove; non lascia senza forma l’argilla, la creta della nostra vita. Squarcia i cieli e diventa lui la via per il cielo. Ci fa scoprire il desiderio di cielo, di speranza, che c’è in ognuno di noi ed in ogni uomo. Quando aspettiamo qualcuno siamo contenti. Egli non si vergogna della mia debolezza; non mi disprezza se sono piccolo. Porta amore e non cose come chi non sa dare il cuore! La richiesta dell’Avvento è fare nascere il Signore nel nostro cuore, fare nascere la speranza nel mondo! Dobbiamo stare alla porta del nostro cuore e vigilare. Come quando aspettiamo qualcuno che deve tornare a casa e stiamo attenti a sentire il rumore dei suoi passi per potergli aprire subito. “Ecco - dice il Signore, nell’Apocalisse - io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. L’Avvento c’invita a non addormentarci. Svegliamoci dal sonno dolce del crederci a posto, perché abbiamo già fatto molto; dal sonno triste del pessimismo, per cui non vale la pena di fare nulla; da quello agitato e sempre insoddisfatto degli affanni e dell’affermazione di sé. Svegliamoci dal sonno distratto di chi non ascolta più; dal sonno dell’impaziente, che vuole tutto e subito, che non sa attendere, si delude e dorme. E diciamo al Signore: Vieni Signore Gesù, vieni presto, dona consolazione e pace. Squarcia i cieli ed 96 Commento [PC53]: Poesia attualizzazione apri un futuro per chi è schiacciato dal male. Libera dall’amore per sé che addormenta il cuore. Insegnaci a stare attenti per riconoscerti ed aprirti la porta del cuore, dolce ospite, amico di sempre, speranza nostra. Commento [PC54]: Preghiera Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore! Commento [PC55]: Il Battista, come Isaia, invita alla consolazione e alla conversione II Domenica di Avvento (Anno B) (04/12/2005) Vangelo: Mc 1,1-8 "Inizio del Vangelo di Gesù Cristo". Si apre così il Vangelo di Marco, che ci accompagnerà per questo anno liturgico. L'evangelista non ha inteso scrivere una storia educativa, bensì comunicare una vicenda così straordinaria da essere "Vangelo", ossia una buona e decisiva notizia per tutti. Scrive: "Inizio della buona notizia". Prima infatti non c’era. È un "inizio" Commento [PC56]: Bibbia non solo temporale, relegato nel passato, quasi prigioniero di quei giorni. La "buona notizia" di Gesù Cristo è un "inizio" che resta vitale, una pietra viva che edifica opera, in ogni generazione e in ogni tempo. Il Vangelo non lo si ascolta una volta per tutte, proprio perché è il fondamento della vita di ogni comunità cristiana, di ogni discepolo. Tutti abbiamo bisogno di ascoltarlo e riascoltarlo ancora. Nessuna età e nessuna generazione può farne a meno. Il Vangelo, mentre ci trasmette l'evento della salvezza, la inizia e la continua in ognuno di noi. C'è bisogno che questa notizia continui a risuonare nel mondo. La nostra società non manca di parole, ma spesso sono vuote e non sempre edificano. Noi stessi siamo frequentemente storditi dai rumori e dalla confusione sia interiore che esteriore: poco sappiamo parlare tra noi e raramente ci scambiamo parole vere. Il Vangelo, nella confusione dei discorsi, inizia a parlare. E subito ci immerge nel clima dell'attesa di un futuro, anzi ci invita a prepararlo; annuncia infatti che "qualcuno" sta per venire tra gli uomini per donare loro la salvezza. Non c'è più tempo per distrarsi o per ascoltare altre voci. Il rischio di perdere questa occasione propizia è alto. Se domenica scorsa la liturgia chiedeva di essere vigilanti, oggi esorta ad aprire il cuore per accogliere colui che sta per venire. Si potrebbe Commento [PC57]: Collegament o dire che questo inizio del Vangelo svolge esso stesso la funzione del Battista: il Vangelo apre la strada al Signore, è la voce che grida ad ognuno di preparare la via perché Egli sta tornando. Il Signore torna nella sua città. Ecco la buona notizia di questa pagina evangelica. Già con la lettura di Isaia, la liturgia ci fa sentire l'avvicinarsi di questo tempo: "Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù". Il popolo d'Israele può lasciare la terra di Babilonia, dov'è schiavo, e partire verso Sion; percorrerà una grande strada, aperta nel deserto, una strada larga, rettilinea e pianeggiante che supererà steppe, valli e montagne, per salire sino a Gerusalemme. Ed il Signore, come il pastore di cui parla il profeta, si porrà davanti al suo 97 Commento [PC58]: AT popolo guidandolo su questa strada. Potremmo dire che aprire la strada vuol dire aprire il Vangelo, e percorrerla significa leggerlo, meditarlo e metterlo in pratica. La "strada del Signore" è giunta sino a noi; la salvezza è scesa nella nostra vita. Questa convinzione è la forza del Battista. Egli è vestito da povero: porta un rozzo abito di pelo di cammello, non le Commento [PC59]: Personaggio vesti morbide e gli abiti sontuosi che usano indossare gli uomini del mondo. La sua austera sobrietà, così lontana da tanti nostri atteggiamenti, sottolinea che egli vive davvero solo del Signore e del suo futuro. Giovanni ha fretta che venga presto il futuro di Dio, e lo grida forte ("alza la voce con forza", aveva detto il Signore al profeta Isaia). Non si rassegna ad un mondo privo di speranza; anche lui, come più tardi dirà Pietro, aspetta con ansia i "nuovi cieli e una nuova terra, dove avrà stabile dimora la giustizia". Non tace, protesta, veste da Commento [PC60]: 2 lettura personaggio strano e, soprattutto, parla, anzi grida. È tagliente con la sua parola. Giovanni, come richiede ogni predicazione, parla al cuore della gente: non vuole colpire le orecchie, non ama correr dietro a pruriti vani, non propone verità o idee sue. Egli – obbedendo allo Spirito del Signore – desidera che la sua parola colmi i vuoti dei cuori, appiani i monti che allontanano gli uni dagli altri, abbatta i muri che separano, strappi le radici amare che avvelenano i rapporti, raddrizzi i sentieri distorti dall'odio, dalla maldicenza, dall'invidia, dall'indifferenza, dall'orgoglio, dalla malafede. Questo austero predicatore, che dimentica se stesso perché sia solo il Signore a parlare attraverso la sua voce, colpisce davvero il cuore di chi lo ascolta. Marco lo nota: "Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme" per farsi battezzare, ognuno confessando i propri peccati. Anche noi dobbiamo ascoltare la voce di questo predicatore perché ci tocchi il cuore. La Santa Liturgia della domenica, le nostre stesse chiese, piccole o grandi che siano, diventano il luogo ove stringerci attorno al Battista e alla sua predicazione. Quando le Sante Scritture si aprono e la Parola di Dio viene annunciata e predicata, in quel momento si apre la strada del Signore; beati noi se sapremo accoglierla e percorrerla perché certo ci condurrà incontro al Signore che viene. Commento [PC61]: Attualizzazio ne Rallegratevi Commento [PC62]: La gioia strumento e testimonianza di conversione III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008) Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi". Con questo fermo invito dell’apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata gaudete, la domenica della gioia. "State sempre lieti", raccomanda Paolo, "pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie a Dio". "State lieti": perché? Come bambini ci affidiamo a colui che vuole che la sua gioia sia in noi e che questa sia piena. Questa è la volontà di Dio. Ma non è troppo 98 Commento [PC63]: 2 lettura poco e troppo diretto per uomini complessi come amiamo sentirci noi, amanti e conoscitori attenti delle nostre tortuosità, affezionati al pozzo senza fondo di energie ed attenzioni che è l’amore per noi stessi? È possibile per noi scegliere di essere sempre lieti, noi che assecondiamo i nostri umori, ci fidiamo di loro, li contrastiamo così poco? Ed i nostri umori Commento [PC64]: Vita concreta, conversione sono sovente così poco lieti, inclini al lamento, affannati, attratti dal pessimismo, nutriti di diffidenza! La gioia, secondo questo invito così appassionato dell’apostolo, non è una congiuntura favorevole, ma una scelta cui siamo chiamati. Sempre. Lieti, gioiosi non perché imperturbabili o incoscienti, ma per la consapevolezza forte, vigorosa, dell’avvento di Dio. Commento [PC65]: Bello comunicativamente! teologicamente È lui che libera dalla tristezza e spazza via dal cuore le numerose radici di amarezza. "Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito con il manto della giustizia", canta il profeta. Non gioiamo per noi stessi. Anzi: per noi proviamo il senso del poco che siamo e della vanità del mondo. Possiamo però gioire: siamo stati scelti, la nostra voce non si perde in se stessa ma indica colui che viene. L’umile gioisce. Il ricco insegue la propria tristezza, vuole possedere la felicità; l’orgoglioso non è mai sazio perché non si lascia amare e non si piega alle ragioni dell’altro. Gli umili lasciano posto a qualcuno che viene. Impariamo a pregarlo "incessantemente", rendendogli grazie, come atteggiamento e scelta interiore nella vita ordinaria, per ogni cosa. La letizia è il primo modo per non farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi. E quanto la letizia comunica amore, ci rende sensibili ed attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini! Un volto lieto accoglie, sostiene, attrae. Quanto è facile, al contrario, rattristare l’altro! Siamo lieti, perché Commento [PC66]: Letizia porta a libertà, molto bello! viene il perdono, che scioglie dal legame con il peccato. Possiamo essere diversi da come siamo! Nessun cambia solo per i suoi sforzi, ma perché viene associato, per grazia, all’avvento di questo regno che irrompe nella storia umana, allo spirito che ci solleva e ci cambia. Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al cinismo, che pensa di conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso pessimismo, alla ricerca di speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli. Nel rarefarsi dei profeti - sono davvero pochi, nel nostro tempo! - con rinnovata attenzione ci poniamo in ascolto di questo grande profeta. Non è lui il Salvatore, e lo dice chiaramente. Giovanni non si è lasciato travolgere dalla gloria e dal successo nel vedere tanti che accorrono a lui. Noi, per molto meno, ci sentiamo dei piccoli messia e, comunque, pretendiamo di stare sempre al centro dell’attenzione. Nella sua umiltà, tuttavia, egli non si tira indietro, né si nasconde, anzi, nella coscienza della responsabilità che gli è stata affidata, afferma davanti a tutti: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore". Alla lezione di umiltà segue quella sulla responsabilità; una particolare responsabilità: essere "voce". Ogni 99 Commento [PC67]: Cose cocnrete cristiano dovrebbe applicare a se stesso le parole di Giovanni: "Io sono voce". Per Commento [PC68]: Attualizzazio ne costituzione i credenti sono "voce", ossia annunciatori del Vangelo. È qui la radice del compito di evangelizzazione che grava su ogni discepolo. Paolo, consapevole di tale responsabilità, ammoniva se stesso: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1 Cor 9,16). Il credente, prima che un cumulo di opere, è una voce, una testimonianza. Questa è l’unica vera forza del Battista. Ma è una forza debole. Cos’è infatti una voce? Poco meno che nulla: un soffio; basta davvero poco per non farci caso, né ha poteri esterni che possano imporla. Eppure è forte, tanto che molti si accalcano attorno a quella parola. La ragione sta nel fatto che quell’uomo non indica se stesso; non parla per attirare su di sé l’attenzione altrui; non blocca la gente desiderosa di guarigione e salvezza sulle sponde di quel fiume, anche se benedette. Quella voce rimanda oltre, verso qualcuno ben più forte e potente: "In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali", dice Giovanni; e lo afferma ancora oggi. Giovanni Battista ci riconduce a ciò che è essenziale, perché non ci smarriamo ed orientiamo tutto il nostro cuore verso il Signore. Giovanni è una "voce". "Chi sei tu?", domandano i giudei. Che cosa dici di te stesso? Ogni uomo è un mistero ed il mondo spesso viene a volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare. Giovanni non moltiplica interpretazioni, non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di sé. Per dire chi è ha bisogno di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che è la parola, al verbo, la prima e l’ultima lettera di ogni nostra parola. Giovanni è forte perché la sua vita ha senso se è utile a qualcun altro, a colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori! Rende testimonianza. La sua forza non è splendere per se stesso, ma perché la luce si veda. E Dio è luce, che illumina Commento [PC69]: Beelo! anche le tenebre più fitte! Grida. Annuncia il Vangelo. Non attira l’attenzione su di sé, secondo un protagonismo così prepotente e normale. La sua voce rimanda e indica qualcuno che è già "in mezzo a voi", "che non conoscete", "uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali". La nostra voce può fare fiorire la vita nel deserto. Noi, uomini così comuni, siamo chiamati a fare conoscere a tanti colui che sta in mezzo a noi. Deboli, siamo forti. Tristi, siamo lieti. Perché il Signore viene, fa germogliare la terra, la rende di nuovo un giardino, il suo giardino. Vieni presto Signore. Commento [PC70]: Attualizzazio ne "Come e' possibile? Non conosco uomo" Commento [PC71]: Dio ha bisogno di una casa, Maria IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008) Vangelo: Lc 1,26-38 La liturgia, nell'imminenza del Natale, ripropone il brano evangelico dell'Annunciazione. Tra pochi giorni sentiremo ancora l'evangelista Luca che nota amaramente: "Non c'era posto 100 per loro nell'albergo", e Gesù dovette nascere in una grotta. Viene spontaneo chiedersi: Dio non ha casa sulla terra? Eppure Dio sceglie una ragazza di un villaggio della Galilea come casa per il suo Figlio. In verità le Scritture mostrano che da sempre Dio ha preferito come sua dimora il cuore degli uomini piuttosto che un tempio di pietra. Il saluto dell'angelo a Maria ("Il Signore è con te") si inserisce in una realtà vissuta dal popolo d'Israele in tutta la sua storia, ne è anzi il filo rosso che la traversa e la sorregge. L'angelo del Signore può dire a Israele: il Signore è con te; è con Abramo, con Isacco e con Giacobbe; accompagna Giuseppe in tutte le sue vicissitudini; appare a Mosè nel roveto ardente e si presenta, appunto, come "Colui che è" con il suo popolo. Ha udito il grido di dolore del suo popolo schiavo in Egitto e è sceso per liberarlo: lo conduce illeso attraverso il Mar Rosso, lo accompagna negli anni del deserto e lo introduce nella terra promessa sostenendolo per tutti i giorni. Il Signore è con il suo popolo; e per sempre. Il secondo libro di Samuele esprime Commento [PC72]: Excurus biblico quasi plasticamente questo modo di agire del Signore. Davide, dopo aver costruito la sua "casa di cedro" e Gerusalemme come capitale dello Stato, desidera dotarla di un grande tempio, quasi ad avere anche Dio come suo cittadino. Il profeta Natan, che ha acconsentito al desiderio del re, nella notte si sente bocciare da Dio stesso la proposta dell'erezione di un santuario. Deve quindi tornare nella reggia per dire a Davide che sarà Dio a edificare una casa per lui e per il suo popolo. E gli ricorda che il Signore è stato accanto a lui fin dalla giovinezza quando pascolava le greggi, e che lo ha accompagnato sino a quel giorno; e continuerà a stargli accanto per il futuro difendendolo dai nemici e facendolo grande e potente, e troverà un luogo ove far abitare il suo popolo. Insomma, il Signore è il tetto di protezione per Davide. Non è il re a costruire una casa a Dio; è Dio che edifica una casa per Davide e il suo popolo. Questa casa, in verità, è Maria. Al tempio di pietre che Davide costruì, Dio sostituisce un tempio di carne. In quel giorno dell'annunciazione si compiva, in certo modo, la costruzione della vera casa: "il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi". L'evangelista, per sottolineare il legame con quanto è avvenuto nell'Antico Testamento, pone Gesù direttamente nella discendenza davidica: "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre". Maria, nel suo fragile corpo, riassume tutta l'attesa del popolo d'Israele, e al tempo stesso diviene la prima di tutti coloro che da quel giorno attendono la salvezza. Quel "sì" pronunciato davanti all'angelo ha cambiato il corso della storia. Maria per prima ascolta la parola e per prima offre se stessa, la sua vita, il suo corpo al Signore. È lei il primo spazio di Dio, la prima casa di Dio, il primo luogo scelto dal Signore. Quanto è diversa Betlemme, città che non sa accogliere! A Maria l'angelo può dire: "Il Signore è con te"; non 101 Commento [PC73]: Lunga spiegazione della prima lettura altrettanto può affermare per Betlemme. Dio ha scelto Maria, e da sempre. Ma aveva bisogno del consenso; e il "sì" non era scontato. A Nazareth non si è recitato un copione già scritto. E l'evangelista lo suggerisce: c'è stato turbamento, in un dialogo fiducioso: alla fine Maria ha dato l'assenso. Era una decisione che le sconvolgeva totalmente la vita. La grandezza di Maria pertanto non sta nella "realizzazione di se stessa", come in genere noi desideriamo per noi stessi, bensì nel porre tutta la sua fiducia nelle parole dell'angelo. A ragione Elisabetta, non appena la vede varcare la soglia di casa, può esclamare: "Beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore". È la prima beatitudine scritta nel Commento [PC74]: Maria Vangelo. La nostra felicità è racchiusa tutta nell'obbedienza alle parole del Vangelo. 102 Ermes Ronchi Avvento, l’attesa che apre all’amore I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008) Vangelo: Mc 13,33-37 Avvento è il tempo dell’attesa. Il profeta Isaia apre le pagine di questi giorni come un maestro dell’attesa e del desiderio. Si attende non per una mancanza, ma per una pienezza, Commento [PC75]: lettura una sovrabbondanza. Come fa ogni donna incinta, quando l’attesa non è assenza, ma evento di completezza e di totalità, esperienza amorosa dell’essere uno e dell’essere due al tempo stesso. Il mio avvento è come di donna «in attesa», quando la segreta esultanza del corpo e Commento [PC76]: esempio del cuore deriva da qualcosa che urge e gonfia come un vento misterioso la vela della vita. Attendere con tutto me stesso significa desiderare, «attendere è amare» (Simone Weil). Così io attendo un Signore che già vive e ama in me; ogni persona attende un uomo e un Dio che già sono dentro di lei, ma che hanno sempre da nascere; l’umanità intera porta il Verbo, è gravida di un progetto, custodisce il sogno di tutta la potenzialità dell’umano, l’attesa di mille realizzazioni possibili, porta in sé l’uomo che verrà. Attendere, allora, equivale a vivere. Ma a vivere d’altri. Un doppio rischio incombe su di noi: il «cuore indurito», secondo Isaia ( perché lasci che si indurisca il nostro cuore?), e quella che Gesù chiama «una vita addormentata» (vegliate, vigilate, state attenti... che non vi trovi addormentati). Commento [PC77]: pdd Qualcuno ha definito la durezza del cuore e la vita addormentata come «il furto dell’anima» nel nostro contesto culturale. Il furto della profondità, dell’attenzione, il vivere senza mistero, il furto del cuore tenero: è un tempo senza pietà, ci siamo negati al suo abbraccio e siamo avvizziti come foglie. Scrive un poeta: Io vivere vorrei / addormentato / entro il dolce / rumore della vita (Sandro Penna). Io no, voglio vivere vigile a tutto ciò che sale dalla Commento [PC78]: citazioni terra o scende, vegliando su tutti gli avventi del mondo: sulle cose che nascono, sulla notte che finisce, sui primi passi della luce, custodendo germogli, e la loro musica interiore. Vivere attenti è il nome dell’avvento. Vivere attese e attenzioni, due parole che Commento [PC79]: poesia? derivano dalla medesima radice: tendere verso qualcosa, il muoversi del corpo e del cuore Commento [PC80]: comunicazio ne verso Qualcuno che già muove verso di te. Vivere attenti: agli altri, ai loro silenzi, alle loro lacrime e alla profezia; in ascolto dei minimi movimenti che avvengono nella porzione di realtà in cui vivo, e dei grandi sommovimenti della storia. Attento alla Vita che urge, tante volte tradita, ma ogni volta rinata 103 Commento [PC81]: attualizzazio ne Ripartire dalla buona notizia di Dio II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2008) Vangelo: Mc 1,1-8 Inizio del vangelo di Gesù Cristo. Inizio della buona notizia. A partire da che cosa ricominciare a vivere, a progettare? Da una buona notizia. Non ricominciare mai da Commento [PC82]: vita concreta pessimismo, non dai problemi, neppure dall’illusorio primato della realtà che sembra dominare nel mondo. Ricominciare da una cattiva notizia è solo intelligenza apparente, priva di sapienza di vangelo. Ricominciare dalle buone notizie di Dio: e subito, fin dalle prime parole, Marco mostra come fare per accorgersene e per accoglierle. Tutta l’esperienza dell’uomo spirituale è riassunta in questi pochi versetti. Il primo passo porta a Isaia e Commento [PC83]: vita spirituale Giovanni e potrebbe definirsi così: cercare profeti. Come Isaia, profeta è uno che «apre strade» anche nel deserto, tracce di speranza anche là dove sembrava impossibile; che non si mimetizza né si lascia omologare dal pensiero dominante. I profeti creatori di strade e liberi come nessuno: ascoltarli è diventare come loro. La seconda caratteristica di ogni profeta è di Commento [PC84]: vita spirituale essere in attesa, insoddisfatto di ciò che ha, cuore affaticato dal richiamo di cose lontane. Isaia e Giovanni annunciano un Altro (viene uno più grande) hanno il loro centro altrove: in un desiderio, un orizzonte, una persona. Annunciano che la vita non è statica ma estatica, Commento [PC85]: esemplarità uscire da sé, vivere incamminati. Come un profeta, ogni uomo spirituale è costantemente in viaggio, alla ricerca di ciò che ancora non ha, la sua casa è oltre: allora è pronto per nascite ed inizi. In terzo luogo, profeta è colui che orienta la vita: predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Il peccato è l’esperienza di chi non riesce a raggiungere la propria meta ed ha perso la strada. Il perdono è Dio che indica di nuovo il punto di arrivo e fa ripartire, carovana che si rimette in viaggio all’alba, vento per la nave che salpa. Perdono è un nuovo inizio, un nuovo mare, un nuovo giorno. Il peccato perdonato non esiste più, annullato, cancellato, azzerato. Ed è il bene che revoca il male. Il bene vale di più: buona notizia di Gesù Cristo. Il Vangelo è Dio che viene portando amore, e tutto ciò Commento [PC86]: "catechesi" sul perdono che è non-amore è non-Dio. Dio viene e sa parlare al cuore, e lo insegna ai suoi profeti: parlate al cuore di Gerusalemme, ditele che è finita la notte (Isaia). È «il più forte», dice Giovanni, proprio perché è l’unico che parla al cuore, teneramente e possentemente toccando il centro dell’umano. Giovanni, testimone della luce III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008) Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Venne un uomo mandato da Dio.... per dare testimonianza alla luce. Ecco cos’è un profeta: testimone della luce e non dell’ombra; annunciatore del bene non dello sfascio o del degrado 104 Commento [PC87]: pdd del mondo; sentinella del positivo non dei difetti o dei peccati che assediano ogni epoca e ogni vita; testimone che ogni Adamo ha conservato in sé, sotto la tunica di pelle, una tunica di bellezza che il Messia, nei giorni più veri, riporterà alla vista e alla gioia di tutti. Come Commento [PC88]: immagini Giovanni, io voglio testimoniare un Dio di luce, un Dio solare e felice, che ha fatto risplendere la vita (2 Tm 1,10), ha dato splendore e bellezza all’esistenza, ha immesso e continua a seminare frammenti di sole dentro le vene oscure della storia. Io testimonio non obblighi o divieti, ma il fascino della luce; profeta non della legge ma della grazia, non della verità ma della bontà immensa che penetra l’universo, di un Dio liberatore, che va in cerca dei prigionieri per rimetterli nel sole. Con i miei peccati e le mie ombre, con tutte le cose Commento [PC89]: attualizzazio ne che sbaglio e non capisco, con la mia fragilità e i miei errori, nonostante tutto, io posso essere testimone che «Dio è luce e in lui non vi sono tenebre» (1Gv 1,5); che il mondo si regge su di un principio di luce, un principio di bene e di bellezza, che è da sempre, più antico, più profondo, più originale del male. C’è una primogenitura della luce, nella Bibbia e nell’uomo: «in principio Dio disse: sia la luce». Il mondo non poggia sul male o sul peccato, non si regge neppure su di un moralismo rigoroso e sterile, ma sulla primogenitura del bene che discende dal cuore di luce di Dio. Tu, chi sei? Chiedono a Giovanni ed egli per tre volte risponde: io non sono. Maschere che cadono: io non sono ciò che gli altri credono di me, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la parola; io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di significati che sono da prima di me, che saranno dopo di me. Giovanni ha trovato la sua identità, ma in un Altro. Solo Dio Commento [PC90]: comunicazio ne svela quello che io sono in profondità: il mio segreto è oltre me. La sua venuta non mortifica ma incrementa la mia persona. A Natale Dio entra e l’uomo diventa un «nido di sole» ( Turoldo). Venne un uomo mandato da Dio: ognuno è quest’uomo mandato, ognuno voce e sillaba della Parola, testimone che Dio c’è, che Dio è luce. E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce. 105 Commento [PC91]: attualizzazio ne La radice della fede è nella gioia IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008) Vangelo: Lc 1,26-38 Tra pochi giorni è Natale. E ci sentiamo ancora una volta impreparati. La liturgia allora ci prende per mano e ci accompagna, additando colei che meglio ha vissuto l’attesa di Dio: santa Maria. Con lei come modello, di colpo capiamo che cosa è il Natale: non il ricordo di un fatto storico accaduto in quel tempo, ma l’accoglienza di un fatto che avviene ora: l’incarnazione di un Dio che già germina in me. Il Vangelo dell’annunciazione comincia Commento [PC92]: esemplarità di Maria con sette nomi propri (sette è il numero della completezza) di luoghi e persone che affollano la pagina di Luca e mostrano che il venire di Dio coinvolge la totalità della vita. Maria è così importante perché è il punto di incontro tra Dio e la materialità della nostra vita. «L’angelo entrò da lei», nella sua casa: un giorno qualunque, in un luogo qualunque, un annuncio consegnato nell’intimità, nella normalità di una casa. È nella casa che Dio ti sfiora, ti tocca. Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime, quando dici alle persone che ami parole che si sognano eterne. È così bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle Cattedrali, o in giorni speciali, ma soprattutto nella vita comune! Come nella Messa il sublime confina con una tovaglia, un calice e un pane, così nella casa l’immenso si insinua nelle piccole cose finite di ogni giorno. La prima parola dell’angelo è ch'ire, gioisci, sii felice; non dice: «fai, alzati, inginocchiati, prega»; solo: «gioisci». Il primo Vangelo è lieta notizia e precede qualunque tua risposta. La fede ha radice nella gioia. Il perché della gioia è Commento [PC93]: attualizzazio ne catechesi Commento [PC94]: comunicazio ne detto con la parola successiva: «piena di grazia», riempita della vita di Dio, sei amata teneramente, gratuitamente, per sempre. Ecco il nome di Maria: «amata per sempre». Il mio nome. L’angelo aggiunge: Il Signore è con te. In questa mia vita inadeguata il Signore è con me. In questa mia vita distratta e invasa, il Signore è ancora con me. L’angelo fa eco all’antica parola: sono stato con te, dovunque sei andato. Parole di un Dio innamorato, che nessuna creatura potrà mai dirti, per quanto ti ami; nessuno può affermare: sono stato con te, dovunque, sempre. Nessuno sarà con me dovunque io andrò. Nessuno è stato con me in tutti i passi che ho compiuto, che ho perduto, che ho ritrovato, Dio solo. E quando Gesù lascerà i suoi, l’ultima parola sarà eco della prima: Io sarò con voi tutti i giorni, fino al consumarsi del tempo, al compiersi dell’incarnazione. 106 Commento [PC95]: poesia Mons. Antonio Riboldi Avvento, attesa della grande Gioia I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2008) Vangelo: Mc 13,33-37 Come non vedere nell’Avvento il tempo dell’attesa del più grande evento nella nostra storia di Uomini, ossia Dio che torna tra noi. I nostri progenitori, tentati da satana, avevano preferito il proprio orgoglio all'amore immenso del Padre, che ci aveva creati e fatto dono della vita, per la sola ragione di essere partecipi della sua felicità eterna. Gli abbiamo detto NO. E ci siamo trovati 'nudi'. Risuonano sempre alle orecchie le amare parole del Padre tradito, che ci cerca: 'Uomo dove sei?'. 'Mi sono nascosto perché sono nudo'. E da allora è iniziata la profonda e dolorosa nudità, che tante volte ci accompagna e sentiamo interiormente. In fondo, la terribile realtà storica dell’umanità è questa nudità, ossia l’assenza dell’amore di Dio, che è la sola ragione della nostra esistenza, anzi, la sola vita possibile. Ma Dio, che è Amore, che è per noi il Padre di cui non possiamo fare a meno, dopo una lunga attesa, che ha accompagnato il popolo eletto, nel Vecchio Testamento, come 'a preparare la Sua Via', torna tra noi, uomo tra uomini, per riportarci a casa. L’Avvento dovrebbe contenere questa attesa, vissuta nella preghiera, nella conversione, per prepararci alla festa di sentirci di nuovo amati e di amare, come è nella nostra natura. La Chiesa, oggi, dedica questo tempo, l’Avvento, perché tutti possiamo preparare la nostra grotta, per ricevere Dio che viene a noi nell’umiltà del presepio, che è l'espressione della Sua grande discrezione e delicatezza, come è la natura dell'Amore. Avvento: un tempo 'per preparare la via al Signore', come disse Giovanni Battista. Ma noi vogliamo essere pronti a vivere degnamente questo tempo particolare di 'attesa di Dio'? Non c'è bisogno di ricordarci quanto abbiamo bisogno che Lui torni tra noi! Vorrei facessimo nostra, in questo tempo di Avvento, la preghiera del profeta Isaia: "Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro salvatore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema. Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore della tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi? Davanti a te sussulterebbero i monti... Quando Tu compivi cose terribili, che non attendevamo, Tu scendesti e davanti a Te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto, che un Dio fuori di Te abbia fatto tanto per chi confida in Lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle Tue vie. Ecco, ti sei adirato perché abbiamo peccato contro di Te, da lungo tempo, e siamo stati ribelli. Siamo diventati tutti come cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo 107 Commento [PC96]: storia della salvezza avvizziti come foglie... Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te: perché Tu hai nascosto il tuo volto e ci hai messo in balia della nostra iniquità. Ma Tu, Signore, sei nostro padre; noi siamo argilla e Tu colui che ci plasma, tutti siamo opera delle tue mani" (Is 63,64 27). L’implorazione del Profeta non si adatta forse a tanti del nostro oggi? Così come la sua accorata preghiera, perché Dio torni tra noi, non è forse il desiderio di tanti, a cominciare da noi? Sono anni ormai che accompagno i passi di molti, che cercano di andare incontro a Dio e seguire Gesù nei suoi passi, come unico e grande Scopo della vita, tanto che oggi siete diventati una “grande chiesa, sparsa in tutto il mondo”. Cerco ogni settimana di proporvi l'amore con cui Dio avvolge i nostri momenti, e cerca di far luce sulla storia di ciascuno di noi e dell'umanità intera. So che tanti di voi riflettono sulla Parola di Dio proposta e, ogni Commento [PC97]: friendly volta, con la Grazia dello Spirito, vi confrontate e trovate l’indicazione e la forza, per vivere la difficile e meravigliosa vita 'secondo Dio'. È un dialogo spirituale, il nostro, sorretto dalla fiducia e da una incredibile amicizia. Sono tanti anni che dialogo con ciascuno di voi, Commento [PC98]: idem proponendo la Parola del Padre ed ogni volta, per tanti, si rinnova l’impressione, che è 'lieta novella' ciò che Dio dice e mostra le tante menzogne del mondo, che rischiano di farci perdere la strada. Ed è così: perché la vita veramente vissuta alla luce del Vangelo, altro non può essere che esperienza del nuovo e quindi novità continua. È la grande Grazia di Dio che sì fa vicino. E abbiamo bisogno che Lui ci aiuti a fugare le tante nubi, che cercano di nasconderci la verità. Per questo l’Avvento è davvero il tempo di metterci alla prova, per vedere se davvero in noi c’è il sincero desiderio che Dio si faccia strada. Che venga e, quindi, ci apra alla gioia del Natale, che è Lui con noi, pronto a condividere gioie e speranze, sofferenze e ansietà. Dopo una conferenza tenuta in una città sul tema: 'Abbiamo bisogno di Dio', accolta da un incredibile silenzio, soprattutto dei giovani, per la passione che ci avevo messo, mi scrisse una ragazza: “Che incredibile esperienza mi è toccata di vivere quella sera. Sono una di quelle che ha sempre cercato di non pensare a Dio, come non fosse necessario per la mia vita. O meglio lo avrei cercato in qualche libro, qualora i libri potessero darci quello Che non hanno. Ma quella sera, il singhiozzo delle sue parole, che esprimevano da sole, quanto lei voglia bene al Padre, ha fatto sì che Dio mi si è fatto vicino. Direi che più che le parole, quella sera, ci fu qualcosa di diverso, come una luce che si fa strada nel buio dell'anima. Ora mi resta solo di vivere di Lui. È semplicemente la Gioia che cercavo”. Gesù, oggi, ci indica come vivere questo prezioso tempo di Avvento: "Gesù disse ai suoi discepoli: Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo avere lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, 108 Commento [PC99]: testimonian za a ciascuno il suo compito e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se la sera o a mezzanotte o al canto del gallo o di mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate" (Mc. 13, 33-37). E un modo di ‘vegliare’, cioè attendere la venuta di Gesù a Natale, è quello di affidarsi alla preghiera, alla lettura della Parola, alla carità verso chi non ha. In questi ultimi tempi, la Chiesa suggerisce di entrare Commento [PC100]: vita cristiana nel mistero di Dio che, amandoci, vuole essere nostra luce, tornando alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio, nella Sacra Scrittura. Come sarebbe efficace se tutti, ogni giorno, leggessimo la Bibbia, a cominciare proprio dalla nostra origine – la Genesi – e così ammirare la nostra verità di vita, la vera nostra storia ed il grande amore di Dio! È difficile? Direi proprio di no. Basterebbe 'sacrificare' qualche momento della televisione, che ci annebbia l'anima, e fare spazio a Dio che, nella Sacra Scrittura, ci parla. Capiremmo il Natale. Non solo, ma, mentre il consumismo fa del Natale l'idolatria dei doni, proviamo a programmare doni a chi non conosce neppure il necessario. Quel dono, a Natale, sarebbe il modo più bello di annunziare che Dio è vicino a tutti, nasce per tutti. Impossibile? Forse per Commento [PC101]: attualizzazi one chi ripete la storia di quanti, quando nacque Gesù, non offrirono ospitalità a Maria, una donna incinta, e a Giuseppe: 'Per loro non c'era posto!'. Non è il regalo che ci fa buoni, ma è farsi dono che ci fa conoscere l'amore e suscita la gioia. Vorrei pregare in questo tempo Gesù, con le parole del Salmo 79: "Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quella che la tua destra ha piantato il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Sia la tua mano sull'uomo della tua destra Sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Da te più non ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il Tuo Nome". "Santa Maria – pregò don Tonino Bello – donna del silenzio, riportaci alle sorgenti Commento [PC102]: Parola della pace. Liberaci dall'assedio delle parole: dalle nostre, prima di tutto, ma anche da quelle degli altri. Persuadici che solo nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la conversione, l'amore, il sacrificio, la morte. Liberaci, ti preghiamo dagli appagamenti facili, dai rapporti comodi. Apri il nostro cuore alle sofferenze dei fratelli. E perché possiamo essere pronti ad intuirne la necessità donaci occhi gonfi di tenerezza e di Commento [PC103]: autori speranza". Giovanni, la voce che grida nel deserto II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2008) Vangelo: Mc 1,1-8 Con quella materna tenerezza con cui la Chiesa ci invita a vivere ì grandi eventi di Dio tra noi - a cominciare dal Natale del Figlio, un Natale tanto vicino - oggi si fa eco della gioia 109 che ci attende e ci viene donata, sempre che siamo disposti ad accoglierla. Sappiamo tutti di vivere una vita difficile, che, per molti, è davvero 'avvento', ossia attesa del Cielo, o, forse, solo della morte, e ci piange il cuore. Vivere può essere solo camminare nel nulla, senza attendere nessuno e quindi come nati per gioco? La Chiesa, come ad esprimere il conforto di chi davvero 'attende', oggi, per bocca del profeta Isaia, così ci invita: "Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore, il doppio per tutti i suoi peccati. Una voce grida: Nel deserto preparate la via del Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato. Sali su un monte alto, tu che annunzi liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunzi liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce e non temere: annuncia alle città di Giuda: Ecco, il Signore Dio viene con potenza. Ecco egli ha con sé il premio, la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri" (Is. 40, 1-11). Con quanta dolcezza e insistenza il profeta si rivolge anche a noi, per invitarci in questo tempo a preparare la 'via del cuore' per accogliere Dio nel Natale! Ma viviamo un tempo di grandi contraddizioni, che non aiutano a questo. Credo vi siate posti anche voi domande sul mistero di iniquità e di nostalgia di Dio, di fronte al modo di pensare e di vivere del nostro tempo, anche nell'intimità delle nostre famiglie. Da una parte si fa professione di onestà e giustizia, di amore, tanto da sembrare tutti appartenenti ad un 'regno di perfetti', che non hanno bisogno di correzione, sicuri dì essere sulla buona via - di cui parla Isaia - per cui si è convinti di non avere bisogno di cambiamenti di rotta; ma dall'altra parte siamo come circondati ed immersi in atteggiamenti, modi di pensare e di vivere, diversi con quanto a parole professiamo. Al punto che a volte si irride - o noi stessi irridiamo - ciò che è onesto - come se l'onestà appartenesse ad una civiltà, che adotta regole diverse e contrarie! Si fanno elogi alla fedeltà nell'amore, come un principio irrinunciabile, poi si accetta, come fosse una necessità, anzi come una “giusta realizzazione della propria felicità”, avere un'amante, considerata come segno di libertà e non come ingiustizia grave. Si hanno parole di fuoco contro ogni forma di emarginazione, che sconfina nella miseria di tanti, una miseria che annienta diritto e dignità dell'uomo, ma poi si fa della conquista della ricchezza l’idolatria più diffusa, che non fa più neppure arrossire o indignare, pur sapendo che la cupidigia del denaro è la vera radice 110 Commento [PC104]: friendly di tutte le povertà. Non si sa più quale poesia comporre per inneggiare al grande dono della castità, che è come l'abito celeste del cuore, che si diffonde sul corpo, ma poi concretamente si innalzano altari a tutte le pornografie, che irridono ogni dignità e fanno delle persone 'solo dei corpi', delle 'merci'. Non ultima, non c'è nessuno che sconfessi il comandamento dell'amore al prossimo che per Gesù è la grande legge della vita - una legge simile, nella sua grandezza, alla stessa legge che fa amare Dio - ma nella realtà spesso siamo lontani dal 'farsi vicini' a chi conta sulla nostra solidarietà, come gli ultimi, senza contare quanti peccati si commettono contro i vicini, i parenti, gli amici, le mogli o fidanzate, i mariti, i figli: è cronaca di tutti i giorni. Potremmo continuare questo elenco di 'doppiezze', che sono lo Commento [PC105]: attualizzazi one stile di vita di tanti che si dicono cristiani: un groviglio che porta lontano dal cercare la via del Signore, che il profeta indica. È anche vero che ci sono tanti - e credo ci siate anche voi che con passione e fatica 'preparano la via al Signore e spianano nella steppa la strada per il nostro Dio'. Quante volte accade, nella mia vita di pastore, di vedere i miracoli della Grazia, ossia dì gente appartenente a tutte le categorie, che gustata la gioia della Grazia, non solo apre occhi e cuore, ma, trovata la via che conduce a Dio, più che camminare la percorre con intensità e gioia. “Credevo di trovare la felicità dove era il deserto dell'anima, ma ora, liberatomi da quelli che credevo abiti di splendore, ed erano miseri e pericolosi stracci, finalmente passo le giornate nella semplicità, come uno che, con il cuore libero da sciocchezze, respira l'incredibile aria della vita con Dio…”. Cosi ci esorta l’apostolo Pietro: "Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (II Pietro, 3, 811). Non ci resta, carissimi, che vivere questo tempo dì Avvento, mettendo alle spalle una vita che non è attendere con gioia Dio che viene. Non facciamoci illudere dalle tante vanità che in questo tempo il mercato propone, chiamandole ‘Natale’, quando è solo ‘consumismo’. C'è davvero bisogno di una grande grazia, che ci converta, come esorta Giovanni Battista: "Inizio del Vangelo di Gesù, Figlio di Dio - scrive Marco. Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco dinnanzi a te io mando il mio messaggero; egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava il battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui da tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti da Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di 111 Commento [PC106]: natale pelle attorno ai fianchi e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: Viene dopo di me, colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi, per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi battezzo con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo" (Mc. 1, 18). Come vorremmo, spiritualmente, essere tra quella folla che correva incontro a Giovanni Battista, vero segno della beatitudine della povertà, che rendeva credibile ciò che diceva, per farsi da lui convertire e immergerci nel Giordano. Lo sconforto, per non chiamarlo delusione, che si vive oggi, suscita la voglia di trovare chi doni serenità. Una serenità che non appartiene a quanto offre questa terra. Noi siamo figli di Dio e la serenità è solo nell'andare incontro a Lui o meglio attendere che Lui, con la tenerezza che Lo distingue, si faccia vicino a noi, sempre che noi rispondiamo al Suo accorato appello: "Vieni con me, dove io sono, in te stesso: ti darò la chiave dell'esistenza. Là dove sono io,-là eternamente è il segreto della tua origine. Invano ti dibatti, non ti difenderai eternamente contro la mia pace. Lo senti o no che io sono qui, il commensale che aspettavi? Il mio riposo è abbastanza per te? Che dice questo tuo povero cuore? Se tu non fossi mio figlio, io non sarei qui oggi. Quel Padre a cui il figlio prodigo getta le braccia attorno al collo. Per non preferirmi, bisognava che tu non mi avessi conosciuto. Come può morire colui che ho ammesso fino al mio essere? Dove sono le tue mani che non siano le mie? E i tuoi piedi che non siano confitti nella stessa croce? Dov'è il tuo 'io' che non mi ascolti? Noi siamo vicinissimi l'uno all'altro e ci diventa più difficile essere altrove. Come fare per separarmi da te, senza che tu mi strappi il cuore?” (da Dialogo di Dio con l'uomo di Paul Claudel). Commento [PC107]: poesia Venne un uomo mandato da Dio III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008) Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 La si sente nell'aria l'attesa del Santo Natale. Per chi ha una salda fede è l'attesa che cambi qualcosa, come solo Dio può fare, servendosi di noi in questo mondo. Per chi Natale è solo un'occasione di doni, è la fragile gioia di fare contenti per un momento coloro che amiamo, per chi è solo consumo, diventa un frenetico scambio di auguri, in tutti i modi. Come se tutti volessero farci ricordare che 'ci siamo', almeno per un giorno! Ma per noi la gioia viene da altra sorgente, che è vera Gioia: la venuta tra dì noi di Dio, nato a Betlemme. Dio fra noi, come uno di noi. Immensità di amore: vera follia di Dio che, nella sua infinita grandezza, ci ama così tanto - noi, cosa da niente, troppe volte - perché ai suoi occhi di Padre chiunque di noi è di immenso pregio, siamo figli da Lui creati! E un Padre non può fare a meno di 'riavere' accanto a sé, se vogliono, i figli che ama. Canta il profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti 112 Commento [PC108]: Natale di salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Perché come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suon semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti” (Is 61, 10-11). “Ma è ancora necessario un Salvatore - affermava Benedetto XVI, nel Natale del 2006 - per l'uomo del terzo millennio? Per l'uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l'Universo? Ha bisogno di un Salvatore l'uomo che ha inventato la comunicazione interattiva che naviga nell'oceano virtuale di Internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta come sicuro e autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi, quest'uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non è. Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà, in questo tempo di abbondanza e consumismo sfrenato. C'è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell'odio razziale e religioso. C'è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall'uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza, in un'epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti. E che dire di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell'uomo? Che fare per chi è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile e si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell'alcool e della droga? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita? Come non sentire che proprio dal profondo di questa umanità gaudente e disperata si leva una invocazione straziante di aiuto? t proprio il Natale di Gesù, Figlio di Dio, che fa entrare nel mondo 'la luce vera, che illumina ogni uomo'. A Natale, proprio in questo che si definisce 'oggi', Cristo viene tra la sua gente e a chi Lo accoglie dà il potere di diventare figli di Dio, di condividere la gioia dell'Amore. Gesù, il Salvatore, sa che noi abbiamo bisogno di Lui. Ed è proprio nell'intimo dell'uomo, che la Bibbia chiama 'cuore', che egli ha bisogno di essere salvato”. E la Chiesa, oggi, come a confermare la riscoperta della Gioia annunciata dal profeta Isaia, con la Lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi, annuncia: “Fratelli, siate sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vegliate su ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile con la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Lui che vi chiama: Egli farà tutto questo” (Tess 5, 16-24). E 113 Commento [PC109]: Papa poi ci invita a cedere il posto alla grande discesa di Dio tra di noi, presentandoci chi apre la via a chi desidera ricevere Dio. E chi non Lo può almeno desiderare? É la sola gioia di cui abbiamo sete, anche se forse non lo sappiamo. Dice Giovanni, l'apostolo: “Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone, per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la Luce, ma doveva dare testimonianza alla Luce” (Gv 1, 6-8). Leggendo questo testo mi viene alla mente uno dei momenti più intensi di commozione di tutta la Chiesa e del mondo, credo. Era la vigilia della morte di Giovanni XXIII, 'il Papa buono', come tutti lo definivano, senza distinzione di classe o di religione. Il suo sorriso, la sua semplicità, la sua bontà, che sembravano non conoscere confini o barriere, erano riusciti a penetrare ovunque e chiunque, come la luce del sole, che non si fa fermare da ostacoli e tutto illumina. Tutti eravamo abituati a sentircelo così vicino, come fosse uno di famiglia, uno che capiva, uno che aveva negli occhi, nelle parole, nei gesti, i grandi orizzonti dell'amore, che superano le grettezze di cuore, che sono sempre vicoli stretti e a volte chiusi. La sera dell'11 ottobre, all'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quando parlando a braccio dalla finestra, che dava sulla Piazza di S. Pietro, aveva mandato una carezza ai bambini e ai malati – ‘la carezza del Papa’ - si era avuta la sensazione che tutto il mondo fosse accarezzato da Dio stesso, tanta era la inaspettata gioia che quelle parole avevano dato. Allora, come la sera della sua morte, piansi: un pianto che poteva stare bene anche in Paradiso, e mi dissi: ‘Se un uomo è capace di tanto amore, cosa mai sarà il sorriso, la bontà e la carezza di Dio’. Il Paradiso, in entrambe le sere, mi sembrò più vicino. Giovanni XXIII aveva il dono, tramite la sua bontà, di farci nascere il desiderio di essere migliori, la nostalgia del Cielo. ‘Ma chi era mai costui?' veniva da chiederci, come si interrogarono quanti accostavano Giovanni Battista. La risposta ce la demmo con dolore quella sera, in cui tutta la Chiesa, e non solo, pregava perché il Signore lo conservasse ancora tra noi. Ne avevamo bisogno: avevamo bisogno del sorriso, come forse ancora di più oggi. potevamo fare a meno di tante altre persone, che si credevano potenti, ma che con la loro boria pericolosa costituiscono solo un timore per il mondo. Davanti a Giovanni XXIII di colpo tutto perdeva importanza, dalla ricchezza allo stupido orgoglio. Prepotentemente lui ci comunicava che la ricchezza più bella e insostituibile è l’amore, quello donatoci da Dio: Dio stesso. Volendolo ancora vicino, come non dovesse conoscere la morte, ma consapevoli che ormai Dio lo voleva vicino a Sé, come il buon servo fedele, che aveva testimoniato la Luce, in coro ci siamo detti: 'Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone della Luce'. Per lui assumeva la veste della verità, quanto affermava il profeta 114 Commento [PC110]: Propria esperienza Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché il Signore mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore” (Is 61,1-2). Una domanda che si pongono tanti, oggi, da ogni parte: perché la gente pare non senta più la necessità del sorriso di Dio? L'uomo può veramente vivere senza sentirsi amato? Viene Natale e si ha quasi paura di risvegliare la gioia, perché Gesù sarà presto tra di noi, come Uno di noi. Uno che sarà tanto di casa da suscitare speranza, come sapeva fare il sorriso di Papa Giovanni XXIII. Ma non temiamo di seguire un rituale, del resto anche poco opportuno in questo tempo di crisi, facendo lunghe file davanti ai negozi, rincorrendo la fantasia di chi vuole venderci qualcosa 'perché è Natale'! Forse non ci passa neppure per la testa che c'è davvero Commento [PC111]: Natale tanta gente che letteralmente muore di fame ed è un dito di accusa puntato contro questa nostra corsa al regalo o al pranzo natalizio. È come se di colpo spegnessimo le stelle del cielo, che sono come una finestra sul Paradiso, per costruirci un cielo di stelle di carta, che incorniciano le nostre vie, ma appartengono ad un 'cielo basso', che nulla può darci di vera gioia. Abbiamo bisogno di vederci vicino testimoni di luce: gente che, illuminata dalla carità, quasi ci ripeta con il Battista: “Io ti battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete, Uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali”. Con Mons.Tonino Bello offro questa preghiera: “Ti chiedo, Signore, di far provare a questa gente ebbrezza di vivere insieme. Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda. Falle sentire che per crescere insieme, non basta tirar fuori dall'armadio i ricordi del passato, ricordi splendidi e festosi, ma occorre spalancare la finestra sul futuro, osando insieme, sacrificandosi insieme. Da soli non si cammina più. Fa' che il suo Natale sia una danza di giovinezza, concerti di campane, una liberazione di speranze prigioniere, il disseppellimento di attese comuni a volte interrate nelle caverne dell'anima”. A tutti auguro oggi di farsi testimoni di luce e di gioia, testimoni di carità, in modo da diventare credibili annunciatori della gioia del Natale. Lo possiamo, lo dobbiamo fare, perché oggi, senza averne piena coscienza tanti attendono il Natale, ossia Dio che si fa vicino, Uno come noi, Uno con noi. Un sì che diventa la nostra storia IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008) Vangelo: Lc 1,26-38 Che il Santo Natale abbia avuto - ed abbia - un fascino unico nel cuore di tanti è innegabile. In questi giorni, poi, che ci accostiamo alla Solennità, questo fascino diventa l'aria di una grande attesa di speranza, di 'nuovo’, che ha le sue radici nel cuore dell'uomo, 115 Commento [PC112]: Autori contemporanei sempre che questi appartenga 'agli uomini di buona volontà'. E' un'attesa coltivata da secoli e mai scomparsa, che dovrebbe essere consapevole e vigile nella nostra esperienza quotidiana, perché la nostra vita e quella di tutti sia migliore in ogni senso. Quest'anno le ristrettezze economiche, dovute a quella che chiamano 'recessione’, ci rendono più cauti nelle spese e nei regali. Ne soffre il consumismo, ma il ritorno ad una vita più sobria e semplice, dove riprende il suo posto il cuore e non le cose, dovrebbe fare emergere la gioia e la necessità che ritorni la pace cantata dagli Angeli sulla grotta di Betlemme. Sarà così? La risposta dipende da ciascuno di noi. Gesù troverà in noi la 'grotta e la mangiatoia' che Lo Commento [PC113]: Attualità accolgono? Se, come invita il profeta Isaia, 'spianiamo la via al Signore', sarà proprio la ritrovata semplicità del Natale, che farà spazio alla fede, alla gioia, all'amore. Ma occorre avere il coraggio di dire 'sì' a Dio, come fece Maria. C'è una preghiera che segna il nostro tempo, giorno per giorno, richiamando il grande evento dell'Annunciazione. Nelle nostre Chiese, l'evento che meditiamo oggi, ci viene ricordato con l'Angelus, scandito dalle campane, ogni giorno, al mattino, a pranzo e a sera. Un evento che ci ricorda lo stupore dell'Annunciazione. Nelle nostre famiglie, un tempo, e forse anche oggi, in tanti si risponde al suono delle campane, con la tradizionale preghiera, che è il racconto dei racconti, l'Angelus, appunto: “L'Angelo del Signore portò l'annunzio a Maria ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la Tua Parola. E il Verbo di Dio si è fatto carne ed abitò tra noi. Prega per noi santa Madre di Dio, perché siamo fatti degni delle promesse di Cristo”. Una preghiera quotidiana, che è l'orologio della salvezza e ci ricorda il Natale di Gesù. ogni giorno. Tre volte al giorno. I passi di Maria, che accompagnano i nostri passi, o così dovrebbe essere. Leggiamo, dunque, assaporando parola per parola, il racconto dell'Annunciazione, di cui la Chiesa 'fa memoria', oggi. "In quel tempo, Dio mandò l'Angelo Gabriele a Nazareth, un villaggio della Galilea. L'angelo andò da una fanciulla che era fidanzata ad un certo Giuseppe, discendente del re Davide. La fanciulla si chiamava Maria. l'angelo entrò in casa e le disse: Rallegrati, Maria, il Signore è con te. Egli ti ha colmata di grazia. Maria fu molto impressionata da queste parole e si domandava sul significato che poteva avere quel saluto. Ma l'angelo le disse: Non temere, Maria! tu hai trovato grazia presso Dio. Avrai un figlio, lo darai alla luce e gli metterai il nome Gesù. egli sarà grande e Dio, l'Onnipotente, lo chiamerà Suo Figlio. Il Signore lo farà re, lo porrà sul trono di Davide, suo padre ed egli regnerà per sempre sul popolo di Israele. Il Suo regno non finirà mai. Allora Maria disse all'angelo: Come è possibile questo dal momento che io sono vergine? L'angelo rispose: Lo Spirito Santo verrà su di te e l'Onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà. Per questo il bambino 116 Commento [PC114]: tradizione che avrai sarà santo, Figlio di Dio. Vedi, Elisabetta, tua parente, alla sua età aspetta un figlio. Tutti pensavano che non potesse avere bambini, eppure è già al sesto mese Nulla è impossibile a Dio!: Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, Dio faccia con me come tu hai detto. Poi l'angelo la lasciò" (Lc 1, 26-38). “Pensiamo per un momento affermava Paolo VI - all'avvenimento prodigioso che l'annunciazione ci ricorda. Ci ricorda l'entrata nuova, soprannaturale, personale, di Dio nel mondo delle sue creature, anzi nella nostra terra, nella nostra storia, nella nostra natura umana. È la festa dell'Incarnazione; è la prima, la più profonda, la più ineffabile festa del poema cristiano. È la festa del più miracoloso avvenimento che sia mai accaduto nel corso dei secoli. Pensiamo: il Verbo di Dio, Dio Lui stesso, in virtù dello Spirito Santo, l'Amore infinito calato sopra la più innocente figlia di questa terra, viene a vivere da uomo, come uno di noi (esclusa la nostra condizione radicale di peccatori), fondendo in sé con la sua natura divina la nostra natura umana; assume la nostra carne, la nostra forma di vita, la nostra sorte. Maria diventa così madre di Cristo, cioè madre di Dio fatto uomo. Siamo tentati di dire che questo mistero dell'Incarnazione, è troppo grande, più difficile a comprendersi di ogni altro; è sconvolgente e sbalorditivo, tocca l'impensabile e l'impossibile. Così l'ineffabile 'fiat' di Maria innestò l'amore salvifico di Dio nel campo umano. Un 'sì', un atto di accettazione cosciente, di obbedienza voluta, di carità libera, ebbe espressione dal cuore e dalle labbra di Maria; ella ci rappresentò tutti; ella, l'unica la cui voce potesse veramente rispondere alla sovrana chiamata di Dio. Ella tutti ci istruì sul modo di realizzare la nostra salvezza, che è nell'accettare la volontà di Dio. Poniamo l'orecchio a quella candida, innocente voce di Maria che ancora risuona per noi: 'Si faccia in me secondo la tua parola'; e nel riudire quell'umile e decisivo messaggio lasciamo che una pietà immensa riempia il nostro cuore di riconoscenza e di lode e di fiducia. Lasciamo che il suo esempio tracci a noi la lezione di cui abbiamo maggiormente bisogno, perché Dio si incarni nella nostra vita, perché la sua volontà, che ha nei cieli il suo regno, sì realizzi qui in terra, nel regno sconvolto dalla nostra voglia di libertà, nella volontà, perché possiamo essere davvero seguaci di Cristo e fruire della sua salvezza; occorre perciò che anche noi impariamo a dire 'sì' ai voleri di Dio, anche quando sono grandi, anche quando sono incomprensibili, anche quando sono per noi dolorosi. Ci insegni Maria Annunziata a dire la grande parola: 'Sì, fiat, sia fatta, o Signore, la Tua volontà" (Paolo VI, 25 marzo 1961). Ormai siamo vicini al Natale, tanto vicini. Non ci resta che essere degni e preparati ad accogliere Dio che viene ed attende il nostro 'sì'. Sarebbe davvero un'imperdonabile superficialità se sbarrassimo la porta a Gesù, per aprirla solo ad altro di effimero e materiale. Ma sono certo che questi giorni, che ci 117 Commento [PC115]: papa avvicinano al Natale, i miei amici saranno come i pastori, in attesa che l'Angelo annunci la nascita, in noi, di Gesù. È questa la gioia che tutti vorremmo e che Gesù solo sa e può donarci, solo se glielo permettiamo. Preghiamo con la Chiesa nell'attesa del Natale. "Stillate o cieli dall'alto e le nubi piovano giustizia. Si apra la terra e produca la salvezza. Spunterà la radice di Jesse - che verrà a giudicare i popoli: i popoli in Lui potranno sperare. Cercate il Signore e confortatevi cercate sempre il Suo Volto. Dite alla figlia di Sion: ecco il nostro Salvatore verrà con potenza". 118 Commento [PC116]: attualizzazi one 6. BIBLIOGRAFIA 6.1 Fonti CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 19832. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Lezionario domenicale e festivo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, voll. 1–3. 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INDICE GENERALE Sommario______________________________________________________ pag.3 Sigle e abbreviazioni _____________________________________________ pag.4 1. Introduzione 1.1 L’irrompere del web nell’evangelizzazione: una sfida per la Chiesa __________________________________________ pag.5 1.2 Dalla curiosità dei primi tempi all’impegno dell’oggi _______________ pag.6 1.3 Nuove frontiere, nuovi orizzonti per l’evangelizzazione _____________ pag.8 1.4 Metodologia del lavoro: dall’analisi delle indicazioni magisteriali e degli apporti della scienza della comunicazione, alla scelta delle omelie da analizzare, alla valutazione delle stesse. ____________________________ pag.10 2. L’omelia: definizione di criteri di validità 2.1 Un problema metodologico, l’assenza di una definizione sintetica, comune e condivisa _______________________________________________ pag.12 2.2 Omelia: dalla ridefinizione Conciliare alla crisi dell’oggi ______________ pag.14 2.3 Come deve essere l’omelia secondo il Magistero _____________________ pag.16 2.3.1 La riflessione del Concilio Vaticano II ____________________________ 2.3.2 I documenti successivi ________________________________________ pag.19 2.3.3 L’omelia: il riconoscimento dell’azione di Dio nella storia e nella storia della comunità celebrante. __________________________________________ pag.22 2.4 Come deve essere l’omelia secondo la Liturgia ______________________ 2.4.1 Il Messale Romano ___________________________________________ pag.23 2.4.2 Il Lezionario ________________________________________________ pag.24 2.4.3 L’omelia: attualizzare, rendere viva la Parola celebrata ______________ pag.26 2.5 L’irrinunciabile apporto dell’esegesi biblica nell’omiletica _____________ pag.27 2.5.1 L’esegesi spirituale auspicata dal Concilio ________________________ 2.5.2 I recenti documenti sull’interpretazione delle Scritture ______________ pag.29 2.5.3 L’omelia: la lettura nello Spirito della Parola per la crescita del fedele ___ pag.33 2.6 Una nuova frontiera: le scienze della comunicazione___________________ pag.34 2.6.1 Dalla retorica alle nuove tecniche di comunicazione__________________ 127 2.6.2 Opportunità e limiti della nuova comunicazione 2.6.2.1 Omelia come messaggio _____________________________________ pag.36 2.6.2.2 Messaggio e rapporto personale _______________________________ 2.6.2.3 Messaggio e codice comunicativo _____________________________ pag.37 2.6.2.4 Messaggio e destinatari _____________________________________ pag.38 2.6.2.5 Messaggio e disturbi della comunicazione ______________________ 2.6.3 L’omelia: intervento diretto, appassionato, credibile, vero dell’azione di Dio nel presbitero e nella comunità ecclesiale. _____________________________ pag.40 2.7 Una griglia di interpretazione ____________________________________ pag.41 2.7.1 Criteri per una valutazione critica ________________________________ pag.43 3. Analisi dei testi 3.1 Criteri per la scelta di alcune omelie ______________________________ pag.45 3.2 La scelta degli autori __________________________________________ pag.46 3.2.1. Monsignor Vincenzo Paglia ___________________________________ 3.2.2 Ermes Ronchi _______________________________________________ pag.47 3.2.3 Mons. Antonio Riboldi ________________________________________ 3.3 La scelta del tempo liturgico _________________________________ pag.48 3.4 Nota metodologica _____________________________________________ pag.49 3.5 Analisi di alcune omelie esemplari 3.5.1 Mons. Vincenzo Paglia ________________________________________ pag.50 3.5.1.1 Il piano di lavoro dell’autore __________________________________ 3.5.1.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.51 3.5.1.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.52 3.5.1.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. _____________________________ 3.5.1.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia _______ pag.53 3.5.1.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.56 3.5.1.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità ___________________________________________ pag.58 3.5.1.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta ____________________________________________ pag.59 3.5.1.7 Osservazioni critiche conclusive ______________________________ pag.60 128 3.5.2 Padre Ermes Ronchi 3.5.2.1 Il piano di lavoro dell’autore _________________________________ pag.61 3.5.2.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.62 3.5.2.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.63 3.5.2.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. ______________________________ 3.5.2.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia ________ pag.64 3.5.2.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.67 3.5.2.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità ____ pag.69 3.5.2.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta _____________________________________________ pag.71 3.5.2.7 Osservazioni critiche conclusive _______________________________ 3.5.3 Mons. Antonio Riboldi 3.5.3.1 Il piano di lavoro dell’autore __________________________________ pag.73 3.5.3.1.1 Analisi dettagliata di un’omelia ______________________________ pag.74 3.5.3.1.2 Analisi critica del testo _____________________________________ pag.75 3.5.3.2 Pertinenza del contenuto dell’omelia col particolare momento celebrativo liturgico in cui essa è dettata. ______________________________ 3.5.3.3 Retta interpretazione della Parola di Dio nel testo dell’omelia ________ pag.76 3.5.3.4 Sviluppo di qualche aspetto del mistero della fede nell’omelia _______ pag.78 3.5.3.5 Efficacia del contenuto dell’omelia quanto alla sua comprensibilità ____________________________________________ pag.80 3.5.3.6 Preparazione dell’omelia come occasione di studio e di riflessione spirituale per l’omileta ____________________________________________ pag.82 3.5.3.7 Osservazioni critiche conclusive _______________________________ pag.83 4. Considerazioni generali conclusive 4.1 Una valutazione complessiva del campione analizzato _________________ pag.84 4.2 I problemi dell’uso corretto delle omelie come sussidi da mediare e incarnare _____________________________________________ pag.85 4.2.1 I fruitori per fini pastorali ______________________________________ pag.86 4.2.2 I fruitori per fini personali _____________________________________ pag.88 4.3 Piccolo vademecum per l’uso corretto delle omelie in internet ___________ pag.90 129 4.4 Uno sguardo prospettico ________________________________________ pag.91 5. Appendice Testi delle omelie analizzate ________________________________________ pag.94 6. Bibliografia __________________________________________________ pag.119 7. Indice generale _______________________________________________ pag.127 130