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1. LA SCUOLA DI
FRANCOFORTE
1.1. Caratteristiche generali
1.2. La filosofia della Scuola di
Francoforte
1.2.1. Critica
dell'Illuminismo
1.2.2. Critica all'hegelismo
1.2.3. Critica al marxismo
1.2.4. Critica all'industria
culturale
1.3. I rappresentanti della
Scuola
1.3.1. Max Horkheimer
1.3.2. Theodor Adorno
1.3.3. Herbert Marcuse
1.3.4. Fromm
4.BIBLIOGRAFIA
4.1. Psicoanalisi e religione del
1950
4.2. Il linguaggio dimenticato
del 1951
4.2.1.La Fiaba di
cappuccetto rosso
4.3.Psicanalisi della società
2. VITA
contemporanea del 1955
2.1. Dilemmi e soluzioni
4.4.Marx e Freud del 1962
preliminari sulla vita di Fromm 4.5.Psicoanalisi dell’amore del
2.1.1. Il carattere
1964
4.6.Psicoanalisi e buddhismo
3. Pensiero
zen del 1968
3.1. Esistenzialismo ed
4.7. Voi sarete come dei: una
evoluzionismo
interpretazione radicale del
3.1.1. Sviluppo e
Vecchio Testamento e della
autoconservazione
sua tradizione del 1970
3.1.2. il paradosso
4.7.1. L’idea del Vecchi
dell’esistenza umana
Testamento
3.1.2.1. Possibili soluzioni
4.7.2. Il tempo messianico
3.1.3. La conquista della
4.7.3. La malattia mentale
libertà
4.8. La crisi della psicoanalisi
3.1.4. Le visioni integrali
del 1970
della vita
4.9. Anatomia della
3.2. Individuo e società
distruttività umana del 1973
3.3. Il marxismo
4.9.1. Istinti e passioni
3.3.1. Il marxismo e la
umane
psicologia
4.9.2. L’aggressione
3.4. La psicoanalisi e Freud
difensiva e maligna
3.5. Umanesimo ed
4.10. La disobbedienza e altri
esistenzialismo
saggi del 1981
3.5.1. L’etica umanistica
4.11. Fuga dalla libertà del
3.5.2. La lettura dei simboli 1987
3.5.2.1. Il Matriarcato e il
4.12. I cosiddetti sani: la
patriarcato
patologia della normalità del
3.5.3. Il futuro dell’uomo
1991
3.6. Psicoanalisi
4.12.1.IL concetto di
3.6.1. La psicosomatica e gli alienazione
altri disturbi
4.12.2. Quarta parte
3.6.2. Relazione analitica
4.13. L’arte di vivere del 1996
3.7. La caratterologia
4.14. L'arte di amare del 1999
3.7.1. Gli orientamenti di
4.15. Avere o essere? del
carattere
1999
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3.7.1.1. Orientamenti non
produttivi
3.7.1.2. Orientamento
produttivo
3.7.2. Carattere ricettivo
3.7.3. Carattere sfruttatore
3.7.4.
Carattere accumulante
3.7.5. Carattere mercantile
3.7.6. Carattere produttivo
3.7.7. Carattere necrofilo
3.7.8. Carattere biofilo
3.7.8.1. Aggressività
3.7.9. Caratteri non
produttivi
3.7.10. Carattere e società
3.7.11. Uomo di massa
3.8. Salute mentale e società
contemporanea
3.8.1. Depressione
3.9. Società sana
3.9.1. Inconscio e società
3.9.2. Educazione sociale
3.9.3. Sistemi di
orientamento
3.10 Religione e
individuazione: vecchio
testamento
3.10.1 Primo atto: Genesi
3.10.2. Secondo atto: Il
Messia
3.10.3. Terzo atto:
Indipendenza da Dio
3.10.4. La speranza perduta
3.10.5. L’idolatria
3.11. Psicologia della guerra
3.11.1. Diverse forme di
violenza
3.11.2. Guerra e narcisismo
3.12. Passioni razionali e
irrazionali
3.13. Necrofilia e biofilia
3.13.1. Biofilia e Necrofilia
nella società
3.14. Narcisismo
3.15. Fissazione incestuosa
3.15.1. La differenza con
Freud
3.16. Patologia
3.17. L' Arte di Amare
3.17.1. Tenerezza
3.17.2. La sessualità
3.18. La tecnica psicoanalitica
3.18.1. Correlazione "center
to center"
3.18.2. Rispetto per il
paziente
5. BRANI ANTOLOGICI
5.1. Da "Psicanalisi e
religione"
5.1.1. Il problema
5.2.Da "Il linguaggio
dimenticato"
5.2.1. I simboli
5.2.2. Le premesse
5.2.3. L'arte
dell'interpretazione dei sogni
5.2.4. Freud ed Edipo
5.3. Da "Psicanalisi della
società contemporanea"
5.3.1. Una società può
essere ammalata
5.4. Da "Marx e Freud"
5.4.1. La centralità
dell’uomo
5.5. Da "Psicoanalisi
dell’amore"
5.6. Da "Psicoanalisi e
buddhismo zen"
5.6.1. Teoria e pratica,
pensiero ed emozionalità non
possono venir separati
5.6.1.1. Nell'atto di
conoscere se stesso l'uomo
trasforma se stesso
5.6.2. Approccio
psicoanalitico: render conscio
l'inconscio (de-rimozione)
5.6.3. Superamento
dell'avidità
5.7.Da "Voi sarete come dei:
una interpretazione radicale
del Vecchio Testamento e
della sua tradizione"
5.7.1. Introduzione
5.7.2. Il concetto di Dio
5.8.Da "Anatomia della
distruttività umana"
5.8.1. Cause della guerra
5.9. Da "Grandezza e limiti del
pensiero di Freud"
5.9.1. Il problema della
verità scientifica
5.9.2. Le radici degli errori
di Freud
5.10. Da "La disobbedienza e
altri saggi"
5.11. Da "Fuga dalla libertà"
5.12. Da "I cosiddetti sani: la
patologia della normalità"
5.12.1. L'alienazione come
malattia dell’uomo moderno
5.12.1.1. Il processo di
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3.18.3. Il sintomo
3.18.4. Il patto terapeutico
3.18.5. Resistenze
3.18.6. La seduta
psicoanalitica
3.18.6.1. Qui e ora della
seduta
3.18.7. L'interpretazione dei
sogni
3.18.8 L'attivazione
psicoterapeutica
3.18.9. Transfert e
controtransfert
3.18.9.1.Trasfert e
rapporto "center to center"
3.18.10. Controtransfert
3.19. Psicoanalisi ed
esperienza religiosa
3.20. Relazione analitica e
umanità
3.21. Il senso della vita
3.22. Psicoanalisi e società
contemporanea
3.23. Avere o essere
astrazione e l'alienazione dalle
cose
5.12.2. L'alienazione nella
percezione dell'uomo
5.12.3. L'alienazione nel
linguaggio
5.13. Da "L'arte di vivere"
5.14. Da "L'arte di amare"
5.14.1. Gli oggetti d’amore
5.14.2. Amore fraterno
5.14.3. Amore Materno
5.14.4. Altruismo materno
5.15. Da "Avere o essere?"
6. AFORISMI
7. CONFRONTI
7.1. Fromm e Lacan
7.2. Fromm e Kohut
7.3. Fromm e Georg Groddeck
7.3.1. Il concetto di
inconscio
7.3.2. Il linguaggio
7.3.3. Il femminile
1. LA SCUOLA DI FRANCOFORTE
1.1.Caratteristiche generali
La Scuola di Francoforte costituisce uno dei momenti più importanti del panorama culturale e intellettuale,
delle scienze sociali e politiche e della filosofia, del XX secolo.
La Scuola di Francoforte nasce intorno ai primi anni del Novecento, a cura di un nutrito gruppo di studiosi
marxisti indipendenti riunito intorno all'Istituto per la Ricerca Sociale, che alla nascita era economicamente
indipendente perché nato appunto da una generosa donazione privata, anche se successivamente in seguito
l’istituto si affiliò all'Università di Francoforte.
Tra i primi direttori dell’istituto deve
essere ricordato Karl Grünberg, un
professore di Scienza politica
all'Università di Vienna, che nel 1910
aveva fondato l'Archivio per la storia del
socialismo e del movimento operaio,
rivista alla quale collaborarono anche
György Lukács e Karl Korsch.
L’istituto fu quasi sempre composto da
gruppi di intellettuali che esercitarono una
profonda influenza su tutto il pensiero
occidentale, i gruppo iniziale era
composto da economisti come H.
Grossmann e F. Pollock, lo storico F.
Borkenau Theodor Wiesengrund Adorno,
Franz Borkenau, Henryk Grossmann,
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Max Horkheimer, che assumerà la
direzione dell'Istituto nel 1930, Leo
Löwenthal, Friedrich Pollock, Karl August
Wittfogel, studioso delle società asiatiche
precapitalistiche e della società sovietica,
e solo successivamente intorno agli anni
’30 del novecento si aggiunsero Erich
Fromm ed Herbert Marcuse, ma anche il
sociologo della letteratura L. Löwenthal, il
politologo F. Neumann, e il critico
letterario e filosofo W. Benjamin.
Nel 1929 Max Horkheimer assume la direzione dell’istituto, e fu proprio sotto la sua direzione che si vengono
a creare le caratteristiche culturali e filosofiche che saranno le basi formative e identificative della Scuola di
Francoforte.
Tutto questo perché Horkheimer era un marxista indipendente, infatti egli non militava in alcun partito anche
se le sue simpatie politiche erano andate a Rosa Luxemburg, quindi a differenza dei comunisti e dei
socialdemocratici Horkheimer non riduceva il marxismo a un catechismo inerte, ne aveva abbandonato le
posizioni rivoluzionarie e si era conformato alla realtà esistente;ma egli creava un marxismo incentrato sulla
dialettica e alla ricerca continua di confronto con altre scuole di pensiero.
E questa nuova concezione dialettica del marxismo divenne la caratteristica fondamentale degli esponenti
della Scuola di Francoforte, infatti Horkheimer, Adorno, Marcuse e gli altri guardavano con estremo interesse
a György Lukács tanto che il suo libro “Storia e coscienza di classe”, che ha esercitato un influsso profondo
su tutto il marxismo occidentale, divenne il testo fondamentale del loro pensiero, incentrando il dibattito
verso un'aspra critica del pensiero scientifico, cioè del metodo delle scienze naturali, rimproverando
soprattutto l’approccio meccanicistico alla realtà, che si limitava a registrare e classificare i fenomeni, non
prendendo in considerazione le contraddizioni interne al mondo.
Ma il nazismo crea degli scompigli, la Scuola infatti per il suo pensiero filosofico non può rimanere a
Francoforte, così emigra prima a Ginevra, poi a Parigi, infine a New York, dove una parte, composta da
Marcuse, Fromm, Wittfogel, Neumann e Löwenthel, rimane in America, mentre Horkheimer, Adorno e
Pollock tornano in Germania, riedificando l'Istituto, nella cui atmosfera culturale si forma una nuova
generazione di studiosi, fra i quali A. Schmidt, O. Negt e J. Habermas, che rappresenta l'erede più
significativo della scuola.
1.2. La filosofia della Scuola di Francoforte
Il pensiero filosofico della Scuola di
Francoforte nasce e viene influenzato
da tre fenomeni storici principali
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dell'epoca, come la presenza del
nazifascismo in Europa occidentale,
che stimola la problematica
dell'autorità e i suoi nessi con la
società industriale moderna; così
come dello stalinismo nella Russia
sovietica; ed infine la nascita della
moderna società tecnologica e
opulenta americana, tutti fattori questi
che rappresentano per i rappresentanti
della scuola di Francoforte il segno di
una crisi socio-economica e teoricofilosofica di portata universale, infatti
per esempio il fascismo viene
considerato come la verità esplicita del
capitalismo, mentre il marxismo
ufficiale sovietico è l'antitesi del
marxismo di Marx ed Engels, ed infine
il pragmatismo americano ha sostituito
il concetto di verità con quelli di
probabilità e utilità.
Questo pensiero critico e negativo, che mira a smascherare le contraddizioni dei due suddetti sistemi e a
prospettare un modello utopico alternativo a entrambi, rappresenta in poche parole una teoria critica del
capitalismo e del comunismo sovietico, alla luce dell'ideale rivoluzionario di un'umanità futura libera,
disalienata. Per quanto riguarda lo sviluppo del suo pensiero la Scuola fa riferimento essenzialmente ad
autori come Hegel, Marx e Freud, per esempio prendono dalla tradizione hegelo-marxista quella tendenza
filosofica a impostare un discorso dialettico e totalizzante intorno alla società, cioè, come Hegel o Marx, si
mette in discussione la società globalmente intesa, cioè il sistema, esprimendosi su come dovrebbe essere;
mentre da Freud la scuola riprende gli strumenti analitici per lo studio della personalità e dei meccanismi di
"introiezione" dell'autorità.
Nello steso tempo gli autori appartenenti alla Scuola di Francoforte, in forte polemica con le correnti
neopositivistiche, criticano le premesse di fondo della concezione scientifica del mondo, radicata nel
cartesianismo e nel galileismo, inoltre non tollerano l'elevazione della metodologia quantitativa e
matematizzante delle scienze naturali a rigido modello logico di valore universale, applicabile cioè all'intero
campo delle scienze. La Scuola di Francoforte si serve della nozione di "criticità", derivata da Marx,
estendendola a campi scientifici non previsti originariamente dal marxismo, come la sociologia, psicologia,
ecc., anche se proprio del marxismo la scuola non prende molto in considerazione l'unità di teoria e politica,
che si è servita del fallimento della politica rivoluzionaria bolscevica per affermare il diritto di distinguere
teoria e prassi.
Sullo sfondo della crisi del marxismo, dei
processi di industrializzazione e
burocratizazione delle società occidentali
e delle minacce totalitarie rappresentate
dai regimi fascisti e dallo stalinismo, gli
esponenti della Scuola di Francoforte
sviluppano un coraggioso e polemico
programma di ricerca che culmina nella
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definizione della cosiddetta "teoria
critica"della società, nella quale
convergono sia temi di matrice filosofica
sia temi psicoanalitici, con particolare
interesse per la critica freudiana della
civiltà.
Secondo la Scuola di Francoforte infatti la ragione critica deve separare la teoria dalla prassi per poter
giudicare i tradimenti di quest'ultima e le falsificazioni di quelle teorie che pretendono di giustificare una
prassi reificata, questo non significa che viene eliminata l'esigenza di una prassi conforme alla teoria, ma
questa esigenza viene rimandata ad un futuro indeterminato, un cui si può avverare una utopia, che è un
concetto che ha sempre avuto in tale scuola una valenza positiva e costruttiva.
La teoria critica basa le sue categorie sul chiarimento e le legittimazione da parte della ricerca empirica e
deve essere nettamente distinta dalla teoria tradizionale, soprattutto per il fatto che a differenza, dello
studioso tradizionale di una disciplina specialistica, che considera esteriore la realtà sociale con i suoi
prodotti e, come cittadino, manifesta il suo interesse per essa scrivendo articoli politici, il pensiero critico
tenta di andare oltre tale tensione, è quindi presente una lotta contro il conformismo del pensiero, cioè contro
la convinzione che esso sia una professione stabile, un ambito chiuso all’interno della totalità sociale.
Come la filosofia, la teoria critica si oppone all’acquiescenza alla realtà, al positivismo soddisfatto; ma, a
differenza della filosofia, trae i suoi obiettivi soltanto dalle tendenze presenti del processo sociale e non teme
l’utopia.
La ragione critica è una dialettica che conserva sia la teoria che la prassi, ma è solo negativa, perché non
ambisce a postulare una prassi politica alternativa, infatti solo la coscienza o la cultura possono pretendere
una valenza alternativa. D'altra parte la dialettica negativa esclude che nella storia sia possibile una
compiuta identità di teoria e prassi: ciò che è possibile è solo una continua ricerca di questa identità. Quindi
ogni ideologia totalitaria viene severamente condannata, perché qualsiasi ideologia o filosofia che da critica
si trasforma in positiva, si sclerotizza e muore, perché fondamentalmente per i sostenitori della Scuola di
Francoforte, la non-identità di essere e pensiero che garantisce la verità, poiché essa è la sola che permette
al pensiero di criticare le contraddizioni della realtà.
Sul piano filosofico la Scuola di Francoforte è sostanzialmente una teoria critica della società presente, alla
luce dell'ideale rivoluzionario di un'umanità futura libera e disalienata. Come tale, la scuola di Francoforte
intende porsi come una coscienza critica e negativa nei confronti dell'esistente, teso a smascherarne le
contraddizioni profonde e nascoste mediante un modello utopico in grado di fungere da pungolo
rivoluzionario per un mutamento radicale della società.
Viene impostato un discorso dialettico e totalizzante intorno alla società. Dialettico perché evidenzia le
contraddizioni intrinseche. Totalizzante perché invece di fermarsi alla constatazione analitica e statistica di
ciò che essa è, intende metterla in discussione nella sua globalità.
1.2.1. Critica dell'Illuminismo
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L’opera più importante della Scuola di Francoforte è
stata scritta da Horkheimer e Adorno nel 1947, con il
titolo "Dialettica dell'Illuminismo", nella quale
l'Illuminismo non rappresenta solo l'ideologia del
movimento filosofico del XVIII sec., ma anche
l'ideologia dominante della società capitalistica e
persino tutto il complesso di atteggiamenti che,
dall'uomo primitivo a quello moderno, ha perseguito
l'ideale di una razionalizzazione del mondo tesa a
renderlo soggiogabile da parte dell'uomo.
Infatti gli Autori rappresentanti della scuola di Francoforte vedevano l'Illuminismo, che da sempre ha
perseguito l'obiettivo di togliere all'uomo la paura, di smascherare i miti, di rendere l'uomo padrone della
natura, come mito e totalitarismo, anche perché egli stesso ha avuto bisogno di miti per celare la propria
intrinseca irrazionalità, che è determinata dal fatto che la pretesa di dominare sempre più la natura tende a
rovesciarsi in un progressivo dominio dell'uomo sull'uomo e in un generale asservimento dell'individuo al
sistema sociale.
L’opera ripercorre il racconto omerico del passaggio di Ulisse davanti alle sirene; Ulisse, per sentire il canto
delle sirene, senza restarne ammaliato, rinuncia al lavoro e si fa legare all'albero della nave, come il padrone
terriero che fa lavorare gli altri, qui i marinai, per sé, che è anche la sorte della borghesia, che si nega tanto
più la felicità quanto più, crescendo in potenza, l'ha a portata di mano.
Nelle società classiste, il signore che fa lavorare gli altri, pur potendo accogliere gli inviti della felicità, è
chiuso nel suo alienante ruolo sociale. Mentre i servi, che con le orecchie chiuse dalla cera continuano a
lavorare, pagano la loro capacità produttiva con l'incapacità di ascoltare dei richiami che trascendono la loro
situazione. Cioè il proletariato, integrato nel sistema, perde la carica rivoluzionaria. A dominare è il ruolo
sociale, alienato, cui ognuno deve conformarsi.
La società ha perso la fiducia in una ragione oggettiva,
che crede nell'esistenza di verità universali e
immutabili, come Platone, Aristotele, Scolastica,
Idealismo tedesco, cioè nella capacità dell'uomo di
scegliere i fini per orientare la propria vita. La società si
è affidata a una ragione strumentale soggettiva, tesa a
individuare i mezzi per perseguire dei fini che la società
stessa non può controllare, dal pragmatismo al
neoempirismo.
Le scelte non aderiscono alla logica della ragione e
della verità, ma a quella del dominio e del potere, quindi
la filosofia ha il compito di criticare la ragione
strumentale, ridando fiducia all'uomo.
1.2.2. Critica all'hegelismo
Oltre alla critica all’Illuminismo, due importanti rappresentanti della Scuola di Francoforte, Marcuse, in
"Ragione e rivoluzione", e Adorno in "Tre studi su Hegel", hanno cercato di liberare Hegel dall'accusa di aver
precorso il nazismo e di aver creato un "sistema reazionario" pur al cospetto di un "metodo progressivo".
E in questo atto di liberazione Marcuse afferma che la ragione hegeliana è in grado di prendere coscienza
delle proprie contraddizioni, anche se Hegel avrebbe poi tradito i contenuti della sua stessa filosofia, mentre
Adorno afferma che il contenuto filosofico dell'idealismo hegeliano possiede la capacità di superare
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l'idealismo stesso, e quindi la sola colpa di Hegel è quella di far coincidere "totalità" con "conclusività", cioè
nell'averla conciliata con la realtà, perché la vera forma della totalità è invece una costante "non identità",
essa può esprimersi solo nella negazione e nel continuo rimando utopico.
In modo più preciso Adorno spiega che la funzione primaria della dialettica non è quella hegeliana della
sintesi o conciliazione, ma quella critico-negativa, in virtù della quale si possono mettere in discussione le
varie pretese d'identità fra ragione e realtà, e svelare le contraddizioni non conciliate che caratterizzano il
mondo in cui viviamo, e questo pensiero nasce dalla constatazione del fatto che dopo Auschwitz ogni
filosofia idealistica, che giustifichi la realtà, non abbia più senso.
1.2.3. Critica al marxismo
Come detto sopra le basi fondamentali della filosofia della Scuola di Francoforte si trovano nelle idee di
Marx, soprattutto nelle idee giovanili di Marx, anche se in realtà essi hanno sempre trascurato il carattere
strutturalmente economico dei conflitti sociali e l'importanza dei rapporti produttivi, per esempio Horkheimer
ha negato al proletariato del suo tempo la capacità rivoluzionaria e ha attribuito il compito di portatore della
verità più all'intellettuale critico che alla classe degli sfruttati.
La Scuola di Francoforte è stata spesso
accusata di essere "apocalittica" e
"romantica", ma molte delle sue analisi si
rivelano estremamente efficaci nel mondo
liberista e globale di oggi, dominato dalla
guerra come strumento di affermazione
della propria ideologia.
Un certo marxismo dogmatico aveva
accusato i francofortesi di vedere la
tecnologia planetaria come l'architrave della
modernità tardo-capitalistica, invece di
scorgere in essa, canonicamente, il riflesso
del capitalismo monopolistico e delle sue
relazioni interne storicamente determinate.
Questi autori partono dalla constatazione del fatto che la Tecnica nel capitalismo avanzato non è un
semplice corredo strumentale, una protesi "utilitaria" distinta e semplicemente "comandata" dalla produzione
di merci, ma è la fantasmagoria pratica dell'esistenza.
Ed infatti questi autori non si accontentano di tipizzazioni sociologiche, al contrario sono consapevoli che il
mondo sociale dato è intriso di "conflitti e di dominio", di alienazioni e squilibri, perché secondo loro le teorie
devono essere a loro volta intrise di tensione conflittuale, devono mimare la realtà in movimento, non per
confermarla, ma tenendone aperte le falle, creando in questo modo una sorta di autocoscienza collettiva e
introspettiva, dove le figure sociali descritte sono concrezioni simboliche della vita, forme simboliche della
vita associata.
Ed è proprio per questa sua nuova visione che emerge il profondo rinnovamento metodologico rispetto al
marxismo classico, un rinnovamento che punta principalmente all'integrazione di economia, psicologia,
storia, filosofia, un rinnovamento che nello stesso tempo rinnova radicalmente il materialismo liberandolo
dall'economicismo e introduce nel concetto di "dominio", oltre alle tradizionali caratteristiche economicopolitiche, la forza di molteplici rappresentazioni e potenze psichiche operative, come "individualismo",
"efficientismo", "lealtà di gruppo", "personalità autoritaria", "antisemitismo." Ideologie e forme di coscienza
specifiche che nella società moderna sorreggono la materialità dell'apparato tecnico-economico e ne fanno
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un "mondo interiore", cioè un rapporto sociale gerarchizzato, organizzato prima di tutto all'interno dei
"soggetti umani".
La psicoanalisi diviene snodo energetico di economia e cultura che rivela il quantum di repressione vitale a
servizio del superio o dell'io e dei suoi"ideali", polverizzati storicamente dal declino del mondo morale liberale
sotto i colpi del totalitarismo spersonalizzanti.
In poche parole questo movimento filosofico da un lato psicologizzata l'economia, mentre dall'altro lato la
psiche viene mercificata e colonizzata dal dispositivo di uno scambio di merci sempre più anonimo, senza
che il singolo sappia trovare in esso una rispondenza autentica ai suoi bisogni di sviluppo armonico e
consapevole.
Ma questo non cancella la dominanza
della relazione economica e di mercato,
infatti Adorno, Horkheimer e Marcuse
ritenevano che fosse l'ipertrofia
storicamente determinata del
meccanismo capitalistico a cancellare le
sue stesse basi ideali di sussistenza, con
l’ideologia individualistica, utilità
razionale, commisurazione di mezzi e
fini, fino a far coincidere strumentalità
tecnologica e produzione di merci.
La tecnica, per i francofortesi, era il
mercato alla sua massima potenza,
distruzione creatrice che sradica
monopolisticamente il mercato e lo
reinventa. di continuo, senza riguardo a
limiti, regole, identità, alterità, natura.
Certo, in questa analisi vi fu un limite di determinismo, che arrivò a far coincidere guerra, fascismo e
capitalismo, come destino apocalittico dell'"Automaton"capitalistico.
Inoltre, anche rispetto alle socialdemocrazie, invalse nei francofortesi una visione demonizzante, che rinviava
ad un generico "altrove" inattuale la liberazione, mentre rifiutava ogni possibilità di plasmare e riformare il
capitalismo.
1.2.4. Critica all'industria culturale
Horkheimer, ma soprattutto Adorno, hanno costatato che uno degli aspetti più caratteristici dell'odierna
società tecnologica è la creazione del gigantesco apparato dei mass-media, uno strumento secondo questi
autori molto subdolo, che viene usato dal sistema per conservare se stesso, tenendo sottomessi gli individui,
esso però illude che il consumatore sia il soggetto di tale industria, mentre in realtà ne è il puro oggetto.
L'industria serve alle minoranze per suscitare bisogni e determinare i consumi, per imporre certi valori e
modelli, riducendo gli individui a una massa informe, perfino il "tempo libero" diviene programmato.
Attraverso i media passa l'ideologia più vitale per il neocapitalismo: l'idea della "bontà" del sistema e della
"felicità" degli individui eterodiretti che lo costituiscono.
Successivamente anche J. Habermas, sulla scia di Adorno, afferma che l'istanza dell'opinione pubblica,
originariamente fatta valere dalla borghesia in ascesa contro la politica assolutistica, e rivendicata come
condizione stessa di legittimazione del potere, ha finito per perdere ogni funzione critica: una volta
istituzionalizzata negli organi dello Stato di diritto, essa si è assoggettata ai fini della manipolazione
capitalistica.
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1.3. I rappresentanti della Scuola
1.3.1. Max Horkheimer
Horkheimer, insieme a Marcuse e ad Adorno sembra essere stato il creatore della Scuola di Francoforte.
Il tema centrale del suo pensiero si basa sull’idea di una razionalità che governa il mondo moderno e la civiltà
industriale su cui esso si basa, ma questo concetto non è univoco, infatti l’autore fa una distinzione tra
ragione oggettiva, che consiste nel mettere in luce una ragione universale in grado di fungere da sostanza
della realtà e dal criterio del conoscere e dell'agire, e ragione soggettiva, che invece rappresenta quel tipo di
ragione che si rifiuta in generale di valutare i fini, limitandosi a determinare l'efficienza dei mezzi.
Inoltre Horkheimer pensa che la ragione soggettiva è la
ragione stessa della civiltà industriale, cioè di quel tipo
di organizzazione sociale che rincorrendo il dominio
della natura e degli uomini risolve la razionalità nella
funzionalità, in modo tale da creare un uomo asservito
alle esigenze produttive, cioè l’uomo governato da
questo tipo di ragione non di interroga mai sui fini ultimi
della società ma si limita alla semplice riflessione
tecnica sui mezzi atti ad ampliare il potere dell'industria
e quindi del capitalismo.
Questa nuova idea della ragione sta alla dell’opera
"Dialettica dell'illuminismo", scritta da Horkheimer e
Adorno nel 1947.
In questa opera inoltre viene definito il concetto stesso di illuminismo che non è visto solo come il movimento
filosofico dell'età dei lumi, ma esso rappresenta tutto il complesso di atteggiamenti che ha perseguito l'ideale
di razionalizzazione del mondo teso a renderlo soggiogabile da parte dell'uomo.
Secondo Horkeimer ed Adorno, l'illuminismo e l'intera civiltà occidentale, risultano segnati da un interna
dialettica autodistruttiva, poiché la pretesa di aumentare sempre di più il potere dell'uomo sulla materia tende
a rovesciarsi in un progressivo dominio dell'uomo sull'uomo, e in un generale asservimento dell'individuo al
sistema sociale.
Intorno agli anni ’40 l’adesione di Horkeimer al Marxismo va in crisi, perché in questo periodo l’autore si
rende conte che proprio quel Marxismo, che sembrava seguire l'ideale di padroneggiamento della natura e
della società, finisce esso stesso per entrare nella logica illuministica della nostra civiltà.
A giudizio di Horkheimer Marx si era illuso su alcuni punti di fondo; ad esempio egli pensava che i proletari
avrebbero potuto migliorare le proprie condizioni di vita solo con l'eliminazione del capitalismo e quindi con la
rivoluzione, ma in realtà la situazione sociale del proletariato è migliorata senza rivoluzione, e l'interesse
comune non è più radicale mutamento della società, ma una migliore strutturazione materiale della vita.
Questo sottolineare i limiti del Marxismo ha permesso l’apertura di un discorso teologico, infatti Horkheimer
afferma che non possiamo provare l'esistenza di Dio, anzi di fronte al dolore del mondo e all'ingiustizia è
impossibile credere nel dogma di un Dio onnipotente e buono, per Horkheimer Dio è la speranza, la
nostalgia o l'anelito che "nonostante questa ingiustizia che caratterizza il mondo non possa avvenire che
l'ingiustizia possa essere l'ultima parola".
1.3.2. Theodor Adorno
Adorno fonda con Marcuse ed Horkeimer la
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Scuola di Francoforte, egli fondamentalmente
nel suo pensiero critica la filosofia positivistica,
ed infatti molti studi di Adorno sono stati dedicati
all'analisi dell'autoritarismo latente nella società
statunitense e alla predisposizione al razzismo;
una volta compreso l'intento di fondo della
dialettica negativa, non è più una difficoltà capire
il modo in cui Adorno regolò i conti non solo con
le correnti della filosofia moderna e
contemporanea ma anche con le concezioni
politiche, i movimenti artistici e i mutamenti
sociali della nostra epoca.
Comunque egli si occupa principalmente della dialettica, che viene vista come il maggiore strumento di
comprensione del reale, egli però fa riferimento ad un tipo di dialettica negativa, che studia il mondo
svelandole le disarmonie e le contraddizioni attraverso la messa in discussione dell'identità di ragione e di
realtà.
Adorno ritiene infatti che dopo Auschwitz gran parte delle tradizionali visioni del mondo siano divenute
semplice spazzatura; i filosofi anzichè criticare la realtà si sono dedicati ad elogiarla,sforzandosi di darne una
spiegazione coerente e globale, questa razionalizzazione dell’irrazionale però a portato ad una illusoria
fagocitazione dell'oggetto nel soggetto.
La dialettica negativa si trasforma nelle mani di Adorno in una critica della cultura, o meglio, in una "teoria
critica della società".
1.3.3. Herbert Marcuse
Marcuse intorno agli anni '20 fece parte dell'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, passato alla storia
come "Scuola di Francoforte".
Marcuse diventa il principale sostenitore degli studi sull’aspetto repressivo della società tecnologica
avanzata, che rende servo e livella l'individuo nonostante appaia tollerante ed indulgente nei confronti del
singolo, egli in questi studi sostiene, con Freud, che la civiltà ha potuto svilupparsi in virtù della repressione
degli istinti, per questo la società è riuscita a produrre e a mantenere l'ordine impedendo la libera
soddisfazione delle pulsioni dell'individuo.
Ma a differenza di Freud, che riteneva la
repressione un fatto inevitabile nella società,
Marcuse ritiene repressiva la società di
classe, ed infatti critica il fatto che Freud non
distingue fra rimozione di base, che
rappresenta il controllo degli istinti richiesto
dalla vita sociale, e un "surplus" di rimozione
richiesto dalla forma storica di civiltà
delineatasi in occidente, infatti quest'ultima è
stata completamente asservita a ciò che
Marcuse chiama "principio della
prestazione" ossia alla direttiva di impiegare
tutte le energie psicofisiche dell'individuo
per scopi produttivi e lavorativi.
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Il principio di prestazione riducendo il singolo ad una entità per produrre, ha represso le richieste umane di
felicità e di piacere. In questo modo il fine della vita è divenuto il lavoro e la fatica visti come la giusta
punizione per qualche colpa commessa., ma in realtà la civiltà della prestazione non ha potuto far tacere
completamente gli impulsi verso il piacere; secondo Marcuse l'arte da sempre ha espresso il desiderio
umano di libertà, personificando essa stessa l'istanza della creatività non allineata.
Anche nella maturità Marcuse riprende la critica della società tecnologica avanzata, affermando che l'uomo
alienato della società attuale è colui che non scorge più il distacco tra ciò che è e ciò che deve essere; di
conseguenza per lui non ci sono altri possibili modi di esistere al di fuori della società in cui vive. Il sistema
tecnologico fa apparire razionale ciò che è irrazionale, il sistema si ammanta di forme democratiche
"illusorie" poiché le decisioni sono sempre nelle mani dei pochi.
La società tecnologica non riesce a risolvere una contraddizione importante, tra il potenziale possesso dei
mezzi e l'indirizzo conservatore di una politica che nega a taluni gruppi l'appagamento dei bisogni primari.
Marcuse ha riflettuto molto sui possibili soggetti in grado di distruggere il sistema, crede che le sorti della
rivoluzione mondiale sono affidate ad un vasto schieramento di forze di cui fanno parte gruppi di dissenso e
gruppi di "dannati del terzo mondo", egli quindi fino alla fine non ha perduto la speranza in "una rivoluzione
finora soffocata in tutte le precedenti rivoluzioni storiche", speranza di cui l'arte rappresenterebbe l'invincibile
ed "utopistico" anelito.
1.3.4. Fromm
Fromm segue la scia di tutta la Scuola, affermando che se Freud ha avuto ragione di scorgere nel fondo
della natura umana un istinto, l’unico movente delle azioni umane, verso il piacere che si manifesta
soprattutto nella sessualità, ha invece avuto torto nel ritenere indispensabile per la società il controllo di
questo istinto o la sua sublimazione nelle sfere culturali intellettuali, infatti secondo l’autore non è la società
in sé che esige questa repressione, ma è quella borghese, che va superata. In tal senso la psicanalisi
odierna non fa che soddisfare le esigenze represse di individui appartenenti alla classe dominante.
Ma al contrario di Marcuse pensa l'ideale
di una società non repressiva debba
nascere dalla liberazione dell'istinto,
quindi bisogna costruire una società
umanistica, che permetta agli uomini di
controllare i loro mezzi produttivi, perché
solo in una società socialista gli istinti
dell'uomo possono essere indirizzati
verso il bene comune.
Egli infatti parte dall’idea che l'uomo è
fondamentalmente solo, e che quindi per
evitare questo isolamento può da un lato
sottomettersi ad una autorità sia questa
una persona, un governo, un'istituzione,
una divinità,; o dall’altro lato tentare di
dominare gli altri, ma queste due forme di
rapporti umani sono entrambe
patologiche, tuttavia il fallimento di questi
modi di rapportarci agli altri è importante
per farci capire che la forma di relazione
sana è quella produttiva, è cioè l'amore,
che permette ad un uomo di conservare
la sua libertà ed integrità, pur essendo
nello stesso tempo unito ai suoi simili.
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