ITS 06 WEB
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2 scuolainformazione La ricerca scientifica nella decifrazione del codice dell’universo “La scienza, prima di essere esperimenti, misure, matematica, deduzioni rigorose, è soprattutto visioni” La bussola seguita dai fisici nella decifrazione del codice dell’Universo punta da sempre all’unificazione e alla semplificazione. Nel Seicento Isaac Newton intuì che la forza responsabile della caduta di una mela è la stessa che governa il moto dei pianeti. A metà dell’Ottocento lo scienziato scozzese J.C. Maxwell diede un contributo notevole all’unificazione delle forze della natura descrivendo, con quattro eleganti e potenti equazioni, il legame esistente tra i fenomeni magnetici ed elettrici. Le equazioni di Maxwell ci hanno svelato che i fenomeni sono due facce della stessa medaglia: campi elettrici variabili generano campi magnetici e viceversa, forza elettrica e magnetica sono manifestazione di un’unica forza (la forza elettromagnetica). Queste prolifiche equazioni prevedevano anche l’esistenza di onde (le onde elettromagnetiche) la cui velocità (c) è una costante di tale teoria. L’esistenza di tali onde è stata successivamente rilevata sperimentalmente da Hertz e la costanza della loro velocità di propagazione (non dipendente dal sistema di riferimento) ha poi portato, all’inizio del Novecento, A. Einstein a proporre la sconcertante teoria della relatività ristretta, sconcertante perché demolisce le nostre consolidate concezioni di spazio e tempo quali, rispettivamente, contenitore e durata immutabili dei fenomeni rispetto all’osservatore. La relatività ristretta, nata per salvaguardare la costanza della velocità della luce (radiazione elettromagnetica), ha come conseguenza il fatto che lo spazio (misura della distanza tra due punti) e il tempo (durata di un fenomeno) cambiano con la velocità dell’osservatore. Nella seconda metà del Novecen- 3 scuolainformazione tistica con la teoria della relatività. Le fluttuazioni quantistiche della gravità, in questo universo primordiale, avrebbero prodotto onde gravitazionali, quelle che si spera ancora di rilevare. Anche se Einstein riteneva che gli echi di queste lontane sinfonie celesti, propagantesi attraverso il tessuto profondo della realtà, e le loro eteree armonie fossero destinate a rimanere inascoltate per l’eternità Successivamente, mentre l’universo si andava raffreddando, si verificava la prima rottura della simmetria: la forza elettrodebole cominciava a comportarsi in modo diverso dalla forza nucleare forte. Si ebbe un cambiamento anche nella natura dello spazio che si riempì di un campo portando alla creazione di particelle di elevata massa rilevabili solo con acceleratori nucleari 10.000 miliardi di volte più potenti di LHC (Large Hadron Collider) del CERN di Ginevra. All’età di un milionesimo di un milionesimo di secondo (10-12sec) lo spazio, invece di essere vuoto, fu riempito di un campo di fondo denominato “campo di Higgs”, le particelle che interagiscono con questo campo hanno massa, mentre le particelle che interagiscono col campo elettromagnetico (come il fotone) sono prive di massa. Con l’inondazione nello spazio del campo di Higgs, la forza debole e quella elettromagnetica cominciarono a comportarsi in modo differente, si verificò un’ulteriore rottura della simmetria. Questa visionaria teoria è stata verificata con LHC nel 2012 attraverso la scoperta del bosone di Higgs, la particella che interagisce con l’omonimo campo. Il team di scienziati che ha rilevato il bosone, coordinato dall’italiana Fabiola Gianotti, è stato, poi, insignito del Nobel a coronamento della straordinaria impresa. Maria Antonietta Caputo Impara digitale*, la nuova frontiera della scuola to, la teoria elettrodebole unificò la forza elettromagnetica con la forza nucleare debole, responsabile dei fenomeni di decadimento radioattivo. Oggi restano da unificare la teoria della relatività generale con la meccanica quantistica, i due pilastri della Fisica del Novecento. La prima descrive i fenomeni su grande scala riguardanti stelle, galassie etc., ovvero quelli governati dalla forza di gravità, la seconda descrive quelli a scala atomica e subatomica, regno delle forze nucleari: debole e forte. E’ questo il “Sacro Graal” dei fisici teorici: unificare le due teorie e le forze per arrivare alla teoria del tutto e alla superforza. Di recente, il 14 settembre 2015, è avvenuta la rilevazione delle onde gravitazionali, sottili increspature nello spazio-tempo prodotte da oggetti massicci che sfrecciano nel cosmo (già previste da Einstein nel 1916). Le onde rilevate sono state prodotte dalla fusione di due buchi neri, aventi masse rispettivamente 29 e 36 volte quella del Sole. A rilevare le onde gravitazionali sono stati, contemporaneamente, i due interferometri statunitensi (LIGO) e quello presente a Cascina(VIRGO), nei pressi di Pisa. Quest’ultima scoperta è da considerarsi un enorme passo avanti sia per la difficoltà che l’osservazione di un evento del genere comporta ma, soprattutto, perché può dare un significativo contributo al collegamento tra teoria del macrocosmo e microcosmo e potrebbe anche fornire una prova convincente, sebbene indiretta, dell’esistenza di altri universi. Quando l’universo era molto giovane (10-36 sec dopo il big bang), era compresso in un volume più piccolo di quello di un atomo. All’epoca, tre delle forze fondamentali (elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte) erano indistinte e costituivano una sola forza, inoltre, a queste scale spaziali e di energie (enormi), la gravità avrebbe avuto le caratteristiche di un campo quanto-meccanico. Pertanto, per capire le proprietà dell’universo primordiale dobbiamo applicare la teoria quantistica dei campi che fonde la meccanica quanContinua nella pagina a fianco Una sorta di resistenza passiva si percepisce tra le aule e nei corridoi delle scuole. L’arrivo del digitale, il registro elettronico, la didattica laboratoriale, la scuol@ 2.0 hanno sparigliato, meglio stanno sparigliando, le certezze della “classe” docente, ma anche delle “classi” degli alunni. L’idea che l’informatica e l’informatizzazione dei processi di insegnamento e di apprendimento possano e debbano rivoluzionare la scuola serpeggia nelle istituzioni scolastiche e tra gli addetti ai lavori. Se a questo quadretto si aggiunge l’avvento della legge 107/15, la cosiddetta riforma altrimenti divulgata come La buona scuola, con tutte le pretese di sottoporre l’ambiente ad uno stress innovativo di non poco conto, dove valutazione, valorizzazione, precarizzazione, dirigentizzazione, aziendalizzazione ne sono alcuni degli elementi qualificanti, i docenti vivono la fase di maggior disorien- tamento che la storia della scuola italiana ricordi. Bene. Per smettere di lamentarsi una via potrebbe essere quella di considerare che si è giunti ad un punto di snodo e che in qualche misura bisogna prendere atto che il mondo, fuori dalla scuola, ha camminato ad una velocità maggiore e che è il momento di tentare un riavvicinamento. Che non può e non deve essere spinto da elementi irrazionali ed ansiogeni propri di chi rincorre con difficoltà una meta difficile da raggiungere. No, si deve trattare di una marcia razionale, una marcia di avvicinamento progressiva che passa per la chiave metodologica, prima ancora che per l’uso di nuovi ed ulteriori strumenti di lavoro. Il computer, il tablet, la lim, il proiettore, i social network ed ogni nuovo software o app, come si usa dire oggi, non sono altro che strumenti nuovi tra gli strumenti che si sommano e si integrano con quelli tradizionalmente usati per i processi di insegnamento-apprendimento. Per quanto innovativi ed utili possano rivelarsi, non sono essi, però, il core della proposta. La vera rivoluzione sta nella collaborazione, nella condivisione, nella cooperazione, nella comunicazione. Nella possibilità e nella capacità di efficientare il processo di apprendimento attraverso la sua leva sociale, cioè trasformando il lavoro di ciascun componente della comunità di apprendimento in fattore comune di cui poter beneficiare al fine di costruire le competenze richieste dai profili obiettivo. Insomma, del laboratorio bisognerà utilizzare le macchine, ma sposare lo spirito. Il docente sposta tanto più la sua funzione verso la figura del coach in quanto riconosce e indica nell’essenza della persona in formazione le abilità e le capacità di cui egli favorisce l’emersione. Un primus inter pares capace di nascondere la sua figura restituendo protagonismo all’alunno, vero artefice, insieme ed in concertazione con i suoi compagni, del suo percorso di apprendimento. Il successo formativo, così, non sarà più una entità da misurare sulla base delle quantità dei saperi oggetto del portfolio dello studente, ma sarà riscontrabile nella qualità dei processi e del fare che l’allievo sarà capace di attivare dimostrando le competenze acquisite. Competenze di cui dimostrerà la metabolizzazione attraverso la successiva assunzione di responsabilità rispetto alle applicazioni possibili di cui sarà capace. Il docente dovrà mettersi in gioco condividendo nei consigli di classe e nei dipartimenti disciplinari le sue proposte e le ipotesi di lavoro, di cui la stessa valutazione o autovalutazione potrà beneficiare, favorendo la propria crescita professionale, ma anche lo sviluppo dell’istituzione scolastica nella quale lavora. Giancarlo D’Angelo * pubblicato su “Orizzonti Pedagogici 2015/16” 4 scuolainformazione Ci hanno colpito di nuovo, questa volta al cuore e nella testa Dopo gli attentati di Parigi il mondo non è più lo stesso, ha cambiato forma L’Isis si legittima con la religione, ma le ragioni profonde della sua forza sono psicologiche. Fa leva sulla disperazione di chi vive in territori degradati; crea opportunità basate sul sogno di rivalsa; offre donne ai combattenti; sfrutta i social network per fare propaganda; usa la musica per creare identità e rafforzamento nell’immaginario collettivo; affina la manipolazione psicologica per reclutare foreign fighters. Mette in rete immagini virali che provocano eccitazione e indignazione (soprattutto in chi è suggestionabile), stuzzica i sentimenti d’ingiustizia, umiliazione e riscatto, eccita il bisogno di appartenenza, trasforma il profano nel sacro. La letteratura scientifica è concorde nel ritenere che i terroristi non siano “matti”. L’arruolamento predilige gente affidabile, scarta chi dà segni di squilibrio. Gli attentati di Parigi hanno conseguenze psicologiche sui familiari delle vittime, su chi era presente al Bataclan e nelle altre sedi degli agguati, sulla popolazione generale. Devono creare ansia, paura e insicurezza, e avranno ripercussioni sull’assetto delle famiglie, sui contatti sociali, sul senso di appartenenza. Il venerdì 13 dell’Occidente incrina la capacità di fare previsioni, compromette le certezze sulla possibilità di controllare il mondo esterno, determina vissuti d’impotenza. Nonostante la maggior par- te delle persone non subisca gravi conseguenze psicologiche, la popolazione può avere reazioni emotive (rabbia, ansia, panico, terrore, tristezza, depressione, ecc.), cognitive (disorientamento, confusione, ridotta capacità di concentrazione, ecc.), somatiche (insonnia, affaticabilità, cefalea e altri disturbi), comportamentali (facilità al pianto, reazioni di allarme e altro). Sono più spesso lievi e transitorie: risposte normali a eventi straordinari che si riducono in pochi giorni anche senza interventi specialistici ma che interferiscono con la capacità di fronteggiare il trauma. Circa un terzo di chi è direttamente esposto a eventi come quello di Parigi, però, può sviluppare un disturbo psichiatrico (più spesso dello spettro dello stress) che, a differenza dei problemi fisici, rimane generalmente sconosciuto, viene diagnosticato con difficoltà e non è adeguatamente trattato. Forse i problemi psicologici non saranno l’aspetto principale da affrontare dopo la strage di Parigi, ma bisognerà tenerli in grande considerazione per ridurre la percezione di vulnerabilità e restituire il senso della quotidianità a una civiltà colpita nella mente. Francesco Polito Pierangelo Camodeca Francesco Chiarello Federico Colombo Mariano Miceli Felice Gulfo 5 scuolainformazione Finnish notes What can bring three English teachers from ITS “V. D’Alessandro” in Lagonegro to Finland for a few days? The irrepressible desire to know other upper secondary school organizations, to compare their way of teaching and their school system with other ones in different European countries, to meet colleagues to whom exchange ideas and opinions and, last but not least, the propelling force to fill together the European form Erasmus plus KA2 in order to apply for a common project “Motivation and Joy in Education”. These are some Finnish notes. March 2: a long day travelling from Naples to Helsinki where we found our colleague and whip Esa waiting for us at the airport. An interesting friendly hearty chat while he was driving to our hotel, we all felt to be in the right place with the right people: easy going, reliable, competent. March 3, 4: two full working days at Vuosaari Upper Secondary School, meeting the other Finnish colleagues and the Danish ones with whom we shared ideas, advice and common aims in order to give shape to our project. The more we were discussing the more we increased our sense of being part of a wider European community of schools and Countries. Our Finnish and Danish colleagues expressed with great vigor and enthusiasm their desire to know and learn from the south of Europe, they are very fond of Italy. This made us really happy. Comparing our school systems we realized that they rely on two different ideas: the excessive freedom given to Finnish students to choose their courses and subjects of study and the difficulty in bringing them to a good end causing a significant school dropout; the relative “rigidity” of the Italian school system in which subjects and school organizations are determined and set by the Ministry of Education. Freedom that students cannot manage in Finland and organizational rigidities that Italian students suffer are two opposite but interesting ways of looking at education and widening our transnational perception, learning from each other and coming up with fresh ideas and good practices. MOJOED will project our school in a multicultural and transnational context and will be an opportunity to seize for students and teachers who will be able to compare and merge experiences, ideas and best practices for a joyful and motivating learning. Maria Luisa Longo 6 scuolainformazione A tutto gas Numerosi governatori si oppongono alle politiche energetiche perseguite da Matteo Renzi Nove consigli regionali, tra cui quello lucano, hanno depositato le firme indispensabili affinché si potesse indire il referendum del 17 aprile 2016. Il nodo riguarda la possibilità di “smantellare” le piattaforme piazzate in mare a meno di 20 km da terra senza sfruttare, oltre le concessioni, le risorse petrolifere o il gas nascosti nei fondi. Greenpeace pubblica un rapporto, con dati riguardanti il periodo 2012-2014 raccolti dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), da cui emerge che, le piattaforme rappresentano un pericolo per la salute umana e la fauna. Ribatte Assomineraria, che raggruppa le società petrolifere secondo cui: “le trivelle non recano alcun danno all’ambiente”. Oggi, nei mari, ci sono 135 piattaforme a “testa di pozzo”; di queste, 92 ricadono dentro le 12 miglia, quasi tutte situate nell’Adriatico e nello Ionio, alcune in Sicilia. Le concessioni rilasciate dallo Stato durano trent’anni, prorogabili per ulteriori 10 la prima volta, per 5 la seconda e ancora 5 per la terza. Dai pozzi situati entro le 12 miglia si estrae soprattutto metano. Essi contribuiscono per il 28,1% alla produzione nazionale di gas e per il 10% a quella di di petrolio. Tuttavia, se si fermassero le produzioni, l’Italia dovrebbe aumentare le importazioni da altri stati, alcuni dei quali, trivellano comunque nel Mediterraneo (Egitto e Libia). In Italia, la compagnia di Stato, azionista di maggioranza di 76 impianti su 92 totali, è l’Eni . Oggi si discutono legittimamente le ragioni del no e le ragioni del sì. Il no al referendum è motivato dalla perdita di posti di lavoro; Assomineraria sostiene che l’attività estrattiva dà lavoro a 10000 persone più 9000 nell’indotto esterno. No anche perché l’estrazione del gas è sicura; l’Ispra controlla costantemente e mai ci sono stati incidenti o pericoli. No, perché nessuna delle località turistiche e balneari ha lamentato danni e, ancora no, perché il referendum è uno spreco di 400 milioni. “Ottimisti e razionali” si esprimono invece per il sì. Ritengono, quest’ultimi, che le trivelle mettono a rischio la vera ricchezza del paese: il turismo. Sì, perché alla Conferenza di Parigi sul clima, 194 paesi si sono impegnati a mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi. Sì ancora, perché il referendum è un esercizio di democrazia. Considerando questo ultimo dato, ciascuno dovrebbe votare risvegliando e rispondendo alla propria coscienza. Rosanna Colombo 7 scuolainformazione Il petrolio pulito non esiste La Basilicata ha incassato 85 milioni di euro graziealle royalties dalle compagnie petrolifere negli ultimi anni. I giacimenti petroliferi della Val d’Agri, in verità, non hanno portato ricchezza e sviluppo ma, di sicuro, l’inquinamento. La nostra regione è stata già soprannominata Lucania Saudita, ma sceicchi, ricchezza e sviluppo, in Basilicata, non se ne sono ancora visti. L’industria petrolifera però sta già presentando un conto, piuttosto salato. Nonostante gli enti per la protezione ambientale inghiottano milioni di finanziamenti, ci sono bombe ecologiche che restano sepolte per molti anni o che vengono alla luce solo grazie all’ impegno dei cittadini. Nella zona di Corleto Perticara, dove stanno per arrivare le trivelle francesi di Total, sarebbe emersa da poco una discarica. Parliamo di 2.000 metri cubi di fanghi, ricchi di idrocarburi e metalli pesanti, residui delle perforazioni ricognitive dei primi anni ‘90, quando la concessione per la zona di Tempa Rossa era stata acquisita dall’Eni. La Procura di Potenza ha aperto un’ inchiesta sullo sversamento dei fanghi, rimasti sepolti per quasi 20 anni in un campo adibito al pascolo, senza che nessuno se ne accorgesse. A Metaponto alcuni agricoltori hanno denunciato una perdita dell’oleodotto dell’Eni; l’area interessata è di circa 10mila metri quadrati, e, peraltro, in tale zona vi è una delle poche stazioni di con- La striscia di Emilio La società liquida trollo non dotate di telecamere. La circostanza è stata oggetto di denunce a mezzo stampa e non solo, da parte di tanti attivisti si è gridato: “è l’ennesimo esempio dell’ inadeguatezza delle compagnie petrolifere”. Le trivelle hanno riportato la Basilicata sotto i riflettori. Ma la piccola regione è attenzionata oltre che per i giacimenti petroliferi, per i fiumi e gli invasi delle sue valli che riforniscono di acqua la vicina Puglia. Chi ha cercato di indagare lo ha fatto non senza subire conseguenze sia sul piano lavo- rativo, sia a livello mediatico, sia giudiziario. E’ indiscutibile che l’inquinamento, dal punto di vista scientifico, sia tra le maggiori cause di patologie polmonari, cardiocircolatorie, immunitarie, e non ultime, oncologiche. Tuttavia, noi cittadini, potremmo contribuire e ridurne gli effetti. In che modo? Prediligendo l’uso dei trasporti pubblici, optando per i veicoli ibridi o elettrici, migliorando l’isolamento termico delle abitazioni, rispettando i criteri per la raccolta differenziata, installando pannelli fotovoltaici, o, altre tipologie di strumenti di risparmio energetico che promuovano le energie rinnovabili. Strade tortuose da percorrere su una terra destinata altrimenti a morire. G. Viceconte P. Buldo M. Bonavita A. Conte C. Di Tomaso F. Auletta 8 scuolainformazione La famiglia prima di ogni altra cosa! Nelle scorse settimane, anche in Italia è stata finalmente approvata una proposta che riconosce i diritti e i doveri delle coppie omosessuali che vogliono unirsi civilmente. Non è passata l’idea di poter adottare il figlio o la figlia del proprio coniuge, la cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figliastro. Ma come può innescarsi un serio dibattito sulle famiglie omosessuali, senza cadere nella sempre più pericolosa trappola dell’omofobia? Di certo il contesto sociale e culturale in cui viviamo non è favorevole, visto che non siamo un Paese omofobo come la Russia, ma non siamo neanche un Paese aperto come la Spagna. Eppure, nonostante in Italia esistano molte famiglie omosessuali, continuiamo ad ostinarci e a ritenere diverso chi diverso non è. E poi: diverso da chi? Esiste per caso la ricetta della normalità? E’ paradossale che nel Terzo Millennio prevalgono ancora posizioni simili che si pre- occupano di salvaguardare la forma invece che la sostanza: è questo un aspetto purtroppo negativo della nostra cultura! E’ del concetto di famiglia gay che invece bisogna discutere e, a tal proposito, c’è chi pensa che “le unioni gay non sono la modernità”. Il 42 enne cristiano ortodosso Alexey Komov sostiene che la vera famiglia è quella formata da un uomo e da una donna e che ci siano più di 160 nazioni che indicano con chiarezza tutto ciò, aggiunge che tutti noi siamo nati da un uomo e da una donna ed è una questione di buon senso che il bambino vada dalla madre per alcuni motivi e cerchi l’aiuto del padre per altri. Ma è stato spesso sottolineato dalla scienza che un bimbo che cresce in una coppia omosessuale non è destinato a diventare tale e diversi studi, inoltre, hanno spiegato che un bambino non cresce male, né peggio, in una famiglia che sia o con due papà o con due mamme. C’è anche chi come il Vice ministro Maria Cecilia Guerra, si esprime a favore e sostiene che non ci sono motivi per trattare in modo diverso una coppia omosessuale da una etero e ciò vale anche per le adozioni. Al giorno d’oggi il problema è la società in cui viviamo, con il compagno di classe che deriderà il bimbo di due mamme o di due papà e il genitore che non manderà il proprio figlio a casa del bambino “adottato”, perché timoroso di chissà cosa. Dunque, il male è negli occhi di chi guarda e il problema sta nel pregiudizio che tante persone hanno nei confronti di queste famiglie. La figura femminile, di certo, è una figura importantissima nella vita di ogni bimbo: la mamma è sempre la mamma, si suol dire, e, infatti, è proprio così. Il punto è che esistono già famiglie con due papà ed esistono già famiglie con due mamme, così come esistono omosessuali intenzionati a diventare genitori, sicuramente convinti che il figlio sia un diritto prima di ogni altra cosa. Il tema è sicuramente delicato e la storia delle famiglie gay è ancora tutta da scrivere, il principio di tutto ciò, però, non può essere il pregiudizio, né l’ignoranza, soprattutto se deriva dallo Stato, perché una famiglia con due papà o con due mamme sarà pure una realtà particolare, ma sempre di mamma e di papà si tratta, che piaccia o no! Per cui vi chiedo e mi chiedo: E’ giusto opporsi alle famiglie gay, solo perché siamo stati abituati a concepire la famiglia in un certo modo? Diego Notarianni 9 scuolainformazione Tra marito e marito non mettere il dito La risposta alla domanda se sia giusto o meno il matrimonio tra coppie dello stesso sesso ha sempre diviso l’ Italia e gli italiani, tanto che, ad affiancarsi a paesi dell’Unione Europea quali Romania, Bulgaria, Lituania, fino a qualche settimana fa vi era anche la nostra nazione, ancora poco pronta ad affrontare la tematica in modo risolutivo. Finalmente il 26 febbraio 2016 è stato approvato il disegno di legge Cirinnà (dal nome del primo senatore firmatario della proposta), che prevede il riconoscimento di alcuni diritti per tali coppie e la negazione di altri. Ciò ha lasciato con l’amaro in bocca chi ha sempre lottato per le unioni civili, mentre ha soddisfatto chi tanto d’accordo non è. Ma è risaputo: l’Italia è moralmente avanti ma laicamente indietro. E a condizionare legislazione e giurisprudenza in Italia vi è sempre la religione, anche se al suo interno si denotano posizioni contrastanti. Se da una parte c’è chi pensa che il matrimonio tra omosessuali sia contro la legge di Dio, teologi come padre Lorenzetti, invece, affermano il contrario; egli, per l’appunto, dice che il Vangelo trasmette l’annuncio dell’incompensabile dignità della persona umana, eterosessuale o omosessuale che sia, pertanto l’annuncio si fa, inevitabilmente, denuncia di ogni forma di discriminazione, emarginazione e offesa. A rafforzare ciò, nell’ ambito legislativo, è nientemeno che la Costituzione Italiana con l’articolo 3 “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali”. Ma allora, perché tanto fastidio nei confronti di chi diverso non è? Perché le coppie omosessuali non possono adottare un figlio e, quindi, formare una famiglia legittimata? La psicologa Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile, afferma che l’adozione di un figlio da parte delle coppie gay provoca danni molto gravi ai minori. Ma come mai in America da decenni le coppie omosessuali possono adottare e crescere figli e in nessuno di loro si è mai riscontrato nessun problema? Chi può amare di più un figlio se non chi, per amore, ha dovuto lottare? La verità è che bisogna considerare famiglia ogni gruppo in cui ci sono due persone che si amano e che amano. L’articolo 29 della Costituzione, non a caso, afferma che ‘’ La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare ‘’. Un altro articolo particolarmente significativo in tal senso è l’articolo 2, che sottolinea come “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità’’. Pertanto alla nostra nazione non resta altro che svegliarsi e mettersi al pari con il resto del mondo, uscendo fuori dai canoni e dalla convinzione che bisogna conservare la tradizione a tutti i costi. Andrea Forastieri 10 scuolainformazione ché dove è nato non trova uno spazio per potersi esprimere liberamente, anche per la propria identità sessuale: si ha un impoverimento di queste terre. Un biglietto di ritorno per i nostri giovani Qualche speranza nelle risposte di Gianni Pittella e Vladimir Luxuria Dal servizio televisivo, realizzato per il concorso-progetto” Skytg24 per le scuole”, abbiamo ritenuto di “restituire” sul giornale, in forma utile per i nostri lettori, uno stralcio delle interviste effettuate con il parlamentare europeo Gianni Pittella e con Vladimir Luxuria. Nelle loro risposte non mancano elementi per spunti di riflessione che riguardano il futuro dei nostri giovani lettori, sia per ciò che attiene alla sfera pubblica sia per quel che riguarda gli aspetti della persona. Un contributo ad un sud che cambia e che vuole cambiare, per essere pronto a rispondere alle nuove sfide che il mondo imporrà di affrontare. Onorevole Pittella, intere generazioni di giovani non hanno lavoro. Risorse naturali, ambiente, turismo, opportunità geografiche nel Mediterraneo: come questi punti di forza possono essere collegati tra loro? Beh, bisogna mettere insieme la risorsa umana che noi abbiamo, che non ci manca, con processi di formazione e di qualificazione adeguati, con processi di imprenditorialità che possono anche trovare sostegno da parte delle risorse finanziarie europee. Questo è il circuito che dobbiamo mettere in piedi. E poi bisogna far crescere l’economia, rilanciare l’economia, sostenere la ripresa economica perché se non c’è un’accelerazione da questo punto di vista non si creano i posti di lavoro. li privati: il problema è come li spendiamo questi soldi. Io mi sono permesso, in un libro che ho pubblicato nei mesi scorsi, di proporre insieme a dei colleghi 11 progetti che riguardano fatti concreti quindi non chiacchiere. Un progetto riguarda l’energia da fonti rinnovabili, un progetto riguarda la banda larga, un progetto riguarda Matera 2019. Come diffondere questo grande risultato che abbiamo ottenuto con Matera in altre parti del mezzogiorno e della stessa Basilicata. Un progetto riguarda l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie, ovviamente c’è l’infrastrutturazione fisica e l’infrastrutturazione immateriale. Appunto questi soldi che noi abbiamo o li spendiamo su questi progetti seri, non necessariamente quelli che propongo io, ma devono essere In relazione allo strumento progetti seri e multiregionali di programmazione come il oppure rischiamo di farli disperdere nei rivoli dell’assistenza. Masterplan? Il Masterplan è un buon contributo. Noi abbiamo a disposizio- Nella piattaforma europea, ne per i prossimi anni qualcosa che ruolo può giocare la nocome 100 miliardi di euro tra stra piccola regione che cofondi europei e fondi naziona- munque presenta svariate problematiche? La nostra Basilicata ha potenzialità innanzitutto perché, rispetto alle regioni del mezzogiorno ha una considerazione maggiore. Poi ritengo che abbia delle risorse e delle potenzialità superiori: è una regione eccellente dal punto di vista ambientale; è una regione in cui c’è una enogastronomia molto forte; è una regione in cui ci sono anche risorse umane notevoli; è una regione piccola, in questo senso non guasta essere piccolo. La vittoria di Matera nella gara di città europea della cultura 2019 è una cosa di una forza straordinaria che noi dobbiamo saper giocare bene. È come quella manna dal cielo che ci capita una volta nella vita, nella vita di 1000 anni, non è la vita di una sola generazione, quindi noi abbiamo il dovere di spendercela bene. za efficaci affinché il Sud riparta? Guardi, l’Europa non è che la chiave di volta per la ripartenza del Sud. L’Europa deve fare delle cose sicuramente importanti. L’Europa, innanzitutto, deve cambiare le politiche economiche, troppo austerità in questi anni ha danneggiato notevolmente anche il mezzogiorno d’Italia e i mezzogiorni di Europa. L’UE deve fare un’altra cosa: deve mantenere i fondi strutturali che dà alle regioni del Sud, ma il resto lo deve fare il mezzogiorno. I progetti da realizzare non può deciderli Bruxelles. Bruxelles dà le risorse finanziarie e fa il macro programma, ma poi i progetti da candidare al macroprogramma li stabiliscono le regioni. A candidarli per il finanziamento devono farlo le forze produttive, le scuole, le associazioni, le piccole e medie imprese. È necessario che l’Europa cambi alcune cose Pensa che l’Europa abbia e che dal basso arrivino proposte previsto soluzioni abbastan- serie affidabili e innovative. 11 scuolainformazione Cosa fare, quindi? Il mio obiettivo principale è quello di creare un mondo in cui se uno proprio vuole andare, perché vuole fare nuove esperienze deve farlo, ma deve essere una libera scelta. Mentre vorrei un mondo in cui i capitali, le persone, la ricerca, il lavoro, la libera espressione della propria identità sessuale, non devono costituire una ragione per abbandonare le proprie famiglie, le proprie case, i propri sapori, la propria terra. Chiediamo a Vladimir Luxuria se esiste una relazione tra il ritardo nell’affermazione dei diritti civili e il mancato sviluppo economico. Io penso che qualsiasi persona che abbandona un territorio, lo fa’ perché costretto ad abbandonarlo, per motivi lavorativi, per la crisi occupazionale, perché non ha sbocco nel futuro. Talvolta, un giovane parte per- Secondo lei esiste ancora un divario tra Nord e Sud circa le conquiste sociali, anche in relazione ai fenomeni economici? Ci sono sicuramente delle diffe- renze di velocità economica tra il Nord e il Sud. Anche il Nord ha risentito sicuramente della crisi. Per quello che però riguarda, diciamo così le conquiste sociali, direi che forse c’è stata un’esagerazione, nel descrivere un nord emancipato rispetto a un Sud più arretrato. Io che viaggio molto in Italia e vado a parlare di certe tematiche, vi assicuro che certe questioni vengono accolte benissimo al sud, mentre ci sono tante aree del profondo nord dove, magari, c’è un’ostilità maggiore. Forse bisognerebbe vedere più questa realtà a macchia di leopardo, rispetto a una separazione così netta tra nord e sud. Dal tenore delle risposte, uno spiraglio di speranza per i giovani e per quanti sono andati via: un biglietto di ritorno si può ancora staccare. Elisabetta Viceconte Sud chiama Nord Un’idea creativa, completa di concept, elementi grafici, immagini, payoff, uniti ad un breve testo che ha riassunto e concretizzato il messaggio di “ un altro sud è ancora possibile“, è brillantemente rappresentata da un video inchiesta. Nell ’ I.T.S. V. D’Alessandro, alcuni alunni della classe quinta E S.I.A., competenti e motivati, si sono cimentati in ruoli impegnativi, affrontando temi e personaggi noti dello scenario sociale e politico dei nostri giorni. Parliamo dell’adesione ad un progetto promosso da “SKY tg 24”, che prevedeva la realizzazione di un lavoro di approfondimento o inchiesta ,riguardanti un tema e soggetti scelti liberamente. Bene! Il lavoro, ormai al vaglio dei competenti giurati, inquadra un tema attuale, il disagio dei giovani e, spesso dei “diversamente giovani”, rapportandolo a fenomeni di degrado, economia stravagante, iniziative inesprimibili, politiche retrograde. Così, gli alunni, muniti di strumenti adeguati, hanno sondato la realtà del nostro territorio, attraverso il pensiero di rispettabili cittadini, cui si sono contrapposti le opinioni dell’ europar lamentare Gianni Pittella, che garantiva la disamina di fenomeni prettamente politico –economici, nonché la relativa soluzione. Vladimir Luxuria, poi, ha espresso il peso di un retaggio culturale gravante sul “sud del sud” come un macigno, fatto di ritrosia, emarginazione, miseria. Tutto per dimostrare come l’impegno civico possa essere la chiave delle denunce e della conoscenza. Sedendoci al tavolo con Machiavelli e De Coubertin , scopriamo che: “ c’è chi gioca per vincere, chi per partecipare”. Noi abbiamo giocato per “cambiare”. Nella vita, e dunque nella scuola, che vita è, l’essenziale non è trionfare, ma lottare. Ad majora! Rosanna Colombo 12 scuolainformazione L’ordine senza il potere diventa anarchia La ribellione degli adolescenti verso un sistema che, evidentemente, non vivono come proprio, e da cui cercano di allontanarsi , è una questione che riguarda il mondo, l’Italia, e la nostra cittadina. Ogni ragazzo ha, almeno una volta, avvertito la necessità di far emergere il lato ribelle di se stesso, per catapultarsi in un mondo al di fuori della realtà, per dare sfogo alla sua parte creativa che, molto spesso, viene sedata, perché non conforme agli standard usuali, ponendo dei limiti alla spontaneità del giovane. E per questo, il ragazzo cerca nuovi spazi, inusuali libertà , rivoluzionando la sua vita, evitando ciò che in qualche modo può impedirlo. A Thomas Hobbes , filosofo del 17esimo secolo, ascriviamo l’espressione “homo homini lupus”. Ogni uomo costituisce un lupo, un pericolo, in quanto per proteggersi da ogni male, gioca una mossa d’anticipo, colpendo un suo simile preventivamente. La teoria di Hobbes è molto attuale in quanto, con il passare del tempo, ogni essere umano sembra voler prevalere sull’altro. Ciascuno ambisce ad essere il migliore poiché, chi detiene un potere maggiore, può decidere le sorti di masse intere. Molti sostengono che, in realtà, “l’anarchia” potrebbe salvarci da questa situazione drammatica e apparentemente tranquilla, poiché le leggi, essendoci imposte vengono trasgredite! Viviamo in democrazia solo teoricamente! E’ una finta democrazia che mira a distruggere i deboli annullandone il pensiero fino a ridurli schiavi di un sistema. La libertà per un adolescente è un concetto assai complesso. Possiamo dire che si è liberi, poiché è possibile scegliere, professare la propria religione, esporre le proprie idee, ma in verità si è schiavi: schiavi del concetto di libertà! Sembrerebbe un paradosso, ma gli uomini si lamentano sempre della condizione in cui vivono. Pretendono di violare le poche regole che ancora resistono, perché percepite come ostacolo alla vera libertà. Ma è importante che le regole siano rispettate affinché venga garantita la libertà di tutti. “E’ indispensabile muoversi nel labirinto della libertà, altri- menti è caos”. L’anarchia, da alcuni desiderata, non può salvarci dal nostro sistema politico in quanto produrrebbe violenza, insicurezza e paura, e dunque terrore e caos. Giovanna Maceri Chiara Laino Walter Giordano Antonio Ciuffo Angelica Scotellaro Ferdinando Sisca Schiacciata vincente per la 3A C.A.T. Nella finale del torneo d’Istituto di volley battuta la 4E S.I.A.A. Durante la cogestione, tenutasi nei giorni 18,19 e 20 febbraio 2016 presso l’ ITS V. D’Alessandro, si è svolto, per il secondo anno consecutivo, il torneo di pallavolo che ha coinvolto tutte le classi dell’istituto. Come l’anno scorso, a vincere il torneo sono stati i ragazzi del 1999 frequentanti la 3A C.A.T.: Nicodemo Simone, Cosentino Maurizio, Di Lascio Luigi, Lentini Giacomo, Limongi Nicola, Cosentino Nicola, Nasta Mario Lino. Il torneo ha caratterizzato le prime due giornate dell’attività suddetta, con lo scopo di condividere momenti di sano divertimento piuttosto che di insana “competizione”. Il primo giorno si sono scontrate tutte le classi con gare uniche ad eliminazione diretta, che hanno visto superare il turno ad otto squadre su sedici; nella seconda giornata il torneo si è svolto con la stessa dinamica della prima e ha visto rimanere in gioco quattro squadre: 3A C.A.T.-5A C.A.T.-4D S.I.A.4E S.I.A.. A scontrarsi per prime, in semifinale, sono state le due classi del corso C.A.T.;il primo set è stato vinto dalla 5A C.A.T. anche se la 3A C.A.T., pur presentando giocatori di età inferiore, è riuscita a rimontare, capovolgendo il risultato con un punteggio di 2 a 1, aggiudicandosi, così, il primo posto libero per la finale. Nell’altra sfida di semifinale a vincere è stata la 4E S.I.A. con un netto 2 a 0, qualificandosi in finale, con la 3A C.A.T., per l’ultima partita del torneo. Essa, come già anticipato, è stata vinta dalla 3A C.A.T. che ha battuto la squadra avversaria al tie-break per 3 a 2, confermandosi, cosi, campione d’istituto. I ragazzi, molto contenti per il risultato nuovamente conseguito, dedicano la propria vittoria a tutti i compagni, ma soprattutto al loro Prof. Rosario De Rosa (insegnante di Scienze motorie) per il duro lavoro svolto nella prima metà dell’anno. L’auspicio è che si possano vivere sempre più tali esperienze, sicuramente molto gratificanti sotto il profilo didattico e personale. Buon lavoro a tutti! Nicola Cosentino 13 scuolainformazione Esiste una via d’uscita nel labirinto delle dipendenze? “Si stima che circa il 2,5% degli studenti tra 15-19 anni abbia assunto almeno una volta nella vita sostanze psicoattive “sconosciute”, senza sapere di cosa si trattasse. Il 56% circa di questi studenti le ha assunte per non più di 2 volte, ma per il 23% si è trattato di ripetere l’esperienza oltre 10 volte” : sono questi i dati relativi al consumo di sostanze stupefacenti particolarmente dannose fra i giovani, riportate nella “Relazione annuale al Parlamento 2015 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia” E’ terrificante la lettura di tali statistiche, che riguardano giovani di tutta Italia; esse danno la conferma di quanto sia diffuso l’uso di queste sostanze, pur essendo proibite. Proprio tale tematica è stata al centro di una delle giornate nell’ambito delle attività di cogestione, organizzata dall’ ’’ITS V. D’Alessandro’’ di Lagonegro. A tenere desta l’attenzione di tutti i ragazzi ha provveduto Giuseppe Peri, Presidente della comunità di tossicodipendenti di Tortora (CS), e un ragazzo, ex al- colista, che, con la sua testimonianza, ha dato prova di come si possa schiacciare, con l’impegno, la volontà e la determinazione, un macigno che si chiama DIPENDENZA. Egli è uno dei tanti giovani, seguiti in queste strutture, che ha voluto far capire come anche un semplice ‘’bicchiere’’ possa portare alla dipendenza psicologica e fisica. La sua storia ha suscitato notevole interesse da parte di tutti i partecipanti, i quali si sono mostrati particolarmente sconvolti dinanzi al racconto e da ciò che l’abuso di alcool o droghe può causare nella vita di ogni singolo individuo. La domanda che ha indotto a una riflessione profonda è stata : ‘’Cosa ti ha spinto a dare una svolta alla tua vita?’’. Sembra che l’abbandono da parte degli amici e della famiglia sia stato l’elemento che lo ha condotto verso il cambiamento … ‘’Erano lì per aiutarmi, ma prima o poi tutti si stancano e ti abbandonano, e per questo ho capito di dover cambiare le mie pessime abitudini e il mio stile di vita’’. Sicuramente non è possi- bile smettere da un giorno all’altro, dal momento che ogni percorso di disintossicazione si compie attraverso piccole tappe con la somministrazione di un antifarmaco, che contrasta ciò da cui si è dipendenti. Anche se tale percorso risulta faticoso e lungo, con la giusta tenacia si riesce, però, a venir fuori dal labirinto e a dar senso alla propria vita. Decidere di entrare in comunità vuol dire entrare a far parte di una grande famiglia che condivide le tue stesse problematiche, una famiglia che è in grado di capire ciò che si prova e che è capace di trasmettere forza l’uno all’altro. Le persone che decidono di far parte di questa famiglia svolgono numerose attività quotidiane, che impegnano sia il fisico sia la mente: laboratori artistici, giochi di gruppo, pulizie del centro, uscite per immettersi gradualmente nella società... tutto contribuisce a rendere la vita dell’ospite stimolante e produttiva, oltre che a valorizzare il vissuto emozionale di ognuno di essi! Bisognerebbe far conoscere in ogni istituzione scolastica quanto sia frequente e sottovalutato fra i giovani il problema delle dipendenze, dipendenza non solo da alcool e droga ma anche da fumo, gioco d’azzardo, shopping, da apparecchi tecnologici!! Non bisogna pensare che ‘’soffocando’’ il problema si superi la dipendenza, anzi, si entra in un circolo vizioso, in quanto ‘’non siamo noi a gestire la dipendenza ma è lei a gestire ognuno di noi’’, pertanto, è opportuno che ci sia tanta consapevolezza e convinzione nel voler superare le difficoltà e, soprattutto, tanta voglia di farsi aiutare, perché, come sostiene Don Antonio Mazzi, ‘’Serve poco essere vivi, l’importante è vivere’’! Cosentino Pierfrancesca Labanca Anna Grazia 14 scuolainformazione Ma davvero l’alfabeto è a rischio? La nostra società è la protagonista assoluta di un incessante processo culturale che determina continui cambiamenti dei modi di vivere,di produrre, di essere, di pensare e di relazionarsi. Siamo, ormai, nell’era postindustriale, dove la risorsa “informazione” è esclusivamente incentrata sull’uso delle tecnologie informatiche. In sintesi, stiamo vivendo la quarta rivoluzione della comunicazione, dopo la scrittura,la stampa, l’invenzione del cinema e degli altri audiovisivi!!! In questo contesto,così penetrante e coinvolgente, la scuola, visto il ruolo che assume nel processo di formazione dell’uomo e del cittadino, non può esimersi dall’adottare le nuove tecnologie come elemento necessario della didattica e a tal uopo, quindi, trova risposta l’iniziativa “Scuol@ 2.0” (Piano Nazionale Scuo- la Digitale) a cui ha aderito, in quanto selezionato dal MIUR, anche l’ITS “V. D’Alessandro”. Tale iniziativa impegna le istituzioni scolastiche a sperimentare un percorso di innovazione didattica e di trasformazione degli ambienti di apprendimento attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’iniziativa tende alla costruzione di una scuola basata sulla didattica laboratoriale e sulla centralità dello studente che apprende, ma, certo, non pochi sono gli allarmismi e i detrattori che considerano “deleteria tutta questa tecnologia all’interno delle aule scolastiche”. Uno tra tanti è il noto pedagogista italiano B. Vertecchi, il quale afferma che “l’uso massiccio di hitech a scuola non assicura miglioramenti nelle performance degli alunni ma addi- rittura ne determina un calo negli apprendimenti”, oltre che la caduta della memoria. Anche l’Ocse ha di recente ammesso che “nonostante i notevoli investimenti in software e connessioni internet per uso didattico, non ci sono prove solide che un maggior uso del computer fra gli studenti porti a punteggi migliori in matematica e lettura nei test Pisa”. La questione è, pertanto, davvero delicata e diventa molto difficile stabilire quale sia la strada migliore da seguire; certo,pensare di rivoluzionare il mondo degli apprendimenti semplicemente dotando le classe di strumenti tecnologici è assurdo, piuttosto, LIM e tablet vanno intesi e, magari, ripensati come opportunità che, se utilizzati con cognizione di causa, daranno esiti positivi anche sugli apprendimenti. La scuola,infatti, deve, si, ri- spondere al cambiamento in ambito didattico, ma deve soprattutto provvedere a formare una competenza specifica, pedagogicamente fondata, il cui scopo non è solo l’apprendimento delle procedure che le sottendono, ma quello di guidare gli alunni a percorrere un mondo dalle trame infinite. I ragazzi, infatti, tecnicamente riescono a districarsi egregiamente nel mondo della rete ma non hanno ancora acquisito un senso critico in grado di aiutarli nell’uso di uno strumento la cui potenza li può sovrastare. Allora, compito della scuola deve essere quello di favorire l’apprendimento di un uso consapevole, ben finalizzato e specificamente selezionato delle tecnologie informatiche, tali da garantire il benessere del discente. Sabrina Carlomagno 15 scuolainformazione Jobs Act, Antitrust , Spending review: che confusione! La parola ieri come oggi gioca un ruolo di fondamentale importanza finalizzato all’interazione. Esprimersi è un’arte che rappresenta l’espediente attraverso il quale “Grandi personaggi” come Mussolini piuttosto che Hitler, hanno scritto la storia. La dose giusta di astuzia ed il linguaggio appropriato, hanno consentito loro di abbindolare e, talvolta, di abbandonare il popolo all’ignoranza. La lingua è l’elemento fondamentale di questa arte , quella inglese oggi è il pennello con cui i politici italiani dipingono. Negli ultimi anni, il lessico politico italiano si è arricchito di anglicismi; molti assumono significati non sufficientemente chiari al mutar del contesto. Utilizzare termini come: Jobs Act, Antitrust, Spending review alimenta soltanto quella confusione che disorienta i cittadini-elettori. Il linguaggio politico risulta difficilmente comprensibile di per sè quindi, i nuovi termini aggravano soltanto la scarsa chiarezza, pretesa dagli elettori. É naturale chiedersi dunque: l’obiettivo è quello di ottenere risultati tramite una politica illusoria o semplicemente dare “prestigio” all’Italia? Dalle pagelle mediamente insufficienti dei nostri politici, emerge che occorre ripristinare il “politichese” alla vecchia forma . Coro Duello tra un ateo e un credente A partire dal 19 febbraio, gli studenti dell’ITS “V. D’Alessandro” hanno dato vita a tre giornate di autogestione, evento che sta diventando una consueta, costruttiva e bella esperienza per alunni e docenti. Sono state proposte diverse attività, culturali e ricreative, a partire da dibattiti e momenti di approfondimento con esperti esterni o con i docenti, cineforum, il torneo di pallavolo. Nel corso della prima giornata si è svolto un interessante e seguito dibattito sul rapporto tra atei e cattolici. È toccato alla prof.ssa Annamaria Schettini moderare i due agguerriti “avversari”, Don Paolo Torino, parroco di Viggianello e il Prof. Vincenzo Labanca . I due” duellanti” si sono attaccati e difesi con serietà, competenza ed entusiasmo per sostenere le loro tesi e “distruggere” quelle dell’altro. Si è affrontato il problema dell’esistenza storica di Gesù, della potenza della Chiesa Cattolica e della sua “interferenza” sulla storia dell’occidente (e non solo), sulla sua influenza nelle de- cisioni politiche in Italia e anche sui comportamenti e le idee dei cittadini. Ci si è posto il problema della obbligatorietà di avere nel curricolo scolastico l’ora di religione, della presenza del crocefisso nelle scuole e negli uffici pubblici, del battesimo ai neonati. Al dibattito, seguito da un folto pubblico di alunni e docenti, hanno contribuito gli interventi dei presenti. La tematica, difficile e controversa, è stata una occasione importante, sia per gli adulti che per i più giovani, per poter riflettere e ragionare sul ruolo e l’influenza della religione nel nostro vivere quotidiano. Anni fa i due “avversari” si erano conosciuti e frequentati nel nostro istituto perché uno era studente, Don Paolo, l’altro docente e quest’ultimo, appassionato da sempre di teatro, aveva dato al suo alunno Paolo il ruolo di “Angelo” in una rappresentazione teatrale scolastica. Forse il Prof aveva già intravisto il futuro! Annamaria Schettini