ITS 06 WEB

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ITS 06 WEB
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scuolainformazione
La ricerca scientifica nella decifrazione del codice dell’universo
“La scienza, prima di essere esperimenti, misure, matematica, deduzioni rigorose, è soprattutto visioni”
La bussola seguita dai fisici nella decifrazione del codice dell’Universo punta da
sempre all’unificazione e alla
semplificazione.
Nel Seicento Isaac Newton
intuì che la forza responsabile della caduta di una mela è
la stessa che governa il moto
dei pianeti. A metà dell’Ottocento lo scienziato scozzese
J.C. Maxwell diede un contributo notevole all’unificazione
delle forze della natura descrivendo, con quattro eleganti e
potenti equazioni, il legame
esistente tra i fenomeni magnetici ed elettrici. Le equazioni di Maxwell ci hanno svelato che i fenomeni sono due
facce della stessa medaglia:
campi elettrici variabili generano campi magnetici e viceversa, forza elettrica e magnetica sono manifestazione
di un’unica forza (la forza elettromagnetica). Queste prolifiche equazioni prevedevano
anche l’esistenza di onde (le
onde elettromagnetiche) la
cui velocità (c) è una costante
di tale teoria. L’esistenza di tali
onde è stata successivamente rilevata sperimentalmente
da Hertz e la costanza della
loro velocità di propagazione
(non dipendente dal sistema
di riferimento) ha poi portato, all’inizio del Novecento, A.
Einstein a proporre la sconcertante teoria della relatività
ristretta, sconcertante perché
demolisce le nostre consolidate concezioni di spazio e
tempo quali, rispettivamente,
contenitore e durata immutabili dei fenomeni rispetto
all’osservatore. La relatività
ristretta, nata per salvaguardare la costanza della velocità
della luce (radiazione elettromagnetica), ha come conseguenza il fatto che lo spazio
(misura della distanza tra due
punti) e il tempo (durata di un
fenomeno) cambiano con la
velocità dell’osservatore. Nella seconda metà del Novecen-
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scuolainformazione
tistica con la teoria della relatività. Le fluttuazioni quantistiche della gravità, in questo
universo primordiale, avrebbero prodotto onde gravitazionali, quelle che si spera
ancora di rilevare. Anche se
Einstein riteneva che gli echi
di queste lontane sinfonie
celesti, propagantesi attraverso il tessuto profondo
della realtà, e le loro eteree
armonie fossero destinate a
rimanere inascoltate per l’eternità
Successivamente, mentre
l’universo si andava raffreddando, si verificava la prima
rottura della simmetria: la forza elettrodebole cominciava a
comportarsi in modo diverso
dalla forza nucleare forte. Si
ebbe un cambiamento anche
nella natura dello spazio che
si riempì di un campo portando alla creazione di particelle di elevata massa rilevabili
solo con acceleratori nucleari
10.000 miliardi di volte più
potenti di LHC (Large Hadron
Collider) del CERN di Ginevra.
All’età di un milionesimo
di un milionesimo di secondo
(10-12sec) lo spazio, invece di
essere vuoto, fu riempito di
un campo di fondo denominato “campo di Higgs”, le particelle che interagiscono con
questo campo hanno massa,
mentre le particelle che interagiscono col campo elettromagnetico (come il fotone) sono prive di massa. Con
l’inondazione nello spazio
del campo di Higgs, la forza
debole e quella elettromagnetica cominciarono a comportarsi in modo differente,
si verificò un’ulteriore rottura
della simmetria. Questa visionaria teoria è stata verificata
con LHC nel 2012 attraverso
la scoperta del bosone di
Higgs, la particella che interagisce con l’omonimo campo. Il team di scienziati che ha
rilevato il bosone, coordinato
dall’italiana Fabiola Gianotti, è
stato, poi, insignito del Nobel
a coronamento della straordinaria impresa.
Maria Antonietta Caputo
Impara digitale*, la nuova frontiera della scuola
to, la teoria elettrodebole unificò la forza elettromagnetica
con la forza nucleare debole,
responsabile dei fenomeni
di decadimento radioattivo.
Oggi restano da unificare la
teoria della relatività generale
con la meccanica quantistica,
i due pilastri della Fisica del
Novecento. La prima descrive
i fenomeni su grande scala riguardanti stelle, galassie etc.,
ovvero quelli governati dalla
forza di gravità, la seconda
descrive quelli a scala atomica
e subatomica, regno delle forze nucleari: debole e forte. E’
questo il “Sacro Graal” dei fisici
teorici: unificare le due teorie
e le forze per arrivare alla teoria del tutto e alla superforza.
Di recente, il 14 settembre
2015, è avvenuta la rilevazione delle onde gravitazionali, sottili increspature nello
spazio-tempo prodotte da
oggetti massicci che sfrecciano nel cosmo (già previste da Einstein nel 1916).
Le onde rilevate sono state
prodotte dalla fusione di due
buchi neri, aventi masse rispettivamente 29 e 36 volte
quella del Sole. A rilevare le
onde gravitazionali sono stati,
contemporaneamente, i due
interferometri
statunitensi
(LIGO) e quello presente a
Cascina(VIRGO), nei pressi di
Pisa. Quest’ultima scoperta
è da considerarsi un enorme
passo avanti sia per la difficoltà che l’osservazione di un
evento del genere comporta
ma, soprattutto, perché può
dare un significativo contributo al collegamento tra teoria
del macrocosmo e microcosmo e potrebbe anche fornire
una prova convincente, sebbene indiretta, dell’esistenza
di altri universi.
Quando l’universo era
molto giovane (10-36 sec dopo
il big bang), era compresso
in un volume più piccolo di
quello di un atomo. All’epoca,
tre delle forze fondamentali
(elettromagnetica, nucleare
debole e nucleare forte) erano indistinte e costituivano
una sola forza, inoltre, a queste scale spaziali e di energie
(enormi), la gravità avrebbe
avuto le caratteristiche di un
campo quanto-meccanico.
Pertanto, per capire le proprietà dell’universo primordiale dobbiamo applicare la
teoria quantistica dei campi
che fonde la meccanica quanContinua nella pagina a fianco
Una sorta di resistenza passiva si percepisce tra
le aule e nei corridoi delle
scuole. L’arrivo del digitale, il
registro elettronico, la didattica laboratoriale, la scuol@
2.0 hanno sparigliato, meglio
stanno sparigliando, le certezze della “classe” docente,
ma anche delle “classi” degli
alunni.
L’idea che l’informatica e
l’informatizzazione dei processi di insegnamento e di
apprendimento possano e
debbano rivoluzionare la
scuola serpeggia nelle istituzioni scolastiche e tra gli addetti ai lavori.
Se a questo quadretto si
aggiunge l’avvento della legge 107/15, la cosiddetta riforma altrimenti divulgata come
La buona scuola, con tutte le
pretese di sottoporre l’ambiente ad uno stress innovativo di non poco conto, dove
valutazione, valorizzazione,
precarizzazione, dirigentizzazione, aziendalizzazione ne
sono alcuni degli elementi
qualificanti, i docenti vivono
la fase di maggior disorien-
tamento che la storia della
scuola italiana ricordi.
Bene. Per smettere di lamentarsi una via potrebbe
essere quella di considerare
che si è giunti ad un punto
di snodo e che in qualche
misura bisogna prendere
atto che il mondo, fuori dalla
scuola, ha camminato ad una
velocità maggiore e che è il
momento di tentare un riavvicinamento. Che non può
e non deve essere spinto da
elementi irrazionali ed ansiogeni propri di chi rincorre con
difficoltà una meta difficile da
raggiungere. No, si deve trattare di una marcia razionale,
una marcia di avvicinamento
progressiva che passa per la
chiave metodologica, prima
ancora che per l’uso di nuovi
ed ulteriori strumenti di lavoro.
Il computer, il tablet, la
lim, il proiettore, i social network ed ogni nuovo software
o app, come si usa dire oggi,
non sono altro che strumenti
nuovi tra gli strumenti che si
sommano e si integrano con
quelli tradizionalmente usati
per i processi di insegnamento-apprendimento. Per quanto innovativi ed utili possano
rivelarsi, non sono essi, però,
il core della proposta. La vera
rivoluzione sta nella collaborazione, nella condivisione,
nella cooperazione, nella comunicazione. Nella possibilità
e nella capacità di efficientare
il processo di apprendimento
attraverso la sua leva sociale,
cioè trasformando il lavoro
di ciascun componente della
comunità di apprendimento
in fattore comune di cui poter beneficiare al fine di costruire le competenze richieste dai profili obiettivo.
Insomma, del laboratorio
bisognerà utilizzare le macchine, ma sposare lo spirito.
Il docente sposta tanto più
la sua funzione verso la figura del coach in quanto riconosce e indica nell’essenza
della persona in formazione
le abilità e le capacità di cui
egli favorisce l’emersione. Un
primus inter pares capace di
nascondere la sua figura restituendo protagonismo all’alunno, vero artefice, insieme
ed in concertazione con i suoi
compagni, del suo percorso
di apprendimento.
Il successo formativo, così,
non sarà più una entità da misurare sulla base delle quantità dei saperi oggetto del portfolio dello studente, ma sarà
riscontrabile nella qualità dei
processi e del fare che l’allievo sarà capace di attivare
dimostrando le competenze
acquisite. Competenze di cui
dimostrerà la metabolizzazione attraverso la successiva
assunzione di responsabilità
rispetto alle applicazioni possibili di cui sarà capace.
Il docente dovrà mettersi in gioco condividendo nei
consigli di classe e nei dipartimenti disciplinari le sue proposte e le ipotesi di lavoro,
di cui la stessa valutazione o
autovalutazione potrà beneficiare, favorendo la propria
crescita professionale, ma
anche lo sviluppo dell’istituzione scolastica nella quale
lavora.
Giancarlo D’Angelo
* pubblicato su
“Orizzonti Pedagogici 2015/16”
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Ci hanno colpito di nuovo, questa volta al cuore e nella testa
Dopo gli attentati di Parigi il mondo non è più lo stesso, ha cambiato forma
L’Isis si legittima con
la religione, ma le ragioni profonde della sua
forza sono psicologiche.
Fa leva sulla disperazione di chi vive in territori
degradati; crea opportunità basate sul sogno
di rivalsa; offre donne
ai combattenti; sfrutta i
social network per fare
propaganda; usa la musica per creare identità
e rafforzamento nell’immaginario collettivo; affina la manipolazione
psicologica per reclutare
foreign fighters. Mette in
rete immagini virali che
provocano
eccitazione
e indignazione (soprattutto in chi è suggestionabile), stuzzica i sentimenti
d’ingiustizia, umiliazione e
riscatto, eccita il bisogno
di appartenenza, trasforma il profano nel sacro.
La letteratura scientifica è
concorde nel ritenere che i
terroristi non siano “matti”.
L’arruolamento
predilige
gente affidabile, scarta chi
dà segni di squilibrio.
Gli attentati di Parigi
hanno conseguenze psicologiche sui familiari delle
vittime, su chi era presente al Bataclan e nelle altre
sedi degli agguati, sulla
popolazione generale. Devono creare ansia, paura
e insicurezza, e avranno
ripercussioni
sull’assetto
delle famiglie, sui contatti
sociali, sul senso di appartenenza. Il venerdì 13
dell’Occidente incrina la
capacità di fare previsioni,
compromette le certezze
sulla possibilità di controllare il mondo esterno, determina vissuti d’impotenza.
Nonostante la maggior par-
te delle persone non subisca gravi conseguenze psicologiche, la popolazione
può avere reazioni emotive
(rabbia, ansia, panico, terrore, tristezza, depressione,
ecc.), cognitive (disorientamento, confusione, ridotta
capacità di concentrazione,
ecc.), somatiche (insonnia,
affaticabilità, cefalea e altri
disturbi), comportamentali
(facilità al pianto, reazioni di
allarme e altro).
Sono più spesso lievi e
transitorie: risposte normali a eventi straordinari che
si riducono in pochi giorni anche senza interventi
specialistici ma che interferiscono con la capacità di
fronteggiare il trauma. Circa
un terzo di chi è direttamente esposto a eventi come
quello di Parigi, però, può
sviluppare un disturbo psichiatrico (più spesso dello
spettro dello stress) che, a
differenza dei problemi fisici, rimane generalmente
sconosciuto, viene diagnosticato con difficoltà e non
è adeguatamente trattato.
Forse i problemi psicologici non saranno l’aspetto
principale da affrontare
dopo la strage di Parigi,
ma bisognerà tenerli in
grande
considerazione
per ridurre la percezione
di vulnerabilità e restituire
il senso della quotidianità
a una civiltà colpita nella
mente.
Francesco Polito
Pierangelo Camodeca
Francesco Chiarello
Federico Colombo
Mariano Miceli
Felice Gulfo
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Finnish notes
What can bring three
English teachers from ITS “V.
D’Alessandro” in Lagonegro
to Finland for a few days?
The irrepressible desire to
know other upper secondary
school organizations, to
compare their way of
teaching and their school
system with other ones in
different European countries,
to meet colleagues to whom
exchange ideas and opinions
and, last but not least,
the propelling force to fill
together the European form
Erasmus plus KA2 in order to
apply for a common project
“Motivation and Joy in
Education”. These are some
Finnish notes.
March 2: a long day
travelling from Naples to
Helsinki where we found
our colleague and whip Esa
waiting for us at the airport.
An interesting friendly hearty
chat while he was driving to
our hotel, we all felt to be in
the right place with the right
people: easy going, reliable,
competent.
March 3, 4: two full
working days at Vuosaari
Upper Secondary School,
meeting the other Finnish
colleagues and the Danish
ones with whom we shared
ideas, advice and common
aims in order to give shape
to our project. The more we
were discussing the more we
increased our sense of being
part of a wider European
community
of
schools
and Countries. Our Finnish
and
Danish
colleagues
expressed with great vigor
and enthusiasm their desire
to know and learn from the
south of Europe, they are
very fond of Italy. This made
us really happy.
Comparing our school
systems we realized that they
rely on two different ideas:
the excessive freedom given
to Finnish students to choose
their courses and subjects
of study and the difficulty
in bringing them to a good
end causing a significant
school dropout; the relative
“rigidity” of the Italian school
system in which subjects
and school organizations are
determined and set by the
Ministry of Education.
Freedom that students
cannot manage in Finland
and organizational rigidities
that Italian students suffer
are two opposite but
interesting ways of looking
at education and widening
our transnational perception,
learning from each other and
coming up with fresh ideas
and good practices.
MOJOED will project our
school in a multicultural and
transnational context and will
be an opportunity to seize for
students and teachers who
will be able to compare and
merge experiences, ideas
and best practices for a joyful
and motivating learning.
Maria Luisa Longo
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A tutto gas
Numerosi governatori si oppongono alle politiche energetiche perseguite da Matteo Renzi
Nove consigli regionali,
tra cui quello lucano, hanno
depositato le firme indispensabili affinché si potesse indire il referendum del 17 aprile
2016.
Il nodo riguarda la possibilità di “smantellare” le piattaforme piazzate in mare a
meno di 20 km da terra senza
sfruttare, oltre le concessioni,
le risorse petrolifere o il gas
nascosti nei fondi.
Greenpeace pubblica un
rapporto, con dati riguardanti
il periodo 2012-2014 raccolti
dall’Ispra (Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca
Ambientale), da cui emerge
che, le piattaforme rappresentano un pericolo per la salute
umana e la fauna.
Ribatte Assomineraria, che
raggruppa le società petrolifere secondo cui: “le trivelle non
recano alcun danno all’ambiente”.
Oggi, nei mari, ci sono 135
piattaforme a “testa di pozzo”;
di queste, 92 ricadono dentro
le 12 miglia, quasi tutte situate
nell’Adriatico e nello Ionio, alcune in Sicilia.
Le concessioni rilasciate
dallo Stato durano trent’anni,
prorogabili per ulteriori 10 la
prima volta, per 5 la seconda
e ancora 5 per la terza.
Dai pozzi situati entro le
12 miglia si estrae soprattutto
metano. Essi contribuiscono
per il 28,1% alla produzione
nazionale di gas e per il 10% a
quella di di petrolio.
Tuttavia, se si fermassero
le produzioni, l’Italia dovrebbe aumentare le importazioni
da altri stati, alcuni dei quali,
trivellano comunque nel Mediterraneo (Egitto e Libia).
In Italia, la compagnia di
Stato, azionista di maggioranza di 76 impianti su 92 totali,
è l’Eni .
Oggi si discutono legittimamente le ragioni del no e le
ragioni del sì.
Il no al referendum è motivato dalla perdita di posti di
lavoro;
Assomineraria
sostiene
che l’attività estrattiva dà lavoro a 10000 persone più 9000
nell’indotto esterno.
No anche perché l’estrazione del gas è sicura; l’Ispra controlla costantemente e mai ci
sono stati incidenti o pericoli.
No, perché nessuna delle località turistiche e balneari ha
lamentato danni e, ancora no,
perché il referendum è uno
spreco di 400 milioni.
“Ottimisti e razionali” si
esprimono invece per il sì.
Ritengono, quest’ultimi,
che le trivelle mettono a rischio la vera ricchezza del paese: il turismo.
Sì, perché alla Conferenza
di Parigi sul clima, 194 paesi si
sono impegnati a mantenere
l’aumento della temperatura
globale al di sotto dei 2 gradi.
Sì ancora, perché il referendum è un esercizio di democrazia.
Considerando questo ultimo dato, ciascuno dovrebbe
votare risvegliando e rispondendo alla propria coscienza.
Rosanna Colombo
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Il petrolio pulito non esiste
La Basilicata ha incassato
85 milioni di euro grazie​alle
royalties dalle compagnie
petrolifere negli ultimi anni.
I giacimenti petroliferi della
Val d’Agri, in verità, non hanno portato ricchezza e sviluppo ma, di sicuro, l’inquinamento.
La nostra regione è stata già soprannominata Lucania Saudita, ma sceicchi,
ricchezza e sviluppo, in
Basilicata, non se ne sono
ancora visti. L’industria petrolifera però sta già presentando un conto, piuttosto
salato. Nonostante gli enti
per la protezione ambientale inghiottano milioni di
finanziamenti, ci sono bombe ecologiche che restano
sepolte per molti anni o che
vengono alla luce solo grazie all’ impegno dei cittadini.
Nella zona di Corleto Perticara, dove stanno per arrivare
le trivelle francesi di Total,
sarebbe emersa da poco una
discarica. Parliamo di 2.000
metri cubi di fanghi, ricchi di
idrocarburi e metalli pesanti,
residui delle perforazioni ricognitive dei primi anni ‘90,
quando la concessione per la
zona di Tempa Rossa era stata acquisita dall’Eni. La Procura di Potenza ha aperto un’
inchiesta sullo sversamento
dei fanghi, rimasti sepolti per
quasi 20 anni in un campo
adibito al pascolo, senza che
nessuno se ne accorgesse. A
Metaponto alcuni agricoltori
hanno denunciato una perdita dell’oleodotto dell’Eni;
l’area interessata è di circa
10mila metri quadrati, e, peraltro, in tale zona vi è una
delle poche stazioni di con-
La striscia di Emilio
La società liquida
trollo non dotate di telecamere. La circostanza è stata
oggetto di denunce a mezzo
stampa e non solo, da parte
di tanti attivisti si è gridato:
“è l’ennesimo esempio dell’
inadeguatezza delle compagnie petrolifere”. Le trivelle
hanno riportato la Basilicata
sotto i riflettori. Ma la piccola
regione è attenzionata oltre
che per i giacimenti petroliferi, per i fiumi e gli invasi delle sue valli che riforniscono
di acqua la vicina Puglia. Chi
ha cercato di indagare lo ha
fatto non senza subire conseguenze sia sul piano lavo-
rativo, sia a livello mediatico,
sia giudiziario. E’ indiscutibile
che l’inquinamento, dal punto di vista scientifico, sia tra le
maggiori cause di patologie
polmonari, cardiocircolatorie, immunitarie, e non ultime, oncologiche.
Tuttavia, noi cittadini, potremmo contribuire e ridurne
gli effetti.
In che modo?
Prediligendo l’uso dei trasporti pubblici, optando per i
veicoli ibridi o elettrici, migliorando l’isolamento termico
delle abitazioni, rispettando
i criteri per la raccolta differenziata, installando pannelli
fotovoltaici, o, altre tipologie di strumenti di risparmio
energetico che promuovano le energie rinnovabili.
Strade tortuose da percorrere su una terra destinata altrimenti a morire.
G. Viceconte
P. Buldo
M. Bonavita
A. Conte
C. Di Tomaso
F. Auletta
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La famiglia prima di ogni altra cosa!
Nelle scorse settimane, anche in Italia è stata finalmente
approvata una proposta che
riconosce i diritti e i doveri
delle coppie omosessuali che
vogliono unirsi civilmente.
Non è passata l’idea di poter
adottare il figlio o la figlia del
proprio coniuge, la cosiddetta stepchild adoption, ovvero
l’adozione del figliastro. Ma
come può innescarsi un serio
dibattito sulle famiglie omosessuali, senza cadere nella
sempre più pericolosa trappola dell’omofobia? Di certo il
contesto sociale e culturale in
cui viviamo non è favorevole,
visto che non siamo un Paese
omofobo come la Russia, ma
non siamo neanche un Paese
aperto come la Spagna. Eppure, nonostante in Italia esistano
molte famiglie omosessuali,
continuiamo ad ostinarci e a ritenere diverso chi diverso non
è. E poi: diverso da chi? Esiste
per caso la ricetta della normalità? E’ paradossale che nel Terzo Millennio prevalgono ancora posizioni simili che si pre-
occupano di salvaguardare la
forma invece che la sostanza:
è questo un aspetto purtroppo
negativo della nostra cultura!
E’ del concetto di famiglia gay
che invece bisogna discutere
e, a tal proposito, c’è chi pensa
che “le unioni gay non sono la
modernità”. Il 42 enne cristiano ortodosso Alexey Komov
sostiene che la vera famiglia
è quella formata da un uomo
e da una donna e che ci siano
più di 160 nazioni che indicano con chiarezza tutto ciò, aggiunge che tutti noi siamo nati
da un uomo e da una donna ed
è una questione di buon senso
che il bambino vada dalla madre per alcuni motivi e cerchi
l’aiuto del padre per altri. Ma è
stato spesso sottolineato dalla
scienza che un bimbo che cresce in una coppia omosessuale non è destinato a diventare
tale e diversi studi, inoltre, hanno spiegato che un bambino
non cresce male, né peggio, in
una famiglia che sia o con due
papà o con due mamme. C’è
anche chi come il Vice ministro
Maria Cecilia Guerra, si esprime a favore e sostiene che
non ci sono motivi per trattare
in modo diverso una coppia
omosessuale da una etero e
ciò vale anche per le adozioni.
Al giorno d’oggi il problema è
la società in cui viviamo, con il
compagno di classe che deriderà il bimbo di due mamme
o di due papà e il genitore che
non manderà il proprio figlio
a casa del bambino “adottato”,
perché timoroso di chissà cosa.
Dunque, il male è negli occhi di
chi guarda e il problema sta nel
pregiudizio che tante persone
hanno nei confronti di queste
famiglie. La figura femminile,
di certo, è una figura importantissima nella vita di ogni
bimbo: la mamma è sempre la
mamma, si suol dire, e, infatti,
è proprio così. Il punto è che
esistono già famiglie con due
papà ed esistono già famiglie
con due mamme, così come
esistono omosessuali intenzionati a diventare genitori, sicuramente convinti che il figlio
sia un diritto prima di ogni altra
cosa. Il tema è sicuramente delicato e la storia delle famiglie
gay è ancora tutta da scrivere,
il principio di tutto ciò, però,
non può essere il pregiudizio,
né l’ignoranza, soprattutto se
deriva dallo Stato, perché una
famiglia con due papà o con
due mamme sarà pure una realtà particolare, ma sempre di
mamma e di papà si tratta, che
piaccia o no! Per cui vi chiedo
e mi chiedo: E’ giusto opporsi
alle famiglie gay, solo perché
siamo stati abituati a concepire
la famiglia in un certo modo?
Diego Notarianni
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scuolainformazione
Tra marito e marito non mettere il dito
La risposta alla domanda
se sia giusto o meno il matrimonio tra coppie dello stesso
sesso ha sempre diviso l’ Italia
e gli italiani, tanto che, ad affiancarsi a paesi dell’Unione
Europea quali Romania, Bulgaria, Lituania, fino a qualche
settimana fa vi era anche la
nostra nazione, ancora poco
pronta ad affrontare la tematica in modo risolutivo. Finalmente il 26 febbraio 2016 è
stato approvato il disegno di
legge Cirinnà (dal nome del
primo senatore firmatario della proposta), che prevede il
riconoscimento di alcuni diritti
per tali coppie e la negazione di altri. Ciò ha lasciato con
l’amaro in bocca chi ha sempre lottato per le unioni civili, mentre ha soddisfatto chi
tanto d’accordo non è. Ma è
risaputo: l’Italia è moralmente
avanti ma laicamente indietro.
E a condizionare legislazione
e giurisprudenza in Italia vi
è sempre la religione, anche
se al suo interno si denotano
posizioni contrastanti. Se da
una parte c’è chi pensa che il
matrimonio tra omosessuali
sia contro la legge di Dio, teologi come padre Lorenzetti,
invece, affermano il contrario;
egli, per l’appunto, dice che il
Vangelo trasmette l’annuncio
dell’incompensabile dignità
della persona umana, eterosessuale o omosessuale che
sia, pertanto l’annuncio si fa,
inevitabilmente, denuncia di
ogni forma di discriminazione,
emarginazione e offesa. A rafforzare ciò, nell’ ambito legislativo, è nientemeno che la Costituzione Italiana con l’articolo 3 “tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni sociali
e personali”. Ma allora, perché
tanto fastidio nei confronti
di chi diverso non è? Perché
le coppie omosessuali non
possono adottare un figlio e,
quindi, formare una famiglia
legittimata? La psicologa Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile, afferma
che l’adozione di un figlio da
parte delle coppie gay provoca danni molto gravi ai minori.
Ma come mai in America da
decenni le coppie omosessuali possono adottare e crescere
figli e in nessuno di loro si è
mai riscontrato nessun problema? Chi può amare di più un
figlio se non chi, per amore,
ha dovuto lottare? La verità
è che bisogna considerare famiglia ogni gruppo in cui ci
sono due persone che si amano e che amano. L’articolo 29
della Costituzione, non a caso,
afferma che ‘’ La Repubblica riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata
sul matrimonio. Il matrimonio
è ordinato sull’eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi,
con i limiti stabiliti dalla legge
a garanzia dell’unità familiare
‘’. Un altro articolo particolarmente significativo in tal senso è l’articolo 2, che sottolinea
come “la Repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità’’.
Pertanto alla nostra nazione non resta altro che svegliarsi e mettersi al pari con il resto
del mondo, uscendo fuori dai
canoni e dalla convinzione che
bisogna conservare la tradizione a tutti i costi.
Andrea Forastieri
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scuolainformazione
ché dove è nato non trova uno
spazio per potersi esprimere
liberamente, anche per la propria identità sessuale: si ha un
impoverimento di queste terre.
Un biglietto di ritorno per i nostri giovani
Qualche speranza nelle risposte di Gianni Pittella e Vladimir Luxuria
Dal servizio televisivo, realizzato per il concorso-progetto” Skytg24 per le scuole”, abbiamo ritenuto di “restituire” sul giornale, in forma utile per i nostri lettori, uno stralcio delle interviste effettuate con il parlamentare
europeo Gianni Pittella e con Vladimir Luxuria. Nelle loro risposte non mancano elementi per spunti di riflessione che riguardano il futuro dei nostri giovani lettori, sia per ciò che attiene alla sfera pubblica sia per quel che
riguarda gli aspetti della persona. Un contributo ad un sud che cambia e che vuole cambiare, per essere pronto
a rispondere alle nuove sfide che il mondo imporrà di affrontare.
Onorevole Pittella, intere
generazioni di giovani non
hanno lavoro. Risorse naturali, ambiente, turismo, opportunità geografiche nel
Mediterraneo: come questi
punti di forza possono essere collegati tra loro?
Beh, bisogna mettere insieme la
risorsa umana che noi abbiamo,
che non ci manca, con processi
di formazione e di qualificazione adeguati, con processi di
imprenditorialità che possono anche trovare sostegno da
parte delle risorse finanziarie
europee. Questo è il circuito che
dobbiamo mettere in piedi. E poi
bisogna far crescere l’economia,
rilanciare l’economia, sostenere
la ripresa economica perché se
non c’è un’accelerazione da questo punto di vista non si creano i
posti di lavoro.
li privati: il problema è come li
spendiamo questi soldi. Io mi
sono permesso, in un libro che
ho pubblicato nei mesi scorsi, di
proporre insieme a dei colleghi
11 progetti che riguardano fatti
concreti quindi non chiacchiere.
Un progetto riguarda l’energia
da fonti rinnovabili, un progetto riguarda la banda larga,
un progetto riguarda Matera
2019. Come diffondere questo
grande risultato che abbiamo
ottenuto con Matera in altre
parti del mezzogiorno e della
stessa Basilicata. Un progetto
riguarda l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie, ovviamente
c’è l’infrastrutturazione fisica e
l’infrastrutturazione immateriale. Appunto questi soldi che
noi abbiamo o li spendiamo
su questi progetti seri, non necessariamente quelli che propongo io, ma devono essere
In relazione allo strumento progetti seri e multiregionali
di programmazione come il oppure rischiamo di farli disperdere nei rivoli dell’assistenza.
Masterplan?
Il Masterplan è un buon contributo. Noi abbiamo a disposizio- Nella piattaforma europea,
ne per i prossimi anni qualcosa che ruolo può giocare la nocome 100 miliardi di euro tra stra piccola regione che cofondi europei e fondi naziona- munque presenta svariate
problematiche?
La nostra Basilicata ha potenzialità innanzitutto perché,
rispetto alle regioni del mezzogiorno ha una considerazione
maggiore. Poi ritengo che abbia delle risorse e delle potenzialità superiori: è una regione
eccellente dal punto di vista
ambientale; è una regione in
cui c’è una enogastronomia
molto forte; è una regione in
cui ci sono anche risorse umane
notevoli; è una regione piccola, in questo senso non guasta
essere piccolo. La vittoria di
Matera nella gara di città europea della cultura 2019 è una
cosa di una forza straordinaria
che noi dobbiamo saper giocare
bene. È come quella manna dal
cielo che ci capita una volta nella vita, nella vita di 1000 anni,
non è la vita di una sola generazione, quindi noi abbiamo
il dovere di spendercela bene.
za efficaci affinché il Sud riparta?
Guardi, l’Europa non è che la
chiave di volta per la ripartenza
del Sud. L’Europa deve fare delle
cose sicuramente importanti. L’Europa, innanzitutto, deve
cambiare le politiche economiche, troppo austerità in questi
anni ha danneggiato notevolmente anche il mezzogiorno d’Italia e i mezzogiorni di Europa.
L’UE deve fare un’altra cosa: deve
mantenere i fondi strutturali che
dà alle regioni del Sud, ma il resto lo deve fare il mezzogiorno.
I progetti da realizzare non può
deciderli Bruxelles. Bruxelles dà
le risorse finanziarie e fa il macro
programma, ma poi i progetti da
candidare al macroprogramma
li stabiliscono le regioni. A candidarli per il finanziamento devono farlo le forze produttive, le
scuole, le associazioni, le piccole
e medie imprese. È necessario
che l’Europa cambi alcune cose
Pensa che l’Europa abbia e che dal basso arrivino proposte
previsto soluzioni abbastan- serie affidabili e innovative.
11
scuolainformazione
Cosa fare, quindi?
Il mio obiettivo principale è
quello di creare un mondo in
cui se uno proprio vuole andare, perché vuole fare nuove
esperienze deve farlo, ma deve
essere una libera scelta. Mentre
vorrei un mondo in cui i capitali, le persone, la ricerca, il lavoro, la libera espressione della
propria identità sessuale, non
devono costituire una ragione
per abbandonare le proprie famiglie, le proprie case, i propri
sapori, la propria terra.
Chiediamo a Vladimir Luxuria se esiste una relazione
tra il ritardo nell’affermazione dei diritti civili e il mancato sviluppo economico.
Io penso che qualsiasi persona
che abbandona un territorio, lo
fa’ perché costretto ad abbandonarlo, per motivi lavorativi,
per la crisi occupazionale, perché non ha sbocco nel futuro.
Talvolta, un giovane parte per-
Secondo lei esiste ancora un
divario tra Nord e Sud circa
le conquiste sociali, anche in
relazione ai fenomeni economici?
Ci sono sicuramente delle diffe-
renze di velocità economica tra
il Nord e il Sud. Anche il Nord ha
risentito sicuramente della crisi.
Per quello che però riguarda,
diciamo così le conquiste sociali, direi che forse c’è stata un’esagerazione, nel descrivere un
nord emancipato rispetto a un
Sud più arretrato. Io che viaggio
molto in Italia e vado a parlare
di certe tematiche, vi assicuro
che certe questioni vengono accolte benissimo al sud, mentre
ci sono tante aree del profondo
nord dove, magari, c’è un’ostilità maggiore. Forse bisognerebbe vedere più questa realtà a
macchia di leopardo, rispetto a
una separazione così netta tra
nord e sud.
Dal tenore delle risposte, uno
spiraglio di speranza per i giovani e per quanti sono andati
via: un biglietto di ritorno si
può ancora staccare.
Elisabetta Viceconte
Sud chiama Nord
Un’idea
creativa,
completa di concept,
elementi grafici, immagini, payoff, uniti
ad un breve testo
che ha riassunto e
concretizzato il messaggio di “ un altro
sud è ancora possibile“, è brillantemente
rappresentata da un
video inchiesta. Nell ’
I.T.S. V. D’Alessandro,
alcuni alunni della
classe quinta E S.I.A.,
competenti e motivati, si sono cimentati
in ruoli impegnativi,
affrontando temi e
personaggi noti dello
scenario sociale e politico dei nostri giorni.
Parliamo dell’adesione ad un progetto
promosso da “SKY tg
24”, che prevedeva
la realizzazione di un
lavoro di approfondimento o inchiesta ,riguardanti un tema e
soggetti scelti liberamente. Bene! Il lavoro, ormai al vaglio dei
competenti giurati,
inquadra un tema
attuale, il disagio
dei giovani e, spesso dei “diversamente
giovani”, rapportandolo a fenomeni di
degrado, economia
stravagante, iniziative
inesprimibili,
politiche retrograde.
Così, gli alunni, muniti di strumenti adeguati, hanno sondato
la realtà del nostro
territorio, attraverso
il pensiero di rispettabili cittadini, cui
si sono contrapposti le opinioni dell’
europar lamentare
Gianni Pittella, che
garantiva la disamina di fenomeni prettamente
politico
–economici, nonché
la relativa soluzione.
Vladimir Luxuria, poi,
ha espresso il peso
di un retaggio culturale gravante sul
“sud del sud” come
un macigno, fatto
di ritrosia, emarginazione,
miseria.
Tutto per dimostrare
come l’impegno civico possa essere la
chiave delle denunce
e della conoscenza.
Sedendoci al tavolo con Machiavelli e
De Coubertin , scopriamo che: “ c’è chi
gioca per vincere,
chi per partecipare”.
Noi abbiamo giocato per “cambiare”.
Nella vita, e dunque
nella scuola, che vita
è, l’essenziale non è
trionfare, ma lottare.
Ad majora!
Rosanna Colombo
12
scuolainformazione
L’ordine senza il potere diventa anarchia
La ribellione degli adolescenti verso un sistema che,
evidentemente, non vivono
come proprio, e da cui cercano di allontanarsi , è una questione che riguarda il mondo,
l’Italia, e la nostra cittadina.
Ogni ragazzo ha, almeno una
volta, avvertito la necessità
di far emergere il lato ribelle
di se stesso, per catapultarsi
in un mondo al di fuori della realtà, per dare sfogo alla
sua parte creativa che, molto
spesso, viene sedata, perché
non conforme agli standard
usuali, ponendo dei limiti alla
spontaneità del giovane. E
per questo, il ragazzo cerca
nuovi spazi, inusuali libertà
, rivoluzionando la sua vita,
evitando ciò che in qualche modo può impedirlo.
A Thomas Hobbes , filosofo del 17esimo secolo,
ascriviamo
l’espressione “homo homini lupus”.
Ogni uomo costituisce un
lupo, un pericolo, in quanto
per proteggersi da ogni male,
gioca una mossa d’anticipo,
colpendo un suo simile preventivamente.
La teoria di Hobbes è
molto attuale in quanto, con
il passare del tempo, ogni
essere umano sembra voler
prevalere sull’altro. Ciascuno ambisce ad essere il migliore poiché, chi detiene un
potere maggiore, può decidere le sorti di masse intere.
Molti sostengono che, in realtà, “l’anarchia” potrebbe
salvarci da questa situazione drammatica e apparentemente tranquilla, poiché
le leggi, essendoci imposte vengono trasgredite!
Viviamo in democrazia solo
teoricamente! E’ una finta democrazia che mira a distruggere i deboli annullandone il
pensiero fino a ridurli schiavi
di un sistema. La libertà per
un adolescente è un concetto assai complesso. Possiamo
dire che si è liberi, poiché è
possibile scegliere, professare la propria religione, esporre le proprie idee, ma in verità
si è schiavi: schiavi del concetto di libertà! Sembrerebbe
un paradosso, ma gli uomini
si lamentano sempre della
condizione in cui vivono. Pretendono di violare le poche
regole che ancora resistono,
perché percepite come ostacolo alla vera libertà. Ma è
importante che le regole siano rispettate affinché venga
garantita la libertà di tutti. “E’
indispensabile muoversi nel
labirinto della libertà, altri-
menti è caos”. L’anarchia, da
alcuni desiderata, non può
salvarci dal nostro sistema
politico in quanto produrrebbe violenza, insicurezza
e paura, e dunque terrore e
caos.
Giovanna Maceri
Chiara Laino
Walter Giordano
Antonio Ciuffo
Angelica Scotellaro
Ferdinando Sisca
Schiacciata vincente per la 3A C.A.T.
Nella finale del torneo d’Istituto di volley battuta la 4E S.I.A.A.
Durante la cogestione,
tenutasi nei giorni 18,19
e 20 febbraio 2016 presso
l’ ITS V. D’Alessandro, si è
svolto, per il secondo anno
consecutivo, il torneo di pallavolo che ha coinvolto tutte
le classi dell’istituto. Come
l’anno scorso, a vincere il
torneo sono stati i ragazzi
del 1999 frequentanti la 3A
C.A.T.: Nicodemo Simone,
Cosentino Maurizio, Di Lascio Luigi, Lentini Giacomo,
Limongi Nicola, Cosentino
Nicola, Nasta Mario Lino. Il
torneo ha caratterizzato le
prime due giornate dell’attività suddetta, con lo scopo
di condividere momenti di
sano divertimento piuttosto
che di insana “competizione”. Il primo giorno si sono
scontrate tutte le classi con
gare uniche ad eliminazione
diretta, che hanno visto superare il turno ad otto squadre su sedici; nella seconda
giornata il torneo si è svolto
con la stessa dinamica della
prima e ha visto rimanere
in gioco quattro squadre:
3A C.A.T.-5A C.A.T.-4D S.I.A.4E S.I.A.. A scontrarsi per
prime, in semifinale, sono
state le due classi del corso
C.A.T.;il primo set è stato vinto dalla 5A C.A.T. anche se la
3A C.A.T., pur presentando
giocatori di età inferiore, è
riuscita a rimontare, capovolgendo il risultato con un
punteggio di 2 a 1, aggiudicandosi, così, il primo posto
libero per la finale. Nell’altra
sfida di semifinale a vincere è stata la 4E S.I.A. con un
netto 2 a 0, qualificandosi in
finale, con la 3A C.A.T., per
l’ultima partita del torneo.
Essa, come già anticipato,
è stata vinta dalla 3A C.A.T.
che ha battuto la squadra
avversaria al tie-break per
3 a 2, confermandosi, cosi,
campione d’istituto. I ragazzi, molto contenti per il
risultato nuovamente conseguito, dedicano la propria
vittoria a tutti i compagni,
ma soprattutto al loro Prof.
Rosario De Rosa (insegnante di Scienze motorie) per il
duro lavoro svolto nella prima metà dell’anno. L’auspicio è che si possano vivere
sempre più tali esperienze,
sicuramente molto gratificanti sotto il profilo didattico e personale. Buon lavoro
a tutti!
Nicola Cosentino
13
scuolainformazione
Esiste una via d’uscita nel labirinto delle dipendenze?
“Si stima che circa il 2,5%
degli studenti tra 15-19
anni abbia assunto almeno
una volta nella vita sostanze psicoattive “sconosciute”,
senza sapere di cosa si trattasse. Il 56% circa di questi
studenti le ha assunte per
non più di 2 volte, ma per il
23% si è trattato di ripetere
l’esperienza oltre 10 volte” :
sono questi i dati relativi al
consumo di sostanze stupefacenti particolarmente
dannose fra i giovani, riportate nella “Relazione annuale al Parlamento 2015
sullo stato delle tossicodipendenze in Italia”
E’ terrificante la lettura di
tali statistiche, che riguardano giovani di tutta Italia;
esse danno la conferma di
quanto sia diffuso l’uso di
queste sostanze, pur essendo proibite.
Proprio tale tematica è stata al centro di una delle
giornate nell’ambito delle
attività di cogestione, organizzata dall’ ’’ITS V. D’Alessandro’’ di Lagonegro. A
tenere desta l’attenzione
di tutti i ragazzi ha provveduto Giuseppe Peri, Presidente della comunità di
tossicodipendenti di Tortora (CS), e un ragazzo, ex al-
colista, che, con la sua testimonianza, ha dato prova di
come si possa schiacciare,
con l’impegno, la volontà e
la determinazione, un macigno che si chiama DIPENDENZA. Egli è uno dei tanti
giovani, seguiti in queste
strutture, che ha voluto far
capire come anche un semplice ‘’bicchiere’’ possa portare alla dipendenza psicologica e fisica.
La sua storia ha suscitato
notevole interesse da parte
di tutti i partecipanti, i quali
si sono mostrati particolarmente sconvolti dinanzi al
racconto e da ciò che l’abuso di alcool o droghe può
causare nella vita di ogni
singolo individuo. La domanda che ha indotto a una
riflessione profonda è stata
: ‘’Cosa ti ha spinto a dare
una svolta alla tua vita?’’.
Sembra che l’abbandono
da parte degli amici e della
famiglia sia stato l’elemento
che lo ha condotto verso il
cambiamento … ‘’Erano lì
per aiutarmi, ma prima o
poi tutti si stancano e ti abbandonano, e per questo
ho capito di dover cambiare le mie pessime abitudini
e il mio stile di vita’’.
Sicuramente non è possi-
bile smettere da un giorno
all’altro, dal momento che
ogni percorso di disintossicazione si compie attraverso piccole tappe con la
somministrazione di un antifarmaco, che contrasta ciò
da cui si è dipendenti. Anche se tale percorso risulta
faticoso e lungo, con la giusta tenacia si riesce, però, a
venir fuori dal labirinto e a
dar senso alla propria vita.
Decidere di entrare in comunità vuol dire entrare
a far parte di una grande
famiglia che condivide le
tue stesse problematiche,
una famiglia che è in grado
di capire ciò che si prova e
che è capace di trasmettere forza l’uno all’altro. Le
persone che decidono di
far parte di questa famiglia
svolgono numerose attività
quotidiane, che impegnano sia il fisico sia la mente:
laboratori artistici, giochi di
gruppo, pulizie del centro,
uscite per immettersi gradualmente nella società...
tutto contribuisce a rendere la vita dell’ospite stimolante e produttiva, oltre che
a valorizzare il vissuto emozionale di ognuno di essi!
Bisognerebbe far conoscere in ogni istituzione scolastica quanto sia frequente
e sottovalutato fra i giovani
il problema delle dipendenze, dipendenza non solo da
alcool e droga ma anche
da fumo, gioco d’azzardo,
shopping, da apparecchi
tecnologici!! Non bisogna
pensare che ‘’soffocando’’
il problema si superi la dipendenza, anzi, si entra in
un circolo vizioso, in quanto
‘’non siamo noi a gestire la
dipendenza ma è lei a gestire ognuno di noi’’, pertanto,
è opportuno che ci sia tanta consapevolezza e convinzione nel voler superare
le difficoltà e, soprattutto,
tanta voglia di farsi aiutare,
perché, come sostiene Don
Antonio Mazzi, ‘’Serve poco
essere vivi, l’importante è
vivere’’!
Cosentino Pierfrancesca
Labanca Anna Grazia
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scuolainformazione
Ma davvero l’alfabeto è a rischio?
La nostra società è la protagonista assoluta di un incessante processo culturale
che determina continui cambiamenti dei modi di vivere,di
produrre, di essere, di pensare e di relazionarsi. Siamo, ormai, nell’era postindustriale,
dove la risorsa “informazione”
è esclusivamente incentrata
sull’uso delle tecnologie informatiche. In sintesi, stiamo
vivendo la quarta rivoluzione
della comunicazione, dopo
la scrittura,la stampa, l’invenzione del cinema e degli
altri audiovisivi!!! In questo
contesto,così penetrante e
coinvolgente, la scuola, visto
il ruolo che assume nel processo di formazione dell’uomo e del cittadino, non può
esimersi dall’adottare le nuove tecnologie come elemento necessario della didattica
e a tal uopo, quindi, trova
risposta l’iniziativa “Scuol@
2.0” (Piano Nazionale Scuo-
la Digitale) a cui ha aderito,
in quanto selezionato dal
MIUR, anche l’ITS “V. D’Alessandro”. Tale iniziativa impegna le istituzioni scolastiche
a sperimentare un percorso di innovazione didattica
e di trasformazione degli
ambienti di apprendimento attraverso l’utilizzo delle
tecnologie dell’informazione
e della comunicazione. L’iniziativa tende alla costruzione di una scuola basata sulla
didattica laboratoriale e sulla
centralità dello studente che
apprende, ma, certo, non
pochi sono gli allarmismi e i
detrattori che considerano
“deleteria tutta questa tecnologia all’interno delle aule
scolastiche”. Uno tra tanti è
il noto pedagogista italiano
B. Vertecchi, il quale afferma
che “l’uso massiccio di hitech a scuola non assicura
miglioramenti nelle performance degli alunni ma addi-
rittura ne determina un calo
negli apprendimenti”, oltre
che la caduta della memoria.
Anche l’Ocse ha di recente
ammesso che “nonostante i
notevoli investimenti in software e connessioni internet
per uso didattico, non ci sono
prove solide che un maggior
uso del computer fra gli studenti porti a punteggi migliori in matematica e lettura
nei test Pisa”. La questione è,
pertanto, davvero delicata e
diventa molto difficile stabilire quale sia la strada migliore
da seguire; certo,pensare di
rivoluzionare il mondo degli
apprendimenti
semplicemente dotando le classe di
strumenti tecnologici è assurdo, piuttosto, LIM e tablet
vanno intesi e, magari, ripensati come opportunità che,
se utilizzati con cognizione di
causa, daranno esiti positivi
anche sugli apprendimenti.
La scuola,infatti, deve, si, ri-
spondere al cambiamento
in ambito didattico, ma deve
soprattutto provvedere a
formare una competenza
specifica, pedagogicamente
fondata, il cui scopo non è
solo l’apprendimento delle
procedure che le sottendono,
ma quello di guidare gli alunni a percorrere un mondo
dalle trame infinite. I ragazzi,
infatti, tecnicamente riescono a districarsi egregiamente
nel mondo della rete ma non
hanno ancora acquisito un
senso critico in grado di aiutarli nell’uso di uno strumento la cui potenza li può sovrastare. Allora, compito della
scuola deve essere quello di
favorire l’apprendimento di
un uso consapevole, ben finalizzato e specificamente
selezionato delle tecnologie
informatiche, tali da garantire il benessere del discente.
Sabrina Carlomagno
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scuolainformazione
Jobs Act, Antitrust , Spending review:
che confusione!
La parola ieri come oggi
gioca un ruolo di fondamentale importanza finalizzato
all’interazione. Esprimersi è
un’arte che rappresenta l’espediente attraverso il quale
“Grandi personaggi” come
Mussolini piuttosto che Hitler,
hanno scritto la storia. La dose
giusta di astuzia ed il linguaggio appropriato, hanno consentito loro di abbindolare e,
talvolta, di abbandonare il popolo all’ignoranza. La lingua
è l’elemento fondamentale
di questa arte , quella inglese
oggi è il pennello con cui i politici italiani dipingono.
Negli ultimi anni, il lessico
politico italiano si è arricchito
di anglicismi; molti assumono
significati non sufficientemente chiari al mutar del contesto.
Utilizzare termini come:
Jobs Act, Antitrust, Spending
review alimenta soltanto quella confusione che disorienta i
cittadini-elettori.
Il linguaggio politico risulta difficilmente comprensibile di per sè quindi, i nuovi
termini aggravano soltanto la
scarsa chiarezza, pretesa dagli
elettori.
É naturale chiedersi dunque: l’obiettivo è quello di
ottenere risultati tramite una
politica illusoria o semplicemente dare “prestigio” all’Italia?
Dalle pagelle mediamente
insufficienti dei nostri politici,
emerge che occorre ripristinare il “politichese” alla vecchia
forma .
Coro
Duello tra un ateo e un credente
A partire dal 19 febbraio,
gli studenti dell’ITS “V. D’Alessandro” hanno dato vita
a tre giornate di autogestione, evento che sta diventando una consueta, costruttiva
e bella esperienza per alunni
e docenti. Sono state proposte diverse attività, culturali e ricreative, a partire da
dibattiti e momenti di approfondimento con esperti
esterni o con i docenti, cineforum, il torneo di pallavolo.
Nel corso della prima
giornata si è svolto un interessante e seguito dibattito
sul rapporto tra atei e cattolici. È toccato alla prof.ssa
Annamaria Schettini moderare i due agguerriti “avversari”, Don Paolo Torino, parroco di Viggianello e il Prof.
Vincenzo Labanca .
I due” duellanti” si sono
attaccati e difesi con serietà,
competenza ed entusiasmo
per sostenere le loro tesi e
“distruggere” quelle dell’altro. Si è affrontato il problema dell’esistenza storica di
Gesù, della potenza della
Chiesa Cattolica e della sua
“interferenza” sulla storia
dell’occidente (e non solo),
sulla sua influenza nelle de-
cisioni politiche in Italia e
anche sui comportamenti
e le idee dei cittadini. Ci si
è posto il problema della
obbligatorietà di avere nel
curricolo scolastico l’ora di
religione, della presenza del
crocefisso nelle scuole e negli uffici pubblici, del battesimo ai neonati.
Al dibattito, seguito da
un folto pubblico di alunni e
docenti, hanno contribuito
gli interventi dei presenti. La
tematica, difficile e controversa, è stata una occasione
importante, sia per gli adulti che per i più giovani, per
poter riflettere e ragionare
sul ruolo e l’influenza della
religione nel nostro vivere
quotidiano.
Anni fa i due “avversari”
si erano conosciuti e frequentati nel nostro istituto
perché uno era studente,
Don Paolo, l’altro docente e
quest’ultimo, appassionato
da sempre di teatro, aveva
dato al suo alunno Paolo il
ruolo di “Angelo” in una rappresentazione teatrale scolastica. Forse il Prof aveva
già intravisto il futuro!
Annamaria Schettini