Ogni volta che mi è capitato di parlare di qualche mia esperienza di
Transcript
Ogni volta che mi è capitato di parlare di qualche mia esperienza di
Ogni volta che mi è capitato di parlare di qualche mia esperienza di vita ai miei figli, ai miei nipoti e ai miei alunni, mi è sorto spontaneo il bisogno di raccontare episodi, da me vissuti, dell’ultima guerra mondiale, per far conoscere loro le terribili sofferenze che ne sono derivate all’umanità per colpa dell’odio, delle ingiustizie, del desiderio di potere e di possesso dei già potenti della terra. Da giovinetta abitavo a Roma, nel quartiere “Appio-Latino”, vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano ed andavo a scuola a Piazza Dante. Nel tragitto mi capitava spesso di passare per la famigerata “Via Tasso” dove c’è un palazzo in cui, allora, era di stanza un presidio tedesco-fascista addetto ad interrogare i prigionieri fatti fra gli italiani (antifascisti, dissidenti, sindacalisti, ebrei...). Evitavo di passarci spesso, facendo un percorso più lungo, perché ero terrorizzata dalle urla di dolore dei sottoposti a tortura. Un compagno di lavoro di mio padre, sopravvissuto miracolosamente alle torture, ci raccontò delle sevizie inumane subite in quel luogo. Un altro episodio che racconto spesso è questo. In un bella giornata di primavera inoltrata (le scuole erano state chiuse, per prudenza, molto prima della fine dell’anno scolastico), con alcune mie amiche salimmo sul trenino che conduceva a Fiuggi e andammo a trovare una nostra compagna di scuola che abitava a Torre Gaia sulla Casilina, che allora attraversava ampie campagne coltivate a grano. Nel primo pomeriggio, mentre eravamo sdraiate sull’erba a scambiarci i piccoli segreti di quell’età, cominciarono a suonare, forti e stridenti, le sirene d’allarme che ci avvertivano dell’arrivo degli aeroplani americani che venivano a bombardare Roma, nonostante il Papa avesse ottenuto che questa città fosse dichiarata “Città aperta”, protetta cioè da qualsiasi attacco. Gli aerei si diressero alla stazione di San Lorenzo, che era occupata dai militari tedeschi, essendo uno snodo importante da cui partivano e a cui arrivavano rinforzi militari. I boati delle bombe che cadevano erano infernali e noi da lontano vedevamo fiamme altissime vicino al mio quartiere, poco distante, in linea d’aria, da quello di San Lorenzo. Spaventata da morire, con la fantasia vidi i miei cari sepolti sotto le macerie e, per la paura e il dolore, svenni. Il ritorno fu terribile: non c’erano più i binari per i trenini ed uno di essi giaceva in terra tutto attorcigliato. Un cielo plumbeo e un silenzio di tomba erano dappertutto. Con l’aiuto di un fattore e del suo calessino, riuscimmo a tornare a casa, dove ebbi la fortuna di trovare i miei familiari vivi. L’indomani Pio XII andò sul posto, ed anche tanti di noi romani. Lo spettacolo era allucinante: palazzi sventrati, pareti crollate che mostravano letti, armadi e suppellettili varie pendere da tutte le parti. La gente girava come ipnotizzata, molti i feriti e i morti. Sotto il ponte un grosso cavallo giaceva in terra con le zampe in aria e il grosso corpo squarciato grondante sangue. Il Papa, con la veste bianca insanguinata, piangeva insieme alla folla, benedicendo vivi e morti. Sono vecchia ormai, ma non ho mai dimenticato quei fatti e tutto il dolore e la fame e la paura della guerra. Ecco forse perché, come tutti i vecchi, ripeto spesso le stesse cose e vorrei dire sempre a tutti, specialmente ai giovani, di vivere e lavorare per la PACE, amando, amando e comprendendo tutto il nostro prossimo: nero, bianco, giallo, cattolico, ebraico, mussulmano, buddista e così via, perché siamo tutti figli di uno stesso PADRE e quindi tutti FRATELLI. Fiuggi, 30/1/2008 Enza Correnti Vitale