08-tubercolosi polmonare
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08-tubercolosi polmonare
REGIONE LIGURIA LINEEGUIDASANITÀ Progetto Li.Gu.Med. Produzione e Implementazione, Diffusione e Applicazione di Linee Guida in Medicina Interna Generale e Specialistica Unità Operativa N° 5 MALATTIE APPARATO RESPIRATORIO Responsabile: David Pelucco LINEA GUIDA SU: TUBERCOLOSI POLMONARE Coordinatore: E. Cerri Estensori: A. De Maria, B. Faravelli, D. Pelucco, C. Viscoli Le linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche. Sviluppare processi che migliorino la qualità dell’assistenza utilizzando al meglio le risorse disponibili, informare il personale sanitario e i pazienti sulle diverse possibilità di diagnosi e cura: questi i principali obiettivi che l’esperienza di altri paesi europei ha dimostrato essere effettivamente conseguibili. Il progetto Li.Gu.Med. promosso dalla Regione Liguria d’intesa con il Ministero della Sanità in collaborazione con l’Università di Genova – Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, l’Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino di Genova e Cliniche Universitarie Convenzionate e l’Azienda Ospedaliera Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, si propone di raggiungere questi obiettivi nei confronti degli utenti, del personale sanitario e degli amministratori sanitari, coinvolgendo anche il mondo dell’informazione per accrescerne l’obiettività e la completezza nella comunicazione. La presenza di esperti autorevoli – alcuni dei quali con esperienza specifica nell’elaborazione di linee guida in ambito nazionale ed internazionale – ne assicura la qualità clinica e scientifica. La collaborazione attiva dei medici di famiglia garantisce la diffusione e l’attuazione delle linee guida sul territorio. Inoltre, viene dato ampio spazio al coinvolgimento e al consenso di amministratori, operatori sanitari, associazioni di pazienti, ordini professionali, società scientifiche. Nello sviluppo del progetto, ha un ruolo determinante la medicina “basata sull’evidenza”, cioè fondata su procedure diagnostiche e terapeutiche ritenute ottimali sulla base di studi clinici convalidati dalla letteratura scientifica internazionale. Articolato in 6 unità operative che agiscono parallelamente per raggiungere gli obiettivi prefissati, il progetto ha previsto in una prima fase la stesura di linee guida diagnostiche e terapeutiche relative ad alcune tra le patologie più rilevanti in Liguria; di tali linee guida si intende poi incoraggiare la diffusione e l’utilizzo. Il conseguimento degli obiettivi viene valutato mediante indicatori specifici per ciascuna linea guida. Responsabile del Progetto è il Dott. Sergio Vigna della Regione Liguria, responsabile scientifico è il Prof. Giacomo Deferrari dell’Università di Genova; il Gruppo di Coordinamento del progetto è inoltre costituito dai responsabili delle unità operative, da esperti di statistica , comunicazione ed economia sanitaria e da rappresentanti dei Medici di Medicina Generale e dell’Ordine dei Medici, e delinea le tappe di svolgimento dell’attività e ne cura la corretta diffusione. 1. Premesse Le evidenze scientifiche sulle quali sono formulate le presenti linee guida sono classificate sulla base del tipo di studio da cui sono ricavate e pertanto sulla loro "forza" di indicazione, secondo la classificazione presentata nella Tabella 1. Tabella 1.CATEGORIE DI EVIDENZA E FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE Categoria di evidenza * I. 1 o più trials clinici randomizzati ben disegnati o metanalisi II. 1 o più studi controllati non randomizzati o altri studi che non raggiungano il livello I III.studi non sperimentali descrittivi o di casistica (studi comparativi, studi di correlazione, studi caso-controllo) o analisi di sottogruppi di trials randomizzati IV. rapporti di esperti o su pochi casi (< 10) Forza della raccomandazione A. Basata direttamente su evidenze di cat. I B. Basata direttamente su evidenze di cat. II e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I C. Basata direttamente su evidenze di cat. III e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I o II D. Basata direttamente su evidenze di cat. IV e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I, II o III * - Modificato da: Canadian Task Force on the Periodic Health Examin., 1979 US Department of Health and Human Services, 1992 Canadian Hypertension Society Consensus Conference, 1993 Shekelle PG, Woolf SH, Eccles M, Grimshaw J, BMJ, 1999 2. Epidemiologia I casi di tubercolosi (TBC) in Italia sono in aumento, con un’incidenza tra il 15 e il 25 per 100.000 abitanti a partire dal 1984; la malattia è probabilmente in calo nella popolazione autoctona non HIV positiva, mentre è in aumento il numero dei casi nella popolazione immigrata e negli autoctoni HIV positivi. Anche l’infezione tubercolare, espressa come positività alla tubercolina (con cut off di 10 mm.) su popolazioni indice, come studenti e militari, è in aumento dal 1987 (5%) al 1995 (13%). La TBC rappresenta un problema importante anche per il personale sanitario, infatti il 3 – 3,5% dei nuovi casi interessa questi lavoratori. Poiché le basi del controllo della TBC sono diagnosi, terapia e controllo dei risultati di questa e poiché, nei paesi industrializzati come l’Italia, la maggior parte dei casi di TBC è diagnosticata in modo passivo, cioè in pz che si rivolgono al medico per i loro sintomi, non vi sono dubbi sul fatto che la lotta alla TBC sia responsabilità preponderante del clinico e, in particolare dello pneumologo. Tra l’altro il polmone è la sede più frequentemente interessata e, dal punto di vista epidemiologico, la TBC polmonare è l’unica importante ai fini della trasmissione della malattia. 3. Diagnosi di tubercolosi 3.1. Escreato positivo e coltura positiva La TBC è una malattia infettiva causata da bacilli appartenenti al Mycobacterium tuberculosis complex (MT). Il “gold standard” per la diagnosi di TBC è l’isolamento in coltura del MT, dopo la semina in terreno solido e/o liquido. Da un punto di vista pratico, nell’attesa dello sviluppo delle colture, la diagnosi di TBC polmonare viene oggi posta evidenziando il micobatterio nell’escreato, nel broncoaspirato, nel materiale bioptico o in liquidi organici o tessuti. La metodica raccomandata è quella di Ziehel-Nielsen che permette un’ottima definizione della morfologia batterica. Poiché la conferma colturale è importante sia a fini clinici, sia a fini di conoscenza epidemiologica, ogni sforzo deve essere dedicato all’ottenimento di campioni di materiale organico sufficienti e idonei per le indagini microbiologiche, prima di iniziare una terapia con farmaci specifici. Benché l’impostazione della terapia non dipenda come regola dai risultati dell’antibiogramma, è utile eseguire tale esame nei soggetti contatto di un caso TBC resistente o nei pz con sospetta TBC resistente, ipotizzabile all’anamnesi per pregresse, ripetute terapie antitubercolari o appartenenza a gruppi di rischio con scarsa compliance alla terapia già effettuata. Le metodiche colturali di diagnosi cosiddette “rapide”, quali quelle che utilizzano marcatori radioattivi, sono sempre raccomandabili poiché servono per iniziare precocemente il trattamento nei casi in cui gli esami di prima linea (esame diretto per ricerca micobatteri) sono negativi e nell’attesa dell’esame colturale standard, che va praticato in tutti i casi clinicamente sospetti di TBC, e dell’eventuale successivo antibiogramma. Per accelerare la diagnosi possono essere usati anche metodi di amplificazione genica basati sull’RNA, ma il loro uso è ancora sperimentale. Raccomandazione (A): Sospettando una forma di TBC fare subito ricerca diretta del B.K. ed esame culturale, che è il “gold standard” per la diagnosi e permette di effettuare l’antibiogramma, vitale per scoprire i casi di TBC resistente. Le metodiche c.d. rapide e quelle di amplificazione diretta genica basa- te sull’RNA (DAT), possono abbreviare i tempi di attesa per iniziare la terapia, ma presentano problemi di significatività diagnostica. In alcuni casi anche con escreato negativo può essere intrapresa terapia antitubercolare, sempre dopo congruo periodo di antibioticoterapia a largo spettro, in base a considerazioni di tipo epidemiologico, anamnestico e clinico-radiologico. 3.2 Escreato negativo e coltura negativa La terapia con farmaci antitubercolari in assenza di riscontro microbiologico, di addensamenti polmonari sospetti per TBC è accettabile solo in rare situazioni cliniche, dopo che ogni tentativo per ottenerlo sia stato espletato e dopo che una terapia antibiotica non specifica sia stata tentata per almeno due settimane. Considerazioni analoghe sono valide nel caso di pleurite in un soggetto giovane e nel caso tipicamente evocativo di TBC extrapolmonare, nel quale peraltro la diagnosi su biopsia è sufficiente. Nella maggior parte dei casi si può attendere l’esito dell’esame colturale e solo la gravità delle condizioni cliniche può imporre una terapia “alla cieca”. Si ricorda che la positività dell’esame diretto o di quello colturale è legata alla quantità di bacilli emessa dal pz: se questa è molto scarsa anche l’esame colturale può risultare negativo. Può quindi verificarsi anche il caso che un pz affetto da TBC presenti un esame colturale negativo: la diagnosi è, quindi, solo clinica e si basa su valutazioni di tipo epidemiologico, anamnestico e radiologico che il clinico effettua sotto la sua responsabilità. Quando sceglie di trattare una forma di TBC negativa all’esame colturale, il clinico deve sempre tenere presente che i rischi che fa correre al pz sono il ritardo della diagnosi di patologie non TBC e la tossicità della terapia antitubercolare effettuata senza dati obiettivi. La terapia deve essere quella standardizzata e, una volta iniziata, deve essere continuata secondo gli schemi terapeutici usuali, per il tempo previsto, fino al riscontro di eventuali fatti nuovi che modifichino la diagnosi iniziale. 3.3 Metodiche diagnostiche di biologia molecolare L’introduzione di queste tecniche, il cui uso, anche se diffuso, è ancora sperimentale, dovrebbe sempre essere associata alla disponibilità di microscopia e coltura. Le metodiche di biologia molecolare, pur fornendo una maggiore velocità e accuratezza, presentano ancora problemi di significatività diagnostica che il clinico deve sempre tenere presenti. I sistemi a RNA, che vengono indicati come DAT, anche se questa dizione sarebbe adatta anche a quelli a DNA, sono invece comunemente impiegabili nella pratica clinica. L’uso per il quale forniscono la massima significatività diagnostica, con i massimi valori di sensibilità e specificità, è quello dei casi con escreato positivo all’esame diretto. In questi, la positività contemporanea dell’esame diretto e della DAT afferma la presenza di malattia da MT, senza attendere l’esito dell’esame colturale e consente quindi di iniziare il controllo dei contatti. L’uso delle DAT sull’escreato, nei casi escreato negativi può consentire di diagnosticare il caso di TBC senza dover ricorrere alla broncoscopia e può quindi costituire un risparmio di risorse. 4. Controllo della tubercolosi 4.1. Notifica della tubercolosi Secondo la normativa vigente, non appena sussista il sospetto o sia stata posta la diagnosi di infezione tubercolare, il caso deve essere notificato. La notifica ha una duplice funzione: 1) immediata possibilità di interrompere la catena di trasmissione 2) necessità di ottenere tutte le informazioni cliniche ed epidemiologiche sul caso per eseguire la valutazione del trend nel territorio ed altre analisi. A tal fine il medico di fronte a un caso confermato, accertato o sospetto, deve compilare la modulistica prevista, avvisando i colleghi igienisti o della medicina territoriale competente per l’indagine epidemiologica e lo screening dei contatti. La procedura è tanto più importante quanto più il pz è contagioso. 4.2. Controllo dei contatti Nei paesi industrializzati, l’unica forma di TBC umana da considerarsi trasmissibile ai fini pratici è quella respiratoria (escreato positivo) e tutti i contatti del caso di TBC (caso indice) devono essere accuratamente esaminati per scoprire i segni di una infezione o di una malattia tubercolare. A tutti i contatti stretti, familiari e conviventi, del caso indice dovrà essere praticata una intradermoreazione tubercolinica secondo Mantoux (5 UI) e, se questa è positiva (cut-off => 5 mm.), un Rx del torace. Se l’RX è negativa per TBC, il pz dovrà essere valutato per il trattamento preventivo, mentre in caso di sintomatologia clinica o di Rx sospetto per TBC, si dovrà praticare anche una ricerca diretta di bacilli acido-alcool resistenti e un esame colturale per MT. In caso di TBC si dovrà procedere alla terapia standardizzata. Se la Mantoux al primo controllo è negativa, deve essere ripetuta dopo 2-3 mesi. 4.3. Terapia preventiva e vaccinazione con BCG La terapia preventiva o chemioprofilassi utilizza l’isoniazide (5 mg/Kg/die fino un massimo di 300 mg/die) per almeno 6 mesi: non esi- stono dubbi sulla sua utilità nel ridurre il numero di casi di TBC conseguente al contagio. Essendo, però, la chemioprofilassi gravata da effetti collaterali rari, ma potenzialmente pericolosi, deve essere valutato il rapporto rischi/benefici. Si raccomanda l’utilizzo della quantificazione del rischio suggerita negli USA dal CDC di Atlanta (vedi tabella 1). Tabella 2. INDICAZIONI DELLA CHEMIOTERAPIA PREVENTIVA Mantoux negativa Soggetti ≤ 15 anni esposti a recente contagio (chemioprofilassi per 2 mesi) Mantoux positiva ≥ 5 mm Soggetti di tutte le età 1. HIV+ (chemioprofilassi per 6-12 mesi) 2. Contatti stretti con casi contagiosi Mantoux positiva ≥ 10 mm Soggetti di tutte le età 1. recente viraggio 2. patologie favorenti (diabete, immunosoppressione, ecc.) 3. esiti polmonari fibrotici di TBC non trattata 4. tossicodipendenti HIVSoggetti ≤ 35 anni 1. personale sanitario 2. immigrati da paesi ad alta endemia 3. carcerati, lungodegenti, soggetti senza fissa dimora L’efficacia della vaccinazione con BCG è invece molto discussa ed è proponibile solo nei paesi in via di sviluppo nella prima infanzia ad alto rischio di contagio e nei soggetti esposti a contatti con casi di TBC multiresistente. Raccomandazione (A): Appena avuto sospetto o certezza d’infezione TBC fare notifica per interrompere la catena di trasmissione e per seguire utilmente il caso. L’unica trasmissione possibile è quella respiratoria. Fare intradermo tubercolinica con 5 UI secondo Mantoux e se positiva (> 5 mm), Rx torace, ai conviventi o a chi è stato comunque a stretto contatto. Se Mantoux negativa ripeterla dopo 2-3 mesi. La chemioprofilassi di solito si fa con INI 5 mg/kg/die fino ad un massimo di 300 mg/die, per 6 mesi. L’efficacia della vaccinazione con BCG è molto discussa nei paesi ricchi. 5. Trattamento della tubercolosi 5.1. Terapia breve standardizzata della tubercolosi Per il caso di TBC di prima diagnosi in soggetto precedentemente non trattato, lo schema terapeutico è quello standardizzato polichemioterapico comprendente: - isoniazide (H) - rifampicina (R) - pirazinamide (Z) - etambutolo (E) } per i primi due mesi (fase intensiva) seguita da - isoniazide (H) - rifampicina (R) } negli ultimi quattro mesi (fase di continuazione) Sebbene l’etambutolo nella fase intensiva non offra un aumento di efficacia del regime, è consigliato per proteggere contro lo sviluppo di resistenze. Il dosaggio di questi farmaci, la durata della terapia e delle sue fasi sono standardizzati e non vanno modificati, se non in casi particolari. Raccomandazione (A): I regimi terapeutici per la cura della TBC sono vari e si distinguono a seconda di 4 categorie di pz: 1.nuovi casi di TBC, escreato positivi o extrapolmonari gravi: primi 2 mesi HRZE, successivi 4 mesi HR 2.recidive, fallimenti o pz persi al trattamento: primi 2 mesi HRZES*, HRZE per 1 altro mese, HRE per ulteriori 5 mesi 3.casi TBC escreato negativa o extrapolmonari non gravi: primi 2 mesi HRZ e HR per i successivi 4 mesi 4.pz cronici, generalmente poliresistenti: da trattare in centri ad elevata specializzazione *S = streptomicina La posologia consigliata dei diversi farmaci in mg/kg/die è la seguente: Isoniazide (H) = 5; Rifampicina (R) = 10; Pirazinamide (Z) = 30; Etambutolo (E) = 25 nella fase intensiva e 15 in quella di continuazione e Streptomicina (S) = 15 Tabella 3. POSOLOGIA MASSIMA CONSIGLIATA DEI DIVERSI FARMACI Adulti (kg) H R <33 200 300 33-50 300 450 >50 300 600 Bambini (kg) <5 calcolo ad hoc 5-10 50 75 11-20 100 150 21-30 200 300 * posologia massima per S se età > 60 Z 1000 1500 2000 E 800 800 1200 250 100 500 200 1000 400 anni = 750 mg S* 500 750 1000 250 500 500 Per trattamento supervisionato o D.O.T.= directly observed therapy, si intende l’osservazione diretta da parte del personale sanitario dell’assunzione della terapia prescritta. Tutti i casi di TBC, anche quelli ospedalizzati, andrebbero sottoposti a questo tipo di trattamento che protegge dall’insorgenza di resistenze. 5.2. Classificazione di caso di tubercolosi secondo l’OMS In accordo con la WHO, i regimi vengono divisi in 4 categorie, che dal punto di vista epidemiologico hanno differenti gradi di priorità, indicate mediante numeri romani (I-II-III-IV). Ogni regime è suddiviso in fase intensiva e fase di continuazione. La WHO, inoltre, classifica i casi a seconda della priorità alta o bassa. Tale priorità sarà elevata quando esisterà probabilità alta di guarire il caso, eliminando la fonte epidemiologica di contagio. Tabella 4. DEFINIZIONE DI CASO 1) polmonari escreato positivi (2 escreati positivi; oppure: 1 escreato positivo con radiologia; oppure 1 escreato positivo con coltura positiva) 2) polmonari escreato-negativi (2 escreati negativi con radiologia positiva e decisione del medico di trattare con polichemioterapia; oppure: 1 escreato negativo con coltura positiva) 3) extrapolmonari (evidenza istologica e/o clinica da sede extrapolmonare con decisione di trattare; oppure 1 coltura positiva in sede extrapolmonare) Se consideriamo il caso in relazione alla terapia e ai problemi incontrati durante il trattamento, nella prospettiva della sterilizzazione batteriologica, classificheremo i casi in: nuovi (mai trattati per più di un mese), fallimenti (nuovo caso escreato-positivo dopo più di 5 mesi di trattamento), recidive (nuovo caso in pz precedentemente trattato e dichiarato guarito) e cronici (pz escreato-positivi al termine di terapia e ritrattamento supervisionato). Tabella 5. CATEGORIA I: PRIORITA’ ALTA - nuovi casi di TBC polmonare escreato-positiva - altri nuovi casi gravi (meningite, TBC disseminata, pericardite, peritonite, pleurite bilaterale o estesa, TBC spinale con gravi disturbi neurologici, TBC escreato-negativa con danni parenchimali estesi, TBC intestinale e genitourinaria) - regime suggerito: HRZE per i primi 2 mesi e HR per i successivi 4 mesi Nei casi più gravi (meningite, TBC disseminata, TBC spinale con disturbi neurologici), la fase intensiva può essere continuata fino a 6-7 mesi. E’ raccomandato il trattamento supervisionato. Un pz che ha abbandonato il trattamento (“defaulter”) dopo averlo seguito per meno di un mese ricomincia il regime della categoria I. Tabella 6. CATEGORIA II: PRIORITA’ ALTA - recidive, fallimenti persi al trattamento - regime suggerito: HRZES per i primi 2 mesi, HRZE per 1 altro mese, HRE per altri 5 mesi Tabella 7. CATEGORIA III: PRIORITA’ ALTA SE ESCREATO NEGATIVO, BASSA SE EXTRAPOLMONARE - TBC polmonare escreato negativa ed extrapolmonare, non inclusa nella categoria I - regime suggerito: HRZ per i primi 2 mesi e HR per i successivi 4 mesi Tabella 8. CATEGORIA IV: PRIORITA’ BASSA - pz cronici generalmente poliresistenti - si consiglia di trattare i pz in centri ad elevata specializzazione, in grado di utilizzare nuovi farmaci e di gestire i frequenti effetti collaterali della terapia 5.3. Terapia antitubercolare in casi particolari 5.3.1. Trattamento anti-TBC nell’epatopatico Non esistono evidenze che la potenziale epatotossicità dei farmaci antitubercolari venga peggiorata da patologie epatiche preesistenti, quindi l’epatopatico affetto da TBC viene trattato con lo schema standardizzato opportuno. Le precauzioni da prendere e i controlli da effettuare nell’epatopatico sono dunque gli stessi previsti per il pz esente da epatopatie: a discrezione del medico responsabile è possibile aumentare la frequenza dei controlli obiettivi e di laboratorio. 5.3.2. Trattamento anti-TBC nel nefropatico In presenza di una condizione di insufficienza renale di entità lieve o moderata non è prevista alcuna modifica degli schemi terapeutici standar- dizzati. In caso di grave insufficienza renale è bene evitare la somministrazione di etambutolo a meno che non si possa monitorarne il tasso ematico; gli altri farmaci vanno somministrati a dosaggi ridotti. 5.3.3. Trattamento anti-TBC in età pediatrica In età pediatrica sono frequenti le forme sistemiche e non esistono differenze di principio tra adulto e bambino. Visto che solo l’etambutolo è controindicato per l’impossibilità di cogliere l’insorgenza di effetti collaterali visivi, il regime consigliato in questo caso è 2 HRZ / 4 HR. Nelle forme gravi potrebbe essere valutata la necessità di proseguire la terapia iniziale con tre farmaci per tre mesi. La presenza di forme farmaco resistenti obbliga a soluzioni analoghe a quelle dell’adulto. Forme gravi, come quelle ossee, meningee e miliariformi, possono richiedere di prolungare il trattamento fino al nono o al dodicesimo mese. 5.3.4. Trattamento anti-TBC nell’anziano Qualora non vi siano particolari problemi legati a chemioresistenza o a patologie concomitanti, si raccomanda l’adozione degli schemi standard. Per i problemi di tollerabilità gastrica ed epatica, la somministrazione di forme farmaceutiche che raggruppino in unica compressa farmaci antitubercolari, è particolarmente raccomandata. 5.3.5.Trattamento anti-TBC nel diabetico In presenza di diabete è di primaria importanza la pronta istituzione di una terapia standard. E’ altamente raccomandabile perseguire il corretto compenso del diabete e ricordare la possibilità che coesistano insufficienza renale e/o neurite. 5.3.6. Trattamento anti-TBC in corso di gravidanza Attualmente la TBC in corso di gravidanza non costituisce fonte di particolare preoccupazione: l’applicabilità dei protocolli terapeutici è relativamente sicura. Il regime consigliato è 2 HRZ / 4 RH, ma vi sono autori che raccomandano di proseguire la terapia per nove mesi. 5.4. Controllo della terapia antitubercolare 5.4.1. Monitoraggio Il monitoraggio microbiologico è l’elemento fondamentale perché è l’unico modo per valutare l’efficacia della terapia. Il pz è curato con successo se il MT coltivabile scompare dall’espettorato entro il terzo mese dall’inizio della terapia e se la ricerca del MT nell’espettorato rimane negativa al termine della terapia. 5.4.2. Effetti collaterali La gestione del trattamento antitubercolare ha come fine il completamento della terapia, che dovrebbe risultare dalla scheda terapeutica che tutti coloro che trattano la TBC dovrebbero compilare per ciascun pz annotandovi gli elementi utili alla determinazione dell’aderenza, l’esito degli esami ematochimici e batteriologici e la comparsa di eventuali effetti collaterali. Si deve istruire il pz a riconoscere i primi segni di epatopatia (urine scure, perdita di appetito, nausea) e raccomandare l’immediata cessazione della terapia e la consultazione di un medico nel caso tali segni vengano notati. Normalmente alcuni disturbi clinici o modeste alterazioni ematochimiche (transaminasi elevate meno di tre volte i valori normali o lieve iperuricemia) non comportano alcuna modifica del trattamento e possono essere controllati associando farmaci sintomatici o adiuvanti. L’epatite acuta iatrogena impone l’immediata sospensione dei farmaci epatotossici (rifampicina, isoniazide e pirazinamide) continuando, se possibile, il trattamento con streptomicina ed etambutolo. Al ripristino dei valori normali delle transaminasi è possibile riprendere il trattamento con i farmaci maggiori, reintroducendoli uno alla volta e monitorando strettamente gli indici di funzionalità epatica. Una modesta alterazione degli indici di funzionalità epatica non impone la sospensione dei farmaci maggiori; normalmente il passaggio al regime intermittente trisettimanale consente la prosecuzione del trattamento senza altre modifiche: qualora non si ottengano risultati confortanti, è consigliabile l’abbandono dell’isoniazide e il mantenimento della rifampicina associando l’etambutolo in regime giornaliero. Qualora persistessero alterazioni, è possibile sostituire la rifampicina con la rifabutina. Durante la fase iniziale di terapia con pirazinamide, è frequente la comparsa di iperuricemia generalmente non sintomatica; in questo caso è consigliabile aggiungere l’allopurinolo durante il 2° mese di trattamento. La comparsa di artropatia gottosa impone la sospensione della pirazinamide. In sintesi si può affermare che la comparsa di effetti collaterali clinici o di laboratorio deve essere controllata cercando di scostarsi il meno possibile dalla terapia standard. 5.5. Terapia dei casi resistenti I casi di TBC resistenti a uno o più dei farmaci antitubercolari correntemente impiegati nel trattamento della TBC rappresentano un problema: quando la resistenza si è sviluppata contro i due farmaci antitubercolari maggiori, rifampicina e isoniazide, il caso viene definito multi-resistente. La resistenza può essere sospettata o certa. La resistenza deve essere sospettata in tutti i casi di recidiva o di fallimento terapeutico, mentre deve ritenersi certa di fronte al risultato di un esame colturale con antibiogramma. Per decidere la terapia in un soggetto con un ceppo tubercolare resistente bisogna seguire il principio base dell’antibioticoterapia della TBC, usare, cioè, almeno 2 farmaci antitubercolari maggiori cui il microrganismo sia sensibile. Dal punto di vista pratico, si impiegano almeno 4 farmaci nella fase iniziale della terapia, verificando poi la compliance per tutta la durata della stessa. In linea di massima la terapia dovrà essere estesa anche fino a 24 mesi, ma comunque dovrà prolungarsi per almeno 9 mesi dopo la negativizzazione dell’escreato. L’OMS raccomanda nei casi sospetti il regime a 5 farmaci: isoniazide, rifampicina, pirazinamide, etambutolo e streptomicina. Il trattamento deve essere supervisionato per almeno 3 mesi e, in seguito, fino a negativizzazione batteriologica o al passaggio alla categoria IV. Il regime proposto è il seguente: 2 HRZES + 1 HRZE / 5 HRE. Nei casi multiresistenti, in presenza di lesioni qualificate ben localizzabili, può tornare in discussione anche il trattamento chirurgico exeretico da eseguire presso centri specializzati. Onde ridurre i rischi di contagio sia al personale di assistenza, sia ad altri pz ricoverati, il pz verrà trattato preferenzialmente in regime ambulatoriale o di day hospital, educandolo e motivandolo a ridurre al minimo e con protezione efficace i suoi contatti sociali. Qualora si renda necessario, il ricovero deve essere fatto in regime di isolamento speciale. Per la dimissione sono necessari tre esami diretti consecutivi dell’escreato negativi e un esame colturale dell’escreato negativo. 5.6. Criteri di ammissione all’ospedalizzazione Dopo la necessaria educazione sanitaria, il rischio che il pz infetti i conviventi a domicilio è controbilanciato dal rischio di infezione al personale ospedaliero o agli altri degenti. Tale rischio è particolarmente grave se conviventi o altri degenti sono affetti da patologie associate a immunodepressione. La cura ambulatoriale garantisce minori costi e migliore qualità di vita al pz. I criteri di ammissione all’ospedalizzazione sono di seguito riportati: Raccomandazione (B): L’ospedalizzazione necessita in caso di: 1) scarsa compliance alla terapia 2) supposta poliresistenza ai farmaci antitubercolari 3) recidiva o fallimento terapeutico 4) malattia tubercolare grave 5) gravi patologie associate 6. Monitoraggio del caso Si consigliano i seguenti accertamenti: • Tempo inizio terapia T0: - Indagine radiologica - Esame diretto e colturale su tre campioni - Differenziazione tra M. tuberculosis e non - Determinazione resistenza in pz già trattati o in caso di recente esposizione a caso resistente - Esami ematochimici (emocromo, funzionalità epatica e renale, test HIV) - Visita e colloquio con il pz • T1 dopo 1 mese: - Esame diretto e colturale su 3 campioni (facoltativo) - Esami ematochimici - Visita e colloquio • T2 dopo 2 mesi: - Indagine radiologica - Esame diretto e colturale su tre campioni - Visita e colloquio • T3 dopo 5 mesi: - Esame diretto e colturale su tre campioni - Visita e colloquio • T4 fine terapia: - Esame diretto e colturale su tre campioni - Indagine radiologica - Visita e colloquio Sono assolutamente controindicati i trattamenti post-guarigione, già definiti “di consolidamento”. La terapia termina alla fine del periodo previsto (6 mesi per il nuovo caso). Il caso sarà considerato concluso quando avrà completato il ciclo di terapia standardizzata prevista assumendo tutte le dosi. Non è strettamente indicato alcun follow-up dopo la diagnosi di guarigione. Dopo il ricovero in ambiente ospedaliero, il pz di prima diagnosi può essere considerato non contagioso e quindi dimissibile dopo due settimane dall’inizio della terapia antibiotica antitubercolare. Un ulteriore prolungamento della degenza non trova indicazione dal punto di vista scientifico ed è svantaggioso dal punto di vista economico. La persistente positività nell’espettorato non deve di per sé impedire la dimissione dal reparto, a maggior ragione se accompagnata da miglioramento clinico e da buona compliance del pz alla terapia. Raccomandazione (B): Il pz si può considerare stabilizzato se il BK coltivabile sparisce dall’escreato entro 3 mesi dall’inizio della terapia e se la ricerca resta negativa alla sospensione del trattamento. Gli effetti collaterali della terapia più frequenti sono epatopatie legate alla HRZ, l’iperuricemia per la pirazinamide (associare allopurinolo). Controllare le transaminasi ogni 15 giorni nel periodo di terapia. 7. Contagiosità La contagiosità della TBC, ossia la possibilità che una persona non malata venga infettata dal bacillo della TBC e successivamente si ammali, dipende da: 1) fattori legati al malato di TBC 2) fattori legati alla persona che con questi interagisce 3) fattori legati alle caratteristiche ambientali sedi del contatto tra due soggetti, oltre che dalla durata dell’esposizione nell’ambiente condiviso. Nei pz positivi all’esame diretto dello sputo la contagiosità è massima in quelli che tossiscono spontaneamente, minore per gli altri. Il pz sieropositivo per HIV deve essere preservato da qualsiasi contatto ravvicinato con il pz affetto da TBC (compreso quindi il ricovero presso una divisione dedicata al trattamento della malattia da HIV), se non in presenza di particolari forme organizzative, dedicate al trattamento della coinfezione. 7.1. Prevenzione del contagio La diagnosi, il corretto inquadramento clinico e la terapia tempestivi in ogni caso di TBC sono la migliore prevenzione del contagio. 7.2. Isolamento del paziente affetto da tubercolosi Un caso di TBC positivo all’esame diretto dell’escreato è da considerarsi infettivo. Pertanto, in caso di ospedalizzazione, egli va isolato dal contatto con gli altri pz non tubercolari e deve essere accudito dal personale di assistenza con le precauzioni del caso. Il pz deve essere posto in isolamento respiratorio, ogni contatto con il personale sanitario deve avvenire con la mascherina indossata, il pz non deve deambulare nel reparto di degenza se non in caso di necessità e con la mascherina. Le stesse precauzioni verranno prese durante i trasporti. I servizi igienici devono essere dedicati. L’isolamento cessa, per i casi di TBC di primo accertamento o per i quali non siano ipotizzabili ceppi resistenti, circa quindici giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica specifica. Il pz affetto da TBC farmaco resistente sospettata o provata va posto in isolamento respiratorio stretto e deve soggiornare in camera singola dotata di servizio; ogni contatto con il personale sanitario dovrà essere praticato dopo aver indossato mezzi di protezione individuale monouso. Dopo la fine del ricovero di un caso di TBC, è sufficiente arieggiare ed esporre al sole la stanza per 12 ore, potendola riabilitare dopo 24 ore. Non è necessario procedere a disinfezioni. 8. Aggiornamento del personale e iniziative educazionali verso il territorio E’ raccomandabile che tutte le divisioni e i servizi di pneumotisiologia si facciano promotori, con la direzione sanitaria, il settore di igiene pubblica e il servizio di protezione del personale, di iniziative educazionali volte sia ad accrescere la preparazione specifica del personale medico e infermieristico nei confronti della TBC, sia la consapevolezza delle particolarità epidemiologiche della malattia presso la popolazione generale. Appare, inoltre, di capitale importanza l’aggiornamento dei medici di medicina generale sull’argomento controllo della TBC, anche per concertare e organizzare il monitoraggio e il follow-up a lunga distanza del caso di TBC, nonché per rinforzare le misure di controllo dei contatti. 9. Appendice: Micobatteriosi atipiche Le micobatteriosi hanno recentemente assunto un’importanza clinica finora sconosciuta: le popolazioni più colpite sono i soggetti con AIDS, pz generalmente anziani con lesioni fibrodistrofiche importanti, bambini con adenopatie del collo sostenute da M. Avium. Non sono descritti casi di contagio interumano. La presenza di malattie da micobatteri sembra essere proporzionale al tasso di inquinamento ambientale; i più diffusi sono il M. Avium complex e M. fortuitum. Il caso di micobatteriosi deve essere denunciato, ma non avvia la profilassi sui contatti. Perché si possa fare diagnosi di micobattoriosi non tubercolare è necessaria, accanto ad un quadro clinico-radiologico compatibile, la ripetuta crescita colturale di numerose colonie di micobatteri non tubercolari. Isolamenti sporadici e non ripetuti di tali colonie non consentono la diagnosi di micobatteriosi. La diagnosi è sempre batteriologica. La terapia presenta notevoli difficoltà e andrebbe riservata ai centri di riferimento; escludendo le micobatteriosi da M. kansasii, che possono essere facilmente eradicate con rifampicina ed etambutolo, M. Avium Complex (MAC), M. fortuitum, M. cheloneae, sono in genere resistenti a tutti i farmaci abitualmente usati. Risposte cliniche si possono ottenere con associazioni di rifabutina, etambutolo, claritromicina e chinolonici; l’azitromicina sembra essere uno dei farmaci più attivi clinicamente e in vitro. 10. Bibliografia 1. Bass JB, Farer LS, Hopewell PC, O’Brien R et al. Treatment of tubercolosis and tubercolosis infection in adults and children. American Thoracic Society and the Centers of Disease Control and Prevention. Am.J.Respir.Crit.Care Med 149: 1359-1374, 1994. 2. Nardini S, Bazerla G, Besozzi G, Bugiani M, Cavallero M et al. Linee guida per la gestione del paziente affetto da tubercolosi polmonare. Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 13: 244-258, 1998.