Il discorso del Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano.

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Il discorso del Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano.
Discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Pranzo d'onore al Quirinale per i 50 anni dei Trattati di Roma
(Palazzo del Quirinale, 23 marzo 2007)
Signore e Signori Presidenti delle Istituzioni europee e dei Parlamenti nazionali,
Signor Presidente del Consiglio,
Signore e Signori Commissari e Ministri,
Signore e Signori,
ho negli scorsi anni condiviso con voi - operando nel Parlamento italiano e in quello europeo - l'impegno per un continente più
unito e più forte; perseguendo da ultimo l'obbiettivo di vedere l'Europa più larga solennemente rifondata sulla base di un testo
costituzionale ambizioso e capace di rispondere alle attese di circa 490 milioni di cittadini.
Grande è perciò la mia soddisfazione nel vedervi tutti riuniti qui, a Roma, a poca distanza dalla Sala degli Orazi e Curiazi dove
cinquanta anni fa vennero firmati dai sei Paesi fondatori i Trattati istitutivi delle Comunità Europee.
La celebrazione dell'anniversario di quello storico evento avrà il suo momento più alto nella riunione straordinaria del Consiglio
europeo che si terrà tra qualche giorno a Berlino. Ed è giusto che sia così: perché in questo momento la presidenza del
Consiglio è affidata a un altro grande paese fondatore della Comunità europea, l'amica Germania, e ad esso non solo spetta
proporre un'orgogliosa rivendicazione del cammino compiuto, dello straordinario progresso conseguito secondo l'ispirazione dei
padri del progetto d'integrazione, ma spetta anche indicare la strada di nuovi, necessari e urgenti sviluppi della nostra impresa
comune. Abbiamo piena fiducia che la presidenza tedesca opererà efficacemente a questo fine.
Nello stesso tempo desidero ringraziarvi vivamente per il gesto di omaggio che con la vostra presenza a Roma avete voluto
rendere all'Italia, per il ruolo che essa ha svolto nella ideazione e gestazione dei Trattati del 1957 e ancor prima nella stessa
nascita dell'Europa comunitaria. L'Italia ospitò nel 1955 la Conferenza di Messina e contribuì fortemente al suo approccio
propositivo e al suo successo.
Vale la pena di ricordare quell'iniziativa, perché essa costituì una risposta alla crisi che si era aperta con il rigetto, da parte
francese, del Trattato istitutivo di una Comunità europea di difesa. La caduta di quel progetto aveva in realtà mostrato come
non fossero allora mature le condizioni, non solo di una comune assunzione di responsabilità in quel settore cruciale, ma di un
deciso avanzamento sulla via di un'Europa politica. Non dimentichiamo che proprio su proposta italiana - l'idea fu di Alcide De
Gasperi e di Altiero Spinelli - era stato introdotto nel Trattato istitutivo della Comunità europea di difesa l'articolo 38 che
prevedeva un preciso mandato per l'elaborazione di uno Statuto di Comunità politica europea. E in effetti quello Statuto venne
approvato dall'Assemblea ad hoc presieduta da Paul-Henry Spaak il 10 marzo 1953. Esso rappresentò il primo tentativo di dar
vita a una Costituzione europea come base - si scrisse in quel testo - di una Comunità di carattere sovranazionale: ovvero di
una autentica Unione Politica.
Il progetto cadde, insieme con il Trattato della Comunità europea di difesa. I tempi non erano maturi per quel grande passo. Si
superò la crisi scegliendo la strada dell'integrazione economica, del Mercato comune europeo.
Ora, dopo che quella strada è stata percorsa fino in fondo e con straordinario successo, possiamo ben dire che a distanza di
cinquant'anni si è fatta imperiosa la necessità per l'Europa - non più dei 6, ma dei 27 - di una forte Unione politica. E'
diventata urgente e matura quella politica di difesa - o estera e di difesa - comune che non si poté avviare all'inizio degli anni
'50; è diventata urgente e matura una più robusta costruzione politica e istituzionale, fondata su un quadro antico e nuovo di
valori e obbiettivi comuni.
Ebbene, proprio questo è stato lo sforzo compiuto, tra il 2001 e il 2004, con l'elaborazione del Trattato sottoscritto qui a Roma
due anni e mezzo fa, e prontamente ratificato dall'Italia con il più ampio consenso in Parlamento. Le innovazioni sancite in quel
Trattato sono richieste dal grande allargamento dell'Unione, dalla storica unificazione nella pace e nella democrazia cui
l'Europa è finalmente giunta a conclusione di un secolo di guerre e di divisioni.
Quelle innovazioni sono nello stesso tempo oggettivamente richieste dai radicali mutamenti verificatisi nelle nostre società e
nella realtà mondiale, e dalle sfide, così come dalle minacce, che ne sono scaturite. Si tratti delle sfide del progresso scientifico
e tecnologico, della competizione globale in presenza di nuove grandi potenze emergenti, del cambiamento climatico e della
crisi energetica, degli squilibri demografici e dei flussi migratori, o ancora di altre sfide delle quali abbiamo comune
consapevolezza, non può esservi risposta valida solo al livello nazionale. Ed egualmente le minacce alla pace e alla sicurezza
internazionale, alla convivenza civile e alla legalità che ne è presidio e garanzia, presentano oggi natura e dimensioni tali da
esigere una visione e un'azione che possono concepirsi e risultare efficaci solo su scala europea.
Più in generale nessuno dei nostri Stati potrà da solo contare nel mondo d'oggi e di domani: potrà avere un ruolo riconosciuto
soltanto l'Europa unita, una Europa che parli con una sola voce.
Di qui il mio accorato appello affinché il Consiglio europeo di giugno abbia pieno successo, faccia uscire l'Unione dall'impasse
istituzionale, non rimetta in discussione l'equilibrio faticosamente raggiunto col testo del 2004, apra la strada all'entrata in
vigore del Trattato quale può risultare da una sua rapida semplificazione nella terza parte.
Dobbiamo sentirci più che mai uniti attorno ai valori più alti scaturiti dalla nostra lunga e travagliata storia. La Mostra che
avete appena visitato ci dice quanto profonde siano le radici, e quanto significativo sia stato il cammino, della nostra comune
civiltà e cultura europea. Tocca a tutti noi, che rappresentiamo gli Stati e i popoli dell'Unione europea, mostrarci all'altezza di
quello straordinario retaggio, e trasmettere alle giovani generazioni il senso dell'impegno dispiegato in questi cinquant'anni, il
solenne mandato di rinnovare e portare più avanti quell'impegno.
Con questi sentimenti levo il calice, augurando a tutti i nostri popoli, e alle future generazioni, una Europa in pace, forte,
solidale e unita!
23 marzo 2007